Lane autoctone piemontesi. Ipotesi per la loro

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AGRICOLTURA INFORMAZIONE TECNICA
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Lane autoctone piemontesi
Ipotesi per la loro valorizzazione
Giorgio Mazzucchetti ç CNR Istituto per lo studio delle macromolecole
Leo Gallico ç Agenzia Lane d’Italia
RICERCA FINANZIATA DALLA REGIONE PIEMONTE
Le lane autoctone piemontesi si contraddistinguono, in generale, per il diametro medio della fibra
molto grossolano e con un alto coefficiente di variazione che rende difficile un loro impiego in manufatti
tessili.
D’altra parte queste razze sono indirizzate alla produzione di carne e latte mentre la parte fibra, nel
corso degli anni è diventata, per l’allevatore, un onere. Chiaro quindi, l’intendimento della Regione Piemonte di ricercarne sbocchi, tentando la strada del
suo impiego tessile, con l’obiettivo di trasformare
quello che è attualmente un puro costo (tosa e
smaltimento) in un utile o quantomeno in non perdita economica per l’allevatore.
La valorizzazione della lana è un tema che presenta molteplici sfaccettature, ognuna interessante e fortemente attuale. In effetti, il tentativo di
dare uno sbocco industriale o artigianale al prodotto lana, attraverso una razionalizzazione dell’allevamento ovino in tutti i suoi aspetti, oltre a
presentare i vantaggi diretti evidenziati sopra,
avrebbe sicuramente delle ricadute positive, derivanti da un incremento quali quantitativo dell’attività di allevamento, ad esempio per il ricupero
di zone della nostra Regione, soprattutto collinari
e submontane, attualmente in abbandono, con
indubbi benefici anche dal punto di vista idrogeologico, di protezione del territorio e occupazionale.
Secondo quanto riportato nella pubblicazione della
Regione Piemonte “Interventi per la salvaguardia
delle razze autoctone” del 2001, la situazione demografica degli ovini piemontesi è, per il 2000, la seguente:
Biellese
Frabosana
Sambucana
Delle Langhe
Tacola
Savoiarda
Garessina
Saltasassi
55.000 capi
7.500
3.500
2.300
1.600
190
100
60
Le razze che possono avere un interesse industriale
sono le prime quattro; le altre hanno un numero di
capi non sufficiente per soddisfare esigenze industriali.
Prove sono già state fatte su lana prodotta da pecore biellesi (la lana è grossolana ed adatta in linea di
massima per plaids) e su lana sambucana, che ha
dato risultati interessanti per produzione di maglioni,
plaids, calzettoni, berretti, guanti.
Proseguendo in questo tipo di sperimentazione si è
presa in considerazione la razza delle Langhe, che è
una delle due piemontesi, l’altra è quella Biellese,
iscritta nei libri genealogici nazionali.
Trattandosi di lana molto ordinaria, con un diametro
medio delle fibre intorno ai 30-40 micrometri, presenta una “mano” assai ruvida: di conseguenza la
sua fibra, tal quale, mal si adatta ad essere impiegata per la realizzazione di capi di vestiario; di conseguenza l’attività di lavoro è stata finalizzata, dopo
la caratterizzazione dei suoi parametri fisici, al miglioramento della “mano” e specificatamente la
sofficità al tatto, attraverso la ricerca e la sperimentazione di specifici enzimi e la conseguente
messa punto dei relativi trattamenti.
L’azione dell’enzima, infatti, svolge, sulle scaglie
della fibra, un’azione di smussatura, rendendone
più liscia la superficie con conseguente sensazione al tatto di minor ruvidezza, ed una “mano”
più piacevole.
Enzimi e loro applicazioni nel tessile
Gli enzimi sono complesse molecole proteiche,
che si trovano all’interno delle cellule viventi
dove fungono da catalizzatori per le reazioni chimiche che trasformano le sostanze. Benché la
loro formazione possa avvenire solo all’interno di
cellule vive, molti enzimi possono essere estratti,
cioè isolati dalle cellule e svolgere la propria funzione in vitro. L’attività di un enzima dipende dalla sua natura catalitica, la reazione, in sua presenza, avviene a velocità più elevata e non si
esaurisce nel corso della reazione stessa .
Gli enzimi sono molto specifici e sono in grado di
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TECNICA
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distinguere tra composti chimici molti simili. Inoltre
sono atossici e biodegradabili, possono essere prodotti da microrganismi in quantità notevoli ed eliminano il bisogno di apparecchiature particolarmente
resistenti agli agenti chimici. Queste proprietà hanno
portato al loro uso sempre più intenso nei processi
industriali che riguardano la produzione di detersivi
biologici, nell’industria dei prodotti da forno, in quella
della birra, nell’industrie casearia, tessile, del pellame e in quella farmaceutica.
Negli ultimi dieci anni il mercato del trattamento
industriale dei tessuti ha visto una notevole
espansione delle formulazioni a base enzimatica.
I vantaggi apportati dalle nuove formulazioni
sono evidenti in termini di qualità dei tessuti e di
impatto ambientale. Considerato che molte fibre
impiegate nel tessile sono di origine naturale gli
enzimi maggiormente in uso sono cellulasi, catalasi, amilasi lipasi, laccasi, proteasi.
Cellulasi
Le cellulasi, data la loro versatilità, possono essere
adoperate per diversi scopi sulle fibre cellulosiche:
· Biopolishing: la cellulasi rimuove le imperfezioni dalla superficie del tessuto attribuendo ai capi un nuovo look.
· Stone Wash: l’enzima attacca le fibre in profondità,
attribuendo al tessuto un look “invecchiato” (usato
sopratutto per i capi in jeans).
· Biofinishing: la cellulasi è usata principalmente per
spezzare le lunghe catene cellulosiche, donando al
tessuto una mano particolarmente soffice.
Pectinasi
Biopreparazione del cotone grezzo con una pectina
liasi alcalina come trattamento alternativo alla tradizionale purga chimica eseguita con soda caustica a
caldo.
Amilasi e Lipasi
Amilasi è usata per la rimozione della bozzima amidacea dai tessuti prima di altri trattamenti. Un’efficace rimozione dell’amido dalla fibra è essenziale per
favorire le prestazioni dei prodotti chimici successivi. Le lipasi sono impiegate assieme all’amilasi per
rimuovere la bozzima dei tessuti quando questa risulta composta di miscele d’ amido e cere.
Catalasi
La catalasi è impiegata per eliminare il perossido di
idrogeno dal bagno prima dei processi di tintura.
Questo consente di eliminare un risciacquo e di rinunciare all’utilizzo di un riducente chimico come il
bisolfito. I vantaggi riguardano la riduzione dei tempi
dell’intero processo di tintura nonchè un minor impatto ambientale. Questo può essere impiegato su
tutte le fibre tessili.
Laccasi
La laccasi consente di ottenere un buon contrasto nei capi Denim. L’enzima consente di
eliminare tutti gli effetti negativi della rideposizione del colore indaco. Questo tipo di enziMaglioni realizzati
con lane autoctone
piemontesi
Agricoltura/39
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AGRICOLTURA INFORMAZIONE TECNICA
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Tabella 1 - Differenti tipi di enzimi utilizzati
Enzima
3273-C
3374-L
GC897-H
Alcalase 2.5 L
Type DX
Organismo/ famiglia
Carica papaya
Bacillus subtilis
(geneticamente modificato)
Bacillus lentus
(geneticamente modificato)
Bacillus
Tipo
Papaina, tiol -proteasi
Endopeptidase stabile in
ambiente ossidante
Ceppo batterico stabile in
ambiente alcalino
Proteasi alcalina
pH
8.4
T (°C)
55
6
65
8.4
8.4
45-60
55
Nota: dati forniti da Genencor Inc e Novo Nordisk
ma può ridurre drasticamente i tempi necessari
per ottenere un determinato look “invecchiato”.
Proteasi
Le proteasi sono impiegate nei trattamenti di fibre
proteiche come la lana e la seta.I trattamenti enzimatici su fibre proteiche sono ancora in fase di studio, e sebbene non siano applicati industrialmente
su ampia scala come avviene per le fibre cellulosiche, cominciano a dare dei risultati e si pensa possano diventare operativi in un futuro molto prossimo. In particolare, l’estensione dei trattamenti enzimatici alla lana ha consentito di sviluppare finissaggi innovativi, intesi come alternative proposte rispetto ai processi tradizionali di per sé incompleti, lunghi
e per lo più inquinanti. In particolare sono stati svolti studi inerenti ai seguenti trattamenti:
a) antinfeltrimento
b) candeggio e depigmentazione
c) tintura
d) anti-pilling
e) modifica delle caratteristiche superficiali dei tessuti, in particolare la mano
L’uso di proteasi, tuttavia, se da un lato può avere
effetti positivi, dall’altro può ulteriormente danneggiare la fibra, in particolare, incrementando sia la
perdita di peso sia la tenacità.
Parte sperimentale di laboratorio (trattamenti enzimatici) – CNR-ISMAC Sezione di Biella
La Lana sucida delle Langhe è stata lavata e
successivamente trattata con 4 tipi di enzimi Tabella 1.
Le concentrazioni degli enzimi utilizzati nei trattamenti sono state 0g/l ( solo tampone) ,0.5g/l,
1g/l, 1.5 g/l.
Per le prime due prove, i campioni di fibre, trattati
con enzimi GC 897-H e 3273-C, sono stati confrontati anche con un campione che ha subito un trattamento uguale per tempo, temperatura e pH a quelli
enzimatici ma, in questo caso, senza uso di enzima.
La ragione di questo test è che si è voluto valutare
specificatamente il comportamento dell’azione enzimatica ai fini della sofficità, utilizzando campioni di
fibre la cui unica differenza nel trattamento era l’utilizzo o meno dell’enzima.
Sulla scelta delle diverse concentrazioni si può dire
che, in funzione della nostra esperienza maturata in
precedenti lavori, esse ben rappresentano le tre tipologie di concentrazione, bassa, media e forte, in cui
i tre aggettivi indicano il grado di danneggiamento
che la fibra di lana ha subito a seguito dell’attacco
enzimatico, danneggiamento verificato attraverso la
microscopia ottica.
Un panel di giudici, è stato scelto tra il personale
dell’ISMAC Sezione di Biella, ha valutato, in termini
di migliorata sofficità del fiocco, i quattro trattamenti
enzimatici.
Per il primo test, è stato scelto il fiocco di lana lavata come campione di riferimento. I tre campioni di
fiocco di lana trattati rispettivamente alle concentrazioni di 0.5, 1,0 e 1,5 g/l, identificati in forma anonima con lettere, in modo tale che i giudici non fossero influenzati dall’indicazione della concentrazione,
sono stati confrontati con il campione di riferimento,
chiedendo a ciascun giudice di mettere in ordine i
campioni esaminati a partire dal meno al più soffice.
Tutti i giudici, concordemente hanno segnalato che il
campione di lana trattato con l’enzima GC 879-H
alla concentrazione di 1.0 g/l, risulta essere quello
che ha migliorato significativamente il suo grado di
sofficità rispetto al campione di fibra tal quale.
Parte sperimentale industriale - Agenzia Lane
d’Italia
Sono state eseguite le seguenti lavorazioni:
Lavaggio: 838 kg (peso netto, 535 di lana più bella
e 303 più brutta) sono stati sottoposti a lavaggio in
Leviathan a varie vasche di lavaggio e risciacquo,
con detergenti in ambiente leggermente alcalino, in
condizioni controllate di temperatura e di pH; è seguito essiccamento. Sono stati ottenuti 329 kg di
lana lavata più bella e 165 di lana lavata più brutta:
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Globalmente la resa in lavato è stata del 59%.
Filatura della lana migliore: è stato ottenuto filato
cardato titolo 1/5200 con torsione Z 270 giri in
quantità di kg 286,8; 30,6 kg di filato sono stati
trasformati in filato ritorto a 2 capi impartendo 150
giri di torsione S; 110 kg di filato 1/5200 sono stati
tinti in 6 colori con coloranti premetallizzati.
Tessitura: con i filati tinti e greggi sono stati ottenuti 25 plaids e prodotte 2 pezze da 50 metri
ciascuna, una in colore bianco naturale e l’altra
in colore bordeaux, che poi hanno subìto i normali procedimenti di finitura.
Lavorazione della lana più ordinaria: circa 70 Kg. di
lana, trattati con l’enzima GC 879-H alla concentrazione di 1.0 g/l sono stati inviati al Lanificio F.lli Piacenza con l’obiettivo di realizzare, tramite processo
cardato, il filato.
L’operazione di filatura, non si è potuta realizzare in
quanto il materiale, nell’operazione pre-cardatura di
bagnatura con soluzione acqua/olio, non era in grado di assorbire l’ensimage; ciò probabilmente dovuto
al fatto che i valori dell’estratto in etanolo trovati
erano superiori alla norma, evidenziando quindi
un’eccessiva presenta sulle fibre di sostanze tensioattive dovute ad un risciacquo non regolare.
Questo problema, unitamente con quelli derivanti da
una materia prima molto ordinaria, possono essere
la causa della mancata cardatura e filatura del
materiale che è stato destinato, pertanto, a velo da
carda, mentre il restante, lavato, è stato destinato
ad imbottiture.
L’Agenzia Lane d’Italia ha affidato l’esecuzione della
sperimentazione alla Fratelli Piacenza con stabilimento a Pollone, azienda specializzata nella produzione di articoli finissimi in lana ed in cashmere.
Uno dei titolari, Carlo Piacenza, che è stato per vari
anni Presidente dell’European Wool Group, grande
esperto, appassionato di lana, ha valorizzato, alcuni
anni fa, attraverso la realizzazione di prodotti artigianali, le lane sambucane, indicando fin da allora, la
strada da percorrere per la valorizzazione di questi
tipi di lane.
latura del fiocco trattato con enzima e, di conseguenza, la realizzazione di un telo, non ha consentito
di giungere ad una verifica puntuale dell’effetto enzimatico sul miglioramento della sofficità.
D’altra parte le risposte avute in laboratorio, incoraggerebbero a proseguire nella sperimentazione pur
rendendosi conto che ci si trova di fronte ad una fibra molto grossolana e poco omogenea, con caratteristiche fisiche molte variabili, il cui utilizzo per la
manifattura di capi di vestiario è decisamente problematico.
Parrebbe certamente più indicata la realizzazione di
tessuti per arredamento o per accessori ad esempio
borse. In ogni caso già per arrivare a queste tipologie di prodotti, sarebbe opportuna una cernita della
materiale di tosa prima dei successivi passaggi di
lavorazione.
Conclusione
La sperimentazione è stata interessante anche per
l’ottima collaborazione con i produttori di lana delle
Langhe. Le pezze realizzate potranno essere utilizzate per la confezione di plaid e coperte mentre i filati,
presentati in gomitoli di vario colore, potranno trovare impiego in articoli prodotti dagli allevatori su telai
a mano.
L’impossibilità di portare a termine l’operazione di fiAgricoltura/39
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