Cefalea da abuso di analgesici: una realtà, non un

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Nr. 215
giugno 2011
Cefalea da abuso di analgesici: una realtà, non un paradosso
La cefalea rappresenta una delle ragioni più frequenti di richiesta di consultazione medica sia nella medicina
generale che nei centri specialistici di neurologia.
L’escalation farmacologica
Per alleviare il mal di testa i pazienti assumono i farmaci prescritti dal medico, ma anche farmaci acquistati
autonomamente in farmacia, spesso in modo scorretto. In particolare l’uso frequente e regolare di analgesici ha
un effetto paradosso e anziché migliorarlo peggiora il mal di testa, portando ad una condizione di cronicità che
viene definita cefalea da abuso di medicinali o MOH, acronimo inglese di Medication Overuse Headache.
Come si distingue la MOH dal comune mal di testa?
La caratteristica principale della MOH è quella di essere quasi permanente. E’ proprio l’assenza di intervalli
liberi dal dolore che consente di distinguerla dalla cefalea emicranica che, invece, dura al massimo 48-72 ore,
poi scompare per ripresentarsi anche più volte nel corso dello stesso mese. Nella MOH, il mal di testa è
presente per almeno 15 giorni al mese, tende ad aggravarsi durante l’assunzione dei farmaci e si manifesta in
pazienti affetti da emicrania o cefalea tensiva (raramente da cefalea a grappolo) che impiegano analgesici in
quantità eccessiva per più di 10-15 giorni al mese. Vi sono prove che nel tempo subentra una condizione di
tolleranza che spinge il paziente ad aumentare progressivamente la dose di analgesico. Nella maggior parte dei
casi, il mal di testa, variabile come gravità, tipologia e localizzazione, è accompagnato da altri sintomi quali
astenia (stanchezza), nausea, irrequietezza, irritabilità, difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e
depressione dell’umore.
Quanti ne soffrono?
Per molto tempo si è trascurato il possibile legame tra abuso di analgesici e comparsa di cefalea perché in una
persona con un mal di testa quasi continuo si era portati a considerare l’evento in sé come causa
dell’assunzione dei farmaci e non il contrario. La farmacodipendenza da analgesici ha uno sviluppo insidioso
che ha reso difficile la sua quantificazione epidemiologica. Secondo indagini condotte in vari paesi, interessa il
25-64% delle persone che afferiscono ai centri per le cefalee; il “paziente tipo” è di sesso femminile (rapporto
donne/uomini di 3 a 1), ha una età media compresa tra i 40 e i 50 anni e ha una storia di mal di testa di vecchia
data (superiore a 5 anni).
Quali sono i farmaci implicati?
Inizialmente rilevato con l’ergotamina (es. Cafergot) ormai abbandonata, questo effetto è stato in seguito
dimostrato per gli agonisti della serotonina, i “triptani” (almotriptan, Almogran; eletriptan, Relpax; frovatriptan,
Auradol e Rilamig; rizatriptan, Maxalt e Rizaliv; sumatriptan, Imigran; zolmitriptan, Zomig) e per farmaci non
specifici come gli antinfiammatori non steroidei (FANS), il paracetamolo e la codeina. Oggi si può affermare che
l’abuso di qualsiasi farmaco utilizzato nel trattamento acuto della cefalea può causare MOH. Le associazioni di
analgesici con caffeina o codeina (es. Co-Efferalgan, Tachidol) creano facilmente dipendenza e possono
favorirne l’insorgenza. Nello sviluppo della cefalea da abuso di analgesici è più importante la frequenza delle
somministrazioni che il quantitativo assoluto di farmaco: assumere tutti i giorni basse dosi di analgesico
comporta rischi maggiori che assumerne una dose elevata una sola volta alla settimana. In genere occorrono
anni (sino a 5) di impiego regolare di farmaci perché si instauri una condizione cefalalgica pressoché
quotidiana. Il mal di testa da abuso di triptani tende a svilupparsi più rapidamente rispetto a quanto accade con
gli altri analgesici tradizionali (anche solo dopo 6 mesi di uso continuativo ogni 2-3 giorni).
Con quale meccanismo di base?
Il meccanismo attraverso il quale la somministrazione cronica di analgesici può trasformare una cefalea
primaria in MOH non è completamente chiarito, anche se con ogni probabilità sono interessate le vie di
trasmissione e percezione centrale del dolore che vedono coinvolta la serotonina. L’uso protratto di
antiemicranici porterebbe ad una attivazione continua dei recettori della serotonina che si ridurrebbero di
numero (downregulation): la minore attività dei sistemi di controllo del dolore avrebbe come conseguenza un
peggioramento del mal di testa.
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Come si riconosce?
Non sono necessarie indagini particolari per identificare una MOH: bastano la storia del paziente e il quadro
clinico generale. Uno dei punti critici riguarda il pattern d’uso degli analgesici, sia quelli prescritti dal medico che
quelli di automedicazione. Va sospettata la presenza di una cefalea da abuso di analgesici in qualsiasi persona
con mal di testa cronico che impieghi triptani o associazioni di analgesici od oppioidi per più di 10 giorni al mese
o FANS per più di 15 giorni al mese. Il farmacista ha una visione unificante del profilo di trattamento e la sua
collaborazione nel completamento della storia farmacologica del paziente è preziosa. Pur in assenza della
diagnosi sulla ricetta, la specificità dei farmaci più utilizzati nel trattamento dell’emicrania, i triptani, consente di
risalire alla patologia di base e di correlare allo stesso paziente le eventuali richieste di analgesici OTC: FANS e
soprattutto le associazioni contenenti caffeina, come NeoCibalgina, NeoNevral, NeOptalidon, Saridon. Spesso
queste informazioni non sono note al medico curante perché non ricercate o perché non riferite con precisione
dal paziente o non riportate affatto.
Come si esce dal tunnel?
Una volta accertata la presenza di MOH, c’è una cosa sola da fare:
sospendere tutti i farmaci. Più facile da affermare che da mettere in pratica. Il
Una volta accertata
paziente risulta infatti farmaco-dipendente anche sotto il profilo psicologico è
può essere difficile convincerlo che il suo mal di testa ha una causa iatrogena.
la presenza di MOH,
Il circolo vizioso tra abuso di analgesici e cefalea può essere interrotto solo se
la sola cosa da fare
il paziente è pienamente consapevole della situazione di rischio che sta
vivendo e della concatenazione di eventi che l’hanno prodotta e aggravata. Il
è sospendere tutti
paziente deve inoltre sapere che l’interruzione degli analgesici porterà ad un
aumento del mal di testa (cefalea da rimbalzo) e ad un peggioramento degli
i farmaci
altri sintomi coesistenti (nausea, vomito, irrequietezza, nervosismo, ansia e
insonnia). La sospensione deve essere “assistita”, sotto la supervisione di un
medico, e pianificata in anticipo onde evitare che vada a sconvolgere la vita del paziente, prevedendo una
assenza dal lavoro per una settimana e visite a scadenza ravvicinata. Nella maggior parte dei casi si può
procedere ambulatorialmente alla sospensione degli analgesici e antiemicranici o ad una riduzione progressiva
del dosaggio qualora si tratti di farmaci contenenti caffeina od oppioidi (maggiormente responsabili di sintomi da
astinenza); nei casi più complessi, può essere più opportuna l’ospedalizzazione del paziente per un controllo
più stretto della situazione.
Trattamento dei sintomi da astinenza
Un problema che si deve affrontare nel divezzamento da analgesici è quello dei sintomi da astinenza. Detto del
vomito che, se presente, può essere attenuato o eliminato con metoclopramide, maggiori incertezze esistono
nella gestione del mal di testa. Mancando solide indicazioni provenienti da studi clinici controllati, le varie
proposte riflettono l’opinione di esperti. L’analgesico sul quale convergono i più è il naproxene (250 mg per 3/die
o 500 mg per 2/die) da assumere con regolarità o “al bisogno”. Uno schema prevede un unico ciclo di
trattamento protratto per un massimo di 3-4 settimane, un altro suggerisce un ciclo più lungo (6 settimane), ma
con frequenza decrescente (3 volte al giorno per 2 settimane, 2 volte per 2 settimane, una sola volta al giorno
per 2 settimane). L’amitriptilina e il topiramato possono essere utili per migliorare il mal di testa (l’amitriptilina è
efficace anche nei disturbi del sonno e dell’umore), ma non vi sono dati sufficienti per raccomandarne un
impiego routinario; la scelta va soppesata con attenzione tenendo conto dei loro effetti indesiderati, soprattutto
quelli del topiramato, che possono risultare fortemente limitativi (es. anoressia, disturbi cognitivi, depressione).
Come si previene il rischio di ricadute?
Nell’arco di 2 mesi si osserva una progressiva riduzione del mal di testa e nella maggior parte dei pazienti viene
a stabilizzarsi la stessa cefalea che aveva originariamente indotto il ricorso agli analgesici. A questo punto si
può riprendere il trattamento sintomatico con l’avvertenza tassativa per il paziente di non superare i 2 giorni per
settimana di uso regolare. Il paziente deve essere mantenuto sotto stretto controllo e se il mal di testa aumenta
di intensità o di frequenza va presa in considerazione una eventuale profilassi (iniziando con i betabloccanti, i
farmaci meglio documentati). La fase post-divezzamento risulta molto “delicata” sotto il profilo del
consolidamento della normalità terapeutica. Durante il primo anno dopo la sospensione, dal 31% al 45% dei
pazienti ritorna alla condizione originaria con riassunzione massiccia di analgesici/antiemicranici e ricomparsa di
uno stato cefalalgico cronico. In questo periodo di tempo così fortemente critico è necessario che il paziente
venga seguito regolarmente con visite programmate per evitare il rischio di ricadute.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
Management of medication overuse headache. DTB 2010; 48:2-6. Steiner TJ et al. Guidelines for all healthcare professionals in diagnosis
rd
edition [online].
Available:
and management of migraine, tension-type, cluster and medication-overuse headache. 3
http://216.25.88.43/upload/NS_BASH/BASH-guidelines_2007.pdf
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