L` “azienda” - 800979000.COM

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LA CESSIONE E L’AFFITTO
D’AZIENDA
Boni Dott. Francesco
Govoni Dott. Andrea
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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INDICE
La cessione d’azienda
- L’azienda
- La cessione di azienda: aspetti civilistici:
-
La forma del contratto
Il divieto di concorrenza
Il subentro del cessionario nei contratti stipulati dal cedente
Il subentro del cessionario nelle posizioni creditorie e debitorie del cedente
- Aspetti tributari della cessione d’azienda:
- Il regime ordinario della tassazione delle plusvalenze realizzate in sede di
cessione d’azienda
- Trasferimento mortis causa e donazione dell’azienda
- Le imposte indirette nell’atto di cessione d’azienda
- Le responsabilità fiscali del cessionario
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Andrea
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L’azienda
Definizione di azienda (art. 2555 c.c.): “il complesso di beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Tale
collegamento funzionale si sostanzia nell’attività “organizzativa”
dell’imprenditore diretta ad attribuire ai beni una determinata
qualità: quella di essere funzionalmente e reciprocamente
collegati in un complesso produttivo unitario.
Il termine “azienda” va inteso in senso ampio, comprensivo cioè
anche di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, ma
comunque universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti
giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio
dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono
l’azienda stessa.
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Suprema Corte : si ha un “ramo di azienda” in quanto sia
identificabile “un complesso di beni che oggettivamente si presenti
quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed
economica, funzionalizzata allo svolgimento di una attività volta
alla produzione di beni e servizi.
Affinché si abbia azienda non è necessario che l’impresa sia in
esercizio, ma è sufficiente che il complesso dei beni organizzati
abbia l’attitudine a realizzare la finalità economica cui
quell’organizzazione tende.
L’azienda sussiste anche se, non sia entrata ancora in funzione
ovvero se, per qualsiasi causa temporanea, la gestione sia
sospesa.
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L’avviamento non è elemento, ma una “qualità” dell’azienda:
attitudine dell’azienda a produrre beni o servizi e, quindi, profitto;
maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente
considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato
dei beni che lo compongono.
L’avviamento costituisce un elemento non essenziale dell’azienda
stessa, rispetto alla quale non può avere una esistenza autonoma,
con la conseguenza che la sua cessione è accompagnata,
necessariamente, dalla cessione dell’azienda.
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Da non confondere con il concetto di avviamento è quello di
“clientela”.
Suprema Corte: l’avviamento e la clientela, pur costituendo
entrambi indici di valore capitale dell’azienda, rispondono a
concetti non coincidenti.
Ed infatti, mentre il primo (avviamento) sta ad indicare la
potenzialità economica dell’azienda — cioè l’attitudine di questa a
produrre beni e servizi — e in particolare ad attirare clienti —, il
secondo (clientela) si riferisce, invece, al complesso dei clienti
attirati.
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La cessione di azienda:
aspetti civilistici
(artt. dal 2556 al 2560 c.c)
La forma del contratto
Art. 2556 c.c., comma 1: “Per le imprese soggette a registrazione i
contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il
godimento dell’azienda debbono essere provati per iscritto, salva
l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento
dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare
natura del contratto”.
Una prima considerazione: l’azienda non ha giuridicamente una
propria legge di circolazione ma, piuttosto, circola secondo le
forme proprie dei singoli beni che la compongono.
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La forma scritta è richiesta unicamente ad probationem, con la
conseguenza che le parti, in assenza di un atto scritto, non sono in
grado di provare l’eventuale trasferimento. Si tratta di pubblicità
legale, avente efficacia dichiarativa, vale a dire rilevante solo sul
piano della conoscenza legale e in termini di opponibilità nei
confronti di terzi.
Qualora l’azienda comprenda uno o più beni per il cui
trasferimento sono previste forme particolari, è necessario fare
riferimento a tali forme per il trasferimento dell’azienda stessa: se
l’azienda comprende beni immobili o mobili registrati, il contratto
di cessione richiederà la forma di atto pubblico o scrittura privata
autenticata a pena di nullità (ai sensi dell’art. 1350 c.c).
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Art. 2556 c.c., comma 2: “I contratti di cui al primo comma, in
forma pubblica o per scrittura privata autenticata, debbono essere
depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di
trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante”. (per taluni
forma scritta ad substantiam).
Il notaio che interviene nella redazione del contratto ha l’obbligo
di:
• depositare entro trenta giorni l’atto di cessione presso il Registro delle
Imprese;
• comunicare al questore la generalità dei contraenti, i dati identificativi
dell’azienda e il prezzo pattuito, il tutto entro il mese successivo alla
vendita.
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Il contratto di cessione non richiede che i beni oggetto di
trasferimento vengano dettagliatamente individuati, ma nella
prassi contrattuale viene comunque attribuita grande importanza
all’identificazione delle componenti del complesso aziendale,
effettuata con l’ausilio di apposite ricognizioni, il più delle volte
effettuate da esperti nominati dalle parti, il cui risultato,
consistente in situazioni patrimoniali ed inventari, diventa parte
integrante del contratto di cessione.
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Le attività indicate nei bilanci ed inventari presi a base per la
vendita costituiscono il parametro di riferimento, alla data della
cessione del complesso aziendale, anche al fine di garantire
l’acquirente da ogni eventuale sopravvenienza passiva che
dovesse sorgere successivamente al suo acquisto, che sia
riconducibile alla gestione precedente.
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Deve essere tenuto distinto dalla cessione di azienda l’accordo in
ordine alla voltura delle autorizzazioni amministrative all’esercizio
dell’attività (licenza del commercio): la licenza non è parte dei
beni aziendali ed essendo comunque intrasmissibile non può
essere trasferita in uno con l’azienda. Il cosiddetto “accordo di
voltura della licenza” vale allora come obbligo del cedente a
rinunciare alla licenza e a non opporsi al rilascio della stessa a
nome del cessionario.
Le parti possono però condizionare il negozio di cessione
dell’azienda al rilascio della nuova licenza.
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Il divieto di concorrenza
Art 2557 c.c.: il soggetto che cede l’azienda deve astenersi, per il
periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova
impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia
idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Se nel patto è
indicata una durata superiore a cinque anni o la durata non è
stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni
dal trasferimento.
Deve, dunque, ritenersi indubitabile che il limite di cinque anni per
il divieto di concorrenza, ivi stabilito, è di ordine pubblico e non
può essere derogato in aumento dalla volontà delle parti.
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La ratio della norma risiede nella circostanza che chi acquista
un’azienda ha diritto ad assicurarsi l’avviamento inteso come
clientela; per questo si prevede che chi cede un’azienda deve
astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento,
dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o
altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda
ceduta.
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Ed inoltre:
• se l’alienante, dopo la cessione dell’azienda, come socio di
maggioranza ed amministratore unico, partecipi alla costituzione di una
società di capitali per l’esercizio di attività che per oggetto, ubicazione
od altre circostanze possa sviare la clientela dell’azienda ceduta, pone
in essere comportamenti elusivi del divieto posto dall’art. 2557 c.c.;
• l’alienante che, dopo aver venduto la propria azienda, abbia iniziato a
quattro mesi di distanza dalla cessione la gestione di altra impresa di
vendita di prodotti analoghi e situata a breve distanza dalla prima, viola
l’art. 2557 c. c., risultando irrilevante la circostanza che la licenza
relativa al nuovo esercizio sia intestata alla figlia dell’alienante;
• se l’alienante concorre alla costituzione di una società di fatto ed allo
svolgimento nel suo ambito di attività di rilievo, si configurano i
presupposti per l’applicazione dell’art. 2557 c.c.
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Il subentro del cessionario nei
contratti stipulati dal cedente
Art. 2558 c.c.: “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente
dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio
dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”, quindi
nei contratti “pendenti” al momento dell’alienazione.
Art. 2558 secondo comma c.c., peraltro, “Il terzo contraente può
tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del
trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la
responsabilità dell’alienante”.
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Questa norma costituisce una deroga alla regola generale in
materia di cessione dei contratti (art. 1406 c.c.), che subordina
l’effetto della cessione al consenso del terzo contraente.
La ratio di tale disposizione derogatoria (art. 2558 c.c.) è quella di
salvaguardare l’azienda, intesa come insieme di beni organizzato
in funzione dell’esercizio, anche contrattuale, dell’impresa e
pertanto di anteporre la salvaguardia delle potenzialità produttive
dell’impresa stessa all’interesse dei terzi creditori.
In questa ottica il passaggio dei contratti diventa un elemento
naturale del passaggio dell’azienda.
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A temperare tale principio, lo stesso art. 2558 c.c. prevede però la
possibilità del patto contrario (“se non è pattuito diversamente…”)
che permette alle parti contraenti di evitare tale “automatismo”.
Non si ha subentro automatico del cessionario rispetto al cedente
soltanto per quei contratti che abbiano “carattere personale”,
quali ad esempio i contratti in cui prevale l’elemento fiduciario
come la scelta del consulente legale, l’adesione dell’imprenditore
alienante ad una associazione sindacale di datori di lavoro oppure
al patto di non concorrenza concluso a suo tempo
dall’imprenditore alienante con altro imprenditore.
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La successione dell’acquirente nei contratti trova una particolare
applicazione nell’art. 2112 c.c. per i contratti di lavoro dipendente: “In
caso di trasferimento dell’azienda, il rapporto di lavoro continua con
l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.
Non è ammesso patto contrario.
La ratio di tale inderogabilità è ravvisabile innanzitutto nella necessità di
garantire la tutela al prestatore di lavoro e di evitare che la cessione
dell’azienda da parte dell’imprenditore possa pregiudicare l’unità
economica dell’impresa, compromettendone la capacità produttiva.
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Inoltre, “L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per
tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento...”.
Per le aziende con più di 15 dipendenti si deve inoltre comunicare
per iscritto alle rappresentanze sindacali il motivo della cessione
con preavviso di almeno 25 giorni rispetto al trasferimento,
indicando le ragioni giuridiche ed economiche dell’operazione
(cfr. art. 47 L. n. 428/1990).
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Il subentro del cessionario nelle
posizioni creditorie e debitorie
del cedente
Per quanto attiene alla disciplina dei crediti e dei debiti relativi
all’azienda ceduta occorre fare riferimento agli artt. 2559 e 2560
c.c.
Per quanto attiene ai crediti relativi all’azienda ceduta l’art. 2559
c.c. dispone che “La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta,
anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha
effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del
trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore
ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante…”.
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Appare comunque opportuno, nell’atto di cessione, elencare i
crediti che si trasferiscono ed è indispensabile precisare se, per i
crediti ceduti, il cedente assuma o meno una garanzia per il buon
fine degli stessi. In assenza di una specifica pattuizione, il cedente
assume una garanzia in tal senso, vale a dire in ordine al buon fine
dei crediti ceduti.
Per quanto attiene ai debiti relativi all’azienda ceduta l’art. 2560
c.c. dispone che “L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti
all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non
risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di
un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche
l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili
obbligatori”.
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La ratio della norma: nessun ostacolo alla circolazione dell’azienda
e di risolvere il conflitto di interessi fra creditore del cedente e
cessionario, privilegiando l’interesse di quest’ultimo a rimanere
estraneo ai debiti preesistenti la cessione, salvo che essi risultino
dalle scritture contabili e quindi abbiano certamente concorso alla
determinazione del prezzo di cessione.
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Aspetti tributari della cessione
d’azienda (artt. 17, 58, 67 e 86 TUIR)
La cessione di azienda (fatti salvi i regimi di neutralità fiscale nel
caso di trasferimento mortis causa o di donazione dell’azienda)
comporta la tassazione in capo al cedente della plusvalenza
determinata dalla differenza tra il prezzo di realizzo e il “valore
di carico” dell’azienda oggetto di cessione (sommatoria dei
valori di tutti i beni che la compongono).
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Nel caso il soggetto cedente sia un imprenditore in contabilità
semplificata si deve fare riferimento ai valori desumibili dal libro
dei cespiti ammortizzabili o dalle altre scritture obbligatorie (i
registri IVA).
Se l’azienda è posseduta per un periodo non inferiore a tre anni è
possibile optare per la “tassazione differita” della plusvalenza, che
consente di fare concorrere alla formazione del reddito imponibile
la plusvalenza per quote costanti in un massimo di cinque periodi
di imposta (a tal fine non è rilevante la circostanza che i singoli
beni componenti l’azienda siano posseduti da meno di tre anni).
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Inoltre, se l’azienda è posseduta da più di cinque anni il legislatore
(comma 1, lett. g) dell’art. 17 TUIR) ha previsto la “tassazione
separata” della plusvalenza (con l’aliquota corrispondente alla
metà del reddito complessivo del contribuente nei due anni
precedenti o al reddito complessivo di uno di tali anni se nell’altro
non vi sia stato reddito imponibile) qualora:
• la plusvalenza sia realizzata da impresa individuale (e non da
società di persone o di capitali);
• sia fatta esplicita richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al
periodo in cui è stata realizzata la plusvalenza.
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Trasferimento mortis causa e
donazione dell’azienda
Art. 58, comma 1, TUIR : “Il trasferimento di azienda per causa di
morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze
dell’azienda stessa; l’azienda é assunta ai medesimi valori
fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a
seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall’apertura della
successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta
azienda resti acquisita da uno solo di essi”.
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Il trasferimento a titolo gratuito dell’azienda al momento del
decesso dell’imprenditore non determina quindi realizzo delle
plusvalenze d’azienda a condizione però che il soggetto
beneficiario assuma i beni ricevuti allo stesso valore fiscalmente
riconosciuto in capo al dante causa.
In tal modo, le eventuali plusvalenze o minusvalenze “latenti” sui
beni componenti l’azienda emergeranno unicamente al momento
di una successiva dismissione di tali beni strumentali ovvero della
cessione dell’azienda medesima da parte dell’erede o del soggetto
donatario.
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La neutralità fiscale dell’operazione è dunque subordinata alla
circostanza che venga mantenuta la continuità dei valori fiscali dei
beni aziendali trasferiti mortis causa o per atto di donazione.
Qualora l’erede o il soggetto donatario effettui una successiva
cessione a titolo oneroso dell’azienda, il comma 1 dell’art. 67 TUIR
stabilisce che:
“Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero
se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese
commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita
semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”………
h-bis) “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione,anche
parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58”.
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Il trattamento fiscale della plusvalenza è, dunque, differente a
seconda che il soggetto cedente sia o meno imprenditore al
momento della cessione:
• se il donatario o l’erede non ha esercitato l’impresa la plusvalenza
realizzata dà luogo ad un “reddito diverso” ai sensi della lett. h bis)
dell’art. 67 TUIR che viene tassato con il criterio di cassa. In tale
ipotesi non risulterà applicabile la tassazione separata né il
differimento della plusvalenza poiché l’art. 67 qualifica appunto
tale plusvalenza come “reddito diverso” sottraendolo al regime di
tassazione del reddito d’impresa;
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• se il donatario o l’erede ha invece continuato l’esercizio
dell’attività d’impresa e, quindi, riveste lo status di imprenditore al
momento della cessione, la plusvalenza realizzata è tassabile ed è
determinata ex art. 86 concorrendo a formare il reddito di impresa
con il criterio di competenza.
In tal caso dovrebbe risultare applicabile — laddove l’azienda sia
posseduta da più di cinque anni — la tassazione separata e,
unicamente se il cedente continua a rivestire lo status di
imprenditore dopo la cessione, — laddove l’azienda sia posseduta
da più di tre anni — la tassazione differita.
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Le imposte indirette nell’atto
di cessione d’azienda
Ai fini delle imposte indirette la cessione di azienda è operazione
estranea all’IVA ed è soggetta all’imposta di registro (d.P.R. n.
131/1986) rendendosi applicabili le seguenti aliquote (diverse, in
ragione della diversa tipologia dei beni che compongono l’azienda:
• 7% per i beni immobili e i diritti reali immobiliari (sui beni immobili
sono dovute anche le imposte ipotecarie e catastali in misura pari
complessivamente al 3 per cento);
• 3% per i beni mobili, incluso l’avviamento.
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Art. 23, I co. D.P.R. n.131/1986 : “Se una disposizione ha per
oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse,
si applica l’aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti
siano stati pattuiti corrispettivi distinti”. Pertanto, se l’azienda
ceduta comprende immobili e mobili e il prezzo pattuito è unico,
sarà applicabile l’aliquota degli immobili più elevata; nel caso in
cui, invece, nel contratto siano stati attribuiti specifici valori per i
singoli beni si applicheranno distinte aliquote. Appare quindi
opportuno porre molta attenzione a tale aspetto in fase di stesura
del contratto.
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L’atto di cessione di azienda è soggetta ad accertamento di valore da
parte dell’A.F. e la valutazione dell’avviamento rappresenta una
problematica non trascurabile rilevanza specie perché molto spesso
foriera di contenzioso.
In sede di contrattazione, l’avviamento concorre alla determinazione del
prezzo per la differenza tra il prezzo medesimo e il valore rivalutato dei
beni dell’attivo al netto delle relative passività.
Appare, pertanto, evidente che le motivazioni che possono portare alla
determinazione del valore in esame sono varie e strettamente correlate
con le caratteristiche qualitative e soggettive del complesso aziendale
oggetto di cessione.
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Proprio l’estrema soggettività del concetto di avviamento ha
indotto l’Amministrazione Finanziaria a stabilire dei criteri di
riferimento cui l’Ufficio, in sede di accertamento, deve riferirsi e
tali criteri, se da un lato possono creare distorsioni
nell’applicazione al caso concreto, dall’altro permettono al
contribuente di avere in anticipo un “valore” di riferimento su cui
basarsi in fase di negoziazione, potendo altresì predisporre con
congruo anticipo la documentazione giustificativa per un eventuale
contenzioso nel caso di dichiarazione dell’avviamento su valori
inferiori
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Le responsabilità fiscali del
cessionario
In virtù dell’art. 14 d.lgs. n. 472/1997 il cessionario dell’azienda risponde
in via solidale con il cedente:
• per le imposte e le sanzioni con riguardo alle violazioni relative all’anno
in cui si è verificata la cessione e nei due precedenti;
• per le sanzioni già irrogate e contestate nell’anno in cui si è verificata la
cessione e nei due precedenti, anche nel caso in cui le violazioni
risalgano a periodi antecedenti l’imposta.
Tale responsabilità è soggetta a tre differenti limiti:
• non può eccedere il valore dell’azienda o del ramo d’azienda;
• è successiva alla preventiva escussione del cedente;
• è circoscritta al debito indicato, alla data della cessione, dagli atti degli
uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti competenti per
l’accertamento dei tributi ad essi relativi.
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Considerata l’importanza per il cessionario degli effetti derivanti
dall’ultimo limite, la norma prevede la possibilità di chiedere agli
uffici dell’A.F. e agli enti competenti per l’accertamento un
certificato che attesti l’esistenza di contestazioni, in corso o
definite, per le quali non si sia già provveduto ad estinguere i debiti
relativi.
Qualora il predetto certificato sia negativo o non venga rilasciato
entro quaranta giorni dalla richiesta, esso assume pieno effetto
liberatorio del cessionario. Nel certificato debbono essere
enunciate anche le violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta
la cessione o nel biennio precedente e già constatate dall’Ufficio o
dall’ente competenti, ancorché alla data del trasferimento non sia
stato ancora emesso il relativo atto di contestazione o di
irrogazione della sanzione (Circ. Min. n. 180/E cit.).
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Descrizione dell’istituto
• La cessione d’azienda è un contratto di compravendita, redatto
per atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con il quale
l’imprenditore trasferisce il complesso aziendale (azienda o un
ramo d’azienda), contro un corrispettivo, in denaro, in quote o in
azioni preesistenti di società (art. 2556 del cod. civ.).
• La cessione è l'unica operazione straordinaria che non ha subito
modifiche (sul fronte della regolamentazione civilistica) a seguito
della riforma societaria
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• Il trasferimento della proprietà dell'azienda o di un ramo di essa
per atto tra vivi è disciplinato dagli artt. 2555-2562 c.c., e può
avere per titolo giuridico la vendita, la donazione o la permuta.
• Strettamente legati alle norme citate sono le seguenti norme:
• trasferimento della ditta (art. 2565);
• trasferimento del marchio (art. 2573);
• mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda
(art.2112).
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Le motivazioni della cessione
• per il venditore
• dismissione di un’area di business non più strategica
• reperimento di liquidità
• riorganizzazione societaria (intragruppo)
• per l’acquirente (strategia di crescita c.d. “esterna”)
•
•
•
•
ingresso in nuovi settori
diversificazione del portafoglio di business
eliminazione di un concorrente
possibilità di individuare e delimitare con precisione i contorni del
ramo, escludendo passività potenziali e elementi patrimoniali non
rientranti nel core business oggetto di acquisizione
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Le finalità della cessione
• La cessione d’azienda consiste nel trasferimento della CESSIONE
d’azienda proprietà di un’azienda: il corrispettivo è rappresentato
dal pagamento di un prezzo.
• Oggetto del trasferimento deve essere un complesso di beni e
risorse organizzati al fine della produzione di impresa; non
costituisce cessione d’azienda la cessione anche di una
pluralità di beni che non configuri un coordinato sistema
autonomamente in grado di esercitare tale attività.
Azienda o Somma di singoli beni ?
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L’azienda
L’identificazione della nozione di “azienda” risulta
fondamentale per poter verificare il concretizzarsi o
meno dell’operazione di “cessione d’azienda”; tale
qualificazione comporta, infatti, differenti conseguenze,
sia di ordine civilistico, relativamente ai rapporti giuridici
in essere, sia ai fini dell’inquadramento fiscale agli effetti
dell’imposizione diretta e indiretta
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L’ “azienda” oggetto di
cessione
• Secondo l’ottica aziendalistica il termine “azienda” è qui usato
impropriamente; sarebbe stato più opportuno utilizzare il
concetto di impresa: cessione di impresa.
• Ogni tentativo di forzatura volto ad inquadrare nella cessione
d’azienda il concetto aziendalistico di “azienda” porterebbe a
definire i confini dell’oggetto di trasferimento in senso molto
ampio.
• l’Azienda è il complesso dei beni organizzati all’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa
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L’azienda come complesso” (e
non somma) di beni
L’azienda è definita dal legislatore civilistico come «il complesso dei beni
organizzati dall'imprenditore per l'esercizio impresa», distinguendosi
nettamente dai singoli beni che la compongono: il trasferimento di
alcuni o della totalità di questi ultimi, infatti, non comporta
automaticamente o necessariamente il contestuale trasferimento
dell'azienda, che può invece proseguire perseguendo i suoi scopi con
altri beni.
L’"azienda" non si identifica quindi con una semplice "somma" di beni
destinati all'esercizio dell'impresa, bensì con un “complesso" organico di
elementi funzionalmente idonei a conseguire lo scopo in vista del quale
la combinazione fra essi è stata posta in essere: l’azienda, più che essere
l’oggetto dell’attività, rappresenta il «mezzo» col quale l'imprenditore
esercita la propria attività economica.
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L’azienda come “complesso”
(e non universalità) di beni
• Il “complesso dei beni organizzati dall'imprenditore”
ricomprende la totalità delle “cose” dell'impresa, mobili o
immobili, materiali o immateriali, che contribuiscono
direttamente e complementarmente a realizzare la funzione
unitaria e globale dell'azienda.
• Non è necessario che la titolarità dell'azienda coincida con la
titolarità della proprietà. L'imprenditore che ha disponibilità, a
vario titolo, dei beni aziendali organizza la produzione, dirige il
complesso e si assume ogni rischio economico conseguente. Un
bene non di proprietà non viene meno allo scopo unitario: la
sua funzione, rispetto al complesso organico aziendale, è
identica.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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L’azienda come “complesso”
(e non universalità) di beni
• Ne consegue direttamente la differenza rispetto al concetto
di universalità dei beni mobili (“universitas rerum”),
contemplata espressamente dall'art. 816 C.C.: l'azienda
comprende beni collegabili all'imprenditore in forza di diritti
reali e di godimento (proprietà, usufrutto, ecc...), ma anche
in forza di forme contrattuali che ne garantiscono
l'utilizzazione o la semplice disponibilità (locazione, leasing,
ecc...), sussistendo l'azienda ogni qual volta tali beni,
materiali o immateriali, siano collegati e coordinati per
l'esercizio dell'attività d'impresa.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
47
L’azienda e i rapporti giuridici
Due opposte teorie si sono sviluppate giuridicamente in ordine
alla "definizione" di azienda.
• Secondo sostenitori della tesi “funzionale /onnicomprensiva”, gli
elementi costitutivi, quindi essenziali per la qualificazione giuridica
dell'azienda e conseguentemente per il suo trasferimento, sono i
“beni” in senso stretto unitamente ai rapporti giuridici il cui
trasferimento è disciplinato dagli artt. 2555, 2559, 2560 c.c.,
nonché dall'art. 2112 c.c. I fautori di tale tesi affermano che il
mancato trasferimento dei rapporti di credito/debito esistenti
impedirebbe il concretizzarsi della cessione d’azienda.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
48
L’azienda e i rapporti giuridici
• Di diverso avviso sono i sostenitori della tesi "organizzativa“,
secondo i quali il tenore letterale dell'art. 2555 c.c. non consente
un'interpretazione estensiva dell'espressione "complesso di beni
organizzati": ne consegue che i contratti, i crediti e i debiti relativi
all'azienda ceduta non fanno parte dell'“azienda”, trasferendosi
solo per effetto del trasferimento di questa sempreché non
sussistano pattuizioni diverse. Non sono pertanto considerati
“beni”, e quindi non costituiscono parte essenziale dell’azienda, i
rapporti di credito e di debito regolati separatamente dagli artt.
dal 2558 al 2560 c.c. nonché le prestazioni dei dipendenti (art.
2112 c.c.).
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
49
L’azienda e i rapporti giuridici
La Cassazione aderisce alla tesi c.d. “organizzativa”,
“La cessione del "complesso dei beni organizzati dall'imprenditore
per l'esercizio dell'impresa" si risolve nel trasferimento dell'azienda
di cui la norma civilistica indicata nell'art. 2555 C.C. definisce
sinteticamente, ma efficacemente la nozione”.
…Omissis…
“Né, al fine di identificare l'oggetto dell'atto di trasferimento
nell'azienda (o nel ramo) e non nei singoli beni è indispensabile la
successione in tutti, o in alcuni, dei rapporti, creditori debitori
esistenti. “
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
50
L’azienda e i rapporti giuridici
“Questi "possono" essere in atto ma possono non esserlo, atteso
che il complesso di beni finalizzati alla produzione e – quindi,
l'azienda - resta tale anche sulla sola base della sua potenzialità
produttiva, indipendentemente dalla esistenza, in capo al cedente,
di rapporti creditori debitori. Affermazione, questa, consentita
dalla stessa disciplina della successione nei contratti in caso di
cessione dell'azienda (art. 2558 C.C.). Conclusivamente, la
connotazione qualificante ai fini che interessano la decisione del
ricorso è la potenzialità produttiva dei beni trasferiti in un contesto
organizzato dall'imprenditore per la produzione e trasferiti ad
altro imprenditore per una produzione anche diversa purché il
quadro organizzativo non sia dismesso.”
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
51
Le condizioni per la
configurabilità dell’azienda
• La cessione di un complesso aziendale deve avere ad oggetto
un’azienda o un suo ramo già formatosi in capo al cedente.
• L’insieme dei beni trasferiti deve potersi qualificare, almeno
potenzialmente, come complesso aziendale anche per il
cessionario.
• L'esistenza dell'azienda deve essere verificata in relazione
alla obiettiva attitudine dei beni organizzati dall’imprenditore
all'esercizio dell'impresa ovvero alla realizzazione delle
finalità cui quella organizzazione tende.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
52
Le condizioni per la
configurabilità dell’azienda
• Il trasferimento può riguardare l'intera azienda ovvero un solo
“ramo” della medesima. Ai fini dell'esistenza di un trasferimento
ramo dell’esistenza di azienda, infatti, non è necessario che tutti i
beni aziendali siano trasferiti, essendo, invece, sufficiente che il
complesso alienato risulti idoneo all'esercizio di un'impresa.
• Un complesso aziendale si configura tale anche se risulta
necessario o opportuno, da parte dell'acquirente, procedere alla
successiva integrazione dei beni componenti con altri fattori
produttivi che consentano di ottimizzare lo svolgimento
dell’attività. Gli eventuali beni “integrativi” devono però essere di
secondaria importanza: l'esercizio dell'attività imprenditoriale
deve essere comunque possibile anche in mancanza di tali beni.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
53
Le condizioni per la
configurabilità dell’azienda
• Per poter essere definiti “azienda” (o “ramo di azienda"),
i beni oggetto di cessione devono essere legati da un
rapporto di complementarietà finalizzata alla
produzione: il giudizio di complementarietà dei beni, nel
quadro della loro complessiva organizzazione finalizzata
alla produzione, è un giudizio di fatto, da effettuarsi caso
per caso.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
54
Le condizioni non rilevanti
• E’ irrilevante la circostanza per cui l'azienda ceduta sia già stata
utilizzata dal cedente per l'esercizio di un'attività d'impresa
l’esercizio un attività d impresa.
• Non occorre il trasferimento della “ditta” unitamente all’azienda.
• Non occorre la successione in tutti i rapporti attivi e passivi facenti
capo alla cedente
• L’attualità/effettività della gestione, requisito indispensabile per
l'esistenza dell'impresa non è ritenuto necessario per la
sussistenza dell'azienda. Non costituisce quindi condizione
necessaria l’esistenza dell’avviamento inteso come qualità di un
complesso aziendale funzionante.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
55
Le condizioni non rilevanti
• Non occorre che l'attività che l'acquirente intende svolgere
coincida con quella precedentemente svolta dal venditore tramite
il complesso aziendale oggetto di trasferimento; risulta invece
indispensabile che il quadro organizzativo che avvince i beni
trasferiti non sia dismesso dall'acquirente che deve quindi
mantenere quel rapporto di complementarietà strumentale tra i
beni finalizzato alla produzione.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
56
La forma del contratto di
cessione
• L'art. 2556, co. 1, prevede che «per le imprese soggette a registrazione i
contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del
godimento dell'azienda:
• devono essere provati per iscritto,
• salva l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli
beni che compongono l'azienda o per la particolare natura del contratto».
• In sostanza, la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad
substantiam.
• Per alcuni beni, come gli immobili, i beni mobili registrati, i marchi, i brevetti,
è richiesta la forma scritta ad substantiam. La forma scritta ad substantiam si
ritiene necessaria, anche nel caso in cui l'immobile, elemento costitutivo
dell'azienda, sia di proprietà di terzi locatori ed il contratto di affitto abbia
durata ultranovennale.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
57
La forma del contratto di
cessione
• Il secondo comma dell'art. 2556 prevede che il trasferimento
debba risultare da contratti in forma di atto pubblico o di scrittura
privata autenticata che devono essere depositati per l'iscrizione
nel Registro delle imprese, nel termine di 30 gg. a cura del notaio
rogante o autenticante.
• La forma scritta e il successivo deposito sono necessari per la
pubblicità del contratto, e quindi per poter opporre ai terzi
l'avvenuto passaggio di proprietà e non per la sua validità.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
58
La forma del contratto di
cessione
• È opportuno distinguere
• la forma prevista ai soli fini del contratto (scrittura privata)
• dalla forma prevista per la validità e l'opponibilità del trasferimento
dei singoli beni dell'azienda,
• e dalla forma infine prescritta per l'iscrizione nel Registro delle
imprese.
• Dal punto di vista procedurale si rileva che:
• per la società cedente la cessione d'azienda è un atto di straordinaria
amministrazione; si ritiene dunque necessario verificare i poteri
dell'organo amministrativo in relazione all'effettuazione della cessione.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
59
La forma del contratto di
cessione
• Se l'oggetto della cessione è l'intera azienda, e la cessione implichi
modifiche tali da ravvisare la necessità di procedere al mutamento
dell'oggetto sociale, la competenza è dell'assemblea dei soci, che,
nelle società per azioni, delibereranno in assemblea straordinaria.
• con riferimento alla società cessionaria, sembra opportuno portare
all'attenzione dell'assemblea dei soci eventuali progetti di acquisizione
d'azienda nei casi in cui l'acquisizione medesima comporti sostanziali
alterazioni nella struttura aziendale.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
60
L’oggetto del contratto di
cessione
• Non è richiesto che i beni oggetto di trasferimento siano
dettagliatamente individuati.
• Occorre, invece, che il contratto individui inequivocabilmente nelle
sue caratteristiche distintive l’azienda oggetto di cessione.
• E’ pertanto opportuno precisare i beni che, nonostante il
collegamento funzionale all’azienda ceduta, rimangono
eventualmente invece in capo al cedente.
• Nella prassi il più delle volte si procede ad una precisa elencazione
dei beni oggetto di cessione (sotto forma di inventari, che
vengono allegati all'atto di cessione), se non altro per delimitare
aree di possibile contenzioso.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
61
L’oggetto del contratto di
cessione
• Solitamente sono previste garanzie:
• per il pagamento dilazionato del corrispettivo
• per le eventuali sopravvenienze passive o insussistenze
dell’attivo
• per l’eventuale contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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Il contratto di cessione
• Rientra nella categoria dei contratti di compravendita della
quale condividono la disciplina civilistica:
• possibilità di risolvere il contratto in caso di apprezzabile diminuzione
di valore o inidoneità all’uso (artt. 1490 ss. c.c.)
• Possibilità di apporre la “clausola arbitrale” per la rapida
definizione di un eventuale contenzioso tra le parti
• Il contratto di cessione deve essere redatto con atto pubblico
o scrittura privata autenticata; la pubblicità consente di
opporre ai terzi l’avvenuto passaggio di proprietà
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
63
Il divieto di concorrenza
• L’art. 2557, c.1, c.c., (norma derogabile) dispone che “chi
aliena l’azienda deve astenersi per il periodo di 5 anni dal
trasferimento l’azienda astenersi, trasferimento, dall’iniziare
una nuova impresa, che per l’oggetto, l’ubicazione ed altre
circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda
ceduta”.
• Si fa riferimento all’idoneità, quindi anche al danno solo
potenziale.
• La norma sottende un’obbligazione di non fare ed è posta a
tutela dell’avviamento
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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Il divieto di concorrenza
• E’ oggetto di protezione non solo l’area dell’azienda al
momento della cessione, bensì anche le espansioni (oggettive
e spaziali) per cui è già stato predisposto un programma o che
corrispondono ad un’attività già virtualmente compresa
nell’azienda ceduta.
• Tale divieto non può essere esteso all'ipotesi di cessione di
quote sociali (Cassazione, sent. 23.4.1980, n. 2669).
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
65
La successione nei contratti e
il recesso
• L’art. 2558, c.1, c.c., stabilisce che,
• “se non è pattuito diversamente,
• l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio
dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.
• La norma introduce il principio dell’automatismo del subentro del
cessionario nei contratti relativi all’azienda stessa, fatta salva, per
giusta causa, la possibilità di recesso (non retroattivo, secondo la
dottrina prevalente) del contraente ceduto, dal momento in cui
viene dichiarato. Non occorre il consenso del terzo contraente,
richiesto invece dalla regola generale dell’art. 1406 c.c.; tuttavia è
riconosciuto il diritto di recedere (art. 2558) dal contratto entro 3
mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa,
oggettivamente determinabile.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
66
La successione nei contratti e
il recesso
• Nel caso in cui si verifichi l'eventualità sopra prospettata
l'alienante è responsabile nei confronti del contraente ceduto per
l'eventuale risarcimento del danno.
• La successione non opera in caso di patto contrario.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
67
La successione nei contratti e
il recesso
• La giusta causa: si intende un pregiudizio che il terzo contraente
può subire per effetto della cessione (ovvero il contratto non
sarebbe stato concluso, o si sarebbe concluso con modalità
diverse). In questo caso il terzo contraente deve dimostrare che,
se avesse stipulato il contratto con il cessionario, lo avrebbe fatto
a condizioni diverse o addirittura non lo avrebbe stipulato.
• Il principio di subentro nei contratti vale solo per i contratti a
prestazioni corrispettive, per i quali le prestazioni non siano
interamente adempiute da entrambe le parti; diversamente si
hanno, a seconda dei casi, un debito o un credito dell’azienda
ceduta, regolato a parte da apposite norme.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
68
La sorte dei crediti
• L’art. 2559 c.c. dispone che, in relazione ai crediti ceduti, la
cessione ha effetto nei confronti dei terzi dal momento
dell'iscrizione del trasferimento nel Registro delle imprese, anche
in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione; tuttavia il
debitore ceduto è liberato se paga in buona fede l’alienante.
• È possibile che le parti escludano tutti o parte dei crediti. In
mancanza di una specifica pattuizione, ogni credito relativo
all'azienda si trasferisce automaticamente al cessionario. Si rileva
che è prassi comune elencare nell'atto di cessione i crediti che si
trasferiscono ed è indispensabile precisare se, per i crediti ceduti,
il cedente assuma o meno una garanzia sugli stessi.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
69
La sorte dei debiti
• L’art. 2560 c.c. dispone che l’alienante non è liberato dai debiti
inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al
trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.
Quindi il venditore per il solo fatto di aver alienato l'azienda non è
liberato dalle obbligazioni assunte. Il subentro dell'acquirente
dell'azienda mediante l'accollo dei debiti (art. 1273 e.e.) richiede il
preventivo consenso del creditore.
• Per salvaguardare l’acquirente, dei debiti del ramo o ceduti
assieme al ramo risponde anche l’acquirente, se risultano:
• inerenti l'azienda;
• sorti antecedentemente all'acquisto dell'azienda;
• evidenziati nelle scritture contabili.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
70
La sorte dei debiti
• Il terzo che voglia far valere le proprie ragioni di credito nei
confronti dell’acquirente deve dimostrare l’iscrizione del debito
nei libri sociali.
• Come già per i crediti è bene elencare nell'atto di cessione anche i
debiti in maniera analitica; sarà inoltre opportuno precisare che
l'acquirente risponderà solo per i debiti ivi elencati, escludendo la
responsabilità solidale per i debiti non specificati.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
71
La successione nei contratti
di lavoro
• I contratti di lavoro (art. 2112 c.c.):
• “in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con
l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano” (art.
2112, co. 1). La norma è inderogabile.
• Si evidenzia l’obbligo in solido di cedente e cessionario “per tutti i crediti
che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento” (art. 2112, co. 2).
• L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi
previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del
trasferimento fino alla loro scadenza, salvo che non siano sostituiti da altri
contratti collettivi applicabili all'impresa acquirente (art. 2112, co. 3);.
• Il dipendente conserva i diritti derivanti dall'anzianità raggiunta
anteriormente al trasferimento (art. 2112, co. 1);
• Il trasferimento dell’azienda non costituisce di per sé motivo di
licenziamento (art. 2112, co.4).
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
72
La successione nei contratti
di lavoro
• Per i trasferimenti di aziende con più di 15 dipendenti, sono previsti
obblighi informativi nei confronti delle organizzazioni sindacali.
• Con le procedure dettate dagli artt. 410 e 411 c.p.c. il lavoratore
può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni
derivanti dal rapporto di lavoro.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
73
I contratti di lavoro Comunicazioni
sindacali (art. 47 L. 428/1990)
• Obbligo di informare le rappresentanze sindacali almeno
25 giorni prima dell’operazione, per le aziende con più di
15 dipendenti
• Su richiesta delle rappresentanze sindacali o dei
sindacati di categoria, l’alienante e l’acquirente hanno
l’obbligo di avviare entro 7 giorni dal ricevimento della
richiesta un esame congiunto con i soggetti sindacali
richiedenti; decorsi 10 giorni la consultazione si intende
esaurita.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
74
La successione nei contratti
di locazione immobiliare
• I contratti di locazione immobiliare (art. 2558 e 1594, c.1, c c e art
36 L 27 7 1978 n 392 in tema di locazione degli immobili):
• il conduttore può cedere il contratto di locazione o sublocare l’immobile,
anche senza il consenso del locatore, purché unitamente all’intera azienda,
dandone comunicazione al locatore con lettera raccomandata con ricevuta
di ritorno.
• Il locatore può opporsi entro 30 giorni e solo per gravi motivi
• Il locatore può agire nei confronti del cedente solo se il cessionario (nuovo
conduttore) risulta inadempiente (beneficio della preventiva escussione)
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
75
Trasferimento
della ditta e del marchio
• Particolari norme sono disposte per il trasferimento della ditta e
del marchio. Nello specifico:
• nel caso di trasferimento della ditta l'art. 2565 c.c. stabilisce che la ditta
non può essere trasferita separatamente dall'azienda. La norma vuole
evitare che possa essere ingenerata confusione nei consumatori;
• nel caso di trasferimento del marchio, l'art. 2573 c.c. dispone che «il
marchio può essere trasferito o concesso», e inoltre dispone che «quando il
marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di
fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo di
esso sia trasferito insieme con l'azienda». Il fine della norma è di
salvaguardare la funzione distintiva del marchio, prevedendo la possibilità
di inganno e di frodi circa la provenienza del prodotto da una costante
fonte produttiva.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
76
Il perimetro dell’azienda: gli
accordi ricognitivi
• Nella prassi negoziale per trasferire unità aziendali
particolarmente complesse il prezzo di vendita viene, fissato il
prezzo di vendita sulla base della composizione patrimoniale ad
una certa data prevedendo nel contempo la ricognizione entro
una scadenza prefissata, all’atto dell’immissione del cessionario
nella effettiva disponibilità dell’azienda trasferita.
• Il prezzo di vendita è così opportunamente conguagliato in
relazione alla dinamica patrimoniale nel frattempo intervenuta
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
77
Gli accordi ricognitivi
• Nell’atto di cessione viene definito il prezzo con riferimento ad un
certo patrimonio netto, ma le parti si accordano nel senso di
rettificare il prezzo stesso laddove - alla data dell’immissione del
cessionario nella gestione dell’azienda - il valore del patrimonio
stesso risulti effettivamente diverso da quello risultante dall’atto
iniziale.
• Qualora risulti una variazione del valore del patrimonio netto
trasferito (e quindi del corrispettivo), l’inventario sottoscritto dalle
parti deve essere registrato entro 20 giorni dalla sua formazione,
dando così origine al presupposto per un ulteriore prelievo ai fini
dell’imposta di registro o, nel caso contrario, all’istanza di
rimborso (entro 3 anni dal giorno del pagamento).
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
78
La cessione d’ “azienda”:
la valutazione
• Il corrispettivo, pur essendo fortemente influenzato dalla forza
contrattuale delle parti, viene determinato sulla base di un
bilancio straordinario che valuta l’azienda come un insieme
coordinato e funzionante, capace di produrre reddito. Si perviene
quindi ad un valore economico, differente rispetto al valore
risultante dal bilancio d’esercizio (capitale di funzionamento) che
invece non considera l’avviamento in maniera opportuna.
• La valutazione del complesso aziendale (azienda o ramo
d’azienda) oggetto di cessione ha prevalentemente finalità
interne
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
79
La cessione d’ “azienda”:
la valutazione
• La normativa civilistica, infatti, non prevede l’obbligo della perizia
estimativa, ad eccezione dell’ipotesi di “acquisto da parte della
società per un corrispettivo pari o superiore al decimo del
capitale sociale, di beni o di crediti” - art. 2343 bis. Cod. Civ.
(concetto di “azienda”) - “dei promotori, dei fondatori, dei soci o
degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società
nel registro delle imprese”.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
80
La perizia estimativa
• “L’alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto
designato dal Presidente del tribunale contenente la descrizione
dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri
di valutazione seguiti, nonché l’attestazione che tale valore non è
inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato”
art. 2343 bis c.c.
• In tal modo si evita l’elusione della perizia - prevista per il
conferimento d’azienda - ove si voglia realizzare il medesimo
risultato mediante l’immediata cessione dell’azienda ad una
società neo-costituita.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
81
Le rilevazioni contabili
• Dall’unitaria operazione di cessione scaturisce quindi un unico
elemento differenziale:
• una plusvalenza (straordinaria), oppure
• una minusvalenza (straordinaria)
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
82
Le rilevazioni contabili
• Relativamente alle rimanenze di magazzino, si procede a:
• assestare le rimanenze finali, sulla base dei principi civilistici del costo e
della prudenza
• registrare l’uscita del magazzino, come per tutti gli altri elementi
patrimoniali, al valore netto contabile.
• In tal modo l’operazione di cessione non genera alcun risultato
operativo: l’effetto reddituale rimane correttamente nell’area
dei componenti straordinari
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
83
Le scritture contabili della
società cedente
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
84
Le scritture contabili della
società cessionaria
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
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L’affitto di azienda
Art. 2561 c.c. :“L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto
la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza
modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza
dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte.
Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla
gestione dell’azienda, si applica l’art. 1015. La differenza tra le
consistenze d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è
regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine
dell’usufrutto”.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
87
L’art. 2562 c.c. disciplina l’affitto di azienda prevedendo l’estensione a
tale fattispecie del disposto di cui al precedente art. 2561 c.c. (usufrutto
di azienda).
Il soggetto affittuario ha il potere-dovere di utilizzare l’azienda per
l’esercizio dell’impresa, conservando immutata la sua destinazione
economica e conservando altresì l’avviamento e il valore unitario della
stessa in vista della restituzione al proprietario.
Proprio per la conservazione dell’avviamento ha il potere e l’obbligo di
trasformare, alienare e ricostituire le scorte di materie prime nonché di
sostituire gli impianti non più efficienti o tecnicamente superati e, in
linea generale, tutti gli elementi aziendali la cui sostituzione è in linea
con la prospettiva di conservazione dell’azienda.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
88
In altre parole ciò significa che risultano a carico del soggetto
affittuario tutte le spese di manutenzione di natura ordinaria
nonché quelle di natura straordinaria, limitatamente però agli
interventi di natura meramente conservativa della efficienza
dell’azienda oggetto di contratto.
Peraltro, in deroga all’art. 2561 c.c., le parti possono comunque
prevedere nel contratto l’obbligo di “conservare l’efficienza
dell’organizzazione degli impianti e le normali dotazioni di scorte”
a carico del proprietario.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
89
La forma del contratto
L’art. 2556 c.c. prevede, per le imprese soggette a registrazione,
che i contratti aventi ad oggetto il trasferimento dell’azienda
devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme
stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che la
compongono o per la particolare natura del contratto; il contratto
di affitto di azienda deve essere iscritto nel Registro delle Imprese.
Dal dettato normativo risulta certa l’esigenza della forma scritta
ad probationem per il contratto di affitto dell’azienda.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
90
Il bilancio di esercizio
dell’affittante e dell’affittuario
nell’affitto d’azienda
Sotto un profilo civilistico un aspetto di particolare rilievo attiene
alla iscrizione dei beni aziendali nel bilancio dell’affittante e
dell’affittuario.
Per quanto attiene alla tecnica contabile da adottare in ipotesi di
affitto d’azienda la dottrina ha proposto due possibili approcci:
uno “formale”, più seguito nella pratica e uno “sostanziale”,
avanzato da alcuni studiosi di economia aziendale.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
91
Approccio “formale”
L’assunto di partenza è che i beni dell’azienda affittata restino in
proprietà del locatore anche durante il contratto e che in bilancio
sia possibile iscrivere solo i beni di proprietà e non anche quelli di
cui si ha la mera disponibilità.
Conseguenza di tale affermazione è che gli elementi attivi e passivi
dell’azienda oggetto di affitto rimangono iscritti nel bilancio
dell’affittante. Il trasferimento in godimento dell’azienda viene
pertanto evidenziato, tanto da parte di quest’ultimo quanto da
parte dell’affittuario, nei rispettivi sistemi dei conti d’ordine.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
92
Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante:
• alla consegna dell’azienda esegue le opportune scritture di
assestamento al fine di rispettare il principio di competenza
nell’imputazione dei proventi e degli oneri alla frazione di esercizio
antecedente alla data di trasferimento dell’azienda ed iscrive tutti i beni
(e diritti) che compongono l’azienda nei conti d’ordine accesi ai “Beni
dell’azienda presso terzi”;
• al termine del contratto di affitto chiude i conti d’ordine ed adegua i
propri valori contabili a quelli della situazione patrimoniale dell’azienda
riconsegnata dall’affittuario e risultante dall’apposito inventario redatto
a valori contabili alla scadenza del contratto.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
93
Contestualmente occorre calcolare l’importo del conguaglio in
denaro (comma 4 dell’art. 2561 c.c.) e dal confronto tra tale
conguaglio e la variazione contabile netta rilevata a seguito della
riconsegna dell’azienda origina contabilmente una sopravvenienza
attiva o passiva per l’affittante.
Boni Dott. Francesco Govoni Dott.
Andrea
94
Coerentemente, l’affittuario:
• alla consegna dell’azienda rileva tutti i beni (e diritti) che
compongono l’azienda nei propri conti d’ordine accesi ai “Beni di
terzi presso l’azienda” ;
• al termine del contratto di affitto, effettuate le opportune
scritture di assestamento al fine di rispettare il principio di
competenza, provvede a chiudere i conti d’ordine nonché i conti
principali movimentati per la gestione dell’azienda, determinando
la differenza tra il saldo contabile delle posizioni “creditorie” con
quelle “debitorie”.
La somma algebrica tra tale saldo e il conguaglio (comma 4
dell’art. 2561 c.c.) determina, specularmente a quanto precisato
per l’affittante, una sopravvenienza attiva o passiva.
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Approccio “sostanziale”
Tale seconda tecnica contabile privilegia la circostanza che i beni
facenti parte dell’azienda entrano nell’effettiva disponibilità
dell’affittuario: gli stessi possono dunque essere trattati
contabilmente come se fossero di sua proprietà.
Alla luce di tali premesse, pertanto, l’affittante:
• alla consegna dell’azienda elimina dalla propria contabilità tutti i
beni (e diritti) che compongono l’azienda iscrivendo in
contropartita un credito verso l’affittuario che esprime, in buona
sostanza, il valore del patrimonio netto aziendale;
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• al termine del contratto di affitto:
• riassume nella propria contabilità i nuovi valori degli elementi
dell’azienda trasmessi dall’affittuario chiudendo il credito
accesso all’inizio del contratto e rilevando le rettifiche di
riconsegna;
• effettua la somma algebrica tra le rettifiche di consegna e il
conguaglio di cui al citato comma 4 dell’art. 2561 c.c.
determinando una sopravvenienza attiva o passiva.
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Coerentemente, l’affittuario:
• provvede a iscrivere gli elementi attivi e passivi dell’azienda
affittata nella propria contabilità generale rilevando, in
contropartita, un debito nei confronti dell’affittante;
• al termine del contratto di affitto riconsegna l’azienda al
proprietario chiudendo i relativi conti attivi e passivi, chiudendo
altresì la posta di debito verso l’affittante e rilevando le rettifiche
di riconsegna.
Analogamente al caso precedente si procederà al calcolo del
conguaglio in denaro e alla determinazione della sopravvenienza
attiva o passiva.
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Aspetti tributari dell’affitto
d’azienda (art . 102 TUIR)
Il comma 8 dell’art. 102 TUIR dispone che “Per le aziende date in
affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili
nella determinazione del reddito dell’affittuario (o
dell’usufruttuario)”.
Tale particolare procedura di ammortamento si rende applicabile
quando permangono a carico dell’usufruttuario e dell’affittuario
gli obblighi di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili
relativi all’azienda avuta in usufrutto o in locazione.
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Qualora le parti convenissero per iscritto nel contratto di derogare
all’obbligo civilistico, l’affittuario non può più procedere alla
deduzione delle quote di ammortamento dal proprio reddito
d’impresa; il diritto di dedurle spetta al proprietario.
Caso particolare: nel caso di affitto dell’unica azienda da parte
dell’imprenditore individuale tale diritto non sussiste posto che la
deducibilità delle quote di ammortamento presuppone la
presenza di un reddito d’impresa.
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Esclusa la qualificazione di reddito d’impresa, è esclusa anche la
detrazione delle quote di ammortamento che la normativa
consente nella determinazione del reddito dell’affittuario o
dell’usufruttuario.
A tale proposito, occorre rilevare che l’art. 67, comma unico, lett.
h) TUIR considera “redditi diversi” quelli derivanti dall’affitto e
dalla concessione in usufrutto di aziende e puntualizza che l’affitto
e la concessione in usufrutto dell’unica azienda da parte
dell’imprenditore non si considerano fatti nell’esercizio di
impresa, con la conseguenza che dal disposto di tali norme si
ricava la seguente situazione:
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• in caso di affitto dell’unica azienda l’imprenditore “perde” tale
qualifica ai fini fiscali e, pertanto, il reddito che ne deriva è
“reddito diverso” per il quale non è consentita la deducibilità di
quote di ammortamento neppure in presenza di deroga all’obbligo
di cui al comma 2 dell’art. 2561 c.c.;
• in caso di affitto di aziende nell’esercizio di imprese ed in presenza
di deroga convenzionale alle norme dell’art. 2561 c.c., dal reddito
d’impresa del concedente possono dedursi le quote di
ammortamento dei beni all’impresa la cui efficienza deve essere
conservata a cura del concedente.
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Autorevole dottrina : in tal caso “le relative quote annue saranno
deducibili nella determinazione del reddito d’impresa del
concedente”. La deducibilità non può invece essere messa in
dubbio qualora il concedente sia una società commerciale il cui
reddito è sempre reddito d’impresa.
L’affittuario può procedere alla deduzione dal proprio reddito
d’impresa anche delle quote di ammortamento dei beni
immateriali.
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INDICE
l’affitto d’azienda
- Aspetti civilistici dell’affitto di azienda:
- I diritti e i doveri dell’affittuario dell’azienda
- La forma del contratto
- Il bilancio di esercizio dell’affittante e dell’affittuario nell’affitto d’azienda
- Approccio formale
- Approccio sostanziale
- Aspetti tributari dell’affitto d’azienda
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Le valutazioni effettuate a valori correnti — che tengono conto
non solo delle variazioni contabili ma anche, per esempio, di
eventuali plusvalori latenti — sono invece richieste dall’art. 2561
c.c. (richiamato in materia di affitto di azienda dal successivo art.
2562) il cui comma 4 stabilisce che la “differenza tra le consistenze
d’inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in
danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto”. Dal
confronto tra tale “saldo” (rappresentativo della reale variazione
prodottasi nel valore dell’azienda nel corso dell’affitto) e il
differenziale tra i valori contabili (rilevati all’inizio e al termine del
contratto) scaturisce contabilmente una sopravvenienza attiva (o
passiva) per l’affittante e una sopravvenienza passiva (o attiva) per
l’affittuario.
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L’art. 2561 c.c. stabilisce, altresì, che le variazioni di valore che il
complesso aziendale subisce durante la durata del contratto siano
regolate in denaro.
Oltre al rilievo che ai fini reddituali assume tale differenza,
particolare attenzione deve essere posta con riguardo alle
conseguenze fiscali che al momento della cessazione del contratto
possono venire a crearsi, nella considerazione che:
• l’affittante “riprenderà” nella propria contabilità i valori contabili e
fiscali che si saranno consolidati in capo all’affittuario ivi inclusi gli
ammortamenti, registrando così la differenza che il “patrimonio
netto” contabile dell’azienda ha nel frattempo subito;
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• l’affittuario riconoscerà in favore dell’affittante a titolo definitivo
un importo a fronte della perdita di valore economico
dell’azienda;
• la differenza tra quest’ultimo importo e il decremento che il
“patrimonio netto” contabile dell’azienda ha subìto, per
l’affittante:
• se positiva, sarà una sopravvenienza attiva tassabile;
• se negativa, sarà una sopravvenienza passiva deducibile.
L’affittuario realizzerà una sopravvenienza attiva o passiva a
seconda che le quote di “ammortamento” accantonate siano
superiori o inferiori al quantum che dovrà corrispondere in favore
dell’affittante al termine del contratto di affitto di azienda
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