L`Erba Madre, una pianta dalle molteplici virtù

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L’Erba Madre,
una pianta
dalle molteplici virtù
Si tratta del Partenio, pianta medicinale
nota sin dall’antichità e recentemente rivalorizzata
anche dalla scienza che ne sta indagando
le proprietà farmacologiche.
Alberta Boato
Nelle valli della Lessinia orientale le donne sono custodi di una tradizione antichissima e tramandata soprattutto oralmente: la raccolta, la cura e l’uso dell’Erba
Madre (Tanacetum parthenium), ingrediente fondamentale di squisiti dolci casalinghi e anche rimedio naturale per la profilassi dell’emicrania e per l’artrite.
Un delizioso aroma alla portata di tutti
Il momento migliore per cogliere l’Erba Madre e di
preparare i tortèi (frittelle), la fogàsa (torta) o altri piatti dolci e salati è l’inizio della primavera, quando le
piantine germogliano e le foglioline basali, di uno
splendido colore verde smeraldo, sprigionano tutto il
loro aroma. Un profumo amarognolo e inconfondibile, amato da tutti e capace di evocare il tempo perduto dell’infanzia e le merende casalinghe preparate
dalle mamme o dalle nonne.
Solo nelle valli che scendono dai monti Lessini L’Erba Madre si trova ancora allo stato selvatico,
spesso nei pressi di orti e giardini dove è benvolu-
ta e accudita, e cresce con facilità disseminandosi
spontaneamente.
I ricordi e le testimonianze raccolti lasciano capire come l’Erba Madre offrisse in tempi meno agiati
un’occasione per improvvisare un dolce casalingo con
il poco che c’era a disposizione anche nelle famiglie
più povere. In case dove mancava l’acqua corrente e
si cucinava sul camino, quando venivano i parenti in
visita dalla città, le mamme dicevano alle figlie «Vai,
corri su nel prato a prendere l’Erba Madre!».
La ricetta per le frittelle o la torta era approssimativa e ogni volta adattata a quello che si poteva
racimolare in casa; se le uova erano abbondanti se ne
mettevano tre o anche quattro, altrimenti se ne faceva bastare uno, la farina poteva essere bianca o gialla,
il condimento olio, burro, strutto, l’impasto allungato
con acqua o latte, la lievitazione con bicarbonato o
lievito di birra, lo zucchero spesso si usava con parsimonia mettendolo solo sopra.
Presso una famiglia la torta con l’Erba Madre si faceva tradizionalmente il primo maggio, per festeggiare
la primavera.Alcune dicono che si offriva alle fanciulle
per festeggiare il menarca, e alle puerpere per ristorarsi
dopo le fatiche del parto. Una testimone racconta che
a quindici anni, in partenza per andare a servizio presso una famiglia di Milano, aveva ricevuto dalla madre, come dono d’addio e piccola provvista per il viaggio, un fagottino di frittelle con l’Erba Madre.
Molti nomi per una sola pianta
L’Erba Madre usata nell’est veronese, e in particolare
a Tregnago dove sono state raccolte le testimonianze
qui riportate, è senza alcun dubbio Tanacetum parthenium. In questa area geografica pochissime persone
conoscono la pianta con il nome scientifico, o con
quello italiano di partenio. In dialetto il nome diventa Erba mare, e a volte, pronunciato stretto, ErbaLa Lessinia - Ieri oggi domani
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Illustrazione di Giorgio Liberale da Udine tratta da De Materia
Medica, 1554, di P. A. Mattioli in cui il Partenio (Tanacetum parthenium L.) e il Tanaceto (Tanacetum vulgare L.) sono affiancati
anche per evidenziarne le differenze (Arch. P. Milli).
mare o Erbamara. Nelle vicine, e confinanti, vallate
vicentine, si usa invece il diminutivo Erba maresina
o Maresina. Spostandosi verso il lago di Garda e la
Valpolicella, frittelle e simili preparazioni vengono
realizzate con un’erba amara chiamata Daniél, che
potrebbe essere ancora partenio oppure una specie
affine, la balsamita, oppure ancora una Artemisia. Nel
mantovano infatti, per esempio a Castel Goffredo, si
usa fare una “torta con l’erba amara”, ma la specie
utilizzata è Tanacetum balsamita L.
Il nome specifico attualmente accettato, parthenium, deriva dal greco pàrthenos, fanciulla, vergine ed è
stato proposto da Linneo nel 1753. Linneo attribuì il
partenio al genere Matricaria, lo stesso a cui appartiene
la camomilla, derivandone il nome dal latino matrix,
matricis, che significa utero, e fa riferimento al potere
calmante della pianta nei disturbi mestruali e dopo il
parto. Successivamente il partenio venne assegnato al
genere Tanacetum, il cui nome, derivato dal termine
medioevale tanazita (immortale) sta a forse a indicare
la lunga durata dell’infiorescenza di questa pianta.
Altri nomi generici usati per il partenio, Chrysanthemum e Leucanthemum, significano rispettivamente
fiore d’oro e fiore bianco.
Una pianta medicinale dal sapore sgradevole
La foglia della rosetta basale di Erba Madre in una fotografia
realizzata da Karl Blossfeldt nei primi del ’900 che ne evidenzia
molto chiaramente la forma pennato-bipennata (Arch. P. Milli).
186 Tradizioni e memoria popolare
Il partenio è una pianta originaria della penisola Balcanica, Anatolia e Caucaso. È una pianta officinale
nota già nei trattati antichi, come quelli di Galeno e
Dioscoride, che la raccomandano come antipiretico
e antiinfiammatorio.
Nei Discorsi del Mattioli (1573) si dice che «giova à
gli impedimenti del respirare, e similmente à i malinconici. Dassi a bere l’herba senza i fiori à coloro, che
patiscono il mal di pietra, e à gli stretti di petto. Vale,
sedendo le donne nella loro decottione, alle durezze, e infiammagioni della madrice». Mattioli dichiara
«Nasce il Parthenio per tutta Italia negli horti», e non
manca di evidenziarne lo «spiacevole odore». Specifica inoltre che «non ha in sé quella tanta amaritudine
che ha la Matricaria», ma «ha un sapore acutissimo,
di forte che ulcera la carne». Con queste premesse,
non c’è da aspettarsi che venga consigliata in cucina,
e infatti non si fa cenno a eventuali usi alimentari
nelle varie edizioni del suo trattato. Anche Targioni
Tozzetti (1847), che ne riporta l’uso in medicina popolare come antielmintico, antisterico, febrifugo ed
emmenagogo, descrive l’odore come «penetrante e
alquanto nauseante».
Un uso alimentare
geograficamente molto limitato
Solo nella seconda metà del ’900 è possibile trovare segnalazioni dell’uso alimentare di Tanacetum parthenium nei numerosi scritti di Fernando Zampiva,
giornalista, scrittore, conoscitore della natura e delle
piante, erborista diplomato, appassionato cultore degli
usi e delle tradizioni del paese nativo, Arzignano in Val
di Chiampo, in provincia di Vicenza. Zampiva, attivo
tra gli anni ’60 e ’90, cita la pianta chiamandola col
nome vicentino di Maresina, da lui tradotto in italiano
come Amarella, lo stesso termine che usa il Mattioli,
e afferma «grazie al sapore gradevolmente amaro serve per aromatizzare frittate e altri manicaretti. Sono
sufficienti due o tre foglie sminuzzate per insaporire
abbondantemente qualsiasi vivanda. Ancora molto radicata è l’abitudine di impiegarla anche nella preparazione di particolari dolci caserecci» (Zampiva, 1999).
L’uso alimentare di Tanacetum parthenium diviene
noto in lingua inglese attraverso la traduzione di un
manuale italiano (Chiej, 1984), il cui autore riprende la segnalazione di Zampiva, ed è citato da Hobbs
(1991) in un articolo divulgativo sulla storia degli usi
medicinali del partenio, e infine in una recente ras-
Piantina di partenio prima della fioritura (Foto P. Milli).
L’Erba Madre selvatica in Lessinia (Foto P. Milli).
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SCHEDA BOTANICA
Famiglia: Asteracee
Tanacetum parthenium (L.) Sch. Bip.
(nome scientifico attuale).
Basionimo: Matricaria parthenium L. - Sp. Pl.: 890 (1753).
Altri sinonimi:
Chrysanthemum parthenium (L.) Bernh.
Leucanthemum parthenium (L.) Gren. & Godr.
Pyrethrum parthenium (L.) Sm.
Nomi comuni:
erba madre, erba amara vera, amareggiola, matricale,
danièl, maresina, amarella, partenio
BREVE DESCRIZIONE
Pianta erbacea perenne, forma cespi vigorosi alti fino
a 30-40 cm. Le foglie della rosetta basale sono di un
bel colore verde brillante, caratteristicamente pennato-bipennate, ed emanano se leggermente strofinate un aroma amarognolo molto riconoscibile.
I fusti fiorali portano foglie più piccole e alternate. I
fiori, riuniti in corimbi terminali, sono delle piccole margherite, con un giro esterno semplice di ligule
bianche corte e caratteristicamente non parallele e
bottone giallo depresso al centro. Fiorisce da maggio
a settembre.
PER NON CONFONDERSI
La Camomilla, Matricaria chamomilla L., ha le foglie basali molto più sottili.
La Balsamita‚ Tanacetum balsamita L., ha le foglie intere
e i fiori tutti gialli.
L’Artemisia, Artemisia vulgaris L., ha le foglie basali più
grige e pelose.
Tutte queste piante, tuttavia, hanno un aroma completamente diverso e molto più amaro.
188 Tradizioni e memoria popolare
segna sulle piante alimurgiche italiane di Guarrera e
Savo (2013). Hobbs (1991) addirittura ironizza sulle
strane abitudini degli italiani, estimatori del sapore
amaro… «Apparently the Italians are more fond of the
bitter experience than the English, for one reads constantly
of the trials and tribulations of having to eat the fresh leaves every day (as a remedy for migraine), and of the many
ploys to mask its unpleasant flavor».
La panacea di tutti i mali…
Nella medicina popolare infusi e decotti di foglie
fresche o secche erano usati, soprattutto prima della
scoperta delle virtù dell’acido acetilsalicilico, come
terapia sintomatica delle malattie infiammatorie e
della febbre. Il nome popolare inglese feverfew (poca
febbre) richiama esplicitamente questi usi. Inoltre,
era consigliata per il mal di testa, i dolori articolari, i dolori mestruali, la depressione e anche come
vermifugo. È stata anche usata come come antisettico per ferite e contusioni. Simili consigli, presenti in
tutti i trattati di erboristeria dal 1500 in poi, vengono
riportati anche per i dintorni di Verona dal lago di
Garda al Baldo, ai Lessini orientali (Zampiva, 1981;
Vedovelli, 1988).
Nella fitoterapia moderna l’uso di Tanacetum parthenium risale agli anni ’80, in cui sono state avviate
numerose sperimentazioni a base di capsule o varie
tipologie di estratti, con risultati controversi ma nel
complesso soddisfacenti (Pittler, Ernst, 2004). Attualmente l’efficacia delle preparazioni a base di erba
secca per la profilassi dell’emicrania è ancora discussa,
ma il successo commerciale è comunque notevole,
soprattutto negli Stati Uniti (Della Loggia, 2011), e
si sta estendendo anche alla cura dell’artrite.
In una recente e accurata revisione sistematica
(Pareek et alii, 2011) si conclude che non sono conosciuti reazioni avverse o effetti indesiderati degni
di attenzione: a titolo precauzionale, la pianta non è
consigliata in gravidanza a causa dell’effetto emmenagogo, e va usata con cautela se in terapia anticoagulante. Esiste inoltre, e non va trascurata, la possibilità di dermatite da contatto e di simili reazioni
allergiche, in particolare nei soggetti sensibili alla famiglia delle Asteracee.
I benefici, invece, potrebbero essere molti, associati alla presenza di più principi attivi, dei quali il partenolide, un lattone sesquiterpenico, è ritenuto il più
importante e il più promettente ai fini farmacologici.
Per questo composto, infatti, sono state dimostrate
una efficace azione antiinfiammatoria, un effetto antitrombotico, e una interessante attività antitumorale.
In conclusione, quindi, il partenio come medicinale è da rivalutare, può essere considerato una pianta sicura e potrebbe assumere un ruolo ancora più
significativo in un prossimo futuro.
Nell’orto e in cucina
In Lessinia e nelle vallate limitrofe le foglie fresche di
Erba Madre si usano oggi esclusivamente per aromatizzare frittate o dolci casalinghi tradizionali. L’Erba
Madre viene coltivata negli orti, dove può vivere per
molti anni e riprodursi spontaneamente da radice
o da seme, spesso disseminando anche nei dintorni
dove si può trovare selvatica fin verso i mille metri
di altitudine.
La preferenza per l’habitat ruderale viene efficacemente descritta nella zona dicendo che la pianta non
si allontana mai molto dalle case perché «ha bisogno
di vedere le persone e sentire le voci».
La pianta va tenuta in mezza ombra e al fresco, e
innaffiata in modo non eccessivo. Le foglie utilizzate per le diverse preparazioni vengono raccolte dalla
rosetta basale quando raggiungono le dimensioni di
alcuni centimetri, e la stagione ideale è la primavera,
LA FOGÀSA CON L’ERBA MADRE
Ingredienti: 2 cucchiai zucchero, 3 uova intere, 1 bicchiere
di olio d’oliva (poco saporito), scorza grattugiata di un
limone, 250 gr farina bianca, 1 yogurt bianco o alla vaniglia, 1 bustina di lievito per dolci, un pizzico di sale, foglie
tritate di Erba Madre (50-100 gr, corrispondenti a 1 o 2
tazze), zucchero a velo per decorare.
Preparazione: unire in una terrina tutti gli ingredienti, aggiungendo un po’ di latte se l’impasto risultasse troppo
denso. Versare in una teglia oliata e infarinata. Cuocere in
forno preriscaldato a 150-180° oppure nella teglia per
ciambelle sul fornello. Servire la fogàsa spolverata di zucchero a velo.
I TORTÈI CON L'ERBA MADRE
Ingredienti: 150 gr zucchero, 3 uova intere, 1 bicchiere di
latte, scorza grattugiata di limone, 400 gr farina bianca, 1
bustina di lievito per dolci, foglie tritate di Erba Madre
(50 gr circa, corrispondenti a 1 tazza), un pizzico di sale,
zucchero a velo per decorare.
Preparazione: unire in una terrina tutti gli ingredienti e
far riposare per mezz’ora. Friggere la pastella versandola
con due cucchiai in abbondante olio bollente. Quando i
tortèi saranno dorati da tutti i lati, asciugarli sulla carta
assorbente e spolverarli di zucchero.
I RISINI ALL'ERBA MADRE
Ingredienti: 1 litro latte, 300 gr riso, 200 gr zucchero, 4 o
5 uova, scorza grattuggiata di limone (facoltativa), foglie
tritate di Erba Madre una tazza, un pizzico di sale, pan
grattato, semola o farina di mais (per gli stampini).
Preparazione: cuocere il riso nel latte salato, aggiungendo
lo zucchero a metà cottura. Unire poi i tuorli, l’albume
montato a neve, la scorza di limone e l’erba madre. Cuocere in stampini unti con olio o burro e ricoperti con del
pan grattato o farina di mais o semola (forno a 180°).
Lo stesso composto può essere usato anche su base di
pasta frolla o per frittelle.
Tutte le ricette sono indicative: le donne le fanno a occhio, le
quantità di erba madre e di zucchero dipendono dai gusti
personali, per cui ogni famiglia ha la sua.
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da marzo a giugno. Questa potatura, eseguita con le
forbici, fa sì che la pianta germogli alla base del fusto legnoso producendo altri ciuffetti di foglie, e in
questo modo si possono ottenere più raccolti, anche quattro o cinque a seconda delle dimensioni e
dell’età. Successivamente la pianta, preparandosi alla
fioritura, produce uno o più steli fiorali, che portano
ancora foglie, le quali però sono più coriacee e dall’aroma meno gradevole.
Le foglie appena colte si aggiungono agli impasti
crude e tritate grossolanamente, in quantità variabile
secondo la disponibilità e i gusti. In genere, si considera che per una torta o un piatto di frittelle siano necessarie un centinaio di foglie, equivalenti alla quantità
che può essere contenuta in un pugno o in una tazza.
Le ricette classiche sono riportate in blog e manuali di cucina veronese (Eliodemi, 2011) e vicentina (Capnist, Dolcetta, 2012) mentre alcune originali e nuove sono state raccolte in un fascicolo edito
dal Comune di Valdagno (VI), che dal 2013 organizza una sagra dedicata alla Maresina e un concorso per
la ricetta più originale.
siti consigliati
http://www.vivaighellere.com/vivai/erbearomatiche/tanacetum-parthenium.
html
http://umm.edu/health/medical/altmed/
herb/feverfew
Bibliografia
Capnist G., Dolcetta A.M. (2012) - La
cucina vicentina. Storie e ricette, Orme Lit.,
Roma.
Chiej Gamacchio R. (1984) - The Macdonald Encyclopedia of Medicinal Plants,
Macdonald, Londra.
Della Loggia R. (2011) - Le droghe della
cefalea. Piante Medicinali, 10, pp. 47-49.
Eliodemi M.P. (2011) - Antichi sapori. Storia
e tradizione sulla tavola veronese, Ed. multilingue.
Franchi G.G. (2011) - Alcune osservazioni botaniche a carattere storico, sistematico e farmaceutico sul partenio, Tanacetum parthenium
(L.) Sch. Bip., Asteraceae, attualmente
utilizzato nel trattamento della cefalea, in
“Piante Medicinali”, 10, pp. 43-46.
190 Tradizioni e memoria popolare
Guarrera P.M., Savo V. (2013) - Perceived
health properties of wild and cultivated food
plants in local and popular traditions of Italy:
A review, in “Journal of Ethnopharmacology”, 146, pp. 659-680.
Hobbs C. (1991) - Feverfew — What did
Gerard and Culpeper take for headaches?,
in “Pharmacy in History”, 33, pp. 100102.
Mattioli P.A. (1573) - I discorsi ne i sei libri
della materia medicinale di P. Dioscoride,
Valgrisi, Venezia.
Pareek A., Suthar M., Rathore G.S.,
Bansal V. (2011) - Feverfew (Tanacetum
parthenium L.): A systematic review, in
“Pharmacogn Rev.”, 5, pp. 103-110.
Pittler MH, Ernst E. (2004) - Feverfew for
preventing migraine, in “Cochrane Database Syst. Rev.”, 1, pp. 2286.
Targioni Tozzetti A. (1847) - Corso di botanica medico-farmaceutica e di materia medica, Batelli, Firenze.
Vedovelli G. (1988) - A peste, fame et bello… Testimonianze di medicina popolare sul
Baldo, sul Garda e sui Lessini, in “Centro
Studi per il Territorio Benacense”.
Zampiva F. (1981) - Erbe e piante della Lessinia, Erboristeria Domani, 9, p. 17.
Zampiva F. (1999) - Erbario Veneto. Cultura
usi e tradizioni delle piante e delle erbe più
note, Vicenza.
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