Brunangelo Falini "La classificazione molecolare delle neoplasie

Brunangelo Falini "La classificazione molecolare delle neoplasie acute mieloidi" - 9 Maggio 2013 ore 13.00
Brunangelo Falini , Ordinario di Ematologia, Università di Perugia
"La classificazione molecolare delle neoplasie acute mieloidi"
La leucemia acuta mieloide (LAM) è dal punto di vista molecolare una malattia estremamente
eterogenea.Questa eterogeneità genomica sta alla base delle differenze che si osservano nel
quadro di presentazione clinica, nella risposta alla terapia e nella prognosi di questa forma
leucemica. Pertanto, nel tentativo di personalizzare al massimo la strategia terapeutica, la
citogenetica e FISH sono state utilizzate per suddividere i pazienti con LAM in tre categorie
prognostiche: 1) favorevole, caratterizzata dalla presenza di alcune alterazioni citogenetiche
ricorrenti, tra cui la t(15;17); la t(8;21) e l' inv(16); 2) intermedia, che include in prevalenza i
pazienti con LAM a cariotipo normale; e 3) sfavorevole, che comprende i casi di LAM a
cariotipo complesso o monosomico. Più recentemente, vari tipi di studi tra cui il
sequenziamento globale del genoma leucemico, hanno permesso di ampliare le nostre
conoscenze sul background molecolare della LAM a cariotipo normale che rappresenta quasi il
50% di tutti i casi di LAM. Le alterazioni genetiche che solitamente si associano a questa
particolare forma leucemica sono le mutazioni. La mutazione più frequente, scoperta dal nostro
gruppo nel 2005, è quella del gene NPM1 (nucleofosmina) (circa 60% di LAM a cariotipo
normale) che codifica per una proteina multifunzionale a localizzazione nucleolare. Seguono, in
ordine di frequenza, le mutazioni dei geni FLT3 e DNMT3A che sono riscontrabili in circa il 30%
di LAM a cariotipo normale. Tutte queste mutazioni portano alla deregolazione di geni che
normalmente controllano importanti funzioni cellulari, tra cui il trasporto nucleo-citoplastico
(NPM1), le vie del segnale critiche per la proliferazione e sopravvivenza delle cellule staminali
emopoietiche (FLT3), e i meccanismi epigenetici (DNMT3A), giocando così un ruolo chiave nel
meccanismo di trasformazione leucemica. Oltre al suo indubbio significato biologico, la scoperta
delle mutazioni dei geni NPM1, FLT3 e di un altro gene denominato CEBPA, ha avuto delle
immediate ricadute sul piano clinico. Infatti, la ricerca di queste mutazioni permette di stratificare
i pazienti con LAM a cariotipo normale in categorie a diversa prognosi, permettendo così di
personalizzare la terapia. Per esempio, di decidere, sulla base di questi studi molecolari, quali
siano i pazienti eligibili per la sola chemioterapia e quali invece richiedano un trapianto
allogenico di cellule staminali emopoietiche. L' impiego di tecniche di PCR quantitativa per
identicare i mutanti NPM1 leucemici offre anche l’ opportunità di valutare la malattia minima
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residua in circa un terzo dei casi di LAM e di intervenire precocemente con la terapia di
salvataggio, prima della recidiva ematologica. Inoltre, è prevedibile che l' identificazione di nuovi
meccanismi di leucemogenesi mediati da queste mutazioni permetterà in futuro di sviluppare
nuovi farmaci anti-leucemici intellligenti diretti contro le varie lesioni molecolari.
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