ACUSTICA MUSICALE (COME/03) A.A. 2015-2016 (Modulo 2) PERCEZIONE UDITIVA, SCALE E TEMPERAMENTI prof. Giovanni La Porta [email protected] Bibliografia - A. Everest, Manuale di acustica, Milano 1996 (cap. 3) - A. Frova, Armonia celeste e dodecafonia, Milano 2006 (cap. 5,6) Risorse web: http://fisicaondemusica.unimore.it/ APPARATO UDITIVO NELL’UOMO http://fisicaondemusica.unimore.it/Anatomia_del_sistema_uditivo.html ORECCHIO ESTERNO . l’orecchio esterno è formato dai seguenti elementi: 1- padiglione auricolare 2- dotto timpanico 3- membrana timpanica 1- il padiglione auricolare, è responsabile della localizzazione della sorgente sonora grazie alle riflessioni che la struttura delle cartilagini esterne procura al suono: a riflessioni sonore “diseguali” corrispondono percorsi sonori di arrivo “sfasati” nel tempo tali da formare una sorta di immagine sonora della sorgente es. compressione del padiglione contro il cranio e conseguente indebolimento della localizzazione sonora Analogamente la localizzazione sonora è anche dovuta - sfasamento della percezione binaurale (-> diversità di percorso compiuto dal suono per raggiungere i 2 padiglioni auricolari, tanto più evidente a frequenze medio-basse) - per fr. medio-alte, diversa intensità sonora percepita dalle due orecchie (-> ombra sonora prodotta dal cranio) Le caratteristiche dell’ambiente (-> RT) possono influenzare negativamente la localizzazione sonora es. f=110 Hz, T=1/f=0,009 sec, λ=3,06 m f, se proviene da un lato, deve percorrere Δd≈0,34 m per arrivare all’altro orecchio; se il valore di pressione al 1° orecchio è pari a p(x1,t0)=A sin(2πx/λ) lo sfasamento subito dell’onda sonora per arrivare al 2° orecchio è pari a =2π 0,34/3,06 ≈ 0,7 rad ≈ π/5 . il dotto timpanico, determina un aumento della pressione sonora per la risonanza della massa di aria che lo riempie (-> lunghezza 3-4 cm, diam. 0,7 cm; frequenza di risonanza f0 = 3500-4000 Hz) ORECCHIO MEDIO . l’orecchio medio è costituito da 1- membrana timpanica 2- 3 ossicini: martello/incudine/staffa 3- finestra ovale 4- tuba di Eustachio . gli ossicini costituiscono un sistema meccanico di leve per il trasferimento dell’energia dalla membrana timpanica al fluido cocleare; . la superficie della finestra ovale è circa 1/30 della superficie del timpano (3mm2/75~80mm2). Il sistema di leve degli ossicini e il rapporto tra le superfici (membrana timpanica vs finestra ovale) sono in grado di incrementare la forza meccanica generata dalle onde acustiche da 35 a 80 volte. Tale meccanismo consente di compensare il salto di impedenza tra l’aria e il fluido organico presente nell’orecchio interno; se l’adattamento non fosse idoneo l’energia meccanica prodotta dall’oscillazione del timpano sarebbe troppo debole per generare movimento del liquido cocleare . per volumi sonori elevati il muscolo timpanico irrigidisce la membrana timpanica trasferendo una minore energia agli ossicini; analogamente il muscolo stapedio allontana la staffa dalla finestra ovale limitando la trasmissione di energia meccanica alla coclea . la tuba di Eustachio mette in comunicazione l’orecchio medio con il cavo orale; la tuba ha la funzione di compensare la pressione atmosferica esercitata sul timpano rispetto a quella presente all’interno dell’orecchio medio; la compensazione non è istantanea, rendendo possibile l’oscillazione della membrana timpanica intorno alla propria posizione di equilibrio sotto la sollecitazione della variazione di pressione prodotto dal suono ORECCHIO INTERNO . l’orecchio interno è composto da 1- vestibolo e canali semicircolari del labirinto 2- coclea 1 Il vestibolo e canali semicircolari è l’organo dell’equilibrio, non riguarda la percezione del suono 2 La coclea è l’organo cavo a forma di chiocciola scavato all’interno dell’osso temporale dove gli impulsi meccanici trasmessi dalla catena degli ossicini vengono trasformati in impulsi nervosi. La chiocciola è lunga 35 mm, il diametro ha un max. di 2 mm restringendosi gradatamente; le cavità della chiocciola si sviluppano in tre volute (basale, intermedio, apicale) . la sezione trasversale della coclea evidenzia in ogni anello la costituzione del canale cocleare in tre cavità: - la rampa vestibolare (in alto) - la dotto cocleare (al centro) dove ha sede l’Organo del Corti - la rampa timpanica (in basso) Le cavità sono riempite di liquido fisiologico, perilinfa per la rampa timpanica e vestibolare, endolinfa per il dotto cocleare . le variazioni di pressione della staffa sulla finestra ovale, posta all’estremità della coclea in prossimità del dotto cocleare, procurano il moto dell’endolinfa che interessa tutte le volute del dotto cocleare fino all’elicotrema per poi ridiscendere tutta la rampa timpanica fino ad arrivare alla finestra circolare. . il movimento del liquido procura una oscillazione della membrana basilare che, in relazione alla frequenza di oscillazione della staffa sulla finestra ovale, entra in risonanza in una porzione della sua lunghezza; all’estremità opposta la finestra circolare asseconda la variazione di pressione indotta nel fluido contenuto nella cavità cocleare. Lungo la membrana basilare corre l’Organo del Corti, una sottile massa gelatinosa che contiene l’apparato di cellule ciliate responsabili della trasformazione della deformazione meccanica della membrana basilare in impulso nervoso. . l’Organo del Corti racchiude tre fila di cellule ciliate esterne (OHC) ed una fila di cellule ciliate interne (IHC); il movimento della membrana basilare indotto dal movimento dell’endolinfa provoca una traslazione rispetto alla membrana tectoria, sottoponendo ad uno sforzo di taglio le cellule ciliate interne ed esterne; tale sforzo provoca la generazione degli impulsi nervosi trasmessi al nervo uditivo . le cellule ciliate interne (OHC), maggiormente innervate e dotate solo di sinapsi afferenti, sono responsabili maggiormente della trasduzione degli stimoli meccanici in impulsi nervosi (-> è maggiore lo sforzo di taglio tra membrana basilare e membrana tectoria); . le cellule ciliate esterne (IHC), dotate di sinapsi afferenti ed efferenti, sono in grado di reagire meccanicamente a fronte di stimoli nervosi ricevuti (alla pari di piccoli muscoli), modificando le caratteristiche della vibrazione della membrana basilare (-> nervo VIII, “nervo stato-acustico”) . la percezione del volume sonoro dipende dal numero delle cellule ciliate messe in movimento e dalla ripetizione ciclica di tale movimento (n. impulsi/secondo al crescere del livello sonoro). Essendo necessari 3 ms al nervo acustico poter essere sollecitato nuovamente, 300 impulsi/secondo è ritenuta la massima sollecitazione consentita affinché la trasmissione nervosa non vada in saturazione; tale massima sollecitazione si ha per un livello di intensità di appena 40 dB; “Il segnale è costituito da una sequenza di impulsi, ciascuno associato alla stimolazione di una delle cellule ciliate nell’organo del Corti” (A. Frova) . il segnale uditivo si trasmette, con il contributo di entrambe gli orecchi, alla corteccia uditiva del cervello transitando prima per vari centri nervosi periferici (nucleo cocleare, oliva superiore, collicolo inferiore, corpo genicolato mediale) . l’esposizione a rumori troppo elevati può causare la distruzione delle cellule ciliate esterne (OHC) e conseguente ipoacusia; il danno maggiore si localizza nella posizione della membrana basilare dov’è massima la deformazione determinata dalla sollecitazione sonora in ingresso . la membrana basilare è lunga circa 35 mm; a partire dalla finestra ovale ed avvicinandosi all’elicotrema Vicino all’elicotrema aumenta il suo spessore e la sua massa lineare oltre a diminuisce la sua rigidezza (k); tali caratteristiche rendono possibile la sua risonanza alle basse frequenze in prossimità dell’elicotrema e delle alte nei pressi della finestra ovale Vicino alla finestra ovale “L’aumento di pressione nel liquido in prossimità della finestra ovale causa un avvallamento nella membrana cocleare, simile alla pizzicatura di una corda. Ciò determina l’innesco di un’onda vibrazionale lungo la membrana basilare che si allontana in direzione dell’elicotrema” (A. Frova) . al raddoppio della frequenza (f2=2f1) i tratti della membrana basilare che entrano in risonanza subiscono un avvicinamento costante alla finestra ovale per una porzione di circa 3,5~4,0 mm; si constata quindi che alla sollecitazione di tratti di lunghezza costante della membrana basilare faccia riscontro un rapporto costante tra le frequenze che identificano gli estremi dell’intervallo, ovvero ΔLmembrana basilare = Log (f2/f1) . la frequenza di risonanza della membrana basilare è pari a quella propria di un oscillatore armonico f0 = 1/2π (k/m)1/2 con k costante elastica e m massa della membrana basilare http://fisicaondemusica.unimore.it/Fisiologia_del_sistema_uditivo.html . Teoria posizionale (-> von Helmholtz): “suoni di differente frequenza mettono in moto regioni diverse della membrana basilare”; la vibrazione del fluido organico che riempie la cavità cocleare innescata dal movimento della finestra ovale si trasferisce lungo la membrana basilare che ha un’oscillazione massima in posizioni diverse per ciascuna frequenza. La membrana basilare opera quindi una discriminazione del tono fondamentale del suono, entrando in risonanza dove le proprie caratteristiche di rigidezza e massa lineare le consentono la massima vibrazione in relazione alla frequenza del suono in ingresso; i limiti di udibilità si hanno per l’impossibilità della membrana basilare di entrare in oscillazione http://fisicaondemusica.unimore.it/Fisiologia_del_sistema_uditivo.html#fisiologia_della_percezione_dell.27altezza . Teoria della periodicità: “la sensazione di altezza del suono viene prodotta ... mediante un'analisi temporale del suono e in particolare della frequenza di ripetizione con cui i segnali del nervo uditivo arrivano al cervello”; la frequenza del suono percepito è ricollegabile alla numerosità degli impulsi nervosi generati dalla sollecitazione delle cellule ciliate; il cervello è in grado di riconoscere la periodicità della stimolazione in relazione alla numerosità di fibre nervose del nervo uditivo cui corrispondono i recettori ciliati posti sulla membrana basilare. . la teoria della periodicità è in grado di interpretare l’attitudine dell’orecchio a discriminare suoni molto ravvicinati nel tempo e di frequenza diversa (in particolare alle alte frequenze), per la cui percezione, secondo la teoria posizionale, sarebbe necessario un rapido smorzamento della membrana basilare e conseguentemente una oscillazione molto marcata. . la teoria della periodicità è stata contraddetta (-> von Bekesy) dall’osservazione sperimentale che ha messo in evidenza come la periodicità del suono non coincida con la periodicità della stimolazione delle singole cellule ciliate; queste, aggregate in singoli tratti di membrana basilare, riproducano solo globalmente la frequenza del suono (-> pattern di impulsi, piuttosto che singoli impulsi) SENSIBILITA’ UDITIVA . le frequenze udibili nell’apparato uditivo nell’uomo risultano comprese, per i suoni puri, tra i 20 e i 20.000 Hz; la sensibilità uditiva varia al variare della frequenza e risulta maggiore per frequenze comprese tra 3000 e 4000 Hz . l’orecchio umano è in grado di percepire intensità sonore di livello molto basso (-> soglia di udibilità pari a 10-12 W/m2) e molto elevato, variando, in relazione all’intensità sonora, la propria sensibilità in frequenza . la costruzione delle curve del diagramma di Fletcher-Munson (-> Phon, curve isofoniche, ottenute come media sperimentale di prove su soggetti dall’udito sano) è condotta unendo i punti che, per uno stimolo sonoro alle varie frequenze, dia un’uguale sensazione soggettiva di volume sonoro - curve di “isosensazione”; il diagramma di Fletcher-Munson riporta in ordinata i livelli di SPL, ovvero di intensità sonora oggettiva in dB, mentre in ascissa le frequenze in Hz espresse in scala logaritmica es. ascolto di toni puri 55,110,220...Hz con uguale intensità ma percepiti a livello progressivamente crescente http://fisicaondemusica.unimore.it/Percezione_dell_altezza.html#gli_intervalli_musicali Il numero dei Phon misura l’andamento della sensazione soggettiva di intensità al variare della frequenza e dell’intensità fisica del suono; le curve indicano quindi qual è l’intensità fisica del suono affinché resti costante l’intensità soggettiva del suono. Diffrazione della testa Risonanza canale auricolare . le curve di Fletcher-Munson sono costruite a partire da un suono di riferimento (es. 1000 Hz) riprodotto a un determinato livello di pressione sonoro (es. 40 dB); riproducendo un secondo suono con frequenza diverse e variando la relativa intensità sonora fino ad ottenere una uguale sensazione uditiva rispetto al suono di riferimento (1000 Hz/40 dB) è possibile descrivere le curve di isosensazione; le curve costituiscono una relazione tra percezione soggettiva ugualmente intensa (sensazione uditiva) e intensità sonora oggettiva (stimolo sonoro) . per convenzione ad un suono puro di 1000 Hz prodotto con un livello di intensità di 40 dB corrisponde un livello soggettivo di sensazione di 40 dB Phon, per un livello di intensità di 50 dB un livello di sensazione di 50 Phon, … ecc. . relazione tra livelli di pressione sonora (dB) e frequenza (Hz) per alcune delle più note funzioni uditive . alcuni livelli sonori massimi di alcuni strumenti musicali e range dinamico nb: si ricorda che Lp= 20 Log p/p0 = 10 Log p2/p20 ≈ 10 Log I/I0 = LI . la tessitura Del brano eseguito è responsabile del decremento di intensità sonora es.: un trombettista riesce a produrre un’escursione dinamica tra un pp e un fff pari a 12 dB; se l’intensità sonora del fff Ifff = n·Ipp, sarà Lfff =Lpp + 12 dB, segue che 12=10Log Ifff/I0 - 10Log Ipp/I0 =10Log Ifff/Ipp=10Logn; segue quindi che n=1012/10=15,8, ovvero Ifff risulterà 15,8 volte più forte di Ipp EFFETTI DEL RUORE SUL SISTEMA UDITIVO . l’orecchio è in grado di attivare una protezione contro volumi sonori eccessivamente elevati (> 85 dB il sistema muscolare uditivo irrigidisce la catena degli ossicini ed allontana la staffa dalla finestra ovale. Il sistema impiega 40 ms per reagire alla sollecitazione esterna, diventando attivo solo dopo 150 ms; è quindi inefficiente nei confronti di impulsi sonori improvvisi) . l’innalzamento della soglia di percezione uditiva può essere dato dall’esposizione ad un livello sonoro elevato per un tempo prolungato; l’esposizione comporta una perdita temporanea di sensibilità (STS,Temporary Threshold Shift) ed un conseguente periodo di recupero fisiologico, tanto più prolungato quanto più è stata prolungata l’esposizione e il suo relativo livello sonoro L’affaticamento uditivo (STS) si misura a 2 minuti dal cessare della sollecitazione ed ha le seguenti caratteristiche: - può durare per un max di 16h; - per toni puri < 70 dB, non si ha alcun effetto di STS - per toni puri 80~90 dB il STS riguarda lo stesso tono e/o toni vicini - per toni > 90 dB, STS riguarda toni della stessa ottava e delle ottave inferiore e superiore - per stimolazioni in banda larga, STS è massimo alle frequenze 35004000 Hz -STS raggiunge il massimo valore dopo 2h di esposizione; il recupero è proporzionale al logaritmo del tempo http://www.sfu.ca/sonic-studio/handbook/Threshold_Shift.html . le valutazioni relative al rumore possono essere relative a pressione sonora (dB), durata (s), composizione spettrale del rumore (Hz); gli effetti del rumore sull’uomo possono essere catalogati in: - danni, se provocano alterazioni psico-fisiche permanenti; - disturbi, se provocano alterazioni psico-fisiche temporanee; - sensazioni acustiche fastidiose, quando provocano sensazioni di sconforto tale da generare nel soggetto un giudizio acustico negativo sull’ambiente. . la perdita della sensibilità uditiva, legata alla diminuzione del numero di cellule ciliate dell’organo del Corti, si verifica fisiologicamente con l'avanzare dell'età (presbiacusia o sordità senile) o può essere causata dall’esposizione prolungata a livelli sonori elevati; è caratterizzata da una diminuita capacità di percezione alle varie frequenze dei suoni di livello di intensità più debole . rispetto alla curva di sensibilità uditiva normale (-> soglia di udibilità nel diagramma di Fletcher-Munson) si determina uno spostamento della stessa curva verso l'alto. CONSONANZA vs DISSONANZA . pur se il concetto di consonanza rappresenta anche una qualità percettiva dell’ascolto e come tale non possa essere definito in maniera univoca, è utile richiamare alcune definizioni: - per i Greci le armonie consonanti coincidevano con accordi tra 2 suoni la cui relazione poteva essere espressa con il rapporto tra le rispettive lunghezze della corda vibrante esprimibile con piccoli numeri interi (1:2:3:4); le armonie fondamentali del sistema musicale greco coincidevano con gli intervalli di I, IV, V, VIII. La consonanza degli accordi era avvalorata dalla considerazione che la somma dei primi numeri naturali era anche pari a 10, nella concezione dei pitagorici il numero all’origine del mondo (“Il 10 è responsabile di tutte le cose, fondamento e guida sia della vita divina e celeste, sia di quella umana; Filolao) http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/APPUNTI/TESTI/Gen_02/Cap4.html - H. von Helmholz propose che la ragione della dissonanza di un accordo potesse essere ricercata nella condizione per cui si vengano a creare battimenti tra i parziali armonici dei 2 suoni (30≈40/secondo), essendo invece tanto più consonante tanto più coincidono i parziali armonici. nb: Il criterio di Helmoltz è avvalorato dalla constatazione che il grado di consonanza (dissonanza) risulta molto evidente per suoni emessi da strumenti musicali ricchi di componenti armoniche (es. pf, violino, ..) - Plomp e Levelt (1965) proposero il criterio per cui quando due suoni stanno all’interno della banda critica sono sicuramente dissonanti, viceversa se si situano al di fuori; la massima dissonanza si ha per differenze di frequenze pari a 1/4 della banda critica - la definizione “dell’indice di consonanza” di un intervallo tra 2 suoni (A. Frova, 1999) considera il rapporto tra le frequenze, evidenziando che più il rapporto è piccolo maggiore è la consonanza (-> armonia pitagorica), grazie alla maggiore coincidenza di parziali armonici; in questa concezione la consonanza deriverebbe dalla parziale coincidenza dei punti di eccitazione della membrana basilare e conseguentemente una medesima sollecitazione delle reti neuronali. La “forza consonante” di un accordo (Icons) è ottenuta sommando i parziali armonici comuni nelle 2 serie armoniche e determinandone il loro “peso” inversamente alla loro posizione rispetto ai suoni fondamentali (es.: se f1=1, f2=1/2, f3=1/3 ... ecc.); in termini generali, dato un intervallo tra 2 suoni il cui rapporto tra le fondamentali sia m/n, Ic= (m+n)/mn Si individuano quindi tre regioni di forza consonante: -consonanza perfetta 0,58 (quarta, 4/3) < Ic < 2 (unisono, 2/1) -non consonanza 0,21 (seconda, 10/9) < Ic < 0,53 (sesta magg., 5/3) -dissonanza 0,13 (semitono, 16/15) < Ic < 0,19 (settima magg., 15/8) http://fisicaondemusica.unimore.it/Consonanza_e_dissonanza.html I PITAGORICI . il sistema musicale greco, nella concezione pitagorica, si basa sullo studio del monocordo con il quale si verificò che l’altezza del suono risulta inversamente proporzionale alla lunghezza della corda vibrante (L); un ponticello scorrevole consentiva di individuare suoni ad altezza crescente, a parità di tensione e densità lineare della corda. 1- l’altezza del suono è inversamente proporzionale alla porzione (L) di corda vibrante 2- presi rapporti uguali tra i tratti di corda vibrante, corrispondono alla percezione di intervalli musicali di uguale ampiezza es. LSOL/LDO= 2/3 intervallo di V giusta L Se la velocità ω di propagazione della perturbazione meccanica sulla corda vibrante [*] è costante al variare della lunghezza del tratto di corda che oscilla(L), la frequenza (f) del suono fondamentale del tratto vibrante è f=ω/λ; essendo, nel caso delle corde, λ=2L, se ne ricava che f = (1/2L) nb: la velocità di propagazione della perturbazione meccanica lungo la corda è pari a ω = (T/δ)1/2, con T tensione della corda e δ densità lineare della corda (-> la velocità ω non deve essere confusa con la velocità c del suono nell’aria). La velocità lungo la corda non è costante per ogni frequenza: maggiore è la frequenza, minore è la velocità di propagazione (è necessaria una maggiore deformazione della corda); analogamente per i suoni di forte intensità rispetto ai suoni deboli . la consonanza per i Greci è data da 2 suoni (accordo diadico) la cui lunghezza della corda vibrante relativa sta in rapporto di piccoli numeri interi . VIII 2:1 (diapason) .V 3:2 (diapente) . IV 4:3 (diatessaron) = 2L Do 1 L Sol 2 Do 2 =L = 2/3 L Corda Sol 2 L Corda Do 2 L Corda Do 1 Alle “armonie” greche Tolomeo aggiunse i rapporti di 4:5 (III magg.) e 3:5 (VI magg.) . la somma di intervalli musicali si ottiene con il prodotto tra i rapporti che si instaurano tra le lunghezze della corda vibrante relativa al suono rispetto al suono fondamentale L/2 (3/4) 2/3 L 2/3 L L es. un intervallo di V (LF2=2/3LF1) + un intervallo di IV (LF3=3/4LF2) -> LF3 = [(4/3) x (3/2)] LF1 = 1/2 LF1 un intervallo di IV (LF2=3/4LF1) + un intervallo di IV (LF3=3/4LF2) -> LF3 = [(4/3) x (4/3)] LF1 = 16/9 LF1 . il sistema musicale greco, individuati i suoni intermedi dell’intervallo di VIII (cfr. in seg.), era fondato sulla giustapposizione di 2 tetracordi discendenti; i tetracordi potevano essere disgiunti da un intervallo di tono (T) detto diazeuxis o congiunti; la combinazione dei tetracordi (congiunti e disgiunti) avveniva secondo Aristosseno (IV sec. a.C.) nel “grande sistema perfetto” (Teleion) . la suddivisione dei tetracordi in intervalli più piccoli poteva essere variabile (le combinazioni di genere erano la diatonica, cromatica, enarmonica; solo la diatonica, ovvero T-T-ST è sopravvissuta) fermo restando i suoni degli estremi Nb: le scale greche – discendenti, per l’esecuzione sulla lira che aveva le corde più gravi più vicine all’esecutore - si distinguevano per individuare in maniera diversa la nota di inizio nel “grande sistema perfetto”, mantenendo le stesse distanze intervallari così come la posizione della separazione tra i tetracordi (diazeuxis); la successione dei suoni conseguenti individuava scale differenti . il medio evo, con il canto gregoriano, riprende la tradizione musicale greca invertendo l’andamento delle scale (da discendente ad ascendente) ed individuando diversi tipi di scala (modi) in relazione alla nota iniziale. I modi si distinguevano in autentici e plagali: il modo autentico era costituito da una 5.a + 4.a sopra la nota finalis, il modo plagale da una 4.a sotto e una 5.a sopra la nota finalis. altrettante scale relative, a partire da una 4.a sotto (modi plagali); particolare importanza all’interno della scala acquistò anche la nota repercussio, ovvero il quinto grado del modo autentico, il sesto grado del modo plagale.; il sistema dei modi autentici e plagali era detto oktoechos Nel XVI secolo il teorico Glareano nel “Dodekachordon” riprende i quattro modi autentici del gregoriano aggiungendone altri e creando un sistema completo di 7 modi, ciascuno dei quali con una tonica diversa in base alle sette note musicali. Sostenendo di far risalire questo sistema alla musica della Grecia antica, Glareano ha assegnato a ciascuno dei modi il nome di una regione dell’antica Grecia. . scale riconducibili al modo maggiore: -scala romana - scala araba -scala orientale magg. -scala enigmatica -scala di Skrjabin . scale riconducibili al modo maggiore: -scala bachiana -scala minore napoletana -scala orientale minore . altre scale -scala cromatica -scala esatonica -scala pentatonica -scala blues SCALA PITAGORICA . la scala musicale dei pitagorici fu costruita utilizzando solo i rapporti tra le consonanze di V (diapente) e VIII (diapason); i suoni che identificavano i gradi intermedi dell’VIII furono ottenuti dividendo il monocordo con successivi rapporti di V (-> se L1 produce il suono fondamentale f, Ln = (2/3)n-1L1), riportando poi i suoni individuati all’interno della prima VIII mediante successive duplicazioni dei tratti di corda vibrante (Ln=2Ln+1) Ricordando che la frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda vibrante (f = 1/2L) è possibile scrivere le relazioni tra i suoni della scala riportati alla stessa VIII in funzione delle frequenze rispettive L/LDO1 f/f DO1 DO1 1 1/1 DO1 -> SOL1 2/3 3/2 diapente DO1 -> RE2 (2/3)2 x 2 9/8 tono DO1 -> LA2 (2/3)3 x 2 27/16 DO1 -> MI3 (2/3)4 x 4 81/64 DO1 -> SI3 (2/3)5 x 4 243/128 DO1 -> FA-1 (2/3)-1 x 1/2 4/3 diatessaron 1/2 2/1 diapason DO2 nb: il Fa è ottenuto dal DO1, come suono situato ad una 5.a pura al di sotto, riportato all’VIII di riferimento mediante dimezzamento della lunghezza della corda vibrante (-> LFA = (3/2)LDO) x 2) . la successione dei suoni individuati con il sistema pitagorico nell’VIII era la seguente Do Re 9/8 Mi 9/8 256/243 Fa Sol 9/8 La 9/8 Si 9/8 Do 256/243 . il procedimento dava però luogo a evidenti incongruenze: potendosi iterare più volte fn=(3/2)n, la nota fondamentale a distanza di 7 ottave non coincideva con quella derivante dall’iterazione per 12 volte del procedimento di quinta; se Si7# =(3/2)12 DO1 ≠ 27DO1= DO8 ovvero 129,74 ≠ 128 La differenza tra la frequenza ottenuta con l’iterazione di V e di VIII (129,74/128 ≈ 1,0136 ...) è detta Comma Pitagorico (CP) pari a circa 1/8 di tono temperato, poteva essere riscontrata tra tutti i suoni enarmonici (Do#Reb; Mib-Re#; ...); per questa differenza la scala pitagorica non può mai considerarsi chiusa. . riportando all’interno della una VIII tutti i suoni individuati con il metodo delle V, l’intervallo di tono (9/8) era suddiviso in tre parti, due Limma (L = 256/243) e un comma pitagorico (CP=129,74/128); l’unione di un limma e un comma pitagorico dava luogo a un “apotome” (A), caratterizzato dal rapporto di A= 2187/2048 = 1,0678... es. l’intervallo DO1#/DO1 (= apotome) DO5#/DO1=(3/2)7 -> DO#1/DO#5=(1/2)4 -> Do1#/Do1= (3/2)7x (1/2)4= 2187/2048 =1,0678 . la complessità dell’intonazione del sistema musicale pitagorico era ulteriormente aggravata dalla mancanza coincidenza tra il MI (III grado della scala) ricavato come unione di due toni pitagorici (9/8 x 9/8= 81/64) e il MI individuato come rapporto naturale tra le frequenze di 5/4 f2=5/4 f1 f1 f'2=81/64 f1 Tale incongruenza produceva una differenza tra il MI pitagorico (81/64) e il MI naturale (5/4) pari a un piccolo intervallo, il “comma sintonico” (noto anche come comma di Didimo, CD), identificato dal rapporto CD=81/80 = 1,0125 Nb: volendo quantificare le incongruenze dell’intonazione del sistema pitagorico (CP, L, CD) al sistema temperato secondo la suddivisione dell’VIII in 1200 Cent (A. Ellis, 1880), ricordando che n. Cent=1200 Log10(R)/Log10(2), risulta CP= 1200 Log10 (129,74/128)/ Log102 ≈23,5 Cent L = 1200 Log10(256/243) / Log102 ≈ 90 Cent A =1200 Log10 (2187/2048) / Log102 ≈ 114 cent CD = 1200 Log10(81/80) / Log102 ≈ 21,5 Cent http://fisicaondemusica.unimore.it/Scala_pitagorica.html SCALA ZARLINIANA . il progressivo affermarsi del sistema tonale nel ‘500, e con esso l’armonia tonale basata sul frequente utilizzo della “triade perfetta maggiore” (DO-MI-SOL) come accordo autonomo, non come il risultato dell’incontro di linee melodiche, indusse l’uso sistematico di questo accordo (f1-5/4f1-3/2f1), sostituendo progressivamente l’accordatura pitagorica degli strumenti musicali con altra basata sull’intonazione di intervalli di III naturali (IIIMaggiore=5/4 f1 e IIIminore= 6/5 f1 ) . per superare le incongruenze riscontrate nell’intonazione pitagorica, G. Zarlino nella seconda metà del ‘500 propose l’uso di una scala in cui le triadi costruite sui toni principali della scala (I, IV e V grado) fossero triadi perfette maggiori, ovvero costruite sulla base di sovrapposizione di III naturali (-> 4:5:6 per le triadi maggiori; 10:12:15 per le triadi minori) Il modello di scala Zarliniana fu definita fsuono/fDO1 DO RE MI FA SOL LA SI DO 1 9/8 5/4 4/3 3/2 5/3 15/8 2 9/8 10/9 16/15 9/8 10/9 9/8 16/15 Gli intervalli tra le note contigue della scala erano il Tono grande (9/8), il Tono piccolo (10/9) e il Semitono diatonico piccolo (16/15) Il sistema zarliniano generava i seguenti intervalli (in grassetto gli intervalli che hanno “ampiezza” unica; negli altri casi hanno sempre due valori) - II maggiore grande (9/8 tra Do-Re, Fa-Sol, La-Si) - II maggiore piccola (10/9 tra Re-Mi, Sol-La) - II minore piccola (16/15 tra Mi-Fa, Si-Do) - III maggiori pure (5/4 tra Do-Mi, Fa-La, Sol-Si) - III minori grandi (6/5 tra Mi-Sol, La-Do, Si-Re) - III minori piccole (32/27, tra Re-Fa) - IV giuste (4/3 tra Do-Fa, Re-La, Mi-La, Sol-Do, Si-Mi) - IV grandi (27/20 tra La-Re) - V giuste (3/2 tra Do-Sol, Mi-Si, Fa-Do, Sol-Re, La-Mi) - V piccole (40/27 tra Re-La) - VI maggiori piccole (5/3 tra Do-La, Re-Si, Sol-Mi) - VI maggiori grandi (27/16 tra Fa-Re) - VI minori pure (8/5 tra Mi-Do, La-Fa, Si-Sol) - VII maggiori grandi (15/8 tra Do-Si, Fa-Mi) - VII minori grandi (9/5 tra Mi-Re e La-Sol) - VII minori piccole (16/9 tra Re-Do, Sol-Fa, Si-La) Le incongruenze di questa scala consistevano - le V e le IV non erano tutte pure (-> RE/LA= 40/27) - esistenza di 2 diversi toni interi, il tono grande (9/8, Do/Re, Fa/Sol,La/Si) e il tono piccolo (10/9, Re/Mi e Sol/La), la cui distanza era rappresentata da un comma sintonico, 81/80, ovvero (9/8)/(10/9) nb: l’esistenza di un tono piccolo era determinata dall’esigenza di ricongiungere il RE, pari a 9/8 DO, al MI puro, pari a 5/4 DO; si ha infatti (5/4)/(9/8)=10/9; conseguentemente anche il semitono diatonico tra MI e FA nella scala zarliniana risultava più largo di un comma sintonico rispetto a quello pitagorico, ovvero (16/15)/(256/243)=81/80) . conseguenza diretta della presenza di toni di larghezza diversa era poi rappresentata, con riferimento alle alterazioni cromatiche (# e b), dalla presenza di un semitono cromatico pari a 25/24 (sia ascendente es. DODO#, sia discendente es. RE-REb), un semitono diatonico grande pari a 27/25 (es. DO#-RE) e un semitono diatonico piccolo pari a 16/15 (es. RE#-MI); la differenza tra semitono diatonico grande e piccolo era pari a un comma sintonico (27/25)/(16/15) = 81/80; il sistema zarliniano dava luogo a grossi problemi negli strumenti ad intonazione fissa (organo, cembalo,..) che, nel caso di cambio di tonalità, avrebbero dovuto essere riaccordati (-> l’intervallo tra II e III grado in DO mag. RE-MI non coincideva con quello tra le stesse note in RE mag., ...) http://fisicaondemusica.unimore.it/Scala_naturale.html TEMPERAMENTO EQUABILE . nel temperamento equabile (“MusiKalische Temperatur”, 1691) nessun accordo tranne quello di ottava (2/1) risulta naturale ma tale sistema consente di trasportare la musica in ogni tonalità (suono della scala) mantenendo costanti i rapporti reciproci tra le note, dando massima libertà espressiva al compositore di modulare da una tonalità all’altra senza incorrere in successioni armoniche dissonanti. . con il temperamento equabile il rapporto di ottava 2/1 viene suddiviso in 12 intervalli di semitono ad ampiezza costante, secondo la seguente relazione: (fn+1)/fn= 2(1/12) . il rapporto pari a 1,059... (= (2)1/12) rappresenta il numero (costante) che moltiplicato per la frequenza di un suono fornisce quella del suono successivo a distanza di un semitono equabile (-> i semitoni cromatici e diatonici sono coincidenti) . l’intonazione temperata risultante è ovviamente lievemente dissonante rispetto agli intervalli naturali, in particolare: - le terze maggiori risultano crescenti (+14 cent) - le terze minori sono calanti (-16 cent) - l’accordo perfetto maggiore è dato dai rapporti 4 : 5,040 : 5,99 (non da 4:5:6) http://fisicaondemusica.unimore.it/Temperamento_equabile.html http://fisicaondemusica.unimore.it/Paragoni_tra_le_diverse_scale.html