Rassegna giurisprudenziale in tema di “comunicazione di avvio del procedimento”. A cura di Barbara ACCETTURA Gli artt. 7 e 8 della legge 241/90 prevedono e disciplinano l’istituto della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Più in particolare, mentre l’art. 7 sancisce l’obbligo per l’amministrazione procedente di comunicare, con le modalità previste dal successivo art.8, l’avvio del procedimento a determinati soggetti, salvo che vi siano particolari esigenze di celerità e ferma restando la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima dell’effettuazione dell’avviso, misure cautelari, l’art. 8 prevede l’obbligo della comunicazione personale, salvo che questa non risulti particolarmente gravosa per l’alto numero dei destinatari, precisando che un’eventuale omissione può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista. La trattazione in esame riassume i principali nodi che rendono incerto l’ambito di applicazione e l’estensione dell’obbligo informativo imposto alle P.P.A.A. dalla legge 241/90 e segnatamente: 1. la portata generale dell’obbligo di cui all’art.7 2. l’individuazione delle speciali esigenze di celerità che legittimano l’omissione della comunicazione 3. l’ambito di applicazione oggettivo 4. l’ambito di applicazione soggettivo 5. le conseguenze della violazione dell’obbligo di comunicazione 1.La portata generale dell’obbligo di cui all’art.7 Sotto il primo profilo, si registrano diverse pronunce giurisprudenziali che confermano la portata generale dell'istituto e ne evidenziano la consistenza nello schema di rapporti amministrazione/cittadino delineato dalla legge sul procedimento. Il campo di applicazione dell’art. 7 è costituito dall’intera gamma dei procedimenti amministrativi. Si deve rilevare che, non avendo il legislatore individuato partitamene i procedimenti cui si applica l’obbligo di comunicazione, la partecipazione debba considerarsi la regola, l’esclusione l’eccezione. Sullo sfondo si collocano due diverse letture della norma, letterale e sostanziale, dietro le quali affiorano principi contrapposti che troverebbero nell'obbligo di comunicazione solo un momento di “forzata” composizione: i principi di partecipazione alla formazione delle decisioni pubbliche, legalità, trasparenza e buon andamento da un lato, e i principio di semplificazione ed efficienza dell'azione amministrativa, dall'altro. I fautori della prima tendenza, che si richiamano alla regola della partecipazione, escludono che possano in via esegetica ricavarsi cause di esclusione che si aggiungono a quelle già previste ex lege e cioè quelle riconducibili a particolari esigenze di celerità del procedimento ed ai procedimenti preordinati all’emanazione di provvedimenti cautelari.( Cfr. infra) Da tali premesse, si fa logicamente seguire la necessità di intendere restrittivamente le eccezioni normativamente previste. Prima fra tutte, quella considerata dal medesimo art. 7, l. n. 241/1990, in ragione di "particolari esigenze di celerità del procedimento", rispetto alla quale si è precisato che "la preminenza delle ragioni di urgenza sul diritto alla partecipazione presuppone una rigorosa e puntuale motivazione", dalla quale possa desumersi che dall'adempimento dell'obbligo di comunicazione potrebbe venire compromesso il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il provvedimento finale è rivolto. A questa tesi si contrappone quell’indirizzo che ritiene configurabili eccezioni non scritte all’obbligo di comunicazione, con ciò richiamando il principio di efficienza dell’azione amministrativa. Il dettato dell'art. 7 della legge n. 241/90 non contempla esclusioni di natura oggettiva all'obbligo di comunicazione di avvio procedimentale, eccezione fatta per le ipotesi derogatorie, espressamente previste nel testo normativo, collegate rispettivamente a "particolari esigenze di celerità" (art. 7, comma 1) e alla natura generale dell'azione amministrativa posta in essere (art. 13, comma 1). Negli spazi lasciati vuoti dalla legge, tuttavia, si è inserita l'opera della giurisprudenza amministrativa, che, sostenendo la necessità di una "interpretazione adeguatrice" della norma al principio costituzionale di buon andamento, mira a superare la portata letterale della disposizione di cui all'art. 7 della legge n. 241/90, e a tal fine individua una serie di procedimenti amministrativi "implicitamente" sottratti all'obbligo informativo. Si è così andato configurando un "diritto giurisprudenziale", in base al quale le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo, di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/90, "non vanno applicate meccanicamente e formalisticamente", ma devono essere interpretate in modo ragionevole, nel senso di ritenere legittimi i procedimenti nei quali sia stato comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione naturalmente tende. Diversamente, si darebbe luogo ad "un'inutile ripetizione di atti, con aggravio sia per l'amministrazione che per l'interessato". La stessa giurisprudenza finisce con il restringere la portata della norma individuando una serie di casi speciali, diversi da quelli indicati espressamente dalla legge, in cui non troverebbe applicazione l'istituto della comunicazione; o tende a deprivare di effetti sostanziali l'eventuale inadempimento all'obbligo di cui all'art. 8 della legge sul procedimento. I tentativi di interpretazione e individuazione di nuove deroghe agli obblighi di comunicazione si richiamano inoltre a quell’interpretazione delle norme in materia di partecipazione al procedimento alla stregua della quale non sono annullabili, anche se violativi dell’obbligo di comunicazione, quei procedimenti nei quali sia stato comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione di avvio tende1. A questo proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che, essendo la partecipazione prevista in funzione dell’arricchimento che ne deriva all’azione amministrativa, la comunicazione di avvio del procedimento è necessaria solo quando la comunicazione stessa sia in grado di apportare qualche utilità all’amministrazione. 2 1.2 L’urgenza di provvedere La giurisprudenza prevalente è concorde nel ritenere che le ragioni di urgenza che giustificano l’omissione della comunicazione di avvio debbano essere obiettive, concrete ed attuali. Sono state individuate tipologie di atti 1Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 15 giugno 2004, che ha ritenuto legittima la procedura, ancorché non preceduta dalla comunicazione di avvio, nella quale l’interessato abbia già portato a conoscenza dell’amministrazione le problematiche derivanti dall’incidenza del provvedimento finale sulla propria sfera soggettiva e risulti che l’amministrazione abbia riconosciuto l’esigenza di predisporre misure concrete in relazione ai contributi partecipativi dedotti dal privato. Cfr. anche Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 4018/2004, per la quale “le norme in materia di procedimento amministrativo[…] non vanno applicate meccanicamente e formalisticamente nel senso che sia necessario annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, ma vanno interpretate nel senso che non sono annullabili i procedimenti che hanno comunque raggiunto lo scopo cui la comunicazione di avvio tende, in quanto in caso contrario, si farebbe luogo ad una inutile ripetizione del procedimento, con aggravio sia per l’amministrazione sia per l’interessato 8 nella fattispecie, il ricorrente lamentava la mancata comunicazione individuale dell’avvio del procedimento che ha portato all’approvazione del progetto definitivo della variante con conseguente D.P.U. dell’opera). 2 Cfr. Tra Lazio, sez.II, 14 novembre 1996, n.2051 e di procedimenti in relazione alle quali si è ritenuto di poter configurare in astratto l’urgenza 3 . Tuttavia, come si è detto, appare prevalente in giurisprudenza la tendenza a delimitare il concetto di urgenza prendendo in considerazione di volta in volta la rilevanza della garanzia procedimentale ( così relativamente alla dichiarazione di pubblica utilità implicita, cfr. infra, ai procedimenti di espulsione dello straniero rispetto ai quali si è ritenuta l’idoneità della partecipazione procedimentale ad apportare qualche utilità all’istruttoria). 1.3 Le cautele procedimentali La giurisprudenza prevalente è nel senso della incompatibilità della comunicazione e del provvedimento cautelare. Cionodimeno, si ritiene che la norma di cui all’art.7, secondo comma, non abbia conferito alla Pubblica Amministrazione un potere cautelare di tipo generale. Le misure cautelari infraprocedimentali che legittimano il “rinvio” dell’avviso di comunicazione devono dunque risultare da specifiche normative di settore. 2. Rapporti tra disciplina generale del procedimento e discipline speciali Resta da chiarire, in quale rapporto si ponga la disciplina generale del procedimento - ed in particolare della partecipazione - con precedenti compiute discipline speciali. La giurisprudenza prevalente della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato, sembra essere orientata ad integrare, in una prospettiva di complementarità, le discipline speciali con gli istituti della legge sul procedimento che non trovino in esse un equivalente. In sostanza, non si ritiene sussistere l’obbligo di comunicazione con riferimento a quei procedimenti che siano già dettagliatamente disciplinati da normative specifiche che prevedano una fase partecipativa. Tuttavia, non sempre ciò avviene garantendo adeguata omogeneità dei livelli di tutela accordati, ed anzi, in taluni casi, le esigenze di speditezza dell'azione amministrativa sembrano troppo affrettatamente sopravanzare l'effettiva partecipazione del privato. 3 Consiglio di Stato, sezione VI, 25 settembre 2000 n.5061. Cfr. inoltre Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 ottobre 2004 n. 6462 con la quale è stato affermato che “ove l’amministrazione sia tenuta a prestare immediata ottemperanza ad un’ordinanza cautelare del giudice amministrativo senza alcuna dilazione, e l’effetto dell’atto conclusivo del procedimento da avviarsi in sede di esecuzione dell’ordinanza scaturisca direttamente dall’ordinanza stessa debbono ritenersi sussistenti le ragioni di urgenza e celerità che giustificano l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento”. Sussiterebbero inoltre ragioni di urgenza nel caso di provvedimenti repressivi di abusi edilizi (ingiunzione di demolizione) 3.Ambito di applicazione oggettivo: 3.1Obbligo di comunicazione e provvedimenti vincolati Permane incerta la necessità della comunicazione di avvio quando l'adozione del provvedimento non implichi il compimento di valutazioni di natura discrezionale o l'accertamento di circostanze di fatto suscettibili di vario apprezzamento. 4 Tra i due poli - quello alla stregua del quale l’istituto della comunicazione si applicherebbe all’attività discrezionale e non a quella vincolata5, e l’altro alla stregua del quale la necessità di dare avviso del procedimento sussiste anche in relazione a provvedimenti vincolati - si inserisce una tesi intermedia che opera una distinzione in concreto tra le due tipologie di provvedimenti, vincolati e discrezionali. In base a quest'ultima posizione, l'avviso di avvio viene ritenuto superfluo solo nei casi in cui i presupposti di fatto per l'adozione di atti vincolati non siano contestati da parte degli interessati, mentre continua ad essere richiesto laddove costoro siano in condizioni di far emergere elementi utili alla istruttoria. 3.2 Provvedimenti impositivi di vincoli La giurisprudenza ritiene la necessità della comunicazione per i procedimenti volti all’imposizione di vincoli storico-artistici e ciò sia con riferimento ai vincoli diretti che a quelli indiretti. Così, ad esempio, con riguardo ai procedimenti finalizzati all'imposizione del vincolo indiretto a tutela dei beni di notevole interesse storico ed artistico, la partecipazione procedimentale viene vista non solo in funzione "di mero apporto conoscitivo del privato" ma anche "come mezzo per concorrere alle scelte dell'amministrazione” sicchè la partecipazione vale anche come cooperazione alle scelte di tipo autoritativo.6 4 5 Cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 ottobre 2004 n. 6462 In una situazione caratterizzata dall'assenza di momenti di scelte discrezionali, non può essere ravvisata la violazione dell'art. 7, legge 241/90, non essendo revocabile in dubbio che la regola procedimentale dettata da detta disposizione non possa essere interpretata ed applicata in modo formalistico ed acritico, ma debba essere correlata alla peculiarità della concreta vicenda procedimentale considerata, tenendo conto dei criteri generali che governano lo svolgimento dell'attività amministrativa ed individuano i contenuti fondamentali del rapporto tra esercizio della potestà pubblica e tutela della posizione delle parti interessate (Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823); 5 6 Cfr. per tutte Consiglio di Stato, sezione VI, 19 novembre 1996, n. 1603; Consiglio di Stato, sezione VI, 16 gennaio 1997, n.57 Quanto poi ai procedimenti di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, è stato ritenuto che l’esplicazione del potere di annullamento ministeriale del nulla-osta paesaggistico rilasciato dall’autorità comunale non richiederebbe la previa comunicazione. L’intervento del Ministero, infatti, si inserirebbe in un unico procedimento di verifica della compatibilità ambientale dell’opera, del quale il privato sarebbe ex ante a conoscenza. 7 In senso contrario, una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato – sezVI, 19 ottobre 2004 n.6768, per la quale il potere di annullamento ministeriale è esercitato in una fase procedimentale che ha natura di secondo grado e che è di competenza di un diverso organo rispetto a quello che ha rilasciato l’autorizzazione. Ne discende l’obbligo della comunicazione di avvio allo scopo di consentire all’interessato di avvalersi concretamente degli strumenti di partecipazione e di accesso previsti dalla legge. 3.3 Procedimenti ad iniziativa privata e procedimenti ad iniziativa d’ufficio La necessità della comunicazione è in genere esclusa in relazione a procedimenti ad iniziativa degli stessi destinatari, essendo questi a conoscenza dell’inizio del procedimento. L’opzione maggioritaria è nel senso della non comunicazione dell’avvio per via della superfluità della comunicazione della notizia di cui il privato è a conoscenza. Viene meno dunque in questi casi l’esigenza di garantire trasparenza e di consentire al privato la possibilità di difendersi. 3.4 Procedimenti di secondo grado La giurisprudenza in un primo tempo ha tentato di estendere anche a queste fattispecie le conclusioni cui è pervenuta in tema per i procedimenti ad istanza di parte: i procedimenti di secondo grado altro non sarebbero, secondo quest’interpretazione, che una prosecuzione di quelli di primo grado che li hanno preceduti. Senonchè, questa ricostruzione presenta due ostacoli: uno di ordine giuridico, ciò infatti presupporrebbe che il secondo procedimento fosse espressione del medesimo potere esercitato con il provvedimento di amministrazione attiva, mentre, in realtà, si tratta di poteri diversi; il 7 Cfr. Consiglio di Stato, sezione, VI, 1 dicembre 1999, n.2069 secondo ostacolo è di ordine sostanziale, si deve ritenere che mentre nel caso di procedimenti di primo grado il soggetto finisce comunque con il possedere tutte le informazioni che gli possono essere utili, la stessa considerazione non può valere per il procedimento di secondo grado, restando, in questo caso, ignoti al destinatario, l’Amministrazione in concreto procedente, l’oggetto, il responsabile del procedimento etc.. Infine, i procedimenti di secondo grado sono, in genere, fortemente afflittivi e costituiscono esercizio di potere discrezionale. Accogliendo i rilievi appena esposti, la giurisprudenza più recente è giunta a ritenere applicabili le norme in tema di comunicazione ai provvedimenti di autotutela d’ufficio.8 3.5 Provvedimenti senza procedimenti Si osserva al riguardo che la necessità della comunicazione di avvio del procedimento ai destinatari dell'atto finale è stata prevista in generale dal menzionato art. 7 non soltanto per i procedimenti complessi che si articolano in più fasi (preparatoria, costitutiva ed integrativa dell'efficacia), ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l'adozione dell'atto finale, i quali comunque comportano una fase istruttoria da parte della stessa autorità emanante. La portata generale del principio è confermata dal fatto che il legislatore stesso (art. 7, 1° comma, ed art. 13 L. 241/90) si è premurato di apportare delle specifiche deroghe (speciali esigenze di celerità, atti normativi, atti generali, atti di pianificazione e di programmazione, procedimenti tributari) all'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, con la conseguenza che negli altri casi deve in linea di massima garantirsi tale comunicazione, salvo che non venga accertata in giudizio la sua superfluità in quanto il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso anche se fosse stata osservata la relativa formalità9. 3.6 Obbligo di comunicazione e procedimenti espropriativi Come accennato, la giurisprudenza, qualora normative speciali prevedano forme di partecipazione al procedimento, tende a far salve tali disposizioni qualora siano altrettanto garantistiche. Con riferimento ai procedimenti espropriativi si è posto il problema di verificare se la struttura del 8 9 Consiglio di Stato, sezione V, 23 aprile 1998 n.479; Consiglio di Stato, sezione , sentenza 19 ottobre 2004 n.6778 Consiglio di Stato,11 maggio 2004 n. 2953, Consiglio di Stato, 19 ottobre 2004 n.6768 procedimento fosse tale da garantire adeguatamente la partecipazione del privato. In tema di procedimento di occupazione di urgenza, le disposizioni contenute nel capo III della l. n. 241/1990 sono considerate quali "principi generali dell'ordinamento", la cui applicazione prescinde, salvi i limiti espressamente previsti, dal tipo di procedimento avviato. La più recente elaborazione giurisprudenziale si è soffermata sul tema della comunicazione di avvio nei subprocedimenti espropriativi di occupazione d’urgenza e di dichiarazione di pubblica utilità implicita, giungendo a sostenere che : 10 - l’occupazione l'occupazione d'urgenza è meramente attuativa dei provvedimenti presupposti e, pertanto, nonostante il connotato dell’urgenza, non essendo caratterizzata da momenti discrezionali, non richiede il preventivo avviso di inizio del procedimento (Cons. Stato, ad. plen., 14/99, cit.). A questa tesi si contrappone quella parte della giurisprudenza più recente alla stregua della quale, fermo restando il carattere esecutivo del provvedimento de quo, residuino delle valutazioni di fatto rispetto alle quali il privato deve poter interloquire; - la necessità di comunicare l'avvio del procedimento nella fase procedimentale diretta alla occupazione d'urgenza, resta comunque esclusa ove l'interessato abbia avuto modo, anche spontaneamente ed indipendentemente da ogni comunicazione di avvio, di introdurre i propri interessi nel (precedente e) diverso momento "in cui si è andata definendo la volontà di localizzare l'opera in un certo luogo, secondo un determinato tracciato progettuale"; 10 - l’obbligo di dare comunicazione dell’avvio del procedimento sussiste in caso di dichiarazione di pubblica utilità implicita nell’approvazione del progetto di opere pubbliche. In termini procedimentali, la dichiarazione di pubblica utilità non è il frutto di un subprocedimento interno al procedimento espropriativo, ma è momento terminale di un procedimento autonomo, che si conclude con un atto di natura provvedimentale, appunto immediatamente impugnabile. L’opposta tesi – quella secondo cui la norma sull'avviso non si applicherebbe alla dichiarazione di pubblica utilità implicita - avrebbe la conseguenza di espungere dall'ambito del giusto procedimento, fuori dai casi previsti dalla legge, un procedimento amministrativo autonomo. Secondo principi consolidati, la dichiarazione di Cass. civ., sez. Unite, 5 luglio 2004, n. 12266 pubblica utilità avrebbe come effetto la sottoposizione del bene al regime di espropriabilità, determinando così l’affievolimento del diritto di proprietà e ponendosi come presupposto dell’espropriazione. La dichiarazione di pubblica utilità dunque, quale atto immediatamente lesivo, è autonomamente impugnabile.11 4. Contenuto soggettivo dell’obbligo L’avvio del procedimento deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge devono intervenirvi, nonché a quegli altri che, individuati o facilmente individuabili, possano subirne un pregiudizio. La giurisprudenza ha chiarito che non sussiste obbligo di comunicazione laddove il soggetto sia comunque venuto a conoscenza dell’inizio del procedimento che lo riguarda. Più in particolare, si è affermato che la comunicazione va fatta nei confronti di coloro che siano titolari di un interesse qualificato sul quale è destinato ad incidere il provvedimento. 5.Conseguenze dell’omessa comunicazione La giurisprudenza ha, sino ad oggi, accolto un’impostazione sostanzialistica e finalistica in tema di omessa comunicazione: varie decisioni ribadiscono infatti la legittimità del procedimento che ha raggiunto aliunde lo scopo cui la comunicazione tende (ad esempio, se il destinatario ha ricevuto comunque notizia dell'avvio del procedimento o se vi è in qualche modo intervenuto). Il Consiglio di Stato, nondimeno, ha di recente escluso che in tali circostanze possa prodursi, almeno di norma, un effetto sanante del vizio di violazione dell'art. 7, l. n. 241/1990, mancando, tra l'altro, la comunicazione degli elementi previsti dall'art. 8 della medesima legge. Quanto alle conseguenze della violazione dell’obbligo ove ritenuto sussistente, viene senz’altro disposto l’annullamento del provvedimento, concretando detta omissione un vizio di violazione di legge. Inoltre, secondo l’orientamento ormai prevalente, l’annullamento del provvedimento finale per omissione dell’avviso di inizio del procedimento apre la strada al risarcimento del danno provocato dal provvedimento illegittimo.Ciò tanto più se, come accade, la comunicazione di avvio del procedimento sia rappresentata come un interesse sostanziale alla conoscenza dell’attività amministrativa. 11 Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 4018/2004 Quest’ultimo approccio, finalistico-sostanziale, che sembra allo stato consolidato, appare, peraltro, in linea con la soluzione accolta dal disegno di legge di riforma della 241/90 che prevede deroghe espresse all’obbligo di comunicazione, tra gli altri, nei provvedimenti ad istanza del privato nonché nei casi in cui il privato sia venuto aliunde a conoscenza del procedimento.