Brevi note sul primo teatro cittadino “… lo Nuovo Treato de la regia cetà d’Aversa” Nella tornata del Consiglio comunale di Aversa del 21 maggio 1862, il sindaco dell’epoca, Gaetano Parente, dando seguito ad una proposta già sinteticamente illustrata nella illustrata nella precedente seduta del mese di aprile circa la costruzione di un teatro per arricchire l’offerta dei servizi alla cittadinanza dopo la recente Unità d’Italia, nell’evidenziare come le vicine e nobili città di Santa Maria Capua Vetere, Capua e Caserta ne avessero già da tempo uno concludeva il suo intervento affermando con una malcelata punta di sana invidia, che «è meglio che l’abbia anche la nostra città». Il buon sindaco ignorava, evidentemente, come tuttora lo ignorano la maggior parte degli aversani, che la città, in passato, fin dagli inizi del Settecento, era già stata sede di un teatro, il cosiddetto Teatro Nuovo. La mancata conoscenza di questo impianto da parte del Parente, eccelso amministratore ma anche fine storico locale, autore di un’ancora consultatissima storia di Aversa, ci sorprende non poco dal momento che il teatro in oggetto era probabilmente quello stesso registrato nei G. Bonito, Mascherata, Napoli, Museo di Capodimonte due censimenti delle sedi teatrali italiane promossi dal Ministero dell’Interno nel 1865 e nel 1868 di proprietà di tale Antonio De Marinis. L’esistenza del Teatro Nuovo è documentata la prima volta da un rarissimo libretto della commedia dialettale napoletana Lo Petracchio scremmetore edito a Venezia nel 1711, il cui unico esemplare a tutt’oggi noto si conserva presso la Biblioteca Universitaria di Bologna con la signatura Aula V Tab. I F.III vol. 45.3. Nel sottotitolo leggiamo, infatti Commedia d’Antonio Capis che s’hà da fare ne lo Nuovo Treato de la regia cetà d’Aversa nchist’anno 1711. Posta’n museca da lo segnore Francisco Scarlato. Dedicata a S. Fabrizio De Silva. Le scarni fonti storiche dell’epoca non ci illuminano purtroppo circa l’ubicazione di questa sala che ipotizziamo dovesse essere abbastanza grande e atta ad accogliere i sovrani, dal momento che essi erano abbastanza soliti spostarsi ad Aversa. In ogni caso dovette essere un teatro di prestigio. Il maestro Scarlato Francisco che musicò la commedia in questione era, infatti, Francesco Antonio Nicola Scarlatti (Palermo 1666 - Dublino 1741 ca.), fratello minore del celebre Alessandro e zio dell'altrettanto famoso Domenico, il quale benché visse sempre all’ombra dei parenti più noti, fu un abile musicista e ricevette parecchie nomine tra cui quella di maestro di cappella a Palermo. Secondo alcuni musicologi a musicare tutte o alcune delle quindici arie non dialettali della commedia (quelle cantate dai protagonisti romani, Claudia e Silvio) concorse lo stesso Alessandro. Di certo due arie risultano trasportate di peso dagli Inganni Felici di quest’ultimo:una è l’aria Bramo pace e non m’ascolta di Alceste (atto III, scena 1) messa in bocca a Claudia con qualche variante nel Petracchio (atto III, scena 8); l’altra è un duetto tra Armidoro e Agarista (atto II, scena 2) mantenuto integralmente da Silvio. Relativamente a questa commedia un’altra annotazione interessante riguarda il debutto in palcoscenico, nelle vesti dell’anziana Popa, del tenore Simone de Falco il più grande attore – cantante dell’opera buffa napoletana del Settecento, beniamino incontrastato del pubblico del Teatro dei Fiorentini di Napoli, specializzato in ruoli di «vecchia trammèra» (donna furba e ingannatrice). Ad Aversa la commedia buffa dovette godere una buona fortuna se è vero che più tardi, nel 1732, un altro libretto registra l’esecuzione della commedia, musicata da un non meglio conosciuto Peppe Ventura e dedicata al Governatore della città, il conte Francesco Antonio Volturale, Prizeta correvata. Commedja acconciata e fenuta da Pietro Trinchera. Da rappresentarese a lo Teatro nuovo de la Cetà d’Aversa. Addeddecata a lo illustrissimo segnore lo segnore Conte D. Franciesco Antonio Volturale, Patrizio Reggetano, Covernatore de la stessa Cetà d’Averza, e tenemiente suoje, (Napoli, Società di Storia Patria, Fondo Bartolommeo Capasso). Del resto non va dimenticato che Aversa, alla pari di tutti o quasi tutti i paesi della zona circostante rappresenta, sul piano storico, la continuazione dell’antica città di Atella, patria delle famose fabulae satiriche. Un terzo ed ultimo libretto noto relativo alla rappresentazione dell’opera L’inganno amoroso, musicata da Pietro Gugliemi (Roma, Biblioteca Angelica), documenta che il teatro era ancora attivo nel 1789. Dopo di che le fonti storiche tacciono. Riguardo il tentativo di Parente sappiamo, invece, ahimè, come andarono a finire le cose. Bisogna aspettare il 1889 perché Aversa, patria di Jommelli, Cimarosa e Andreozzi, riabbia con un primo rudimentale teatro in legno, il Cimarosa (riedificato poi, nel 1924, in tufo e cemento), il suo teatro. Franco Pezzella