ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “B. NICCOLÒ STENONE” - PISA Anno accademico 2003/2004 L’identità e la missione della famiglia cristiana nella Chiesa e nella società. Sandro Spagli INDICE 1. Identità e missione della famiglia cristiana nella riflessione del Magistero 1.1 breve excursus dal Concilio Vaticano II ad oggi 1.2 Dalla riflessione magisteriale alla prassi pastorale: equivoci e nodi irrisolti 2. 3. “ 3 “ 6 Una rinnovata identità della famiglia cristiana “ 8 2.1. L’unità della coppia 2.2. Il carattere sacramentale del matrimonio cristiano 2.3. Un nuovo approccio pastorale “ “ “ 8 9 11 “ 13 “ 17 Per un rinnovato slancio missionario Bibliografia 2 Pag. 3 1. IDENTITA’ E MISSIONE DELLA FAMIGLIA CRISTIANA NELLA RIFLESSIONE DEL MAGISTERO 1.1 breve excursus dal Concilio Vaticano II ad oggi Una delle novità espresse con maggior vigore dal Magistero ecclesiale, a partire dal Concilio Vaticano II, ha riguardato l'identità e la missione della famiglia cristiana fondata sul sacramento del matrimonio. Per i Padri conciliari, infatti, la famiglia rappresenta una delle priorità fondamentali nell’impegno dell’evangelizzazione e l’ambito del matrimonio il primo cui porre attenzione nel rapporto tra Chiesa e mondo1. “Il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e di incoraggiare i cristiani e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità naturale e l’altissimo valore sacro dello stato matrimoniale” (GS n. 47). I vescovi italiani hanno recepito le sollecitazioni conciliari attraverso uno dei più bei documenti prodotti fino ad oggi, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, emanato a metà degli anni ‘70. Con esso si cercava di dare il via ad un’azione pastorale capace di rendere la famiglia centro e snodo della vita ecclesiale; si dichiarava, infatti, che «i coniugi, in forza del loro ministero, non sono soltanto l'oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa, ma ne sono anche il soggetto attivo e responsabile in una missione di salvezza che si compie con la loro parola, la loro azione, la loro vita»2. Nel 1981, con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, vera magna charta sul ruolo della famiglia nella Chiesa e nella società, la soggettività attiva e responsabile della famiglia si arricchisce di ulteriori connotazioni. 1 2 V. in particolare la Costituzione pastorale Gaudium et Spes, nn. 47-52. Conferenza Episcopale Italiana (CEI), Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, n. 59. 3 Viene, infatti, solennemente affermato che: “La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio ed originale, ponendo al servizio cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore”3. Nello stesso Documento si precisa che: “la partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, e genitori e figli in quanto famiglia.” E poco oltre viene specificato che: “La famiglia cristiana edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita: è nell’amore coniugale e familiare che si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla missione della Chiesa” e tutto questo faceva sì che, parlando della famiglia, la si potesse definire “chiesa domestica”4. Dopo oltre dieci anni, nel 1993, il Direttorio di pastorale familiare promulgato dalla CEI cerca di tradurre in precisi itinerari pastorali le esigenze contenute nella Familiaris Consortio, allo scopo di “far assumere a tutte le famiglie cristiane il posto, il ruolo e la vitalità che loro competono nella Chiesa”5. In virtù del sacramento del matrimonio, infatti, tutti “gli sposi sono consacrati per essere ministri di santificazione nella famiglia e di edificazione della Chiesa”6. Le famiglie cristiane sono, dunque, chiamate a porsi nella storia come “segno” della presenza di Cristo e della sua Chiesa, e di questa “riflesso vivo, vera immagine, storica incarnazione”7 e la Chiesa, da parte sua, ha il compito, primo e fondamentale, di richiamare ed accompagnare gli sposi cristiani a Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio (FC), n° 50. Ibidem, n° 49. 5 Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi italiani riuniti per la loro XXXVII Assemblea Generale, 13 maggio 1993. 6 CEI, Direttorio di Pastorale Familiare, n° 135. Cfr. anche la Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n° 11. 7 CEI, Comunione e comunità nella chiesa domestica, n° 6. 3 4 4 riscoprire, con stupore gioioso e grato, il “sacramento grande” (Ef 5,32), il “dono” che è stato loro fatto dallo Spirito. Bisogna, dunque, lavorare “con ardore e senza sosta alla salvaguardia e alla santità del matrimonio, perché questo sia sempre vissuto in tutta la sua pienezza umana e cristiana”8. Riprendendo alcuni concetti già espressi nell’enciclica Redemptor Hominis il Papa afferma nella sua Lettera alle famiglie del 1994: ”La Chiesa prende parte alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce del cammino quotidiano degli uomini, profondamente persuasa che è stato Cristo stesso ad introdurla in tutti questi sentieri: è Lui che ha affidato l'uomo alla Chiesa; lo ha affidato come via della sua missione e del suo ministero”. “Tra queste numerose strade, la famiglia è la prima e la più importante: una via comune, pur rimanendo particolare, unica e irripetibile, come irripetibile è ogni uomo; una via dalla quale l'essere umano non può distaccarsi seguendo il Cristo “venuto al mondo per servire” (Mt 20,28) […] La Chiesa considera il servizio alla famiglia uno dei suoi compiti essenziali. In tal senso, sia l'uomo che la famiglia costituiscono la via della Chiesa”9. Sulla stessa linea d’onda, la Chiesa italiana, negli Orientamenti pastorali per gli anni ‘90, aveva espresso la convinzione che “nell’edificazione di una comunità ecclesiale unita nella carità e nella verità di Cristo, è fondamentale la testimonianza e la missione della famiglia cristiana”10. Il Sacramento del Matrimonio, infatti, non è ordinato tanto alla salvezza propria, quanto, piuttosto, alla salvezza altrui: quindi è già destinato, per sua costituzione, al servizio ecclesiale. Si legge, a riguardo, nella Familiaris Consortio: ”La famiglia cristiana è inserita a tal punto nel ministero della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa [...] perciò i coniugi non solo ricevono l'amore di Paolo VI, Humanae Vitae, n° 30. Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994, nn. 1-2. 10 CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n° 30. 8 9 5 Cristo, diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando comunità salvante.”11 Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica è chiaro in proposito: «Due altri sacramenti, l'ordine e il matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione del popolo di Dio»12. E, riprendendo gli insegnamenti del Concilio, sottolinea che “in questi sacramenti, coloro che sono già stati consacrati mediante il battesimo e la confermazione per il sacerdozio comune di tutti i fedeli, possono ricevere consacrazioni particolari. Coloro che ricevono il sacramento dell'ordine sono consacrati per essere posti, in nome di Cristo, a pascere la chiesa con la Parola e con la grazia di Dio (LG, 11). Da parte loro, i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato (GS n. 48)”13. Per tal motivo possiamo dire, riguardo al matrimonio, che esso non è un sacramento per gli sposi, ma degli sposi per la comunità. Anche se quello familiare rimane l'ambito primario in cui il sacramento del matrimonio si realizza, in quanto luogo in cui esso viene continuamente celebrato (chiesa domestica), non per questo la famiglia può chiudersi e limitarsi a se stessa. C'è, dunque, una specie di "dovere di impegno” nei confronti della Chiesa-comunità in quanto ogni famiglia appartiene a questa più grande famiglia (con il battesimo siamo stati inseriti in essa per sempre), ed in essa è inserita e vive. 1.2. Dalla riflessione magisteriale alla prassi pastorale: equivoci e nodi irrisolti A distanza di trent’anni dal Concilio, a fronte di una così vasta, chiara ed articolata produzione magisteriale, il sacramento del matrimonio continua FC n° 49. Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 1534. 13 Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 1535. 11 12 6 invece ad essere considerato come un "oggetto della pastorale" e la pastorale familiare, almeno nella prassi ordinaria, continua a vedere la famiglia in modo piuttosto passivo. In generale, la famiglia viene convocata per determinate circostanze (in genere in occasione dei sacramenti), alcune coppie “più disponibili” prestano il servizio nell’animazione parrocchiale, ma la famiglia in quanto tale non viene considerata parte organica e strutturale della vita della Chiesa; talvolta è vista più come un "problema" che come una risorsa. Non sono mancati, in questi anni, tentativi (limitati) di singole diocesi o parrocchie che, per la creatività di parroci di buona volontà, hanno realizzato forme di collaborazione che vedono la famiglia maggiormente coinvolta nella parrocchia e parrocchie più attente alla famiglia, tuttavia queste innovazioni rischiano di essere più legate al carisma delle persone che alla prassi pastorale ordinaria14. Per il resto, pare che tutta la valanga straordinaria di indicazioni pastorali del magistero non abbia trovato attuazione nella vita ordinaria della parrocchia. Il rapporto con la comunità parrocchiale si presenta, per la famiglia, spesso come difficile e conflittuale, fatto più di esclusione che di inclusione, nel quale l'una toglie spazio, energie e tempo all'altra15. Tutte queste problematiche, spesso fonte di equivoci nelle comunità ecclesiali e sono riconducibili ad alcuni errori di impostazione: Cfr. BONETTI R., “Parrocchia e famiglia. Dal dialogo alla corresponsabilità”. Appendice agli Atti del Convegno “Progettare la pastorale con la famiglia in parrocchia”. Ed. Cantagalli, pagg. 237-240. 15 Non sono infrequenti i casi in cui il marito/moglie si lamenta perché il coniuge sta sempre in parrocchia; il parroco, il gruppo o il movimento si lamentano perché "da quando lui/lei si è sposato/a non ci si può più contare...". In presenza di figli, le cose si complicano ulteriormente: vi sono coppie che, non potendo vivere la vita di fede con le stesse modalità che avevano prima di avere figli, entrano in "crisi", non si sentono più a posto come cristiani, non riescono più a vivere la loro fede come vorrebbero e quindi, pian piano, abbandonano. 14 7 a) un modo sbagliato di intendere la famiglia nella Chiesa, dovuto al fatto che spesso si continuano a vedere coniugi e famiglia come un insieme di singoli e non come una realtà propria con una sua identità – dignità (equivoco sulla identità); b) un modo errato di intendere la pastorale in generale e la pastorale familiare in particolare, dove la famiglia viene considerata spesso “oggetto” della pastorale oppure come “soggetto” ma più nell’ottica del fare che in quello dell’essere (equivoco sulla pastorale); 2. UNA RINNOVATA IDENTITA’ DELLA FAMIGLIA CRISTIANA 2.1. L’unità della coppia Dio ha chiamato i coniugi a vivere il loro essere cristiani con quello che Lui stesso ha voluto che fossero: "una carne sola" (cf. Mt 19,5). È con questa loro specificità, con questo sacramento che qualifica il loro esserne membra, che i coniugi cristiani sono chiamati ad inserirsi nella Chiesa per arricchirla e portare il proprio contributo affinché il Corpo Mistico possa veramente essere come Dio lo ha pensato. Bisogna, allora, ripartire dalla consapevolezza che la coppia (ossia l’uomo e la donna uniti dal sacramento del matrimonio, e non uno dei due in maniera indistinta!) è volto di Dio e luogo teologico (Theos = Dio, Logos = discorso, dire); occorre, dunque, che la coppia cristiana in quanto tale prenda coscienza di essere parola di Dio, di poter parlare di Dio perché Dio è presente nella coppia, la abita e, attraverso di essa, vuole farsi scoprire. Se tutti i membri della Chiesa, in forza del battesimo e degli altri sacramenti, sono costituiti segni viventi dell'amore di Dio, perciò, la coppia lo è non individualmente, bensì in quanto realtà comunionale. 8 Dio, cioè, ha creato l'uomo e la donna perché vivessero come Lui “in relazione d’amore”e li ha pensati così come è Lui: amanti ed amati. Questo, oltre ad essere di una bellezza straordinaria, costituisce un dono grandissimo e una risorsa fondamentale per la vita e la missione della Chiesa, perché mentre quest’ultima si sforza di costruire communio, la famiglia è già communio. Certo, quando si parla di unità tra uomo e donna è bene non cadere in un eccesso di spiritualismo che può portare ad una visione intimistica quando non fusionale della coppia: l’unione non è mai fusione, ma appunto comunione, ossia unione nella differenza16 Tuttavia tale verità riguardante l’unità della coppia (come si può desumere dalla visione di Genesi e dall’insegnamento di Gesù), non può essere assolutamente disattesa, pena la conseguenza di ridurne l'identità teologica e l'importanza pastorale. 2.2 Il carattere “sacramentale” del matrimonio cristiano. La comunità familiare, fondata sul sacramento del matrimonio, nasce dal cuore di Dio. È Lui che l’ha voluta, come «chiesa domestica», dentro la comunità ecclesiale. Tra famiglia e Chiesa esiste, dunque, un rapporto fisiologico: non c'è autentica famiglia secondo il disegno di Dio senza la Chiesa; e non c'è comunità cristiana senza il dono della vocazione coniugale. Vivere, essere sacramento dentro la Chiesa, tuttavia, per una coppia significa prima di tutto non cosa è chiamata a fare, ma chi essa è in quanto coppia. È questa nuova realtà (la coppia), venutasi a creare con la consacrazione nuziale, che realizza un nuovo modo di essere (sacramento) e quindi di esistere (missione). 16 Cf. J.P. Mensior, Percorsi di crescita umana e cristiana, Qiqajon, Magnano, 2001, pp. 54-55 9 Per una coppia cristiana queste non sono scelte che si possono più o meno attuare, ma è ciò che si "sposa" nel giorno del matrimonio: vivere da sposi cristiani diventa il modo specifico di due determinate persone di essere e realizzare il loro modo di incarnare la fede, di raggiungere la perfezione, di essere sante. È la strada contenuta e tracciata dal sacramento che i coniugi ricevono in pienezza nel giorno del matrimonio, insieme alla capacità, cioè la grazia, per realizzarla nella concretezza della vita quotidiana, come coppia. È una capacità, una realtà, che Dio ha dato agli sposi il giorno in cui si sono sposati in Lui, ma che poi esige di essere riconosciuta, coltivata e portata a maturazione perché possa portare frutto: «Dio, infatti, che ha chiamato gli sposi "al" matrimonio, continua a chiamarli "nel" matrimonio. Dentro e attraverso i fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza di tutti i giorni, Dio viene ad essi rivelando e proponendo le "esigenze" concrete della loro partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa in rapporto alla particolare situazione - familiare, sociale ed ecclesiale - nella quale si trovano»17. La famiglia, perciò, realizza già il modo proprio ed originale di essere nella Chiesa attraverso il suo essere e il suo stile di vita. Con il loro stesso esistere nel proprio ambiente ordinario di vita, perciò, prima che attraverso specifiche attività, in quanto stato particolare di vita cristiana, i coniugi cristiani sono, cioè, annuncio del Vangelo e partecipano alla missione evangelizzatrice di tutta la Chiesa annunciando, celebrando e servendo il Vangelo del matrimonio e della famiglia18. Essi, fortificati dal loro amore “immagine e partecipazione del patto d'amore di Cristo e della Chiesa”, devono, perciò, testimoniare la storia 17 18 FC n° 51. Cfr. CEI, Direttorio di Pastorale Familiare, nn° 8 e 15 10 dell'alleanza sponsale fra Cristo e la Chiesa, Sposa “santa insieme e sempre bisognosa di purificazione” (LG n. 8), attraverso le diverse e concrete vicende della loro vita, dalle più liete ed esaltanti alle più tristi e tragiche (conflitti, fallimenti, lutti, separazioni). Solo così, gli sposi cristiani, attingendo alle energie e alle attitudini spirituali che Dio ha donato loro, renderanno il loro ministero benedetto ed efficace per la crescita della Chiesa, Corpo di Cristo e diventeranno concretamente quella “realtà dalla quale dipende il futuro della Chiesa e della società”19. Questa è la forte e profonda verità sul matrimonio che occorre insegnare e ricordare alle famiglie (a questo deve servire la pastorale!) per aiutarle a scoprire sempre più il meraviglioso progetto di Dio sulla famiglia. 2.3. Un nuovo approccio pastorale Così scriveva, alcuni anni fa, il Card. Tettamanzi: «Il ministero della coppia cristiana, nella Chiesa, deve dirsi ordinario e permanente: ordinario non certo nel senso di secondario o marginale, ma nel senso di ministero connesso con la struttura stessa della Chiesa e quindi come suo elemento essenziale e costitutivo; permanente, non solo e primariamente in rapporto alla singola coppia, il cui ministero è permanente in quanto connesso con uno stato stabile di vita, ma anche e soprattutto in rapporto alla Chiesa come tale, nella quale il ministero coniugale è qualcosa di costitutivo e, per ciò stesso, ineliminabile20» . A queste affermazioni fanno eco quelle del Convegno Ecclesiale di Palermo (1995) che così si esprime nella sintesi conclusiva del quarto ambito sulla famiglia: CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n° 52. Cfr. anche Gaudium et Spes, n. 49, Cfr. Tettamanzi D., “Il ministero coniugale. Spazio pastorale della coppia cristiana”, AVE, Roma, 1978. 19 20 11 «Occorre esplicitare il ministero coniugale e rendere più cosciente la famiglia dei suoi compiti. Gli sposi, in quanto ministri del sacramento, sono portatori di una specifica ministerialità, che si manifesta nella vita della famiglia (nella fedeltà, fecondità, comunione, educazione) e che li rende vero soggetto protagonista della vita ecclesiale e sociale, in quanto dotati di un carisma particolare21» . La pastorale, perciò, ha il compito di insegnare alle coppie che vivendo il loro essere famiglia esse sono già “Chiese domestiche”, ossia sono la Chiesa che vive nella quotidianità la sua appartenenza a Cristo. Il termine "pastorale", tuttavia, senza cattiva volontà di nessuno, è finito per essere equivocato, nel vissuto comune, come "tutto ciò che si fa attorno alla parrocchia o al presbitero". Per questo, parlare di soggettività pastorale della famiglia significa proporre a degli sposati di collaborare col parroco nelle attività che si fanno in parrocchia (intesa come locali parrocchiali e non come territorio) e, dunque, trovare delle coppie che abbiano del tempo (poco o tanto) da dedicare a queste attività. È certo che la parrocchia ha un suo posto importantissimo, ma dalle tante affermazioni del Concilio emerge chiaramente che tutta la comunità, in tutti i suoi membri, è soggetto pastorale là dove essa vive ed opera. "Pastorale", perciò, va inteso nel senso più ampio di tutto ciò che permette a Cristo Pastore risorto di rendersi presente, ora, mediante il suo corpo (la Chiesa, comunità di credenti), per salvare, per lavare i piedi, per incontrare, per illuminare, per offrire il suo Corpo, la sua Riconciliazione. In questo orizzonte c'è uno straordinario spazio "pastorale", non solo in parrocchia, ma anche fuori, per tutti coloro che (anche e soprattutto sposi) nel loro vissuto ordinario possono essere presenza di Cristo che ama, costruttori di relazioni, costruttori di Chiesa che vive nel territorio. CEI, “Il Vangelo della carità per una nuova Società in Italia” – Atti del III Convegno ecclesiale - Palermo- 20-24 novembre 1995, Ed. AVE. 21 12 Occorre uscire da una pastorale familiare proposta esclusivamente “per convocazione”, per entrare in un tipo di pastorale che si attua “per irradiazione”. La famiglia che incarna i compiti che le derivano dal sacramento del matrimonio nella sua vita in casa, nel mondo del lavoro, nei vari luoghi che si frequentano, durante le vacanze, in quello che vive nel concreto di ogni giorno, può contagiare le altre famiglie, permettendo loro di incontrare il Signore Risorto e farlo diventare il vero Signore della vita e non le poche o tante attività formative che ad esse si rivolgono. “Quello che viviamo è un tempo in cui sovrabbonda la parola [...] Solo grazie alla testimonianza di cristiani veramente impegnati a vivere radicalmente il Vangelo, il messaggio di Cristo può far breccia nel nostro mondo22”. E’ un’affermazione, questa del Papa, che risulta ancora più vera per le famiglie. 3. PER UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO L’identità della famiglia, così delineata attraverso la riflessione del magistero, ne comporta anche i compiti e le responsabilità. Ogni vocazione, ogni dono è sempre per il servizio, ha un suo costitutivo sbocco missionario23. Il dono di grazia elargito con il sacramento, abilita i coniugi cristiani ad una missione nella Chiesa e nella società. Scrive Giovanni Paolo II, nella Familiaris Consortio: “il compito sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo ed originale, alla famiglia cristiana, fondata sul sacramento del matrimonio. Assumendo la realtà umana dell’amore coniugale in tutte le implicazioni, il sacramento abilita e impegna i coniugi e genitori Giovanni Paolo II, Omelia della Messa di chiusura del Concistoro straordinario, Avvenire, 25 maggio 2001. 23 “Nel disegno di Dio creatore e redentore la famiglia scopre non solo la sua «identità», ciò che essa «è», ma anche la sua «missione», ciò che essa può e deve «fare». I compiti che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale”. FC n. 17 22 13 cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orinandole secondo Dio». Il compito sociale e politico rientra in questa missione regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li stimola”24 Il dono di Cristo che costituisce già l’identità della famiglia cristiana, non è ancora pienamente realizzato, deve comunque essere “coltivato e custodito” (cf. Gn 2,15) perché possa maturare dare i suoi frutti. Ecco il paradosso ben espresso da Giovanni Paolo II: “famiglia, «diventa» ciò che «sei»!”25 La missione della famiglia diventa allora quella di “custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la chiesa sua sposa”26 La Familiaris Consortio, recependo gli orientamenti espressi dal sinodo del vescovi del 1980, ha delineando per la famiglia, nell’attuale contesto sociale, quattro compiti generali: a. la formazione di una comunità di persone; b. il servizio alla vita; c. la partecipazione allo sviluppo della società; d. la partecipazione alla vita e alla missione della chiesa. Questi quattro compiti rappresentano un orientamento, una bussola fondamentale per la famiglia impegnata a discernere le sue responsabilità nel difficile contesto sociale attuale. Questi compiti inoltre sono suscettibili di svilupparsi in maniera dinamica, ampliandosi in maniera connessa, quasi a cerchi concentrici, di modo che la realizzazione del primo apre e rinforza le basi per l’attuazione di quello successivo. FC n. 47 FC n. 17 26 ibidem. 24 25 14 Ad esempio, la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa, presuppone che la coppia abbia maturato una certa stabilità nella propria relazione, sia aperta alla vita in tutte le sue forme: diversamente rischia di dare una contro-testimonianza e di far sorgere quelle tensioni di cui parlavamo sopra27. Analogamente, lo sperimentarsi aperti alla vita porta la coppia a vagliare ciò che si muove nel contesto sociale, a discernere ciò che può far crescere le persone e ciò che invece ne ostacola la maturazione; l’apertura alla vita genera attenzione ai casi di esclusione, di emarginazione, si apre all’ospitalità ed all’accoglienza dell’altro, stimola ad assumersi responsabilità a livello socio-politico, fino alla scelta d’amore radicale che può essere rappresentata da una disponibilità all’adozione oppure di un affido nei confronti di un minore in condizioni di disagio. La famiglia, vivendo la comunione al proprio interno, diventa una “scuola di umanità più completa e più ricca” (GS n. 52), sperimenta la logica dell’amore come dono che non può essere trattenuto, ma che esige di essere ridonato e pertanto si allarga verso tutti i contesti vitali e là dove è possibile intrecciare relazioni. Sarebbe lungo addentrarci nei ricchi e molteplici contenuti che questi quattro compiti potrebbero sviluppare: la Familiaris Consortio vi dedica tutta l’ampia terza parte del documento, senza tuttavia aver la pretesa di esaurirne la trattazione, lasciando alcuni punti suscettibili di ulteriore approfondimento. Ciò che preme sottolineare ancora una volta è che effettivamente il carisma sacramentale apre agli sposi cristiani un terreno sterminato per la propria missione, di ben più ampio raggio e consistenza che non quello del “che cosa posso fare in parrocchia”: dal campo educativo, a quello della professione e dell’ambiente di lavoro, dall’animazione culturale all’esigente impegno sociopolitico, dall’accompagnamento pastorale dei fidanzati alla crescita nella fede fino alle forme di aiuto alle coppie in difficoltà. Davvero la famiglia può navigare in mare aperto! 27 V. nota n. 16 15 La famiglia cristiana, “piccola chiesa”, partecipa dell’intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana e sente, in ogni gesto del suo quotidiano, che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS 1). 16 BIBLIOGRAFIA Testi consultati per la stesura di questo lavoro: a) testi del Magistero. Concilio Vaticano II: Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, nn.47-52. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 11; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1992; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981; Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994; Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 20 giugno 1975; Conferenza Episcopale Italiana, Comunione e comunità nella chiesa domestica, 1 ottobre 1981; Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e testimonianza della carità, 8 dicembre 1990; Conferenza Episcopale Italiana, Direttorio di Pastorale Familiare, 25 luglio 1993. Conferenza Episcopale Italiana, Il Vangelo della carità per una nuova Società in Italia – Atti del III Convegno ecclesiale - Palermo- 20-24 novembre 1995, Ed. AVE. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29 giugno 2001. b) Altri testi. Bonetti R., Parrocchia e famiglia. Dal dialogo alla corresponsabilità. Appendice agli Atti del Convegno “Progettare la pastorale con la famiglia in parrocchia”. Ed. Cantagalli. 2002 Tettamanzi D., Il ministero coniugale. Spazio pastorale della coppia cristiana, AVE, Roma, 1978. Mensior J.P., Percorsi di crescita umana e cristiana, Qiqajon, Magnano, 2001, 17