Danni da freddo dell`inverno 2009

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DANNI DA FREDDO DELL’INVERNO 2009-2010 ALL'OLIVO IN EMILIA:
COME INTERVENIRE?
A. Fabbri - Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale
Università di Parma
V. Ughini – Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza
G. Nigro – CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali)
Come è oramai noto lo sviluppo dell’olivicoltura da olio in Emilia sta diventando una
realtà concreta grazie alla intensa attività di studio e ricerca, promossa e finanziata
dalla RER, dalle provincie di Modena - Reggio Emilia – Parma – Piacenza,
coordinata dal CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali) e svolta da Università di
Parma, Università S. Cuore di Piacenza, Istituto Professionale per l’Agricoltura “L.
Spallanzani” di Vignola (Mo) e IBIMET- CNR di Bologna. Il Gruppo di lavoro,
costituito per la gestione delle diverse attività del progetto, ha ritenuto
opportuno formalizzare alcune considerazioni tecniche per rispondere alle
domande più frequenti sui probabili danni da freddo capitati nell’ultimo inverno.
Infatti, l’inverno 2009-2010 è stato caratterizzato, nella fascia collinare emiliana, da
un lungo periodo di basse temperature, che hanno causato evidenti danni a diverse
specie vegetali arboree. In particolare l’olivo che, ripetiamo, è in fase di espansione
nella zona, è stato colpito un po’ ovunque, anche se in misura variabile secondo la
situazione.
Sulla resistenza dell'olivo alle basse temperature esistono conoscenze scarse e di
natura prevalentemente empirica. In generale in Italia sono stati riscontrati danni più o
meno accentuati a partire già da -3, -4°C, per giungere a livelli molto gravi a
temperature tra i -9, e i -13°C. In altri Paesi, con clima continentale e con inverni
molto freddi, è stata segnalata una resistenza dell'olivo molto più accentuata, fino a 16, - 18-C , e a -20°C. È comunque opportuno notare che i diversi organi e tessuti
della pianta hanno una differente sensibilità al freddo. Sembrerebbe, ad esempio, che
le foglie siano caratterizzate da un elevato grado di resistenza, connesso ad un
meccanismo di «sopraffusione», per il quale il liquido intracellulare può giungere a
temperature anche sensibilmente inferiori a quelle di nucleazione del ghiaccio, senza
passare alla fase solida. Questo naturalmente non toglie che le foglie possano seccare
e cadere con facilità in corrispondenza di freddi, in seguito all’attivazione dei
meccanismi di abscissione. Nei casi più gravi di abbassamenti di temperatura molto
rapidi la foglia può seccare pur restando sulla pianta, per la mancata formazione di
una regolare zona di abscissione.
La resistenza al freddo è, inoltre, diversa in rapporto non solo ai genotipi (cultivar,
cloni, piante selvatiche o inselvatichite), ma anche a molteplici fattori, quali in
particolare l'età, lo stato nutritivo delle piante, - e le varie pratiche agronomiche che
su esso influiscono, l'entità della produzione, l'esposizione, le condizioni fisiche del
terreno, con particolare riferimento al contenuto idrico. In generale, tutti i fattori che
favoriscono l'attività vegetativa delle piante aumentano la sensibilità al freddo. In altri
termini, si può fondatamente supporre che l'andamento stagionale e gli interventi
tecnico-agronomici precedenti l'avvento delle basse temperature possano
«condizionare» la resistenza dell'olivo al freddo.
In altra sede daremo conto dell’andamento delle temperature nel periodo e nella
zona di nostro interesse, nonché della reale entità dei danni sul territorio
considerato, cosa che richiederà un’indagine da svolgersi nei prossimi mesi. In
questa sede ci preme definire le manifestazioni dei danni, e i più appropriati
interventi, soprattutto quelli da realizzare con tempestività.
I danni
Le manifestazioni di danno sono raggruppabili in tre principali classi:
A) Danni lievi: foglie disidratate con margine «docciato», talora con torsione del
picciolo; normale o contenuta filloptosi (caduta di foglie); apici dei rami secchi, con
corteccia sollevata; tessuti corticali delle branche normalmente idratati, seppure con
qualche limitata zona imbrunita, spesso a chiazze rotondeggianti giallo-rossastre.
B) Danni gravi: filloptosi accentuata; rami di 1-2 anni gravemente danneggiati
(sporadici e profondi sollevamenti della corteccia); disidratazione della corteccia sino
al livello delle grosse branche.
C) Danni molto gravi: imbrunimenti necrotici anche nelle grosse branche, nel tronco
e nelle masse ovulari della ceppaia (nelle piante di grandi dimensioni), talora fino ad
alcuni centimetri sotto il livello del terreno. Presenza di più o meno estese necrosi di
tessuti corticali, talora macroscopicamente rilevabili ad una osservazione esterna con
depressioni e decolorazioni, oltre che con evidenti spaccature e sollevamenti della
corteccia. Foglie assenti, o presenti ma completamente disseccate.
Interventi per la ricostituzione degli alberi danneggiati
Nel caso di danni lievi, riferibili alla prima classe, la terapia è facile, poiché è
sufficiente eseguire una potatura straordinaria di poco superiore a quella che viene
effettuata con turni poliennali.
Anche nel caso in cui gli alberi risultino fortemente danneggiati (3a classe) appare
evidente intervento che va eseguito. È necessario tagliare alla base il tronco
(stroncatura, o taglio al ciocco), in modo da consentire la totale ricostituzione della
parte aerea dell'albero mediante i polloni che si svilupperanno dal pedale.
Il problema di scelta dell'intervento si pone per gli alberi con danneggiamenti
corrispondenti al livello intermedio (classe 2a) cioè nei casi in cui il tronco e parte
delle grosse branche sono ancora vitali e si potrebbe quindi applicare una potatura di
risanamento con tagli effettuati sulle branche più grosse o sul tronco, a distanza più o
meno elevata da terra.
Fatta eccezione per particolari situazioni (consociazione, pascolo, ecc.), in cui il
tronco rappresenta una esigenza imprescindibile, si ritiene che anche in questa
situazione sia tecnicamente opportuno applicare il taglio al pedale.
Questa scelta è infatti suggerita da varie considerazioni, tra le quali le più importanti
sono le seguenti: in primo luogo permane l'incertezza che i tessuti del tronco e delle
grosse branche siano sufficientemente integri per consentire la ricostituzione di un
albero che sia capace di raggiungere in breve tempo una soddisfacente e duratura
attività produttiva e non sia soggetto a pericoli di carie o di altre alterazioni che, a
distanza più o meno breve di tempo, renderebbero necessario applicare comunque il
taglio al pedale per ricostruire alberi integri ed efficienti. In ogni caso è del tutto
sconsigliabile lasciare sulla pianta legno che mostri spaccature o anche solo
fessurazioni: si tratterebbe di vie d’ingresso di patologie fungine o batteriche, o ricetto
per insetti, con la quasi certezza che quel materiale sarebbe comunque da eliminare
prima o poi.
L’errore più comune, constatato da chi ha vissuto il grande freddo del 1985, è
attendere di vedere l’eventuale ripresa della pianta: in presenza di qualche cacciata
qua e là in alto, decidere quindi di salvare il salvabile, cercando di eliminare solo il
materiale danneggiato non vitale. In tal modo si mantiene una struttura gravemente
danneggiata in punti anche non visibili, che non mancherà di manifestare carenze di
crescita nel futuro, e che comunque produrrà una gran quantità di polloni, che
tenderanno sempre a prendere il sopravvento sulla chioma vecchia; la competizione
tra le due parti, che si risolve fatalmente a favore dei polloni, ha come conseguenza un
indebolimento generale della pianta e un grave ritardo di rientro in livelli produttivi
pre-gelata.
Da osservare inoltre che la mancanza del tronco non solo facilita l'esecuzione di
importanti operazioni colturali (trattamenti antiparassitari, potatura, raccolta), ma
permette anche di ricostituire la chioma degli alberi con una quantità di lavoro
certamente inferiore a quella necessaria eseguendo il taglio nelle grosse branche o nel
tronco.
Per quanto concerne la tecnica degli interventi di potatura di risanamento è opportuno,
anzitutto, che il taglio al pedale venga effettuato secondo un piano obliquo ed il più
basso possibile per favorire l’emissione di polloni dalla zona più esterna della
ceppaia.
I tagli debbono essere puliti, lisci e trattati con un prodotto idoneo a limitare la
disidratazione e a proteggere, almeno temporaneamente, la ferita, favorendo la
cicatrizzazione e impedendo eventuali infezioni. È ovvio che gli strumenti di taglio
devono essere disinfettati se adoperati dopo aver tagliato materiale colpito da rogna.
Per facilitare questo intervento può essere utile uno scalzamento delle ceppaie,
operazione questa che risulta comunque indispensabile quando i danni del freddo
sono scesi fino (ed oltre) il livello del suolo.
È opportuno tenere peraltro presente che lo scalzamento è alquanto costoso, anche
perché è necessario asportare accuratamente la terra dalla zona del taglio per evitare
inconvenienti alla catena della motosega.
Occorre accertare di non arrivare col taglio fino all'altezza delle radici, che non
essendo capaci di formare gemme avventizie, non possono dare origine a polloni.
Un inconveniente potrebbe sorgere nel caso di alberi innestati con il punto di innesto
vicino od addirittura sopra il livello del terreno. In questo caso, infatti, il taglio al
pedale potrebbe venire a trovarsi al di sotto del punto di innesto ed i germogli
potrebbero derivare dal soggetto. In questo caso la convenienza di effettuare il taglio
alla base ed il successivo innesto del soggetto deve essere confrontata con
l'estirpazione degli alberi ed il reimpianto dell'oliveto. Questo pericolo, seppure
esistente, è tuttavia limitato, anche per olivi innestati di età relativamente giovane, in
quanto, di solito, i piantoni vengono messi a dimora con il punto di innesto al di sotto
del livello del terreno, per cui formazioni ovulari si formano anche nella base interrata
del tronco del «gentile». Nel caso invece di olivi innestati molto vecchi la probabilità
di avere ricacci dal portinnesto è molto alta, a causa dell’erosione che tende a
sollevare dal livello del terreno il punto d’innesto. D’altronde la norma, nelle piante
secolari, è la provenienza da propagazione agamica (polloni radicati, ovoli, talee di
branca).
Epoca di intervento
L'esperienza del passato suggerisce l'opportunità di effettuare il taglio al pedale prima
della ripresa vegetativa, in modo da evitare il danneggiamento dei germogli sviluppati
dalle ceppaie e di compiere l'operazione più agevolmente e con minor impiego di
tempo.
La tempestività dell'intervento offre anche il duplice vantaggio di evitare che
eventuali sostanze tossiche provenienti dai tessuti necrosati della sovrastante parte
dell'albero possano deprimere l'accrescimento dei germogli emersi dal pedale, e di
consentire alla pianta di concentrare le sue capacità di ripresa in tali germogli senza
disperderle in eventuali punti di attività vegetativa sorti sul tronco e/o sulle branche.
Cure successive al taglio al pedale
II primo anno debbono essere lasciati sviluppare tutti i germogli emessi dalla ceppaia
eseguendo le varie pratiche colturali atte a favorire il loro migliore accrescimento.
Nel secondo anno si può procedere all'eliminazione dei succhioni più interni, male
inseriti o sviluppati su eventuali residui del tronco originario, limitando tale
operazione al minimo indispensabile, in quanto è necessario favorire una rapida
ricostituzione dell'equilibrio tra parte aerea ed apparato radicale della pianta,
condizione di importanza fondamentale per una pronta e regolare ripresa dell'attività
produttiva che, in genere, avviene verso il 3° - 4° anno.
Gli olivi ricostituiti con il taglio al pedale possono essere, quindi, impostati sulla
forma di allevamento più idonea alla struttura e alle scelte dell’azienda. Le forme più
rapide da ottenere sono ovviamente il cespuglio e il vaso cespugliato. Se invece si
vuol avere un fusto unico niente vieta di ricostituire il vaso policonico o il monocono.
Su questo aspetto non è qui la sede per dilungarsi, e rimandiamo per dettagli al sito
del Progetto.
Mentre nell'anno dell'intervento, - soprattutto in terreni dotati di un normale grado di
fertilità agronomica -, non sembra indispensabile un intervento di concimazione (anzi,
in genere si consiglia di non concimare in quanto le piante produrranno comunque
cacciate molto vigorose per lo squilibrio tra apparato radicale e chioma), a partire dal
secondo anno è opportuno riprendere una regolare fertilizzazione del terreno.
Fig. 1 – Oliveto di recente impianto in provincia di Piacenza. La pianta in primo piano
ha mantenuto le foglie, pur se seccate. Si tratta di un sintomo di attacco grave e
repentino, che non ha consentito alla pianta di procedere a far abscindere le foglie.
Fig. 2 – Olivi in campo collezione in provincia di Parma. È evidente la presenza di
variabilità di risposta all’interno del germoplasma raccolto dal Progetto.
Fig. 3 – Ampie chiazze necrotiche su una branchetta, che preludono a distacchi più o
meno ampi.
Fig. 4 – Spaccature e distacchi diffusi di corteccia sull’asse principale di pianta di 3
anni.
Fig. 5 – Spaccatura longitudinale su branchetta.
Fig. 6 – Spaccatura e distacco di corteccia sul tronco di pianta adulta.
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