Trattamento profilattico delle degenerazioni retiniche regmatogene ed il trattamento dell’occhio adelfo Pietro Melani, Roberto Volpe, Vanni Borgioli Introduzione La conoscenza della normale anatomia del vitreo e della retina periferica è essenziale per poter riconoscere e trattare correttamente le alterazioni della retina potenzialmente pericolose. Infatti non tutte le lesioni periferiche sono predisponenti al distacco di retina e un loro errato trattamento può risultare controproducente; evidenze cliniche e scientifiche sull’utilità del trattamento laser esistono solo per alcune lesioni periferiche (1-3). Una corretta anamnesi del paziente è ugualmente importante nell’indirizzare l’eventuale trattamento : la presenza di sintomi come fotopsie, miodesopsie o deficit del campo visivo sono decisivi per una adeguata profilassi e gestione del paziente. Lo scopo del presente capitolo è di prendere in considerazione come identificare i pazienti a rischio di distacco di retina, come analizzare i sintomi di distacco acuto di vitreo per definire e trattare rotture retiniche significative, e come gestire adeguatamente i pazienti ad alto rischio; in questa analisi ci siamo ispirati alle Preferred Practice Pattern (PPP), linee guida pubblicate nel 2003 dall’American Academy of Ophthalmology, che indicano in linea di massima il comportamento da tenere per una adeguata profilassi del distacco di retina. Ogni caso e la conseguente scelta del trattamento deve essere comunque valutato tenendo in considerazione i fattori di rischio e tutte le variabili del singolo paziente. Cenni di anatomia-ruolo del vitreo La base del vitreo è una zona ampia circa 3-6 mm che ricopre l’ora serrata (giunzione fra retina e corpo ciliare), in cui la corteccia vitreale è fortemente adesa all’epitelio della pars plana ed alla retina periferica. Questa zona vitreale è particolarmente ricca di fibrille collagene che si interdigitano e aderiscono come un “velcro” (fig.1) alla membrana basale delle cellule retiniche e dell’epitelio ciliare; un altro punto di forte aderenza è intorno ai margini del nervo ottico: evidenza clinica di tale adesione si ha in presenza di un distacco posteriore di vitreo in cui si rende visibile un anello di tessuto addensato separatosi dalla testa del nervo ottico (anello di Weiss); una adesione più debole può essere presente anche ai margini della fovea ed intorno ai vasi retinici. Oltre alle aderenze fisiologiche possono esserci delle aderenze patologiche in corrispondenza di aree di degenerazione tipo lattice, a livello dei tufts retinici o di certe cicatrici corioretiniche, incluse le aree di fotocoagulazione. Le adesioni anomale sono di solito responsabili della formazione di rotture retiniche causate da trazioni occorse in occhi con distacco posteriore di vitreo acuto. Una trazione vitreale che agisca in zone di significativa aderenza vitreo-retinica è responsabile della maggior parte delle rotture che producono un distacco di retina. Con l’invecchiamento il gel vitreale va incontro a processi di degenerazione e liquefazione che portano progressivamente al distacco posteriore di vitreo, evenienza presente nel 2730% dei soggetti tra 60 e 69 anni e nel 63-65% oltre i 70 anni (4). Condizioni comunemente associate ad un rischio maggiore includono miopia elevata, patologie vitroretiniche degenerative ereditarie e non, traumi chirurgici e non, infiammazioni oculari (5). Il distacco posteriore di vitreo rappresenta il primum movens di molte rotture che possono condurre al distacco di retina regmatogeno. Lesioni della periferia retinica Dai cenni di anatomia si comprende immediatamente come la base vitreale rivesta un significato clinico fondamentale, poiché è la principale regione anatomica in cui si manifestano diversi processi patologici che possono essere alla base della formazione di un distacco di retina regmatogeno: presenta un’ampia varietà di alterazioni di sviluppo, di degenerazioni e di reperti relativamente poco importanti da un punto di vista clinico ma che talora possono confondere l’esaminatore e che devono perciò essere riconosciuti e distinti da lesioni regmatogene più importanti, così da non essere sottoposti ad un trattamento profilattico non necessario. Per facilitare l’inquadramento e dare delle nozioni pratiche di comportamento clinico abbiamo deciso di presentarle come segue : Lesioni e anomalie periferiche non-regmatogene Precursori del distacco di retina regmatogeno Tabella 1. Correlazione fra lesioni retiniche periferiche e distacco di retina (13) Lesioni Prevalenza negli adulti Associazione con distacco Pieghe meridionali 26 Molto rara Baie incluse dell’ora 6 Molto rara Degenerazione cistoide 100 0 Degenerazione pavimentosa 22 0 Bianco con pressione comune 0 Degenerazione a lattice 8 2-4 Tufts retinici cistici 5 0.28 Retinoschisi senile 7 0.05 Lesioni e anomalie periferiche non regmatogene Si tratta di una serie di anomalie e degenerazioni con scarsa tendenza ad evolvere verso un distacco di retina (tab.1); devono essere comunque perfettamente conosciute e poste in diagnosi differenziale con le lesioni regmatogene, per poter impostare correttamente un eventuale trattamento laser profilattico: Pieghe meridionali. Sono delle variazioni congenite di sviluppo caratterizzate da una elevazione lineare di tessuto retinico orientato radialmente ed allineato ad un processo dentato dell’ora serrata; si riscontrano nel 26% della popolazione e nel 55% dei pazienti sono bilaterali(6); non hanno alcuna relazione con il distacco regmatogeno e non richiedono mai trattamento profilattico. Baie incluse dell’ora. Anomalia congenita di sviluppo che consiste in una isola di epitelio non pigmentato isolato dal resto della pars plana (6); si associa spesso ad una piega meridionale, non presenta tendenza evolutiva, la sua importanza clinica è legata al fatto che può essere simile nell’aspetto ad un foro retinico dal quale si differenzia comunque per il colore e la trama che corrispondono a quelli dell’adiacente pars plana. Degenerazione cistoide. Lesione degenerativa assai frequente caratterizzata dalla presenza di cavità intraretiniche multiple di piccole dimensioni senza parete propria, situate posteriormente all’ora serrata; appaiono in oftalmoscopia come un’area grigia in periferia. Il distacco posteriore di vitreo non sembra determinare alcun effetto su queste aree di degenerazione anche quando si estende anteriormente fino a coinvolgerle; la retina interessata non sembra essere più debole o più soggetta a rotture (7). Degenerazione pavimentosa. Aree di atrofia corioretinica ben delimitate e piatte di colore bianco-giallastro in cui si possono identificare i vasi coroideali; sono spesso multiple e presenti in circa il 22% della popolazione adulta, con maggior incidenza nel settore temporale inferiore; sono spesso bilaterali e simmetriche, col tempo tendono ad ingrandirsi e confluire. Clinicamente non presentano alcun tipo di rischio per la funzione visiva e non richiedono mai un trattamento profilattico. Bianco con pressione. Si tratta di un tipico aspetto opalescente della retina periferica che si può osservare in molti occhi normali quando vengono esaminati con la depressione sclerale; può rilevarsi in qualsiasi parte del fondo, spesso a livello della regione equatoriale; a volte può presentare al suo interno un’isola di aspetto normale, che deve essere differenziata da un foro retinico. Il bianco con pressione è un’affezione benigna e non è associato a rotture della retina periferica (8). Esiste anche un aspetto bianco della retina periferica che è visibile anche senza indentazione il cosiddetto “bianco senza pressione”, che può essere associato ad altre lesioni come la degenerazione a palizzata, la retinoschisi senile, aree con chiazze bianche superficiali ecc; anch’esso non rappresenta il precursore di alcuna malattia retinica. Una possibile eccezione è costituita dalla associazione tra bianco senza pressione e rotture giganti della retina. Freeman ha notato, infatti, una elevata associazione di tale lesione a livello della base vitreale nell’occhio adelfo alla rottura gigante (40% dei casi). In oltre la metà di questi casi l’autore ha poi descritto la progressione verso una rottura. Per questa ragione ha proposto un trattamento profilattico dell’occhio adelfo quando appare presente il “bianco senza pressione”(9). Retinoschisi senile. La retinoschisi senile è un processo degenerativo intraretinico che comincia a livello dello strato plessiforme esterno e nucleare interno, con accumulo molto graduale di una sostanza viscosa contenente mucopolisaccaridi acidi; il processo avanza finchè la retina coinvolta risulta completamente separata in due strati degenerati con perdita della funzione visiva dell’area coinvolta; Byer (10) in uno studio sulla storia naturale della patologia ha descritto una prevalenza del 3,7% nei soggetti di età superiore ai 10 anni e del 7% in quelli di oltre i 40 anni. Da un punto di vista clinico si presenta come una lesione sollevata periferica con un bordo posteriore convesso ed uno anteriore che si estende fino all’ora serrata; la superficie retinica di solito sembra normale, ma frequentemente mostra vasi bianchi o aree con numerose chiazzette bianche superficiali; importante risulta essere la diagnosi differenziale con il distacco di retina: la retinoschisi è tipicamente uniformemente convessa e appare “turgida” come la superficie esterna di un pallone, mentre la superficie di un distacco di retina regmatogeno appare di solito irregolare con pieghe o ondulazioni; a differenza del distacco di retina sotto indentazione entrambi i foglietti e lo spazio frapposto contenente fluido tendono a muoversi verso l’interno come una singola unità; altro aspetto utile per la diagnosi differenziale è l’osservazione che spesso le lesioni sono bilaterali con una discreta simmetria di localizzazione. Nella maggior parte dei casi la lesione non produce alcun sintomo ed ha scarsa tendenza a progredire. Quando la schisi avanza verso la regione maculare per qualche ragione sconosciuta tende comunque ad arrestarsi; la scarsa evolutività è presente anche nel caso di schisi complicate da distacco di retina per rottura del foglietto esterno od interno: numerosi studi evidenziano come anche nel caso di “distacco/schisi” non esiste nessuna progressione o sintomatologia (11-13). In assenza di sintomi è sufficiente seguire tali pazienti ogni 6 mesi e non risulta consigliabile il trattamento profilattico anche in caso di estensione posteriore; solo nel raro caso di un distacco di retina sintomatico e progressivo è necessario intervenire chirurgicamente (14). Precursori del distacco di retina regmatogeno Il distacco di retina regmatogeno è causato da una rottura di retina con accumulo di fluido tra la retina sensoriale e l’epitelio pigmentato; l’incidenza annuale è di 1 su10/15.000 persone(15); di questi circa il 20% era stato sottoposto ad intervento chirurgico di cataratta, mentre il 10% aveva subito un trauma oculare (16); la prevenzione e la diagnosi precoce sono fondamentali per ridurre l’incidenza di tale patologia; la percentuale di successo ed il recupero visivo sono inoltre migliori se non c’è stato un interessamento della regione maculare. I precursori del distacco di retina sono rappresentati da: Distacco posteriore di vitreo Rotture di retina sintomatiche Rotture di retina asintomatiche Degenerazione a lattice Tufts retinici cistici Distacco posteriore di vitreo Il distacco posteriore di vitreo causa la maggior parte delle rotture retiniche che portano al distacco di retina; si tratta di una evenienza che dopo i 70 anni ha una incidenza di oltre il 60% ed è caratterizzata dal passaggio di fluido dal gel centrale liquefatto attraverso la cortex, con separazione di questa dalla superficie retinica fino alla base vitreale. A causa dell’adesione vitreoretinica, lungo il margine posteriore possono formarsi delle rotture con conseguente distacco di retina (Fig.2). I sintomi del distacco acuto di vitreo sono fotopsie e miodesopsie, ed i pazienti con questi sintomi hanno un rischio significativo di distacco di retina; le fotopsie sono causate da trazioni vitreali sulla periferia retinica, mentre le miodesopsie possono essere legate alla presenza di sangue, condensazione del collagene vitreale o da residui di tessuto gliale epipapillare (17). Circa il 15% dei pazienti con distacco di vitreo acuto sintomatico presenta almeno una rottura retinica ad un iniziale esame clinico, mentre nei pazienti in cui non si apprezzano rotture di retina la possibilità che queste possano presentarsi nelle settimane successive varia dal 2 al 5%; nel caso di emovitreo sono state rilevate rotture retiniche nel 67% dei casi (18). I pazienti a rischio dovrebbero essere educati sui sintomi del distacco di vitreo e di retina e sulla necessità di eseguire una visita di controllo periodica. Rotture di retina sintomatiche La rottura di retina occupa un posto di primaria importanza nella patogenesi del distacco di retina, più di qualsiasi altra alterazione o reperto anatomico; è causata da una trazione vitreo-retinica ed è caratterizzata da un significativo incremento di fotopsie, miodesopsie o dalla perdita di una porzione del campo visivo se presente un distacco satellite (fig.3). Da un punto di vista classificativo si possono distinguere: Rotture a ferro di cavallo o a flap Rotture ad opercolo Quelle a ferro di cavallo presentano tipicamente un lembo retinico verso il polo posteriore sul quale si esercita la trazione vitreale, possono associarsi a degenerazione a lattice e ad emovitreo quando interessano un vaso retinico (vaso a ponte) (fig.4); oltre il 50% delle rotture non trattate evolve rapidamente in distacco di retina (19), mentre nel caso venga effettuato un barrage laser con una adeguata adesione corioretinica la percentuale di distacco scende sotto il 5%(20) ; nel caso che la rottura retinica sia in correlazione con un trauma il trattamento profilattico è sempre raccomandato (fig.5) (23). Le rotture sintomatiche ad opercolo al contrario presentano una scarsissima evolutività verso il distacco di retina a meno che non ci siano aderenze vitreali ai vasi sanguigni nell’area della rottura; in questo caso spesso non è necessario eseguire un trattamento laser profilattico ma spesso è sufficiente monitorare il paziente. Rotture di retina asintomatiche Le rotture di retina asintomatiche possono essere diagnosticate durante un esame clinico di routine; nella maggior parte dei casi sono associate ad una degenerazione a palizzata, anche se possono essere riscontrate in assenza di altre lesioni degenerative. Le rotture ad opercolo o i fori atrofici presentano una progressività molto bassa 0-0.8% 21) : nessuno dei 74 occhi seguiti da Byer e Davis (21-22) , con follow-up molto lunghi di 11 e 5 anni, è progredito in un distacco di retina : nello studio di Davis l’80% erano pazienti che presentavano un distacco di retina nell’occhio controlaterale; tali pazienti non necessitano quindi di trattamento ma dovrebbero solo essere osservati ogni anno e istruiti a tornare in presenza di nuovi sintomi di origine retinica. Le rotture asintomatiche a ferro di cavallo progrediscono verso un distacco di retina in circa il 5% dei casi, anche se spesso si tratta di piccoli distacchi subclinici con scarsa tendenza evolutiva (23) : un eventuale trattamento deve essere valutato caso per caso e tenere conto di eventuali fattori di rischio aggiuntivi. Degenerazione a lattice Nota anche come degenerazione a palizzata o a graticciata interessa gli strati retinici interni e il vitreo sovrastante; la sua importanza clinica è dovuta alla correlazione col distacco di retina regmatogeno, essendo presente in circa il 25-30% dei pazienti con tale patologia; si localizza prevalentemente nei settori inferotemporali a livello dell’equatore, pur essendo frequentemente riscontrabile anche nei settori superiori tra le ore 11 e l’ora 1; oftalmoscopicamente appare spesso su file parallele con aspetto polimorfo e caratteristiche che si possono osservare singolarmente o in varie combinazioni tra loro: aree localizzate tonde, ovali o lineari di assottigliamento retinico; aree pigmentate; chiazze superficiali bianco-giallastre; sottili linee bianche ramificate (vasi ialinizzati); crateri rossi di forma tonda, ovale o lineare; piccoli fori atrofici tondi; raramente rotture retiniche trazionali all’estremità o lungo il margine posteriore della lesione. Il vitreo sovrastante è costantemente fluidificato, i bordi dell’area degenerativa sono zone di tenace aderenza vitreo-retinica (fig.6). La degenerazione a palizzata con o senza fori atrofici presenta un rischio molto basso di evolvere in un distacco di retina (2%) e quindi non costituisce una indicazione al trattamento profilattico: nel 6% dei casi possono svilupparsi piccoli distacchi subclinici che non mostrano comunque tendenza alla progressione (24). In presenza di un distacco di vitreo acuto in circa il 10% dei casi si è verificato un distacco di retina e nel 22% una rottura a ferro di cavallo : va comunque considerato che la maggior parte delle rottura di retina osservate si sono sviluppate su aree di retina sana lontano dalle zone degenerative. Beyer in uno studio pubblicato nel 1989 su 423 occhi con degenerazione a palizzata ( follow-up di 10.8 anni ), indipendentemente dalla presenza di un distacco posteriore di vitreo, ha osservato la presenza di un distacco di retina in 3 occhi (1%); 10 occhi (6,7%) svilupparono piccole aree di distacco di retina subclinico e solo 1 di queste, che mostrò una lente progressione, fu sottoposto a trattamento (25). Questi dati non giustificano quindi la necessità di un trattamento profilattico ma solo di regolari visite di controllo. Ciuffi retinici cistici (Tufts) Si tratta di anomalie congenite della periferia retinica in cui si formano densi accumuli di tessuto gliale di aspetto nodulare o a ciuffo all’interno delle quali si trovano cripte di vitreo formato; la lesione risulta fortemente adesa al vitreo sovrastante e a causa di questa stretta aderenza vitreoretinica si possono formare rotture di retina al momento del distacco posteriore di vitreo. I tufts retinici cistici sono responsabili di circa il 10% dei distacchi di retina primitivi; tuttavia, siccome questa lesione presente in circa il 5% della popolazione, il rischio di sviluppare un distacco di retina è molto basso e risulta essere di circa lo 0,28% (26). Il trattamento profilattico di routine di tali lesioni è sconsigliato; nel caso in cui un distacco di vitreo abbia provocato una rottura di retina (correlata o meno a tale lesione) si può eseguire un trattamento al momento della riparazione della rottura. Fattori di rischio aggiuntivi per il distacco di retina I fattori di rischio aggiuntivi per il distacco di retina regmatogeno riconoscibili clinicamente sono rappresentati da : Distacco di retina regmatogeno nell’occhio adelfo Chirurgia della cataratta Miopia Traumi Altri fattori di rischio: retinopatia del pretermine, sindrome di Stickler Distacco di retina regmatogeno nell’occhio adelfo. In questi pazienti il rischio di sviluppare un distacco nell’occhio adelfo aumenta notevolmente fino a raggiungere una incidenza del 13%(27) , notevolmente maggiore rispetto a quella della popolazione generale (0.01%) in quanto i cambiamenti patologici vitreoretinici sono spesso bilaterali. In caso di chirurgia della cataratta, secondo 2 ampi studi retrospettivi (28-29), il rischio aumenta fino a 6-7 volte rispetto ad un gruppo di pazienti fachici di controllo; rischio che si innalza ulteriormente in caso di chirurgia complicata, pazienti giovani, miopi elevati, capsulotomia Yag-laser. La miopia rappresenta un ulteriore fattore di rischio, infatti se confrontati con un gruppo di soggetti emmetropi, i miopi fino a 3 diottrie presentano un rischio 4 volte maggiore, mentre oltre le 3 diottrie il rischio aumenta fino a10 volte (30) . In caso di traumi oculari le alterazioni vitreali e retiniche espongono ad un maggior rischio di distacco di retina, che può, nei pazienti giovani, anche rimanere asintomatico per anni data la notevole compattezza del gel vitreale (tab.2). La presenza dei precursori del distacco va quindi attentamente considerata anche alla luce della presenza di uno o più fattori di rischio aggiuntivi che possono mutare la strategia di trattamento o il follow-up del paziente. In caso di pregresso distacco di retina è forte il desiderio di trattare l’occhio adelfo dove spesso si riscontrano lesioni vitreoretiniche, aree tipo palizzata (24%) e rotture di retina (19%)(31): in questo gruppo di pazienti ad alto rischio il trattamento laser delle lesioni è spesso percepito come un fattore di maggior sicurezza e prevenzione. Occorre comunque sottolineare che la sola presenza di tali fattori di rischio non giustifica un trattamento profilattico, non esistendo in letteratura valide evidenze sperimentali che lo rendano statisticamente efficace: Bonnet (32) riporta che il 5,6% degli occhi sottoposti ad intervento per distacco di retina nel suo istituto erano in precedenza stati sottoposti a fotocoagulazione laser profilattica. Folk (33) studiò in maniera retrospettiva un gruppo di 388 pazienti con degenerazione a palizzata e distacco di retina nell’occhio adelfo: nel secondo occhio 237 pazienti furono sottoposti a trattamento laser profilattico, mentre 151 non ricevettero alcun trattamento; durante un follow-up di 7,9 anni un distacco di retina è stato diagnosticato in 3 occhi del gruppo sottoposto a trattamento (1,8%) ed in 9 nel gruppo non trattato (5,1%). Il significato clinico di questo studio è incerto e non supporta la necessità di sottoporre a trattamento la degenerazione a palizzata nell’occhio adelfo di pazienti con distacco di retina, anche perché la differenza tra i 2 gruppi si annulla nel caso di pazienti ad alto rischio: miopia elevata (>6 diottrie), presenza di estesa aree di degenerazione a palizzata. Schroeder e Baden (34) analizzando 3447 casi di distacco di retina evidenziarono che il 7,2% era stato sottoposto in precedenza a trattamento retinopessico; di questi il 45% aveva sviluppato il distacco entro 1 anno dal trattamento ed il rimanente 55% entro 9 anni; inoltre evidenziarono come i 2/3 delle rotture si era verificato in prossimità dei trattamenti. Lo sviluppo di rotture sul sito del trattamento retinopessico ha una incidenza del 45-50% a seconda delle varie casistiche e può essere dovuto prevalentemente a tre fattori: eccessiva potenza del trattamento con necrosi della retina; incremento della adesione vitreoretinica già presente nella zona della degenerazione; sviluppo di una reazione gliale a livello dell’interfaccia vitreoretinica con formazione di una zona di aderenza anomala che, durante un distacco di vitreo, può portare ad una rottura di retina. Siccome i benefici del trattamento laser in molte lesioni non sono stati dimostrati ed anzi numerosi studi evidenziano che in oltre il 50% dei casi le rotture, dopo un distacco di vitreo, si sviluppano su aree di retina sana o sui bordi del trattamento (35), in caso di fattori aggiuntivi di rischio, diventa molto importante l’educazione del paziente: è fondamentale sensibilizzarlo ad eseguire prontamente una visita oculistica in presenza di sintomi relativi ad un possibile distacco di vitreo o ad una rottura di retina ( fotopsie, miodesopsie, deficit del campo visivo) in modo da cercare di minimizzare la possibilità di un distacco di retina nell’occhio controlaterale. Tabella 2. 0pzioni terapeutiche secondo la AAO (PPP 2003) (23) Tipo di lesione Trattamento consigliato Rottura a ferro di cavallo acutaTrattare sintomatica Rottura opercolata acutaTrattamento potrebbe non essere necessario sintomatica Rotture traumatiche Trattare Rottura a ferro di cavallo Può essere seguito clinicamente senza asintomatica trattamento Rottura opercolataTrattamento raramente raccomandato asintomatica Foro atrofico asintomatico Trattamento raramente raccomandato Degenerazione a latticeNon trattare asintomatica senza fori retinici Degenerazione a latticeSolitamente non richiede trattamento asintomatica con fori retinici Dialisi asintomatiche Non c’è consenso uniforme sul trattamento e una evidenza insufficiente per dare delle linee guida Occhi adelfi con fori atrofici,Non c’è consenso uniforme sul trattamento e degenerazione a lattice, ouna evidenza insufficiente per dare delle linee rotture a ferro di cavallo guida asintomatiche Follow-up La gestione clinica delle lesioni regmatogene necessita di un regolare follow-up che sia proporzionale alla gravità della lesione,alla presenza dei sintomi e di fattori di rischio. In caso di trattamento laser su lesione regmatogena consigliamo di valutare il paziente dopo 10-15 giorni, 40-60 giorni, 4-6 mesi, e in seguito una volta ogni anno in assenza di nuovi sintomi. I controlli in caso si decida di non trattare una rottura a ferro di cavallo asintomatica devono essere frequenti durante il primo anno dalla diagnosi e si consiglia di rivalutare il paziente già dopo un settimana. Per quanto riguarda una rottura asintomatica con opercolo non trattata si consiglia un controllo oculistico dopo 15-30 giorni. Nella tabella 3 proponiamo le linee guida AAO del 2003 per un follow-up di routine in assenza di nuovi sintomi; in caso di insorgenza di sintomi gli intervalli fra le visite devono essere più stretti. In particolare si consiglia di educare i pazienti con fattori di rischio ad avvisare prontamente il proprio oculista in caso di fotopsie, miodesopsie, perdita del campo visivo periferico, o diminuzione della vista. Giovani pazienti miopi con fori atrofici e degenerazione a palizzata hanno bisogno di regolare follow-up in quanto possono sviluppare distacchi di retina localizzati che possono progredire lentamente fino a divenire clinicamente significativi. Nel caso in cui sia documentabile la progressione del sollevamento retinico si consiglia il trattamento chirurgico. In pazienti in cui sia avvenuto un distacco posteriore di vitreo acuto senza lesioni regmatogene esiste la possibilità che si sviluppino delle rotture nelle settimane successive per cui si consiglia almeno una visita di controllo fra la prima e la sesta settimana dopo l'evento acuto. Se in caso di DPV siano presenti emorragie o trazioni vitreali evidenti all'esame obiettivo è conveniente un nuovo esame clinico nelle 6 settimane seguenti l'insorgenza dei sintomi a causa del rischio di sviluppare rotture di retina (23). Tabella 3. Linee guida per il Follow up secondo la AAO (PPP 2003) (23) Tipo di lesione Intervallo di follow-up Distacco di vitreo sintomatico senza rotture In base a sintomi, fattori di rischio, e trazioni retiniche vitreali i pazienti andrebbero controllati in 16 settimane dall’evento acuto Rottura a ferro di cavallo acuta sintomatica 1-2 settimane dopo il trattamento,poi 4-6 settimane, 3-6 mesi, poi annualmente Rottura opercolata acuta sintomatica 2-4 settimane, poi 1-3 mesi, poi 6-12 mesi, poi annualmente Rotture traumatiche 7-14 giorni dopo il trattamento, poi 4-6 settimane, poi3-6 mesi, poi annualmente Rottura a ferro di cavallo asintomatica 1-4 settimane, poi 2-4 mesi, poi 6-12 mesi, poi annualmente Rottura opercolata asintomatica 2-4 settimane, poi 1-3 mesi, poi 6-12 mesi, poi annualmente Foro atrofico asintomatico annualmente Degenerazione a lattice asintomatica senza annualmente fori retinici Degenerazione a lattice asintomatica con annualmente fori retinici Dialisi asintomatiche Se non trattate:1 mese, 3mesi, 6 mesi , poi ogni 6 mesi Se trattate:7-14 giorni dopo il trattamento, poi 4-6 settimane, poi3-6 mesi, poi annualmente Occhi adelfi con fori atrofici, degenerazione Ogni 6-12mesi a lattice, o rotture a ferro di cavallo asintomatiche La Terapia Laser Lo scopo del trattamento delle lesioni regmatogene è quello di creare una retinopessia, una cicatrice capace di determinare una solida aderenza tra retina e coroide in sede prossima alle lesioni retiniche oppure al circoscritto accumulo di liquido sottoretinico ad esse associato. Questo risultato generalmente si può ottenere mediante fotocoagulazione laser o, più raramente, grazie ad un criotrattamento. Nel presente paragrafo verranno riportati in breve i principi di funzionamento dei laser e, successivamente, le tecniche di trattamento da utilizzare nella pratica clinica. Generalità sui Laser La parola LASER è un acronimo, cioè una parola formata dalle iniziali di altre parole: Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, che significa: amplificazione luminosa per mezzo di emissione stimolata di radiazioni. In pratica si tratta di un dispositivo in grado di emettere radiazioni luminose di tipo coerente, cioè con tutti i raggi in fase, e monocromatiche, cioè composte da un solo colore e quindi da una sola frequenza. Queste caratteristiche fanno si che si abbia un fascio luminoso ad altissima direzionalità capace di concentrare l’energia su una superficie ben precisa dosandone perfettamente l’intensità. Le applicazioni dei laser in campo medico sono svariate e dipendono dalle proprietà d’interazione della luce coerente con i tessuti (36). Fondamentalmente in oftalmologia possiamo distinguere: 1. Laser ad effetto Termico la cui energia, assorbita da specifici pigmenti, si trasforma in calore (es. Laser Argon, Krypton ecc) 2. Laser ad effetto Foto-Meccanico caratterizzato dal fatto che le radiazioni comportano la formazione di onde d’urto localizzate in un punto con relativa azione meccanica. (es. Laser YAG) 3. Laser ad effetto Foto-Chimico capace di determinare la rottura di legami molecolari in modo da volatilizzare, ablare un tessuto in maniera controllata (es. Laser ad Eccimeri) 4. Laser ad effetto Foto-Dinamico in cui l’interazione di una radiazione luminosa a bassa potenza con uno specifico cromoforo che ha “sensibilizzato” un tessuto innesca una reazione chimica in cui è coinvolto l’ossigeno attivato con effetti non più dipendenti dalla sola energia laser. (es. PDT) (37) Per il trattamento delle lesioni regmatogeno vengono impiegati i laser ad effetto termico che sono capaci di fotocoagulare la corioretina. In pratica la luce del laser una volta assorbita da pigmenti biologici viene convertita in calore denaturando le proteine del tessuto. Questo processo viene percepito come uno sbiancamento del tessuto irradiato dallo spot laser. Sono sufficienti aumenti di temperatura maggiori di 10-20° C per comportare una fotocoagulazione. Quando si raggiungono temperature più elevate, vicino ed oltre i 100°C, si generano danni importanti ai tessuti con coartazione, disidratazione, vaporizzazione con formazione di bolle di gas, carbonizzazione e danni a tutto spessore(36). E’ importante usare dei laser che emettano una lunghezza d’onda facilmente trasmessa dai mezzi diottrici ed al tempo stesso ben assorbita dal bersaglio senza alterare i tessuti vicini. In base agli spettri d’assorbimento in oftalmologia sono impiegati laser che emettono luce nello spettro visibile e nel vicino infrarosso. In particolare possiamo distinguere: 1. Laser ad Argon che genera radiazioni nel campo del blu (448 nm) e del verde (514 nm) 2. Laser a Krypton che può emettere radiazioni nel rosso (647 nm), nel giallo (568 nm) e nel verde (530 nm). In pratica in oftalmologia viene impiegato il Krypton rosso. 3. Laser a coloranti organici (Dye Laser) che consente di variare la lunghezza d’onda dal giallo (570 nm) al profondo rosso (670 nm) in funzione della struttura da fotocoagulare. 4. Laser a Diodo semiconduttore che emette nel vicino infrarosso (811 nm) e che è dotato di caratteristiche di compattezza ed economicità. 5. Laser Yag a frequenza raddoppiata (a cristallo solido). La radiazione del Nd:Yag laser è di 1064 nm ma con una procedura di raddoppio delle frequenza si viene a generare una lunghezza d’onda dimezzata di 532 nm che corrisponde ad una luce verde. Questo tipo di tecnologia si sta imponendo visto che permette di ridurre sia le dimensioni che i costi di produzione e di gestione. I fenomeni di diffusione della luce sono, in base alla legge di Reyleigh, inversamente proporzionali alla quarta potenza della lunghezza d’onda. La luce blu è, quindi, quella che genera maggiori fenomeni di scattering con conseguente difficoltà di azione quando i mezzi ottici sono poco trasparenti (cataratta, emovitreo) mentre una maggiore penetrabilità si ottiene con la luce verde o, ancora meglio, con la luce rossa od infrarossa. Analogamente a livello retinico i principali pigmenti coinvolti in oftalmologia sono la melanina, l’emoglobina e l’ossiemoglobina e l’interazione con la luce dei laser comporta un diverso grado di profondità di effetto in funzione della lunghezza d’onda. Studi su preparati istologici hanno dimostrato che ad intensità non elevate il danno dei laser bluverde e verde coinvolge maggiormente gli strati medi ed esterni della retina mentre il raggio rosso ed infrarosso penetra fino alla coriocapillare recando minori alterazioni alla retina stessa (38) (Fig. 7). Quando le intensità sono molto elevate, comunque, la selettività di azione diminuisce con un coinvolgimento più diffuso della corioretina. A livello maculare la luce blu deve assolutamente essere evitata visto che la maggiore concentrazione della xantofilla in tale sede comporta una maggiore assorbimento a livello retinico con danni importanti del neuroepitelio. Tecnica di Trattamento I parametri su cui l’operatore può agire per ottenere una corretta fotocoagulazione sono il diametro dello spot laser, il tempo di esposizione e la potenza (39). Il diametro dell’impatto utilizzato può variare da 50 a 1000 micron. In genere vengono impiegati spot del diametro tra 200 a 500 micron in funzione della distanza dalla regione maculare. Diametri maggiori comportano una maggiore difficoltà ad ottenere una focalizzazione corretta sulla retina. Bisogna ricordare che la superficie dello spot varia con il quadrato del raggio e che una dimezzamento del diametro, a parità degli altri parametri, comporta una quadruplicazione dell’energia che raggiunge la retina. Il tempo di esposizione può variare da 2 centesimi di secondo ad alcuni secondi. Tempi di 20-50 centesimi di secondo risentono poco dei movimenti del paziente. Alcuni operatori preferiscono tempi lunghi in modo da modulare maggiormente l’effetto del laser. Quando i tempi sono brevi determinano una lesione cilindrica a livello della corioretina mentre tempi maggiori comportano la formazione di una lesione piramidale con un coinvolgimento più ampio in profondità a livello dell’epitelio pigmentato e della coroide. La potenza del laser da impiegare è un parametro molto relativo perché dipende dalla pigmentazione della corioretina e dall’opacità dei mezzi ottici. Perciò l’operatore dovrebbe personalizzare i parametri in tutti i casi effettuando qualche impatto di prova a potenza bassa di circa 100 mW ed aumentando progressivamente i valori di 20-50 mW. Nell’ambito dello stesso occhio può essere necessario aggiustare i parametri in funzione delle pigmentazione o degli spessori della retina trattata (edema retinico). A parità di diametro l’energia emessa è direttamente proporzionale alla potenza ed al tempo. In altre parole un dimezzamento del tempo o della potenza comporta un analogo dimezzamento dell’energia totale erogata. Secondo la reazione della retina si potranno distinguere gli impatti in quattro stadi in funzione dell’aspetto cromatico (39) : 1. Impatto lieve: tenue sbiancamento (coinvolgimento limitato maggiormente a livello dell’epitelio pigmentato) 2. Impatto medio: sbiancamento franco uniforme (la coagulazione si estende a retina e coroide) 3. Impatto forte: sbiancamento centrale con alone grigiastro 4. Impatto fortissimo: intensa lesione bianca con aloni biancastri In genere al polo posteriore bisogna ricercare impatti lievi o medi ma in periferia per ottenere una tenace cicatrice corioretinica è utile un impatto forte. Comunque, non bisogna spingersi oltre perché impatti fortissimi determinerebbero solo maggiori complicanze ed aderenze meno salde. Il trattamento delle lesioni regmatogene è classicamente di tipo indiretto e consiste nel creare un “barrage”, uno sbarramento intorno alla lesione. I trattamenti diretti delle lesioni sono molto pericolosi perché possono causare delle rotture ai margini delle aree trattate. Per questa ragione gli sbarramenti devono sempre essere eseguiti su retina sana. E’ bene non avvicinarsi troppo alle lesioni anche per evitare di stimolare eventuali trazioni vitreali che spesso è ben aderente alle lesioni. Possono essere usati un po’ tutti i tipi di laser. In genere si impiegano laser che emettono luce verde e si passa a quelli rossi od infrarossi in presenza di opacità. La lente classicamente utilizzata è quella a 3 specchi di Goldmann scegliendo lo specchio a 67° per raggiungere l’estrema periferia e quello di 73° per la media periferia. Possono essere preferite, comunque, le lenti grandangolari ad immagine invertita tipo quelle di Meinster o di Volk specialmente in casi di trattamenti estesi oppure in condizioni di difficoltosa visualizzazione del fondo oculare quali la presenza di una scarsa midriasi, di opacità catarattose, di opacità secondarie o di emovitreo. Bisogna ricordare che quest’ultimo tipo di lenti determina un ingrandimento effettivo dello spot sulla retina e che per questa ragione non vanno mai impiegati diametri dello spot maggiori di 250-300 micron. Lo sbarramento semplice deve essere eseguito con spot relativamente confluenti disposti a circondare completamente la lesione. In caso di localizzazioni molto periferiche si deve eseguire un trattamento ad “U” esteso quanto più possibile verso l’ora serrata. (Fig. 8) Il diametro dello spot può raggiungere i 500 micron quando viene impiegata la lente a 3 specchi. Gli impatti devono essere ravvicinati disposti in 3-5 file in modo da impedire ogni infiltrazione di liquido. Come già detto lo sbiancamento deve essere medio-forte al fine di garantire una solida cicatrice adesiva. Bisogna evitare trattamento eccessivamente intensi ricordando che in periferia la retina è molto più sottile che al polo posteriore e che le deformazioni dello spot date dalla periferia del cristallino possono modificare il diametro reale dello spot aumentando la potenza. Studi condotti da Yoon e Mormor su cavie hanno dimostrato che una aderenza tra retina ed epitelio pigmentato si ha già dopo due settimane ma che il processo si completa in 2030 giorni con la formazione di cicatrici pigmentate disposte a formare una striscia continua(40). Molto interessante è anche il lavoro di Kain (41) che ha messo in luce che dopo fotocoagulazione con Argon laser l’aderenza corioretinica diminuisce in prima giornata e diviene già utile in quarta giornata. L’auto ha, inoltre, messo in evidenza che una valida retinopessia si ha solo se produce una lesione chiaramente visibile che successivamente si pigmenta, se il diametro dello spot è di 200 micron o maggiore e se il trattamento viene eseguito almeno in doppia fila. In condizioni di degenerazioni particolarmente estese oppure in occhi ad elevato rischio (occhio controlaterale ad un distacco retinico) può essere eseguito un cerchiaggio laser su 360°. Questa seconda indicazione si basa sul fatto che le rotture retiniche possono comparire anche su retina sana e non degenerata. I parametri per il cerchiaggio sono analoghi a quelli per il barrage. Si dovrebbero eseguire 3 file di spot poco anteriormente all’emergenza delle vene vorticose e, comunque, sempre posteriormente alla retina degenerata. Alcuni autori eseguono anche dei segmenti radiali che congiungono il cerchiaggio con l’ora serrata in modo da compartimentale un eventuale sollevamento retinico. Il cerchiaggio laser viene in genere ad essere eseguito in due sedute a distanza di prevedendo un ritocco a pigmentazione avvenuta. Le complicanze del trattamento In genere le complicanze sono rare. In passato si pensava che il laser fosse causa di fenomeni di PVR. Si è capito in seguito che a base di questo processo proliferativo sono in realtà il distacco di vitreo e la rottura retinica associata che determinano la dispersione di cellule pigmentate in camera vitrea(39). I maggiori problemi della fotocoagulazione laser sono legati ad iperdosaggi del trattamento che possono produrre la formazione di fori retinici per azione diretta del laser o per l’innesco di trazioni vitreali circostanti le aree degenerate. La luce blu determinando un maggiore riscaldamento della retina sul versante vitreale potrebbe essere maggiormente responsabile di questi fenomeni. Altri effetti collaterali potrebbero essere legati al coinvolgimento dei nervi ciliari con comparsa di alterazioni della sensibilità corneale o della motilità ciliare o pupillare. Fortunatamente si tratta di condizioni che regrediscono nel giro di tre-cinque mesi(42). Bibliografia 1) Wilkinson CP. Evidenced-based medicine regerding the prevention of retinal detachment. Trans Am Ophthalmol Soc 1999;97:397-404. 2) Wilkinson CP. Evidenced-based anlysis of prophilactic treatment of asyntomatic retinal breaks and lattice degeneration. Ophthalmolgy 2000;107:12-18. 3) Lewis H. Peripheral retinal degenerations an d the risk of retinal detachment. Am J Ophthalmol 2003;136:155-160. 4) Foos RY, Wheeler NC. Vitreoretinal juncture. Synchysis senilis and posterior vitrous detachment. Ophthalmology 1982; 89:1502. 5) Michels RG, Wilkinson CP, Rice TA. Retinal Detachment. The CV Mosby Company 1990 pp 29,101, 171. 6) Beyer NE. The peripheral retina in profile-A stereoscopic atlas. 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