Alberi e fiori nella mitologia
Alberi e Fiori nella Mitologia
A cura di Bruno Acciai
Corsi di educazione per gli adulti Anno 2013
A cura di Bruno Acciai
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Alberi e fiori nella mitologia
PREFAZIONE
Questa semplice monografia, che ha per oggetto di studio il mito che narra gli stretti rapporti
tra gli dei e le altre figure divine con il mondo delle piante, rappresentate nel nostro caso da
alberi e fiori, non ha altre pretese che quelle di essere un compendio di suggestive vicende
mitiche di rilevante interesse antropologico, culturale e morale. Per facilitarne la
comprensione, cercheremo dì spiegare al meglio i significati dei termini mitologia e mito.
Mitologia è termine che si origina da due parole greche: “mythos” e “logos”, con significato
di studio o discorso sui miti che fanno parte di una qualsiasi mitologia, sia essa la greca, la
romana, la celtica, l'indoeuropea, l'egizia , la germanica, ecc.. “Mito” è termine greco che
significa narrazione di storie di eroi e di dei trasmessa nella tradizione nonché, il
rivestimento fantastico di fatti reali, che costituirono spesso la base delle religioni e di una
qualsiasi cultura.
I miti possono talvolta presentarsi sotto vesti fantasiose o bizzarre, ma bisogna tener conto
che le vicende mitiche non possono essere spiegate nei termini delle comuni convenzioni
culturali. Va qui precisato che essi vengono spesso confusi con le leggende, le saghe o
antiche storie tradizionali, riferite a popoli antichi che contengono elementi immaginari, i
quali, tuttavia, hanno una base storica e si riallacciano a eventi reali.
Fra i temi più importanti trattati nei miti vanno citati :
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la nascita degli dei e delle altre divinità
la morte e l’oltretomba
la creazione e le origini
il rinnovarsi e rinascere del mondo
la connessione tra la vegetazione e le divinità
l'ultima trattazione e quella che a noi interessa, poiché fin dai tempi più remoti l'uomo ha
intuito la funzione prevalente e specifica della vegetazione nella natura, ha subito la
suggestione della maestosità degli alberi , della loro bellezza simbolica e della forza vitale
che da essi si sprigiona.
Osservandoli attentamente, pervenne alla convinzione profonda che essi, strettamente
legati alla Madre Terra, accogliessero i messaggi più significativi per l'esistenza,
nascondendoli nei tronchi', nei rami, nelle foglie e nei succhi. Da qui l'idea che la variante
più diffusa del centro dell'universo è l'albero cosmico che, piantato in mezzo all'universo
mette in relazione le parti sotterranee, la superfice terrestre e il cielo, idea confermata
ampiamente dall'immenso miracolo della fotosintesi, la quale rappresenta il processo
biologico della trasformazione e della rinascita che consente la vita di tutti gli organismi
viventi.
In tutte le mitologie è presente il connubio tra la vegetazione e i personaggi mitici e molte
storie narrano le suggestive vicende che le imposero nella tradizione. Ad esempio, la
quercia (Quercusrobur) era cara a Zeus, re degli dei nella mitologia greca, l'alloro
(Laurusnobilis) ad Apollo, il cipresso (Cupressumsempervirens) a Plutone, dio sia della
morte che della fertilità e l'abbondanza, l'olivo (Olea europaeus) ad Athena, ecc..
Per gli antichi Greci, l'albero della vita con i suoi pomi dell'immortalità che Èrcole riuscì a
cogliere, cresceva nel giardino delle Esperidi, luogo mitico situato ad una estremità del
mondo, là dove Atlante sosteneva la volta del cielo. Gli antichi Egizi credevano che dall'alto
del sicomoro (Acer pseudoplatanus), la dea Nut versasse l'acqua della immortalità all'anima
del defunto.
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Alberi e fiori nella mitologia
Gli Scandinavi pensavano che la creazione dell'universo
era rappresentata dalla nascita, di un immenso frassino
chiamato Yggdrasill, del quale i rami e le fronde
coprivano tutto lo spazio celeste, mentre le sue tre
principali radici rappresentavano il passato, il presente e
l'avvenire, vale a dire tutta l'eternità.
Dunque, tutte le forme presenti nella vegetazione: alberi,
arbusti, piante erbacee e fiori, partecipano alla creazione
dei miti più importanti e significativi, alcuni dei quali
cercheremo di illustrare
In conclusione, penso fermamente che i miti siano il
frutto dell'immaginario collettivo degli antichissimi popoli,
incapaci di dare risposte esaurienti sugli eventi che la
bizzarra natura propone e ai mutamenti che nel corso
delle stagioni avvenivano intorno a loro. I miti possono
essere considerati delle finestre aperte dalle quali si può
osservare la lenta evoluzione culturale dei popoli
primitivi, che si è avviata con la domesticazione da parte dell'uomo delle piante e degli
animali, avvenuta tra i 12.000 e i 10,000 anni fa contemporaneamente in ogni parte della
Terra.
L'intreccio culturale fra il mondo delle piante e i personaggi mitici lo si deve al grande
botanico Carlo Linneo che, nell’assegnare il nome e cognome ad ogni specie vegetale,
predilesse il Pantheon romano e quello greco nella scelta del nome del genere. Pantheon
significa tempio degli dei, e quello romano fu eretto dall'imperatore Adriano, in cui si
possono ammirare le statue di Apollo, Diana, Mercurio, Giove, Saturno, Marte, Venere.
L’Autore
In copertina: L’albero della Vita
A cura di Bruno Acciai
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Alberi e fiori nella mitologia
Pag. 3 : Il Frassino di Yggdrasill di Wägner Wilhelm (1886).
Indice:
Copertina
Pag.
Prefazione
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2-3
Indice
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4
Il mito di Adone
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5
Il mito di Apollo e dell’Alloro
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6
Il mito di Narciso
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7
Il mito di Zefiro e Anemone
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8
Il mirto e il mito di Afrodite
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9
Il mito del dio Pan e di Siringa
“
10
Il mito di Chirone e il Fiordaliso
“
11
Il Cipresso e il mito di Plutone
“
12
Il mito di Atena e l'Olivo
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13
L’albero del paradiso del Dio
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14
Il Mito della Ilice nera
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15
Conclusioni
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16
Ringraziamenti
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Bibliografia
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Il mito di Adone
Nella mitologia greca Adone è un giovane e bellissimo
pastorello amato da Afrodite, frutto di un amore incestuoso fra
il re Cinira di Cipro e sua figlia Mirra. Adone nacque dal tronco
dell’albero della mirra (Commiphoramyrra), in cui sua madre
era, stata, trasformata dagli dei per punizione. Un giorno
Afrodite lasciò il giovane Adone a Persefone (per i romani
Proserpina) regina degli inferi. Attratta dalla sua giovanile
beltà, Persefone se ne innamorò a sua volta e lo voleva tutto
per se. Afrodite chiese a gran voce che gli venisse restituito,
ma Persefone non ne volle sapere, Nell’accesa disputa
intervenne Zeus , il quale decise che le due dee ne condividessero l'amore per l'eternità:
Adone sarebbe rimasto la primavera e l'estate con Afrodite, il resto dell'anno con Persefone
negli inferi. Nel periodo estivo, mentre cacciava, Adone ferì un cinghiale che gli si rivoltò
contro e l'uccise. Il fior di Adone (Adonisaestivalis) che ogni anno fiorisce brevemente tra le
messi e muore, si dice che sia nato dal sangue di Adone morente.
Mito forse di origine fenicia, Adone rappresenta la divinità della morte e della resurrezione.
Gli Ateniesi tenevano gli "Adonia", feste annuali, che rievocano la sua morte e la
resurrezione nel mezzo dell'estate.
Adone e Venere – Tiziano Vecellio 1561
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Il mito di Apollo e dell'Alloro
Nelle mitologia, greca Apollo e la sorella gemella Artemide erano figli di
Zeus e di Latona, nati sull'isola di Delo. Dopo suo padre, Apollo divenne il
dio più venerato sìa dai Greci che dai Romani. Nelle mitologie di queste
due grandi civiltà, Apollo, in quella greca, rappresentava le arti, la profezia,
la medicina, la bellezza e altre competenze; nella cultura Romana, il diritto
e le arti, e infatti,l'imperatore Augusto fece costruire un magnifico tempio
intitolato al dio includendo ad esso due biblioteche pubbliche, una per le
opere in latino, l'altra per quelle in greco.
Nella mitologia greca il dio Apollo fu strettamente associato a Delfi, dove avrebbe ucciso il
serpente Pitone e fondato il famoso centro di profezia del mondo antico, la grotta
dell'oracolo delfico dove la sacerdotessa (Pizia) mangiava le foglie di Alloro consacrato
prima di pronunciare l’oracolo. Sulle mura del tempio a lui consacrato si leggeva una scritta:
" conoscite stesso " e “nulla in modo eccessivo ".
Il mito dell'Alloro, albero consacrato ad Apollo, è intimamente connesso con il suo amore
per Dafne, ninfa dei boschi montani e figlia del dio fluviale Peneo:Dafne sfuggì all'amplesso
di Apollo e si mise a gridare, il padre Peneo sentì le grida e la trasformò in un albero dì
Alloro. In ricordo di quella vicenda, il dio si ornava il capo con un giovane ramo di questa in
cui erano presenti anche bacche (drupe), e in virtù della sua popolarità l'esempio fu seguito
da tanti giovani e divenne moda.
L'Alloro fu quindi il premio agognato nelle competizioni atletiche o musicali e venne adorato
quanto l’Olivo. Nell'antica Roma era addirittura proibito per legge utilizzarlo per usi profani
( vedi: libro XV della “Historia naturalis” di Plinio il Vecchio); a completamento degli studi, i
giovani studenti del periodo classico venivano " coronati " con un tralcio di Alloro completo
di bacche, da qui il detto " baccalauréat coronati” così come si fa ancora oggi con i
neolaureati.
Francesco Albani, "Apollo e Dafne" (1615), Museo del Louvre, Parigi (Francia)
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Il mito di Narciso
Narciso era un giovane dalle forme "bellissime”, figlio del
fiume Cefiso e di una ninfa delle acque Liriope. La mitologia
greca narra che le giovinette ne erano tutte innamorate,
compreso la dolce e bella Eco, ninfa dei boschi montani.
Narciso rifiutava ogni approccio con esse, in quanto si era
invaghito della sua immagine riflessa nell'acqua di uno stagno;
ogni giorno andava a rivederla e ne subiva l'attrazione, al
punto che, preso da grande emozione si tuffò per abbracciarla
e vi morì affogato.
La bella Eco, per amore del giovane e il dolore per la tragica
fine, per la sofferenza si consumò a tal punto che di lei ne rimase solo il suono della sua
voce. II mito di Narciso è quindi intimamente connesso con quello di Eco ed entrati entrambi
nella tradizione.
Da parte degli studiosi, la storia legata a questi due mitici personaggi viene interpretata in
modi diversi in quanto la mitologia greca contiene elementi provenienti da culture diverse,
basti pensare a Zeus, re di tutti gli dei, è personaggio mitico che proviene dalla mitologia,
indoeuropea.
Il mito di Eco, in una diversa narrazione, deriva dalla sua incapacità di parlare causata dalla
gelosia di Era, che sospettava il marito Zeus dì aver prestato troppe attenzioni per la bella
ninfa. Tale dubbio nacque un giorno in cui Era fu trattenuta da una lunga conversazione fra
Eco e suo marito: Era si accorse che la bella Eco non aveva altro scopo che quello di
aiutare Zeus a protrarre i suoi amoreggiamenti indisturbato.
Era andò su tutte le furie e ordinò che Eco fosse costretta che, da quel momento, per
parlare, a ripetere sempre ciò gli altri dicevano, trasformandola in una rupe dove la voce
(eco) ha risonanza.
Tornando al nostro Narciso, i fiori a lui consacrati sono belli e profumati, alcuni dei quali li
presenteremo.
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Alberi e fiori nella mitologia
John William Waterhouse, Eco e Narciso (1903), Walker Art Gallery, Liverpool (Inghilterra)
Il mito di Zefiro e di Anemone
Nella mitologia greca Zefiro era la divinità che rappresentava
il vento dell'ovest che, con il suo caldo soffio produceva fiori
e frutti. Era sposato alla ninfa Anemone che abitava alla corte
di Chloride, della quale Zefiro era amante. Nonostante ciò,
Zefiro indirizzava il suo caldo soffio più intensamente verso
l'amata Anemone, destando la gelosia della dea Chloride che
voleva tutte per sé le attenzioni amorose di Zefiro. La gelosa
dea scacciò Anemone dalla sua corte, Zefiro allora, la
trasformò in un fiore che non schiude mai la corolla se non è
baciata dal caldo vento di Zefiro, da cui il nome fior del vento.
Su questo bellissimo fiore vi sono varie interpretazioni sia
poetiche che mitologiche, ma non sembrano molto attendibili: il termine Anemone è un
nome conosciuto fin dalla remota antichità; lo citano Ferecrate e Gratino, due comici greci
del V secolo a. C. e Teocrito, poeta del III sec. a. C. . Nell'antichità classica, poesia e
leggenda considerano questo fiore come simbolo di brevità e di speranze perdute, ma gli si
attribuivano anche poteri magici, considerando un rimedio per ogni malattia il primo fiore di
Anemone scoperto durante l'anno.
Anche gli Egiziani guardavano all’ Anemone come una pianta " emblematica " ,
giudicandola come simbolo di malattia. In Palestina, una leggenda asserisce che il fiore sia
nato al tempo della crocefissione di Gesù, ai piedi della croce, ricevendo il colore rosso dal
sangue sgorgato dalle sue ferite, da cui il nome di “le gocce di sangue del Cristo”.
Notte e sonno, Evelyn de Morgan, 1878 (Zefiro eChloride)
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Il Mirto e il mito di Afrodite
Nella mitologia greca, Afrodite(Venere per i romani,
Inanna per i Sumeri, Ishtar per gli Etruschi) è la
divinità dell'amore e della bellezza, figlia di Zeus e di
Dione. Viene descritta come una dea voluttuosa e che
ebbe diversi amanti, fra i quali Adone e il dio della
guerra Ares. Era moglie di Efesto, il dio fabbro
ripugnante e storpio. In taluni racconti è madre di
Eros, giovane dio che viene raffigurato come una
divinità scherzosa e descritto come colui che faceva
nascere amori scoccando una freccia: nella mitologia
romana assume, il nome di Cupido e Amore.
Un ruolo da protagonista fu svolto da Afrodite nel celeberrimo giudizio di Paride, dove il
principe troianofu chiamato a scegliere la più bella fra le tre dee. Egli scelse Afrodite,
provocando I’ira delle altre due contendenti: la regale Era, moglie di Zeus, e la combattiva
Atena.
Afrodite ricompensò Paride aiutandolo a rapire Elena, azione che provocò una reazione che
portò alla famosa guerra di Troia. Una volta cessata,Afrodite tenterà di salvare Paride da
Menelao e farà il possibile per consentire la fuga del figlio Enea,avuto da Anchise.
II mirto fu I’arbusto sacro ad Afrodite e la colomba l’uccello a leiconsacrato.
Alcuni studiosi ritengono che il nome Afrodite sia derivatoda quello della deaAstarde,
venerata nell’antico occidente semitico (Fenicia).
Nella mitologia, romana il mirto è consacrato a Venere,e i Romani prima di entrare nel
tempio a lei consacrato, si cingevanocon una corona di mirto e che poi regalavano ai
guerrieri come premio.Con le foglie e frutti del mirto i popoli antichi aromatizzavano
siapesce che la carne. In Sardegna, dove il mirto cresce assai profumato, con i frutti se ne
produce un liquore gustoso. Dalle foglie e dai giovani rami siricava un olio essenziale
adoperato per le malattiedell’apparato respiratorio.
La nascita di Venere di Sandro Botticelli, 1485
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Il mito del dio Pan e di Siringa
Nella mitologia greca Pan, figlio di Ermes e di una divinità dell'Arcadia, è
il dio dei pastori e delle loro greggi, dei "boschi e della fertilità, della vita
selvaggia. In genere viene rappresentato in forme antropomorfe ma con
la "barba, le corna, le orecchie e i piedi caprini. Prediligeva abitare nei
luoghi boschivi e campestri, provocando improvvisi terrori nelle ninfe
Amadriadi e negli animali qualora si imbattevano con questo pauroso
personaggio (da cui il termine “panico”).
Amante esuberante e gaio, importunava continuamente le ninfe, ma in
particolar modo era attratto dalla bella Siringa. Un bel giorno Pan, vide
la ninfa che percorreva da sola un sentiero del bosco, la raggiunse e
cercò di abbracciarla, ma Siringa invocò l'aiuto di Zeus che,
immediatamente la trasformò in un arbusto, che ogni anno a primavera
produce fiori splendidi e profumatissimi, degni della bellezza di Siringa.
Il dio Pan, a ricordo perenne della sua amata Siringa, colse dei rami dell’arbusto li unì
formando una zampogna da pastore , chiamata anche Siringa, che egli suonava pensando
a lei.
Palma il Giovane, Pan e Siringa (1590 )
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Il mito di Chirone e il Fiordaliso
Nella mitologia greca Chirone era un Centauro, figlio di Crono
(Saturno per i Romani). A differenza degli altri Centauri era
saggio, di buone maniere, famoso per il suo talento nel tiro
dell'arco, nella medicina, nella musica e nella profezia. Venne
scelto come maestro di Achille, di Esculapio ed Ettore. Ferito
per disgrazia da Ercole con una freccia che le colpì un piede,
purtroppo avvelenata con il sangue dell'Idra, serpente
mostruoso la cui uccisione costituì una delle fatiche di Ercole.
Chirone si salvò la vita curandosi con una pianta di fiordaliso,
le cui proprietà medicamentose il Centauro stesso avrebbe
scoperto in quella occasione.
Un'altra poetica leggenda legata al mito di Chirone narra che egli soffriva molto per il suo
aspetto; decise quindi di morire, sebbene fosse immortale, trasformandosi nella
costellazione del Sagittario.
Tornando al fiordaliso, noto nel mondo classico con il nome di “cyanus”, alludendo al suo
fiore di colore azzurro, compare anche in un'altra leggenda classica legata a questo
nome:Cyanus era un devoto della dea Flora ed amava tanto i fiordalisi; un mattino, fu
trovato morto in un campo di grano ed aveva accanto a sé una ghirlanda composta proprio
dai suoi fiori preferiti. Saputo il fatto, la dea Flora dette l’ordine che quei fiori portassero per
riconoscenza il nome di Cyanus.
In Russia, nelle antiche leggende religiose è il fiore di Basilio, un bel giovane che fu sedotto
in un campo di grano da una bella ninfa, che poi da essa trasformato in fiordaliso.
Pompeo Batoni, Chirone e l'educazione di Achille. Particolare
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IL CIPRESSO e il mito di Plutone
Il cipresso, albero dalla forma elegantissima e
inconfondibile,
s'impone
al
paesaggio,
conferendogli un carattere distintivo e realizzando
una mirabile armonia tra l'insediamento umano, la
vegetazione autoctona e le specie introdotte qual'
è appunto il cipresso. Tuttavia, dove questa mitica
pianta si afferma compiutamente quale elemento
fisico dominante e trova la più alta espressione
poetica di forma vivente, e svettando sul dolce
profilo delle colline toscane. Quelle snelle figure
dai toni cupi a contrasto con l'azzurro del cielo,
schierate a difesa dei secolari oliveti dai riflessi
d'argento, delle preziose vigne dai caldi colori dorati, completano la più armoniosa
combinazione di forme e di colori che mai sia stata realizzata, frutto di un millenario e
paziente lavoro, di un' intrecciarsi fecondo tra la mano sapiente dell'uomo e l'opera della
natura. Resi di notorietà universale da una vastissima letteratura descrittiva, da capolavori
iconografici sparsi in tutto il mondo, questi paesaggi, così ricchi di valori storici e umani,
costituiscono oggi una delle maggiori attrattive del nostro Paese, ma non dobbiamo
dimenticarci che questi non sono soltanto un'irresistibile richiamo turistico, ma anche
condizioni essenziali di vita per noi e le future generazioni, quindi valori insostituibili da
tutelare e proteggere per il rispetto che dobbiamo alle generazioni che ci hanno preceduto e
che li hanno costruiti per noi.
Il cipresso e originario della zona sud-orientale del bacino del Mediterraneo e secondo
alcuni sarebbe stato importato dai Fenici, per altri dagli Etruschi, ma in realtà sono ipotesi,
forse suggestive ma tutte da verificare. La sua introduzione non è databile, ma si presume
sia avvenuta verso la fine del II millennio a.C., deducendolo dal fatto che il cipresso è
annoverato tra gli alberi presenti alla nascita di Roma (Plinio, Storia Naturale). Lo stesso
Plinio, la fonte classica più autorevole in tal senso, trattandone le origini afferma
testualmente: il cipresso è originario dell'isola di Creta, sebbene Catone lo chiami tarantino,
per il fatto, credo, che quella fu la prima zona in Italia dove arrivò.
Cupressum e denominazione introdotta dal Tournefort e confermata da Linneo, ma già
usata largamente dai Romani, come risulta dalle citazioni di Catone, Ovidio, Plinio, Virgilio e
Grazio, mentre Cicerone parla di "CUPRESSETUM", alludendo ai boschi di cipressi piantati
dai Romani per darli in dote alle figlie, curiosa usanza che contribuì non poco alla diffusione
di questo mitico e suggestivo albero. Concludiamo con una nota di rammarico per il fatto
che il cipresso non trovi più lo spazio di un tempo nei giardini privati e nei nuovi
insediamenti collinari sorti di recente, in quanto molti lo ritengono albero che simboleggia la
morte e per questo non più preferito. La cosa ha origini lontane ed è giunta distorta fino a
noi. E vero che nella mitologia classica il cipresso è consacrato a Plutone, divinità che
presiede e governa gli Inferi, strano mondo sotterraneo dal quale i morti non potevano più
uscire. Ma è altrettanto vero che era considerato una divinità benefica, dispensatrice di
abbondanza e ricchezza, favoriva il lavoro dei campì e le messi, offriva i preziosi metalli
tanto utili all'uomo e accoglieva nel suo regno le salme dei defunti. Il concetto è chiaro,
l'allusione alla fertilità e generosità della terra si fa evidente e, per dirlo alla toscana, dove il
cipresso prospera stanno bene i vivi e i morti, cosa che la storia ha dimostrato ampiamente.
*Paesaggio Toscano di Isabelle Cadery
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Il mito di Atena e l'Olivo
Nella mitologia greca Atena era la dea protrettrice di Atene e un membro di rilievo nel
pantheon dell'Olimpo. Era nata tutta già armata dalla testa di Zeus, re degli dei.Atena ne
era la figlia preferita, al punto che egli le affidò l'Egida, il suo scudo rivestito di pelle, e il suo
terribile fulmine. Il ruolo di Atena e molteplice, nell'Iliade Omero la descrive come una feroce
divinità della guerra che interviene di continuo, dalla parte dei Greci, nella guerra di Troia.
Da un altro lato è descritta interessata all'artigianato e all'agricoltura, per questo le era stato
consacrato l'olivo, che proprio lei aveva creato quando Atena e Poseidone si contendevano
la sovranità dell'Attica, che sarebbe spettata a chi avrebbe fatto il dono più bello alla regione
montuosa della Grecia.
Poseidone fece sorgere dalla terra un cavallo, Atena invece fece sorgere una pianta d'olivo
con i frutti, che fu il dono prescelto dal popolo perché riconosciuto simbolo di pace e
prudenza.
Lo squisito nutrimento che l'uomo ricava da questa umile pianta, costituì col tempo un
elemento fondamentale del su sostentamento, acquistando un profondo significato nella
tradizione e nei riti religiosi dei popoli che lo coltivavano. I Romani lo dedicarono alla dea
Minerva e fu simbolo, come lo fu per i Greci, della pace e della sapienza, della vittoria e del
benessere. Testimonianze sulla coltivazione dell'olivo ci sono pervenute da tutte le civiltà
mediterranee. L'olivo quindi da millenni è l'albero che ha caratterizzato gli aspetti salienti del
paesaggio coltivato dell'area mediterranea.
Come è stato messo in evidenza negli scavi compiuti a Gayonii sulle pendici orientali dei
Monti Taurus, in Turchia, (Zohari and SpiegelRay, 1975),da circa 8000 anni a.C. in questo
sito, l'olivo, la vite e il fico compaiono già come forme già coltivate, da dove poi si sono
diffuse in tutta l’area mediterranea, assumendo via via sempre più importanza per
l'alimentazione umana.
La disputa di Atena e Poseidone di HalléNoël
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L'albero del paradiso del Dio
Si tratta del cedro del Libano (Cedrus libani), splendida conifera che cresce spontanea sui
monti del Libano e sulle montagne del Tauro, ad altitudini comprese fra i 1300 e i 2000 m.
slm, dove forma ancora oggi popolamenti puri di rara e suggestiva bellezza, la conoscenza
e l'ammirazione per questo albero risale a tempi antichissimi, come lo testimoniano
innumerevoli citazioni di scrittori e poeti del periodo classico. Cronache e storie riportano
che il re Salomone fece impiegare il legno di questo albero resinoso nella costruzione delle
sue navi, nelle strutture del suo palazzo e in quelle del tempio di Gerusalemme.
La citazione più densa di significati , nei confronti del cedro del Libano, la si trova nella
Sacra Bibbia al capitolo 31 di Ezechiele, che così recita: " La gloria del nostro Dio è anche
nei cedri che lui ha piantato; nel paradiso di Dio non vi furono alberi più maestosi: gli abeti
non arrivavano alla sua altezza: i platani non eguagliavano l'ampiezza dei suoi rami; nel
paradiso di Dio nessuna pianta gli somigliò in bellezza”. Il re Salomone, oltre alle navi, si
fece fabbricare anche un trono in legno di cedro, poiché più dell'oro del baldacchino, più
dell'argento delle colonne, il legno imputrescibile dell'albero, eternamente verde, è simbolo
di grandezza, di saggezza, di durata.
Per le sue indiscusse doti ornamentali, il cedro del Libano venne introdotto nel 1670 in
Inghilterra, dove ben presto trovò posto nei parchi e nei giardini. Nel nostro Paese giunse
circa un secolo dopo nel 1787 e venne accolto nell' Orto Botanico di Pisa.
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Il Mito della Ilice nera
La Ilice nera è il nome poetico del Leccio (Quercusilex)
albero sempreverde della famiglia delle querce, il cui
Mito trae origine dal fatto di essere stato per migliaia di
anni il principale protagonista del meraviglioso
paesaggio vegetale naturale dell'Italia mediterranea.
Ritornano spesso negli scrittori classici (Livio, Plinio il
Vecchio, Virgilio, ecc.) notizie e riferimenti sulle cupe e
selvagge selve sempreverdi che dai tempi più remoti
erano giunte fino a loro, le quali costituivano l'elemento
dominante del paesaggio latino, Etrusco e Romano. La
più selvaggia e profonda selva, che Livio confronta con
le terribili selve britanniche, era la Ciminia, situata
presso l’odierna Viterbo.
Era una selva sacra agli Etruschi, come altre consimili lo
erano per i Romani, celebre per la prodigiosa grandezza dei Lecci e perché si riteneva
fosse abitato da misteriose divinità. I popoli antichi consideravano il Leccio “l’albero felice e
divinatorio” : felice perché cresceva su terre fertili e clima favorevole alle sue esigenze;
divinatorio, penso, per il fatto che le città fondate dove vegetava il Leccio andavano incontro
ad una fortunata prosperità, basti pensare al Vaticano (detta Città degli indovini)fu fondata
dove era il Leccio più antico di Roma, che aveva una iscrizione su bronzo in caratteri
Etruschi.
Nella mitologia greca, il Leccio era stato consacrato alla dea Ecate, divinità degli inferi
eancella di Persefone. Nell’Erebo infernale vivevano le tre Parche preposte alla vita umana,
Gloto, Lachesi e Atropo. Quell'inferno pieno di tenebre in cui il Leccio era stato consacrato
colpì I’immaginario collettivo dell'antico popolo Romano, il quale finì per definirlo un albero
sinistro, consultato soltanto per gli oracoli funesti e funerari.
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Alberi e fiori nella mitologia
CONCLUSIONI:
Ciò che è conosciuto dei miti greci, dei quali alcuni da noi prescelti, e che essi coprono un
periodo che inizia migliaia di anni a.C. fino all'inizio dell’era cristiana, tuttavia,il ciclo
temporale nella sua interezza resta pur sempre nel campo delle ipotesi. Dallo studio della
mitologia greca si evince che essa contiene elementi appartenenti a culture e storie diverse.
L'elemento culturale indoeuropeo è rappresentato in divinità come Zeus, mentre strutture
mediterranee minoico-micenee sono simboleggiate in figure come Demetra, Afrodite, Rea,
e altre.
Alla frammentazione dei miti greci hanno contribuito, non poco, poeti e filosofi. Ad esempio,
gli dei ritratti nell'Odissea e nell'Iliade di Omero appaiono anche nella Teogonia (nascita del
dei) di Esiodo, poeta greco dell'VIII-VII secolo a.C..Ciascuno dei letterati greci
(Sofocle,Eschilo ed Euripide) espone nelle proprie opere una personale rielaborazione dei
miti greci tradizionali, generando confusione a chi deve studiarli.
Anche nella mitologia romana, i miti si sovrappongonoalle culture dei popoli mediterranei, al
punto che la mitologia fu influenzata da elementi religiosi di provenienza greca, siriaca,
iranica ed egizia. Ciò malgrado, la mitologia romana evidenzia un carattere proprio e
facilmente delineabile, in quanto la religione e i miti romani sono prosaici, prudenti ed esatti
nel loro significato culturale e morale.
Fra gli dei del Pantheon greco e le divinità del Pantheon romano esiste una corrispondenza
rigorosa che può essere così evidenziata:
Mitologia Greca
Zeus
Era
Poseidone
Demetra
Apollo
Artemide
Atena
Efesto
Afrodite
Ares
Dionisio
Mitologia Romana
Giove
Giunone
Nettuno
Cerere
Apollo
Diana
Minerva
Vulcano
Venere
Marte
Bacco
L'autore
A cura di Bruno Acciai
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Alberi e fiori nella mitologia
RINGRAZIAMENTI:
I miei più sentiti ringraziamenti vanno all’esimio Prof. Antonino Messina, al quale da oltre
vent’anni affido la realizzazione grafica dei miei modesti lavori monografici. Un pensiero va
inoltre alla mia diletta nipote Carolina che realizza le copie che mi sono necessarie: la
gratitudine va anche a coloro che apprezzano i miei lavori, e ciò ripaga in modo tangibile
l'impegno di tutti.
Grazie!!!
B, Acciai
A cura di Bruno Acciai
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Alberi e fiori nella mitologia
BIBLIOGRAFIA:
Natura Viva- Enciclopedia Sistematica del Regno Vegetale - Vallardi editore -Milano 1962.
Nel Mondo della Natura - Enciclopedia di Scienze Naturali - F. Motta editore – Milano 1962
Plinio – Storia Naturale - i Millenni - G. Einaudi Editore - 1978.
Eneidedi Virgilio Marone - Guido Vitali - Editoriale Cisalpina - Milano-Varese 1957.
Virgilio Marone- Opere - Editrice Paravia e comp.1894.
Piante Medicinali - Guida - A. Mondadori editore - 1978.
Salute della Terra - Guida alle Piante Medicinali - Editrice Idea Libri- Milano 1981.
Cacciatori di piante - Tyler Whittle - Editore Rizzoli - Milano 1978,
I Boschi d’Italia - Sinecologia e Biodiversità - S.Pignatti – Utet 1998,
Storia della Medicina - Fratelli Fabbri Editori - Milano 1964
Enciclopedia Italiana “GR0IER” - Hachette International 1987.
Curarsi con i Fiori - A. Mondadori Editore - Milano 1977.
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Le foto dei fiori in capolettera sono di Antonino Messina
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Cedro del Libano dal Webb (ignoto)
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Elaborazione grafica, impaginazione e scelta iconografica di Antonino Messina
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Le foto delle illustrazioni artistiche sono prese dal Webb e libere da copyright
A cura di Bruno Acciai
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