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Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology
Anno III numero 1 - gennaio 2010 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali
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Piede Torto Congenito: aspetti clinici e genetici
Congenital clubfoot: clinical and genetic aspects
1
Ilaria Sanzarello , Piera Vicchio, Sara Manti, Laura Colavita, Stefania Marvaso, Caterina Grosso, Valeria Ferraù
1
Università Campus Bio-Medico di Roma
Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC Genetica e Immunologia Pediatrica Università di Messina
Abstract
Clubfoot is one of the most common birth defects involving the
musculoskeletal system. Idiopathic clubfoot is an isolated deformity of the foot
and leg that is identifiable in utero and consists of four components: equinus,
hindfoot varus, forefoot adductus, and cavus. Clubfoot deformity may be
associated with myelodysplasia, arthrogryposis, or multiple congenital
abnormalities. When untreated, children with clubfoot walk on he sides and/or
tops of their feet, resulting in callus formation, potential skin and bone
infections, inability to wear standard shoes, and substantial limitations in
mobility and employment opportunities. Many theories have been proposed to
explain the etiology of idiopathic clubfoot including vascular deficiencies,
environmental factors, in utero positioning, abnormal muscle insertions, and
genetic factors. Understanding the exact genetic etiology of clubfoot may
eventually be helpful in determining both prognosis and the selection of
appropriate treatment methods in individual patients. The primary treatment
goal is to provide long-term correction with a foot that is fully functional and
pain-free. To achieve this, a combination of approaches that applies the
strengths of several methods may be needed. Avoidance of extensive
soft-tissue release operations in the primary treatment should be a priority,
and the use of surgery for clubfoot correction should be limited only after
failed conservative methods.
Riassunto
Il piede torto congenito (PTC) è considerata una delle più frequenti
malformazioni congenite presenti alla nascita in associazione con la displasia
dell'anca. Si tratta di una deformità caratterizzata da uno stabile atteggiamento
vizioso del piede dettata da un anomalo sviluppo delle ossa tarsali al quale si
associano secondariamente alterazioni capsulari, legamentose, muscolo
tendinee e delle fasce. In generale, quando si parla di piede torto congenito ci
si riferisce sempre alla varietà più frequente: il piede equino-varo-addottosupinato L’eziologia è tutt’ora sconosciuta, anche se sono state avanzate varie
teorie come quella genetica, quella embrionaria, quella meccanica, quella
neurogena, quella vascolare etc. etc.... Nel 20% circa dei casi il piede torto è
associato ad altre anomalie quali: artrogriposi distale, mielomeningocele,
distrofia miotonica congenita, altre sindromi genetiche (trisomia 18, sindrome
da delezione 22q11). In futuro l’approccio “genome wide association study”
potrebbe essere molto utile nell’identificazione di geni di suscettibilità
coinvolti nell’eziologia del PTC, al fine di individuare terapie sempre più
mirate. La terapia prevede differenti approcci in base alla severità di
presentazione clinica. Il trattamento è conservativo, almeno inizialmente, ma
può divenire cruento se il risultato funzionale non è soddisfacente. Le forme
piu' gravi richiedono necessariamente un trattamento chirurgico.
Introduzione
Il piede torto congenito (PTC) è una deformità, già presente alla nascita,
caratterizzata da un atteggiamento viziato permanente del piede rispetto alla gamba,
tale che il contatto del piede col suolo non avviene più nei punti di appoggio normali,
ne conseguono alterazioni capsulari, legamentose, muscolo tendinee e delle fasce.
E’ considerato una delle più frequenti malformazioni congenite, occupa infatti il
secondo posto dopo la displasia dell'anca. La sua incidenza si aggira intorno all’ 1.5
su 1000 nati, il rapporto maschi-femmine è 2:1 e la patologia presenta bilateralità nel
65% dei casi. E’ frequente la concomitanza con altre malformazioni, in particolare la
lussazione congenita dell’ anca o il torcicollo miogeno. L’ eredo-familiarità è
dimostrata nel 15% dei casi ed è abbastanza frequente il suo riscontro nel contesto
di osteodisplasie genotipiche o sindromi dismorfiche dello scheletro. Ha la tendenza
a recidivare sino all’ età di 5-7 anni.
Eziopatogenesi
Rappresenta il risultato di un arresto di sviluppo, che fissa il piede in un
atteggiamento che è proprio del periodo precoce della vita embrionaria: tra il 1° e il
2° mese infatti, il piede è atteggiato in equinismo diretto; alla fine del 2° in
supinazione e verso la metà del 3° in flessione dorsale a 90°; con l’ inizio del 4°
mese comincia a ruotare in senso pronatorio, raggiungendo gradatamente l’
atteggiamento definitivo. L’ evoluzione del piede può arrestarsi in questo stadio con
persistenza, a sviluppo ultimato, dell’ atteggiamento in equino-varo-supinazione.
L’eziologia è tutt’ora sconosciuta, anche se sono state avanzate varie teorie come
quella genetica, quella embrionaria, quella meccanica, quella neurogena etc. etc..,
nessuna di queste, tuttavia, confermate con certezza. Secondo la teoria genetica,
l’alterazione agirebbe sullo sviluppo del piede in epoca embrionaria non
consentendo il fisiologico processo di maturazione. Secondo la teoria embrionaria
esistono dei fattori esterni ambientali che possono determinare l’arresto di sviluppo
del piede. La teoria meccanica prevede l’esistenza di svariate condizioni uterine
(briglie amniotiche, oligoidramnios, cordone ombelicale, anomalie uterine, ecc) o
fetali (macrosomia, parti gemellari, ecc) in grado di determinare un alterato rapporto
tra contenente (utero) e contenuto (feto). In questi casi è più opportuno parlare di
malposizione che di malformazione congenita e la prognosi è sicuramente migliore.
Secondo la teoria neurogena invece nel 10% dei casi circa il PTC può sottintendere
un difetto di saldatura del tubo neurale fetale (spina bifida) o una patologia da
acinesia fetale (artrogriposi). Le alterazioni anatomo-patologiche interessano sia l’
apparato osteo-articolare che quello capsulo-legamentoso e muscolo-tendineo.
Presentazione clinica
In generale, quando si parla di piede torto congenito ci si riferisce sempre alla
varietà più frequente; il piede si presenta in equinismo, ovvero in flessione plantare
con appoggio esclusivamente sull’avampiede, in varismo, con l’asse longitudinale
del retropiede deviato all’interno rispetto alla gamba, in supinazione ed in adduzione
con conseguente rotazione interna della superficie plantare e deviazione
dell’avampiede verso l’interno. La prognosi è correlata al grado di deformità e alla
precocità del trattamento terapeutico. Clinicamente il piede torto può essere distinto
in:
Piede equino-varo-addotto-supinato (70%) : Deformità congenita che consiste
nell'atteggiamento vizioso del piede che appare fissato contemporaneamente in:
Equinismo: il piede è flesso plantarmente, l'appoggio avviene solo sull'avampiede;
Varismo l'asse longitudinale del calcagno è deviato medialmente rispetto all'asse
longitudinale della gamba; Cavismo la volta plantare longitudinale è accentuata;
Supinazione: l'avampiede è ruotato sul suo asse longitudinale in modo tale che la
pianta è rivolta all'interno In complesso il piede presenta una torsione sul suo asse
longitudinale, per cui la faccia plantare guarda medialmente e l'appoggio al suolo
avviene solo sul margine esterno del piede e sull'avampiede.
Piede talo-valgo-pronato (10%) : in cui si osserva talismo con flessione dorsale del
piede; Valgismo in quanto l'appoggio avviene solo sul calcagno che appare deviato
lateralmente rispetto all'asse longitudinale della gamba, pronazione con l'avampiede
ruotato sul suo asse longitudinale in modo tale che la pianta è rivolta all'esterno e
Piattismo con l'appiattimento della volta plantare longitudinale.
isolato . Sono stati descritti inoltre diversi polimorfismi, nei casi di piede torto
idiopatico, vicini ai geni Homeobox (HOX), del gene IGFBP3 e dei geni codificanti
caspasi. Uno studio condotto da Ester et al ha dimostrato la presenza di diversi
SNPs nei geni HOXA e HOXD responsabili, probabilmente, di piede torto congenito
isolato. Tre SNPs del gene IGFBP3 (rs3793345, rs2471551 e rs13223993)
risultavano over-trasmessi nella popolazione affetta studiata. Negli ultimi mesi lo
studio delle Copy-number variants (CNVs) ha permesso di evidenziare, in 40
famiglie, la presenza di una microduplicazione (2.2 Mb) a livello del cromosoma 17
(17q23.1q23.2) [Fig.2], non evidenziabile in 700 controlli sani. La penetranza di tale
mutazione sarebbe di circa il 70% in quanto solo 7 su 10 pazienti presentavano
piede torto.
Metatarso-addotto- varo (15%) : deformità caratterizzata dalla deviazione verso
l'interno dei raggi metacarpali e delle dita.
Piede valgo-convesso (5%) : rara deformità caratterizzata dall'inversione della volta
plantare
Forme miste (5%)
La deformità in equino-varo supinato è pertanto il tipo più comune di piede torto, si
tratta di una deformità complessa, difficile da correggere, con forte tendenza alle
ricadute. La gravità della patologia viene valutata con la presentazione clinica della
deformità e con il grado di riducibilità. Questo rappresenta infatti un ottimo criterio
prognostico; più rigido è il piede, più difficile risulterà la correzione per via
conservativa. In base a questo criterio vengono infatti classificati quattro stadi di
gravità della patologia: un primo tipo definito posturale in cui si ha una completa
riducibilità e una assenza di rigidità. Un secondo tipo con deformità moderata e una
riducibilità considerevole, un terzo tipo con deformità severa e una riducibilità
solamente parziale, un quarto tipo definito teratologico, con importante deformità,
rigidità e assenza di riducibilità.
Un altro criterio classificativo molto utilizzato è quello che fa riferimento all’entità
angolare del varismo, per cui si distinguono tre gradi:
• I grado: la malformazione è facilmente correggibile ed il piede forma sul piano
frontale un angolo mediale maggiore di 90° rispetto all’asse longitudinale della tibia;
• II grado: la malformazione risulta difficilmente correggibile ed il piede, invece,
forma sul piano frontale un angolo mediale di 90° rispetto all’asse longitudinale della
tibia;
• III grado: la malformazione si presenta incorreggibile ed il piede forma sul piano
frontale un angolo mediale inferiore di 90° rispetto all’asse longitudinale della tibia.
Aspetti genetici
Nel 20% circa di casi il piede torto è associato ad altre anomalie quali: artrogriposi
distale, mielomeningocele, distrofia miotonia congenita, altre sindromi genetiche
(trisomia 18, sindrome da delezione 22q11). E’ stata suggerita un’eziologia
multifattoriale con il concomitante intervento di fattori genetici e ambientali. Studi su
gemelli hanno dimostrato una concordanza in gemelli dizigoti pari al 2, 9%, contro il
32, 5% nei gemelli monozigoti . I parenti di I grado dei soggetti affetti, hanno un
rischio molto più elevato, rispetto alla popolazione generale, di essere affetti da
piede torto. In particolare, se entrambi i genitori o un figlio e un altro membro della
famiglia presentano piede torto, la possibilità di avere un altro figlio affetto da tale
patologia è di circa il 10-20% . In alcuni studi si prospetta la possibilità che il piede
torto congenito sia dovuto alla mutazione di un singolo gene che si trasmette con
modalità autosomico-dominante . L’identificazione di alcuni geni di suscettibilità,
attraverso studi di associazione, suggerisce però un’eziologia poligenica e
multifattoriale. I geni che nel corso degli anni sono stati associati allo sviluppo del
piede torto sono diversi: HOXD12/HOXD13, NAT2 e una serie di geni regolatori
dell’apoptosi tra cui CASP10 . Recentemente è stata identificata una mutazione del
gene che codifica per un fattore di trascrizione PITX1 in una famiglia con piede torto
Quello che si crea è un alterato dosaggio genico di almeno uno dei due geni che
codificano per fattori di trascrizione, TBX2 e TBX4. Quest’ultimo è uno dei principali
geni candidati nell’eziologia dei difetti degli arti inferiori negli uccelli.
L’aploinsufficienza di TBX4, risultante dalla microdelezione 17q23.1q23.2, si
presenta con anomalie scheletriche variabili incluse la rotula ipoplasica, dita
assottigliate, piedi piatti, ossificazione ipoplasia della giunzione ischio-pubica.
L’alterato dosaggio genico, nel senso della microduplicazione provoca effetti opposti,
ovvero: dita corte e tozze, addensamento dell’osso ischiatico ecc. Infine, visto che il
fattore di trascrizione TBX4 è un target trascrizionale diretto per PITX1, si crede in
un ruolo eziopatogenetico del pathway PITX1-TBX4 nel determinismo del piede torto
congenito. In futuro l’approccio “genome wide association study” potrebbe aiutare
nell’identificazione di altri geni di suscettibilità coinvolti nell’eziologia del piede torto
congenito.
Diagnosi
La diagnosi di PTC è essenzialmente clinica, avendo l’esame radiografico, almeno
inizialmente, un valore limitato dalla presenza di cartilagine che nei primi anni di vita
extrauterina non si è ancora ossificata. La radiologia convenzionale, comunque, può
fornire informazioni utili, così come la risonanza magnetica, riguardo la morfologia
delle singole ossa e i loro rapporti, mentre l’indagine ecografica consente una
valutazione dinamica del piede torto.
Diagnosi prenatale
Con il miglioramento delle tecniche ecografiche ostetriche il piede torto puo' essere
diagnosticato in gravidanza. Un esame ecografico di 2° livello, che consiste in una
valutazione morfologica più accurata e nella sollecitazione dei movimenti fetali,
permette infatti sia di valutare l’atteggiamento e la morfologia del piede quindi di
porre diagnosi di patologia che di tipizzare la patologia come primaria o secondaria.
L’ecografia del 2° trimestre è la più adatta a diagnosticare un piede torto equinovaro-supinato poiché, già dal terzo trimestre, la quantità di liquido amniotico è meno
importante e la posizione degli arti è spesso costretta nella cavità uterina. I piedi
possono presentarsi di frequente incrociati l’uno sull’altro.
Terapia
Il trattamento è conservativo, almeno inizialmente, ma può divenire cruento se il
risultato funzionale non è soddisfacente (appoggio plantigrado non ottimale, scarsa
mobilità, o presenza di sintomatologia dolorosa) : esso si basa sull’esecuzione di
modellamenti manuali a tappe, tendenti a correggere la deformità e, sul
confezionamento di apparecchi gessati femoro-podalici che devono essere rinnovati
settimanalmente almeno per le prime 7-10 settimane. Tali manovre correttive devono
essere graduali per evitare lo schiacciamento dei nuclei di accrescimento,
consentendo nello stesso tempo l’adattamento delle strutture vasculo-nervose alle
nuove posizioni. La terapia prevede quindi differenti approcci in base alla severità di
presentazione clinica. Va iniziata precocemente, già dal II-III giorno di vita
consistendo, inizialmente, in manipolazioni correttive da effettuare piu' volte in un
giorno seguite poi dall’applicazione di apparecchi gessati correttivi che si oppongono
alla deformita', da rimuovere e sostituire ogni 7/14 giorni (Metodo Ponseti).
La fase correttiva prevede pertanto 5 o 6 tappe in cui si alternano manipolazioni a
gessetti settimanali correttivi. I segni clinici di una adeguata correzione sono da
ricercare nella congruenza astragalo-scafoidea e nella palpazione del processo
anteriore del calcagno che deve apparire in posizione neutra o di leggero valgismo.
Di frequente, circa nell’80% dei casi, alle manipolazioni si accompagna la tenotomia
percutanea del tendine di Achille. Dopo la procedura di tenotomia, vengono
confezionati ulteriori 2 gessi, ciascuno della durata di circa 10 giorni, viene quindi
applicato un particolare tutore, detto “Denis-Brown”, che manterrà la posizione di
correzione ottenuta fino a questo momento. Il tutore è costituito da due scarpette
che sono collegate tra loro da una barretta, e mantiene i piedini ruotati verso
l’esterno. All’età di circa 8-9 mesi, il tutore viene proseguito solo di notte e quando il
piccolo dorme, fino all’età di 3 anni circa.
Le forme piu' gravi richiedono invece un trattamento chirurgico che non deve, in ogni
caso, mai avvenire prima dei 4 mesi. L’intervento tradizionale, noto come Intervento
di Codivilla, prevede una doppia incisione chirurgica (una nella parte posteriore e
una nella parte interna del piede) e quindi una tenotomia Achillea, un allungamento
plastico dei tendini mediali del piede, una capsulotomia delle articolazioni mediali
eventualmente accompagnata da una cuboidectomia. Al termine viene confezionato
un apparecchio gessato, lungo fino alla radice della coscia, che mantiene la
correzione ottenuta. Fino al successivo controllo che avviene dopo 12/15 giorni in
cui avviene la sostituzione dell’apparecchio gessato. Intorno all’8-9 mese di età
vengono dunque confezionate delle calzature ortopediche, definite “ a biscotto” che
manterranno la correzione. Il destino prognostico è strettamente correlato, non solo
alla precocità ed alla razionalità del trattamento, ma anche all’ entità della
deformazione iniziale ed alla capacità riparativa del piede deforme. Non va
dimenticato comunque che la deformità, essendo legata ad un arresto o ad un
rallentamento dello sviluppo embrionale, tende a ripresentarsi ogni qual volta vi sia
una spinta evolutiva all’ accrescimento del piede, ragion per cui è necessaria una
continua e stretta sorveglianza di questi pazienti per intervenire precocemente
qualora si osservino i segni di un ripristino della deformità.
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Trimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e Genetica
Legge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. 3/09 - 11 maggio 2009
Carmelo Salpietro - Direttore responsabile
Giuseppe Micali - Segreteria redazione
Basilia Piraino - Piera Vicchio
Direzione-Redazione: UOC Genetica e Immunologia Pediatrica - AOU Policlicnico Messina