COLONIZZAZIONE O MALATTIA INFETTIVA Gli animali e l’uomo ospitano un numero estremamente elevato di microrganismi (flora saprofita), senza sviluppare necessariamente malattie . Ciò si chiama colonizzazione microbica, avviene al momento della nascita e permane per tutta al vita. Oltre che sulla cute (normalmente colonizzata da stafilococchi ephidermidis), i microrganismi sono presenti su tutte le mucose, ove possono raggiungere una varietà e un numero impressionante: nel solo colon i batteri coliformi sono presenti in milioni di miliardi. Molti di questi microrganismi hanno stabilito con l’ospite (uomo o animale) una relazione di tipo commensale, cioè la loro presenza non danneggia né beneficia l’ospite; altri invece sono indispensabili affinché l’ospite possa svolgere normalmente le sue funzioni vitali: - collaborano ad esempio alla produzione di vit. k che è necessaria per la coagulazione del sangue - aiutano la digestione degli alimenti - impediscono la colonizzazione dell’organismo da parte di microrganismi potenzialmente pericolosi. Tuttavia anche la flora batterica utile, può essere potenzialmente patogena se riesce ad avere accesso ad organi e tessuti diversi da quelli in cui è solitamente presente. Ad eccezione di quelle causate dalla diretta penetrazione del microrganismo nel torrente circolatorio le malattie infettive hanno sempre inizio con la colonizzazione da parte del microrganismo patogeno, cioè con il suo insediamento e moltiplicazione sulla cute o sulle mucose. La presenza transitoria senza moltiplicazione e impianto di un germe viene chiamata contaminazione: è il caso del passaggio di germi tra una mano e l’altra. Se l’insediamento invece diviene permanente e soprattutto danneggia i tessuti e stimola una reazione difensiva (con sintomi e segni clinici), si parla di MALATTIA INFETTIVA. Esistono dei germi chiamati PATOGENI VERI E PROPRI perché sono in grado di causare malattia anche in soggetti sani, sono cioè tipici patogeni (es. Salmonella, Bacillo della tubercolosi e virus della varicella, morbillo, influenza). Altri microrganismi invece sono definiti OPPORTUNISTI (patogeni potenziali) rimangono cioè nell’organismo come i commensali ma, se le difese dell’ospite sono compromesse (diminuite), possono invadere i tessuti e causare una malattia. Tipici germi opportunisti sono i microbi del tratto gastro-enterico e della cute; qualche volta possono essere i funghi: ad esempio la candida albicans un lievito che vive normalmente nell’intestino dell’uomo, può proliferare e causare malattia. Ciò avviene quando un prolungato trattamento antibiotico distrugge i normali batteri intestinali che, in condizioni normali, svolgono azione antagonista nei confronti di una eccessiva replicazione del fungo stesso. Attualmente la tradizionale classificazione tra patogeni classici e non patogeni (opportunisti) sta perdendo significato, alla luce della considerazione che quasi ogni microbo può causare malattia quando le difese dell’organismo sono indebolite, oppure compromesse. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -1- L’impiego della radioterapia e chemioterapia, dei farmaci cortisonici, dei farmaci immunodepressori e di alcuni antibiotici ha dimostrato che anche microbi considerati fino ad qualche anno fa “innocui” possono divenire veri e propri patogeni. Riserva agenti infettivi E’ il luogo, il serbatoio, la sorgente, dove vivono e si moltiplicano gli agenti infettivi e da cui possono essere trasmissibili. Possono essere già presenti nel corpo umano (infezione endogena = da dentro) oppure provenire dall’esterno (infezione esogena = da fuori). La riserva più comune è rappresentata dall’animale o dall’uomo stesso che può trovarsi nel periodo di incubazione (senza sintomi e segni clinici), nella fase acuta della malattia o di convalescenza, oppure può essere portatore sano. I portatori sani (colonizzati) non presentano segni di malattia, ma ospitano i microrganismi patogeni e possono trasmetterli ad altri. In alcuni casi gli animali infetti possono contagiare l’uomo se le loro carni sono consumate poco cotte (es: salmonella da uova crude e carne mal cotta all’osso o toxoplasmosi per ingestione di carne infetta cruda o verdura contaminata da urine di gatto). Anche l’ambiente può essere una fonte di infezione : es. spore tetaniche nel terreno che possono entrare nell’organismo attraverso ferite penetranti (il bacillo del tetano si moltiplica in assenza di ossigeno). L’acqua può essere contaminata da parassiti o altro: es. tifo. Modalità di trasmissione delle infezioni Il passaggio del germe dalla sorgente di infezione al soggetto sano può avvenire : PER CONTATTO: diretto indiretto Diretto: contaminazione con sangue attraverso ferite, tagli o screpolature sulla cute (es tetano, epatiti, aids) attraverso aghi e taglienti contaminati (epatite aids) per contatto pelle-pelle (scabbia, tigna) Indiretto: attraverso veicoli I veicoli più comuni delle infezioni che si trasmettono per contatto indiretto sono l’acqua, l’aria, gli alimenti, gli oggetti personali, feci, le mani. I vettori possono essere insetti, come le zanzare o le mosche che si contaminano posandosi sulle feci infette e poi depositano i microrganismi sugli alimenti. Alcuni microrganismi come i plasmodi della malaria, non si limitano a farsi trasportare dalle zanzare, ma si moltiplicano all’interno di esse: si parla in qs. casi di “insetti vettori”. PER VIA AEREA o goccioline piccole. Nelle malattie che si trasmettono per via aerea ( es. varicella, morbillo, Tubercolosi o TBC) i microbi presenti nelle cavità nasali ed orale vengono proiettati nell’ambiente dalle goccioline di saliva che vengono emesse durante il parlare, gli starnuti, la tosse. Queste goccioline possono rimanere sospese nell’aria per diverse ore ed essere inalate da altre persone . Nel caso della TBC sono necessari più contatti prolungati perché ci sia il rischio vero di contrarre la malattia, e l’utilizzo della sola mascherina chirurgica fatta indossare al malato ne riduce notevolmente il rischio. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -2- PER GOCCIOLINE GROSSE (superiori ai 5 micron) Le goccioline sono generate durante il parlare, la tosse, gli starnuti e vengono espulse a brevi distanze sulla bocca o naso dell’ospite che deve essere a breve distanza (circa 1 metro). E’ il caso del batterio che provoca la meningite meningococcica o i virus influenzali. Generalmente si parla di malattia infettiva quando l’agente eziologico è un microrganismo (virus, batteri, protozoi, funghi) e si differenzia dalla malattia contagiosa quando la malattia si trasmette direttamente da soggetto a malato a soggetto sano. MECCANISMI DI DIFESA L’organismo umano è dotato di sistemi di difesa contro gli attacchi dei microbi come le barriere naturali che impediscono ai microbi di penetrare nell’organismo. 1. Difese esterne La superficie esterna della cute è formata da cellule essiccate e morte, ricche di cheratina, una proteina che si trova in abbondanza nei peli e nelle unghie di conseguenza, la maggior parte dei microbi che entra in contatto con la pelle non trova né l’acqua , né le sostanze nutritive per cui muore . Sulla pelle sono distribuite anche le secrezioni delle ghiandole sudoripare e delle ghiandole sebacee, contenenti acidi e antibiotici naturali, come l’acido lattico, che inibiscono la crescita di batteri e funghi. Anche le mucose dei sistemi digerente e respiratorio sono ben difese naturalmente. Esse secernono muco contenente enzimi antibatterici come il lisozima, che distrugge la parete della cellula batterica; il muco stesso è in grado di intrappolare i microbi che entrano attraverso il naso o la bocca. Le ciglia presenti sulle mucose intercettano e raccolgono i microbi e tutto quanto può essere rimasto intrappolato nel muco,in modo che qs. venga espulso o ingoiato. In quest’ultimo caso, i microbi raggiungono lo stomaco, dove subiscono gli effetti combinati di enzimi proteolitici e di un’acidità estrema ( con valori di ph da 1 a 3). Proseguendo, si giunge all’intestino, in cui la flora batterica residente secerne sostanze nocive per batteri e funghi invasori. 2. Difese interne non specifiche che combattono tutti i microbi invasori. La continua infiltrazione di microbi che supera le barriere esterne dell’organismo è in grandissima parte fermata da: cellule fagocitarie che distruggono i microbi (le più importanti dono i macrofagi globuli bianchi che inglobano i microbi) e cellule natural killer che distruggono le cellule infettate dai virus (non attaccando direttamente, ma mirando alle cellule invase dai virus). In caso di trauma accompagnato da lesione dei tessuti e da un’invasione in massa di microbi, si ha una risposta infiammatoria che recluta istantaneamente nuove cellule fagocitarie e natural killer circoscrivendo la zona danneggiata , isolando il tessuto infetto dal resto del corpo. Se una popolazione di microbi riesce a sviluppare un’infezione importante, l’organismo reagisce sintomi clinici come la febbre, che aumenta la produzione di anticorpi e rallenta la riproduzione dei microbi. Quindi la febbre ha effetti sia benefici sulle difese dell’organismo sia dannosi sui microrganismi invasori. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -3- LE PRECUZIONI STANDARD Le precauzioni standard (o precauzioni universali) sono un insieme di norme finalizzate ad evitare il diffondersi e/ola trasmissione di infezioni. Anche se nate con la finalità di prevenire le esposizioni parenterali, delle mucose e della cute non intatta degli operatori sanitari e dei malati, a patogeni trasmessi attraverso il sangue, come l’epatite B (da HBV), l’epatite C (da HCV), l’epatite Delta da (HDV) e l’infezione da HIV, oggi si intendono estese a tutti i momenti dell’attività assistenziale Dal momento che l’anamnesi e gli accertamenti diagnostici non sono in grado di identificare con certezza tutti i malati con infezioni, è necessario che nell’assistenza quotidiana vengano utilizzate le stesse misure per tutti i malati. L’esigenza di considerare tutti i malati potenzialmente infette nasce, infatti, dalle seguenti constatazioni: elevata proporzione di casi asintomatici impossibilità di ottenere un’anamnesi accurata per tutti i malati scarsa validità di uno screening indiscriminato di tutti i ricoverati. Da ciò emergaono altre importanti raccomandazioni: * la migliore protezione , sia per i malati che per gli operatori sanitari, è fornita dalla conoscenza dei possibili rischi infettivi e del modo più appropriato di Operare * tale conoscenza deve essere acquisita da parte di tutto il personale (inclusi studenti frequentatori, tirocinanti e volontari) * la sicurezza dei malati e degli operatori sanitari nasce dalla sorveglianza e dal rispetto delle norme da parte non solo di alcuni operatori ma di tutto il personale * un comportamento scorretto può essere fonte di rischio non solo per se, ma anche per gli altri LE MISURE DI BARRIERA Le misure di barriera includono: l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), quali i guanti, i sovracamici, le maschere e i filtri facciali, gli occhiali protettivi e/o le visiere, il lavaggio delle mani. Tutti gli operatori sanitari devono conoscere le caratteristiche e le modalità d’uso dei DPI messi a loro disposizione per poterli adottare singolarmente o in combinazione, a seconda del tipo di rischio connesso alla procedura da effettuare. In alcuni casi una determinata procedura comporta un rischio solo a carico degli operatori, altre volte solo per i malati ma talora il rischio è in comune. Saranno pertanto le singole procedure e i relativi protocolli operativi a guidare il personale sanitario nella scelta della barriera più idonea a ridurre l’uso o l’altro tipo di rischio. In particolare: nell’ambito della prevenzione delle infezioni occupazionali, tutti gli operatori sanitari devono usare routinariamente idonei DPI per prevenire o ridurre l’esposizione cutanea e mucosa nei casi in cui si preveda un contatto accidentale con il sangue o altri liquidi biologici di tutti i malati. In casi particolari, previsti da specifici protocolli operativi, si può rendere necessario l’impiego di uno o più di questi stessi DPI per ottenere una protezione degli operatori da quei microrganismi che riconoscono una via di trasmissione diversa dal sangue. È il caso, ad esempio, delle malattie trasmesse per via aerea mediante particelle che possono veicolare microrganismi come M. luberculosis e N. meningitidis. Tali situazioni coincidono spesso con l’adozione di provvedimenti specifici o aggiuntivi nei confronti del malato e/o dell’ambiente in cui soggiorna, identificabili nelle misure di isolamento, sia esso vero e proprio o solo funzionale, e che hanno lo scopo di proteggere contemporaneamente gli operatori, i visitatori e gli altri malati. In altri casi i DPI vengono adottati nell’assistenza dei malati infetti da microrganismi epidemiologicamente importanti in ambito ospedaliero, per ridurre la loro trasmissione ad altri malati. Nella maggior parte dei casi si trata di microrganismi a scarso o nullo potere patogeno per i soggetti immunocompetenti, tra cui gli operatori sanitari e i visitatori, ma che possono causare anche gravi infezioni nei soggetti con difese compromesse, come accade spesso nei malati ricoverati in un ospedale. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -4- LAVAGGIO DELLE MANI Il lavaggio delle mani da parte del personale sanitario è la singola misura più efficace per eliminare i microrganismi acquisiti da malti infetti, evitandone così la trasmissione a se stessi e agli altri. In particolare: 1. la cute delle mani deve essere mantenuta in buone condizioni e le unghie devono essere ben curate, corte e prive di smalto 2. durante l’attività assistenziale è vietato portare anelli, bracciali, orologi e simili 3. il lavaggio sociale delle mani si effettua con acqua e sapone mentre il lavaggio con un antisettico è indicato solo in determinate circostante, esplicitate nei protocolli assistenziali (es. lavaggio chirurgico, lavaggio per manovre invasive,…) o, estemporaneamente, nel controllo di specifiche malattie infettive o nel corso di epidemie 4. il lavaggio deve essere effettuato accuratamente, prestando particolare attenzione agli spazi inter-digitali, ai palmi delle mani, alle punte delle dita e ai polsi Gli operatori con lesioni essudative o dermatiti secernenti, debbono segnalare questa condizione al loro responsabile o suo delegato ed eventualmente al servizio sanitario aziendale per l’autorizzazione a non prestare attività di assistenza diretta al malato o a non manipolare dispositivi medici usati per la cura del malato, fino a che la condizione morbosa cutanea non si sia risolta. IMPIEGO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI) GUANTI In ospedale i guanti vengono indossati per tre importanti ragioni: • fornire una barriera protettiva e prevenire una contaminazione una contaminazione grossolana delle mani quando essi vengono in contatto con sangue o altri liquidi biologici, secrezioni ed escrezioni, membrane mucose e cute non integra • ridurre la probabilità che i microrganismi presenti sulle mani del personale vengano trasmessi ai malati nel corso di procedure invasive o altre procedure assistenziali che comportino il fatto di toccare una mucosa e cute non integra del malato • ridurre la probabilità che le mani del personale, contaminate con microrganismi da un malato o da un veicolo, possano trasmettere questi germi ad un altro malato. In ognuna di queste situazioni, i guanti devono essere sostituiti durante i contatti fra un malato e l’altro e, quando necessario, più volte nell’assistenza allo stesso malato. I guanti devono essere eliminati prontamente dopo l’uso per evitare di contaminare oggetti o superfici ambientali. Dopo la rimozione dei guanti è necessario lavare le mani, anche se non sono visibilmente imbrattate o sporche. L’uso dei guanti, infatti, non sostituisce la necessità di lavare le mani, poiché: • i guanti possono presentare piccoli difetti invisibili o possono lacerarsi durante l’uso • le mani possono contaminarsi durante la rimozione dei guanti stessi. È bene ricordare che i guanti riducono l’incidenza della contaminazione delle mani, ma non possono prevenire le punture o le lezioni dovute agli aghi o ad altri oggetti taglienti. I guanti devono essere di misura adeguata per mantenere la sensibilità e l’abilità nel movimento e devono essere tenuti in luoghi facilmente accessibili agli operatori. Per far fronte a situazioni di emergenza è buona norma averne a disposizione un paio in tasca. L’uso contemporaneo di due paia di guanti può aumentare la protezione nelle manovre ad altro rischio di contaminazione. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -5- VISIERE E/O OCCHIALI PROTETTIVI Le visiere e/o gli occhiali protettivi devono essere indossati durante l’esecuzione di procedure che possono determinare l’emissione di schizzi di sangue o di altri liquidi biologici o di frammenti ossei, per prevenire l’esposizione delle mucose della bocca, del naso e degli occhi (ad esempio in specifiche procedure di accesso vascolare, nell’intubazione, nelle endoscopie, durante il lavaggio dei ferri chirurgici o altri dispositivi medici riutilizzabili). Le visiere egli occhiali protettivi riutilizzabili devono essere personalizzati e, dopo l’uso, puliti e/o disinfettati. MASCHERE E FILTRI FACCIALI Durante la propria attività ogni operatore sanitario deve indossare: • la mascherina chirurgica, per ottenere la protezione dei campi sterili dai microrganismi che, presenti nel cavo orale, possono essere emessi dall’operatore stesso, come si verifica in sala operatoria o durante manovre invasive su tessuti sterili. La stessa ha lo scopo di proteggere l’operatore dalla trasmissione di goccioline infette di grandi dimensioni (superiori a 5 j,m) che vengono diffuse con un contatto ravvicinato e che generalmente si propagano per brevi distanze (fino a un metro) dai malati infetti che stanno tossendo o starnutendo o per i quali si effettuano procedure che possono generarle; • il filtro facciale per la protezione nei confronti delle goccioline di ridotte dimensioni (inferiore a 5 u,m) che possono persistere nell’aria e, da questa, possono essere trasportate anche per lunghe distante; entrambi: devono essere eliminati subito dopo l’uso e non riposte in tasca o appese al collo nell’attesa di riutilizzarle devono essere cambiate periodicamente e comunque ogni volta che diventano umidi per garantirne la capacità filtrante. CAMICI E SOVRACAMICI Devono essere utilizzati per proteggere la cute e per prevenire l’imbrattamento della divisa durante l’esecuzione di procedure che possono determinare schizzi di sangue o di altri liquidi biologici. Il camice deve essere scelto in base al tipo di attività e alla quantità di fluidi corporei che potrebbero accidentalmente prodursi: • camice totalmente impermeabilizzato , come richiesto durante gli interventi chirurgici. In questo caso e, comunque, nella necessità di effettuare procedure in asepsi, il camice deve essere sterile • camice con rinforzi impermeabili anteriori e nelle maniche, da utilizzarsi durante l’esecuzione d manovre invasive a rischio di emissione di liquidi biologici o manipolazione di sostanze pericolose (es. manovre dialitiche, manovre endoscopiche, manipolazione di chemioterapici ecc.) • camici monouso, indossati durante l’assistenza a malati (in isolamento o non) infetti da microrganismi epidemiologicamente importanti in ambito ospedaliero (ad esempio: enterococchi, vancomicina-resistenti, M: tuberculosis) per ridurre la loro trasmissibilità dai malati o da oggetti del loro ambiente ad altri malati o ad altri ambienti. Quando i camici sono indossati con questo scopo, devono essere rimossi prima di lasciare l’ambiente dove si trova il malato e le mani devono essere lavate immediatamente. Per l’ingresso in aree di isolamento o ad accesso controllato i camici devono essere sempre disponibili all’ingresso. Dopo la rimozione del camice provvedere al lavaggio delle mani. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -6- MANIPOLAZIONE DI STRUMENTI E OGGETTI TAGLIENTI Tutti gli operatori sanitari devono adottare le misure necessarie a prevenire incidenti causati da aghi, bisturi e altri taglienti durante il loro utilizzo, smaltimento pulizia. Premesso che tutti i dispositivi pungenti o taglienti devono essere maneggiati con cura, è importante: • non reincappucciare gli aghi, non rimuoverli dalle siringhe e comunque non manipolarli con le mani • non indirizzare la punta degli aghi, dia altri oggetti pungenti o taglienti vero parti del corpo • non cercare di prendere strumenti taglienti, appuntiti o di vetro che stanno cadendo ma raccoglierli da terra, utilizzando pinze o altri oggetti prensili • non portare strumenti taglienti o appuntiti in tasca • non piegare o rompere lame e aghi • chiedere l’aiuto ad un collega se il malato a cui si deve prestare assistenza utilizzando strumenti taglienti non è collaborante ed è agibile SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI A RISCHIO INFETTIVO Tutti gli strumenti taglienti o appuntiti devono essere eliminati nei contenitori in plastica rigida, resistenti alla puntura, per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. I dispositivi medici e di protezione individuale, contaminati da materiale biologico, devono essere smaltiti nei contenitori di cartone alveolare per rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. Al fine di garantire la sicurezza degli operatori e dei malati è necessario osservare le seguenti norme comportamentali di carattere generale: 1. sistemare i contenitori in posizione comoda, sicura e vicino al posto dove devono essere utilizzati; 2. evitare, nel modo più assoluto, di prelevare materiale dai contenitori per rifiuti; 3. utilizzare i DPI durante le fasi di raccolta dei rifiuti e di trasporto dei contenitori; 4. trasportare e manipolare solo contenitori correttamente chiusi al fine di evitare accidentali fuoriuscite e spargimento di rifiuti; 5. evitare di trascinare i contenitori, di appoggiarli al corpo e di effettuare qualsiasi altra manovra che possa pregiudicare la propria e altrui sicurezza. GESTIONE DELLA BIANCHERIA Il rischio di trasmissione di infezioni attraverso la biancheria contaminata con microrganismi patogeni è trascurabile se questa viene maneggiata, trasportata e lavata in maniera da evitare il trasferimento di microrganismi ai malati, al personale e all’ambiente. Si sottolinea in particolare che: 1. tutta la biancheria deve essere manipolata con cautela utilizzando guanti di protezione 2. la biancheria imbrattata di sangue, fluidi corporei, secreti ed escreti deve essere immediatamente riposta, indossando i DPI, in un sacco idrosolubile contenuto in un sacco a tela 3. i materassi e i cuscini contaminati da materiale biologico devono essere raccolti in sacchi impermeabili e inviati al servizio di lavanderia per il lavaggio e la disinfezione 4. alla dimissione del malato non è necessario inviare al servizio di lavanderia i materassi e i cuscini che durante l’uso sono stati protetti da teli impermeabili SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -7- COSA DEVE INFORTUNIO FARE L’OPERATORE SANITARIO IN CASO DI Se, nonostante le precauzioni, si verificasse un’esposizione parenterale, o mucosa (schizzi sulle mucose delle vie respiratorie o nel sacco congiuntivale) o cutanea, con sangue o altri fluidi corporei è bene seguire le istruzioni contenute nei protocolli di intervento successivi all’esposizione in uso nel proprio ambiente lavorativo. Esso non potrà fare a meno di contenere le seguenti indicazioni: se si e’ verificato imbrattamento cutaneo con materiale biologico (sangue, urine, feci, escrezioni, ecc.), si deve lavare accuratamente con acqua corrente e sapone la parte contaminata per circa 10 minuti ed eventualmente utilizzare un antisettico (euclorina). Se si sono verificati schizzi di materiale biologico negli occhi, occorre mantenerli aperti con le dita sotto il rubinetto dell’acqua fredda per qualche minuto oppure sciacquare abbondantemente con soluzione fisiologica sterile per almeno 10/15 minuti. Se si è verificata una puntura accidentale con aghi di siringhe usate, taglio con bisturi o altro oggetto tagliente, bisogna: • cercare di far sanguinare il più possibile la ferita per qualche istante, lavarla abbondantemente con acqua e sapone per 10 minuti e trattare eventualmente con un antisettico; • in secondo luogo bisogna avvertire il proprio responsabile e recarsi prima possibile nella struttura deputata agli interventi del caso che il più delle volte corrisponde al pronto soccorso più vicino. • inoltrare la denuncia di infortunio, anche se si è giudicati idonei a riprendere il lavoro (infortunio senza prognosi). Questa denuncia è indispensabile per iniziare il più precocemente possibile una eventuale terapia di chemio o immunoprofilassi (in caso di HBV immunoglobuline entro 7 giorni mentre in caso di HIV chemioprofilassi preventiva entro 1 o 4 ore dall’esposizione) e ai fini medico-legali per un futuro riconoscimento dell’origine professionale della eventuale malattia contratta in tale situazione. • se possibile e, dopo averne ottenuto il consenso, e’ bene verificare la situazione sierologica del paziente da cui proviene il materiale biologico, determinando la presenza di anticorpi anti-HIV, anti HCV, anti HBV. • L’ infortunio deve essere comunicato al datore di lavoro il quale deve far intervenire il medico competente per eseguire il controllo degli esami del sangue. L’operatore dovrà effettuare poi accertamenti sanitari periodici, indicativamente al “tempo zero” (al più presto dopo l’infortunio), dopo un mese, dopo tre mesi, dopo sei mesi e dopo un anno. Si ricorda infine che, ai sensi del D.lgs 626/94, il personale che presta assistenza a malati deve essere sottoposto a sorveglianza sanitaria periodica anche per tutti gli altri rischi di infortunio: chimico, fisico, da video-terminali, e psicologico a spese del datore di lavoro, da parte del medico competente. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 -8- IL LAVAGGIO DELLE MANI II lavaggio delle mani è la misura più importante nella prevenzione delle infezioni ospedaliere, ma e’ anche un ottimo strumento per prevenire le malattie negli operatori del soccorso perché le mani sono la principale sorgente, continua, di microrganismi. Per favore, lava le tue mani!! Qualunque cosa tocchi la contamini!! Figura 2. Ruolo delle mani nella trasmissione delle infezioni ospedaliere LA MANO PRENDE dalla cute dalle ferite infette del paziente dal pus dalle secrezioni LA MANOTRASFERISCE Dalle lenzuola Dalla biancheria sporta Dagli asciugamani umidi Da bacinelle e lavandini Dai bagni SSUEm 118 Bergamo LA MANO PRENDE dal viso dal corpo del personale sanitario dalle mani dai vestiti LA MANO CONTAMINA pazienti operati bambini malati gravi malati cronici anziani personale sanitario settembre 2007 -9- LA MANO INFETTA le attrezzature sanitarie biancheria pulita bagni piatti e posate LA FLORA MICROBICA DELLE MANI - La flora residente È caratterizzata da una elevata capacità di sopravvivenza e moltiplicazione sulla cute e dall'essere difficilmente rimovibile con il semplice lavaggio con acqua e sapone. Per eliminarla ci vuole anche l'antisettico. E' costituita prevalentemente da microbi non classicamente patogeni, pertanto non pericolosi, a meno che non vengano introdotti nell'organismo tramite procedure invasive o lesioni accidentali. - La flora transitoria E' costituita invece da una vasta gamma di microrganismi ambientali e/o umani, molti dei quali patogeni. E' caratterizzata da una breve sopravvivenza (circa 24 ore) e dalla facile rimovibilità con il semplice lavaggio con acqua e sapone. LAVAGGIO DELLE MANI Si distinguono tre tipi di lavaggio delle mani: - lavaggio sociale = si esegue con sapone o detergente e acqua corrente per almeno 20 secondi, per eliminare gran parte della flora transitoria - lavaggio antisettico = si esegue con appropriato antisettico e acqua corrente, per almeno 40-60 secondi, per eliminare la flora transitoria e parte della r e s i d e n t e - lavaggio preoperatorio = si esegue con appropriato antisettico e acqua corrente, ripetendo e prolungando l 'o p e r a z i o n e per almeno 5 "minuti, per eliminare gran parte d e l l a flora residente Il lavaggio delle mani è indicato: A. PER UNA DECONTAMINAZIONE DI BASE: prima dell'inizio del lavoro - quando le mani sono visibilmente sporche - alla fine del lavoro SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 10 - B. DOPO UNA PRESUMIBILE AUTOCONTAMINAZIONE: - dopo aver tossito con la mano sulla bocca, essersi soffiati il naso, essersi pettinati, aver indossato o tolto la mascherina, toccato narici e bocca, .... - dopo l'uso dei servizi igienici C. DOPO UNA PRESUMIBILE ETEROCONTAMINAZIONE: • per contatto con una fonte che presumibilmente era contaminata con microrganismi • virulenti o con patogeni ospedalieri: dopo l'assistenza al paziente che ha comportato contatto di mucose, cute non intatta, sangue o altri liquidi e materiali organici • dopo la manipolazione di oggetti inanimati (termometri rettali, sacche di raccolta urine, medicazioni di ferite, rifiuti, biancheria sporca...) • dopo aver tolto i guanti, sia sterili che non sterili; D. PRIMA DI ATTI CHE POSSONO CONTAMINARE MATERIALI DESTINATI AL PAZIENTE - prima di procedure invasive (inserzione di cateteri vascolari, urinari o altri presidi invasivi) - prima del contatto con ferite o cute non intatta SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 11 - EPATITI VIRALI Descrizione clinica Processo infiammatorio a carico del fegato provocato da agenti virali, nei casi sintomatici con quadro cimice caratterizzato da lieve sintomatologia (malessere, anoressia, astenia, nausea e dolori addominali, talvolta febbre) e ittero, ovvero notevole aumento delle transaminasi. Epatite virale di tipo A Eziologia : virus enterico,si localizza inizialmente nell’intestino del soggetto colpito,successivamente penetra nel fegato dove provoca le lesioni Diffusione Diffusa in tutto il mondo. Fonte di infezione Uomo, raramente altri primati non umani. Modalità di trasmissione Trasmissione attraverso la via oro-fecale, o con veicoli quali alimenti contaminati, raramente acque destinate al consumo umano contaminate, ma soprattutto da persona a persona in ambienti familiari o comunità ove esistono contatti stretti. Periodo dì incubazione Da 15 a 50 giorni, mediamente 28-30 giorni. Contagiosità La massima - azione del virus nelle feci si ha da 2 settimane prima ad 1 settimana dopo la comparsa dell'ittero oppure, nei casi anitterici o asintomatici, durante il picco dei livelli ematici degli enzimi epatocellulari. Sebbene la viremia si verifichi precocemente e possa persistere per parecchie settimane dopo la comparsa dei sintomi, la trasmissione dell'HAV per via ematica non è frequente. Sintomatologia: inizialmente febbricola, stanchezza, mal di testa, riduzione dell’appetito, nausea, talora vomito e diarrea. Dopo qualche giorno compare l’ittero, feci chiare, urine scure e talvolta prurito. Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento enterico del soggetto per 7 giorni dall'inizio dei sintomi e allontanamento dalla collettività per la durata di 7 giorni. Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti. Sorveglianza sanitaria presso la collettività rilevando gli assenti una volta la settimana dal 15° al 50° giorno dopo l'ultima presenza del caso. La vaccinazione antiepatite A va praticata, entro 8 giorni dall'esordio dei sintomi nel caso, a: SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 12 - • contatti sessuali e conviventi • compagni e operatori di asili nido e scuole materne • compagni delle classi di scuola elementare che utilizzano gli stessi servizi igienici. La vaccinazione in epoca successiva è utile per la prevenzione di casi terziari. Immunoglobuline normali contemporaneamente al vaccino nei seguenti casi: • la persona esposta è a particolare rischio di un esito sfavorevole dopo infezione da HAV (età > 50 anni, o presenza di cirrosi epatica, o preesistente infezione da HCV o HBV) • individuazione di contatti stretti oltre gli 8 giorni utili all'esecuzione della vaccinazione. Le IG possono essere effettuate fino a 14 giorni dall'esordio dei sintomi del caso; oltre tale periodo, fino ad un massimo di 28 giorni, possono attenuare forme gravi di malattia. Altre misure: • distribuzione, alle famiglie dei contatti di casi scolastici, di fogli informativi sulla malattia, (modalità di trasmissione, periodo d'incubazione, sintomi d'esordio, ecc.) e sulla necessità di una tempestiva comunicazione di eventuale nuovo caso • indagine per la ricerca di possibili altri casi sia in ambito familiare che tra i conoscenti • ricerca di possibili fonti di contagio (tenendo presente che nella nostra regione prevalgono le forme da importazione) cosi da risalire alla fonte di infezione o all'alimento sospetto (indagine capillare sugli alimenti consumati negli ultimi due mesi dal paziente, verificando la provenienza dì alimenti sospetti). Epatite virale di tipo B Agente eziologico: il virus dell’HBV e’ un hepadnavirus, a DNA,contenente l’antigene di superficie ( HBs Ag) l’antigene core (HBcAg )e l’antigene e ( HbeAg) Diffusione : in tutto il mondo Fonte di infezione: uomo Periodo di incubazione: da 45 a 180 giorni, mediamente 60-90 Modalita’di trasmissione: il virus e’presente nel sangue,,urina,bile,lacrime,saliva,sperma,latte materno,secreto vaginale. • Contatto diretto :. Per contatto con sangue di soggetti portatori, ferite con oggetti appuntiti o aghi contaminati,schizzi di materiale infetto negli occhi o sulle mucose,uso comune di spazzolinida denti,rasoi,altri oggetti taglienti, tatuaggi con strumentarinon sterlizzati adeguatamente. Per via sessuale sia omo che etero SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 13 - • Trasmissione verticale: dalla donna gravida portatrice del virus al neonato al momento del parto,piu’ del 90 % dei neonati da madri portatrici del virus B diventano portatore cronici dello stesso. Periodo di Contagiosità • da diverse settimane prima dell'inizio della sintomatologia, • permanendo per tutta la durata della malattia. • l'infettività cronica varia dalla condizione di alta contagiosità (HBeAg positivo) a quella di bassa contagiosità (HBeAb positivi) Il virus e’ altamente infettante,infatti bastano 0,000001 ml di sangue per trasmettere il virus.E’ estremamente resistente alle condizioni avverse ambientali.Aghi o strumenti medicali e dentistici contaminati possone essere responsabili di trasmissione del virus B persino a distanza di mesi. L’ HBV e’ almeno 100 volte piu’ infettivo dell’HIV. Nel sangue infetto e’ presente un maggior numero di particelle virali e,diversamente dall’HIV ,e ‘ stata dimostrata la possibilita’ di trasmissione attraverso al saliva. L’ epatite B viene trasmessa attraverso rapporti sessuali piu’ facilmente di quanto lo sia l’HIV e, diversamente da questo,essa si puo’ facilmente trasmettere ai familiari conviventi,in particolare in condizioni di scarsa igiene e sovraffollamento. Accanto alle forme classiche che si manifestano con : febbricola,stanchezza,mal di testa, riduzione dell’appetito,nausea, talora vomito e diarrea,vi e’ un imporatnte numero di casi di infezione subclinica ( rapporto 15/1 tra infezione asintomatica e sintomatica ) dove vi e’ assenza di sintomatologia Dopo qualche giorno compare l’ittero ,feci chiare,urine scure e talvolta prurito. In realta’non sempre sono presenti tutti questi sintomi e segni della malattia;anzi sono molto frequenti soprattutto nei bambini forme senza disturbi di rilievo e senza ittero. E’ chiaro quindi come sia importante il problema della prevenzione della diffusione di questo virus e delle malattie ad esso legate. Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento ematico del malato e del portatore e adozione delle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici. Non è previsto allontanamento da collettività. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 14 - In tabella sono indicate le tipologie di esposizione ed in provvedimenti di profilassi in relazione al soggetto esposto. Soggetto non Soggetto Soggetto vaccinato vaccinato vaccinato non responder responder AccidentaleVaccinazione Non HBIG + percutanea/permucosale +• HBIG trattamento rivaccinazione Tipo esposizione Soggetto vaccinato con //sposta non nota Ricerca antlHBs; se inadeguato HBIG+dose Booster (prosecuzione àdo vaca se risposta inadeguata) Vaccinazione Non Non Ricerca antiHBs ; se trattamento trattamento inadeguata dose Booster Vaccinazione Non HBIG 2 dosi a Ricerca antiHBs se + HBIG trattamento distanza di un inadeguata HBIG •*- dose mese oppure Booster (continuazione cido 1 dose HBIG + vacc. se ancora risposta rivaccinazione Inadeguata) Vaccinazione + HBIG Vaccinazione Non HBIG 2 dosi Ricerca antiHBs se + HBIG trattamento oppure HBIG inadeguata HBIG* dose + Booster rivaccinazione Vaccinazione Non Non Ricerca antiHBs se trattamento trattamento inadeguata dose Booster Contatto familiare di HbsAg positivo Contatto familiare dì caso acuto con esposizione certa al sangue Perinatale Sessuale-infezione acuta Sessuale-portatore cronico Epatite virale di tipo C Agente eziologico Virus a RNA appartenente alla famiglia dei Flaviviridae. Diffusione (in tutto il mondo). Fonte di infezioni! Uomo Modalità dì trasmissione HCV è trasmesso attraverso esposizione percutanea a grandi quantità o per ripetute piccole esposizioni a sangue infetto o suoi derivati • Trasfusioni di sangue ed emo-plasmaderivati rischio bassissimo (attorno allo zero) per i controlli effettuati su donatori e ogni unità di sangue donato. • Immunoglobuline: nessun caso da somministrazione i.m., qualche segnalazione in passato da somministrazione e.v., ora devono essere HCV Ab negative. • Uso di droghe ev.: rischio altissimo (infezione più rapida rispetto ad HIV in quanto vi sono più tossicodipendenti infetti e quindi il rischio dì esposizione è maggiore) SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 15 - Periodo di contagiosità Da diverse settimane prima dell'inizio della sintomatologia, permanendo per tutta la durata della malattia. L'infettività cronica varia dalla condizione di alta contagiosità (HBeAg positivo) a quella di bassa contagiosità (HBeAb positivi). Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento ematico del malato e del portatore e adozione delle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici. Non è previsto allontanamento da collettività. Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti Di seguito sono indicate le tipologie di esposizione ed i provvedimenti di profilassi in relazione al soggetto esposto. • Interventi sanitari: particolare rischio gli emodializzati. Probabilmente le pratiche odontoiatriche sono all'origine di quel 10% di casi in cui non è stata identificata alcuna modalità particolare di acquisizione dell'infezione; non vi sono però studi in tal senso. • II rischio di trasmissione da operatore infetto a paziente è bassissimo (non sono previste restrizioni lavorative per gli Operatori HCV Ab positivi, anche se HCV RNA positivi). • Operatori sanitari: non hanno prevalenza di infezione più alta di quella della popolazione generale; il rischio di contrarre l'infezione dopo esposizione accidentale a sangue infetto è 10 volte più basso che per l'HBV (rischio medio dopo esposizione a sangue certamente infetto: 1.8% - range 0-7%). Ripetute esposizioni accidentali aumentano il rischio. • Altre esposizioni percutanee: ad oggi nessuno studio dimostra che la pratica del tatuaggio o del piercing siano a rischio particolare per la trasmissione dell’HCV • Attività sessuale: è riportata associazione tra infezione e rapporto sessuale non protetto con soggetto con storia di epatite o che ha avuto molti partner. La trasmissione è a volte più efficace dall'uomo alla donna. Bassa prevalenza è stata invece riscontrata in partner di soggetti con infezione cronica da HCV che non abbiano altri fattori di rischio. In conclusione, la trasmissione può avvenire ma è evento estremamente raro. • Contatti familiari; non esistono rischi particolari • Trasmissione verticale; correlata alla positività per HCV, RNA della madre al momento della nascita (rischio 5-6%- range 0-25%). Il rischio aumenta a più del 14% (range 5-36%) se la mamma è anche HCV positiva. Non esistono differenze tra parto cesareo e vaginale né vi è correlazione tra infezione e allattamento al seno pertanto, lo screening per la ricerca degli anti-HCV è raccomandato per persone che hanno ricevuto trasfusioni o trapianti in epoca antecedente lo screening dei donatori; pazienti emofiliache, trasfusi con emoderivati prima dell'introduzione di efficaci sistemi di inattivazione; tossicodipendenti anche se le droghe iniettive sono state utilizzate solo sporadicamente; soggetti in trattamento emodialitico SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 16 - • personale sanitario che ha avuto esposizione percutanea o a livello delle mucose con sangue HCV positivo • bambini nati da madre positiva. Periodo di incubazione Variabile da 2 settimane a 6 mesi, mediamente 6-9 settimane; nei 10-20% dei casi la malattia si manifesta con sintomi aspecifìci - anoressia, malessere dolori addominali, astenia, ecc.; nel 2030% ittero; nel 60-70% dei casi nessun sintomo. II tempo medio di sieroconversione dopo esposizione è di 8-9 settimane; entro 6 mesi il 97% dei soggetti sieroconverte. Eccezionali le sieroconversioni dopo 9 mesi. Periodo di contagiosità Da una o più settimane prima dell'esordio dei primi sintomi; nella maggior parte degli infettati persiste indefinitivamente. Provvedimenti nei confronti del malato. Isolamento ematico del malato e del portatore adozione delle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici. Proposta di vaccinazione contro l'epatite A e B dopo verifica di suscettibilità Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti. Ricerca dell'HCV Ab nei partner sessuale (ricerca della fonte) al tempo 0: se negativo, consigliare test dopo 6 mesi per rilevare eventuale contagio. Ricerca dell'HCV Ab solo in quei contatti in cui vi può essere stato scambio ematico (uso in comune di rasoi/spazzolini da denti, puntura accidentale, soccorso per ferite, ecc.) come ricerca della fonte; ricerca dell'HCV al tempo 0 e dopo 6 mesi nelle seguenti situazioni: contaminazione cutanea o mucosa a sangue del malato - a contatti con esposizione nei 2-3 mesi precedenti la comparsa della malattia (ricerca casi secondari). Adozione di misure preventive comportamentali atte ad evitare il contagio. Altri provvedimenti: inchiesta epidemiologica per la ricerca della fonte/modalità di acquisizione dell'infezione. Cercare eventuali episodi di contaminazione con sangue nei confronti di terzi avvenute nei 2-3 mesi precedenti (possibili casi secondari). Epatite virale di tipo D Il virus dell'epatite virale di tipo D può contagiare solo se unitamente al B (HBV) o superinfettare un soggetto portatore di quest’ultimo. Pertanto si rimanda al capitolo relativo all'epatite virale di tipo B. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 17 - Epatite virale di tipo E Agente eziologico Il virus HEV è a RNA a singola elica sembrerebbe appartenere ad una propria famiglia. Diffusione In tutto il mondo. E' il principale agente eziologico delle epatiti nonA nonB a trasmissione enterica. Epidemie si sono verificate in Paesi con insufficiente livello sanitario. Fonte di infezione Uomo; va considerata anche la possibilità di un serbatoio animale (maiali). Modalità di trasmissione Trasmissione attraverso la via oro-fecale; l'acqua contaminata da feci è il veicolo più conosciuto. Periodo dì incubazione Da 15 a 64 giorni mediamente 26-42 giorni Periodo di contagiosità Non è noto, l'eliminazione del virus sembrerebbe avvenire attraverso le feci per circa 11 giorni dopo l'ittero (bollettino Ufficiale dalla Regione Lombardia). • Provvedimenti nei confronti del malato Isolamento enterico del soggetto e allontanamento da collettività per la durata di almeno 15 giorni dalla comparsa dell'ittero e comunque a seguito di riscontro di negatività della ricerca di HEV-RNA nelle feci. • Provvedimenti nei confronti di conviventi e contatti individuazione della probabile fonte di contagio. Sorveglianza sanitaria per familiari e contatti scolastici sino a 30 giorni dall'esordio del coso, onde evidenziare ulteriori casi. • Provvedimenti nei confronti del malato. Isolamento ematico dell'infetto e de! malato e adozione detle precauzioni standard per prevenire l'esposizione ed il contatto con il sangue ed altri fluidi biologici. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 18 - Meningite o sepsi da Neisserìa meningitidis Agente eziologico: batterio: Neisseria Meningitidis ( poca resistenza agli agenti fisici : luce essicamento ed ai comuni disinfettanti). Diffusione In tutto il mondo, in forma epidemica o sporadica. Nel nostro Paese l'incidenza maggiore si ha durante l'inverno e la primavera e più del 90% dei casi si manifesta in forma sporadica; i sierogruppi prevalenti sono il B e il C. Nell'ultimo decennio, in alcuni Paesi europei, si è assistito ad un incremento percentuale del sierogruppo di tipo C. Pur essendo una malattia che colpisce di preferenza i bambini con meno di 5 anni, non mancano casi nei giovani e negli adulti. Fonte di infezione Uomo sia malato che portatore. Il tasso di portatori asintomatici, con colonizzazione del nasofaringe, può raggiungere il 5% -10% della popolazione (fino al 25% tra i 15 e i 19 anni), Modalità di trasmissione Ö Per contatto diretto e tramite goccioline nasali e faringee da persone infette; Ö l’infezione di solito causa soltanto una nasofaringite acuta oppure un'infezione sub-clinica della mucosa nasoforingea. Ö Può esistere una prevalenza di portatori maggiore del 25% senza che si verifichino casi di meningite. La trasmissione attraverso i vomiti è trascurabile. Periodo di incubazione Da 2 a 10 giorni, mediamente 3-4 giorni. Sintomatologia: cefalea, febbre ,letargia, stato confusionale,vomito,rigidita’ nucale, SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 19 - TUBERCOLOSI POLMONARE Agente eziologico: Micobatterio tubercolosis è distrutto dall’essicamento e dalla luce solare dopo lunga esposizione Fonte: malato ( TBC aperta) il paziente con TBC in atto non aperta non è contagioso Modalità di trasmissione: Le goccioline cariche di bacilli ,emesse dal paziente affetto da TBC contagiosa, tramite starnuti, tosse, espettorazione, essendo di piccole dimensioni possono rimanere sospese nell’aria per ore e spostarsi da un ambiente all’altro ed essere inalate La trasmissibilità dipende da: - grado di infettività del paziente - manovre praticate - tempo di esposizione - caratteristiche ambientali - stato di immunità dell’ospite Diffusione: in tutto il mondo Periodo di incubazione: Ö dal momento di insorgenza dell’infezione a quando sia dimostrabile una lesione primaria o una significativa reazione tubercolinica, passano circa 2-12 settimane Ö il successivo rischio di una tubercolosi polmonare progressiva o extrapolmonare è massimo entro il primo anno o due dall’infezione Ö l’infezione latente può persistere per tutta la vita Ö l’infezione da HIV sembra accrescere enormemente il rischio e abbrevia l’intervallo per lo sviluppo della tubercolosi clinica Periodo di contagiosità: Ö teoricamente, per tutto il tempo in cui vengono espettorati bacilli tubercolari vitali Ö alcuni pazienti non trattati o trattati non adeguatamente possono essere positivi all’esame dell’espettorato intermittentemente per anni Ö un efficace chemioterapia antimicrobica elimina la contagiosità entro poche settimane, almeno nell’ambito familare Ö bambini con tubercolosi primaria non sono di solito contagiosi Cenni clinici: L’infezione da primo impianto del micobatterio nell’organismo ospite non significa necessariamente malattia tubercolare. La maggior parte degli individui, infatti, viene infettata in modo del tutto asintomatica La sintomatologia clinica manca completamente,per cui gli unici segni dell’avvenuta infezione sono di carattere radiologico (calcificazioni apprezzabili solo quando raggiungono dimensioni di una certa entità) e biologico (positività mantoux). Circa il 90 % -95 % di questi soggetti con infezione iniziale entrano in una fase di latenza per cui per tutta la vita vi e’ il rischio di riattivazione La tubercolosi polmonare progressiva ha origine da reinfezione esogena (da bacilli introdotti dall’ esterno) o da riattivazione endogena di un focolaio latente che e’ residuato da un ‘infezione iniziale. Il completamento di una chemioterapia appropriata quasi sempre porta a guarigione, anche nelle persone con HIV. Se non trattata, circa la metà dei pazienti muore nell’arco di 5 anni,una maggioranza di questi nel giro di 18 mesi. Sintomatologia : cefalea, malessere, astenia, febbricola, sudorazione e dimagramento SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 20 - DEFINIZIONE AIDS Come ormai tutti sanno, AIDS e’ l’acronimo di Acquired Immuno-Deficiency Sindrome, espressione inglese che significa sindrome da immunodeficienza acquisita: l’espressione italiana ha per acronimo SIDA, quasi sconosciuto in Italia ma usato invece in altri paesi latini (p.e. Francia e Spagna). In questa definizione resta sottointeso che soggetto della sindrome e’ l’uomo. Prima di parlare di AIDS e’ opportuno soffermarsi un momento sulle tre parole della definizione. SINDROME. Per sindrome si intende “il complesso dei sintomi che denunciano una situazione morbosa, senza costituire di per se’ una malattia autonoma”. IMMUNODEFICIENZA. Per immunodeficienza si intende una “insufficiente difesa immunitaria da parte dell’ organismo”, in altre parole, un cattivo funzionamento del sistema immunitario. Com’e’ noto, l’identita’ di ogni singolo organismo viene mantenuta grazie a un meccanismo di conservazione il cui aspetto piu’ evidente e’ la resistenza verso le malattie infettive. A quest’ ultimo compito provvede appunto il cosidetto sistema immunitario che, utilizzando particolari cellule (soprattutto linfociti, cellule bianche del sangue), e’ in grado sia di riconoscere cio’ che e’ “proprio” dell’ organismo da cio’ che “non e’ proprio”. ACQUISITA. Per acquisita si intende “non congenito”, cioe’ non presente nell’ organismo sin dalla sua origine. DIAGNOSI Come per tutte le infezioni virali, l’ ingresso dell HIV nell’ organismo determina una risposta immunitaria da parte di quest’ ultimo, risposta caratterizzata dalla produzione di specifici anticorpi. L’infezione da HIV viene quindi diagnosticata mediante la ricerca nel sangue degli anticorpi antiHIV la cui presenza definisce la condizione di sieropositivita’ per l’ HIV e non lo stato di avvenuta immunita’ al virus. La presenza di anticorpi nel sangue inoltre segnala si che si e’ avuta un’ esposizione al virus ma non neccessariamente la presenza del virus stesso, per cui sono neccessari altri esami di controllo. Gli anticorpi anti-HIV compaiono nel sangue circa due mesi dopo il contagio: nel periodo che intercorre tra il contagio e la comparsa degli anticorpi (finestra immunitaria o periodo finestra) l’individuo risulta quindi sieronegativo, pur essendo gia’ infetto e in grado di contagiare altri individui. Se il test risulta negativo va comunque ripetuto allo scadere dei 6 mesi, calcolati a partire dall'ultimo episodio ritenuto a rischio. Una persona che risulta positiva al primo test, il test ELISA (Enzime Linked Immuno Sorbent Assay), viene sottoposta ad altri test di conferma, tra cui il Western Blot, più sicuro ma che non viene utilizzato come primo test per problemi di costi. Anche questo test serve a stabilire l’ avvenuta infezione da HIV e non la presenza di AIDS. Poi vengono effettuati test per valutare se e quanto il virus HIV ha danneggiato il sistema immunitario, tra cui fondamentale è la conta dei linfociti CD4. Una diagnosi precoce dell’ infezione puo’ consentire un trattamento ottimale in quanto permette di instaurare nel momento piu’ opportuno sia le terapie antivirali (HAART), sia la profilassi delle infezioni opportunistiche. E' disponibile infine, un esame molto importante che misura la quantità di virus (copie di RNA virale) nel siero. Questo esame è fondamentale perché permette tra l'altro una verifica indiretta dell'efficacia dei farmaci antiretrovirali. Esistono anche esami in diversi ospedali sul genotipo e fenotipo virale, che servono a individuare i ceppi mutanti resistenti ai farmaci. Se in una persona si ritrovano gravi danni al sistema immunitario e la presenza di infezioni opportunistiche, si diagnostica l'AIDS.Come gia’ sappiamo una persona affetta da AIDS è maggiormente esposta alle infezioni, tuttavia le infezioni tipiche di questa sindrome sono solo una ventina distinte in : -Infezioni da batteri e protozoi, tra cui sono frequenti: Pneumocistosi, una polmonite causata da un protozoo di nome Pneumocistis Carinii; Toxoplasmosi, causata dal Toxoplasma Gondii, un SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 21 - protozoo che colpisce il cervello, l'occhio e raramente il polmone; La Tubercolosi, causata dal bacillo di Koch. - Infezioni da virus tra cui Herpes, infezione da CitoMegaloVirus e HHV-8. - Tumori: Linfomi, tumori delle ghiandole linfatiche; Sarcoma di Kaposi. - Infezioni micotiche tra cui è frequente l'infezione da Candida, un fungo che nelle persone immunodepresse si può sviluppare in bocca, nell'esofago e in altre parti del corpo. La distinzione tra sieropositività e AIDS conclamato in realtà si basa su criteri schematici. E’ nata negli Stati Uniti da esigenze assicurative. In alcuni casi si può stare meglio nella condizione di AIDS conclamato che in quella di sieropositività. I più frequenti stati patologici che evolvono con il progredire della patologia primitiva sono: complicanze del sistema nervoso (encefalopatie, crisi epilettiche, deficit motori, quadri di demenza), polmonari (frequentissima la tubercolosi polmonare e le polmoniti da Pneumocystis carinii, da cytomegalovirus, da micobatteri), cardiache (metastasi da sarcoma di Kaposi, pericarditi tuberolari, ecc), muscolo-scheletriche (soprattutto secondari all’ immobilità) e sindromi dolorose (connesse alle diverse patologie, ma a volte espressione di effetti collaterali dei farmaci antivirali assunti). TRASMISSIONE DELL’ INFEZIONE DA HIV L’ infezione da HIV può essere trasmessa per via sessuale tramite rapporti omo – etero sessuali. Per via ematica per esposizione a sangue e derivati del sangue infetto (p.e. come avviene fra i tossicodipendenti con lo scambio di siringhe). Per via verticale da madre a figlio durante la gravidanza, al momento del parto o durante l'allattamento. La possibilità che questo avvenga si riduce fortemente se la madre è in terapia con antiretrovirali, fino ad essere meno del 10%. Il bambino non avendo anticorpi propri eredita gli anticorpi della madre, quindi può nascere sieropositivo, ma non avere il virus. In questo caso il bambino ritornerà sieronegativo durante i primi mesi di vita. Studi recenti dimostrano una notevole riduzione di casi di trasmissione dell'HIV nel caso in cui la madre sia sottoposta ad idonea terapia durante la gravidanza e partorisca con parto cesareo. La corretta applicazione dello screenning delle donazioni di sangue e di rigide regole nella produzione dei derivati del sangue hanno permesso, a partire dal 1985, di ridurre quasi a zero il rischio di trasmissione dell’ HIV attraverso il sangue ed i suoi derivati. L’ HIV non si trasmette per contatto casuale, non si diffonde toccandosi, abbracciandosi, respirando la stessa aria o usando le stesse stoviglie. Per quanto riguarda la trasmissione sessuale di tipo insertivo (il virus e’ presente nel sangue e nelle secrezioni genitali delle persone infette) e in linea teorica anche i rapporti orogenitali ed i baci “penetranti” sono una potenziale modalità di infezione, il rapporto anale omo/eterosessuale e’ incomparabilmente più a rischio degli altri. Comunque sebbene il virus possa essere presente nella saliva, sino ad oggi non ci sono evidenze che questa via rappresenti una modalità di trasmissione significativa, non è mai stato segnalato un caso di contagio attraverso il bacio e considerando che nel mondo ogni giorno si scambiano decine di milioni di baci profondi, é possibile considerare sicuro questo tipo di rapporto. Stime della probabilità di trasmissione dell’ infezione da HIV per singolo rapporto sessuale non violento sono disponibili da ricerche realizzate sia in paesi industrializzati che in aree in via di sviluppo. Per quanto riguarda la trasmissione da donna a uomo, si passa da una stima massima di 0,13 in Kenia, a 0,03/0,06 in Tailandia, a 0,001 ovverosia uno per mille in Europa ( anno 1998). L’uso adeguato del profilattico può ridurre drasticamente il rischio di trasmissione dell’ infezione che dovrebbe, in condizioni ideali, tendere allo zero. Tra i fattori che possono ridurre il rischio ricorderemo, (dal punto di vista statistico) la circoncisione e la somministrazione di farmaci antiretrovirali. Dall’ altro lato, un infezione recente SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 22 - o in stato avanzato, la presenza di ulcere genitali o, anche, di ectopia cervicale, sono alcuni fattori che possono aumentare la probabilità di trasmissione dell’ infezione HIV. In Italia, oggi si sta registrando un progressivo e preoccupante aumento dei contagi eterosessuali, a fronte di una riduzione dei casi tra i tossicodipendenti (anno 2002).Per quanto riguarda i tossicodipendenti, anche se non sono disponibili stime accurate del rischio di trasmissione tramite scambio di aghi e/o siringhe, si può però assumere che questo sia comunque elevato non solo in funzione della molteplicità delle esposizioni, ma anche per le modalità dell’ esposizione stessa che contemplano, in questo caso, il possibile passaggio di una notevole quantità di sangue. In mancanza di una cura definitiva o di un vaccino, la prevenzione e l’informazione restano alla base della lotta all’ HIV. Tenendo presente che diversi fattori sociali e culturali possono influenzare i comportamenti individuali e la percezione del rischio, i capisaldi della prevenzione nei Paesi industrializzati devono essere basati su una corretta informazione e su programmi di riduzione del rischio, mirati in particolare sulla riduzione della promiscuita sessuale, sull’uso corretto del profilattico, sull’ evitare lo scambio di siringhe tra persone che fanno uso di droga per via endovenosa, sull’ offerta attiva dei test HIV alle donne in età fertile, e sull’ applicazione delle precauzioni Universali per gli operatori sanitari. Il tasso di trasmissione parenterale negli operatori sanitari esposti a sangue infetto in seguito ad incidenti professionali (p.e. puntura con ago di siringa) si avvicina al 3 per 100. Le Precauzioni Universali prevedono che ogni paziente e alcuni campioni biologici: sangue,vomito, liquido seminale, secrezioni vaginali, tessuti, liquor, liquido amniotico, essudato sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico debbano essere considerati come potenzialmente infetti. Non ci sono quindi precauzioni differenziate ma la raccomandazione di usare sempre idonee misure di barriera nei casi in cui si preveda un contatto con sangue o gli altri liquidi biologici. Il lavaggio delle mani, l’uso di guanti, mascherine e occhiali, camici e la corretta gestione di aghi e strumenti accuminati. LINEE GUIDA GENERALI PER LA PREVENZIONE DI CONTAGIO NEL PERSONALE SANITARIO Il rischio d’infezione professionale per puntura accidentale con ago infetto o per esposizione di mucose o di superficie cutanea non integra a sangue o ad altri liquidi biologici di pazienti sieropositivi, e’ valutato fra lo 0,2 e lo 0,5%. Fortunatamente, l’AIDS è, infatti, una malattia poco contagiosa, se per esempio confrontata con l’epatite B, malattia virale che si trasmette con le stesse modalità, per la quale il rischio di infezione professionale è valutato superiore al 20-25%. Nonostante ciò, trattandosi di una malattia tanto grave, è indispensabile cautelarsi sempre, prendendo le dovute precauzioni e seguendo semplici ma efficaci norme di comportamento, al fine di lavorare in sicurezza. Chi svolge un lavoro di assistenza dovrebbe sempre considerare il sangue e gli altri fluidi corporei di tutti i pazienti potenzialmente infetti per l’HIV (e altri microrganismi trasmissibili per via parenterale). L’ operatore sanitario deve indossare guanti monouso e camice di protezione (DPI), quando debba provvedere all’igiene personale dell’ammalato. Le feci e le urine non sono considerati prodotti biologici di per sé in grado di trasmettere il virus, tuttavia devono essere considerati potenzialmente infettanti in relazione alla possibile presenza di sangue, a causa per esempio di infezioni intestinali o di emorroidi sanguinanti o di cistiti emorragiche. E’ indispensabile pertanto che chi assiste un malato usi costantemente guanti protettivi per evitare il contatto con sangue infetto. E’ raccomandato l’uso di visiera o di occhiali protettivi (DPI) durante la collaborazione nei procedimenti invasivi o in tutte le situazioni in cui è probabile che avvenga la proiezione di goccioline o di schizzi di fluidi corporei, potenzialmente contaminanti, sulle mucose delle vie respiratorie o del sacco congiuntivale. SSUEm 118 Bergamo settembre 2007 - 23 -