Goerg Wilhelm Friedrich Hegel ( Stoccarda 1770- Berlino 1831)
Piccola introduzione. Manuale unità 9, pag 534 e ss
Hegel è il massimo filosofo romantico tedesco, esponente dell’ idealismo, e maestro di una vasta schiera di pensatori
che si ispirarono alle sue opere.
La sua vita si svolge tutta in Germania all’interno della scuola e dell’insegnamento come precettore privato e poi nella
scuole pubbliche e nell’università, culminando la carriera all’università di Berlino, capitale di quel regno di Prussia
che diventa, nell’ 800, stato più importante in Germania e, nel 1870, fautore della unificazione tedesca. I dettagli della
sua vita li studi a pag. 534 del manuale.
Hegel fonda con altri filosofi romantici il “Giornale critico della filosofia” dove pubblica i suoi primi articoli; nel 1807
stampa la sua prima opera importante: “ La fenomenologia della spirito” che è uno dei capolavori dell’idealismo
tedesco. Nel 1812 compone “ Scienza della logica” e nel 1817 esce “ Enciclopedia della scienza filosofiche in
compendio” che racchiude l’esposizione più completa del suo sistema filosofico. Altre sue opere sono state pubblicate
postume, dagli appunti dei suoi allievi. Leggi, sulle sue opere, a pag560- 561.
Hegel, in conclusione, ci ha lasciato molte opere, su praticamente tutti gli aspetti della filosofia: la storia, il diritto, lo
stato, l’estetica, la religione, la logica. L’impronta del suo pensiero ha condizionato la filosofia dell’800 e dopo la sua
morte la sua scuola si è divisa tra destra e sinistra hegeliana: il massimo esponente della sinistra hegeliana è Karl Marx.
Oltre che per la quantità, le opere di Hegel sono note per l’oscurità e la difficoltà di lettura: qualcuno ha notato che
anche lo stile faticoso e complesso di Hegel riflette la complessa articolazione del suo pensiero e quasi lo esemplifica.
E’ impossibile ridurre Hegel a schemi divulgativi, senza perdere parte, anche importante, del senso del discorso; alcuni
punti fermi possono però essere utili per aiutare a capire:
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la realtà non ha una struttura statica e definita una vota per tutte: “ nei diversi aspetti della vita intellettuale e
spirituale è un errore cercare una posizione definitiva. Ogni certezza che si consideri come l’assoluto e la
perfezione finisce per irrigidirsi in una visione isolata e determinata della verità, e con irrigidirsi in una cosa finita
e morta.” ( D’Isola). La realtà, e anche la conoscenza, è un continuo divenire e un continuo trasformarsi: un
processo ininterrotto e dominato della dialettica, cioè da momenti che si pongono come ostacolo, negativo,
estraneo, e che vengono superati a un livello superiore ( secondo il ben noto schema triadico: tesi, antitesi e
sintesi). Il negativo, l’altro, l’oggetto estraneo non è quindi, per Hegel, un aspetto eliminabile o di cui si può fare a
meno, nella vita e nel pensiero: anzi è indispensabile per il procedere della dialettica, che è la struttura stessa del
reale. Esiste la vita perchè esistono ostacoli che vengono superati a un livello superiore: lo” spirito” ( l’essenza
profonda del reale) “ sa guardare in faccia il negativo” ( Hegel ”Nel processo dialettico, - radice profonda del
reale- niente si perde, ma ogni momento conserva e allo stesso tempo realizza pienamente tutti quelli che lo hanno
preceduto, nell’arricchimento continuo della vita.” ( D’ Isola) . Ma è importante ( anzi, dice Hegel, reale) il
processo, non la singola fase, o il risultato ultimo ( che non è mai definitivo o conclusivo). “ Il vero, dice Hegel, è
l’ intero. Ma l’intero è soltanto l’essenza che si completa mediante il suo sviluppo” : cioè la verità ( e la realtà:
vero e reale coincidono) è lo sviluppo intero di un processo infinito che procede dialetticamente, cioè ponendo e
superando gli ostacolo e l’estraneo. La fase staccata dello sviluppo, il particolare, il finito in sé non hanno
significato, non sono “ veri”, solo l’intero, cioè l’insieme del processo dialettico, è vero, ha una sua verità.
Vedi il testo 86 a pag 563
Il secondo punto è legato al precedente: la dialettica è, allo stesso tempo, la struttura del reale e la struttura del
pensiero: entrambi vivono nel processo dialettico del divenire. Questo è il senso del celeberrimo aforisma
hegeliano: “ ciò che è reale è razionale, e ciò che è razionale è reale” , cioè realtà e ragione hanno la stessa radice
dialettica, anzi, nel profondo, si identificano. Il reale ha una necessità logica, e la ragione autentica non può essere
in contrasto con il reale. Attento: questo non significa che nella storia ( cioè nel reale) non ci siano momenti
oscuri, di negatività o di “male”, ma che anche questo momenti dialetticamente si recuperano a un livello superiore:
in se stessi, nella loro separazione, sono irrazionali, ma nel processo complessivo non lo sono: e, come detto, solo
l’intero è vero (“ il vero è nell’intero”)
Vedi il testo 88, p pag. 568
La fenomenologia dello spirito
Hegel è un filosofo sistematico, cioè vuole costruire un “sistema” filosofico che dia ragione di tutto, che “
comprenda filosoficamente tutti gli aspetti della cultura e dell’azione umana” sia nel suo svolgersi storico ( dagli
ebrei, ai greci, ai romani, al cristianesimo medioevale, all’epoca moderna) sia nelle varie attività della coscienza (
lo studio della natura, dell’uomo, il diritto, lo stato, l’arte, la religione, la filosofia) . Esamina gli schemi a pagina
559 e puoi avere un’ idea della grande complessità del tentativo di Hegel di sistemare tutto dentro un pensiero
generale.
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La fenomenologia, sua prima grande opera, è proprio questo: il tentativo di esaminare come la coscienza umana si
evolva dal grado più semplice di conoscenza ( la coscienza: la certezza sensibile, la percezione, l’intelletto: le
riflessioni sull’oggetto), all’autocoscienza ( cioè le riflessioni sul soggetto) fino alla ragione ( che dialetticamente
comprende che soggetto e oggetto non sono separati e tutto viene ricondotto sotto la categoria della “spirito
assoluto”. Vedi, per una idea, da pag 540.
E’ un’opera, come ti puoi rendere conto, complessa, da cui ti voglio proporre due “figure” ( cioè riflessioni,
momenti storici e anche ideali) diventati famosi: la coscienza infelice, e il rapporto servo-padrone.
- la coscienza infelice. Parlando dell’autocoscienza ( fenomenologia, seconda parte: il soggetto riflette su se
stesso) Hegel richiama uno dei principi che abbiamo visto: il vero è l’intero, cioè l’unione, non la separazione. La
separazione genera solo infelicità e morte. La coscienza è infelice perché si sente separata ( cioè non comprende
l’unita tra soggetto e oggetto, tra particolare e universale, tra finito e infinito). Hegel parte da un’analisi storica:
l’ebraismo e il cristianesimo medioevale: in queste due religioni ( e in questi momenti storici) l’uomo avvertiva
Dio come essere onnipotente ( mentre l’uomo si percepiva immensamente fragile) e lontanissimo. L’infelicità di
questa forma storica di coscienza deriva dal suo sentirsi separata ed inessenziale di fronte all’assoluto, cioè al Dio
trascendente, senza tuttavia riuscire a negarsi in esso, come vorrebbe. Hegel presenta i tentativi, tutti destinati al
fallimento, che la coscienza infelice metterebbe in atto a questo scopo: la devozione sentimentale, una sorta di
misticismo; l’operare nel mondo, inteso come dovere verso Dio; infine la mortificazione di sé. Non riuscendo ad
annullarsi, la coscienza continua a soffrire dell’alterità, della separazione incolmabile che permane fra lei e il
divino. Questa infelicità verrà superata solo allorchè la coscienza ritroverà il divino nel mondo e in se stessa , ossia
realizzerà quell’unità con l’assoluto che fin’ora le era mancata. Storicamente ciò avverrebbe a partire dal
Rinascimento, che valorizza il mondo e l’uomo. Il tema della coscienza infelice è pertanto l’interpretazione della
fede in un Dio come forma di “alienazione” dell’uomo da se stesso. L’uomo si considera nulla e Dio tutto, cioè
l’uomo aliena ( rende altro, si toglie) le sue capacità e le proietta su Dio, crea la separazione che produce la
coscienza infelice. Per Hegel questa fase ( legata all’ebraismo e al medioevo) si supera con la corretta visione del
cristianesimo, che vede in Gesù unito il divino e l’umano, l’infinito e il finito. Nasce da questo passo hegeliano il
concetto di alienazione ( lo stato di estraniazione del soggetto da se stesso) che verrà riutilizzato da Marx e dal
marxismo per descrivere la situazione del lavoratore nella società capitalista. E’ un concetto chiave, inoltre, nella
analisi della società contemporanea ( le persone alienate, la vita alienata). - Studia meglio questo argomento a
pag.543 . La coscienza infelice.
- La dialettica servo - padrone
La figura del rapporto servo-padrone , presente nella fenomenologia, è diventata particolarmente famosa.
Presuppone ed esemplifica il concetto di dialettica, cioè il passaggio conflittuale, attraverso il negativo a un positivo
superiore. Il signore, che ha una coscienza indipendente, per sé, domina sulla cose ( la terra, gli oggetti) e di
conseguenza sul servo che ad essa è legato da un rapporto di dipendenza ( questa figura,- il servo e il padrone- come
sempre nella fenomenologia, è sia la descrizione di un momento storico: il mondo greco-romano, sia l’analisi di un
momento ideale, a-temporale della coscienza Vedi. Figure della coscienza, figure del mondo pag.543- 544). Il signore
domina le cose attraverso il servo, in quanto gode e consuma i prodotti da lui trasformati e così, nel linguaggio della
dialettica hegheliana, li annulla. Il servo ha quindi una coscienza dipendente dal signore e dalle cose. Ma egli ha
sperimentato, attraverso la paura dell’annullamento totale ( la minaccia della morte) l’abisso della negatività assoluta, e
ciò lo aiuta a formarsi un nucleo di coscienza indipendente: “ La paura del signore è l’inizio della speranza”: E’
attraverso il lavoro che questa si completerà. Attraverso il lavoro il servo incomincia a padroneggiare le cose e
dialetticamente ad invertire i ruoli: il signore che gode passivamente del lavoro altrui, si rende, alla fine, dipendente dal
servo e il servo faticosamente acquisisce la propria indipendenza, la propria autocoscienza. ( D’Isola). “Ci liberiamo
attraverso la schiavitù, non dalla schiavitù” è il concetto fondamentale hegeliano.
Questa figura hegheliana ha avuto particolare fortuna, sia nella sinistra hegheliana e nel marxismo ( la dialettica servo
padrone diventa metafora della lotta di classe, in cui la classe subalterna matura e supera la classe dominante: ad
esempio la lotta tra patrizi e plebei, o tra feudatari e borghesi, o, in epoca moderna, tra capitalisti e proletariato), sia tra
gli esistenzialisti del 900: la presa di coscienza della propria esistenza avviene, come per il servo hegheliano,
confrontandosi con l’annientamento assoluto ( la morte) e il dolore.
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la filosofia politica hegheliana: la famiglia, la società civile e lo stato ( lo stato etico).
( opera principale: Lineamenti della filosofia del diritto, e Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio)
Le riflessioni di Heghel sulla società hanno avuto un influsso notevole. Ricorda sempre il punto iniziale: il vero è
l’intero. Quindi l’individuo è “VERO” ( cioè realizzato) solo all’interno dell’intero di cui fa parte: la famiglia, la
società civile ( cioè le forme in cui si manifestano i bisogni, i rapporti di lavoro e di relazione) e, soprattutto, lo stato.
Lo stato in quanto intero, sintesi degli elementi parziali ( famiglia e società civile) si erge sopra ogni individuo e ogni
altro aspetto sociale: è lo stato etico, cioè un organismo dotato di eticità propria: non sono gli individui che fondano lo
stato, ma è lo stato che fonda gli individui, nel senso che gli individui nascono e vivono all’interno di esso e vi si
devono conformare. Il pensiero di Hegel, profondamente romantico, è diverso dalle concezioni liberali che vedono
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nell’individuo il fulcro della società e lo stato solo un accordo, un contratto tra individui (contrattualismo e
liberalismo). Nella visione liberale, infatti, esistono diritti individuali che neppure lo stato può violare, o modificare.
Nella visione hegeliana della stato, invece, i diritti agli individui derivano dallo stato, - attraverso, beninteso, la legge: lo
stato di diritto , cioè regolato dalla certezza e dalla impersonalità della legge , - : la legge dello stato è inviolabile, ma
non l’individuo. Lo stato, in quanto superiore agli individuo, è dotato di una eticità propria, cioè la morale che vale
per gli individui non necessariamente vale per lo stato, che ha scopi autonomi e diversi. C’è una ragion di stato,
superiore e diversa alle ragioni particolari dei singoli individui. In questo contesto di autonomia assoluta dello stato,
Hegel critica il cosmopolitismo illuminista ( l’idea che la persona di senta cittadino del mondo, unita più alla
fratellanza umana che a uno specifico stato nazionale) e accetta la possibilità, anzi, in certe circostanze, la moralità della
guerra tra stati.
Hegel è stato accusato di statolatria ( Scrive Hegel. “ L’ ingresso di Dio nel mondo è lo Stato”) e, forzandolo molto, di
essere se non il padre, almeno un ispiratore dello stato totalitario ( cioè in cui l’individuo scompare nella massa, e lo
stato deve regolare tutta la sua vita e i suoi pensieri) che con il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, tanti disastri ha
provocato nel 900. Fare di Hegel un precursore del nazismo e del fascismo è sicuramente sbagliato e ingiusto. Per altro
in nazismo esaltava, più dello stato, la razza e il popolo . Ma Hegel di sicuro non ha nessuna simpatia per il liberalismo
( accusato di essere individualista, è quindi parte nei confronti dell’intero) “ è puramente e semplicemente un
conservatore, in quanto pregia più lo stato che l’individuo, più l’autorità che la libertà, più l’onnipotenza dello stato
che i diritti soggettivi ( cioè inerenti alle persone), più la coesione del tutto che l’ indipendenza delle parti, più
l’obbedienza che la resistenza, più il vertice della piramide ( il monarca) che la base ( i cittadini)” ( Norberto Bobbio)
Si può dire che la filosofia politica hegeliana, esaltando lo stato nei confronti dell’individuo sia servita a diffondere e a
giustificare l’idea del primato assoluto del collettivo ( comunque inteso: lo Stato, la Nazione, la Razza, La Classe, il
Partito, la Chiesa ecc.) sull’ individuale, proprio di tante ideologie totalitarie.
Sullo stato studia a pag 555-556La filosofia della storia: spirito del mondo e spirito dei popoli
Opera principale: Filosofia della storia
Dai concetti hegeliano di dialettica e di razionalità del reale consegue la visione hegeliana della storia. La storia è un
processo razionale ( attento: il processo è razionale, non le singole fasi che anzi possono dialetticamente essere
negative) dominato dallo sviluppo da quello che Hegel chiama lo spirito del mondo. Lo spirito del mondo è la spinta,
irresistibile, che spinge la storia dei popoli verso la libertà: prima la libertà di uno solo nel mondo orientale antico, poi
la libertà di pochi, nel mondo greco e romano, infine, in epoca moderna ( cristiano- germanico) nella libertà di tutti (
monarchia costituzionale contemporanea in cui tutti sono uguali davanti alla legge, cioè nello stato etico ). In questo
disegno razionale, - e profondamente romantico,- l’ eroe gioca un ruolo importante, alle volte inconsapevole, nel far
progredire il processo. Alessandro Magno, Cesare, Napoleone e tanti altri eroi hanno modificato la storia, spinti dalle
loro passioni; ma in realtà rispondevano a un bisogno, una necessità di quel momento storico. Con una espressione
diventata famosa gli eroi ( e gli uomini in generale) sono mossi, ingannati da una “astuzia della ragione ( ragione: cioè
il processo razionale che muove la storia)”: credono loro di fare la storia, mentre sono guidati da una necessità
superiore all’individuo. Studia, su questo argomento. La filosofia della storia a pag 556.
Dopo Heghel : la reazione all’hegelismo e le scuole hegeliane
Hegel ebbe in vita una enorme fama, specie nel mondo tedesco.
Cioè non toglie che ebbe anche importanti critici, che in genere contestavano la visione “ottimista” della dialettica
hegheliana, secondo cui tutto veniva giustificato da una razionalità superiore. In particolare Schopenhauer (
tedesco,1788- 1860) e Kierkegaard ( danese, 1813 – 1855) si appuntarono sul concetto di dolore, di morte e di
sofferenza individuale, che violentemente contrasta con il sistema hegeliano secondo cui tutto è razionale.
Dopo la morte di Hegel si accentua, inoltre, la spaccatura fra i suoi discepoli relativamente all’interpretazione
della politica, della storia e della religione. Vengono classificate due scuole principali: la destra e la sinistra hegeliana.
La destra hegeliana parte dal concetto di razionalità del reale per approdare a una giustificazione dell’esistente ( se
esiste è razionale…quindi va bene così!) In sostanza questi filosofi ( detti “vecchi hegeliani”) difendono la stato
prussiano anche nelle sue strutture e istituzioni retrive e reazionarie, con una posizione estremamente conservatrice.
La sinistra hegeliana ( chiamati “giovani hegeliani”) parte dal concetto di dialettica che comporta il conflitto e il
cambiamento. La religione con la sua pretesa di assolutezza e il suo appoggio incondizionato alla reazione ( il binomio
trono e altare tipico della restaurazione) diventava un ostacolo alla dialettica storica. Contro la religione ( specie il
luteranesimo prussiano) si concentrano i giovani hegeliani. Essi vedono in essa un ostacolo allo sviluppo e una
proiezione mitica e fantastica di desideri, aspirazioni, sentimenti umani ( per usare il linguaggio hegeliano, una forma di
alienazione). Nella scuola dei giovani hegeliani si forma anche Kart Marx (1818 Treviri ; 1883, Londra)-
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