Il clima e la vita - Facolta di Lettere Filosofia Lingue e Beni Culturali

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Corso di Geografia
a.a. 2015/2016
Il clima e la vita
Introduzione
-  Il ruolo del clima nella formazione del suolo;
-  La connessione tra le condizioni climatiche e la vita
vegetale e animale;
-  La distribuzione geografica dei principali tipi
climatici;
-  La variabilità dei climi nel tempo.
-  Obiettivo: Comprendere come le condizioni climatiche
sono frutto di delicati processi la cui modificazione può
generare importanti conseguenze fisiche e biologiche
nelle varie regioni della Terra. Ciò porterà a
comprendere l’importanza dell’azione antropica sul
clima.
Termini e concetti fondamentali
Gli elementi del tempo e del clima sono gli stessi (temperatura,
pressione e venti, umidità e precipitazioni); ma mentre il tempo
consiste in una combinazione momentanea di questi elementi,
il clima rappresenta il loro stato medio. Il clima può essere
definito come l’insieme delle varietà quotidiane del tempo
atmosferico.
Gli elementi climatici possono combinarsi tra loro in molti
modi, variando in funzione di numerosi fattori (latitudine,
altitudine, distribuzione delle terre e dei mari, correnti marine,
vegetazione, attività umane).
La scienza che si occupa delle caratteristiche, della
distribuzione dei diversi tipi climatici nelle varie zone della
Terra e dei loro mutamenti nel tempo è la Climatologia.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
Il clima è uno dei principali responsabili della formazione
del suolo = la parte più esterna e sottile della crosta
terrestre, costituita sia da sostanze minerali che da residui
organici.
A seconda della durata e dell’intensità dei processi di
decomposizione subiti dalle rocce, il suolo presenta un
diverso spessore.
È un elemento importante del paesaggio poiché contribuisce
a determinare la distribuzione della vegetazione naturale,
delle coltivazioni e della localizzazione antropica.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
Una delle principali caratteristiche di un suolo è il
suo colore, espressione della sua costituzione e
genesi. Una sequenza di colorazione dal bianco al
bruno è connessa al presenza via via maggiore di
humus.
L’humus si genera a causa della decomposizione
della frazione organica del suolo, e la sua presenza è
strettamente connessa alla vegetazione e alla vita
microbica, a loro volta dipendenti dal clima.
Scienza che studia la composizione, le
caratteristiche evolutive e la distribuzione geografica
> Pedologia.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
La formazione del suolo (pedogenesi) dipende da diversi
fattori definiti pedogenetici. I principali sono:
Ø la natura della roccia madre, materiale di origine del
suolo;
Ø la configurazione del rilievo;
Ø il tempo di esposizione ai processi pedogenetici;
Ø l’attività degli organismi che vivono sul terreno e dentro
di esso;
Ø il clima.
Mentre i primi tre fattori sono passivi, gli ultimi due sono
fattori (agenti) attivi della pedogenesi.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza
dei suoli
La composizione mineralogica e la tessitura del suolo dipendono in buona
parte dalla natura della roccia che ne costituisce il substrato, nonostante il
clima giochi un ruolo fondamentale nell’alterazione delle rocce e
nell’esistenza del detritico o “regolite”.
La pedogenesi dipende molto anche dall’andamento del rilievo
> Lo sviluppo del suolo varia a seconda della pendenza dei versanti e
dall’esposizione del terreno ai raggi solari. Fondamentale è anche la
distribuzione della vegetazione, a cui sua volta è connessa la presenza di
animali.
Il clima è il principale fattore di formazione del suolo.
Gli elementi climatici più coinvolti nei processi pedogenetici sono:
1)  Umidità > Precipitazioni
2)  Temperatura
3)  Vento
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
1) Precipitazioni
Le precipitazioni, fornendo acqua, consentono l’esistenza di una
soluzione complessa, ricca di sostanze assimilabili da parte delle piante.
Penetrando nel suolo, l’acqua scioglie parte dei sali minerali contenuti nei
livelli più superficiali, per poi depositarli in quelli più profondi. Dove
l’acqua è presente in quantità sufficiente, il suolo assume un profilo con
diversi orizzonti (livelli);
• Piogge abbondanti possono far scorrere via questi importanti sali
impoverendo il suolo > nei climi caldi con precipitazioni abbondanti
molti sali ed elementi nutritivi vengono rimossi dal suolo perdendo la
fertilità. Al contrario nei climi aridi, dove l’estrema evaporazione
impedisce le precipitazioni, il suolo è secco per lunghi periodi > la poca
acqua che risale in superficie evapora e abbandona i sali disciolti > il
suolo è poco fertile a causa di un eccesso di contenuto salino.
Durante la formazione del suolo si individuano alcuni livelli, detti
orizzonti, ogni suolo ha una successione propria di orizzonti.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
Gli orizzonti presentano le dimensioni delle
particelle, caratteristiche chimiche e colorazioni
differenti: ogni suolo ha una successione
propria di orizzonti.
Sono soprattutto le acque di precipitazione che
determinano la distinzione tra i differenti
orizzonti, poiché queste, penetrando nel terreno,
trasportano con sé le sostanze solubili dalla
parte più superficiale trasportandole verso il
basso (eluviazione) per poi depositarle nelle
zone più in basso (illuviazione).
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
2) Temperatura
Le temperature elevate favoriscono l’attività
chimica. Durante la pedogenesi esse influiscono
sulle modalità di alterazione e disgregazione
della roccia madre e sulla velocità di
decomposizione della sostanza organica;
Ne consegue che nei suoli tropicali il materiale
originario è del tutto alterato chimicamente,
mentre in quelli esposti a temperature rigide
come quelli della tundra ciò non accade.
I climi, le rocce, gli organismi e l’esistenza dei suoli
3) Il vento
Il vento favorisce l’evaporazione dell’acqua e può produrre l’accumulo (o
l’asportazione) dei materiali che costituiscono il mantello detritico (regolite)
nel quale si sviluppa il suolo.
Il suolo è continuamente attraversato da flussi di energia e materia che
provengono dall’esterno. Può essere considerato come un sistema inserito in
un sistema aperto ancora più complesso: l’ambiente.
Ogni suolo è soggetto a delle costanti trasformazioni (naturali o umane) che
posso essere permanenti > veri mutamenti nelle proprietà del suolo. Una
volta completatesi le trasformazioni, e raggiunto lo sviluppo completo del
sistema suolo, questo risulta in equilibrio dinamico con l’ambiente.
L’equilibrio può essere turbato da eventi naturali e umani attraverso
interventi distruttivi che portano alla desertificazione, erosione e
disboscamento.
Le condizioni climatico-ambientali e la
presenza di piante e animali
Le condizioni climatiche influiscono sul tipo e sulla densità della vegetazione e
sulla diffusione della fauna.
La distribuzione delle specie vegetali dipende da:
– LUCE. Ogni specie vegetale può svilupparsi in un determinato intervallo di
intensità luminosa. Si riconoscono piante sciafile (che necessitano di poca luce)
e piante eliofile (che richiedono molta luce);
– CALORE. Esiste un intervallo di temperatura ottimale per ogni specie. In base
alle esigenze termiche si distinguono piante megaterme (<20°), mesoterme
(15<x>20°), microterme (O°-15), echistoterme (0°).
– ACQUA. Viene assorbita dalle piante dal suolo, incidendo sul ciclo biologico
delle piante. Fondamentale è la distribuzione delle precipitazioni durante l’anno.
In base alla necessità di acqua abbiamo piante igrofile (ambienti umidi),
mesofile (media umidità), xerofile (zone aride), tropofile (si adattano).
– VENTO. > impollinazione.
Le condizioni climatico-ambientali e la
presenza di piante e animali
Per quel che concerne la distribuzione della fauna, esigenze ambientali simili
determinano lo sviluppo di formazioni vegetali e lo sviluppo di particolari
associazioni animali.
Anche nei confronti della fauna possono esserci numerosi fattori di influenza che ne
determinano la distribuzione, come: luce, calore, variazione della pressione
atmosferica (per i volatili), umidità e vegetazione.
Le specie animali e vegetali che vivono in una data zona della Terra sono legate da
diversi tipi di interazioni (predazione, commensalismo, simbiosi, mutualismo,
parassitismo). Esse formano una comunità biologica (biocenosi) che interagisce con
l’ambiente fisico circostante (biotopo).
Un biotopo e la relativa biocenosi costituiscono un ecosistema. Più ecosistemi
possono costituire grandi ambienti relativamente unitari detti biomi (formazione
vegetale dominante e associazione animale più o meno tipica).
La distribuzione mondiale dei biomi dipende dalle condizioni climatiche.
Il problema della classificazione dei climi
La grande importanza dei climi e la notevole varietà di condizioni
climatiche esistenti renderebbe necessaria una classificazione rigorosa dei
climi, che dovrebbe descriverne gli elementi e i fattori e tenere conto delle
cause che determinano ciascun tipo climatico.
Una delle classificazioni più efficaci è quella di Köppen.
Nel 1° schema proposto da Köppen, che individua 11 tipi climatici, ogni
tipo climatico prendeva il nome della pianta o dell’animale più
caratteristico di quella particolare configurazione ambientale-climatica.
Köppen però successivamente giunse ad una classificazione che, pur
considerando le differenti formazioni vegetali, considerava valori reali
della temperatura e delle precipitazioni e fissava dei limiti termometrici e
pluviometrici per distinguere i vari tipi climatici.
Vennero quindi individuati 5 gruppi distribuiti secondo latitudini crescenti
dall’equatore ai poli e indicati con le lettere dell’alfabeto.
Il problema della classificazione dei climi
Nella classificazione di Köppen vengono individuati 5 grandi
gruppi climatici.
I diversi gruppi climatici vengono distinti in funzione delle
formazioni vegetali presenti e di limiti di temperatura e di
precipitazioni. Ciascuno dei grandi gruppi climatici
comprende due o più tipi climatici.
A partire dalle basse latitudini si incontrano:
– climi megatermici umidi;
– climi aridi;
– climi mesotermici;
– climi microtermici;
– climi nivali.
Il problema della classificazione dei climi
Climi megatermici umidi con una T media annua mai inferiore ai 15° C e P
medie annue intorno ai 2000-2500 mm. Le aree interessate da questi climi
sono quelle intertropicali. In questo gruppo si distinguono tre tipi di climi
(diversi per regime pluviometrico):
a) Clima equatoriale (corrispondente al bioma della foresta equatoriale)
b) Clima della savana (con il bioma omonimo)
c) Clima monsonico (corrispondente alla giungla)
Il problema della classificazione dei climi
a) Clima equatoriale o pluviale. T intorno ai 25-30° costante. Le
precipitazioni sono in genere superiori ai 2000 mm annui e sono
ben distribuite (corrispondente al bioma della foresta
equatoriale).
• Questo tipo di clima lo troviamo nel bacino del fiume Congo,
lungo la costa settentrionale della Guinea, in Africa, e in Asia,
Rio delle Amazzoni, e sulla costa orientale del Brasile e in
America meridionale.
• La carta dei climi dimostra come questo clima non sia
distribuito uniformemente lungo l’Equatore, ma lo ritroviamo
anche in altri punti come accade per la costa orientale del
Brasile, in cui il clima equatoriale è determinato soprattutto dalla
Corrente d’aria Calda del Brasile.
Il problema della classificazione dei climi
b) Clima della savana. T media >20°, abbondanti precipitazioni con
differenziazione stagionale e periodi di siccità anche pari a 3 mesi, lo
ritroviamo in tutti i continenti tranne in Europa (con il bioma omonimo).
c) Clima monsonico (corrispondente alla
dell’Asia meridionale caratterizzato dalla
Peculiare è il regime pluviometrico con
precipitazioni durante lo spirare del monsone
durante il monsone di terra.
giungla). Caratteristico
presenza dei monsoni.
un periodo di intense
di mare ed uno di siccità
Questi climi si distinguono non tanto per la quantità totale di piogge
annuali, ma per la loro distribuzione. Il primo ha un regime pluviometrico
regolare, il secondo ha una forte differenziazione stagionale, il terzo è
legato ai monsoni.
Il problema della classificazione dei climi
– Climi aridi caratterizzati da scarse precipitazioni e temperature che nel mese
più freddo non scendono sotto i 26° C nei deserti caldi, ma raggiungono i -30° C
nei deserti freddi. La scarsità delle precipitazioni è legata alla presenza di
anticicloni permanenti o alla posizione sottovento determinata dalla presenza di
importanti rilievi montuosi.
Il problema della classificazione dei climi
a) Clima predesertico con temperature nei mesi freddi tra i 2 ° e i 22° e nel
mese caldo tra i 22° e i 34°. La vegetazione è aperta a causa dell’assenza
di alberi, mentre la fauna, proprio per il tipo di vegetazione presente, è
caratterizzata da animali di piccola taglia.
b) Clima desertico, caratterizzato da forti escursioni termiche giornaliere e
annue e da precipitazioni scarse. I deserti caldi sono caratterizzati da forti
escursioni giornaliere e da elevate temperature che favoriscono
l’evaporazione. Nei deserti freddi, predominano le escursioni termiche
annue determinate dalla continentalità delle zone, e dalla notevole
distanza dal mare e alti rilievi montuosi che limitano il raggiungimento
dell’aria calda.
Il problema della classificazione dei climi
– Climi mesotermici tipici delle medie latitudini. Le temperature medie
del mese più freddo variano dai 2°C a 15°C. Le P sono in quantità
variabile ma in grado di garantire una copertura vegetale continua. In
funzione del regime pluviometrico ritroviamo 3 tipi climatici:
a)  Clima sinico con abbondanti precipitazioni estive legate alla presenza
di monsoni. È una varietà del clima monsonico e ne rappresenta una
continuazione fuori dai tropici (Asia orientale).
b)  Clima mediterraneo con estati secche per la presenza dell’anticiclone
delle Azzorre e precipitazioni invernali legate alle depressioni
cicloniche. La vegetazione tipica è la macchia mediterranea.
c)  Clima temperato fresco con regime pluviometrico regolare poiché
influenzato dai venti occidentali o con presenza di un inverno asciutto
(Europa occidentale e centro-orientale, Stati Uniti nord-occidentali)
Il problema della classificazione dei climi
– Climi microtermici.
Periodi freddi più o meno prolungati, da 10° a 2°.
Le P si verificano in estate 300mm – 1000mm, ed è frequente la caduta di
neve.
Queste condizioni sono legate alla presenza dell’anticiclone siberiano sul
blocco euro-asiatico e dell’anticiclone canadese del Nordamerica.
Si distinguono due tipi climatici:
– clima freddo a estate calda (con i biomi della foresta decidua e della
steppa-prateria);
– clima freddo a inverno prolungato (il bioma è la foresta di conifere).
Il problema della classificazione dei climi
– Climi nivali localizzati oltre i circoli polari.
La T media del mese più caldo è sempre inferiore ai 10°C e scende sotto
lo zero nelle zone polari. Le precipitazioni sono scarse a causa delle
pressioni permanenti. Si distinguono due principali tipi climatici:
a)  Il clima della tundra, in prossimità del circolo polare artico (Islanda,
Groenlandia, Canada polare).
b)  Il clima del gelo perenne che interessa le zone artiche costantemente
coperte di ghiaccio e il Continente Antartico. A questo gruppo climatico
appartiene anche il Clima dell’alta montagna che presenta
caratteristiche analoghe, ma dovute alle alte quote.
Le variazioni del clima dalla preistoria ai tempi attuali
Il clima è mutevole sia nello spazio che nel tempo. Durante
l’Olocene (iniziato circa 10.000 anni fa ed epoca geologica più
recente) il clima della Terra ha subito varie oscillazioni.
Grazie alla Paleoclimatologia (la scienza che studia le variazioni
climatiche del passato) conosciamo le oscillazioni climatiche
dell’Olocene:
– Optimum Climatico Post-glaciale (dall’8300 a.C. si protrasse fino
al 2000-1500 a.C.);
– Optimum Climatico Medievale (dall’800 al 1200 d.C.);
– Piccola Età Glaciale (tra il 1590 e il 1850).
Dalla metà del XIX secolo è iniziata una nuova fase climatica
caratterizzata da un generale riscaldamento che si è protratto fino
alla metà del XX secolo ed è stato interrotto da piccole oscillazioni
contrastanti.
Durante l’Olocene, cioè dopo le grandi glaciazioni quaternarie, il clima
della Terra non è rimasto immutato. Questo grafico evidenzia le principali
variazioni termiche che si sono verificate dalla preistoria ai tempi attuali.
Il tempo, il clima, l’uomo e il rischio di
«riscaldamento atmosferico globale»
Dalla metà degli anni Settanta del XX secolo si è registrato un costante aumento
della temperatura media del globo, del quale sono responsabili anche gli esseri
umani, che, con le loro attività, hanno prodotto un aumento di gas serra (in
particolare di anidride carbonica).
Le attività umane possono indurre cambiamenti del clima di due tipi:
– modificazioni volontarie, che mirano a produrre fenomeni meteorologici come le
piogge artificiali o ad impedire il loro verificarsi (lotta alla grandine);
– modificazioni involontarie, come l’incremento dell’effetto serra, il principale
responsabile del rischio di riscaldamento globale.
Il tempo, il clima, l’uomo e il rischio
di «riscaldamento atmosferico globale»
Modificazioni involontarie del tempo e del clima: diboscamento, deviazione dei
corsi d’acqua, captazione di grandi sorgenti > alterazione equilibrio ecologico.
Più imponente impatto ambientale > inquinamento atmosferico dovuto all’aumento
dell’anidride carbonica e di polveri e fuliggini nell’aria, a esplosioni nucleari e
alterazione dell’ozonosfera > mutamenti climatici su scala globale.
Riscaldamento atmosferico globale (Global Warming): combustione di carbon
fossile e idrocarburi > aumento di circa il 28% di anidride carbonica da prima della
rivoluzione industriale.
Gas fondamentale nel riscaldamento dell’aria: cattura parte delle radiazioni terrestri
contribuendo all’effetto serra.
Un solo grado in più potrebbe far ridurre in modo consistente le masse di ghiaccio ai
poli > innalzamento del livello del mare.
Desertificazione e tropicalizzazione
Riscaldamento dell’atmosfera > desertificazione
(peggioramento delle condizioni di siccità), anche nel
Mediterraneo, e tropicalizzazione del clima.
L’azione antropica influenza certamente i sistemi
atmosferici e oceanici, agendo in maniera incisiva sul
tempo meteorologico e sul clima, con conseguenze
incalcolabili sugli ecosistemi dell’interno pianeta e per la
critica situazione mondiale della produzione di alimenti in
rapporto alle necessità della popolazione umana
(desertificazione, siccità, ecc.).
Protocollo di Kyoto
1992, Rio de Janeiro: “Conferenza mondiale su
ambiente e sviluppo” dell’O.N.U. > nessun accordo
per la riduzione delle emissioni di CO2 e altri gas
serra.
1997, Protocollo di Kyoto (fino al 2012): i Paesi
industrializzati devono ridurre le emissioni di gas
serra in percentuali variabili a seconda di
considerazioni storiche e politiche che si applicano
ad ogni Paese.
Italia: obiettivo - 6,5% rispetto al 1990
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