Gl'innamorati Commedia in tre atti, scritta da Carlo Goldoni nel 1759. La stesura avvenne nella città di Bologna, durante un viaggio che portò Goldoni da Roma a Venezia, di ritorno da Roma, dove aveva trascorso un periodo di tempo privo di soddisfazioni, durante il quale non aveva potuto scrivere nulla. La commedia fu rappresentata per otto recite al Teatro San Luca di Venezia fra novembre e dicembre; così ne scrive lo stesso Goldoni: Appena ebbi il tempo di riposarmi un poco, che dovetti mettermi bentosto al lavoro. Giunsi a Venezia il primo dì di settembre, e pe' 4 del seguente mese doveva farsi l'apertura degli spettacoli, per cui non aveva preparata cosa alcuna. Aveva trovate a Roma piacevoli distrazioni, perché mi avanzasse tempo da potermi occupare. Per quanto fossi laborioso, amava sempre il piacere; e senza perdere di vista i miei impegni, mi approfittava di quei momenti di libertà, che poteva prendermi. Conosceva in me molta facilità, e lavorava con maggior ardore, quando era sollecitato a finire. Convien dire ancora, che il tempo, l'esperienza e l'uso mi avessero talmente familiarizzato coll'arte di far Commedie, che immaginati i soggetti e scelti i caratteri, il resto non era più, per me, che un facile giuoco. Altre volte faceva quattro operazioni prima di giugnere alla costruzione ed alla correzione d'una Commedia. Prima operazione: il piano colla divisione delle tre parti principali, l'esposizione, il nodo, e lo sviluppo. Seconda operazione: scompartimento dell'azione in Atti ed in Iscene. Terza: il dialogo delle Scene più interessanti. Quarta: il dialogo generale della totalità della Commedia. Mi era spesse volte accaduto, che arrivando a quest'ultima operazione, aveva cambiato tutto quello che aveva fatto nella seconda e nella terza; perché le idee si succedono, una scena produce l'altra, una parola trovata a caso somministra un nuovo pensiere; e da là a qualche tempo son pervenuto a ridurre le quattro operazioni ad una sola. Avendo il piano e le tre divisioni in mente, comincio tosto di seguito, Atto primo, Scena prima, e vado sino alla fine, sempre dietro alla massima, che tutte le line vanno a terminare ad un punto fisso, cioè allo sviluppo dell'azione, che è la parte principale per cui sembra che tutte le macchine siano preparate. Mi son di rado ingannato ne' miei sviluppi: posso dirlo francamente, perché la cosa non mi sembra nemmen difficile, quando sia stato ben preparato al principio della Commedia, e quando nel decorso del lavoro non si sia mai perduto di vista. Cominciai dunque e finii in quindici giorni una Commedia in tre Atti in prosa, intitolata gl'Innamorati. Il titolo non prometteva niente di nuovo, perché poche Commedie si trovano senz'amori; ma non ne conosco alcuna, in cui gl'innamorati siano della tempera di coloro che ho in questa impiegati; e l'amore sarebbe il flagello più formidabile della terra, se rendesse gli amanti tanto furiosi e tanto infelici, quanto lo sono i due soggetti principali della mia Commedia. Ne conosceva però gli originali: gli aveva veduti a Roma, era stato l'amico ed il confidente di entrambi, era stato testimonio della loro passione, della lor tenerezza, e sovente de' loro eccessi di furore, e de' trasporti loro ridicoli. Aveva intese più d'una volte le lor querele, le loro grida, le lor disperazioni: fazzoletti stracciati, vetrate buttate in pezzi, coltelli sfoderati. I miei innamorati sono indispettiti, ma non son men veri. Confesso che in questa Commedia vi è più verità e più verisimiglianza; ma dietro alla certezza del fatto, credei poterne tirar un quadro, che facesse ridere gli uni, e recasse spavento agli altri. In Francia un soggetto tale non sarebbe stato soffribile: in Italia lo trovarono un poco caricato, ed intesi molte persone che conosceva, a vantarsi d'essere state presso a poco nel medesimo caso. Non ebbi dunque torto a dipingere in grande le follie dell'amore in un paese, laddove il clima riscalda i cuori e le teste più che in qualunque altra parte. (Carlo Goldoni, Memorie) Trama Milano, XVIII secolo. Eugenia Ridolfi, erede di una famiglia in rovina, frequenta da un anno il giovane e ricco Fulgenzio. I due ragazzi sono innamoratissimi l'uno dell'altra, ma la relazione è tormentata, a causa dell'impulsività di lui e, soprattutto, della gelosia di lei. Per esempio, Eugenia non sopporta che Fulgenzio frequenti la cognata Clorinda, anche se è obbligato (suo fratello è infatti a Genova per lavoro, perciò deve servirla finché l'uomo non torna). I due così si dividono spesso, ma altrettanto spesso ritornano assieme. Nel frattempo, il conte Roberto d'Otricoli, cliente di un amico di Fabrizio (il padrone di casa con la mania dell'arte), giunge a Milano e fa visita alla famiglia Ridolfi. Fabrizio, che non vuole essere da meno dell'ospite, lo invita a pranzo, a dispetto della disastrosa situazione economica della famiglia. Ma Eugenia chiarisce subito la sua situazione con Roberto, innamorato di lei, spiegandogli di essere innamorata di un altro uomo. Ma Fulgenzio, che non sa di questo chiarimento, si ingelosisce, e minaccia di suicidarsi. La fidanzata lo ferma, gli spiega a chiare lettere l'amore che prova per lui, e i due ormai sembrano aver fatto la pace. Ma Fabrizio ha invitato a pranzo anche Clorinda: Eugenia, esasperata e gelosa, la insulta e se ne va. Il pranzo si svolge in maniera drammatica (così dicono i servitori Lisetta e Tognino, che sbirciano dalla serratura). I due giovani si chiariscono, ma quando Fulgenzio chiede se può accompagnare a casa Clorinda, Eugenia si offende: ricominciano a litigare e giungono alla rottura definitiva. La ragazza, per puntiglio e vendetta, accetta la proposta di matrimonio di Roberto: Fabrizio, che pure aveva voluto bene a Fulgenzio, ora che la nipote è fidanzata con un nobile, le proibisce di amarlo e frequentarlo ancora. La giovane acconsente, salvo poi pentirsene amaramente pochi minuti dopo: Fulgenzio infatti ritorna, con buone nuove per lei. Suo fratello è tornato da Genova: Clorinda passa di nuovo sotto la protezione del marito, e il ragazzo ha ottenuto il permesso di sposare la donna che ama. Inoltre Fulgenzio, per far piacere alla ragazza, le promette che non frequenterà mai più Clorinda. Eugenia, disperata, si trova costretta a dirgli che ormai è fidanzata: di fronte ai rimproveri che riceve dall'ex fidanzato, patendo il colpo, sviene. Quando rinviene, la sorella Flaminia le darà una bellissima notizia: ha spiegato la situazione a Roberto e questi, capendo la situazione, ha rotto il fidanzamento con Eugenia. Fabrizio si lascerà convincere dal fatto che Fulgenzio sposerà sua nipote senza chiederne la dote. Subito dopo si celebra il tanto sospirato matrimonio. Personaggi Eugenia: è l'autentica protagonista della commedia. Sorella di Flamminia e nipote di Fabrizio, ed erede di una famiglia finita in rovina, è una ragazza di buon cuore e sincera, ma è puntigliosa, sofistica, vendicativa e gelosissima: non sa (e non vuole) scrivere lettere d'amore, si rovina l'esistenza con la sua gelosia e si accorge spesso troppo tardi dei guai in cui si caccia a causa del suo puntiglio. È fidanzata da un anno con Fulgenzio, con cui vive una relazione tormentata e di cui è perdutamente innamorata. Fulgenzio: è il fidanzato di Eugenia. Borghese di larga fortuna, è un ragazzo impulsivo, tanto più che quando vede la sua fidanzata parlare con un altro minaccia di uccidersi. Ha spesso intenzione di lasciare la fidanzata, per smettere di soffrire, ma l'ama troppo, perciò puntualmente rinuncia all'idea e continua a frequentarla. Mentre suo fratello è via per lavoro, deve badare a sua cognata Clorinda, che la fidanzata, gelosissima, non sopporta. Flamminia: è la sorella maggiore di Eugenia. Vedova equilibrata e saggia, vorrebbe che Eugenia avesse una sorte migliore di quella capitata a lei, ma sembra che la parente faccia di tutto per disgustare il fidanzato. Pur volendole molto bene, e adorando il futuro cognato, detesta alcuni atteggiamenti della sorella, e alle volte vorrebbe passare alle maniere forti con lei per farle capire le cose. Fabrizio:è lo zio e tutore di Eugenia e Flamminia. Vanitoso e volubile, è fissato con l'arte, e per farsi la collezione (che per lo più contiene falsi pagati a caro prezzo), ha rovinato la famiglia e compromesso la dote delle nipoti, per cui però vorrebbe una vita felice ed agiata Clorinda: è la cognata di Fulgenzio. Compare solo in due brevi scene, ma nell'intreccio è fondamentale: Fulgenzio le deve badare mentre suo marito è lontano, ed Eugenia, che vorrebbe l'innamorato solo per sé, ne è gelosa, arrivando anche al punto di odiarla. È perciò causa di molti litigi tra i due amanti. Ridolfo: è un avvocato, amico comune di Fabrizio e Fulgenzio. Per le sue capacità diplomatiche e i suoi modi concilianti, di solito viene incaricato di fare il paciere tra i due e, in caso estremo, di dare a Eugenia la notizia che il suo fidanzamento è finito. Roberto:è un conte romano, cliente di Ridolfo. Ricco e generoso, è innamorato di Eugenia e vorrebbe sposarla. Dopo aver lasciato Fulgenzio, Eugenia acconsente a sposarlo, ma Flamminia gli spiega il vero motivo per cui la sorella ha accettato, e rompe perciò il fidanzamento. Tognino: è il servo di Fulgenzio. Quando i due hanno litigato, di solito informa Eugenia su quello che fa il suo padrone. Lisetta: è una dei servi di Fabrizio. Solerte ed arguta, intuisce molto spesso quello che succede tra i due innamorati. Succianespole: è un anziano servo di Fabrizio, che lavora in cucina. Pratico e taciturno, è un bravo economo, e a volte propone anche qualche buona idea. La commedia è una delle più fortunate di Goldoni, cavallo di battaglia di molte grandi attrici dell'Ottocento, tra le quali Eleonora Duse che l'ha interpretata il 23 marzo 1885 al Teatro Valle di Roma. Nel Novecento significative le messe in scena del 1922, diretta da Dario Niccodemi con protagonisti Vera Vergani, nel 1930 con Andreina Pagnani, nel 1957 con la Compagnia dei Giovani diretta da Mario Ferrero con Annamaria Guarnieri per una tournée in Sudamerica, e infine nel 1972 con la direzione di Franco Enriquez con Valeria Moriconi e Mariano Rigillo. La fortuna critica e scenica de Gl'innamorati non ha impedito, soprattutto negli ultimi vent'anni, che la commedia fosse equivocata fino a snaturarla e a renderla quasi irriconoscibile. La stessa rivendicazione da parte di Goldoni di essersi ispirato ad alcuni personaggi reali che aveva conosciuto a Roma e il suo riferimento a «le follie d'amore in un paese in cui il clima riscalda i cuori e le menti più che in qualunque luogo» sono stati contestati. Qualche critico ha analizzato addirittura Gl'innamorati come se fossero un abile travestimento di uno scenario della Commedia dell'Arte, parlando perfino di un Goldoni «misogino», interpretando la gelosia di Eugenia, la protagonista, «come una delle nevrosi emblematiche della sottocultura italiana». Trattando il tema fondamentale dell'amore, quindi assai comune nelle compagnie della Commedia dell'Arte, perché resta comunque il tema fondamentale della vita umana e della vicenda quotidiana dell'esistenza, Gl'innamorati sono un esempio chiaro di come Goldoni tratti in maniera personale temi e motivi dell'esistenza e della Commedia dell'Arte e cerca di sganciarsi perfino dalla struttura di una commedia che prevede un personaggio principale intorno al quale ruotano tutti gli altri creando una commedia in cui tutti sono protagonisti e attori della vita perché il vero protagonista è l'amore, o meglio: le reazioni degli individui di fronte a questo sentimento così unico e così vario nelle sue conseguenze sugli uomini. La commedia si muove sul terreno della realtà e il gran teatro è il Mondo nel quale si muovono le persone fisiche che danno origine ai caratteri dei personaggi; e questo è dimostrato proprio dal realismo, dalla "sottigliezza, dall'indagine psicologica, dall'occasione stessa in cui nacque". Il riferimento alla realtà che aveva avuto sotto gli occhi a Roma è preciso "Ne conosceva però gli originali: gli aveva veduti a Roma, era stato l'amico ed il confidente di entrambi, era stato testimonio della loro passione, della lor tenerezza, e sovente de' loro eccessi di furore, e de' trasporti loro ridicoli. Aveva intese più d'una volte le lor querele, le loro grida, le lor disperazioni: fazzoletti stracciati, vetrate buttate in pezzi, coltelli sfoderati. I miei innamorati sono indispettiti, ma non son men veri.” E sono gli stessi personaggi che aveva frequentato quasi quotidianamente durante il soggiorno romano, da metà dicembre del 1758 al 2 luglio 1759, nella casa dell'abate Pietro Poloni di via Condotti. Gli innamorati della realtà erano Maddalena, la figlia dell'abate e il fidanzato Bartolomeo Pinto. Ma come sempre accade, la realtà non è che il punto di partenza, perché essa è trasfigurata dall'invenzione drammaturgica e dall'analisi psicologica: i personaggi Maddalena e Bartolomeo si trasformano in due delle più riuscite figure del teatro goldoniano: una memorabile Eugenia, pari alla locandiera Mirandolina, e Fulgenzio, un personaggio di tono più dimesso, ma colto perfettamente nella sua vulnerabilità psicologica di maschio geloso e perciò talvolta violento. Andrée Ruth Shammah riprende il suo percorso di ricerca sui classici affrontando un nuovo Goldoni. Dopo La Locandiera e Sior Todero Brontolon, “Gli innamorati “, macchina inesorabile adatta alla nuova compagnia del Teatro Franco Parenti reduce dal successo del Don Giovanni di Filippo Timi. La storia è quella di due giovani innamorati che si tormentano benché niente si opponga al loro amore. Dalla diatriba tra i due si scatena una tensione vibrante che attraversa tutti i personaggi e fa si che agli occhi del pubblico risultino così umani da essere vicini alla nostra sensibilità. Un testo straordinariamente contemporaneo che intrappola il pubblico in un intreccio dove si ride e ci si riconosce nelle dinamiche che Goldoni ha saputo orchestrare con acume e infinita umanità. “Gli Innamorati”, macchina inesorabile adatta alla giovane compagnia di interpreti che reduci dal successo del “ Il Don Giovanni ” di Filippo Timi, dove hanno dimostrato una forte carica teatrale, verranno messi alla prova su un testo dove tormentarsi per amore ed essere poi incapaci di amare diventa lo specchio di un oggi fortemente nevrotico dove cinismo e romanticismo si mischiano e si intrecciano. La storia è quella di due giovani, Eugenia e Fulgenzio, che per essere l’uno dell’altro troppo innamorati, finiscono per tormentarsi benché niente si opponga al loro amore. Dalla diatriba tra i due si scatena una tensione vibrante che attraversa tutti i personaggi protagonisti della storia e fa si che agli occhi del pubblico risultino cosi umani da essere vicini alla nostra sensibilità. Tanto che si può parlare di una commedia moderna, dove l’amore si manifesta attraverso gelosie, musi lunghi per ogni minima ombra, puerili ripicche, arrabbiature, scene di disperazione, clamorose rotture, seguiti da pentimenti, suppliche e solenni giuramenti che intrappolano il pubblico in un intreccio dove si ride e dove ci si dispera presi da attimi di vera malinconia, non solo dei personaggi ma anche della proiezione inevitabile che ognuno di noi può fare all’interno delle dinamiche amorose in un testo così straordinariamente contemporaneo.” Andrée Ruth Shammah Una situazione di “incertezza e di tedio”: così Ludovico Zorzi ha riassunto lo stato d'animo di Carlo Goldoni al momento della stesura degli Innamorati. La stessa origine e la stesura della commedia invitano a pensare ad uno scrittore stanco e annoiato dal clima ostile di Venezia, in cui Carlo Gozzi e i chiaristi apparivano incapaci di comprendere la modernità di quella riforma teatrale. In questo senso si spiega il viaggio a Roma: una sorta di evasione e di fuga da quelle polemiche, forse anche alla ricerca di una protezione che doveva venire dal papa Rezzonico Clemente XIII. La commedia nacque a Bologna, nel 1759; venne stampata nel tomo II dell'edizione Pasquali, tre anni più tardi. La trama, molto semplice e in pratica priva di un intreccio complesso, riproduce uno schema del teatro dell'arte, con le due coppie di innamorati (Eugenia e Fulgenzio; Roberto e Flaminia) e con le quattro parti comiche degli zanni (Arlecchino e Brighella, qui trasformati in Tognino e Succianespole), e dei vecchi Fabrizio e Ridolfo. Vi sono poi i ruoli “fluttuanti” di Clorinda, la terza amorosa, e di Lisetta, la servetta che diventa qui cameriera brillante “ma facile ai pettegolezzi domestici”. In sostanza la commedia testimonia come all'altezza delle prove più mature, il teatro goldoniano non rinunci al migliore e più efficace sostrato della commedia dell'arte, conservato nella memoria dello scrittore e nella propria biblioteca personale, in quella raccolta manoscritta di scenari e canovacci che Goldoni nei Mémoires (II, 24) affermava di possedere. Se la compiutezza e l'efficacia psicologica di Goldoni offrono negli Innamorati una considerevole prova di maturità, è vero peraltro che l'autore non rinuncerà nemmeno nelle prove più tarde agli effetti di sicura comicità conservati dalla “tradizione "artigianale" del teatro”.