Daniele Gasparri Come rilevare esopianeti con il proprio telescopio Copyright © 2014 Daniele Gasparri ISBN: 978-1501099878 Questa opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla ristampa, traduzione, all’uso di figure e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla riproduzione su microfilm o in database, alla diversa riproduzione in qualsiasi altra forma, cartacea o elettronica, rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. La riproduzione di questa opera, o di parte di essa, è ammessa nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d’autore. Illustrazioni e immagini rimangono proprietà esclusiva dei rispettivi autori. È vietato modificare il testo in ogni sua forma senza l’esplicito consenso dell’autore. In copertina: Rappresentazione artistica di un esopianeta, o pianeta extrasolare, in transito di fronte al disco della propria stella. In queste situazioni è sufficiente una normale strumentazione amatoriale per rilevare il calo di luce della stella quando il pianeta le passa di fronte e confermare la sua esistenza. Immagine cortesia ESO. Prefazione I pianeti extrasolari, o esopianeti, corpi celesti che orbitano attorno ad altre stelle, sono senza ombra di dubbio aascinanti sia per i ricercatori che provano a studiarli, pur tra innumerevoli dicoltà, che per gli appassionati, per il grande potenziale che si portano dietro: la possibilità di trovare pianeti simili alla Terra. Prima ancora di laurearmi in astronomia, con la mia strumentazione e l'innata e a volte morbosa curiosità (che spesso mi ha causato anche qualche guaio), mi interessai al lato tecnico riguardante la loro rilevazione. Ricordo un articolo di Rodolfo Calanca, che non smetterò mai di ringraziare, a quel tempo (2007) vicedirettore della rivista Coelum, che per primo fece conoscere agli appassionati italiani la concreta possibilità di poter rilevare esopianeti in transito di fronte alle proprie stelle con la modesta strumentazione di cui disponevano. All'inizio dell'estate del 2007 partì così una campagna osservativa coordinata da Calanca e dalla rivista Coelum, una delle tante considerate da molti borderline, ovvero ai limiti (e forse oltre) delle capacità e delle disponibilità della comunità degli astroli. Eppure, con lo stupore dello stesso Calanca, alla mia prima, seria, osservazione fotometrica, seguendo la sua tecnica, riuscii a rilevare con successo il transito di un pianeta grande quanto Giove orbitante attorno a una stella di oltre 11-esima magnitudine sperduta nella costellazione di Ercole. Per me, quel graco chiamato curva di luce era l'immagine più bella che avessi mai visto; 1 2 lì c'era un altro pianeta, incredibile! Fu l'inizio di un interesse che nel giro di pochi mesi mi portò a collaborare con i più importanti ricercatori nel campo degli esopianeti e a scoprire persino, per la prima volta al mondo con strumentazione amatoriale, il transito di un esopianeta che nessun aveva mai visto prima d'ora. La notizia, naturalmente al di fuori dei conni italici, ebbe un gran clamore, con interviste e articoli da parte di tv e riviste del settore. Sebbene da quel momento non abbia più avuto il tempo per seguire di nuovo i transiti degli esopianeti con la mia strumentazione, non ho mai veramente smesso di occuparmene, almeno dal punto di vista teorico. Partendo dalla mia tesi di laurea, centrata proprio sulla campagna fotometrica condotta nel 2007 e i risultati ottenuti, ho compreso che quello che avevo fatto poteva, anzi, doveva essere condiviso con tutti. Ho quindi semplicato, ampliato e un po' romanzato quello che era solo uno sterile lavoro di ricerca pieno di termini e formule incomprensibili, costruendo questo manuale completo di tutto quello che c'è da sapere sulla ricerca consapevole degli esopianeti attraverso la tecnica della fotometria dierenziale. Qualche passaggio, forse, potrebbe non essere di immediata comprensione, ma questo non è un libro divulgativo da leggere sotto l'ombrellone; è un manuale da studiare e comprendere no in fondo, perché il gioco, sebbene divertente, questa volta è serio e non è possibile fare ricerca, anche con strumentazione amatoriale, senza sapere cosa si sta cercando e come farlo. E alla ne è proprio questo il bello della ricerca, ciò che la eleva al di sopra di molti divertimenti più semplici ma anche più emeri: la possibilità di essere consapevolmente protagonisti, e non più semplici spettatori passivi, del progresso del genere umano e della nostra conoscenza dell'Universo. Daniele Gasparri Settembre 2014 Indice Introduzione 5 1 Una panoramica sugli esopianeti 1.1 Gioviani e gioviani caldi . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Terre, superterre ed esolune . . . . . . . . . . . . . 2 Principali metodi di rilevazione 7 9 11 15 2.1 Velocità radiali (RV) . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2 Astrometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.3 Pulsar timing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.4 Microlensing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 3 Esopianeti in transito 23 3.1 Falsi positivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Probabilità di transito e bias . . . . . . . . . . . . 4 Osservabili di un transito 24 25 29 4.1 Orbite ellittiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 4.2 Orbite circolari 32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 La fotometria dierenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 5.1 Teoria 5.2 Errori sistematici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 5.3 Errori casuali 40 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 35 INDICE 4 6 Tecnica di ripresa 49 6.1 Strumentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 6.2 Test di linearità del sensore . . . . . . . . . . . . . 54 6.3 Accorgimenti in fase di ripresa . . . . . . . . . . . . 58 6.4 Frame di calibrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 6.5 Target ideali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 6.6 Un consiglio sul puntamento . . . . . . . . . . . . . 64 6.7 Riassumendo 65 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Tecnica di riduzione dei dati 69 7.1 Le aperture fotometriche . . . . . . . . . . . . . . . 70 7.2 Fotometria dierenziale con Maxim DL . . . . . . . 72 7.3 Fotometria con IRIS . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 7.4 Elaborazione dei dati di Maxim DL . . . . . . . . . 83 7.5 Elaborazione dei dati di IRIS . . . . . . . . . . . . 88 7.6 Per i più esperti: le incertezze . . . . . . . . . . . . 89 7.7 Creazione del le per il tting . . . . . . . . . . . . 92 7.8 Fitting della curva di luce . . . . . . . . . . . . . . 95 7.9 Esempio pratico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 8 Risultati 103 8.1 TrEs-2 b . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 8.2 TrEs-4 b . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 8.3 La scoperta del transito di HD17156 b 8.4 Non solo esopianeti in transito 9 Prospettive e conclusioni . . . . . . . 120 . . . . . . . . . . . 125 127 9.1 Osservazioni con più strumenti 9.2 Variazione degli istanti di transito . . . . . . . . . . 131 9.3 Esopianeti di nane bianche . . . . . . . . . . . . . . 133 9.4 Partecipare alla ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . 135 Bibliograa . . . . . . . . . . . 129 141 Introduzione In questo lavoro si aronta il tema della rilevazione fotometrica di esopianeti in transito attraverso la tecnica della fotometria dierenziale e l'impiego di piccoli telescopi commerciali. Dopo un'introduzione sull'attuale stato della popolazione di esopianeti verranno analizzati i sistemi extrasolari transitanti, da cui è possibile ricavare grandezze orbitali e siche che nessun altro metodo, attualmente, è in grado di garantire. Nella seconda parte verranno arontate le problematiche relative alla rilevazione fotometrica dei transiti, sviluppando una tecnica di acquisizione e riduzione dei dati semplice, veloce e che possa allo stesso tempo garantire la precisione richiesta, di almeno 0.002 magnitudini. La strumentazione, la tecnica di ripresa e di riduzione dei dati verranno estrapolate presentando alcune sessioni fotometriche su tre esopianeti in transito ottenute nell'estate del 2007. Questo approccio estremamente pratico spero possa risultare sucientemente chiaro e rapido, perché al di là dei concetti teorici di base che servono per comprendere quello che si sta facendo, il lato più importante per un astronomo dilettante è quello che viene svolto direttamente sul campo e non davanti lo schermo di un computer o sulle pagine di un noioso libro pieno di formule. Verrà dimostrato che con uno strumento da 15 − 25cm, una camera CCD commerciale e un normale cielo sub-urbano, è possibile ottenere curve di luce con una precisione dell'ordine di 0.001 magnitudini, comparabili con quelle di strumenti di taglia profes5 INDICE 6 sionale. Tale precisione è suciente per rilevare pianeti gioviani caldi e persino pianeti terrestri in transito attorno a stelle di classe M e dare un aiuto importante alla ricerca di punta. Questo verrà dimostrato presentando la sessione fotometrica con cui è stato scoperto il transito dell'esopianeta HD17156 b, il primo rilevato da strumentazione amatoriale. Da questo importante risultato si prenderà lo spunto per spingere al limite le possibilità fotometriche dei telescopi amatoriali. Con tecniche di ripresa simultanea attraverso setup identici è possibile aumentare la precisione di un fattore √ N, dove N è il numero di telescopi impiegati in una ses- sione fotometrica, supposti raggiungere la stessa precisione. Tre strumenti come quello utilizzato nelle sessioni presentate nel testo sono sucienti per garantire un campionamento temporale di almeno 0.13 dati/minuto e una precisione di 0.0006 magnitu- dini, ovvero di 500 ppm, non molto distante dal limite di 200 ppm attualmente raggiunto dai più grandi telescopi terrestri. La trattazione verrà conclusa presentando progetti fotometrici dell'immediato futuro, tra cui la possibile esistenza di esolune transitanti di pianeti gioviani e l'interessante prospettiva della rilevazione di pianeti di taglia terrestre, o inferiore, in transito attorno all'ipotizzata zona abitabile delle nane bianche. Le operazioni necessarie per ottenere ottime curve di luce e la strumentazione richiesta sono decisamente meno esose, sia in termini economici che di capacità dell'utente che di tempo, di un setup costruito per l'astrofotograa del cielo profondo e pertanto possono rappresentare un'enorme opportunità per tutti gli appassionati dotati di un setup minimo per contribuire alla scienza o evolvere la propria passione. Perché credo che non ci sia bisogno di descrivere la soddisfazione che si proverebbe nel poter catturare con la propria strumentazione l'impronta di un pianeta distante centinaia di anni luce che ben pochi no ad ora hanno avuto il privilegio di vedere. Capitolo 6 Tecnica di ripresa Nel 2002, tre anni dopo la scoperta del primo transito di un esopianeta, Castellano e Laughlin [13] dimostrarono che una strumentazione costituita da un telescopio da 0.2 metri e una camera CCD commerciale era in grado di garantire una precisione di 0.003 magnitudini, suciente per rilevare con una condenza > 3σ il transito di un gioviano caldo attorno a una stella simile al Sole entro 500 parsec, quindi no a una magnitudine apparente ∼ 13. In un articolo del 2004 Castellano [14] ha descritto in dettaglio la tecnica di acquisizione dei dati fotometrici, un'ottima base da cui partire per migliorare la precisione e arontare progetti di ricerca o follow-up estremamente interessanti, come verrà visto nel paragrafo 8.3 e nel capitolo 9. Sarà dimostrato che non solo questa precisione è riproducibile in modo relativamente semplice, ma che con strumentazione simile è possibile abbassare questo limite di almeno 3 volte e portarlo, attraverso tecniche di binning delle immagini o riprese simultanee, no a 0.0006 magnitudini, valori comparabili con quanto è possibile ottenere con strumentazione professionale [47, 48]. Inoltre, nel prossimo capitolo si comprenderà che i passaggi richiesti per ottenere la curva di luce dalle immagini riprese sono semplici e molto più rapidi della classica elaborazione di una qualsiasi immagine estetica. 49 CAPITOLO 6. 50 TECNICA DI RIPRESA Tra Luglio e Settembre 2007, con la mia strumentazione, ho condotto osservazioni fotometriche e sviluppato, con l'aiuto di Mauro Barbieri (osservatorio di Marsiglia) e Greg Laughlin (Università della California, Santa Cruz), una tecnica di ripresa e riduzione dei dati che verrà ora analizzata passo-passo, volta a minimizzare le incertezze sistematiche e stocastiche viste nei paragra 5.2 e 5.3. La tecnica di ripresa prevede, nella sua descrizione più sintetica, l'acquisizione di una serie di immagini sulla stella che si vuole studiare, con pose dell'ordine di pochi minuti e per tutta la durata ipotizzata del transito, quindi per almeno 3-4 ore, nell'arco della stessa nottata. Per i dettagli e il corretto modo di procedere, si leggano con estrema attenzione i prossimi paragra. 6.1 Strumentazione Per la mia campagna osservativa è stata utilizzata strumentazione economica. Newtoniano da Come telescopio è stato scelto un riettore 0.25m e 1.2m di focale, su una montatura equato- riale alla tedesca motorizzata in entrambi gli assi e con possibilità di autoguida. Particolarmente importante si è rivelata la scelta del sensore. Per questo scopo è stata impiegata una camera CCD commerciale ST-7XME, prodotta dall'azienda californiana SBIG, con un sensore KAF-0402ME front illuminated monocromatico, senza antiblooming e con microlenti, per una QE di picco pari a 0.85, e− , contatore analogico-digitale da 16 bit, 2.3e− /ADU e rumore di lettura di 15e− . Duran- una FWC di 115000 guadagno di te le riprese il CCD ha lavorato a una temperatura controllata elettronicamente di (−10 ± 0.1)◦ C . Il campionamento spaziale utilizzato, tenendo presenti le dimensioni dei pixel di 9µm, è stato pari a 1.5500 /pixel, con un 0 0 conseguente campo di vista di 19 X13 . La camera CCD è dotata 6.1. STRUMENTAZIONE 51 Figura 6.1: Banda passante del ltro Schott RG695, passabanda utilizzato per le osservazioni fotometriche. di un secondo sensore dedicato alla guida delle esposizioni, con pixel dalle dimensioni di 7.4µm. Per attenuare i problemi introdotti dall'estinzione atmosferica, dal seeing e dall'inquinamento luminoso è stato impiegato un ltro Schott RG695, un passabanda a partire da 695 nm, la cui trasmissione è riportata in gura 6.1. Le osservazioni sono state eettuate dalla periferia di una città, quindi in condizioni di cielo non ideali, a un'altezza di 200 metri sul livello del mare. I risultati della campagna fotometrica, che verranno presentati tra due capitoli, hanno identicato meglio quale tipo di strumentazione sia più adatta per questi scopi. Contrariamente a quanto si possa pensare, la qualità del telescopio non è un fatto determinante. Un newtoniano da 20-25 centimetri, senza correttore di coma, dal costo di poche centinaia di euro, si mostra perfetto CAPITOLO 6. 52 TECNICA DI RIPRESA allo scopo. Al contrario, invece, i rifrattori apocromatici non sono adatti perché di apertura limitata, quindi troppo sensibili alla scintillazione atmosferica. Anche il CCD non è necessario che sia formato da un numero elevato di pixel. Sono da preferire, invece, un'elevata full well capacity, la stabilità e la qualità del sensore. Molto importante, anche per quanto testato da Castellano, è un controllo elettronico della temperatura e la presenza o meno di un sistema di antiblooming. Questo limita di molto il range lineare del sensore, costringendo a lavorare con luminosità di picco della stella inferiori a 10000 ADU. Queste richieste vanno in un certo senso contro la tendenza del mercato e le esigenze degli astrofotogra più esperti, che invece preferiscono un sensore formato da molti pixel rispetto alla sua qualità. Nella fotometria dierenziale degli esopianeti e in generale per ogni scopo di ricerca fotometrico, astrometrico e di survey, molti di quelli che si reputano i punti di forza di un sensore nel campo della fotograa estetica rappresentano spesso delle limitazioni. Sotto un certo punto di vista, però, visto l'andamento dell'oerta commerciale, si assiste al paradosso che i sensori adatti alla ricerca, quindi con una qualità superiore, possono avere costi decisamente inferiori delle camere utilizzate per la fotograa estetica. Un esempio è dato proprio dalla camera di ripresa utilizzata per le sessioni fotometriche che verranno presentate nel testo. Nonostante un sensore e un'elettronica di elevata qualità e la presenza di un secondo sensore di guida, il costo di una ST-7XME è equiparabile a quello di una reex di medio livello e scende a una reex entry level se ci si indirizza nel mercato dell'usato o al modello precedente dotato di porta seriale. Un tale acquisto, per qualsiasi scopo di ricerca, andrebbe senz'altro considerato come uno dei migliori investimenti che si potrebbero fare. Detto questo appare evidente, anche considerando le richieste del telescopio, che la strumentazione ideale per rilevare esopianeti in transito (e per quasi tutti gli altri progetti di ricerca) sia 6.1. STRUMENTAZIONE 53 decisamente meno complessa e costosa di quella richiesta per la fotograa astronomica del profondo cielo, e può essere riassunta in: • Telescopio da almeno 13 centimetri, con rapporto focale non superiore a f7. La congurazione ottica non è determinante, ma in generale sono meglio i riettori newtoniani perché più luminosi. Chi utilizza gli Schmidt-Cassegrain può trovare utile un riduttore per portare il rapporto a f6.3 o addirittura f3.3 per strumenti oltre i 28-30 centimetri; • Camera CCD monocromatica, con controllo elettronico della temperatura, preferibilmente senza sistema di antiblooming, una precauzione buona per le riprese estetiche ma che tra le altre cose riduce la sensibilità del sensore di un buon 30%. Sono consigliate, per la comodità e la stabilità, ca- mere CCD con doppio sensore, ma non sono indispensabili. Castellano e Laughlin hanno rilevato transiti planetari con una camera dotata di porta antiblooming, ma la precisione raggiunta è di solito inferiore rispetto all'uso di una stessa CCD senza antiblooming; • Esclusivamente una montatura equatoriale, con porta autoguida e abbastanza robusta per lo scopo. Il miglior compromesso è dato da una montatura EQ6, la stessa utilizzata per le sessioni fotometriche presentate nel testo. Dalla mia personale esperienza, questo supporto è adatto no a tubi Newton di 1.2 metri di focale o Schmidt-Cassegrain no a 28 centimetri di apertura (se usati con un riduttore di focale); • Non è necessario avere un cielo estremamente scuro, ma di certo riprendere dal centro di una città non è consigliabile, quindi un cielo mediamente scuro è necessario (magnitudine limite allo zenit almeno 5); CAPITOLO 6. 54 • TECNICA DI RIPRESA Un ltro che restringe la banda passante è sempre utile per migliorare la precisione. Un ltro passa infrarosso è vantaggioso per strumenti di 20-25 centimetri. Per diametri inferiori, o stelle più deboli della magnitudine 12, si può usare un rosso che sia trasparente anche all'infrarosso; • Per lavori che abbiano utilità scientica, è necessario che il computer portatile con cui si acquisiranno le immagini fotometriche abbia l'orologio sincronizzato con la precisione di almeno un secondo. Sul web ci sono molti programmi gratuiti da scaricare adatti allo scopo. E' meglio sincronizzare l'orologio almeno un paio d'ore prima dell'inizio della sessione fotometrica. Come si può vedere, l'unico limite stringente sulla strumentazione riguarda la camera di ripresa. In eetti, con la notevole diusione delle reex digitali sembra un peccato non poterle usare per questi scopi. In realtà qualche appassionato è riuscito a mostrare il transito degli esopianeti più grandi, come WASP-11 b, addirittura con una Canon 350D e uno Schmidt-Cassegrain da 20 centimetri, quindi consiglio a tutti di non farsi troppi problemi e di provare comunque. E' in ogni caso sempre molto importante restringere la banda risultante ed eettuare un test di linearità, molto semplice da fare anche in casa con una comune lampadina, senza necessariamente collegare la fotocamera o la camera CCD al telescopio. Nel prossimo paragrafo si vedranno i passi necessari per eettuarlo. 6.2 Test di linearità del sensore Per comprendere se la mia camera CCD fosse in grado di rilevare le modeste dierenze di magnitudine attese durante il transito e quali fossero gli ottimali livelli di luminosità per avere il miglior SNR sulla singola esposizione, il sensore è stato sottosposto a un test di linearità. Questo è molto importante per 6.2. TEST DI LINEARITÀ DEL SENSORE 55 comprendere qual è il range (o intervallo) di linearità del sensore che si sta utilizzando. Cosa signica? Il più grande pregio di un sensore digitale, se usato per applicazioni scientiche, è la sua risposta lineare. In altre parole, l'intensità misurata di una stella qualsiasi deve essere proporzionale all'aumento eettivo del segnale. Se, ad esempio, un certo astro su un'immagine ha una luminosità media pari a 10000 ADU con un determinato tempo di esposizione, ci si aspetta che raddoppiando l'esposizione la luminosità raddoppi, ovvero che ci sia una relazione lineare tra l'incremento del segnale eettivamente raccolto e quello teorico. Tutti i sensori utilizzati dai professionisti hanno un perfetto comportamento lineare, mentre per quanto riguarda l'oerta commerciale, come già visto, le cose non sono così scontate. L'impedimento più grande a una risposta lineare del sensore è introdotto dalla presenza della porta antiblooming (ABG), necessaria quando si vogliono usare i sensori per fotograe estetiche, per questo così diusa, ma dannosa per qualsiasi misurazione fotometrica si voglia fare sulle immagini acquisite. Il problema è semplice quanto importante: se le variazioni di luminosità che misura il sensore non corrispondono alle eettive variazioni di luminosità delle stelle, non solo diventa impossibile estrarre le osservabili dal transito ma si rischia addirittura di non riuscire a riprenderlo aatto. Qualsiasi sia il sensore utilizzato, soprattutto se dotato di porta antiblooming o, peggio, quello di una reex digitale, è fondamentale fare quindi un rapido test per comprendere quali sono i livelli di luminosità entro i quali si ha il comportamento lineare tra segnale incidente e segnale raccolto, necessario per questi scopi. Il test di linearità, per quanto riguarda il sensore usato per la campagna osservativa che verrà poi presentata nel capitolo 8 e che viene presa ad esempio nel libro, è stato eseguito nel seguente modo. Intanto è stato utilizzato il ltro infrarosso impiegato nelle riprese fotometriche per replicare le condizioni fotometriche; poi si è utilizzata una fonte di luce locale costituita da una lampada 56 CAPITOLO 6. TECNICA DI RIPRESA a uorescenza e il programma Maxim DL, sia per le riprese che per l'estrapolazione dei dati. Sono state scelte esposizioni comprese tra 1 e 15 secondi, con intervalli di un secondo. Per ogni step di esposizione sono state raccolte 10 immagini di luce e 4 dark frame. Tutte le immagini di ogni gruppo sono state calibrate con il relativo master dark frame, quindi sono state mediate per costruire il master light frame per ogni intervallo di esposizione. In questo modo si sono minimizzati i disturbi introdotti dal rumore di lettura e dal rumore di Poisson, che avrebbero potuto condizionare la misura della linearità. Per ogni master light frame è stato misurato il valore medio della luminosità in una stessa area di dimensioni 46X41 pixel. La misura della luminosità dell'area è avvenuta selezionando nella nestra Information la modalità Area e tracciando con il mouse su ogni immagine fotometrica l'area delle dimensioni descritte, sempre nella stessa posizione e leggendo, ancora nella nestra Information, l'intensità luminosa media (gura 6.2). Utilizzando un foglio di calcolo si sono create tre colonne: la prima per il tempo di esposizione, la seconda contenente la luminosità media misurata nell'area per ogni master light frame, la terza contenente l'errore associato, anche questo letto nell'Information Window di Maxim DL e identicato dalla voce Std Dev (ma gracare l'errore non è strettamente necessario per lo scopo). Si è poi costruito un graco con in ascissa il tempo di esposizione e in ordinata i relativi livelli di intensità. I risultati sono riportati nella gura 6.3. I punti rappresentano i dati sperimentali, la linea nera l'andamento lineare perfetto che ci si aspetterebbe dall'interpolazione dei punti, mentre la linea blu il t dei dati con una curva cubica. E' evidente la linearità del sensore no al valore limite di 40000 ADU, oltre il quale i dati sperimentali iniziano a divergere dall'andamento previsto. E' quindi chiaro che il sensore in oggetto deve lavorare con livelli di luminosità entro 40000 ADU sulla stella che si vuole studiare, altrimenti verrà compromessa la precisione fotometrica e la qualità dei dati. 6.2. TEST DI LINEARITÀ DEL SENSORE Figura 6.2: 57 Area di misurazione dell'intensità delle immagini utilizzate per il test di linearità del sensore in Maxim DL. In linea generale, dalla mia esperienza e dai lavori di altri appassionati, ho notato che l'intervallo di linearità del sensore viene mantenuto per le camere senza antiblooming no al 60-70% della luminosità massima consentita, mentre i sensori dotati di porta antiblooming e in particolare quelli a colori delle reex, possono avere un comportamento non regolare che dipende criticamente anche dalla sensibilità di ripresa, che dovrebbe essere impostata a 1600 ISO. In questi casi attenzione a superare i 10000 ADU, se si lavora con immagini a 16 bit, perché è probabile che si sia già fuori dall'intervallo di linearità. CAPITOLO 6. 58 TECNICA DI RIPRESA Figura 6.3: Test di linearità per la camera CCD SBIG ST-7XME dotata del sensore KAF-0402ME utilizzata per le riprese dei transiti planetari. Il comportamento lineare viene mantenuto no a un livello di luminosità pari a 40000 ADU. 6.3 Accorgimenti in fase di ripresa Per massimizzare la precisione raggiungibile, oltre a prendere in considerazione l'analisi delle fonti di rumore, in particolare quello casuale che determina in prima approssimazione i tempi di esposizione e porta a selezionare stelle a declinazioni superiori a ∼ 30◦ , è fondamentale che l'apparato di ripresa presenti la massima stabilità durante tutta la sessione fotometrica per cancellare o rendere minimi alcuni tra gli errori sistematici associati alla strumentazione e analizzati nel paragrafo 5.2. Uno dei principali vantaggi della fotometria dierenziale è che si possono trascurare le imperfezioni dello strumento di ripresa e 6.3. ACCORGIMENTI IN FASE DI RIPRESA 59 l'eventuale presenza di aberrazioni che alterano la forma e la distribuzione della luce della PSF stellare. E' però fondamentale che la congurazione, soprattutto se sore di aberrazioni, non subisca cambiamenti nell'arco della sessione fotometrica. Questo accorgimento è vero anche per quanto riguarda la camera CCD, che essendo prodotta in serie e con standard non certo professionali possiede degli inestetismi che possono compromettere la precisione fotometrica. In particolare, Castellano e Laughlin [13] hanno dimostrato che traslazioni del campo inquadrato producono dati fotometrici di qualità insuciente per gli scopi preposti. Di seguito, quindi, sono presentati i punti su cui si è posta l'attenzione in fase di ripresa e che dovrebbero essere rispettati da chiunque voglia ottenere il massimo dalla propria strumentazione: • Lo stazionamento della montatura equatoriale (da non confondere con l'allineamento del GOTO, che è un'altra cosa) è stato curato nei minimi dettagli per evitare che nell'arco della sessione fotometrica si vericasse una rotazione di campo. Questo obiettivo è stato raggiunto in tutte le sessioni, con una rotazione massima nell'arco di quattro ore dell'ordine di • 200 ; Il sistema di autoguida è stato calibrato in modo preciso con l'obiettivo di evitare lo spostamento, durante tutta la sessione osservativa, del campo inquadrato, quindi eliminare il pericoloso eetto della diversa sensibilità dei pixel del CCD. Anche questo obiettivo è stato raggiunto. L'errore medio di guida durante le riprese è stato dell'ordine di 0.20 pixel; • Le immagini fotometriche, a parte per la prima sessione del 26 Luglio 2007, sono state leggermente sfocate in modo da avere una FWHM compresa tra 3.5 e 7 pixel. Come accennato nel paragrafo 5.2, in presenza di campi non aollati sfocare le immagini consente di ridurre la luminosità specica della stella e incrementare il tempo di esposizione, CAPITOLO 6. 60 TECNICA DI RIPRESA senza saturare i pixel, per soddisfare la richiesta della relazione 5.3 di almeno 105 e− e rendere minima l'incertezza causata dalla scintillazione atmosferica, che pone un limite inferiore all'esposizione di (> 10 ∼ 70s. Un elevato defocus pixel) può tuttavia causare errori nell'algoritmo di analisi del centroide stellare per il controllo automatico della guida e rendere dominante il rumore di lettura dei sensori economici, come dimostrato da Castellano [14]. La tecnica di defocusing appena descritta è ormai prassi abituale per ogni studio fotometrico ad alta precisione. La sua ecacia è stata più volte confermata nella ripresa dei transiti esoplanetari, come testimoniano i lavori di Southworth et al. [47] e soprattutto di Mann et al. [32]. Per chi è abituato alla fotograa astronomica questo punto potrebbe sembrare quasi un assurdo; in realtà è un passaggio perfettamente logico perché in fotometria si devono solo raccogliere e conteggiare nel modo migliore i fotoni e non è richiesto che rispecchino standard estetici completamente soggettivi; • La quantità di defocus e i tempi di esposizione delle singole riprese sono stati regolati anche in modo da non superare, nell'arco di tutta la sessione fotometrica, conteggi di picco sulla stella pari a 4 · 104 ADU , in accordo con il responso del test di linearità della gura 6.3 e considerando il contributo variabile nel tempo dell'estinzione atmosferica. Il graco che rappresenta il test di linearità del proprio sensore deve quindi essere sempre ben impresso nella mente perché determina il limite superiore alla luminosità della stella che si sta studiando. 6.4. FRAME DI CALIBRAZIONE 61 6.4 Frame di calibrazione L'acquisizione di corretti frame di calibrazione è fondamentale per non aggiungere rumore alle riprese fotometriche. Gli inevitabili raggi cosmici raccolti dai dark frame e il rumore di Poisson introdotto dall'acquisizione dei at eld possono compromettere la precisione fotometrica delle immagini. Per la mia campagna fotometrica ho proceduto come segue: • Per ogni sessione fotometrica si sono raccolti 15 dark frame, i quali sono stati poi combinati in fase di riduzione dei dati attraverso l'operazione di mediana, che cancella i raggi cosmici e i dettagli che non si ripetono in tutte le immagini, creando un master dark frame; • I at eld sono stati acquisiti circa 20 minuti dopo il tramonto del Sole puntando il telescopio, coperto da alcuni fogli bianchi, verso lo zenit. Per non introdurre rumore aggiuntivo alle riprese da calibrare, è necessario che il rumore di Poisson associato al at eld sia inferiore a 0.001 magnitudini per ogni pixel. limite inferiore di La relazione 5.3 fornisce quindi un 106 e− /pixel. Considerando l'estremo su- periore alla linearità del sensore (gura 6.3), pari a ∼ 105 e− , un at eld della precisione richiesta deve essere costituito dalla media di N > 10 immagini. Tenendo presente un certo margine rispetto al limite superiore del range lineare del CCD nella luminosità di picco dei at eld, si è scelto di mediare tra le 40 e le 60 singole immagini, ognuna delle quali è stata calibrata con il relativo master dark frame formato dalla mediana di almeno 15 scatti. Il miglioramento nella qualità dei at eld è ben evidente nella gura 6.4; • Poiché i dark frame sono stati eettuati alla stessa temperatura delle immagini e con il medesimo tempo di esposizione, non si è rivelata necessaria l'acquisizione dei bias frame, che avrebbero prodotto una sovracorrezione. 62 CAPITOLO 6. TECNICA DI RIPRESA Figura 6.4: La fondamentale importanza di creare un ottimo master at eld composto dalla media di almeno 10-15 singole immagini, ognuna corretta con il relativo master dark frame, è evidente in questa immagine, nella quale una singola ripresa di at eld non calibrata è aancata dalla media di 60 scatti di at eld ognuno calibrato con master dark frame. La diminuzione del rumore è ben evidente anche visualmente. Non è necessario seguire rigorosamente quando fatto da me, in particolare per il metodo di acquisizione dei at eld, su cui si ritornerà anche in seguito. L'importante è comprendere che non si può fare questo tipo di ricerca senza padroneggiare bene la tecnica di calibrazione delle immagini digitali, e che per quanto possa essere bella e precisa la camera CCD che viene utilizzata, dark frame e at eld saranno sempre indispensabili. 6.5 Target ideali I candidati ideali per testare la precisione nella rilevazione dei transiti esoplanetari con la tecnica e il setup descritti devono soddisfare le richieste di precisione delle misurazioni, elevata altezza sull'orizzonte durante tutta la sessione fotometrica, quindi una durata del transito massima di ∼ 4h. Il campo di ripresa non deve essere talmente aollato da contaminare le aperture fotome-