colonizzazione o malattia infettiva - Digilander

COLONIZZAZIONE O MALATTIA INFETTIVA
Gli animali e l’uomo ospitano un numero estremamente elevato di microrganismi (flora saprofita),
senza sviluppare necessariamente malattie .
Ciò si chiama colonizzazione microbica, avviene al momento della nascita e permane per tutta al
vita.
Oltre che sulla cute (normalmente colonizzata da stafilococchi ephidermidis), i microrganismi sono
presenti su tutte le mucose, ove possono raggiungere una varietà e un numero impressionante: nel
solo colon i batteri coliformi sono presenti in milioni di miliardi.
Molti di questi microrganismi hanno stabilito con l’ospite (uomo o animale) una relazione di tipo
commensale, cioè la loro presenza non danneggia né beneficia l’ospite; altri invece sono
indispensabili affinché l’ospite possa svolgere normalmente le sue funzioni vitali:
- collaborano ad esempio alla produzione di vit. k che è necessaria per la coagulazione del sangue
- aiutano la digestione degli alimenti
- impediscono la colonizzazione dell’organismo da parte di microrganismi potenzialmente
pericolosi.
Tuttavia anche la flora batterica utile, può essere potenzialmente patogena se riesce ad avere
accesso ad organi e tessuti diversi da quelli in cui è solitamente presente.
Ad eccezione di quelle causate dalla diretta penetrazione del microrganismo nel torrente circolatorio
le malattie infettive hanno sempre inizio con la colonizzazione da parte del microrganismo
patogeno, cioè con il suo insediamento e moltiplicazione sulla cute o sulle mucose. La presenza
transitoria senza moltiplicazione e impianto di un germe viene chiamata contaminazione: è il caso
del passaggio di germi tra una mano e l’altra.
Se l’insediamento invece diviene permanente e soprattutto danneggia i tessuti e stimola una
reazione difensiva (con sintomi e segni clinici), si parla di MALATTIA INFETTIVA.
Esistono dei germi chiamati PATOGENI VERI E PROPRI perché sono in grado di causare
malattia anche in soggetti sani, sono cioè tipici patogeni (es. Salmonella, Bacillo della tubercolosi e
virus della varicella, morbillo, influenza).
Altri microrganismi invece sono definiti OPPORTUNISTI (patogeni potenziali) rimangono cioè
nell’organismo come i commensali ma, se le difese dell’ospite sono compromesse (diminuite),
possono invadere i tessuti e causare una malattia.
Tipici germi opportunisti sono i microbi del tratto gastro-enterico e della cute; qualche volta
possono essere i funghi: ad esempio la candida albicans un lievito che vive normalmente
nell’intestino dell’uomo, può proliferare e causare malattia.
Ciò avviene quando un prolungato trattamento antibiotico distrugge i normali batteri intestinali che,
in condizioni normali, svolgono azione antagonista nei confronti di una eccessiva replicazione del
fungo stesso.
Attualmente la tradizionale classificazione tra patogeni classici e non patogeni (opportunisti) sta
perdendo significato, alla luce della considerazione che quasi ogni microbo può causare malattia
quando le difese dell’organismo sono indebolite, oppure compromesse.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-1-
L’impiego della radioterapia e chemioterapia, dei farmaci cortisonici, dei farmaci
immunodepressori e di alcuni antibiotici ha dimostrato che anche microbi considerati fino ad
qualche anno fa “innocui” possono divenire veri e propri patogeni.
Riserva agenti infettivi
E’ il luogo, il serbatoio, la sorgente, dove vivono e si moltiplicano gli agenti infettivi e da cui
possono essere trasmissibili.
Possono essere già presenti nel corpo umano (infezione endogena = da dentro) oppure provenire
dall’esterno (infezione esogena = da fuori).
La riserva più comune è rappresentata dall’animale o dall’uomo stesso che può trovarsi nel
periodo di incubazione (senza sintomi e segni clinici), nella fase acuta della malattia o di
convalescenza, oppure può essere portatore sano.
I portatori sani (colonizzati) non presentano segni di malattia, ma ospitano i microrganismi patogeni
e possono trasmetterli ad altri.
In alcuni casi gli animali infetti possono contagiare l’uomo se le loro carni sono consumate poco
cotte (es: salmonella da uova crude e carne mal cotta all’osso o toxoplasmosi per ingestione di carne
infetta cruda o verdura contaminata da urine di gatto).
Anche l’ambiente può essere una fonte di infezione : es. spore tetaniche nel terreno che possono
entrare nell’organismo attraverso ferite penetranti (il bacillo del tetano si moltiplica in assenza di
ossigeno).
L’acqua può essere contaminata da parassiti o altro: es. tifo.
Modalità di trasmissione delle infezioni
Il passaggio del germe dalla sorgente di infezione al soggetto sano può avvenire :
PER CONTATTO: diretto
indiretto
Diretto:
contaminazione con sangue attraverso ferite, tagli o screpolature sulla cute (es tetano,
epatiti, aids)
attraverso aghi e taglienti contaminati (epatite aids)
per contatto pelle-pelle (scabbia, tigna)
Indiretto:
attraverso veicoli
I veicoli più comuni delle infezioni che si trasmettono per contatto indiretto sono l’acqua, l’aria, gli
alimenti, gli oggetti personali, feci, le mani.
I vettori possono essere insetti, come le zanzare o le mosche che si contaminano posandosi sulle
feci infette e poi depositano i microrganismi sugli alimenti.
Alcuni microrganismi come i plasmodi della malaria, non si limitano a farsi trasportare dalle
zanzare, ma si moltiplicano all’interno di esse: si parla in qs. casi di “insetti vettori”.
PER VIA AEREA o goccioline piccole.
Nelle malattie che si trasmettono per via aerea
( es. varicella, morbillo, Tubercolosi o TBC) i microbi presenti nelle cavità nasali ed orale vengono
proiettati nell’ambiente dalle goccioline di saliva che vengono emesse durante il parlare, gli
starnuti, la tosse.
Queste goccioline possono rimanere sospese nell’aria per diverse ore ed essere inalate da altre
persone .
Nel caso della TBC sono necessari più contatti prolungati perché ci sia il rischio vero di contrarre la
malattia, e l’utilizzo della sola mascherina chirurgica fatta indossare al malato ne riduce
notevolmente il rischio.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-2-
PER GOCCIOLINE GROSSE (superiori ai 5 micron)
Le goccioline sono generate durante il parlare, la tosse, gli starnuti e vengono espulse a brevi
distanze sulla bocca o naso dell’ospite che deve essere a breve distanza (circa 1 metro).
E’ il caso del batterio che provoca la meningite meningococcica o i virus influenzali.
Generalmente si parla di malattia infettiva quando l’agente eziologico è un microrganismo (virus,
batteri, protozoi, funghi) e si differenzia dalla malattia contagiosa quando la malattia si trasmette
direttamente da soggetto a malato a soggetto sano.
MECCANISMI DI DIFESA
L’organismo umano è dotato di sistemi di difesa contro gli attacchi dei microbi come le barriere
naturali che impediscono ai microbi di penetrare nell’organismo.
1. Difese esterne
La superficie esterna della cute è formata da cellule essiccate e morte, ricche di cheratina, una
proteina che si trova in abbondanza nei peli e nelle unghie di conseguenza, la maggior parte dei
microbi che entra in contatto con la pelle non trova né l’acqua , né le sostanze nutritive per cui
muore .
Sulla pelle sono distribuite anche le secrezioni delle ghiandole sudoripare e delle ghiandole
sebacee, contenenti acidi e antibiotici naturali, come l’acido lattico, che inibiscono la crescita di
batteri e funghi.
Anche le mucose dei sistemi digerente e respiratorio sono ben difese naturalmente. Esse secernono
muco contenente enzimi antibatterici come il lisozima, che distrugge la parete della cellula
batterica; il muco stesso è in grado di intrappolare i microbi che entrano attraverso il naso o la
bocca.
Le ciglia presenti sulle mucose intercettano e raccolgono i microbi e tutto quanto può essere rimasto
intrappolato nel muco,in modo che qs. venga espulso o ingoiato.
In quest’ultimo caso, i microbi raggiungono lo stomaco, dove subiscono gli effetti combinati di
enzimi proteolitici e di un’acidità estrema ( con valori di ph da 1 a 3).
Proseguendo, si giunge all’intestino, in cui la flora batterica residente secerne sostanze nocive per
batteri e funghi invasori.
2. Difese interne non specifiche che combattono tutti i microbi invasori.
La continua infiltrazione di microbi che supera le barriere esterne dell’organismo è in grandissima
parte fermata da: cellule fagocitarie che distruggono i microbi (le più importanti dono i macrofagi
globuli bianchi che inglobano i microbi) e cellule natural killer che distruggono le cellule infettate
dai virus (non attaccando direttamente, ma mirando alle cellule invase dai virus).
In caso di trauma accompagnato da lesione dei tessuti e da un’invasione in massa di microbi, si ha
una risposta infiammatoria che recluta istantaneamente nuove cellule fagocitarie e natural killer
circoscrivendo la zona danneggiata , isolando il tessuto infetto dal resto del corpo.
Se una popolazione di microbi riesce a sviluppare un’infezione importante, l’organismo reagisce
sintomi clinici come la febbre, che aumenta la produzione di anticorpi e rallenta la riproduzione dei
microbi. Quindi la febbre ha effetti sia benefici sulle difese dell’organismo sia dannosi sui
microrganismi invasori.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-3-
LE PRECUZIONI STANDARD
Le precauzioni standard (o precauzioni universali) sono un insieme di norme finalizzate ad evitare il
diffondersi e/ola trasmissione di infezioni.
Anche se nate con la finalità di prevenire le esposizioni parenterali, delle mucose e della cute non
intatta degli operatori sanitari e dei malati, a patogeni trasmessi attraverso il sangue, come l’epatite
B (da HBV), l’epatite C (da HCV), l’epatite Delta da (HDV) e l’infezione da HIV, oggi si
intendono estese a tutti i momenti dell’attività assistenziale
Dal momento che l’anamnesi e gli accertamenti diagnostici non sono in grado di identificare con
certezza tutti i malati con infezioni, è necessario che nell’assistenza quotidiana vengano utilizzate le
stesse misure per tutti i malati.
L’esigenza di considerare tutti i malati potenzialmente infette nasce, infatti, dalle seguenti
constatazioni: elevata proporzione di casi asintomatici impossibilità di ottenere un’anamnesi
accurata per tutti i malati scarsa validità di uno screening indiscriminato di tutti i ricoverati.
Da ciò emergaono altre importanti raccomandazioni:
* la migliore protezione , sia per i malati che per gli operatori sanitari, è fornita dalla
conoscenza dei possibili rischi infettivi e del modo più appropriato di Operare
* tale conoscenza deve essere acquisita da parte di tutto il personale (inclusi studenti
frequentatori, tirocinanti e volontari)
* la sicurezza dei malati e degli operatori sanitari nasce dalla sorveglianza e dal
rispetto delle norme da parte non solo di alcuni operatori ma di tutto il personale
* un comportamento scorretto può essere fonte di rischio non solo per se, ma anche per
gli altri
LE MISURE DI BARRIERA
Le misure di barriera includono: l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), quali i guanti,
i sovracamici, le maschere e i filtri facciali, gli occhiali protettivi e/o le visiere, il lavaggio delle
mani.
Tutti gli operatori sanitari devono conoscere le caratteristiche e le modalità d’uso dei DPI messi a
loro disposizione per poterli adottare singolarmente o in combinazione, a seconda del tipo di rischio
connesso alla procedura da effettuare. In alcuni casi una determinata procedura comporta un rischio
solo a carico degli operatori, altre volte solo per i malati ma talora il rischio è in comune. Saranno
pertanto le singole procedure e i relativi protocolli operativi a guidare il personale sanitario nella
scelta della barriera più idonea a ridurre l’uso o l’altro tipo di rischio. In particolare:
nell’ambito della prevenzione delle infezioni occupazionali, tutti gli operatori sanitari devono usare
routinariamente idonei DPI per prevenire o ridurre l’esposizione cutanea e mucosa nei casi in cui si
preveda un contatto accidentale con il sangue o altri liquidi biologici di tutti i malati.
In casi particolari, previsti da specifici protocolli operativi, si può rendere necessario l’impiego di
uno o più di questi stessi DPI per ottenere una protezione degli operatori da quei microrganismi che
riconoscono una via di trasmissione diversa dal sangue. È il caso, ad esempio, delle malattie
trasmesse per via aerea mediante particelle che possono veicolare microrganismi come M.
luberculosis e N. meningitidis. Tali situazioni coincidono spesso con l’adozione di provvedimenti
specifici o aggiuntivi nei confronti del malato e/o dell’ambiente in cui soggiorna, identificabili nelle
misure di isolamento, sia esso vero e proprio o solo funzionale, e che hanno lo scopo di proteggere
contemporaneamente gli operatori, i visitatori e gli altri malati. In altri casi i DPI vengono adottati
nell’assistenza dei malati infetti da microrganismi epidemiologicamente importanti in ambito
ospedaliero, per ridurre la loro trasmissione ad altri malati. Nella maggior parte dei casi si trata di
microrganismi a scarso o nullo potere patogeno per i soggetti immunocompetenti, tra cui gli
operatori sanitari e i visitatori, ma che possono causare anche gravi infezioni nei soggetti con difese
compromesse, come accade spesso nei malati ricoverati in un ospedale.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-4-
LAVAGGIO DELLE MANI
Il lavaggio delle mani da parte del personale sanitario è la singola misura più efficace per eliminare
i microrganismi acquisiti da malti infetti, evitandone così la trasmissione a se stessi e agli altri.
In particolare:
1. la cute delle mani deve essere mantenuta in buone condizioni e le unghie devono
essere ben curate, corte e prive di smalto
2. durante l’attività assistenziale è vietato portare anelli, bracciali, orologi e simili
3. il lavaggio sociale delle mani si effettua con acqua e sapone mentre il lavaggio con un
antisettico è indicato solo in determinate circostante, esplicitate nei protocolli
assistenziali (es. lavaggio chirurgico, lavaggio per manovre invasive,…) o,
estemporaneamente, nel controllo di specifiche malattie infettive o nel corso di
epidemie
4. il lavaggio deve essere effettuato accuratamente, prestando particolare attenzione agli
spazi inter-digitali, ai palmi delle mani, alle punte delle dita e ai polsi
Gli operatori con lesioni essudative o dermatiti secernenti, debbono segnalare questa condizione al
loro responsabile o suo delegato ed eventualmente al servizio sanitario aziendale per
l’autorizzazione a non prestare attività di assistenza diretta al malato o a non manipolare dispositivi
medici usati per la cura del malato, fino a che la condizione morbosa cutanea non si sia risolta.
IMPIEGO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)
GUANTI
In ospedale i guanti vengono indossati per tre importanti ragioni:
•
fornire una barriera protettiva e prevenire una contaminazione una contaminazione grossolana
delle mani quando essi vengono in contatto con sangue o altri liquidi biologici, secrezioni ed
escrezioni, membrane mucose e cute non integra
•
ridurre la probabilità che i microrganismi presenti sulle mani del personale vengano trasmessi ai
malati nel corso di procedure invasive o altre procedure assistenziali che comportino il fatto di
toccare una mucosa e cute non integra del malato
•
ridurre la probabilità che le mani del personale, contaminate con microrganismi da un malato o
da un veicolo, possano trasmettere questi germi ad un altro malato.
In ognuna di queste situazioni, i guanti devono essere sostituiti durante i contatti fra un malato e
l’altro e, quando necessario, più volte nell’assistenza allo stesso malato.
I guanti devono essere eliminati prontamente dopo l’uso per evitare di contaminare oggetti o
superfici ambientali.
Dopo la rimozione dei guanti è necessario lavare le mani, anche se non sono visibilmente
imbrattate o sporche.
L’uso dei guanti, infatti, non sostituisce la necessità di lavare le mani, poiché:
•
i guanti possono presentare piccoli difetti invisibili o possono lacerarsi durante l’uso
•
le mani possono contaminarsi durante la rimozione dei guanti stessi.
È bene ricordare che i guanti riducono l’incidenza della contaminazione delle mani, ma non
possono prevenire le punture o le lezioni dovute agli aghi o ad altri oggetti taglienti.
I guanti devono essere di misura adeguata per mantenere la sensibilità e l’abilità nel movimento e
devono essere tenuti in luoghi facilmente accessibili agli operatori. Per far fronte a situazioni di
emergenza è buona norma averne a disposizione un paio in tasca.
L’uso contemporaneo di due paia di guanti può aumentare la protezione nelle manovre ad altro
rischio di contaminazione.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-5-
VISIERE E/O OCCHIALI PROTETTIVI
Le visiere e/o gli occhiali protettivi devono essere indossati durante l’esecuzione di procedure che
possono determinare l’emissione di schizzi di sangue o di altri liquidi biologici o di frammenti
ossei, per prevenire l’esposizione delle mucose della bocca, del naso e degli occhi (ad esempio in
specifiche procedure di accesso vascolare, nell’intubazione, nelle endoscopie, durante il lavaggio
dei ferri chirurgici o altri dispositivi medici riutilizzabili).
Le visiere egli occhiali protettivi riutilizzabili devono essere personalizzati e, dopo l’uso, puliti e/o
disinfettati.
MASCHERE E FILTRI FACCIALI
Durante la propria attività ogni operatore sanitario deve indossare:
•
la mascherina chirurgica, per ottenere la protezione dei campi sterili dai microrganismi che,
presenti nel cavo orale, possono essere emessi dall’operatore stesso, come si verifica in sala
operatoria o durante manovre invasive su tessuti sterili. La stessa ha lo scopo di proteggere
l’operatore dalla trasmissione di goccioline infette di grandi dimensioni (superiori a 5 j,m) che
vengono diffuse con un contatto ravvicinato e che generalmente si propagano per brevi distanze
(fino a un metro) dai malati infetti che stanno tossendo o starnutendo o per i quali si effettuano
procedure che possono generarle;
•
il filtro facciale per la protezione nei confronti delle goccioline di ridotte dimensioni (inferiore a
5 u,m) che possono persistere nell’aria e, da questa, possono essere trasportate anche per lunghe
distante;
entrambi: devono essere eliminati subito dopo l’uso e non riposte in tasca o appese al collo
nell’attesa di riutilizzarle devono essere cambiate periodicamente e comunque ogni volta che
diventano umidi per garantirne la capacità filtrante.
CAMICI E SOVRACAMICI
Devono essere utilizzati per proteggere la cute e per prevenire l’imbrattamento della divisa durante
l’esecuzione di procedure che possono determinare schizzi di sangue o di altri liquidi biologici.
Il camice deve essere scelto in base al tipo di attività e alla quantità di fluidi corporei che potrebbero
accidentalmente prodursi:
•
camice totalmente impermeabilizzato , come richiesto durante gli interventi chirurgici. In questo
caso e, comunque, nella necessità di effettuare procedure in asepsi, il camice deve essere sterile
•
camice con rinforzi impermeabili anteriori e nelle maniche, da utilizzarsi durante l’esecuzione d
manovre invasive a rischio di emissione di liquidi biologici o manipolazione di sostanze
pericolose (es. manovre dialitiche, manovre endoscopiche, manipolazione di chemioterapici
ecc.)
•
camici monouso, indossati durante l’assistenza a malati (in isolamento o non) infetti da
microrganismi epidemiologicamente importanti in ambito ospedaliero (ad esempio:
enterococchi, vancomicina-resistenti, M: tuberculosis) per ridurre la loro trasmissibilità dai
malati o da oggetti del loro ambiente ad altri malati o ad altri ambienti. Quando i camici sono
indossati con questo scopo, devono essere rimossi prima di lasciare l’ambiente dove si trova il
malato e le mani devono essere lavate immediatamente.
Per l’ingresso in aree di isolamento o ad accesso controllato i camici devono essere sempre
disponibili all’ingresso. Dopo la rimozione del camice provvedere al lavaggio delle mani.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-6-
MANIPOLAZIONE DI STRUMENTI E OGGETTI TAGLIENTI
Tutti gli operatori sanitari devono adottare le misure necessarie a prevenire incidenti causati da
aghi, bisturi e altri taglienti durante il loro utilizzo, smaltimento pulizia.
Premesso che tutti i dispositivi pungenti o taglienti devono essere maneggiati con cura, è
importante:
•
non reincappucciare gli aghi, non rimuoverli dalle siringhe e comunque non manipolarli con le
mani
•
non indirizzare la punta degli aghi, dia altri oggetti pungenti o taglienti vero parti del corpo
•
non cercare di prendere strumenti taglienti, appuntiti o di vetro che stanno cadendo ma
raccoglierli da terra, utilizzando pinze o altri oggetti prensili
•
non portare strumenti taglienti o appuntiti in tasca
•
non piegare o rompere lame e aghi
•
chiedere l’aiuto ad un collega se il malato a cui si deve prestare assistenza utilizzando strumenti
taglienti non è collaborante ed è agibile
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI A RISCHIO INFETTIVO
Tutti gli strumenti taglienti o appuntiti devono essere eliminati nei contenitori in plastica rigida,
resistenti alla puntura, per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. I dispositivi medici e di
protezione individuale, contaminati da materiale biologico, devono essere smaltiti nei contenitori di
cartone alveolare per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.
Al fine di garantire la sicurezza degli operatori e dei malati è necessario osservare le seguenti norme
comportamentali di carattere generale:
1. sistemare i contenitori in posizione comoda, sicura e vicino al posto dove devono essere
utilizzati;
2. evitare, nel modo più assoluto, di prelevare materiale dai contenitori per rifiuti;
3. utilizzare i DPI durante le fasi di raccolta dei rifiuti e di trasporto dei contenitori;
4. trasportare e manipolare solo contenitori correttamente chiusi al fine di evitare accidentali
fuoriuscite e spargimento di rifiuti;
5. evitare di trascinare i contenitori, di appoggiarli al corpo e di effettuare qualsiasi altra
manovra che possa pregiudicare la propria e altrui sicurezza.
GESTIONE DELLA BIANCHERIA
Il rischio di trasmissione di infezioni attraverso la biancheria contaminata con microrganismi
patogeni è trascurabile se questa viene maneggiata, trasportata e lavata in maniera da evitare il
trasferimento di microrganismi ai malati, al personale e all’ambiente.
Si sottolinea in particolare che:
1. tutta la biancheria deve essere manipolata con cautela utilizzando guanti di protezione
2. la biancheria imbrattata di sangue, fluidi corporei, secreti ed escreti deve essere immediatamente
riposta, indossando i DPI, in un sacco idrosolubile contenuto in un sacco a tela
3. i materassi e i cuscini contaminati da materiale biologico devono essere raccolti in sacchi
impermeabili e inviati al servizio di lavanderia per il lavaggio e la disinfezione
4. alla dimissione del malato non è necessario inviare al servizio di lavanderia i materassi e i
cuscini che durante l’uso sono stati protetti da teli impermeabili
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-7-
COSA DEVE
INFORTUNIO
FARE
L’OPERATORE
SANITARIO
IN
CASO
DI
Se, nonostante le precauzioni, si verificasse un’esposizione parenterale, o mucosa (schizzi sulle
mucose delle vie respiratorie o nel sacco congiuntivale) o cutanea, con sangue o altri fluidi corporei
è bene seguire le istruzioni contenute nei protocolli di intervento successivi all’esposizione in uso
nel proprio ambiente lavorativo. Esso non potrà fare a meno di contenere le seguenti indicazioni:
se si e’ verificato imbrattamento cutaneo con materiale biologico (sangue, urine, feci, escrezioni,
ecc.), si deve lavare accuratamente con acqua corrente e sapone la parte contaminata per circa 10
minuti ed eventualmente utilizzare un antisettico (euclorina). Se si sono verificati schizzi di
materiale biologico negli occhi, occorre mantenerli aperti con le dita sotto il rubinetto dell’acqua
fredda per qualche minuto oppure sciacquare abbondantemente con soluzione fisiologica sterile per
almeno 10/15 minuti.
Se si è verificata una puntura accidentale con aghi di siringhe usate, taglio con bisturi o altro
oggetto tagliente, bisogna:
• cercare di far sanguinare il più possibile la ferita per qualche istante, lavarla
abbondantemente con acqua e sapone per 10 minuti e trattare eventualmente con un
antisettico;
• in secondo luogo bisogna avvertire il proprio responsabile e recarsi prima possibile nella
struttura deputata agli interventi del caso che il più delle volte corrisponde al pronto
soccorso più vicino.
• inoltrare la denuncia di infortunio, anche se si è giudicati idonei a riprendere il lavoro
(infortunio senza prognosi). Questa denuncia è indispensabile per iniziare il più
precocemente possibile una eventuale terapia di chemio o immunoprofilassi (in caso di
HBV immunoglobuline entro 7 giorni mentre in caso di HIV chemioprofilassi preventiva
entro 1 o 4 ore dall’esposizione) e ai fini medico-legali per un futuro riconoscimento
dell’origine professionale della eventuale malattia contratta in tale situazione.
• se possibile e, dopo averne ottenuto il consenso, e’ bene verificare la situazione sierologica
del paziente da cui proviene il materiale biologico, determinando la presenza di anticorpi
anti-HIV, anti HCV, anti HBV.
• L’ infortunio deve essere comunicato al datore di lavoro il quale deve far intervenire il
medico competente per eseguire il controllo degli esami del sangue. L’operatore dovrà
effettuare poi accertamenti sanitari periodici, indicativamente al “tempo zero” (al più presto
dopo l’infortunio), dopo un mese, dopo tre mesi, dopo sei mesi e dopo un anno. Si ricorda
infine che, ai sensi del D.lgs 626/94, il personale che presta assistenza a malati deve essere
sottoposto a sorveglianza sanitaria periodica anche per tutti gli altri rischi di infortunio:
chimico, fisico, da video-terminali, e psicologico a spese del datore di lavoro, da parte del
medico competente.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
-8-
IL LAVAGGIO DELLE MANI
II lavaggio delle mani è la misura più importante nella prevenzione delle infezioni ospedaliere, ma
e’ anche un ottimo strumento per prevenire le malattie negli operatori del soccorso perché le mani
sono la principale sorgente, continua, di microrganismi.
Per favore, lava le tue mani!!
Qualunque cosa tocchi la contamini!!
Figura 2. Ruolo delle mani nella trasmissione delle infezioni ospedaliere
LA MANO PRENDE
dalla cute
dalle ferite infette
del paziente
dal pus
dalle secrezioni
LA MANOTRASFERISCE
Dalle lenzuola
Dalla biancheria sporta
Dagli asciugamani umidi
Da bacinelle e lavandini
Dai bagni
SSUEm 118 Bergamo
LA MANO PRENDE
dal viso
dal corpo
del personale sanitario
dalle mani
dai vestiti
LA MANO CONTAMINA
pazienti operati
bambini
malati gravi
malati cronici
anziani
personale sanitario
settembre 2007
-9-
LA MANO INFETTA
le attrezzature sanitarie
biancheria pulita
bagni
piatti e posate
LA FLORA MICROBICA DELLE MANI
-
La flora residente
È caratterizzata da una elevata capacità di sopravvivenza e moltiplicazione sulla cute e dall'essere
difficilmente rimovibile con il semplice lavaggio con acqua e sapone. Per eliminarla ci vuole anche
l'antisettico. E' costituita prevalentemente da microbi non classicamente patogeni, pertanto non
pericolosi, a meno che non vengano introdotti nell'organismo tramite procedure invasive o lesioni
accidentali.
-
La flora transitoria
E' costituita invece da una vasta gamma di microrganismi ambientali e/o umani, molti dei quali
patogeni. E' caratterizzata da una breve sopravvivenza (circa 24 ore) e dalla facile rimovibilità con
il semplice lavaggio con acqua e sapone.
LAVAGGIO DELLE MANI
Si distinguono tre tipi di lavaggio delle mani:
-
lavaggio
sociale = si esegue con sapone o detergente e acqua corrente per almeno 20
secondi, per eliminare gran parte della flora transitoria
-
lavaggio antisettico = si esegue con appropriato antisettico e acqua corrente, per
almeno 40-60 secondi, per eliminare la flora transitoria e parte della r e s i d e n t e
-
lavaggio preoperatorio = si esegue con appropriato antisettico e acqua corrente,
ripetendo e prolungando l 'o p e r a z i o n e per almeno 5 "minuti, per eliminare gran parte
d e l l a flora residente
Il lavaggio delle mani è indicato:
A. PER UNA DECONTAMINAZIONE DI BASE:
prima dell'inizio del lavoro
-
quando le mani sono visibilmente sporche
-
alla fine del lavoro
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 10 -
B. DOPO UNA PRESUMIBILE AUTOCONTAMINAZIONE:
- dopo aver tossito con la mano sulla bocca, essersi soffiati il naso, essersi pettinati, aver
indossato o tolto la mascherina, toccato narici e bocca, ....
-
dopo l'uso dei servizi igienici
C. DOPO UNA PRESUMIBILE ETEROCONTAMINAZIONE:
•
per contatto con una fonte che presumibilmente era contaminata con microrganismi
•
virulenti o con patogeni ospedalieri:
dopo l'assistenza al paziente che ha comportato contatto di mucose, cute non intatta, sangue
o altri liquidi e materiali organici
•
dopo la manipolazione di oggetti inanimati (termometri rettali, sacche di raccolta urine,
medicazioni di ferite, rifiuti, biancheria sporca...)
•
dopo aver tolto i guanti, sia sterili che non sterili;
D. PRIMA DI ATTI CHE POSSONO CONTAMINARE MATERIALI DESTINATI AL
PAZIENTE
- prima di procedure invasive (inserzione di cateteri vascolari, urinari o altri
presidi invasivi)
-
prima del contatto con ferite o cute non intatta
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 11 -
EPATITI VIRALI
Descrizione clinica
Processo infiammatorio a carico del fegato provocato da agenti virali, nei casi sintomatici con
quadro cimice caratterizzato da lieve sintomatologia (malessere, anoressia, astenia, nausea e dolori
addominali, talvolta febbre) e ittero, ovvero notevole aumento delle transaminasi.
Epatite virale di tipo A
Eziologia : virus enterico,si localizza inizialmente nell’intestino del soggetto
colpito,successivamente penetra nel fegato dove provoca le lesioni
Diffusione
Diffusa in tutto il mondo.
Fonte di infezione
Uomo, raramente altri primati non umani.
Modalità di trasmissione
Trasmissione attraverso la via oro-fecale, o con veicoli quali alimenti contaminati, raramente
acque destinate al consumo umano contaminate, ma soprattutto da persona a persona in ambienti
familiari o comunità ove esistono contatti stretti.
Periodo dì incubazione
Da 15 a 50 giorni, mediamente 28-30 giorni.
Contagiosità
La massima - azione del virus nelle feci si ha da 2 settimane prima ad 1 settimana dopo la
comparsa dell'ittero oppure, nei casi anitterici o asintomatici, durante il picco dei livelli ematici
degli enzimi epatocellulari. Sebbene la viremia si verifichi precocemente e possa persistere per
parecchie settimane dopo la comparsa dei sintomi, la trasmissione dell'HAV per via ematica non è
frequente.
Sintomatologia: inizialmente febbricola, stanchezza, mal di testa, riduzione dell’appetito, nausea,
talora vomito e diarrea. Dopo qualche giorno compare l’ittero, feci chiare, urine scure e talvolta
prurito.
Provvedimenti nei confronti del malato
Isolamento enterico del soggetto per 7 giorni dall'inizio dei sintomi e allontanamento dalla
collettività per la durata di 7 giorni.
Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti. Sorveglianza sanitaria presso la collettività
rilevando gli assenti una volta la settimana dal 15° al 50° giorno dopo l'ultima presenza del caso.
La vaccinazione antiepatite A va praticata, entro 8 giorni dall'esordio dei sintomi nel caso, a:
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 12 -
•
contatti sessuali e conviventi
•
compagni e operatori di asili nido e scuole materne
•
compagni delle classi di scuola elementare che utilizzano gli stessi servizi igienici.
La vaccinazione in epoca successiva è utile per la prevenzione di casi terziari.
Immunoglobuline normali contemporaneamente al vaccino nei seguenti casi:
• la persona esposta è a particolare rischio di un esito sfavorevole dopo infezione da HAV (età
> 50 anni, o presenza di cirrosi epatica, o preesistente infezione da HCV o HBV)
•
individuazione di contatti stretti oltre gli 8 giorni utili all'esecuzione della vaccinazione. Le
IG possono essere effettuate fino a 14 giorni dall'esordio dei sintomi del caso; oltre tale
periodo, fino ad un massimo di 28 giorni, possono attenuare forme gravi di malattia.
Altre misure:
• distribuzione, alle famiglie dei contatti di casi scolastici, di fogli informativi sulla malattia,
(modalità di trasmissione, periodo d'incubazione, sintomi d'esordio, ecc.) e sulla necessità di
una tempestiva comunicazione di eventuale nuovo caso
•
indagine per la ricerca di possibili altri casi sia in ambito familiare che tra i conoscenti
•
ricerca di possibili fonti di contagio (tenendo presente che nella nostra regione prevalgono le
forme da importazione) cosi da risalire alla fonte di infezione o all'alimento sospetto
(indagine capillare sugli alimenti consumati negli ultimi due mesi dal paziente, verificando
la provenienza dì alimenti sospetti).
Epatite virale di tipo B
Agente eziologico: il virus dell’HBV e’ un hepadnavirus, a DNA,contenente l’antigene di
superficie ( HBs Ag) l’antigene core (HBcAg )e l’antigene e ( HbeAg)
Diffusione : in tutto il mondo
Fonte di infezione: uomo
Periodo di incubazione: da 45 a 180 giorni, mediamente 60-90
Modalita’di trasmissione: il virus e’presente nel sangue,,urina,bile,lacrime,saliva,sperma,latte
materno,secreto vaginale.
•
Contatto diretto :. Per contatto con sangue di soggetti portatori, ferite con oggetti appuntiti
o aghi contaminati,schizzi di materiale infetto negli occhi o sulle mucose,uso comune di
spazzolinida denti,rasoi,altri oggetti taglienti, tatuaggi con strumentarinon sterlizzati
adeguatamente. Per via sessuale sia omo che etero
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 13 -
•
Trasmissione verticale: dalla donna gravida portatrice del virus al neonato al momento del
parto,piu’ del 90 % dei neonati da madri portatrici del virus B diventano portatore cronici
dello stesso.
Periodo di Contagiosità
•
da diverse settimane prima dell'inizio della sintomatologia,
•
permanendo per tutta la durata della malattia.
•
l'infettività cronica varia dalla condizione di alta contagiosità
(HBeAg positivo) a quella di bassa contagiosità (HBeAb positivi)
Il virus e’ altamente infettante,infatti bastano 0,000001 ml di sangue per trasmettere il virus.E’
estremamente resistente alle condizioni avverse ambientali.Aghi o strumenti medicali e dentistici
contaminati possone essere responsabili di trasmissione del virus B persino a distanza di mesi.
L’ HBV e’ almeno 100 volte piu’ infettivo dell’HIV. Nel sangue infetto e’ presente un maggior
numero di particelle virali e,diversamente dall’HIV ,e ‘ stata dimostrata la possibilita’ di
trasmissione attraverso al saliva.
L’ epatite B viene trasmessa attraverso rapporti sessuali piu’ facilmente di quanto lo sia l’HIV e,
diversamente da questo,essa si puo’ facilmente trasmettere ai familiari conviventi,in particolare in
condizioni di scarsa igiene e sovraffollamento.
Accanto alle forme classiche che si manifestano con : febbricola,stanchezza,mal di testa, riduzione
dell’appetito,nausea, talora vomito e diarrea,vi e’ un imporatnte numero di casi di infezione subclinica ( rapporto 15/1 tra infezione asintomatica e sintomatica ) dove vi e’ assenza di
sintomatologia
Dopo qualche giorno compare l’ittero ,feci chiare,urine scure e talvolta prurito.
In realta’non sempre sono presenti tutti questi sintomi e segni della malattia;anzi sono molto
frequenti soprattutto nei bambini forme senza disturbi di rilievo e senza ittero.
E’ chiaro quindi come sia importante il problema della prevenzione della diffusione di questo
virus e delle malattie ad esso legate.
Provvedimenti nei confronti del malato
Isolamento ematico del malato e del portatore e adozione delle precauzioni standard per prevenire
l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici. Non è previsto allontanamento da
collettività.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 14 -
In tabella sono indicate le tipologie di esposizione ed in provvedimenti di profilassi in relazione al
soggetto esposto.
Soggetto non Soggetto Soggetto
vaccinato
vaccinato vaccinato non
responder responder
AccidentaleVaccinazione Non
HBIG +
percutanea/permucosale +• HBIG
trattamento rivaccinazione
Tipo esposizione
Soggetto vaccinato con
//sposta non nota
Ricerca antlHBs; se
inadeguato HBIG+dose
Booster (prosecuzione àdo
vaca se risposta
inadeguata)
Vaccinazione Non
Non
Ricerca antiHBs ; se
trattamento trattamento
inadeguata dose Booster
Vaccinazione Non
HBIG 2 dosi a Ricerca antiHBs se
+ HBIG
trattamento distanza di un inadeguata HBIG •*- dose
mese oppure Booster (continuazione cido
1 dose HBIG + vacc. se ancora risposta
rivaccinazione Inadeguata)
Vaccinazione
+ HBIG
Vaccinazione Non
HBIG 2 dosi Ricerca antiHBs se
+ HBIG
trattamento oppure HBIG inadeguata HBIG* dose
+
Booster
rivaccinazione
Vaccinazione Non
Non
Ricerca antiHBs se
trattamento trattamento
inadeguata dose Booster
Contatto familiare di
HbsAg positivo
Contatto familiare dì
caso acuto con
esposizione certa al
sangue
Perinatale
Sessuale-infezione
acuta
Sessuale-portatore
cronico
Epatite virale di tipo C
Agente eziologico
Virus a RNA appartenente alla famiglia dei Flaviviridae.
Diffusione (in tutto il mondo).
Fonte di infezioni! Uomo
Modalità dì trasmissione
HCV è trasmesso attraverso esposizione percutanea a grandi quantità o per ripetute piccole
esposizioni a sangue infetto o suoi derivati
•
Trasfusioni di sangue ed emo-plasmaderivati rischio bassissimo (attorno allo zero) per i
controlli effettuati su donatori e ogni unità di sangue donato.
•
Immunoglobuline: nessun caso da somministrazione i.m., qualche segnalazione in passato
da somministrazione e.v., ora devono essere HCV Ab negative.
•
Uso di droghe ev.: rischio altissimo (infezione più rapida rispetto ad HIV in quanto vi sono
più tossicodipendenti infetti e quindi il rischio dì esposizione è maggiore)
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 15 -
Periodo di contagiosità
Da diverse settimane prima dell'inizio della sintomatologia, permanendo per tutta la durata della
malattia.
L'infettività cronica varia dalla condizione di alta contagiosità (HBeAg positivo) a quella di bassa
contagiosità (HBeAb positivi).
Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento ematico del malato e del portatore e adozione
delle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi
biologici. Non è previsto allontanamento da collettività.
Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti
Di seguito sono indicate le tipologie di esposizione ed i provvedimenti di profilassi in relazione al
soggetto esposto.
•
Interventi sanitari: particolare rischio gli emodializzati. Probabilmente le pratiche
odontoiatriche sono all'origine di quel 10% di casi in cui non è stata identificata alcuna
modalità particolare di acquisizione dell'infezione; non vi sono però studi in tal senso.
•
II rischio di trasmissione da operatore infetto a paziente è bassissimo (non sono previste
restrizioni lavorative per gli Operatori HCV Ab positivi, anche se HCV RNA positivi).
•
Operatori sanitari: non hanno prevalenza di infezione più alta di quella della popolazione
generale; il rischio di contrarre l'infezione dopo esposizione accidentale a sangue infetto è
10 volte più basso che per l'HBV (rischio medio dopo esposizione a sangue certamente
infetto: 1.8% - range 0-7%). Ripetute esposizioni accidentali aumentano il rischio.
•
Altre esposizioni percutanee: ad oggi nessuno studio dimostra che la pratica del tatuaggio
o del piercing siano a rischio particolare per la trasmissione dell’HCV
•
Attività sessuale: è riportata associazione tra infezione e rapporto sessuale non protetto
con soggetto con storia di epatite o che ha avuto molti partner. La trasmissione è a volte
più efficace dall'uomo alla donna.
Bassa prevalenza è stata invece riscontrata in partner di soggetti con infezione cronica da
HCV che non abbiano altri fattori di rischio. In conclusione, la trasmissione può avvenire
ma è evento estremamente raro.
•
Contatti familiari; non esistono rischi particolari
•
Trasmissione verticale; correlata alla positività per HCV, RNA della madre al momento
della nascita (rischio 5-6%- range 0-25%). Il rischio aumenta a più del 14% (range
5-36%) se la mamma è anche HCV positiva. Non esistono differenze tra parto cesareo e
vaginale né vi è correlazione tra infezione e allattamento al seno pertanto, lo screening
per la ricerca degli anti-HCV è raccomandato per persone che hanno ricevuto trasfusioni
o trapianti in epoca antecedente lo screening dei donatori; pazienti emofiliache, trasfusi
con emoderivati prima dell'introduzione di efficaci sistemi di inattivazione;
tossicodipendenti anche se le droghe iniettive sono state utilizzate solo sporadicamente;
soggetti in trattamento emodialitico
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 16 -
•
personale sanitario che ha avuto esposizione percutanea o a livello delle mucose con
sangue HCV positivo
•
bambini nati da madre positiva.
Periodo di incubazione
Variabile da 2 settimane a 6 mesi, mediamente 6-9 settimane; nei 10-20% dei casi la malattia si
manifesta con sintomi aspecifìci - anoressia, malessere dolori addominali, astenia, ecc.; nel 2030% ittero; nel 60-70% dei casi nessun sintomo. II tempo medio di sieroconversione dopo
esposizione è di 8-9 settimane; entro 6 mesi il 97% dei soggetti sieroconverte. Eccezionali le
sieroconversioni dopo 9 mesi.
Periodo di contagiosità
Da una o più settimane prima dell'esordio dei primi sintomi; nella maggior parte degli infettati
persiste indefinitivamente.
Provvedimenti nei confronti del malato.
Isolamento ematico del malato e del portatore adozione delle precauzioni standard per prevenire
l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici.
Proposta di vaccinazione contro l'epatite A e B dopo verifica di suscettibilità
Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti.
Ricerca dell'HCV Ab nei partner sessuale (ricerca della fonte) al tempo 0: se negativo, consigliare
test dopo 6 mesi per rilevare eventuale contagio.
Ricerca dell'HCV Ab solo in quei contatti in cui vi può essere stato scambio ematico (uso in
comune di rasoi/spazzolini da denti, puntura accidentale, soccorso per ferite, ecc.) come ricerca
della fonte; ricerca dell'HCV al tempo 0 e dopo 6 mesi nelle seguenti situazioni: contaminazione
cutanea o mucosa a sangue del malato - a contatti con esposizione nei 2-3 mesi precedenti la
comparsa della malattia (ricerca casi secondari).
Adozione di misure preventive comportamentali atte ad evitare il contagio.
Altri provvedimenti: inchiesta epidemiologica per la ricerca della fonte/modalità di acquisizione
dell'infezione. Cercare eventuali episodi di contaminazione con sangue nei confronti di terzi
avvenute nei 2-3 mesi precedenti (possibili casi secondari).
Epatite virale di tipo D
Il virus dell'epatite virale di tipo D può contagiare solo se unitamente al B (HBV) o superinfettare
un soggetto portatore di quest’ultimo. Pertanto si rimanda al capitolo relativo all'epatite virale di
tipo B.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 17 -
Epatite virale di tipo E
Agente eziologico
Il virus HEV è a RNA a singola elica sembrerebbe appartenere ad una propria famiglia.
Diffusione
In tutto il mondo. E' il principale agente eziologico delle epatiti nonA nonB a trasmissione
enterica. Epidemie si sono verificate in Paesi con insufficiente livello sanitario.
Fonte di infezione
Uomo; va considerata anche la possibilità di un serbatoio animale (maiali).
Modalità di trasmissione
Trasmissione attraverso la via oro-fecale; l'acqua contaminata da feci è il veicolo più conosciuto.
Periodo dì incubazione
Da 15 a 64 giorni mediamente 26-42 giorni
Periodo di contagiosità
Non è noto, l'eliminazione del virus sembrerebbe avvenire attraverso le feci per circa 11 giorni
dopo l'ittero (bollettino Ufficiale dalla Regione Lombardia).
•
Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento enterico del soggetto e allontanamento
da collettività per la durata di almeno 15 giorni dalla comparsa dell'ittero e comunque a
seguito di riscontro di negatività della ricerca di HEV-RNA nelle feci.
•
Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti individuazione della probabile fonte di
contagio. Sorveglianza sanitaria per familiari e contatti scolastici sino a 30 giorni
dall'esordio del coso, onde evidenziare ulteriori casi.
•
Provvedimenti nei confronti del malato. Isolamento ematico dell'infetto e de! malato e
adozione detle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue
ed altri fluidi biologici.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 18 -
Meningite o sepsi da Neisserìa meningitidis
Agente eziologico: batterio: Neisseria Meningitidis ( poca resistenza agli agenti fisici : luce
essicamento ed ai comuni disinfettanti).
Diffusione
In tutto il mondo, in forma epidemica o sporadica. Nel nostro Paese l'incidenza maggiore si ha
durante l'inverno e la primavera e più del 90% dei casi si manifesta in forma sporadica; i
sierogruppi prevalenti sono il B e il C. Nell'ultimo decennio, in alcuni Paesi europei, si è
assistito ad un incremento percentuale del sierogruppo di tipo C. Pur essendo una malattia che
colpisce di preferenza i bambini con meno di 5 anni, non mancano casi nei giovani e negli
adulti.
Fonte di infezione
Uomo sia malato che portatore. Il tasso di portatori asintomatici, con colonizzazione del
nasofaringe, può raggiungere il 5% -10% della popolazione (fino al 25% tra i 15 e i 19 anni),
Modalità di trasmissione
Ö Per contatto diretto e tramite goccioline nasali e faringee da persone infette;
Ö l’infezione di solito causa soltanto una nasofaringite acuta oppure un'infezione sub-clinica della
mucosa nasoforingea.
Ö Può esistere una prevalenza di portatori maggiore del 25% senza che si verifichino casi di
meningite. La trasmissione attraverso i vomiti è trascurabile.
Periodo di incubazione
Da 2 a 10 giorni, mediamente 3-4 giorni.
Sintomatologia: cefalea, febbre ,letargia, stato confusionale,vomito,rigidita’ nucale,
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 19 -
TUBERCOLOSI POLMONARE
Agente eziologico: Micobatterio tubercolosis
è distrutto dall’essicamento e dalla luce solare dopo lunga esposizione
Fonte: malato ( TBC aperta) il paziente con TBC in atto non aperta non è contagioso
Modalità di trasmissione: Le goccioline cariche di bacilli ,emesse dal paziente affetto da TBC
contagiosa, tramite starnuti, tosse, espettorazione, essendo di piccole
dimensioni possono rimanere sospese nell’aria per ore e spostarsi da un
ambiente all’altro ed essere inalate
La trasmissibilità dipende da: - grado di infettività del paziente
- manovre praticate
- tempo di esposizione
- caratteristiche ambientali
- stato di immunità dell’ospite
Diffusione: in tutto il mondo
Periodo di incubazione:
Ö dal momento di insorgenza dell’infezione a quando sia dimostrabile una lesione primaria o una
significativa reazione tubercolinica, passano circa 2-12 settimane
Ö il successivo rischio di una tubercolosi polmonare progressiva o extrapolmonare è massimo
entro il primo anno o due dall’infezione
Ö l’infezione latente può persistere per tutta la vita
Ö l’infezione da HIV sembra accrescere enormemente il rischio e abbrevia l’intervallo per lo
sviluppo della tubercolosi clinica
Periodo di contagiosità:
Ö teoricamente, per tutto il tempo in cui vengono espettorati bacilli tubercolari vitali
Ö alcuni pazienti non trattati o trattati non adeguatamente possono essere positivi all’esame
dell’espettorato intermittentemente per anni
Ö un efficace chemioterapia antimicrobica elimina la contagiosità entro poche settimane, almeno
nell’ambito familare
Ö bambini con tubercolosi primaria non sono di solito contagiosi
Cenni clinici: L’infezione da primo impianto del micobatterio nell’organismo ospite non significa
necessariamente malattia tubercolare. La maggior parte degli individui, infatti, viene infettata in
modo del tutto asintomatica
La sintomatologia clinica manca completamente,per cui gli unici segni dell’avvenuta infezione sono
di carattere radiologico (calcificazioni apprezzabili solo quando raggiungono dimensioni di una
certa entità) e biologico (positività mantoux).
Circa il 90 % -95 % di questi soggetti con infezione iniziale entrano in una fase di latenza per cui
per tutta la vita vi e’ il rischio di riattivazione
La tubercolosi polmonare progressiva ha origine da reinfezione esogena (da bacilli introdotti dall’
esterno) o da riattivazione endogena di un focolaio latente che e’ residuato da un ‘infezione iniziale.
Il completamento di una chemioterapia appropriata quasi sempre porta a guarigione, anche nelle
persone con HIV.
Se non trattata, circa la metà dei pazienti muore nell’arco di 5 anni,una maggioranza di questi nel
giro di 18 mesi.
Sintomatologia : cefalea, malessere, astenia, febbricola, sudorazione e dimagramento
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 20 -
DEFINIZIONE AIDS
Come ormai tutti sanno, AIDS e’ l’acronimo di Acquired Immuno-Deficiency Sindrome,
espressione inglese che significa sindrome da immunodeficienza acquisita: l’espressione italiana ha
per acronimo SIDA, quasi sconosciuto in Italia ma usato invece in altri paesi latini (p.e. Francia e
Spagna). In questa definizione resta sottointeso che soggetto della sindrome e’ l’uomo.
Prima di parlare di AIDS e’ opportuno soffermarsi un momento sulle tre parole della definizione.
SINDROME. Per sindrome si intende “il complesso dei sintomi che denunciano una situazione
morbosa, senza costituire di per se’ una malattia autonoma”.
IMMUNODEFICIENZA. Per immunodeficienza si intende una “insufficiente difesa immunitaria
da parte dell’ organismo”, in altre parole, un cattivo funzionamento del sistema immunitario.
Com’e’ noto, l’identita’ di ogni singolo organismo viene mantenuta grazie a un meccanismo di
conservazione il cui aspetto piu’ evidente e’ la resistenza verso le malattie infettive. A quest’ ultimo
compito provvede appunto il cosidetto sistema immunitario che, utilizzando particolari cellule
(soprattutto linfociti, cellule bianche del sangue), e’ in grado sia di riconoscere cio’ che e’ “proprio”
dell’ organismo da cio’ che “non e’ proprio”.
ACQUISITA. Per acquisita si intende “non congenito”, cioe’ non presente nell’ organismo sin
dalla sua origine.
DIAGNOSI
Come per tutte le infezioni virali, l’ ingresso dell HIV nell’ organismo determina una risposta
immunitaria da parte di quest’ ultimo, risposta caratterizzata dalla produzione di specifici anticorpi.
L’infezione da HIV viene quindi diagnosticata mediante la ricerca nel sangue degli anticorpi antiHIV la cui presenza definisce la condizione di sieropositivita’ per l’ HIV e non lo stato di avvenuta
immunita’ al virus. La presenza di anticorpi nel sangue inoltre segnala si che si e’ avuta un’
esposizione al virus ma non neccessariamente la presenza del virus stesso, per cui sono neccessari
altri esami di controllo. Gli anticorpi anti-HIV compaiono nel sangue circa due mesi dopo il
contagio: nel periodo che intercorre tra il contagio e la comparsa degli anticorpi (finestra
immunitaria o periodo finestra) l’individuo risulta quindi sieronegativo, pur essendo gia’ infetto e in
grado di contagiare altri individui. Se il test risulta negativo va comunque ripetuto allo scadere dei 6
mesi, calcolati a partire dall'ultimo episodio ritenuto a rischio. Una persona che risulta positiva al
primo test, il test ELISA (Enzime Linked Immuno Sorbent Assay), viene sottoposta ad altri test di
conferma, tra cui il Western Blot, più sicuro ma che non viene utilizzato come primo test per
problemi di costi. Anche questo test serve a stabilire l’ avvenuta infezione da HIV e non la presenza
di AIDS. Poi vengono effettuati test per valutare se e quanto il virus HIV ha danneggiato il sistema
immunitario, tra cui fondamentale è la conta dei linfociti CD4. Una diagnosi precoce dell’ infezione
puo’ consentire un trattamento ottimale in quanto permette di instaurare nel momento piu’
opportuno sia le terapie antivirali (HAART), sia la profilassi delle infezioni opportunistiche.
E' disponibile infine, un esame molto importante che misura la quantità di virus (copie di RNA
virale) nel siero. Questo esame è fondamentale perché permette tra l'altro una verifica indiretta
dell'efficacia dei farmaci antiretrovirali.
Esistono anche esami in diversi ospedali sul genotipo e fenotipo virale, che servono a individuare i
ceppi mutanti resistenti ai farmaci.
Se in una persona si ritrovano gravi danni al sistema immunitario e la presenza di infezioni
opportunistiche, si diagnostica l'AIDS.Come gia’ sappiamo una persona affetta da AIDS è
maggiormente esposta alle infezioni, tuttavia le infezioni tipiche di questa sindrome sono solo una
ventina distinte in :
-Infezioni da batteri e protozoi, tra cui sono frequenti: Pneumocistosi, una polmonite causata da un
protozoo di nome Pneumocistis Carinii; Toxoplasmosi, causata dal Toxoplasma Gondii, un
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 21 -
protozoo che colpisce il cervello, l'occhio e raramente il polmone; La Tubercolosi, causata dal
bacillo di Koch.
- Infezioni da virus tra cui Herpes, infezione da CitoMegaloVirus e HHV-8.
- Tumori: Linfomi, tumori delle ghiandole linfatiche; Sarcoma di Kaposi.
- Infezioni micotiche tra cui è frequente l'infezione da Candida, un fungo che nelle persone
immunodepresse si può sviluppare in bocca, nell'esofago e in altre parti del corpo.
La distinzione tra sieropositività e AIDS conclamato in realtà si basa su criteri schematici. E’ nata
negli Stati Uniti da esigenze assicurative. In alcuni casi si può stare meglio nella condizione di
AIDS conclamato che in quella di sieropositività.
I più frequenti stati patologici che evolvono con il progredire della patologia primitiva sono:
complicanze del sistema nervoso (encefalopatie, crisi epilettiche, deficit motori, quadri di
demenza), polmonari (frequentissima la tubercolosi polmonare e le polmoniti da Pneumocystis
carinii, da cytomegalovirus, da micobatteri), cardiache (metastasi da sarcoma di Kaposi, pericarditi
tuberolari, ecc), muscolo-scheletriche (soprattutto secondari all’ immobilità) e sindromi dolorose
(connesse alle diverse patologie, ma a volte espressione di effetti collaterali dei farmaci antivirali
assunti).
TRASMISSIONE DELL’ INFEZIONE DA HIV
L’ infezione da HIV può essere trasmessa per via sessuale tramite rapporti omo – etero sessuali. Per
via ematica per esposizione a sangue e derivati del sangue infetto (p.e. come avviene fra i
tossicodipendenti con lo scambio di siringhe). Per via verticale da madre a figlio durante la
gravidanza, al momento del parto o durante l'allattamento. La possibilità che questo avvenga si
riduce fortemente se la madre è in terapia con antiretrovirali, fino ad essere meno del 10%. Il
bambino non avendo anticorpi propri eredita gli anticorpi della madre, quindi può nascere
sieropositivo, ma non avere il virus.
In questo caso il bambino ritornerà sieronegativo durante i primi mesi di vita.
Studi recenti dimostrano una notevole riduzione di casi di trasmissione dell'HIV nel caso in cui la
madre sia sottoposta ad idonea terapia durante la gravidanza e partorisca con parto cesareo. La
corretta applicazione dello screenning delle donazioni di sangue e di rigide regole nella produzione
dei derivati del sangue hanno permesso, a partire dal 1985, di ridurre quasi a zero il rischio di
trasmissione dell’ HIV attraverso il sangue ed i suoi derivati. L’ HIV non si trasmette per contatto
casuale, non si diffonde toccandosi, abbracciandosi, respirando la stessa aria o usando le stesse
stoviglie. Per quanto riguarda la trasmissione sessuale di tipo insertivo (il virus e’ presente nel
sangue e nelle secrezioni genitali delle persone infette) e in linea teorica anche i rapporti orogenitali ed i baci “penetranti” sono una potenziale modalità di infezione, il rapporto anale
omo/eterosessuale e’ incomparabilmente più a rischio degli altri. Comunque sebbene il virus possa
essere presente nella saliva, sino ad oggi non ci sono evidenze che questa via rappresenti una
modalità di trasmissione significativa, non è mai stato segnalato un caso di contagio attraverso il
bacio e considerando che nel mondo ogni giorno si scambiano decine di milioni di baci profondi, é
possibile considerare sicuro questo tipo di rapporto. Stime della probabilità di trasmissione dell’
infezione da HIV per singolo rapporto sessuale non violento sono disponibili da ricerche realizzate
sia in paesi industrializzati che in aree in via di sviluppo. Per quanto riguarda la trasmissione da
donna a uomo, si passa da una stima massima di 0,13 in Kenia, a 0,03/0,06 in Tailandia, a 0,001
ovverosia uno per mille in Europa ( anno 1998). L’uso adeguato del profilattico può ridurre
drasticamente il rischio di trasmissione dell’ infezione che dovrebbe, in condizioni ideali, tendere
allo zero. Tra i fattori che possono ridurre il rischio ricorderemo, (dal punto di vista statistico) la
circoncisione e la somministrazione di farmaci antiretrovirali. Dall’ altro lato, un infezione recente
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 22 -
o in stato avanzato, la presenza di ulcere genitali o, anche, di ectopia cervicale, sono alcuni fattori
che possono aumentare la probabilità di trasmissione dell’ infezione HIV.
In Italia, oggi si sta registrando un progressivo e preoccupante aumento dei contagi eterosessuali, a
fronte di una riduzione dei casi tra i tossicodipendenti (anno 2002).Per quanto riguarda i
tossicodipendenti, anche se non sono disponibili stime accurate del rischio di trasmissione tramite
scambio di aghi e/o siringhe, si può però assumere che questo sia comunque elevato non solo in
funzione della molteplicità delle esposizioni, ma anche per le modalità dell’ esposizione stessa che
contemplano, in questo caso, il possibile passaggio di una notevole quantità di sangue. In mancanza
di una cura definitiva o di un vaccino, la prevenzione e l’informazione restano alla base della lotta
all’ HIV. Tenendo presente che diversi fattori sociali e culturali possono influenzare i
comportamenti individuali e la percezione del rischio, i capisaldi della prevenzione nei Paesi
industrializzati devono essere basati su una corretta informazione e su programmi di riduzione del
rischio, mirati in particolare sulla riduzione della promiscuita sessuale, sull’uso corretto del
profilattico, sull’ evitare lo scambio di siringhe tra persone che fanno uso di droga per via
endovenosa, sull’ offerta attiva dei test HIV alle donne in età fertile, e sull’ applicazione delle
precauzioni Universali per gli operatori sanitari. Il tasso di trasmissione parenterale negli operatori
sanitari esposti a sangue infetto in seguito ad incidenti professionali (p.e. puntura con ago di siringa)
si avvicina al 3 per 100. Le Precauzioni Universali prevedono che ogni paziente e alcuni campioni
biologici: sangue,vomito, liquido seminale, secrezioni vaginali, tessuti, liquor, liquido amniotico,
essudato sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico debbano essere considerati come
potenzialmente infetti. Non ci sono quindi precauzioni differenziate ma la raccomandazione di
usare sempre idonee misure di barriera nei casi in cui si preveda un contatto con sangue o gli altri
liquidi biologici. Il lavaggio delle mani, l’uso di guanti, mascherine e occhiali, camici e la corretta
gestione di aghi e strumenti accuminati.
LINEE GUIDA GENERALI PER LA PREVENZIONE DI CONTAGIO NEL
PERSONALE SANITARIO
Il rischio d’infezione professionale per puntura accidentale con ago infetto o per esposizione di
mucose o di superficie cutanea non integra a sangue o ad altri liquidi biologici di pazienti
sieropositivi, e’ valutato fra lo 0,2 e lo 0,5%. Fortunatamente, l’AIDS è, infatti, una malattia poco
contagiosa, se per esempio confrontata con l’epatite B, malattia virale che si trasmette con le stesse
modalità, per la quale il rischio di infezione professionale è valutato superiore al 20-25%.
Nonostante ciò, trattandosi di una malattia tanto grave, è indispensabile cautelarsi sempre,
prendendo le dovute precauzioni e seguendo semplici ma efficaci norme di comportamento, al fine
di lavorare in sicurezza. Chi svolge un lavoro di assistenza dovrebbe sempre considerare il sangue e
gli altri fluidi corporei di tutti i pazienti potenzialmente infetti per l’HIV (e altri microrganismi
trasmissibili per via parenterale).
L’ operatore sanitario deve indossare guanti monouso e camice di protezione (DPI), quando debba
provvedere all’igiene personale dell’ammalato.
Le feci e le urine non sono considerati prodotti biologici di per sé in grado di trasmettere il virus,
tuttavia devono essere considerati potenzialmente infettanti in relazione alla possibile presenza di
sangue, a causa per esempio di infezioni intestinali o di emorroidi sanguinanti o di cistiti
emorragiche. E’ indispensabile pertanto che chi assiste un malato usi costantemente guanti
protettivi per evitare il contatto con sangue infetto.
E’ raccomandato l’uso di visiera o di occhiali protettivi (DPI) durante la collaborazione nei
procedimenti invasivi o in tutte le situazioni in cui è probabile che avvenga la proiezione di
goccioline o di schizzi di fluidi corporei, potenzialmente contaminanti, sulle mucose delle vie
respiratorie o del sacco congiuntivale.
SSUEm 118 Bergamo
settembre 2007
- 23 -