2_FISIOLOGIA DEL SISTEMA UDITIVO, SCALE E

ACUSTICA MUSICALE (COME/03)
A.A. 2015-2016
(Modulo 2)
PERCEZIONE UDITIVA, SCALE E TEMPERAMENTI
prof. Giovanni La Porta
[email protected]
Bibliografia
- A. Everest, Manuale di acustica, Milano 1996 (cap. 3)
- A. Frova, Armonia celeste e dodecafonia, Milano 2006 (cap. 5,6)
Risorse web: http://fisicaondemusica.unimore.it/
APPARATO UDITIVO NELL’UOMO
http://fisicaondemusica.unimore.it/Anatomia_del_sistema_uditivo.html
ORECCHIO ESTERNO
. l’orecchio esterno è formato dai seguenti elementi:
1- padiglione auricolare
2- dotto timpanico
3- membrana timpanica
1- il padiglione auricolare, è responsabile della localizzazione della sorgente sonora grazie alle riflessioni che
la struttura delle cartilagini esterne procura al suono: a riflessioni sonore “diseguali” corrispondono percorsi
sonori di arrivo “sfasati” nel tempo tali da formare una sorta di immagine sonora della sorgente
es. compressione del padiglione contro il cranio e conseguente indebolimento della localizzazione sonora
Analogamente la localizzazione sonora è anche dovuta
- sfasamento della percezione binaurale (-> diversità di percorso compiuto dal suono per raggiungere i 2
padiglioni auricolari, tanto più evidente a frequenze medio-basse)
- per fr. medio-alte, diversa intensità sonora percepita dalle due orecchie (-> ombra sonora prodotta
dal cranio)
Le caratteristiche dell’ambiente (-> RT) possono influenzare negativamente la localizzazione sonora
es. f=110 Hz, T=1/f=0,009 sec, λ=3,06 m
f, se proviene da un lato, deve percorrere Δd≈0,34 m per arrivare all’altro
orecchio; se il valore di pressione al 1° orecchio è pari a p(x1,t0)=A sin(2πx/λ) lo
sfasamento  subito dell’onda sonora per arrivare al 2° orecchio è pari a
=2π 0,34/3,06 ≈ 0,7 rad ≈ π/5
. il dotto timpanico, determina un aumento della pressione sonora per la
risonanza della massa di aria che lo riempie (-> lunghezza 3-4 cm, diam. 0,7
cm; frequenza di risonanza f0 = 3500-4000 Hz)
ORECCHIO MEDIO
. l’orecchio medio è costituito da
1- membrana timpanica
2- 3 ossicini: martello/incudine/staffa
3- finestra ovale
4- tuba di Eustachio
. gli ossicini costituiscono un sistema meccanico di leve
per il trasferimento dell’energia dalla membrana
timpanica al fluido cocleare;
. la superficie della finestra ovale è circa 1/30 della superficie del timpano (3mm2/75~80mm2). Il sistema di
leve degli ossicini e il rapporto tra le superfici (membrana timpanica vs finestra ovale) sono in grado di
incrementare la forza meccanica generata dalle onde acustiche da 35 a 80 volte. Tale meccanismo consente
di compensare il salto di impedenza tra l’aria e il fluido organico presente nell’orecchio interno; se
l’adattamento non fosse idoneo l’energia meccanica prodotta dall’oscillazione del timpano sarebbe troppo
debole per generare movimento del liquido cocleare
. per volumi sonori elevati il muscolo timpanico irrigidisce la membrana timpanica trasferendo una minore
energia agli ossicini; analogamente il muscolo stapedio allontana la staffa dalla finestra ovale limitando la
trasmissione di energia meccanica alla coclea
. la tuba di Eustachio mette in comunicazione l’orecchio medio con il cavo orale; la tuba ha la funzione di
compensare la pressione atmosferica esercitata sul timpano rispetto a quella presente all’interno
dell’orecchio medio; la compensazione non è istantanea, rendendo possibile l’oscillazione della membrana
timpanica intorno alla propria posizione di equilibrio sotto la sollecitazione della variazione di pressione
prodotto dal suono
ORECCHIO INTERNO
. l’orecchio interno è composto da
1- vestibolo e canali semicircolari del labirinto
2- coclea
1
Il vestibolo e canali semicircolari è l’organo dell’equilibrio, non riguarda la percezione del suono
2
La coclea è l’organo cavo a forma di chiocciola scavato all’interno dell’osso temporale dove gli impulsi
meccanici trasmessi dalla catena degli ossicini vengono trasformati in impulsi nervosi. La chiocciola è lunga 35
mm, il diametro ha un max. di 2 mm restringendosi gradatamente; le cavità della chiocciola si sviluppano in
tre volute (basale, intermedio, apicale)
. la sezione trasversale della coclea
evidenzia in ogni anello la costituzione del
canale cocleare in tre cavità:
- la rampa vestibolare (in alto)
- la dotto cocleare (al centro) dove ha
sede l’Organo del Corti
- la rampa timpanica (in basso)
Le cavità sono riempite di liquido fisiologico,
perilinfa per la rampa timpanica e
vestibolare, endolinfa per il dotto cocleare
. le variazioni di pressione della staffa sulla finestra ovale, posta all’estremità della coclea in prossimità del
dotto cocleare, procurano il moto dell’endolinfa che interessa tutte le volute del dotto cocleare fino
all’elicotrema per poi ridiscendere tutta la rampa timpanica fino ad arrivare alla finestra circolare.
. il movimento del liquido procura una oscillazione della membrana basilare che, in relazione alla frequenza
di oscillazione della staffa sulla finestra ovale, entra in risonanza in una porzione della sua lunghezza;
all’estremità opposta la finestra circolare asseconda la variazione di pressione indotta nel fluido contenuto
nella cavità cocleare. Lungo la membrana basilare corre l’Organo del Corti, una sottile massa gelatinosa che
contiene l’apparato di cellule ciliate responsabili della trasformazione della deformazione meccanica della
membrana basilare in impulso nervoso.
. l’Organo del Corti racchiude tre fila di cellule ciliate esterne (OHC) ed una fila di cellule ciliate interne (IHC); il
movimento della membrana basilare indotto dal movimento dell’endolinfa provoca una traslazione rispetto
alla membrana tectoria, sottoponendo ad uno sforzo di taglio le cellule ciliate interne ed esterne; tale sforzo
provoca la generazione degli impulsi nervosi trasmessi al nervo uditivo
. le cellule ciliate interne (OHC), maggiormente innervate e dotate solo di sinapsi afferenti, sono responsabili
maggiormente della trasduzione degli stimoli meccanici in impulsi nervosi (-> è maggiore lo sforzo di taglio tra
membrana basilare e membrana tectoria);
. le cellule ciliate esterne (IHC), dotate di sinapsi afferenti ed efferenti, sono in grado di reagire
meccanicamente a fronte di stimoli nervosi ricevuti (alla pari di piccoli muscoli), modificando le caratteristiche
della vibrazione della membrana basilare (-> nervo VIII, “nervo stato-acustico”)
. la percezione del volume sonoro dipende dal numero delle cellule
ciliate messe in movimento e dalla ripetizione ciclica di tale
movimento (n. impulsi/secondo al crescere del livello sonoro).
Essendo necessari 3 ms al nervo acustico poter essere sollecitato
nuovamente, 300 impulsi/secondo
è ritenuta la massima
sollecitazione consentita affinché la trasmissione nervosa non vada in
saturazione; tale massima sollecitazione si ha per un livello di intensità
di appena 40 dB; “Il segnale è costituito da una sequenza di impulsi,
ciascuno associato alla stimolazione di una delle cellule ciliate
nell’organo del Corti” (A. Frova)
. il segnale uditivo si trasmette,
con il contributo di entrambe
gli orecchi, alla corteccia
uditiva del cervello transitando
prima per vari centri nervosi
periferici (nucleo cocleare,
oliva
superiore,
collicolo
inferiore, corpo genicolato
mediale)
. l’esposizione a rumori troppo elevati può causare la distruzione delle cellule ciliate esterne (OHC) e
conseguente ipoacusia; il danno maggiore si localizza nella posizione della membrana basilare dov’è massima
la deformazione determinata dalla sollecitazione sonora in ingresso
. la membrana basilare è lunga circa 35 mm; a partire
dalla finestra ovale ed avvicinandosi all’elicotrema
Vicino all’elicotrema
aumenta il suo spessore e la sua massa lineare oltre a
diminuisce la sua rigidezza (k); tali caratteristiche
rendono possibile la sua risonanza alle basse frequenze
in prossimità dell’elicotrema e delle alte nei pressi della
finestra ovale
Vicino alla finestra ovale
“L’aumento di pressione nel liquido in prossimità della
finestra ovale causa un avvallamento nella membrana
cocleare, simile alla pizzicatura di una corda. Ciò
determina l’innesco di un’onda vibrazionale lungo la
membrana basilare che si allontana in direzione
dell’elicotrema” (A. Frova)
. al raddoppio della frequenza (f2=2f1) i tratti della membrana
basilare che entrano in risonanza subiscono un avvicinamento
costante alla finestra ovale per una porzione di circa 3,5~4,0 mm;
si constata quindi che alla sollecitazione di tratti di lunghezza
costante della membrana basilare faccia riscontro un rapporto
costante tra le frequenze che identificano gli estremi
dell’intervallo, ovvero
ΔLmembrana basilare = Log (f2/f1)
. la frequenza di risonanza della membrana basilare è pari a quella propria di un oscillatore armonico
f0 = 1/2π (k/m)1/2 con k costante elastica e m massa della membrana basilare
http://fisicaondemusica.unimore.it/Fisiologia_del_sistema_uditivo.html
. Teoria posizionale (-> von Helmholtz): “suoni di differente frequenza mettono in moto regioni diverse della
membrana basilare”; la vibrazione del fluido organico che riempie la cavità cocleare innescata dal movimento
della finestra ovale si trasferisce lungo la membrana basilare che ha un’oscillazione massima in posizioni
diverse per ciascuna frequenza. La membrana basilare opera quindi una discriminazione del tono
fondamentale del suono, entrando in risonanza dove le proprie caratteristiche di rigidezza e massa lineare le
consentono la massima vibrazione in relazione alla frequenza del suono in ingresso; i limiti di udibilità si
hanno per l’impossibilità della membrana basilare di entrare in oscillazione
http://fisicaondemusica.unimore.it/Fisiologia_del_sistema_uditivo.html#fisiologia_della_percezione_dell.27altezza
. Teoria della periodicità: “la sensazione di altezza del suono viene prodotta ... mediante un'analisi temporale
del suono e in particolare della frequenza di ripetizione con cui i segnali del nervo uditivo arrivano al cervello”;
la frequenza del suono percepito è ricollegabile alla numerosità degli impulsi nervosi generati dalla
sollecitazione delle cellule ciliate; il cervello è in grado di riconoscere la periodicità della stimolazione in
relazione alla numerosità di fibre nervose del nervo uditivo cui corrispondono i recettori ciliati posti sulla
membrana basilare.
. la teoria della periodicità è in grado di interpretare l’attitudine dell’orecchio a discriminare suoni molto
ravvicinati nel tempo e di frequenza diversa (in particolare alle alte frequenze), per la cui percezione, secondo
la teoria posizionale, sarebbe necessario un rapido smorzamento della membrana basilare e
conseguentemente una oscillazione molto marcata.
. la teoria della periodicità è stata contraddetta (-> von Bekesy) dall’osservazione sperimentale che ha messo
in evidenza come la periodicità del suono non coincida con la periodicità della stimolazione delle singole
cellule ciliate; queste, aggregate in singoli tratti di membrana basilare, riproducano solo globalmente la
frequenza del suono (-> pattern di impulsi, piuttosto che singoli impulsi)
SENSIBILITA’ UDITIVA
. le frequenze udibili nell’apparato uditivo nell’uomo risultano comprese, per i suoni puri, tra i 20 e i 20.000
Hz; la sensibilità uditiva varia al variare della frequenza e risulta maggiore per frequenze comprese tra 3000 e
4000 Hz
. l’orecchio umano è in grado di percepire intensità sonore di livello molto basso (-> soglia di udibilità pari a
10-12 W/m2) e molto elevato, variando, in relazione all’intensità sonora, la propria sensibilità in frequenza
. la costruzione delle curve del diagramma di Fletcher-Munson (-> Phon, curve isofoniche, ottenute come
media sperimentale di prove su soggetti dall’udito sano) è condotta unendo i punti che, per uno stimolo
sonoro alle varie frequenze, dia un’uguale sensazione soggettiva di volume sonoro - curve di “isosensazione”;
il diagramma di Fletcher-Munson riporta in ordinata i livelli di SPL, ovvero di intensità sonora oggettiva in dB,
mentre in ascissa le frequenze in Hz espresse in scala logaritmica
es. ascolto di toni puri 55,110,220...Hz con uguale intensità ma percepiti a livello progressivamente crescente
http://fisicaondemusica.unimore.it/Percezione_dell_altezza.html#gli_intervalli_musicali
Il numero dei Phon misura l’andamento della sensazione soggettiva di intensità al variare della frequenza e
dell’intensità fisica del suono; le curve indicano quindi qual è l’intensità fisica del suono affinché resti
costante l’intensità soggettiva del suono.
Diffrazione della testa
Risonanza canale auricolare
. le curve di Fletcher-Munson sono costruite a partire da un suono di riferimento (es. 1000 Hz) riprodotto a un
determinato livello di pressione sonoro (es. 40 dB); riproducendo un secondo suono con frequenza diverse e
variando la relativa intensità sonora fino ad ottenere una uguale sensazione uditiva rispetto al suono di
riferimento (1000 Hz/40 dB) è possibile descrivere le curve di isosensazione; le curve costituiscono una
relazione tra percezione soggettiva ugualmente intensa (sensazione uditiva) e intensità sonora oggettiva
(stimolo sonoro)
. per convenzione ad un suono puro di 1000 Hz prodotto con un livello di intensità di 40 dB corrisponde un
livello soggettivo di sensazione di 40 dB Phon, per un livello di intensità di 50 dB un livello di sensazione di 50
Phon, … ecc.
. relazione tra livelli di pressione sonora (dB) e frequenza (Hz) per alcune delle più note funzioni uditive
. alcuni livelli sonori massimi di alcuni strumenti
musicali e range dinamico
nb: si ricorda che
Lp= 20 Log p/p0
= 10 Log p2/p20
≈ 10 Log I/I0 = LI
. la tessitura Del brano eseguito è responsabile
del decremento di intensità sonora
es.: un trombettista riesce a produrre un’escursione dinamica tra un pp e un fff pari a 12 dB; se l’intensità
sonora del fff Ifff = n·Ipp, sarà Lfff =Lpp + 12 dB, segue che 12=10Log Ifff/I0 - 10Log Ipp/I0 =10Log Ifff/Ipp=10Logn;
segue quindi che n=1012/10=15,8, ovvero Ifff risulterà 15,8 volte più forte di Ipp
EFFETTI DEL RUORE SUL SISTEMA UDITIVO
. l’orecchio è in grado di attivare una protezione contro volumi sonori eccessivamente elevati (> 85 dB il
sistema muscolare uditivo irrigidisce la catena degli ossicini ed allontana la staffa dalla finestra ovale. Il
sistema impiega 40 ms per reagire alla sollecitazione esterna, diventando attivo solo dopo 150 ms; è quindi
inefficiente nei confronti di impulsi sonori improvvisi)
. l’innalzamento della soglia di percezione uditiva può essere dato
dall’esposizione ad un livello sonoro elevato per un tempo prolungato;
l’esposizione comporta una perdita temporanea di sensibilità
(STS,Temporary Threshold Shift) ed un conseguente periodo di
recupero fisiologico, tanto più prolungato quanto più è stata
prolungata l’esposizione e il suo relativo livello sonoro
L’affaticamento uditivo (STS) si misura a 2 minuti dal cessare della
sollecitazione ed ha le seguenti caratteristiche:
- può durare per un max di 16h;
- per toni puri < 70 dB, non si ha alcun effetto di STS
- per toni puri 80~90 dB il STS riguarda lo stesso tono e/o toni vicini
- per toni > 90 dB, STS riguarda toni della stessa ottava e delle ottave
inferiore e superiore
- per stimolazioni in banda larga, STS è massimo alle frequenze 35004000 Hz
-STS raggiunge il massimo valore dopo 2h di esposizione; il recupero è
proporzionale al logaritmo del tempo
http://www.sfu.ca/sonic-studio/handbook/Threshold_Shift.html
. le valutazioni relative al rumore possono essere relative a pressione sonora (dB), durata (s), composizione
spettrale del rumore (Hz); gli effetti del rumore sull’uomo possono essere catalogati in:
- danni, se provocano alterazioni psico-fisiche permanenti;
- disturbi, se provocano alterazioni psico-fisiche temporanee;
- sensazioni acustiche fastidiose, quando provocano sensazioni di sconforto tale da generare nel
soggetto un giudizio acustico negativo sull’ambiente.
. la perdita della sensibilità uditiva, legata alla diminuzione del numero di cellule ciliate dell’organo del Corti,
si verifica fisiologicamente con l'avanzare dell'età (presbiacusia o sordità senile) o può essere causata
dall’esposizione prolungata a livelli sonori elevati; è caratterizzata da una diminuita capacità di percezione
alle varie frequenze dei suoni di livello di intensità più debole
. rispetto alla curva di sensibilità uditiva normale (-> soglia di udibilità nel diagramma di Fletcher-Munson) si
determina uno spostamento della stessa curva verso l'alto.
CONSONANZA vs DISSONANZA
. pur se il concetto di consonanza rappresenta anche una qualità percettiva dell’ascolto e come tale non
possa essere definito in maniera univoca, è utile richiamare alcune definizioni:
- per i Greci le armonie consonanti coincidevano con
accordi tra 2 suoni la cui relazione poteva essere
espressa con il rapporto tra le rispettive lunghezze
della corda vibrante esprimibile con piccoli numeri
interi (1:2:3:4); le armonie fondamentali del sistema
musicale greco coincidevano con gli intervalli di I, IV,
V, VIII. La consonanza degli accordi era avvalorata
dalla considerazione che la somma dei primi numeri
naturali era anche pari a 10, nella concezione dei
pitagorici il numero all’origine del mondo (“Il 10 è
responsabile di tutte le cose, fondamento e guida sia
della vita divina e celeste, sia di quella umana; Filolao)
http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/APPUNTI/TESTI/Gen_02/Cap4.html
- H. von Helmholz propose che la ragione della dissonanza di un accordo potesse essere ricercata nella
condizione per cui si vengano a creare battimenti tra i parziali armonici dei 2 suoni (30≈40/secondo),
essendo invece tanto più consonante tanto più coincidono i parziali armonici.
nb: Il criterio di Helmoltz è avvalorato dalla constatazione che il grado di consonanza (dissonanza) risulta
molto evidente per suoni emessi da strumenti musicali ricchi di componenti armoniche (es. pf, violino, ..)
- Plomp e Levelt (1965) proposero il criterio per cui quando due suoni stanno all’interno della banda critica
sono sicuramente dissonanti, viceversa se si situano al di fuori; la massima dissonanza si ha per differenze
di frequenze pari a 1/4 della banda critica
- la definizione “dell’indice di consonanza” di un intervallo tra 2 suoni (A. Frova, 1999) considera il rapporto
tra le frequenze, evidenziando che più il rapporto è piccolo maggiore è la consonanza (-> armonia
pitagorica), grazie alla maggiore coincidenza di parziali armonici; in questa concezione la consonanza
deriverebbe dalla parziale coincidenza dei punti di eccitazione della membrana basilare e
conseguentemente una medesima sollecitazione delle reti neuronali. La “forza consonante” di un accordo
(Icons) è ottenuta sommando i parziali armonici comuni nelle 2 serie armoniche e determinandone il loro
“peso” inversamente alla loro posizione rispetto ai suoni fondamentali (es.: se f1=1, f2=1/2, f3=1/3 ... ecc.);
in termini generali, dato un intervallo tra 2 suoni il cui rapporto tra le fondamentali sia m/n,
Ic= (m+n)/mn
Si individuano quindi tre regioni di forza consonante:
-consonanza perfetta
0,58 (quarta, 4/3) < Ic < 2 (unisono, 2/1)
-non consonanza
0,21 (seconda, 10/9) < Ic < 0,53 (sesta magg., 5/3)
-dissonanza
0,13 (semitono, 16/15) < Ic < 0,19 (settima magg., 15/8)
http://fisicaondemusica.unimore.it/Consonanza_e_dissonanza.html
I PITAGORICI
. il sistema musicale greco, nella concezione pitagorica, si basa sullo studio del monocordo con il quale si
verificò che l’altezza del suono risulta inversamente proporzionale alla lunghezza della corda vibrante (L); un
ponticello scorrevole consentiva di individuare suoni ad altezza crescente, a parità di tensione e densità
lineare della corda.
1- l’altezza del suono è inversamente proporzionale alla porzione (L) di corda vibrante
2- presi rapporti uguali tra i tratti di corda vibrante, corrispondono alla percezione di intervalli musicali di
uguale ampiezza
es. LSOL/LDO= 2/3
intervallo di V giusta
L
Se la velocità ω di propagazione della perturbazione meccanica sulla corda vibrante [*] è costante al variare
della lunghezza del tratto di corda che oscilla(L), la frequenza (f) del suono fondamentale del tratto vibrante è
f=ω/λ; essendo, nel caso delle corde, λ=2L, se ne ricava che
f = (1/2L)
nb: la velocità di propagazione della perturbazione meccanica lungo la corda è pari a ω = (T/δ)1/2, con T
tensione della corda e δ densità lineare della corda (-> la velocità ω non deve essere confusa con la velocità c
del suono nell’aria). La velocità lungo la corda non è costante per ogni frequenza: maggiore è la frequenza,
minore è la velocità di propagazione (è necessaria una maggiore deformazione della corda); analogamente
per i suoni di forte intensità rispetto ai suoni deboli
. la consonanza per i Greci è data da 2 suoni (accordo diadico) la cui lunghezza della corda vibrante relativa
sta in rapporto di piccoli numeri interi
. VIII 2:1 (diapason)
.V
3:2 (diapente)
. IV
4:3 (diatessaron)
 = 2L
Do 1


L
Sol 2
Do 2
=L
= 2/3 L
Corda Sol 2
L
Corda Do 2
L
Corda Do 1
Alle “armonie” greche Tolomeo aggiunse i rapporti di 4:5 (III magg.) e 3:5 (VI magg.)
. la somma di intervalli musicali si ottiene con il prodotto tra i rapporti che si instaurano tra le lunghezze della
corda vibrante relativa al suono rispetto al suono fondamentale
L/2
(3/4) 2/3 L
2/3 L
L
es.
un intervallo di V (LF2=2/3LF1) + un intervallo di IV (LF3=3/4LF2)
-> LF3 = [(4/3) x (3/2)] LF1 = 1/2 LF1
un intervallo di IV (LF2=3/4LF1) + un intervallo di IV (LF3=3/4LF2)
-> LF3 = [(4/3) x (4/3)] LF1 = 16/9 LF1
. il sistema musicale greco, individuati i suoni intermedi dell’intervallo di VIII (cfr. in seg.), era fondato sulla
giustapposizione di 2 tetracordi discendenti; i tetracordi potevano essere disgiunti da un intervallo di tono (T)
detto diazeuxis o congiunti; la combinazione dei tetracordi (congiunti e disgiunti) avveniva secondo
Aristosseno (IV sec. a.C.) nel “grande sistema perfetto” (Teleion)
. la suddivisione dei tetracordi in intervalli più piccoli
poteva essere variabile (le combinazioni di genere erano
la diatonica, cromatica, enarmonica; solo la diatonica,
ovvero T-T-ST è sopravvissuta) fermo restando i suoni
degli estremi
Nb: le scale greche – discendenti, per l’esecuzione sulla lira che aveva le corde più gravi più vicine
all’esecutore - si distinguevano per individuare in maniera diversa la nota di inizio nel “grande sistema
perfetto”, mantenendo le stesse distanze intervallari così come la posizione della separazione tra i tetracordi
(diazeuxis); la successione dei suoni conseguenti individuava scale differenti
. il medio evo, con il canto gregoriano, riprende la
tradizione musicale greca invertendo l’andamento delle
scale (da discendente ad ascendente) ed individuando
diversi tipi di scala (modi) in relazione alla nota iniziale. I
modi si distinguevano in autentici e plagali: il modo
autentico era costituito da una 5.a + 4.a sopra la nota
finalis, il modo plagale da una 4.a sotto e una 5.a sopra la
nota finalis. altrettante scale relative, a partire da una 4.a
sotto (modi plagali); particolare importanza all’interno
della scala acquistò anche la nota repercussio, ovvero il
quinto grado del modo autentico, il sesto grado del
modo plagale.; il sistema dei modi autentici e plagali era
detto oktoechos
Nel XVI secolo il teorico Glareano nel
“Dodekachordon” riprende i quattro modi
autentici del gregoriano aggiungendone altri
e creando un sistema completo di 7 modi,
ciascuno dei quali con una tonica diversa in
base alle sette note musicali. Sostenendo di
far risalire questo sistema alla musica della
Grecia antica, Glareano ha assegnato a
ciascuno dei modi il nome di una regione
dell’antica Grecia.
. scale riconducibili al modo maggiore:
-scala romana
- scala araba
-scala orientale magg.
-scala enigmatica
-scala di Skrjabin
. scale riconducibili al modo maggiore:
-scala bachiana
-scala minore napoletana
-scala orientale minore
. altre scale
-scala cromatica
-scala esatonica
-scala pentatonica
-scala blues
SCALA PITAGORICA
. la scala musicale dei pitagorici fu costruita utilizzando solo i rapporti tra le consonanze di V (diapente) e VIII
(diapason); i suoni che identificavano i gradi intermedi dell’VIII furono ottenuti dividendo il monocordo con
successivi rapporti di V (-> se L1 produce il suono fondamentale f, Ln = (2/3)n-1L1), riportando poi i suoni
individuati all’interno della prima VIII mediante successive duplicazioni dei tratti di corda vibrante (Ln=2Ln+1)
Ricordando che la frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda vibrante (f = 1/2L) è
possibile scrivere le relazioni tra i suoni della scala riportati alla stessa VIII in funzione delle frequenze
rispettive
L/LDO1
f/f DO1
DO1
1
1/1
DO1 -> SOL1
2/3
3/2
diapente
DO1 -> RE2
(2/3)2 x 2
9/8
tono
DO1 -> LA2
(2/3)3 x 2
27/16
DO1 -> MI3
(2/3)4 x 4
81/64
DO1 -> SI3
(2/3)5 x 4
243/128
DO1 -> FA-1
(2/3)-1 x 1/2
4/3
diatessaron
1/2
2/1
diapason
DO2
nb: il Fa è ottenuto dal DO1, come suono situato ad una 5.a pura al di sotto, riportato all’VIII di riferimento
mediante dimezzamento della lunghezza della corda vibrante (-> LFA = (3/2)LDO) x 2)
. la successione dei suoni individuati con il sistema pitagorico nell’VIII era la seguente
Do
Re
9/8
Mi
9/8
256/243
Fa
Sol
9/8
La
9/8
Si
9/8
Do
256/243
. il procedimento dava però luogo a evidenti incongruenze: potendosi iterare più volte fn=(3/2)n, la nota
fondamentale a distanza di 7 ottave non coincideva con quella derivante dall’iterazione per 12 volte del
procedimento di quinta; se
Si7# =(3/2)12 DO1 ≠ 27DO1= DO8
ovvero 129,74 ≠ 128
La differenza tra la frequenza ottenuta con l’iterazione di V e di VIII (129,74/128 ≈ 1,0136 ...) è detta Comma
Pitagorico (CP) pari a circa 1/8 di tono temperato, poteva essere riscontrata tra tutti i suoni enarmonici (Do#Reb; Mib-Re#; ...); per questa differenza la scala pitagorica non può mai considerarsi chiusa.
. riportando all’interno della una VIII tutti i suoni individuati con il metodo delle V, l’intervallo di tono (9/8)
era suddiviso in tre parti, due Limma (L = 256/243) e un comma pitagorico (CP=129,74/128); l’unione di un
limma e un comma pitagorico dava luogo a un “apotome” (A), caratterizzato dal rapporto di A= 2187/2048 =
1,0678...
es. l’intervallo DO1#/DO1 (= apotome) DO5#/DO1=(3/2)7 -> DO#1/DO#5=(1/2)4
-> Do1#/Do1= (3/2)7x (1/2)4= 2187/2048 =1,0678
. la complessità dell’intonazione del sistema musicale pitagorico era ulteriormente aggravata dalla mancanza
coincidenza tra il MI (III grado della scala) ricavato come unione di due toni pitagorici (9/8 x 9/8= 81/64) e il
MI individuato come rapporto naturale tra le frequenze di 5/4
f2=5/4 f1
f1
f'2=81/64 f1
Tale incongruenza produceva una differenza tra il MI pitagorico (81/64) e il MI naturale (5/4) pari a un piccolo
intervallo, il “comma sintonico” (noto anche come comma di Didimo, CD), identificato dal rapporto
CD=81/80 = 1,0125
Nb: volendo quantificare le incongruenze dell’intonazione del sistema pitagorico (CP, L, CD) al sistema
temperato secondo la suddivisione dell’VIII in 1200 Cent (A. Ellis, 1880), ricordando che
n. Cent=1200 Log10(R)/Log10(2), risulta
CP= 1200 Log10 (129,74/128)/ Log102 ≈23,5 Cent
L = 1200 Log10(256/243) / Log102 ≈ 90 Cent
A =1200 Log10 (2187/2048) / Log102 ≈ 114 cent
CD = 1200 Log10(81/80) / Log102 ≈ 21,5 Cent
http://fisicaondemusica.unimore.it/Scala_pitagorica.html
SCALA ZARLINIANA
. il progressivo affermarsi del sistema tonale nel ‘500, e con esso l’armonia tonale basata sul frequente
utilizzo della “triade perfetta maggiore” (DO-MI-SOL) come accordo autonomo, non come il risultato
dell’incontro di linee melodiche, indusse l’uso sistematico di questo accordo (f1-5/4f1-3/2f1), sostituendo
progressivamente l’accordatura pitagorica degli strumenti musicali con altra basata sull’intonazione di
intervalli di III naturali (IIIMaggiore=5/4 f1 e IIIminore= 6/5 f1 )
. per superare le incongruenze riscontrate nell’intonazione pitagorica, G. Zarlino nella seconda metà del ‘500
propose l’uso di una scala in cui le triadi costruite sui toni principali della scala (I, IV e V grado) fossero triadi
perfette maggiori, ovvero costruite sulla base di sovrapposizione di III naturali
(-> 4:5:6 per le triadi maggiori; 10:12:15 per le triadi minori)
Il modello di scala Zarliniana fu definita
fsuono/fDO1
DO
RE
MI
FA
SOL
LA
SI
DO
1
9/8
5/4
4/3
3/2
5/3
15/8
2
9/8
10/9
16/15
9/8
10/9
9/8
16/15
Gli intervalli tra le note contigue della scala erano il Tono grande (9/8), il Tono piccolo (10/9) e il Semitono
diatonico piccolo (16/15)
Il sistema zarliniano generava i seguenti intervalli
(in grassetto gli intervalli che hanno “ampiezza” unica; negli altri casi hanno sempre due valori)
- II maggiore grande (9/8 tra Do-Re, Fa-Sol, La-Si)
- II maggiore piccola (10/9 tra Re-Mi, Sol-La)
- II minore piccola (16/15 tra Mi-Fa, Si-Do)
- III maggiori pure (5/4 tra Do-Mi, Fa-La, Sol-Si)
- III minori grandi (6/5 tra Mi-Sol, La-Do, Si-Re)
- III minori piccole (32/27, tra Re-Fa)
- IV giuste (4/3 tra Do-Fa, Re-La, Mi-La, Sol-Do, Si-Mi)
- IV grandi (27/20 tra La-Re)
- V giuste (3/2 tra Do-Sol, Mi-Si, Fa-Do, Sol-Re, La-Mi)
- V piccole (40/27 tra Re-La)
- VI maggiori piccole (5/3 tra Do-La, Re-Si, Sol-Mi)
- VI maggiori grandi (27/16 tra Fa-Re)
- VI minori pure (8/5 tra Mi-Do, La-Fa, Si-Sol)
- VII maggiori grandi (15/8 tra Do-Si, Fa-Mi)
- VII minori grandi (9/5 tra Mi-Re e La-Sol)
- VII minori piccole (16/9 tra Re-Do, Sol-Fa, Si-La)
Le incongruenze di questa scala consistevano
- le V e le IV non erano tutte pure (-> RE/LA= 40/27)
- esistenza di 2 diversi toni interi, il tono grande (9/8, Do/Re, Fa/Sol,La/Si) e il tono piccolo (10/9, Re/Mi e
Sol/La), la cui distanza era rappresentata da un comma sintonico, 81/80, ovvero (9/8)/(10/9)
nb: l’esistenza di un tono piccolo era
determinata dall’esigenza di ricongiungere
il RE, pari a 9/8 DO, al MI puro, pari a 5/4
DO; si ha infatti (5/4)/(9/8)=10/9;
conseguentemente anche il semitono
diatonico tra MI e FA nella scala zarliniana
risultava più largo di un comma sintonico
rispetto a quello pitagorico, ovvero
(16/15)/(256/243)=81/80)
. conseguenza diretta della presenza di toni di larghezza diversa era poi rappresentata, con riferimento alle
alterazioni cromatiche (# e b), dalla presenza di un semitono cromatico pari a 25/24 (sia ascendente es. DODO#, sia discendente es. RE-REb), un semitono diatonico grande pari a 27/25 (es. DO#-RE) e un semitono
diatonico piccolo pari a 16/15 (es. RE#-MI); la differenza tra semitono diatonico grande e piccolo era pari a un
comma sintonico (27/25)/(16/15) = 81/80; il sistema zarliniano dava luogo a grossi problemi negli strumenti
ad intonazione fissa (organo, cembalo,..) che, nel caso di cambio di tonalità, avrebbero dovuto essere
riaccordati
(-> l’intervallo tra II e III grado in DO mag.
RE-MI non coincideva con quello tra le
stesse note in RE mag., ...)
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TEMPERAMENTO EQUABILE
. nel temperamento equabile (“MusiKalische Temperatur”, 1691) nessun accordo tranne quello di ottava (2/1)
risulta naturale ma tale sistema consente di trasportare la musica in ogni tonalità (suono della scala)
mantenendo costanti i rapporti reciproci tra le note, dando massima libertà espressiva al compositore di
modulare da una tonalità all’altra senza incorrere in successioni armoniche dissonanti.
. con il temperamento equabile il rapporto di ottava 2/1 viene suddiviso in 12 intervalli di semitono ad
ampiezza costante, secondo la seguente relazione:
(fn+1)/fn= 2(1/12)
. il rapporto pari a 1,059... (= (2)1/12) rappresenta il numero (costante) che moltiplicato per la frequenza di un
suono fornisce quella del suono successivo a distanza di un semitono equabile (-> i semitoni cromatici e
diatonici sono coincidenti)
. l’intonazione temperata risultante è ovviamente lievemente dissonante rispetto agli intervalli naturali, in
particolare:
- le terze maggiori risultano crescenti (+14 cent)
- le terze minori sono calanti (-16 cent)
- l’accordo perfetto maggiore è dato dai rapporti
4 : 5,040 : 5,99 (non da 4:5:6)
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http://fisicaondemusica.unimore.it/Paragoni_tra_le_diverse_scale.html