15 ottobre 2014
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Genetica
Epigenetica:
una seconda rivoluzione verde?
Serena Varotto
Potenzialità e sviluppi di una nuova
branca della genetica vegetale.
Quando l’uomo ha iniziato a domesticare le specie vegetali, selezionando le piante dall’aspetto desiderato e con
le caratteristiche produttive che lo soddisfacevano, ha
contemporaneamente iniziato a incidere sulla variabilità genetica delle popolazioni naturali di queste stesse
specie. La domesticazione prima e il miglioramento genetico in seguito (soprattutto negli anni più recenti)
hanno consentito di rendere le specie coltivate più produttive nei diversi ambienti, restringendo tuttavia la variabilità genetica delle loro popolazioni anche al fine di
costituire varietà omogenee adatte all’agricoltura meccanizzata. La possibilità di migliorare una specie coltivata è strettamente legata alla presenza e alla disponibilità di variabilità genetica, caratterizzata da una componente genetica e una epigenetica. Entrambe queste
componenti contribuiscono alla variabilità fenotipica
sulla quale si basa la selezione. Anche quando la variabilità genetica è indotta mediante procedure di mutagenesi, per favorire la comparsa di caratteristiche non
presenti nelle popolazioni naturali, la regolazione epigenetica può contribuire a determinare variabilità fenotipica.
Le procedure di miglioramento genetico normalmente
impiegate nelle specie erbacee di interesse agrario sono
basate sulla possibilità di fissare i caratteri genetici a
ereditarietà semplice (detti anche caratteri a eredità
mendeliana) e complessa (hanno eredità complessa i
caratteri quantitativi come, per esempio, la produttività
ma anche la resistenza agli stress biotici e abiotici).
Solo di recente lo studio approfondito e le conoscenze
sviluppate sui meccanismi epigenetici di regolazione dei
genomi e dei geni hanno indicato che anche l’epigenetica può contribuire al miglioramento genetico delle specie coltivate. In particolare, si ritiene che i mecca-
nismi epigenetici siano in grado di influenzare l’ereditabilità dei caratteri semplici e complessi e possano
anche agire mediante meccanismi ereditari non canonici, determinando per esempio fenomeni di instabilità
genetica nelle varietà coltivate migliorate con il passare
delle generazioni. Per comprendere meglio il ruolo
dell’epigenetica nel miglioramento genetico vegetale è
necessario chiarire alcuni concetti di genetica classica.
La genetica definisce alleli le diverse varianti di un gene,
presenti negli individui di una popolazione. Gli alleli di
un gene differiscono per la loro sequenza nucleotidica
del Dna e dalla genetica classica sappiamo che ogni individuo possiede due alleli per ciascun gene: uno ereditato dalla madre e l’altro dal padre. L’epigenetica definisce epialleli quelle varianti di un gene che non differiscono nella loro sequenza nucleotidica ma nei marchi
epigenetici che caratterizzano la cromatina, quali metilazione delle citosine nel Dna, presenza di modifiche
covalenti o di varianti istoniche, nella quale si trova la
sequenza genica, e che risultano in grado di determinare variabilità fenotipica. Al pari degli alleli, gli epialleli
possono essere ereditati in maniera stabile da una generazione all’altra. Per ora si conosce un numero limitato
di epialleli naturali, come peloric di Linaria vulgaris,
l’epiallele che controlla la forma fiorale, colorless nonripening di pomodoro, che controlla il colore del pericarpo alla maturità della bacca, o la variante epiallelica
del gene che determina il sesso dei fiori nel melone.
Questi epialleli hanno la caratteristica di possedere variazioni nella metilazione delle citosine presenti nella
loro sequenza, in grado di regolare in maniera peculiare
la loro espressione.
Tuttavia, alcuni studiosi di epigenetica di popolazione
sostengono che gli epialleli, e in generale i meccanismi
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di “rimozione” fa sì che dopo la fecondazione questi
stessi marchi debbano essere nuovamente depositati
sulla cromatina, per assicurare il normale sviluppo della
pianta. La possibilità di utilizzare la cromatina per registrare il procedere di fasi di sviluppo successive e/o anche situazioni ambientali transitorie ha suggerito il concetto di memoria epigenetica. Gli studi riguardanti i
meccanismi d’interazione pianta/ambiente hanno evidenziato che le condizioni ambientali, soprattutto se
stressanti, possono indurre nelle piante variabilità epigenetica, modificando le caratteristiche della cromatina
e probabilmente consentendo una memorizzazione dello stress. La memoria degli eventi di stress che può essere di lunga durata (meiotica) o di breve durata (mitotica) deve ancora essere studiata e compresa a fondo,
ma potrebbe avere un ruolo importante nell’adattabilità
delle piante alle condizioni ambientali variabili e non
sempre favorevoli.
La possibilità che l’ambiente possa determinare
l’insorgenza di nuovi epialleli è importante dal punto di
vista del miglioramento genetico. Sia che l’ambiente induca cambiamenti epigenetici mirati atti a migliorare
l’adattabilità alle variazioni climatiche, sia che i cambiamenti epigenetici indotti siano casuali, nel momento
in cui risultassero ereditabili, ossia trasmissibili alle generazioni successive, determinerebbero la disponibilità
di nuova variabilità genetica. Su questa nuova variabilità genetica può agire la selezione naturale allo scopo di
incrementare o ridurre la frequenza di particolari epialleli nelle popolazioni. Al pari, il miglioramento genetico
potrebbe avvalersi di questi epialleli e tramite la selezione artificiale incrementare la frequenza di epialleli
desiderati in una varietà coltivata, per renderla particolarmente adatta alla coltivazione in un dato ambiente.
Lo studio di come e quanto la variabilità epigenetica
contribuisce alla variabilità fenotipica in una popolazione è alle fasi iniziali.
Tuttavia, la possibilità di avvalersi di tecniche di analisi
molecolare genome-wide abbinate all’uso della bioinformatica, in grado di analizzare l’intero genoma ed epigenoma degli individui, potrà accelerare notevolmente la comprensione dei meccanismi che contribuiscono
alla creazione di variabilità epigenetica e alla ereditabilità degli epialleli.
Potranno gli epialleli contribuire alla seconda rivoluzione verde che molti scienziati auspicano necessaria per
epigenetici, non necessariamente rispettano le leggi
dell’ereditarietà della genetica. La deviazione dalle leggi
di ereditarietà genetica degli epialleli potrebbe determinare l’insorgenza di variabilità aggiuntiva nel corso delle generazioni e contribuire a fenomeni quali l’eterosi
nelle popolazioni vegetali. L’eterosi, lo ricordiamo, è
quella situazione secondo la quale un individuo eterozigote (ibrido) – che deriva dall’incrocio di due parentali
altamente omozigoti – è caratterizzato da elevato vigore, il vigore ibrido per l’appunto. Molte specie coltivate
hanno avuto elevati incrementi di produttività nel momento in cui sono stati costituiti ibridi per la loro coltivazione, un esempio per tutti è quello del mais. Studi
recenti indicano che il vigore ibrido in alcune specie è
almeno in parte riconducibile a meccanismi epigenetici
di regolazione genica. Per comprendere e utilizzare appieno fenomeni quali l’eterosi è necessario approfondire
lo studio dei meccanismi di regolazione epigenetica e
l’ereditabilità degli epialleli nei genomi delle piante coltivate, oltre che in quelli delle specie modello. Gli epialleli dunque sono varianti ereditabili in grado di determinare variabilità fenotipica al pari degli alleli dei geni
e come tali possono essere selezionati e mantenuti nelle
varietà delle piante coltivate. L’epigenetica vegetale è
una scienza ancora relativamente giovane e, come si è
più volte ripetuto, non si conoscono ancora completamente i meccanismi molecolari che regolano l’insorgenza e la stabilità degli epialleli vegetali. È stato osservato che gli epialleli ereditabili da una generazione
all’altra presentano pattern di metilazione del Dna diversi e, in generale, si ritiene che la metilazione del Dna
sia una modifica relativamente stabile nei genomi vegetali. Non a caso, tra gli epialleli ereditati in maniera stabile da una generazione all’altra si fa spesso l’esempio
dei trasposoni (le sequenze di Dna mobile presenti in
tutti i genomi e individuati per la prima volta da Barbara Mc Clintock nel genoma di mais) che grazie alla metilazione delle citosine presenti nelle loro sequenze rimangono stabilmente silenziati e, così modificati, sono
ereditati attraverso i gameti da una generazione
all’altra. Nelle piante, tuttavia, non tutti gli epialleli sono ereditabili da una generazione all’altra in maniera
stabile. Per gli epialleli si distingue, infatti, un’ereditarietà meiotica (quando gli epialleli sono stabilmente
ereditati attraverso i gameti) da un’eredità mitotica
(quando è assicurata l’ereditarietà degli epialleli dalla
cellula madre alle cellule figlie in un determinato tessuto della pianta). Gli epialleli a eredità mitotica general-
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rispondere alla crescente domanda di cibo del pianeta?
La sfida è aperta.
Serena Varotto è professore associato presso l’Università degli
Studi di Padova.
www.intersezioni.eu
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