Americhe. Zika e microcefalia (EDISAN 13 aprile 2016) All’8 aprile, 34 paesi o territori delle Americhe hanno notificato dei casi di trasmissione vettoriale del virus Zika [1]: - 9 in America del sud (non hanno ancora notificato Perù, Cile continentale, Argentina, Uruguay); - 7 in America centrale (tutti tranne Belize); - 18 nei Caraibi (praticamente tutte le isole del bacino dei Caraibi) Ciò che principalmente preoccupa sono le complicanze fetali dell’infezione che avvengono durante la gravidanza. Il Brasile, primo paese colpito, ne sta osservando il maggior numero. Altrove sono ancora molto poco numerose. Brasile L’incidenza delle microcefalie congenite, che prima era dell’ordine di 150 all’anno, è molto aumentata in Brasile dopo l’arrivo del virus Zika a febbraio 2015. A novembre 2015, il Ministero della Salute aveva già contato 739 casi “sospetti”. Secondo le ultime statistiche brasiliane, datate 2 aprile 2016 [2], sono stati recensiti dall’inizio dell’epidemia 6.906 casi di microcefalie (osservate in neonati, in nati morti, in prodotti di aborti): 4.046 (58,6%) sono ancora in corso di indagine; tra i 2.860 casi studiati, 1.046 sono casi confermati di microcefalia (accompagnati o meno da lesioni cerebrali) correlati ad un’infezione materna avvenuta durante la gravidanza, mentre i 1.814 casi rimanenti non possono essere imputati al virus Zika. I 6.906 casi sono stati notificati da 1.307 dei 5.570 comuni del Brasile, i casi confermati da 390 comuni. Dei 1.046 casi confermati, 978 (93,5%) si trovano negli Stati del Nord-Est, che nel 2014 era stata la prima regione del Brasile pesantemente colpita dall’epidemia. In 227 dei 6.906 casi notificati si è verificata la morte fetale o neonatale; di questi 227 casi, 51 (22,5%) sono casi confermati di microcefalia (con o senza lesioni cerebrali) in relazione con un’infezione congenita; il 65% dei casi resta in corso di indagine; per 28 casi (12,3%) è scartata la responsabilità del virus Zika. Uno studio preliminare caso-controllo in corso nello Stato di Paraìba (regione del Nord-est) [3], indica che sono le madri che avevano contratto l’infezione Zika durante il 1° trimestre di gravidanza che rischiano maggiormente di avere bambini colpiti da microcefalia. Secondo gli autori di questo studio, il rischio che questa anomalia si verifichi, così come le lesioni cerebrali che possono accompagnarla, non può essere quantificato finché non sarà terminato il confronto con il gruppo di controllo. Sebbene la responsabilità del virus Zika nella patogenesi della microcefalia e delle lesioni neurologiche che l’accompagnano sembri molto probabile, non è stata ancora stabilita la sua responsabilità esclusiva in modo assolutamente formale e l’ipotesi di un cofattore non è stata scartata, tranne quella della responsabilità tossica di un certo insetticida, un momento sollevata. Polinesia francese E’ stata colpita da un’epidemia da ottobre 2013 ad aprile 2014 con, secondo un’inchiesta di sieroprevalenza condotta in seguito, un tasso di attacco di 66% della popolazione (popolazione totale 270.000 abitanti). Sono stati identificati otto casi di microcefalia, di cui 7 dal 1° marzo al 18 luglio 2014. Il rischio che si sviluppi microcefalia quando l’infezione è contratta nel 1° trimestre di gravidanza è stimato intorno all’1% [4]. Martinica Dall’arrivo del virus in dicembre, un’infezione da virus Zika è stata confermata in 106 donne gravide [5]. Sono stati identificati con l’ecografia due casi di microcefalia ed un altro caso di malformazione fetale. Colombia L’epidemia di Zika è iniziata alla fine del mese di settembre. I primi casi di microcefalia sono apparsi in gennaio. Al 27 marzo, sono stati notificati 34 casi “di tutte le cause”, di cui 8 sono in fase di ricerca di un’infezione da virus Zika; per ora l’ipotesi Zika è stata esclusa per uno degli 8 casi. Panama Due casi di microcefalia sono stati notificati il 7 aprile, di cui uno associato a malformazioni cerebrali [2]. Due osservazioni di microcefalia di importazione. Due osservazioni di microcefalia con lesioni neurologiche associate, contratte in zona di endemia americana ma importate una negli USA, l’altra in Slovenia, sono particolarmente istruttive per i dettagli forniti. 1) Uno dei due casi [6] è quello di una donna slovena di 25 anni, precedentemente in buona salute, che lavorava da dicembre 2013 in Brasile a Natal, capitale del Rio Grande. Incinta da febbraio 2015, presenta durante la sua 13a settimana di gravidanza una sindrome febbrile con dolori muscoloscheletrici, dolori periorbitari, prurito, rash cutaneo. Si sospetta un’infezione da Zika, ma nessuna conferma è stata ricercata. Ecografie fetali eseguite alla 14a e 20a settimana di gravidanza sono normali. La paziente rientra in Slovenia alla 28a settimana. L’ecografia eseguita la settimana successiva mostra i primi segni di anomalie fetali, che giustificano il ricovero in un reparto di perinatologia. A questo stadio si nota anche una diminuzione dei movimenti fetali. L’ecografia eseguita alla 32a settimana conferma il ritardo di crescita, e mette in evidenza numerose calcificazioni cerebrali ed una microcefalia (dettagli nella pubblicazione). Si decide di interrompere la gravidanza. Tre giorni dopo viene eseguita l’autopsia del feto e della placenta. Il peso del feto è di 1.470 g (5° percentile), la lunghezza 42 cm (10° percentile), la circonferenza cranica 26 cm (1° percentile). Il peso della placenta è molto basso (<3° percentile), così come il peso del cervello (84 g). Il cervello del feto è positivo alla RT-PCR per il virus Zika, mentre tutti gli altri test PCR eseguiti sono negativi (Dengue, febbre gialla, West Nile, Chikungunya, coriomeningite linfocitaria, citomegalovirus, rosolia, varicella, herpes, parvovirus B19, enterovirus, toxoplasma). Gli autori ritengono che l’infezione del feto da virus ZIka abbia arrestato lo sviluppo cranio-cerebrale a partire dalla 20a settimana di gravidanza, 7 settimane dopo l’infezione iniziale. 2) L’altro caso [7] è quello di una donna di 33 anni, finlandese, residente a Washington, che, alla fine di novembre 2015, quando era incinta di 11 settimane, ha fatto un viaggio in America centrale (Messico, Guatemala, Belize) con suo marito. La coppia riferisce di aver sofferto in Guatemala di numerose punture di zanzara. Il giorno seguente il ritorno a Washington, entrambi presentano stato subfebbrile con dolori oculari e mialgie, e al dodicesimo giorno anche rash. Questa sindrome febbrile dura 5 giorni. La donna incinta intraprende allora un viaggio in Finlandia dove, 4 settimane dopo l’inizio dell’episodio febbrile, vengono eseguite le sierologie: sono negative per dengue e chikungunya, ma positive in IgG e IgM per il virus Zika. Ecografie fetali sono eseguite a 13, 16 e 17 settimane di gravidanza, rispettivamente 1, 4 e 5 settimane dopo la risoluzione dell’episodio febbrile iniziale; non mostrano né microcefalia né calcificazioni intracraniche. Ma, tra la 16a e la 20a settimana si precisa una regressione della circonferenza cranica del feto (caduta dal 47° al 24° percentile). Alla 19a settimana appaiono anomalie intracraniche. Alla 21a settimana si decide di interrompere la gravidanza. Gli studi realizzati sul cervello del feto apportano numerose informazioni complementari, così come la comparazione degli studi virologici effettuati sul cervello del feto, la placenta e nella madre. Le cariche virali studiate con RT-PCR quantitativa sono molto elevate nel cervello del feto, nella placenta, nel cordone ombelicale, più basse nei visceri del feto; la carica virale è molto bassa nel liquido amniotico. Il genoma del virus in causa è strettamente collegato a quello del virus Zika che circola in Guatemala. Nella madre il siero positivo in RNA virale il giorno prima dell’interruzione della gravidanza (con carica virale debole) è negativo, come anche la saliva e le urine, 11 e 13 giorni dopo. Nella discussione, gli autori indicano che la riduzione progressiva della circonferenza cranica a partire dalla 16a settimana (4 settimane dopo la fine dell’episodio infettivo iniziale) ha permesso di scoprire l’evoluzione verso la microcefalia. Ecografie precedenti sarebbero state falsamente rassicuranti, e la loro ripetizione ha avuto un forte valore predittivo, come le successive immagini di risonanza magnetica. Gli autori hanno ugualmente osservato che l’RNA virale, presente nel siero della madre 4 e 10 settimane dopo l’inizio dell’infezione virale, non c’era più dopo l’interruzione della gravidanza. Ipotizzano che la persistenza della viremia durante la gravidanza sia stata la conseguenza della forte replicazione virale nel feto e nella placenta. La RT-PCR quantitativa successiva eseguita sul siero di una donna incinta colpita dal virus Zika potrebbe avere anche un valore predittivo. Nella paziente, i livelli di infezione erano più alti nel siero che nel liquido amniotico. La dinamica dell’infezione materna scoperta tramite l’analisi del siero deve tuttavia essere oggetto di ricerche complementari. FONTI 1. PAHO – aggiornamenti epidemiologici Zika, 8 aprile 2016 http://www.paho.org/hq/index.php?option=com_content&view=article&id=11599&Itemid=41691&lang=en 2. Brasile. Casi di microcefalia. Settimana epidemiologica 27 marzo-2 aprile. http://portalsaude.saude.gov.br 3. Microcefalia 15 marzo http://portalsaude.saude.gov.br/index.php/cidadao/principal/agencia-saudade/22994-microcefaliaestudo-aponta-que-1-trimestre-pode-ser-de-maior-risco-para-gravidas 4. Cauchemez S et al. Association between Zika virus and microcephaly in French Polynesia, 2013–15: a retrospective study (Lancet, on line 15 marzo) http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2816%2900651-6/fulltext 5. INVS, Virosi ZIka. Situazione epidemiologica in Antille Guyana al 31 marzo. http://www.invs.sante.fr/Publications-etoutils/Points-epidemiologiques/Tous-les-numeros/Antilles-Guyane/2016/Situation-epidemiologique-du-virus-Zika-auxAntilles-Guyane.-Point-au-7-avril-2016 6. Rita W. Driggers et al. Zika virus infection with prolonged maternal viremia and fetal brain abnormalities. N Engl J Med, aprile 2016 http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1601824#t=article 7. Mlakar J et al. Zika virus associated with microcephaly. . N Engl J Med, 10 marzo 2016;374:951-958 http://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa1600651#t=article