Fisiopatologia del dolore vascolare Vascular Pain Phisiopathology Maria Chiefari, Emilia Genovese Dipartimento di Scienze Anestesiologiche,Chirurgiche e dell'EmergenzaSeconda Università degli Studi, Napoli Riassunto Il dolore è un aspetto di fondamentale importanza nell'approccio diagnostico-terapeutico della malattia vascolare. Di pertinenza arteriosa e venosa, deriva da un'alterazione della parete del vaso o del microambiente circostante. Può essere neurogeno per lesione dei tronchi nervosi. La componente psicologica della sofferenza vascolare è notevole e si assiste a una vera alterazione comportamentale dei pazienti vasculopatici. Il dolore di pertinenza arteriosa può essere acuto, in seguito a occlusioni arteriose da trombosi, da embolia, da spasmo e da sezione del vaso, oppure cronico nell'ischemia vascolare cronica, che si esplica soprattutto nell'angiopatia obliterante. Riconosciamo ancora il dolore da iperafflusso nell'eritromelalgia e nel fenomeno di Raynaud. Il dolore venoso è secondario a un'occlusione acuta che si manifesta come tromboflebite o come trombosi venosa profonda; è cronico nelle sindromi postflebitiche e nell'insufficienza venosa cronica (vene varicose). Parole chiave: Dolore vascolare, dolore cronico, ischemia, occlusioni arteriose, occlusioni venose Summary Vascular pain is important for diagnostic and therapeutic approach to vascular patients. It's from artery's and vein's injury. This is in the inner side of vessels or outside in the tissue. Pain is even neurogenic for total nerve ischemy. Patients behaviour change: we have a real psychological pain. Arterious occlusion may be acute in thrombosis disease, embolic phenomen, spasmic accident: we have acute pain. Chronic pain is a sign of chronic occlusion especially in obliterans vessels disease. Fontaine knows IV steps of this desease. Particulary is "Eritromelalgia" a vascular desease where there's a high blood afflux and "Raynaud desease": pain is from the blood afflux change. Vein desease is diffused in the people as varicose vein. Key words: Vascular pain, chronic pain, ischemy, arterious occlusion, venus occlusion Introduzione Il dolore è spesso una componente fondamentale della malattia vascolare ed è per molti autori un utile supporto nell'approccio diagnostico-terapeutico della stessa.1 Si manifesta in maniera acuta e cronica e si distingue in: 1) dolore vasale, sia arterioso che venoso, che origina dalla parete dei vasi; 2) dolore somatico, nel quale i tessuti vengono sottoposti all'insulto ischemico da ipoafflusso, all'iperafflusso e alla stasi; 3) dolore neurogeno, derivante dall'ischemia dei tronchi nervosi. Bisogna ancora considerare il dolore psicogeno, responsabile dell'alterazione comportamentale cui vanno incontro i malati vasculopatici. Fisiopatologia del dolore vascolare Si ipotizza che, indipendentemente dall'agente eziologico, il dolore vascolare agisca sull'omeostasi, in un primo tempo con alterazioni distrettuali poi con alterazioni sistemiche. Dolore nocicettivo I nocicettori periferici non sono solo dei semplici trasduttori di energia. Infatti essi, generando un potenziale d'azione che si propaga lungo la fibra verso il SNC, liberano nell'ambiente circostante dei neuropeptidi vasoattivi quali la sostanza P, la somatostatina e il cGRP, che contribuiscono allo stato di infiammazione neurogena. Si assiste a vasodilatazione precapillare dei vasi di resistenza e stravaso di plasma postcapillare attraverso le venule.2 Il prolungamento della stimolazione nocicettiva favorisce il rilascio di sostanze algogene quali la bradichinina, il 5H-T, l'istamina, le prostaglandine, gli ioni K e Ca che contribuiscono, assieme all'abbassamento del pH, al mantenimento e al potenziamento della scarica nocicettiva. La liberazione della sostanza P gioca un ruolo fondamentale nella sensitizzazione e nel mantenimento dello stimolo doloroso da parte dei nocicettori e delle fibre C. Queste ultime divengono capaci di aumentare la frequenza di scarica, ricevendo stimolazioni di natura ortosimpatica per la neoformazione di recettori e noradrenergici nelle terminazioni assoniche.2 L'alterata situazione distrettuale viene trasmessa (attività antidromica) fino ai segmenti metamerici nel midollo spinale. Dal corno anteriore del midollo il neurone somatomotore è responsabile della contrattura riflessa della muscolatura scheletrica; nella colonna intermedio laterale il neurone pregangliare simpatico è responsabile della vasocostrizione simpatico-riflessa.3 Questi eventi, assieme ai meccanismi molecolari che sono alla base della sensibilizzazione centrale, caratterizzano il dolore vascolare acuto. Il persistere delle modificazioni locali, le risposte accentuate riflesse, il coinvolgimento del sistema simpatico, la massima inibizione del parasimpatico con conseguente vasodilatazione estrema a livello del microcircolo, le alterazioni metaboliche locali, indotte dall'aumento di CO2 favoriscono il quadro del dolore cronico. Si ipotizza anche la trasmissione degli impulsi algici dalle colonne dorsali del midollo al cervello da parte del tratto spino-talamico.4 Dolore neuropatico Nell'ambito delle sindromi dolorose croniche vascolari si osserva anche il dolore neuropatico, dovuto a degenerazione ischemica dei tronchi nervosi; i meccanismi fisiopatologici alla base sono di tipo Ca dipendenti e indipendenti. I primi sono legati all'aumento di Ca intracellulare, che determina la trascrizione, oltre che dei protooncogeni, anche di enzimi quali proteinchinasi, proteasi, endonucleasi, lipasi e ossido-nitrico-sintasi. La degenerazione è enzimatica e legata alla produzione di radicali liberi. Il dolore neuropatico Ca indipendente è di tipo osmolare con fenomeni di lisi della cellula stessa.5 Dolore psicogeno Esiste una grossa percentuale di casi in cui il dolore cronico vascolare è causato da fattori psicologici e psicopatologici. All'origine della malattia psicosomatica ci sono gravi stress emotivi che provocano spasmi muscolari, vasocostrizione a livello locale, disfunzioni viscerali e liberazione di sostanze algogene. Il dolore ha sempre una forte componente ansiosa che sfocia poi nella depressione vera e propria. Sternbach afferma che "Il dolore psicogeno simboleggia l'eterno conflitto tra bisogni emotivi innappagati, autoinibizione e realtà che si vive".5 Dolore da patologia arteriosa Il dolore da patologia arteriosa ha una componente parietale e una tissutale. I meccanismi fisiopatologici alla base del dolore vascolare di origine parietale sono la lesione della parete e l'occlusione. L'occlusione determina una pressione sanguigna tale da esercitare una forza laterale gravante sulla parete che così viene lesa. E' il caso delle occlusioni arteriose acute da trombosi, da embolia, da spasmo e da sezione del vaso. L'intensità algica dipende in questo caso dalla distensione a monte dell'occlusione, dall'ischemia a valle e dal vasospasmo che è generato da un riflesso simpatico. Quest'ultimo interessa non solo il sistema dell'arteria occlusa ma anche i sistemi arteriosi adiacenti. A differenza della forma acuta, l'obliterazione arteriosa cronica determina una sintomatologia algica con una modalità indiretta e meno improvvisa. Il dolore è secondario a una eventuale flogosi della parete vasale o delle strutture circostanti. L'assenza del dolore invece è spesso conseguenza dell'alterato trofismo e metabolismo del vaso interessato da tale patologia. Tale condizione può determinare un progressivo indurimento fibrotico della parete e una modificazione della soglia di sensibilità algogena secondaria a un'alterazione degli algocettori vasali. Il substrato iniziale è l'aterosclerosi e su di una insufficienza circolatoria cronica di base (claudicatio intermittens) si instaura il fenomeno acuto. Al gruppo delle sindromi algiche caratterizzate da lesione parietale vascolare appartengono varie entità patologiche tra cui: arteriti di diversa eziologia, aneurisma in fase di accrescimento e aneurisma dissecante.1 La fisiopatologia del dolore da ipoafflusso è un fenomeno complesso. Nell'ischemia acuta si determina una diminuzione di O2 ai tessuti e un accumulo di CO2 e di metaboliti acidi. Con l'attivazione della glicolisi e accumulo di acido lattico, si ha liberazione di sostanze vasodilatatrici ad azione istamino-simili (acido piruvico, acido succinico) e metaboliti non acidi tipo fosfocreatinina, adenosina e K.6 Esse tendono ad accumularsi negli interstizi quando si interrompe il flusso sanguigno. Si ha un aumento di permeabilità capillare con edema interstiziale. Queste alterazioni sono ancora reversibili se si ha un tempestivo ripristino della circolazione, altrimenti ci si avvia all'irreversibilità; l'evolversi clinico, con l'atonia capillare, diapedesi leucocitaria, filtrazione di proteine, sludge eritrocitario, contribuisce all'arresto completo della circolazione. Il tessuto muscolare va incontro a necrosi. A seconda della diversità di vascolarizzazione e dei sistemi anastomotici e del rapporto tra massa muscolare e calibro dei vasi nutritivi, diversa è la resistenza all'ischemia. Anche il tessuto nervoso risente di danni ischemici. Spesso i nervi irrorati da arteriole che si anastomizzano a T lungo il fascio nervoso possono avere alterazioni irreversibili e infatti una rivascolarizzazione non riesce a ripristinare un'esatta funzionalità. L'ischemia cronica invece è meglio tollerata dall'organismo, con sviluppo di circoli collaterali. Quando i tronchi collaterali hanno un decorso parallelo al vaso, la supplenza funzionale è più efficiente. Quando invece emergono ad angolo retto dal vaso che devono supplire la rete anastomotica è modesta e ha maggior resistenza nei confronti del flusso ematico. Il dolore da ischemia vascolare cronica si esplica in tutte le sue variabili soprattutto nell'angiopatia obliterante.7 In relazione agli stadi di Fontaine, il primo stadio è senza dolore e le lesioni iniziali sono a carico di grosse o medie arterie come insufficienza circolatoria compensata. Il dolore, come claudicatio intermittens, compare nel II stadio di Fontaine ed è un dolore nocicettivo somatico profondo. La claudicatio intermittens è dovuta all'ipossia muscolare che si determina durante il cammino per insufficiente apporto sanguigno, con liberazione in eccesso dei metaboliti algogeni dell'ipossia e attivazione del metabolismo anaerobio con esaurimento delle riserve di energia e attivazione dei processi di degenerazione e morte di tessuti interessati. Vengono in tal modo stimolati i nocicettori muscolari. Se la lesione arteriosa evolve e l'insufficienza circolatoria diventa assoluta (III stadio), compare dolore anche a riposo, per l'accumulo locale di metaboliti algogeni che non possono essere dispersi nel torrente circolatorio. Questo dolore è tipicamente dipendente dalla posizione dell'arto e si aggrava sollevando l'arto, per la riduzione del gradiente pressorio transtenotico, divenuto necessario per assicurare un apporto ematico sufficiente alle necessità basali dei tessuti. La posizione declive obbligata dell'arto provoca però edema posturale, che comprimendo il microcircolo, finisce per aggravare la funzione circolatoria, accelerando la gangrena. Il dolore a riposo quindi diventa un fattore di aggravamento che affretta l'amputazione, per cui deve essere trattato con molta determinazione. Nella genesi del dolore a riposo, notevole importanza ha certamente anche il sistema nervoso simpatico. È stata osservata8 la presenza costante nell'arto ischemico di vasocostrizione con aumento del tono vasale che si spiega col fatto che gli impulsi algogeni provenienti dall'arto ischemico, giunti al midollo, oltre a raggiungere i centri superiori per la percezione del dolore, attivano i neuroni simpatici isosegmentali del corno laterale, con conseguente vasocostrizione riflessa e aumento dell'ischemia. Oggi si ritiene che il sistema nervoso agisca anche sensibilizzando i nocicettori periferici, in quanto si è constatato che la simpaticectomia può alleviare il dolore anche quando non riesce ad aumentare la vascolarizzazione. Lo stadio del dolore a riposo non dura in genere più di un mese, dopo di che compaiono lesioni trofiche (IV stadio). Se il dolore persiste oltre il mese senza che compaiano lesioni trofiche, quasi certamente più che di dolore ischemico si tratta di dolore nocicettivo somatico profondo/nervoso nocicettivo (nerve trunk pain) e aggrava il quadro clinico del III stadio. E' un dolore di intensità variabile, talora parossistico, spesso descritto come bruciore, scossa elettrica, fitte, parestesia, che segue la distribuzione periferica di uno o più rami nervosi. L'ipossia cronica colpisce prevalentemente le fibre di grosso calibro per cui è alterata per prima la sensibilità tattile e vibratoria: talora, caratteristicamente nel diabetico, la perdita della sensibilità tattile rende il paziente insensibile a eventuali piccoli traumi con conseguente infezione e rapido aggravamento delle lesioni. Il cronicizzarsi di questa situazione e lo sbilanciamento dell'input sensoriale al midollo può portare a una sindrome da deafferentazione vera e propria e/o a uno stato di iperpatia. Nel IV stadio infine si manifestano alterazioni trofiche che vanno dalla necrosi ulcerativa alla gangrena, con conseguente presenza di dolore somatico superficiale/profondo e dolore neuropatico. Il dolore compare prevalentemente a livello della lesione, quando è stimolata, ma può essere anche spontaneo, pulsante, se c'è flogosi, o urente se c'è perdita di sostanza. Infine possono manifestarsi alterazioni psichiche: il paziente è insonne e si lamenta di continuo, è sempre più concentrato sulla sua sofferenza, su come lenirla, tanto da perdere ogni interesse sociale e affettivo tendendo all'introspezione fino all'ipocondria. Negli stadi avanzati delle arteriopatie obliteranti periferiche, oltre al dolore ischemico che domina il quadro clinico, manifestandosi nelle forme della claudicatio e del rest pain, sono riconoscibili altre forme di dolore di genesi diversa, più o meno associate tra loro durante le varie fasi evolutive della malattia: il dolore nocicettivo somatico che segue le vie sensitive somatiche, il dolore neuropatico dovuto alla lesione ischemica dei nervi, il dolore da deafferentazione e il dolore psicogeno. Quest'ultimo può indurre ad errate valutazioni.8 Il dolore da iperafflusso si manifesta nel suo aspetto più tipico nell'eritromelalgia. E' legato a un'abnorme sensibilità dei termorecettori e alla vasodilatazione. La temperatura alla quale può essere prodotto il disturbo varia in base alle diverse persone e in diverse parti dell'estremità della stessa persona. Di solito va dai 32o ai 36o gradi e la temperatura alla quale si verifica il fenomeno è stata indicata da Lewis come "punto critico".9 Con le temperature più alte la patologia persiste, con quelle più basse scompare. C'è un disturbo o uno squilibrio dei recettori per il caldo e il freddo. Questa influenza di uno stimolo energetico sulla soglia di percezione di un altro è stata definita da Ochoa "crossmodality threshold modulation" (transmodulazione di soglia o modulazione incrociata di soglia).9 Tale sindrome è dovuta alla sensibilizzazione dei nocicettori C multimodali, polimodali. Accanto all'eritromelalgia ricordiamo il fenomeno di Raynaud. L'esposizione al freddo è il fattore più importante che dà inizio alla malattia. La soglia per la risposta vascolare è diminuita da qualsiasi cosa che attivi gli impulsi efferenti simpatici o la liberazione di catecolamine.9 Il dolore da stasi è determinato dalla replezione (componente vasale del dolore) e dall'edema interstiziale. Nelle fasi più avanzate della malattia ischemica, i dolori secondari alle complicanze distrofiche e flogistiche si assommano alle sofferenze proprie di tali patologie.1 Ci sono poi condizioni sempre di dolore ischemico derivanti da posizioni caratteristiche che determinano compressione arteriosa: sindrome dello scaleno e della costa cervicale con compressione dell'arteria succlavia e successiva ischemia anche da angiospasmo e da parziale obliterazione arteriosa. All'ischemia si aggiunge la nevralgia da irritazione del plesso brachiale.1 Dolore da patologia venosa Il dolore da patologia venosa può essere secondario a un'occlusione acuta, che si manifesta come tromboflebite o come trombosi venosa profonda, occlusione cronica, sindrome post flebitica, insufficienza venosa cronica. Si parla di claudicatio venosa. Il dolore si differenzia da quello arterioso per il suo perdurare anche dopo l'interruzione dello sforzo.1 E' caratterizzato prevalentemente da una patogenesi infiammatoria. Non c'è componente algica se la trombosi venosa non è complicata, mentre è costantemente presente se alla patologia ostruttiva venosa è associata la flebite o periflebite. Oltre all'ischemia e alla stasi, la fisiopatologia algica è correlata da una vasta sequela di complicanze locali: ulcere, infezioni tegmentali, vasculiti, neuriti. Nella tromboflebite il rallentamento o stasi del flusso venoso permette alle cellule di aderire alle pareti del vaso con conseguente coagulazione e infiammazione, sviluppo di lesioni microscopiche dell'intima, sensibilizzazione dei nocicettori, algia lungo tutto il decorso della vena interessata. Nella trombosi venosa profonda, la classica triade della stasi di Virchow, il danno intimale e l'ipercoagulabilità sono i responsabili della sintomatologia dolorosa che è presente se la localizzazione, l'estensione e il grado di occlusione sono ampi. Importante è anche l'effetto della forza di gravità. Il dolore è accentuato da un aumento della sensibilità dell'arto e dall'aumentata temperatura cutanea. Nella sindrome post-trombotica il dolore deriva da un aumento della pressione capillare a livello del malleolo. Infatti, le valvole venose sono distrutte dai processi trombotici o sono insufficienti, per cui la direzione del flusso è alterata e, a ogni contrazione dei muscoli, il sangue procede in direzione anterograda, retrograda e attraverso le vene perforanti. L'aumentata pressione venosa e capillare causa edema e il sangue fuoriesce attraverso i vasi perforanti, in vicinanza dei quali si verificano rotture di piccole vene ed emorragie microscopiche. Il dolore è legato a una sensazione di pesantezza. Il sollevamento dell'arto fa diminuire l'edema e quindi il dolore. Per le vene varicose primitive il dolore è di solito minimo, per le secondarie a ostruzione e all'incontinenza valvolare del sistema venoso profondo il dolore è sordo e comunque legato all'ischemia.9 Conclusioni La quasi totalità dei pazienti vasculopatici si rivolge al medico per il sintomo dolore. Esso è l'espressione modulata delle sofferenze anossiche o ipossiche che, perdurando, portano a degenerazione e morte tessutale. L'intensità della sintomatologia algica è in rapporto alla sofferenza ischemica e ad altri fattori che condizionano il danno tissutale quali il tipo e la sede dell'ostruzione. Possono essere influenti anche la temperatura e la stagione. L'analisi scientifica di questo dolore con una attenta conoscenza dei meccanismi che lo sottendono rappresenta un valido supporto per l'approccio terapeutico.10 Bibliografia 1) Zucchi PL, Agrò F, Vecchiet L, Ischia S, Gedda L. Dolore vascolare. In: Zucchi PL, Agrò F, Vecchiet L, Ischia S, Gedda L. Compendio di semantica del dolore. Semeologia del dolore parte II. Pier Luigi Zucchi Editore 1997; 329-347. 2) Carli G, Dolore cronico e iperalgesia. In: Tiengo M. Il dolore. Ed Springer 1999: 1-12. 3) Mascaro A, Evangelista M. Il ruolo della simpaticolisi nel trattamento del dolore ischemico periferico degli arti inferiori. Atti 3o Congresso Nazionale SICD-Roma, 2-4 Dicembre 1993; 1-3. 4) Petrakis IE, Sciacca B. Spinal cord stimulation and diabetes. 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