15 ottobre 2014 53 Genetica Epigenetica: una seconda rivoluzione verde? Serena Varotto Potenzialità e sviluppi di una nuova branca della genetica vegetale. Quando l’uomo ha iniziato a domesticare le specie vegetali, selezionando le piante dall’aspetto desiderato e con le caratteristiche produttive che lo soddisfacevano, ha contemporaneamente iniziato a incidere sulla variabilità genetica delle popolazioni naturali di queste stesse specie. La domesticazione prima e il miglioramento genetico in seguito (soprattutto negli anni più recenti) hanno consentito di rendere le specie coltivate più produttive nei diversi ambienti, restringendo tuttavia la variabilità genetica delle loro popolazioni anche al fine di costituire varietà omogenee adatte all’agricoltura meccanizzata. La possibilità di migliorare una specie coltivata è strettamente legata alla presenza e alla disponibilità di variabilità genetica, caratterizzata da una componente genetica e una epigenetica. Entrambe queste componenti contribuiscono alla variabilità fenotipica sulla quale si basa la selezione. Anche quando la variabilità genetica è indotta mediante procedure di mutagenesi, per favorire la comparsa di caratteristiche non presenti nelle popolazioni naturali, la regolazione epigenetica può contribuire a determinare variabilità fenotipica. Le procedure di miglioramento genetico normalmente impiegate nelle specie erbacee di interesse agrario sono basate sulla possibilità di fissare i caratteri genetici a ereditarietà semplice (detti anche caratteri a eredità mendeliana) e complessa (hanno eredità complessa i caratteri quantitativi come, per esempio, la produttività ma anche la resistenza agli stress biotici e abiotici). Solo di recente lo studio approfondito e le conoscenze sviluppate sui meccanismi epigenetici di regolazione dei genomi e dei geni hanno indicato che anche l’epigenetica può contribuire al miglioramento genetico delle specie coltivate. In particolare, si ritiene che i mecca- nismi epigenetici siano in grado di influenzare l’ereditabilità dei caratteri semplici e complessi e possano anche agire mediante meccanismi ereditari non canonici, determinando per esempio fenomeni di instabilità genetica nelle varietà coltivate migliorate con il passare delle generazioni. Per comprendere meglio il ruolo dell’epigenetica nel miglioramento genetico vegetale è necessario chiarire alcuni concetti di genetica classica. La genetica definisce alleli le diverse varianti di un gene, presenti negli individui di una popolazione. Gli alleli di un gene differiscono per la loro sequenza nucleotidica del Dna e dalla genetica classica sappiamo che ogni individuo possiede due alleli per ciascun gene: uno ereditato dalla madre e l’altro dal padre. L’epigenetica definisce epialleli quelle varianti di un gene che non differiscono nella loro sequenza nucleotidica ma nei marchi epigenetici che caratterizzano la cromatina, quali metilazione delle citosine nel Dna, presenza di modifiche covalenti o di varianti istoniche, nella quale si trova la sequenza genica, e che risultano in grado di determinare variabilità fenotipica. Al pari degli alleli, gli epialleli possono essere ereditati in maniera stabile da una generazione all’altra. Per ora si conosce un numero limitato di epialleli naturali, come peloric di Linaria vulgaris, l’epiallele che controlla la forma fiorale, colorless nonripening di pomodoro, che controlla il colore del pericarpo alla maturità della bacca, o la variante epiallelica del gene che determina il sesso dei fiori nel melone. Questi epialleli hanno la caratteristica di possedere variazioni nella metilazione delle citosine presenti nella loro sequenza, in grado di regolare in maniera peculiare la loro espressione. Tuttavia, alcuni studiosi di epigenetica di popolazione sostengono che gli epialleli, e in generale i meccanismi 1 15 ottobre 2014 53 mente perdono i marchi epigenetici che li caratterizzano prima della formazione dei gameti. Questo processo di “rimozione” fa sì che dopo la fecondazione questi stessi marchi debbano essere nuovamente depositati sulla cromatina, per assicurare il normale sviluppo della pianta. La possibilità di utilizzare la cromatina per registrare il procedere di fasi di sviluppo successive e/o anche situazioni ambientali transitorie ha suggerito il concetto di memoria epigenetica. Gli studi riguardanti i meccanismi d’interazione pianta/ambiente hanno evidenziato che le condizioni ambientali, soprattutto se stressanti, possono indurre nelle piante variabilità epigenetica, modificando le caratteristiche della cromatina e probabilmente consentendo una memorizzazione dello stress. La memoria degli eventi di stress che può essere di lunga durata (meiotica) o di breve durata (mitotica) deve ancora essere studiata e compresa a fondo, ma potrebbe avere un ruolo importante nell’adattabilità delle piante alle condizioni ambientali variabili e non sempre favorevoli. La possibilità che l’ambiente possa determinare l’insorgenza di nuovi epialleli è importante dal punto di vista del miglioramento genetico. Sia che l’ambiente induca cambiamenti epigenetici mirati atti a migliorare l’adattabilità alle variazioni climatiche, sia che i cambiamenti epigenetici indotti siano casuali, nel momento in cui risultassero ereditabili, ossia trasmissibili alle generazioni successive, determinerebbero la disponibilità di nuova variabilità genetica. Su questa nuova variabilità genetica può agire la selezione naturale allo scopo di incrementare o ridurre la frequenza di particolari epialleli nelle popolazioni. Al pari, il miglioramento genetico potrebbe avvalersi di questi epialleli e tramite la selezione artificiale incrementare la frequenza di epialleli desiderati in una varietà coltivata, per renderla particolarmente adatta alla coltivazione in un dato ambiente. Lo studio di come e quanto la variabilità epigenetica contribuisce alla variabilità fenotipica in una popolazione è alle fasi iniziali. Tuttavia, la possibilità di avvalersi di tecniche di analisi molecolare genome-wide abbinate all’uso della bioinformatica, in grado di analizzare l’intero genoma ed epigenoma degli individui, potrà accelerare notevolmente la comprensione dei meccanismi che contribuiscono alla creazione di variabilità epigenetica e alla ereditabilità degli epialleli. Potranno gli epialleli contribuire alla seconda rivoluzione verde che molti scienziati auspicano necessaria per epigenetici, non necessariamente rispettano le leggi dell’ereditarietà della genetica. La deviazione dalle leggi di ereditarietà genetica degli epialleli potrebbe determinare l’insorgenza di variabilità aggiuntiva nel corso delle generazioni e contribuire a fenomeni quali l’eterosi nelle popolazioni vegetali. L’eterosi, lo ricordiamo, è quella situazione secondo la quale un individuo eterozigote (ibrido) – che deriva dall’incrocio di due parentali altamente omozigoti – è caratterizzato da elevato vigore, il vigore ibrido per l’appunto. Molte specie coltivate hanno avuto elevati incrementi di produttività nel momento in cui sono stati costituiti ibridi per la loro coltivazione, un esempio per tutti è quello del mais. Studi recenti indicano che il vigore ibrido in alcune specie è almeno in parte riconducibile a meccanismi epigenetici di regolazione genica. Per comprendere e utilizzare appieno fenomeni quali l’eterosi è necessario approfondire lo studio dei meccanismi di regolazione epigenetica e l’ereditabilità degli epialleli nei genomi delle piante coltivate, oltre che in quelli delle specie modello. Gli epialleli dunque sono varianti ereditabili in grado di determinare variabilità fenotipica al pari degli alleli dei geni e come tali possono essere selezionati e mantenuti nelle varietà delle piante coltivate. L’epigenetica vegetale è una scienza ancora relativamente giovane e, come si è più volte ripetuto, non si conoscono ancora completamente i meccanismi molecolari che regolano l’insorgenza e la stabilità degli epialleli vegetali. È stato osservato che gli epialleli ereditabili da una generazione all’altra presentano pattern di metilazione del Dna diversi e, in generale, si ritiene che la metilazione del Dna sia una modifica relativamente stabile nei genomi vegetali. Non a caso, tra gli epialleli ereditati in maniera stabile da una generazione all’altra si fa spesso l’esempio dei trasposoni (le sequenze di Dna mobile presenti in tutti i genomi e individuati per la prima volta da Barbara Mc Clintock nel genoma di mais) che grazie alla metilazione delle citosine presenti nelle loro sequenze rimangono stabilmente silenziati e, così modificati, sono ereditati attraverso i gameti da una generazione all’altra. Nelle piante, tuttavia, non tutti gli epialleli sono ereditabili da una generazione all’altra in maniera stabile. Per gli epialleli si distingue, infatti, un’ereditarietà meiotica (quando gli epialleli sono stabilmente ereditati attraverso i gameti) da un’eredità mitotica (quando è assicurata l’ereditarietà degli epialleli dalla cellula madre alle cellule figlie in un determinato tessuto della pianta). Gli epialleli a eredità mitotica general- 2 15 ottobre 2014 53 rispondere alla crescente domanda di cibo del pianeta? La sfida è aperta. Serena Varotto è professore associato presso l’Università degli Studi di Padova. www.intersezioni.eu 3