Gennaio 2012 - Custodia di Terra Santa

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Cronaca custodiale
gerusalemme, 12 dicembre 2011
L’aurora di una nuova
evangelizzazione: la festa della
Beata Maria Vergine di Guadalupe
testo caterina foppa pedretti
foto marco gavasso
Nel pomeriggio di lunedì 12 dicembre è stata
celebrata nella Chiesa parrocchiale di San
Salvatore a Gerusalemme la S. Messa solenne
in lingua spagnola in occasione della festa della
Beata Maria Vergine di Guadalupe, patrona e
regina del Messico, delle Americhe e delle isole
Filippine. Per questa speciale occasione, davanti
all’altare e all’icona della Vergine splendidamente
adornati di rose con attorno veli azzurri con
piccole stelle, si sono raccolti tanti religiosi e
religiose di diverse congregazioni, molti dei
quali di origine sudamericana, nonché numerosi
membri delle comunità cristiane latino-americana
e filippina presenti in Israele, insieme a cristiani
locali di lingua araba, ad amici e collaboratori
della Custodia francescana di Terra Santa. La
celebrazione è stata presieduta dal Custode,
fra Pierbattista Pizzaballa, con il quale hanno
concelebrato il Vicario custodiale, fra Artemio
Vitores, e l’attuale Vicario del Patriarcato latino per
Cipro, fra Evencio Herrera Diaz. Ai lati dell’altare
hanno trovato posto i molti religiosi e sacerdoti
che hanno voluto rendere omaggio alla Vergine
di Guadalupe nel giorno della sua festa, tra cui
numerosi frati francescani della Custodia e padre
Guy Tardivy o.p., attuale priore della comunità
dominicana all’Ecole Biblique et Archeologique
Francaise di Gerusalemme.
Nella sua omelia, fra Herrera ha raccontato
brevemente la storia delle apparizioni della
Madonna a San Juan Diego Cuauhtlatoatzin,
un azteco convertitosi al Cristianesimo, a cui la
Vergine si sarebbe manifestata più volte, tra il 9
e il 12 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac,
a nord di Città del Messico. Juan Diego, un indio
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povero e privo di istruzione, una persona semplice
ma di limpida fede cristiana, a cui Maria chiese
di costruire un santuario in suo onore ai piedi
del colle delle apparizioni, faticò a conquistare
la fiducia e la comprensione del Vescovo a cui
raccontò degli incontri miracolosi. Ma la Vergine
offrì a Juan Diego un segno da mostrare come
prova della verità delle sue parole: dei bellissimi
fiori di Castiglia, fioriti fuori stagione nella desolata
pietraia del colle. Quando, davanti al Vescovo, Juan
Diego aprì il suo mantello (tilmàtli) per mostrare
i fiori raccolti, immediatamente sulla tilma, sotto
lo sguardo dei presenti, si impresse l’immagine
della Vergine Maria. Nel luogo delle apparizioni
fu subito eretta una cappella, che nel 1557 fu
sostituita da una cappella più grande e, in seguito,
da un vero e proprio santuario consacrato nel
1622. Infine, nel 1976, è stata inaugurata l’attuale
Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Nel
santuario è conservato il mantello di Juan Diego,
sul quale è raffigurata l’immagine di Maria, che
presenta i tratti somatici di una giovane indiana.
Per il colore scuro della sua pelle, Ella viene
chiamata dai fedeli Virgen morenita (Vergine
meticcia). “La Madonna di Guadalupe – prosegue
fra Herrera –rappresenta il volto di Dio che si
mostra al popolo messicano, con la pelle dal colore
scuro come quella dei popoli indigeni d’America
con i quali gli Spagnoli vennero a contatto al
loro arrivo, anzi con tratti meticci, auspicando e
precorrendo l’incontro e l’integrazione tra indigeni
e Spagnoli”. La Vergine di Guadalupe è l’aurora
di una nuova evangelizzazione, è anticipatrice
di una nuova, originale inculturazione della fede
cristiana, che sboccerà nelle peculiarità e nella
creatività di un intero continente. Scrive Papa
Giovanni Paolo II: “Nella imperante cultura
azteca è penetrata, dieci anni dopo la conquista,
l’avvenimento evangelizzatore di Maria di
Guadalupe, percepita come nuovo sole, creatore
di armonia tra gli elementi in lotta e che ha aperto
un’altra era. Questa presenza evangelizzatrice,
con la immagine meticcia di Maria che unisce in
sé due razze, costituisce una storica pietra miliare
di creatività connaturale ad una nuova cultura
cristiana in un Paese e, parallelamente, in un
continente. Per questo potrà giustamente dire la
Conferenza di Puebla che “Il Vangelo incarnato nei
nostri popoli li unisce in una originalità storica e
culturale che chiamiamo America Latina. Questa
identità è simbolizzata molto luminosamente dal
volto meticcio di Maria di Guadalupe che si pone
all’inizio dell’evangelizzazione” (Puebla, 446).
[...] Ed effettivamente, la coesione attorno ai valori
essenziali della cultura della nazione messicana si
realizza intorno ad un valore fondamentale, che per
il messicano – così come per il latino americano –
è stato Cristo, presentato da Maria di Guadalupe.
Per questo, Ella con ovvio riferimento a suo Figlio,
ha costituito il centro della religiosità popolare
del popolo messicano e della sua cultura, ed è
stata presente nei momenti decisivi della sua vita
individuale e collettiva”.
Il progetto di Dio, dunque, si compie attraverso
strade inattese, chiamando a collaborare un umile
indio, del quale tuttavia il Signore conosce la fede,
le virtù dell’animo, la sensibilità del cuore. Juan
Diego diverrà così il messaggero della Madonna
di Guadalupe, l’intermediario tra il popolo di
Dio e la Vergine, catechista e missionario, perché
Dio chiama tutti alla santità. Quindi la Vergine
meticcia, mentre si commemora in diversi
luoghi dell’America Latina il bicentenario della
loro indipendenza, è simbolo ancor oggi della
“vocazione alla speranza” e invita tutti coloro
che a lei si affidano a promuovere e a tutelare la
vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento
fine al suo termine, la dimensione sacramentale
della famiglia e la sua missione educativa, la pace
universale.
Al termine della S. Messa tutti i presenti hanno
partecipato alla processione con l’icona della
Vergine di Guadalupe dalla Chiesa di San Salvatore
ai locali della Curia custodiale, passando attraverso
il cortile. In Curia, infine, dopo la benedizione
solenne, vi è stato un piacevolissimo momento
conviviale, durante il quale è stato possibile
assaggiare alcune pietanze tipiche della cucina
messicana.
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Cronaca custodiale
gerusalemme, 20 dicembre 2011
Seconda edizione della
Magnificat String Competition
sponsorizzata dalla Luogotenenza
Olandese dei Cavalieri del Santo
Sepolcro
Sabato 17 dicembre nell’auditorium di San
Salvatore a Gerusalemme si è conclusa la seconda
edizione della Magnificat String Competition,
il concorso di musica per strumenti a corda
(chitarra violino, violoncello) sponsorizzato
dalla Luogotenenza Olandese dei Cavalieri
del Santo Sepolcro. Il concorso ha ancora una
dimensione interna, essendo riservato agli studenti
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del Magnificat e agli allievi dei professori del
Magnificat iscritti in altre scuole. L’obbiettivo
è infatti didattico: stimolare gli allievi ad un
maggiore impegno nello studio e confrontarsi fin
dall’inizio con la verifica di una giuria e di un
pubblico.
La giuria era composta dai professori dello
strumento e da membri esterni provenienti da altri
istituti. Il concorrente più giovane aveva sette anni,
il più vecchio diciotto; gli iscritti erano trenta,
suddivisi nelle varie categorie. Non ci resta che
citare il nome dei vincitori, che sono per la chitarra
Yael Boasson, Simon Kasbari, Roey Meir, Fadi
Kuttab; per il violoncello Sofia Shammà, Yasmeen
Sabbara e Nadine Shaheen; per il violino Zein
Assali, Rita Tawil e Shireen Abu-Adeed. I premi
e gli attestati sono stati consegnati da P. Armando
Pierucci, direttore del Magnificat, alla fine del
concerto dei vincitori.
betlemme, 20 dicembre 2011
La meravigliosa radicalità del
S. Natale: fra Artemio Vitores
celebra la S. Messa presso la
Grotta del Latte di Betlemme
testo caterina foppa pedretti
Raccolta e piena di attesa la S. Messa che si è
svolta questa mattina, a pochi giorni ormai dal S.
Natale, presso la cappella del Convento delle Suore
Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento,
adiacente al Santuario della Grotta del Latte di
Betlemme. La celebrazione è stata presieduta da
fra Artemio Vitores, Vicario custodiale, ed animata
dalla comunità delle suore che, come ogni mattino
per tutto il periodo d’Avvento, ha reso viva la
liturgia con la dolcezza del servizio e del canto
gregoriano. Come di consueto in questo tempo di
preparazione al S. Natale, la celebrazione è stata
trasmessa in diretta da Tv2000 ed è stata visibile
in streaming sul sito istituzionale della Custodia di
Terra Santa.
Davvero suggestivo lo scenario disegnato dalla
cappella dell’adorazione in cui la S. Messa ha avuto
luogo, con l’essenzialità del suo spazio e dei suoi
arredi, che richiama l’attenzione sul tabernacolo
che custodisce l’Eucaristia, il corpo vivo del
Signore, sul bel crocifisso dorato, sul piccolo altare,
davanti al quale si trova ora una mangiatoia vuota
che attende, circondata di splendide stelle di Natale
rosse, il lieto evento della nascita del Salvatore.
E questa nascita del Bambino Gesù ci sorprende,
ci rende più consapevoli – ha esordito fra
Artemio nella sua omelia – della meraviglia
del Cristianesimo che sta nella sua concretezza,
nella sua tangibilità. “Dio, infatti, non è un’entità
astratta, bensì una realtà concreta, che si fa presente
nel tempo e nello spazio. Come si legge nella
Lettera agli Ebrei (1,1-2), «Dio, che aveva già
parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi
modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente,
in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del
Figlio». E la Terra Santa è proprio il luogo in cui
la pienezza dei tempi della Rivelazione si fa reale
e concreta nello spazio: qui, a Nazareth, il Verbo
si è fatto carne; qui, a Betlemme, dalla Vergine
Maria è nato Gesù. La storia, poi, continua fino
ad oggi, poiché Gesù è ancora e sempre presente
nella liturgia, nell’Eucaristia”. Ciò che noi abbiamo
visto e toccato lo testimoniamo. “Perché Dio –
ha continuato fra Artemio – s’è fatto uomo per
la nostra salvezza, s’è fatto uno di noi. Egli ha
lavorato con mani d’uomo, ha compreso e pensato
con mente d’uomo, ha amato con cuore d’uomo.
E si è fatto carne nel seno di una fanciulla di
Nazareth, Maria. La figura di Maria è emblematica
di una creatura il cui valore sta innanzi tutto nella
fede: Ella ha aperto a Dio la porta per entrare nel
mondo grazie alla sua grande fede, prima ancora
che al suo grembo. Infatti, Maria si è offerta al
Signore con semplicità, con umiltà, come la povera
di Yahvè che accetta di compiere la volontà di
Dio. E noi, che nuovamente concepiamo Cristo
nell’Eucaristia, come Maria dobbiamo essere
capaci di farlo crescere dentro di noi, fino a poter
dire con S. Paolo: «Non sono più io che vivo, ma
Cristo vive in me» (Gal 2,20)”.
Ecco la meravigliosa radicalità del S. Natale, di
un Dio che, incarnandosi, sceglie la via della più
profonda prossimità all’uomo, del farsi segno
vivente dell’amicizia divina, poiché Cristo,
assumendo le nostre sembianze, da un lato viene a
dare compimento al progetto del Padre di costruire
una nuova alleanza con tutti gli uomini, come
i Profeti avevano annunciato, e dall’altro lato
eleva la stessa natura umana alla dignità della vita
divina. Nel S. Natale,
dunque, possiamo
davvero vedere,
toccare, baciare, far
nostro questo Dio
fatto Bambino, perché
“Dio nessuno l’ha
mai visto: proprio il
Figlio unigenito, che
è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato” (Gv
1,18).
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Cronaca custodiale
betlemme, 20 dicembre 2011
Il Custode incontra i ragazzi della
Casa del Fanciullo di Betlemme
per gli auguri di Natale
Testo di Maria Grazia Sanna
Foto di Alice Caputo e Giovanni Zennaro
È diventato ormai una tradizione l’incontro del
Custode con i ragazzi della Casa del Fanciullo di
Betlemme, il centro che ospita 35 ragazzi tra i 5 e
i 16 anni, nato cinque anni fa da un progetto della
Custodia e della Foundation for the Holy Land.
Il tutto è iniziato con la Messa presieduta da P.
Pierbattista Pizzaballa e concelebrata da P. Peter
Vasko, presidente della Foundation, e P. Rami
Asakrieh, presso il santuario della Grotta del Latte.
Davvero piacevole il momento dell’omelia
in cui il P. Custode ha parlato direttamente ai
ragazzi, rivolgendo loro domande su particolari
della storia di Gesù e la sua famiglia, sulla sua
nascita a Betlemme e sul suo significato. I ragazzi
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hanno sostenuto “la prova” in modo eccellente,
rispondendo timidi dai banchi, un po’ come fossero
a scuola. Una breve “lezione”, dunque, in cui si
è voluto ricordare che Gesù è nato povero, tra i
poveri, per essere più vicino a tutti e che “Egli
nasce nei nostri cuori e nelle nostre famiglie ogni
giorno” attraverso l’amore che manifestiamo ai
nostri cari nella vita quotidiana.
Durante l’offertorio i ragazzi hanno portato, fra i
vari doni, un bellissimo quadro di perline nere e
bianche raffigurante le sagome di due persone: un
francescano che tende la mano in segno d’aiuto e
sostegno a un bambino. Un’immagine eloquente di
abnegazione e generoso altruismo di cui Gesù è il
simbolo.
Un incontro, insomma, con un augurio di Natale
speciale per la speranza che su ognuno di questi
bambini è riposta.
Alla celebrazione è seguito un piccolo rinfresco,
in una delle stanze della Casa del Fanciullo, e la
tanto attesa distribuzione dei regali direttamente
da Babbo Natale, arrivato un po’ in anticipo per
l’occasione!
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Cronaca custodiale
betlemme, 21 dicembre 2011
Le autorità militari israeliane
porgono al Custode gli auguri per
il S. Natale
Testo di Caterina Foppa Pedretti
Foto di Alice Caputo e Giovanni Zennaro
La mattina del 21 dicembre, com’è ormai
tradizione, una delegazione delle forze militari
israeliane ha incontrato il Custode, fra Pierbattista
Pizzaballa, per porgere alla comunità francescana
gli auguri in occasione del S. Natale. Il breve
incontro si è tenuto nei locali della Curia
custodiale, presso il convento di S. Salvatore a
Gerusalemme. Presenti anche fra Artemio Vitores,
Vicario custodiale, e fra Ibrahim Faltas, attuale
economo custodiale e responsabile delle relazioni
con le autorità israeliane e palestinesi. Tra gli
esponenti delle forze di
polizia israeliane interventi
in quest’occasione erano
presenti il dr. Moshe
Bareket, Comandante
del sub-distretto David
Police di Jaffa Gate
a Gerusalemme, i
Sovrintendenti Capo Avi
Bitton, Erez Tavour e
Yaniv Shlomo e il Segente
Maggiore Johnny Kassabri,
ufficiale responsabile delle
relazioni con le comunità
cristiane.
In un clima di apertura e di
cordialità, davanti ad una
piccola, graziosa Natività
deposta sul tavolino al
centro della sala, si è
parlato dell’afflusso di
pellegrini atteso nei Luoghi
Santi per questi giorni di
festa e dell’impegno in
termini di organizzazione,
coordinamento e sicurezza
che le solennità del S.
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Natale richiedono affinché ogni cosa si svolga in
modo sereno e ordinato. I responsabili militari
israeliani, d’altro canto, hanno assicurato la loro
piena disponibilità a collaborare affinché le misure
di sicurezza adottate siano efficaci e, nello stesso
tempo, permettano alla popolazione cristiana e
ai pellegrini di transitare nel modo più agevole e
rapido possibile attraverso i checkpoints e i punti di
controllo dislocati tra Betlemme e Gerusalemme.
Ad un semplice momento di convivialità ha fatto
seguito lo scambio degli auguri, con l’offerta agli
ospiti di un piccolo dono da parte della Custodia
francescana. Opportunità significative, pur nella
loro essenzialità, per far crescere gesti di reciproca
comprensione e per far maturare la strada della
collaborazione in una terra che ancora fatica a
trovare i giusti equilibri, ma che lo spirito del S.
Natale contribuisce a rendere un po’ più sensibile.
In un comune piccolo fatto, la nascita di un
bambino, si cela la grandezza del dono perfetto.
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Cronaca custodiale
betlemme, 21 dicembre 2011
Undicesima edizione del Concerto
per la Vita e per la Pace
Testo di Maria Grazia Sanna
Foto di Giovanni Zennaro
Si è tenuto ieri sera in una chiesa gremita di gente
e operatori televisivi, l’undicesima edizione del
Concerto per la Vita e per la Pace organizzato
dall’omonima Associazione Italiana.
Un’edizione con una dedica speciale a Sua
Eccellenza Mons. Pietro Sambi, scomparso a
Luglio di quest’anno, che sostenne la realizzazione
del primo concerto nel 2001 (e negli anni
successivi) e che credette nella forza di questa
iniziativa. E così il messaggio di pace che si è
intercalato fra le note degli strumenti musicali e
le voci raffinate di artisti d’eccezione ha potuto
davvero varcare i confini territoriali, diventando
un evento storico legato al Natale e conosciuto a
livello internazionale.
Che sia stata poi un’orchestra palestinese, la
Palestinian Youth Orchestra, a esibirsi quest’anno
sostituendo le varie orchestre sempre italiane che
negli anni si sono susseguite, ha caricato quello
stesso messaggio di un significato sicuramente
più imponente. Formata da giovani musicisti
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palestinesi che vivono in Palestina e in diversi altri
paesi e che si ritrovano ogni anno per concerti e
workshop in giro per il mondo, la Palestinian Youth
Orchestra (PYO) ha già ottenuto una certa fama e
riconoscimento per la sua esecuzione e promozione
della musica composta da artisti locali.
Presenti tra il pubblico varie autorità politiche, fra
cui il Console Italiano a Gerusalemme Luciano
Pezzotti, e religiose come il Custode di Terra
Santa fra Pierbattista Pizzaballa ofm, e il Nunzio
Apostolico Sua Eccellenza Mons. Antonio Franco,
e poi tante famiglie con bambini e molti giovani fra
cui qualche turista “per caso”.
La musica-protagonista che ha riempito questa
volta la Chiesa di Santa Caterina, spaziando
dal classico al tradizionale fino al moderno, ha
incantato lasciandosi guidare dal Maestro Juan
David Molano e servendosi di volta in volta
delle voci soliste di Petra Magoni, Sanaa Moussa
e Enrico Nadai, del pianoforte di Fadi Deeb,
dell’oboe di Nicola Barbagli, del violino e della
viola delle sorelle Laura e Sara Marzadori e del
contrabbasso di Ferruccio Spinetti.
Una serata davvero speciale che si è conclusa
con un noto canto natalizio le cui parole tutti
conosciamo e cantiamo a memoria con la
meccanicità di chi le sa da sempre, di chi le ha
sempre sapute. È così che un giorno la pace
s’infonderà nei nostri cuori, come se fosse sempre
stata lì.
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Cronaca custodiale
gerusalemme, 22 dicembre 2011
“L’espressione più alta del cuore
dell’uomo”: S. Messa per il S.
Natale 2011 dedicata a don Luigi
Giussani
La storia di ogni S. Natale in Terra Santa è speciale
e affascinante. Fra Armando Pierucci, Direttore
dell’Istituto Magnificat, la scuola di musica della
Custodia francescana a Gerusalemme, è certamente
uno dei protagonisti di questa meravigliosa storia
che ogni anno si rinnova. Egli, infatti, che in
oltre 25 anni di attività in questi Santi Luoghi ha
composto e arrangiato melodie bellissime ed ha
compiuto un prezioso lavoro di conservazione e
valorizzazione del patrimonio di musica sacra e
popolare della tradizione araba cristiana locale,
è da tempo anche lo stimato autore della musica,
ogni anno nuova e pregiata, della S. Messa che si
celebra solennemente la notte del S. Natale nella
Chiesa francescana di S. Caterina, adiacente alla
Basilica della Natività a Betlemme. S. Messa che
è al centro dell’interesse del mondo intero e che
palpita nel cuore di ogni cristiano, ovunque egli si
trovi in questa Santa Notte in cui Dio è entrato nel
mondo.
La S. Messa composta quest’anno da fra Armando
in occasione del S. Natale è dedicata a don Luigi
Giussani (15 ottobre 1922 – 22 febbraio 2005),
fondatore del noto Movimento cattolico di
Comunione e Liberazione. Egli, che attraverso la
sua opera educativa in seminario, nelle scuole e
nell’Università seppe dare un impulso straordinario
alla vita e all’impegno cristiani del nostro tempo,
culminato appunto nella nascita e nell’attività
di CL, dimostrò sempre una grande passione
per la musica e il canto, che gli venne instillata
specialmente dal padre fin dalla più giovane età.
Musica e canto, dunque, costituiscono uno degli
aspetti essenziali del Movimento ispirato da don
Giussani, poiché, come egli amava ripetere, “il
canto è l’espressione più alta del cuore dell’uomo”,
“la carità più grande di tutte perché il canto rende
vicino e visibile il mistero”. Con molta cura don
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Giussani cercò di trasmettere ai suoi giovani la
conoscenza e l’amore per la musica, insegnando
loro i classici della devotio moderna, i canti
solisti, popolari e polifonici del Cinquecento e
del Seicento, nonché la grande tradizione della
musica classica ed una molteplicità di altri generi.
La pratica dell’ascolto e del commento di brani
musicali e di canti è rimasta così a fondamento
della vita del Movimento perché, diceva don
Giussani, “non esiste un servizio alla comunità
paragonabile al canto”.
A motivo dunque di questa speciale sensibilità di
don Giussani per la musica, della sua dedizione
all’educazione musicale dei giovani, della sua
consapevolezza che la musica e il canto sono vie
privilegiate di espressione della persona, come
suggerisce Giacomo Leopardi nel Canto A Silvia,
“Sonavan le quiete/Stanze, e le vie dintorno,/
Al tuo perpetuo canto”, fra Armando Pierucci
ha voluto dedicare la S. Messa scritta per il S.
Natale 2011 a questa grande personalità cristiana
del nostro tempo. La S. Messa, composta per
coro maschile, coro femminile e orchestra, sarà
cantata a Betlemme dal Coro Magnificat e dal Coro
Jasmine delle giovani allieve della scuola della
Custodia, a cui si unirà il Coro di Sant’Angela di
Budapest. Sarà presente alla solenne celebrazione
anche il vice Primo Ministro ungherese, la cui
moglie è direttrice del Coro ospite. È prevista
anche la partecipazione dell’assemblea ai momenti
lirici salienti della S. Messa, quali il Kyrie, il
Gloria, l’Alleluia, il Sanctus e l’Agnus Dei,
attraverso piccole melodie proposte dai Cori e che
l’assemblea sarà chiamata a ripetere. Ricorrendo
inoltre quest’anno il bicentenario della nascita di
Franz Liszt (1811-1886), compositore, pianista,
organista e direttore d’orchestra ungherese, verrà
eseguita in suo onore durante la S. Messa una
sua Ave Maria. L’accompagnamento orchestrale,
infine, sarà eseguito dall’orchestra dell’Accademia
delle Opere di Milano, una prestigiosa formazione
molto impegnata nel campo della musica sacra, di
recente anche in collaborazione con la Fondazione
Russa per le Iniziative Sociali e Culturali, e che,
aderendo al progetto Non nobis della Custodia
di Terra Santa, ha già svolto il servizio musicale
alla S. Messa di Mezzanotte nella Basilica di S.
Caterina a Betlemme nel 2010, accompagnando i
Cori del Magnificat nell’esecuzione della Messa
S. Jacobi, anch’essa composta per l’occasione
da fra Armando, e tenendo alcuni altri concerti
in Terra Santa. “Anche per la Messa dedicata a
don Giussani – ci dice fra Armando – ho pensato
proprio alla presenza dell’orchestra e dunque, pur
nei limiti della stringatezza liturgica, ho voluto
sviluppare la parte orchestrale”.
Un tesoro prezioso, quello rappresentato dalle
S. Messe polifoniche per il S. Natale, che dà
ulteriore valore alla lunga tradizione della Custodia
francescana di promuovere iniziative culturali di
alto profilo e capaci di inserirsi e di armonizzarsi
nel particolare contesto della Terra Santa, tenendo
conto delle risorse e del patrimonio di cultura
che già qui esistono ed operando in modo attivo
e competente per far crescere nelle persone la
consapevolezza dell’esistente, per educare alla
conoscenza e al sentimento del bello e dell’infinito,
per sviluppare e potenziare i talenti. “La musica
e il canto – dice ancora fra Armando – sono una
parte fondamentale della nostra storia e della nostra
cultura. Se non cantiamo, ciò significa che non
abbiamo identità e che il mondo sociale e culturale
a cui apparteniamo in realtà non esiste”. Perché,
come ricorda Papa Benedetto XVI, il futuro è
nella cultura, in tutto ciò che viene fatto bene e
non nell’improvvisazione, in una seria ed accurata
formazione al vero, al bello e al buono, aprendo la
persona alla ricerca del senso profondo d’ogni cosa.
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Cronaca custodiale
betlemme, 24-25 dicembre 2011
La vigilia e la Notte di Natale a
Betlemme: cronaca di un evento
religioso e sociale
testo fra riccardo ceriani
foto marco gavasso, giovanni zennaro e alice caputo
Questa è la cronaca della Santa Notte di Betlemme,
una notte così lunga che –per così dire– inizia
di giorno. Nel cuore della Terra Santa l’aspetto
religioso coinvolge infatti tutta una complessità di
riti, di protocolli e di vita sociale e politica che non
possono essere disgiunti.
1) Il Prologo a Gerusalemme
La Santa Notte di Betlemme incomincia a
Gerusalemme. Verso mezzogiorno i notabili
della parrocchia di Gerusalemme guidati dal loro
mukhtar sig. Jakob Amer si recano dal Patriarca
latino per accompagnarlo a Betlemme. Il patriarca
Fouad Twal li riceve insieme ai canonici, al parroco
di Gerusalemme P. Feras Hejazin e ai vescovi
William Shomali e Kamal Batish, che dopo i
discorsi e i saluti di prammatica augureranno a tutti
singolarmente il Buon Natale.
2) In corteo verso Betlemme
Si forma un lungo corteo di auto (oltre sessanta) il
quale, scortato dalla polizia israeliana, raggiunge il
monastero greco-ortodosso di Mar Elias, che segna
il confine della parrocchia di Gerusalemme. Qui
attendono i sindaci dei comuni confinanti di Bet
Sahur e di Bet Jala, insieme con membri delle loro
comunità e con P. Ibrahim Faltas, responsabile del
protocollo con l’Autorità Nazionale Palestinese
per la Custodia di Terra Santa. Questa è una delle
rare occasioni in cui è consentito ad automobili
con targa palestinese di recarsi in un territorio
sotto il controllo israeliano. Dopo i saluti il corteo
riprende, per fermarsi ancora una volta presso la
Tomba di Rachele (confine originario del comune
di Betlemme) dove attendono i rappresentanti
delle associazioni cattoliche guidati dal parroco di
Betlemme P. Marwan Di’des. Si risale in macchina
e, superato l’ultimo diaframma di separazione, il
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Gennaio 2012
lungo corteo di auto –che ormai ha raggiunto il
centinaio di unità – si avvia lentamente verso la
Basilica della Natività. È un grande giorno di festa
per Betlemme e tutti gli abitanti si riversano nelle
strade per passeggiare, incontrarsi, scambiarsi gli
auguri e salutare dai marciapiedi il Patriarca e gli
altri ministri che vengono a celebrare il Natale. Per
la strada si incontrano anche cristiani di altre città
come Gerico, Gerusalemme e Ramallah, venuti
qui per vivere questa atmosfera di letizia con i
parenti e gli amici di Betlemme. Per Betlemme il
Natale è una manifestazione di identità collettiva,
un momento di autorappresentazione sottolineato
anche dal Patriarca nell’omelia della Messa della
Notte: “Possiamo essere fieri perché, tra tutti i
continenti e fra tutti i luoghi del mondo, Dio ha
scelto proprio questa nostra terra, la Palestina,
questo luogo, come patria del Salvatore”.
3) L’arrivo in Manger Square e l’ingresso del
Patriarca nella Basilica della Natività
Finalmente il corteo arriva davanti alla Basilica
della Natività, con un ritardo di novanta minuti
che ha causato qualche malumore tra i ministranti
i quali, schierati in orario sul piazzale secondo il
rigido protocollo dello status quo, hanno aspettato
tutto questo tempo al freddo; ma soprattutto perché
a causa del ritardo sarà necessario cancellare la
prevista liturgia dei Primi Vespri di Natale. In una
gran calca di fotografi e giornalisti provenienti
da tutto il mondo, il Patriarca viene accolto dalle
autorità cittadine, tra le quali il sindaco Victor
Batarse, il governatore Abdelfatah Hmayel e
il capo della polizia Khaled Tamini. Quindi
si procede con l’ingresso solenne in basilica.
Davanti alla “Porta dell’Umiltà” si svolgono i riti
introduttivi presieduti dal guardiano del convento
di Santa Caterina P. Stéphane Milovitch, sotto lo
sguardo attento dei rappresentanti della chiesa
greco-ortodossa e di quella armena.
4) Conclusione dell’ingresso del Patriarca nella
Chiesa di Santa Caterina e processione alla grotta
della Natività
Il patriarca e il suo seguito entrano nella Basilica
della Natività e fanno il loro ingresso nella Chiesa
di Santa Caterina passando dal chiostro di San
Girolamo. La liturgia si conclude con il saluto del
parroco di Betlemme e la benedizione del Patriarca.
Dopo un breve intervallo giunge l’ora della
processione alla Grotta della Natività, presieduta
dal guardiano P. Stéphane con l’assistenza del
patriarca mons. Fouad. Sullo sfondo sonoro dei
bellissimi canti latini propri di questa processione,
viene incensata la stella che segna il luogo
dell’incarnazione del Verbo e la mangiatoia dove fu
adagiato il Bambino Gesù.
5) La cena con il presidente dell’Autorità Nazionale
Palestinese Mahmoud Abbas
Ogni anno i frati minori della Custodia di Terra
Santa invitano a Casa Nova per la cena di Natale
il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese,
tanto che questo momento conviviale è diventato
ormai tradizionale entrando di fatto nel protocollo
degli eventi natalizi di Betlemme. In assenza del
Custode di Terra Santa P. Pierbattista Pizzaballa
(impegnato con le celebrazioni liturgiche a Nazaret)
è stato il suo vicario P. Artemio Vitores a fare gli
onori di casa. Parlando in italiano e avvalendosi
della traduzione in arabo di P. Ibrahim Faltas,
P. Artemio ha ricordato il significato del Natale
per San Francesco e ha ringraziato il presidente
Abbas per avere accettato anche quest’anno
l’invito e soprattutto per la sua opera a sostegno
della speranza, della pace e della libertà per la
Palestina. Ha quindi preso la parola il patriarca
Fouad Twal, ringraziando i frati minori francescani
per l’accoglienza ed augurando al presidente
Abbas di potere continuare il suo impegno politico
per la pace in Palestina, quella pace annunciata
dagli angeli a Betlemme la Notte di Natale e
indirizzata agli uomini di buona volontà. Alla cena
erano presenti anche il primo ministro dello stato
insulare di Saint Vincent e Grenadine Gonzales,
un rappresentante degli Emirati Arabi, il primo
ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese Salam
Fayyad e il ministro degli esteri della Giordania
Mansour Giuda, che ha portato il saluto di re Abd
Allah e ha ricordato l’impegno fattivo del suo
paese in favore delle chiese cristiane. Ha quindi
ha preso la parola il presidente Mahmoud Abbas,
ringraziando i francescani per questa festa che si
ripete ogni anno e augurando pace, amore e serenità
a tutti i cristiani di Palestina. “Noi continueremo a
lavorare per la pace per la Palestina e per il mondo
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Cronaca custodiale
arabo –ha detto il Presidente– e vogliamo avere
relazioni di buon vicinato con Israele. Tutti devono
comprendere che la pace conviene a tutti”.
6) La Santa Messa della Notte di Natale
E finalmente giunge il momento più atteso, la
santa messa che ripresenta in maniera reale
l’incarnazione e la passione di Cristo, rinnovando
il prodigio della salvezza per la misericordia di
Dio. La messa è stata preceduta dal “Presepe di
Greccio”, un momento di preghiera che ricorda
l’invenzione del Presepe e il significato del Natale
per San Francesco. Quindi la liturgia ha avuto
inizio con l’Ufficio delle Letture e la messa con
il canto del Gloria, il suono delle campane e lo
scoprimento della tradizionale statua del Bambino
di Betlemme da parte del primo sacrestano fra John
Bomah. I canti sono stati eseguiti dal coro Yasmeen
dell’Istituto Magnificat e dal coro della Custodia
di Terra Santa diretti da Hania Soudah Sabbara
con all’organo P. Armando Pierucci, che ha anche
composto i canti della messa (Gloria, Sanctus e
Agnus Dei) eseguiti oggi per la prima volta. A
questi si è aggiunto il coro S. Angela di Budapest,
venuto in compagnia di una rappresentanza
diplomatica ungherese guidata dal vice primo
ministro Zsolt Semièn, il quale si è unito ale
altre rappresentanze diplomatiche consolari
tradizionalmente presenti alla Messa di Mezzanotte.
Il presidente Mahmoud Abbas è stato presente
dall’inizio della messa fino alla conclusione
dell’omelia del Patriarca (essendo musulmano
lascia la chiesa prima dell’inizio della liturgia
eucaristica insieme ai membri musulmani del suo
staff; quelli cristiani sono invece rimasti). La santa
messa è stata celebrata dal patriarca Fouad Twal,
affiancato dai vescovi William Shomali e Kamal
Batish del patriarcato Latino, il vescovo Melki
della chiesa siro-cattolica, l’arcivescovo Minassian
della chiesa armeno-cattolica, l’esarca armenocattolico Telekian e il vescovo emerito di Vigevano
Claudio Baggini, insieme a decine di sacerdoti
provenienti dalla Terra Santa e da tutto il mondo.
Contemporaneamente alla messa solenne nella
chiesa di Santa Caterina, la parrocchia di Betlemme
con i suoi sacerdoti ha celebrato la messa di Natale
nella grotta. Alla fine della messa in Santa Caterina
il Patriarca ha preso la statua del Bambin Gesù
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posta sotto l’altare per portarla in processione con
tutti i frati e i celebranti nella grotta della Natività:
qui la statua è stata posta prima sulla stella e poi
nel presepio, con una toccante liturgia che per
motivi di spazio è preclusa ai più, ma che sarà
possibile vedere grazie alle immagini riprese dalla
televisione palestinese. Nella grotta sono state poi
celebrate sante messe lungo tutta la notte.
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Cronaca custodiale
betlemme, 27 dicembre 2011
L’umanità di Dio che si fa povero
e fragile: S. Messa del giorno di
Natale nella Chiesa parrocchiale
di S. Salvatore
testo fra riccardo ceriani
foto marco gavasso
È stata celebrata questa mattina, presso la Chiesa
parrocchiale di S. Salvatore, la S. Messa del giorno
di Natale, presieduta da fra Noel Muscat, Discreto
di Terra Santa, e concelebrata, fra gli altri, da fra
Artemio Vitores, Vicario custodiale. All’evento
hanno partecipato diversi membri della comunità
francescana di Gerusalemme, piccoli gruppi
di religiose appartenenti a varie congregazioni
presenti in Terra Santa, amici e collaboratori della
Custodia, alcuni cristiani locali di lingua araba.
Nell’omelia fra Muscat ha posto l’accento sul
paradosso tra la misteriosa scelta di un Dio
“che diventa fragile, povero e tenero come il
bambino neonato che non può vivere senza il
latte materno e la tenerezza di un abbraccio” e
la difficoltà e la resistenza che molte volte noi
mostriamo nell’accogliere questo Dio, perché
spesso “vorremmo essere accolti da potenti, forti
e grandi, non da poveri che vivono lungo la via”
e ci sentiamo timorosi davanti all’insicurezza
“di un Dio che diventa carne, di una Parola che
risuona nel silenzio della notte oscura della fede in
ricerca di luce e di senso”. Proprio come si legge
nel Prologo del Vangelo di S. Giovanni: “La luce
splende nelle tenebre,/ ma le tenebre non l’hanno
accolta. [...] Venne fra la sua gente,/ ma i suoi non
l’hanno accolto” (Gv 1,5.11). Eppure, questa è
proprio la strada che, nel S. Natale, Dio sceglie per
diventare uomo, per “farsi uno di noi”. E attraverso
questo gesto divino di immensa tenerezza l’umanità
d’ogni uomo, con le sue povertà, le sue miserie e
le sue fragilità, viene raccolta e sublimata da Dio
nell’eterna grazia della Sua vita perfetta.
Ogni uomo, dunque, dev’essere guardato e
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compreso nella sua somiglianza al Verbo incarnato,
quale “traccia dell’Infinito”, come insegna
Emmanuel Levinas, varco attraverso il quale
Dio si affaccia all’incontro e chiama ciascuno
alla responsabilità verso i fratelli. In particolare,
il volto dell’altro, nella sua espressività, nudità,
essenzialità, si mostra come “idea dell’Infinito in
noi”. Scrive Levinas: “Porre il trascendente come
straniero e povero significa impedire alla relazione
metafisica con Dio di attuarsi nell’ignoranza degli
uomini e delle cose. La dimensione del divino si
apre a partire dal volto umano. Una relazione con il
Trascendente [...] è una relazione sociale. Solo qui
il Trascendente, infinitamente Altro, ci sollecita e fa
appello a noi. La prossimità d’Altri, la prossimità
del prossimo, è nell’essere un momento ineluttabile
della rivelazione, di una presenza assoluta (cioè
libera da qualsiasi relazione) che si esprime. La sua
epifania stessa consiste nel sollecitarci attraverso
la sua miseria nel volto dello Straniero, della
vedova e dell’orfano”. E qui il S. Natale mostra la
pienezza del suo valore, portando a recuperare il
senso e il desiderio della relazione con Dio nella
sua essenzialità, la quale fa affiorare nello stesso
tempo l’essenza nei rapporti sociali ed illumina
l’aspirazione umana a vivere-bene.
Al termine della celebrazione i partecipanti si sono
scambiati gli auguri per il S. Natale e molti hanno
fatto una breve sosta davanti al bel Presepe che
ogni anno viene allestito in modo originale in fondo
alla navata sinistra, a poca distanza dalla porta
d’ingresso della chiesa.
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Cronaca custodiale
betlemme, 27 dicembre 2011
Il bacio della roccia a Betlemme
frc
Il 27 dicembre, festa di San Giovanni Evangelista,
la comunità dei frati minori del Convento di
Santa Caterina presso la Basilica della Natività
a Betlemme si reca in processione nella Grotta
per una devozione propria di questo giorno:
il bacio della roccia sul presepe che accolse il
Bambino Gesù. Per poter effettuare questo atto
di venerazione, è necessario che i sacrestani
smantellino tutto l’apparato che era stato
solennemente predisposto per il Natale nella
Mangiatoia: le grate di protezione vengono
smontate e vengono tolte le lampade, i panni
preziosi e il retrostante quadro che rappresenta
la Natività. I sacrestani ne approfittano per pulire
bene il luogo; nonostante le protezioni la pietà dei
pellegrini è riuscita ad infilare biglietti contenenti
preghiere di intercessione e fotografie. Anche la
statua del Bambino Gesù viene prelevata, perché
tutto deve rimanere assolutamente spoglio in
modo che la roccia testimone dell’evento salvifico
dell’incarnazione si presenti in tutta evidenza e si
presti ad essere venerata dal bacio dei frati. Questo
atto di devozione viene eseguito in silenzio, privo
di una liturgia propria. Benché sia molto antico e
venga previsto dai protocolli dello Status Quo, le
ricerche sulla sua origine e sulla sua storia sono
ancora in corso. Secondo il cerimoniere della
Custodia di Terra Santa P. Marcelo Ariel Cichinelli,
questa devozione sarebbe il residuo di un rito
più ampio, del tempo in cui i frati della Custodia
avevano pieno e libero accesso alla grotta e alla
basilica. Il gesto ricorda il bacio della Colonna
della Flagellazione che i francescani compiono
durante la loro pellegrinazione del mercoledì santo
al Santo Sepolcro, e da quello potrebbe essere
stato ispirato. Ma perché il 27 dicembre? Secondo
P. Marcelo –il quale rimanda però a ulteriori
approfondimenti– la ragione va cercata nella
dipendenza della liturgia dei francescani e della
Custodia di Terra Santa dalla Liturgia Romana:
il messale tridentino fissa in questo giorno una
stazione papale a Santa Maria Maggiore, dove è
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custodita la reliquia della culla in cui fu deposto il
Bambino Gesù, che nell’Ottava del Natale avrebbe
ricevuto un’attenzione particolare. Similmente
in Terra Santa i frati potrebbero avere introdotto
questo atto di devozione, che nel contesto della
Grotta della Natività è altrettanto giustificato e
significativo.
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