Tedino orchestra Jeff Mills: "Ieri i jazzisti, oggi i dj l'America razzista non ci vuole" Il musicista sarà a Spoleto con un progetto tra elettronica e classica "L'Europa è più accogliente con gli esperimenti" GIUSEPPE VIDETTI C ROMA OMINCIÒ a sentirsi a disagio nel ruolo di dj quando si rese conto che la cultura rave non avrebbe prodotto un altro Bob Dylan. Da quel momento, Jeff Mills, 53 anni, eminenza grigia della Detroit techno, si è messo al servizio dell'arte, schivando richiami commerciali e lavorando in favore della cultura, l'arma più efficace contro razzismo, violenza e degrado umano e ambientale. Più caro al pubblico europeo che a quello americano, Mills è stato insignito dell'Ordre des Arts et des Lettres dal ministro della cultura francese e la regista Jacqueline Caux - suggestionata dai molteplici interessi dell'artista, che spaziano dalla musica classica al cinema, dalle istallazioni ( affollatissima quella al Pompidou di Parigi) alla scultura - gli ha dedicato il documentario Manfrom tomorrow. L'8 luglio si esibirà con la Roma Sinfonietta al Festival dei 2Mondi di Spoleto, una performance nella storica Piazza Duomo, a perfezionare un sogno che insegue dall'alba del nuovo MEDIA millennio collaborando con prestigiose orchestre classiche. Come definirebbe "Light from the outside world", che eseguirà a Spoleto con un'orchestra italiana? «È una performance incentrata sul concetto di realtà e sulla percezione che di essa abbiamo immaginando che la nostra esperienza altro non è che il riflesso di un altrove, il riverbero di un'altra dimensione. I brani scelti appartengono alla mia storia personale, suoni di una carriera che hanno resistito nel tempo». Quando ha cominciato a interessarsi alla musica classica e alla possibilità di interagire con la grande orchestra? «Intorno al 2003. Cominciai a riflettere su quanto dipendevamo ancora dal Novecento in termini di musica - era il momento di creare e mettere in pratica nuove idee per un nuovo tempo. Collaborazioni ardite possono sortire risultati insospettati». Quali erano le sue motivazioni quando esordì? «Volevo essere un dj all'altezza degli artisti che ammiravo. Quando con Mike Banks fondai il collettivo Underground Resistance avevo esperienza nell'editing, nelle tecniche di registrazione, nella programmazione delle percussioni e delle drum machine, nelle manipolazioni del ritmo in modi concettuali. Intorno al 1991 cominciai a rendermi conto che l'elettronica in voga era solo quella legata alla cultura rave, gli altri stili erano trascurati. Fon- dai la Axis Records per dar spazio ad altri suoni e altri media». Detroit, con le sue contraddizioni sociali e la sua sconfinata eredità musicale, è stata fonte di ispirazione? «Solo all'inizio. Lasciai la città nel 1992 e non ci sono più tornato. Credo che il mio universo sia più complesso, ho sempre voluto allargare la conoscenza, ampliare il linguaggio. I miei idoli da ragazzo erano dj, ma anche scrittori, designer, atleti, architetti, attori - purché controcorrente». Come reagì l'industria discografica alla techno, che avrebbe cambiato il paesaggio sonoro dei nostri tempi? «All'inizio, tra il 1984 e il 1988, il mercato americano, ancora immerso nell'hip hop e nel rap, fu a dir poco tiepido. La musica house aveva raggiunto il picco ed era già in discesa senza che loro se ne accorgessero. Gli americani non ne compresero il potenziale finché il genere non esplose in Europa, cioè nei primi anni 90, quando s'incominciò finalmente a parlare di Detroit techno». Anche oggi le sue performance con le orchestre classiche viaggiano solo in Europa. «Non c'è da meravigliarsi data la storia di un paese che ha ancora giganteschi problemi razziali. La stessa cosa accadde ai jazzisti negli anni 50, meglio accolti a Parigi che a New York. Penso a quanti talenti gli Usa hanno costretto all'esilio... E non è finita». È difficile confrontarsi con musicisti classici e, dall'altra parte, comunicare con un pubblico che potrebbe avere più ludiche aspettative? «No. Secondo me i musicisti classici sono gli artisti più techno proprio per la serietà, la competenza e il rigore. Si rendono conto che stiamo esplorando un territorio nuovo e questo richiede pazienza e attenzione, le stesse attitudini che ha dimostrato il pubblico nei nostri confronti». Underground è una parola che ancora la definisce? «No, mi sento fuori dall'underground proprio per tutte le esperienze vissute. Ho suonato alme- no trecento volte in cento città diverse, ho vissuto a New York, Londra, Berlino, Parigi, Chicago e Detroit. Oggi lavoro nel campo dell'arte - cinema, design, musica e danza. E al momento non ascolto altro che jazz». Una strada senza compromessi. Mai tentato dal pop? i «Mai!». ©RIPRODUZIONE RISERVATA té EVOLUZIONE Iniziai a cercare nuove idee quando mi resi conto che la dance in voga erasoio quella legata alla cultura rave 11 SULPALCO JeffMills tra gli archi dell'orchestra Sotto, l'artista di Detroit. 53 anni MEDIA la R e p u b b l i c a GIOVEDÌ .^GIUGNO 2010 ;*4 R2Spettacoli * Anche i fagioli per salutare Bud Spencer «Stiamo ricevendo messaggi di coi doglio da tutto il mondo. Grazie per l'affetto» h a detto Giuseppe Pedersoli ricordando il padre Rud Spencer, alla camera ardente allestita in Campidoglio a Boma. In silenzio migliaia di persane si sono messe in a (traivoltinoti Massimo Ghini e Nicola Pietrangeli) per rendere omaggio all'attore, portando fiori, lasciando messaggi e anche scatole di fagioli. Oggi allei 2 i funerali nella Chiesa degù'Artisti. GIUSEPPE VI DETTI r «È una performance incentrata sul concerto di realtà e sulla percezione che di essa abbiamo immaginando che la nostra esperienza altro non è che il riflesso di un altrove, il riverbero di un'altra dimensione. I brani scelti appai'tengono alla mia si.oria personale, suoni di una carriera che hanno resistito nel tempo». Quando ha cominciato a interessarsi alla musica classica e alla possibilità di interagire con la g r a n d e orchestra? «Intorno al 2003. Cominciai a riflettere su quanto dipendeva- SEJI(ETtHlA_!>I-ETIACOLI..3i-:i:' • :_.LÌ•_l<_A.i 1 VIIIIVIMOM Il musicista sarà a Spoleto con un progetto tra elettronica e classica "L'Europa è più accogliente con gli esperimenti" ROMA OMiNCiÒ a sentirsi a disagio nel ruolo di dj quando si rese • conto che la cultura X rave non avrehbe prodotto un altro Bob Dylan. Da quel momento, Jeff Mills, 53 anni, eminenza grigia della Detroit techno, si è messo al servizio dell'arte, schivando richiami commerciali e lavorando in favore della cultura, l'arma più efficacecontro razzismo, violenza e degrado umano e ambientale. Più caro al pubblico europeo che a quello americano, Mills è stato insigni to dell'Ordre des Arts et des Lettres dal ministro della cultura francese e la regista Jacqueline Caiix - suggestionata dai molteplici interessi dell'artista, che spaziano dalla musica classica al cinema,dalle istallazioni (affollatissima quella al Foinpiduu di Parigi) alla scultura - gli h a dedicato il documentario Man from tomorrow. L'8 luglio si esibirà con la Roma Sinionietta al Festival dei 2Mondi di Spoleto, una performance nella storica Piazza Duomo, a perfezionare un sogno che insegue dall'alba del nuovo millennio collaborando con prestigiose orchestre classiche. Camedefinirehbe"Light b u m t h e outside world", che eseguirà a Spoleto con un'orchestra italiana? «»© J5J IL PROGRAMMA mo ancora dal Novecento in termini di musica - era il momento di creare e m e t t e r e in pratica nuove idee per un nuovo tempo. Collaborazioni ardite possono sortire risultati insospettati". Quali erano le sue motivazioni quando esordì? «Volevo essere un dj all'altezza degli artisti che ammiravo. Quando con Mike Banks fondai il collettivo Underground Resistance avevo esperienza nell'editing, nelle tecniche di registrazione, nella programmazione delle percussioni e delle d r u m machine, nelle manipolazioni del ritmo in modi concettuali. Intorno al 1991 cominciai arendermi conto che l'elettronica in voga era solo quella legata alla cultura rave, gli al tri stili erano trascurati. Fondai la Axis Records per dar spa- zio ad altri suoni e altri media». Detroit, con le sue contraddizioni sociali e la sua sconfinata eredità musicale, è s t a t a font e di ispirazione? «Solo all'inizio. Lasciai la città nel 1992 e non ci sono più tornato. Credo che il mio universo sia più complesso, ho sempre voluto allargare la conoscenza, ampliare il linguaggio. I miei idoli da ragazzo erano dj, ma anche scrittori, designer, atleti, architetti, att o r i - purché controcorrente». Come reagi l'industria discografica alla techno, che avrebb e cambiato ilpaes aggio sonoro dei nostri tempi? «All'inizio, tra il 1984 e il 1988, il mercato americano, ancora immerso nell'hip hop e nel rap, fu adii - poco tiepido. La musica house aveva raggiunto il picco Tedino orchestra SFLPALCO Je/j Mills tra gli archi dell'orchestra Sotto, l'artista di Detroit.nSamri 66 EVOLUZIONE Iniziai a cercare nuove idee quando mi resi conto che la dance in voga era solo quella legata alla cultura rave 99 Jeff Mills: "Ieri i jazzisti, oggi i dj l'America razzista non ci vuole" MEDIA ed era già in discesa senza che loro se ne accorgessero. Gli americani non ne compresero il potenziale finché il genere non esplose in Europa, cioè nei primi anni 90, quando s'incominciò finalmente a parlare di Detroit techno». Anche oggi le sue performance con le orchestre classiche viaggiano solo in Europa. «Nanc'è da meravigliarsi data la storia di un paese che ha ancora giganteschi problemi razziali. La stessa cosa accadde ai jazzisti negli anni 50, meglio accolti a Parigi che a New York. Penso a quanti talenti gli Usa hanno coStretto all'esilio... E non è finita». E difficile confro ntarsi con musicisti classici e, dall'altra parte, comunicare con un pubblico che potrebbe avere più ludiche aspettative? «No. Secondo me i musicisti classici sono gli artisti più techno proprio per la serietà, la competenza e il rigore. Si rendono conto che stiamo esplorando un tenutario nuovo e questa richiede pazienzae attenzione, le stesse attitudini che ha dimostrato il pubblico nei nostri confronti». Underground è una parala che ancora ia definisce? «No, mi sento fuori dall'underground proprio per t u t t e le esperienze vissute. Ho suonata almenotrecento volte in cento cittàdiverse, ho vissuto a New York, Londra, Berlina, Parigi, Chicago e Detroit. Oggi lavoro nel campo dell'arte - cinema, design, musica e danza. E al momento non ascolta altro che jazz». Una strada senza compro messL Mai t e n t a t o dal pop? «Mai!». Pippo Baudo toma in Rai con Magalli Interviste ai p e r s o n a g g i che h a lanciato nella sua l u n g a carriera. Lezioni ironiche sulla tv. Ecco lo spazio c h e Pippo Bando avrà, ogni s e t t i m a n a , aiFatri Vostri: «Non ho ancora firmato», dice lui lasciando i n t e n d e r e chenonfaràl'ospite d'onore, m a s a r à titolare di una vera e propria striscia. «Con Magalli», precisa. A Barry Gibb nuovo album senza Bee Gees S'intitola/?!, the nowY album che s e g n a il ritorno alla musica di Barry Gibb. Per l'artista si t r a t t a del primo lavoro di inediti in 15 anni, dopo la scomparsa dei fratelli Maurice e Robin che segnò la fine dei Bee Gees. 70 anni a s e t t e m b r e , Gibb pubblicherà l'album in autunno. I brani sono stati composti con i figli Stefano eAshley.Nel I984uscififow voyager, suo d e b u t t o solista.