Le principali paludi dell`Iraq Meridionale

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IRAQ THI QAR
Le paludi dell’Iraq meridionale
A cura della Commissione Investimenti della Provincia di Thi Qar
Con la collaborazione di SudgestAid - 2013- Roma – Nasiriya
Le paludi del sud dell’Iraq danno vita ad un ambiente di estremo interesse sia
dal punto di vista naturalistico, sia per ciò che concerne l’aspetto storicoculturale. Questo affascinante paesaggio naturale occupa più dell’80% della
superficie totale delle celebri Paludi in Mesopotamia (Mesopotamian
Marshlands), la cui restante parte si estende principalmente nei territori
occidentali dell’Iran. Oltre a ciò, le paludi dell’Iraq meridionale, che durante i
secoli hanno ospitato e continuano al giorno d’oggi ad ospitare un significativo
numero di abitanti, rappresentano l’ecosistema delle zone umide più esteso di
tutta la regione eurasiatica occidentale, impreziosito, tra l’altro, dalla presenza
di circa 40 specie di volatili e da numerose tipologie di animali acquatici. Molto
probabilmente, l’animale più caratteristico dell’intera regione è il cosiddetto
“corvo mesopotamico”.
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Geografia
Così come viene indicato dal nome, il complesso delle paludi mesopotamiche
(Mesopotamian Marshlands) cade nel cuore dell’antica Terra tra i due fiumi, che
oggigiorno accoglie al suo interno diversi Paesi, tra cui la Turchia, la Siria, l’Iraq e
parte dell’Iran.
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Durante gli anni ’80 del secolo scorso la superficie complessiva delle paludi era
stimata intorno ai 20.000 km2, tradizionalmente ripartiti in tre marco- aree: Le
paludi centrali, situate tra il Tigri e l’Eufrate, le paludi di Hammar poste nei
territori a sud dell’Eufrate ed infine le paludi di Hawize, collocate ad est del Tigri.
Inoltre, queste tre regioni erano solite dar vita per pochi mesi dell’anno ad un
unico sistema paludoso interconnesso, specialmente nei momenti in cui le
acque del Tigri e dell’Eufrate oltrepassavano i propri argini.
Storia
Durante il quarto millennio a.C. si assiste nella zona meridionale della
Mesopotamia, da molti giustamente battezzata come la culla delle civiltà, alla
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comparsa delle prime società alfabetizzate ed al tempo stesso dotate di un
complesso sistema burocratico. Date le premesse, queste popolazioni riuscirono
nel giro di pochi anni ad attuare importanti piani di sviluppo sia nel campo
agricolo che in quello tecnologico. Tra gli elementi che spinsero questi
lungimiranti nuclei abitativi a rivolgere la propria attenzione alle zone paludose
è possibile citare la disponibilità di risorse idriche, un grande quantitativo di
grano selvatico ed infine la presenza di numerose specie acquatiche.
Gli abitanti delle paludi dell’Iraq meridionale
I Ma’dan, noti anche con l’appellativo di “arabi delle paludi”, sono tuttora gli
abitanti della regione delle paludi dell’Iraq meridionale. Nonostante la presenza
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di membri provenienti in origine da diverse confederazioni tribali del sud
dell’Iraq, i Ma’dan hanno sviluppato nel corso dei secoli un sistema socioculturale
estremamente
omogeneo,
incentrato
essenzialmente
sulla
valorizzazione delle risorse naturali presenti sul territorio.
Cultura
Da un punto di vista linguistico, il termine arabo “Ma’dan” indica in maniera
generica tutti coloro che abitano in pianura, ma già durante il periodo medievale
lo stesso termine veniva utilizzato per indicare specificamente i nuclei umani
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che si stabilirono nella zona dei grandi bacini fluviali della Mesopotamia. Tra i
pregiudizi di natura etno-storica che in maniera involontaria hanno contribuito
ad alimentare la leggenda di questa affascinante popolazione possiamo
menzionare le speculazioni sull’origine persiana (o perlomeno non araba)
dell’intero gruppo. Oggigiorno i Ma’dan parlano una variante dell’arabo
iracheno e generalmente il loro abbigliamento non differisce da quello arabo
tradizionale.
Società ed agricoltura
Sulla base dell’occupazione è possibile suddividere il tessuto sociale dei Ma’dan
in due macro-gruppi: il primo lavora nella coltivazione del riso, ovvero l’alimento
base della dieta locale. Da rimarcare che i cicli di coltivazione del riso vengono
tradizionalmente scanditi dalla comparsa di alcune stelle o costellazioni, come
ad esempio le Pleiadi o la bianchissima stella del Cane. Il secondo, invece, si
occupa esclusivamente dell’allevamento di ovini e bovini. Inoltre, all’interno di
quest’ultimo gruppo vi sono alcuni sottogruppi composti principalmente da
allevatori e pescatori nomadi. A questo proposito vale la pena ricordare che fino
a pochi anni fa più del 60% dei prodotti ittici regolarmente venduti in Iraq
proveniva dalla regione delle paludi meridionali.
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Il mudhif
Così come avviene in molti sistemi tribali del sud dell’Iraq, anche nel tessuto
sociale dei Ma’dan il personaggio dotato di maggior carisma ed autorità è senza
dubbio lo “shaikh”, ossia l’anziano del gruppo. Ancora oggi la mansione dello
“shaikh” degli arabi delle paludi consiste nel raccogliere un tributo da ogni
singolo nucleo familiare per la manutenzione o la ristrutturazione del mudhif, la
struttura in cui non solo vengono svolte le principali funzioni pubbliche e
religiose, ma viene utilizzata anche per offrire ospitalità ed assistenza ai
visitatori.
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Origine dei Ma’dan
L’argomento relativo all’origini dei Ma’dan è stato per decenni (ed in parte lo è
tuttora) al centro di un accanito dibattito tra gli addetti ai lavori. Gli etnologi
britannici ai tempi del colonialismo hanno studiato a fondo alcuni degli usi e
costumi che maggiormente caratterizzavano questa popolazione e molti di essi
in maniera alquanto frettolosa hanno affermato che dal punto di vista etnico
questo gruppo fosse quasi sicuramente di origine indiana.
Nei decenni successivi altri studiosi, invece, hanno ipotizzato che gli arabi delle
paludi fossero geneticamente e socialmente connessi con l’antica popolazione
sumerica, soprattutto a causa della presenza di tecniche agricole e metodi di
costruzione condivisi tra queste due popolazioni. Ciò nonostante, risulta molto
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difficile rinvenire una documentazione storica che possa certificare questa
affascinante supposizione, dato che gli antichi sumeri vennero letteralmente
assorbiti dalla civiltà accadica verso il 1800 a.C. mentre i Ma’dan fecero la loro
comparsa in documenti ufficiali soltanto verso la fine del IX secolo a.C.
Infine, un altro gruppo di studiosi ha notato che buona parte della cultura dei
Ma’dan presenta più di un singolo legame con quella delle popolazioni beduine
che cominciarono a popolare l’Iraq meridionale all’indomani della caduta del
Califfato abbaside. A sostegno di questa teoria è possibile menzionare uno
studio genetico del 2011 condotto su alcuni abitanti delle paludi, il quale
avrebbe rilevato la presenza di gruppi genetici particolarmente diffusi tra gli
arabi mediorientali.
Religione dei Ma’dan
Nonostante la stragrande maggioranza dei Ma’dan abbia da secoli abbracciato
l’Islam nella sua declinazione sciita, sono ancora rinvenibili nella regione delle
paludi del sud dell’Iraq piccole comunità di sabei dedite per lo più alla pesca e
alle costruzioni di imbarcazioni. Molti studiosi affermano che le comunità sabee
presenti oggigiorno in Iraq corrispondano probabilmente agli unici eredi
dell’antico culto gnostico dei Sabei di Harran.
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A causa dell’assenza di veri e propri luoghi di culto, i precetti della religione
islamica vengono espletati dai Ma’dan essenzialmente in maniera privata, ossia
nelle proprie abitazioni, anche se è abbastanza diffusa tra la popolazione l’uso di
recarsi in visita presso la tomba del Profeta Esdra (Uzair) situata a pochi
chilometri dalla regione delle paludi.
I Ma’dan in letteratura
Ben pochi sanno che Pietro della Valle (1586-1652), citato nell’opera di Gavin
Young intitolata Ritorno alle Marshes, è stato il primo viaggiatore occidentale ad
aver effettuato una visita alla regione delle paludi dell’Iraq meridionale e ad
aver introdotto il termine Ma’dan alla platea europea.
Sempre nel testo di Young viene citato un altro viaggiatore che agli inizi del 1824
visse per quasi un decennio tra i Ma’dan dell’Iraq meridionale: si tratta di
George Keppel (1799-1891), il quale ci ha lasciato dettagliatissime descrizioni
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non solo degli usi e costumi della popolazione locale, ma anche delle principali
qualità fisiche che a quel tempo caratterizzavano sia gli uomini sia le donne.
Sugli uomini scrisse: “I marinai di questa popolazione sono tra gli esseri più
muscolosi che abbia mai visto in circolazione, […] hanno dei muscoli che
sembrano scolpiti apposta per la loro esigente professione. Credo ognuno di
questi marinai sarebbe stato un attore fenomenale nei panni di Ercole”. Sulle
donne Ma’dan , invece, dichiarò: “Ogni qualvolta che salgono sulle nostre
imbarcazioni, non posso fare a meno di notare la loro innocenza, la totale
disinvoltura dei loro movimenti, oltre alla genuinità delle loro espressioni. Tutto
ciò crea una miscela di bellezza che supera sensibilmente quella del mondo
civilizzato”.
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Un’altra importante descrizione delle paludi irachene venne pubblicata nel 1927
per opera dell’amministratore locale britannico Stuart Edwin Hedgecock in
collaborazione con la propria consorte Gertrude Bell. Anche E. Lawrence,
durante un viaggio agli inizi del secolo scorso nella regione di Bassora, ebbe
modo di visitare le paludi irachene, scrivendo: “Sono terribilmente inquietanti,
ma allo stesso tempo trasmettono vita. È un luogo fitto di movimenti, anche se
molti di questi sfuggono alla normale percezione visiva”. Lo stile di vita dei
Ma’dan è stato analizzato in maniera accurata anche dall’esploratore britannico,
Sir Wilfred Thesiger, nella sua celebre opera del 1964 intitolata per l’appunto
The Marsh Arabs. Costui visse diversi anni con gli arabi delle paludi e riuscì non
solo ad annotare ogni singola azione della vita quotidiana di questa
popolazione, ma al tempo stesso strinse ottimi rapporti di amicizia con tutti
coloro che incrociò durante la permanenza nel sud dell’Iraq. Da quanto detto
finora risulta chiaro che la bellezza paesaggistica della regione delle paludi
dell’Iraq meridionale e l’importanza dal punto di vista socio-culturale dei suoi
abitanti (i Ma’dan) formano nel complesso un panorama unico nel suo genere,
che di certo non può sfuggire all’attenzione dei viaggiatori in cerca di mondi
finora inesplorati.
Provincia di Thi-Qar (Iraq)
Superficie: 12 900 km².
Abitanti: 1.906.243 (anno 2012).
Densità: 147,77 ab./km2.
Capoluogo: Nasiriyah.
Altre città: Al-Rifai, Qalat Sukar, Al-Shatra, Al-Gharraf,
Suq Al-Shuyouk.
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