Speciale Festival Filosofia 2004 sul “Mondo”

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SPECIALE
FESTIVAL
FILOSOFIA
2004
a cura di Pantarei.co.uk
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In centomila al Festival Filosofia 2004 sul Mondo.
E nel 2005, sarà "Sensi" la parola chiave della quinta edizione.
Modena, Carpi e Sassuolo dal 16 al 18 settembre 2005.
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17 - 18 - 19 Settembre 2004, Modena, Carpi, Sassuolo
FestivalFilosofia
2004
sul
Mondo
Tra i protagonisti: Massimo Cacciari, Umberto Curi, Giacomo Marramao, Remo Bodei, Elio Matassi,
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Dalla Gazzetta di Modena, gli articoli su alcune lezioni magistrali - il giorno dopo
M. Cacciari (17/09) G. Marramao (17/09) U. Curi (18/09) S. Natoli (18/09) E. Severino (18/09)
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Massimo Cacciari fa il pienone in piazza per parlare di mondi e sistemi con qualche cenno d'attualità
"LA LIBERTA' NON SI PUO' IMPORRE"
LE CONTRADDIZIONI NON PORTINO ALLA GUERRA, MA ALLE RELAZIONI"
di Stefano Feltri
MODENA. Massimo Cacciari avverte: chi si aspetta un discorso politico potrà restare deluso, ma qualcosa
si potrà leggere tra le righe". Piazza Grande stracolma applaude fiduciosa il filosofo, accolto al suo arrivo
come la star della prima giornata di festival. Il titolo della lezione è "Sistema mondo", che rivela alcune
analogie con quella del 2002, 'l'isola bellezza". Cacciari inizia dall'etimologia.
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Mondo e globo sono due termini che nascono disgiunti ma che nel tempo tendono a sovrapporsi. In
"mondo" c'è l'idea di una pluralità di diversi che coesistono, un'idea che sopravvive anche alla progressiva
sovrapposizione mine "globo". Infatti, spiega Cacciari, "solo se concepiamo il mondo come globo
terracqueo lo possiamo rappresentare". E quindi possederlo, dominarlo. E' Leopardi, con l'espressione
"figurare il mondo in breve carta", il primo a capire "l'impulso che disvela ogni illusione". Qui Cacciari
individua l'essenza della scoperta occidentale della tecnica: la logica della scoperta consiste nel "fare
sintesi del mondo". Una scoperta che parte dalla progettazione, non dall'avventurismo o dalla sorte. Il
risultato dell'approccio leopardiano, secondo il filosofo, è che "tutto diventa simile". Quando il mondo è
ridotto ad una immagine tutto si somiglia; le differenze sono soltanto dovute al punto di vista da cui le si
guarda. E' il primo passo verso l'addomesticamento del mondo. Ma "La scoperta elimina precipitosamente
la distanza, e se cessa la distanza cessa anche la possibilità di ogni avvicinamento". Ci si confonde nella
conformità senza distacco evocata da Heidegger. E qui, come promesso, il discorso di Cacciari lascia
intuire chiari riferimenti politici. "La strada che porta alla fine della distanza non è percorribile fino in
fondo, in termini storico politici si osserva che la confusione non sta provocando uniformità ma tragici
cortocircuiti".
E dopo il "mondo-immagine" il "mondo-sistema". "Concepire il mondo come sistema - spiega - significa
comprenderlo e dominarlo nelle sue differenze" Il concetto di sistema, come rete di isole indipendenti e
diverse che coesistono ma senza cercare di prevalere le une sulle altre, è un concetto già apparso nelle
riflessioni di Cacciari. Ricorda le economie-mondo dello storico Fernand Braudel. Il filosofo afferma che "il
sistema non può essere inteso come sistema-mondo". La spiegazione: un sistema per autoregolarsi deve
concepirsi come un "tutto". Ma un "tutto" limitato, quindi il sistema è tale e regge solo se rinuncia a
pensarsi mondo, che invece totalità. Il sistema deve quindi isolarsi e così riconoscere legittimità di altri
sistemi. Nell'ultima parte Cacciari lancia un messaggio di speranza che pare riferirsi situazione geopolitica
attuale: "il mondo può concepirsi come sistema solo con 1a forma di un pluriverso sistemico". E
un'allusione non molto velata alle guerre in Iraq e Afghanistan: "nessuno di questi sistemi può imporre le
sue libertà sull'altro, se ci prova cessa di funzionare al suo interno e cade in una confusione anarchica".
Salvare la diversità è una via obbligatoria per evitare il crollo dell'idea stessa di sistema. "Dobbiamo
vedere la contraddizione non come fonte di guerra ma di relazione" è la conclusione tra gli applausi.
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Giacomo Marramao a Sassuolo parla di globalizzazione
"ACCETTARE LE DIFFERENZE PER SUPERARE I CONFLITTI"
di Luca Silingardi
La globalizzazione, di cui tanto si parla, in realtà accompagna la modernità fin dille origini: non sarebbe
infatti concepibile senza le vele e i cannoni, che hanno permesso all'uomo occidentale di raggiungere altri
mondi, senza la galassia Gutemberg, cioè la stampa, e tutti gli altri media che permettono ai gruppi di
comunare.
Così introduce il tema della sua seguitissima lectio magistralis, "La modernità-mondo e i paradossi della
globalizzazione", Giacomo Marramao, docente di Filosofia Politica all'Università di Roma Tre, uscito dalla
scuola fiorentina di Eugenio Garin. Direttore della prestigiosa Fondazione Basso di Roma, è autore del
recente volume Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione (Torino, 2003), in cui sono affrontate le
medesime tematiche dell'incontro di ieri pomeriggio in piazzale della Rosa a Sassuolo.
Un primo caloroso applauso del pubblico è subito scaturito, nel ricordo delle odierne tensioni del mondo
occidentale, al pensiero delle nostre due coraggiose connazionali rapite, nella conclusione che la filosofia
deve farsi carico delle tragedie del mondo.
Marramao sottolinea l'importanza di vedere il processo di globalizzazione non come uniformazione del
mondo, e neppure come la sua occidentalizzazione; propone piuttosto di concepire questa trasformazione
nell'ottica di una modernità-mondo vista come "passaggio a occidente" di tutte le civiltà e le culture del
pianeta: un transito verso la modernità destinato a produrre mutamenti profondi nell'economia, nella
società, negli stili di vita e nei codici di comportamento, non solo nelle civiltà altre, ma anche nella stessa
civiltà occidentale. Civiltà occidentale che, anche quando abbandona la propria volontà di potere e si
mostra democratica e filantropica, ritiene comunque di avere una sorta di primato sulle altre; questo per
aver raggiunto una riflessione sull'universale, mostrando ancora una volta i residui di una mentalità
colonialistica, fl nuovo universale, invece, deve essere ricostruito e rinegoziato assieme alle altre culture,
partendo da una riflessione sulla propria identità e diversità, proprio come hanno fatto le femministe negli
ultimi anni. Prima di domandarci cosa vogliamo è infatti necessario riflettere su chi siamo. Il liberalismo,
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e la sua proposta di tolleranza multiculturale, non è per Marramao la soluzione ai conflitti; in realtà, si
giunge così alla creazione di ghetti contigui che, come isole non comunicanti tra loro, prima o poi
arriveranno a voler imporre il proprio primato. "L'unica soluzione ai conflitti attuali - conclude Giacomo
Marramao - è quella di pensare ad un universalismo delle differenze che si basi sulla "decostruzione
dell'indentità" e sulla "delocalizzazione della politica"".
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Interessante e molto seguita la lezione di Umberto Curi
LO SGUARDO, UNA FORZA IRRESISTIBILE DAI MITI GRECI FINO AL GRANDE FRATELLO
di Stefano Feltri
MODENA. La potenza dello sguardo, n tema, già toccato da Cacciati, è stato trattato da Umberto Curi. Da
Platone a Eschilo e a Orwell, Curi segue il filo rosso della forza del vedere, superiore anche alla legge, e
alla forza bruta. Si parte dal mito di Gige, contenuto nella "Repubblica" di Platone. Un pastore trova un
anello che lo rende invisibile, seduce la regina, uccide e sostituisce il re.
Tutto grazie al fatto di "avere infranto la reciprocità del vedere", di poter osservare gli altri senza essere
visto. Chi è "onniveggente e invisibile deve essere considerato onnipotente", e infatti è così che viene
rappresentato il dio nelle religioni monotei-stiche. Anche nell'Odissea, la qualità maggiore di Ulisse è di
"aver visto tutto", e da ciò derivano tutte le altre sue abilità. Sempre con il potere del vedere inganna
Polifemo. Ulisse può osservare le mosse del ciclope, ma non viceversa. Le doti di Odissee sono le stesse
di un altro "eroe fondatore" di civiltà il Gilgamesh babilonese. Umberto Curi propone poi la suggestiva
interpretazione del mito di Prometeo: il titano salva l'uomo con il dono della tecnica perché così lo
distoglie dal "guardare fisso il momento della morte". Prometeo dona quindi "illusioni che accecano". In
pochi minuti Umberto Curi richiama i moltissimi miti in cui lo sguardo ha un ruolo centrale. Orfeo perde
Euridice perché cede alla tentazione di guardarla prima del tempo, Tiresia viene accecato per aver visto
l'accoppiamento di due serpenti, Narciso muore per aver voluto guardare se stesso, Edipo è accecato per
aver conosciuto il talamo della madre che mai avrebbe dovuto vedere. La "grande scoperta" del mondo
classico, che la forza dello sguardo è la più incisiva, trova compimento nel mondo moderno, con le
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immagini del "big brother" di Orwell. Infine la Medusa. Una figura che ricorre in molte culture, perfino nel
sud-america. Medusa rappresenta l'ambivalenza dello sguardo", potente e portatore di morte. Ricordando
il mito della caverna in Platone, Curi dice: "non ci può essere visione senza accecamento, non possiamo
vedere altro che chiaroscuri perché a nessuno di noi è permesso di uscire completamente dalla caverna".
L'unica soluzione al dispotismo del vedere è, secondo Curi, racchiusa sempre nelle parole di Platone che
spiegano quale approccio avere al mondo: "quando si incontra un lupo si deve guardarlo per primi, per
evitare che con il suo sguardo ci tolga la parola".
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ALLAH, LE CHIESE E GLI AMBIENTALISTI. Salvatore Natoli SFERZA IL NOSTRO TEMPO
di Stefano Feltri
MODENA. Salvatore Natoli, professore di Filosofia teoretica a Milano, inizia ad spiegare il mondo
dall'etimologia. "Mondo" come totalità della natura, oppure il "mondo" come "senso che diamo al nostro
stare sulla terra". Ma 1' osservazione suggerisce a Natoli una domanda: "se il mondo è senso, allora che
cos'è dio?". La risposta è articolata: dio è qualcosa che ha a che fare con il mondo, ma "si presenta come
qualcosa di imponderabile, come l'evento più grande dell'uomo che irrompe nel mondo. "Dio è il mondo
visto dal punto di vista dell'incommensurabile" precisa Natoli. Il Cristianesimo irrompe nella tradizione
greca che vedeva gli dei negli eventi del mondo, "n mondo nel monoteismo perde consistenza, perché il
vero mondo è quello dell'aldilà" è il commento del filosofo. Poi anche il Cristianesimo, come gli dei greci
prima, perde la sua presa. Attraverso la tecnica l'uomo diventa "sempre più signore del mondo, e
l'aumento della signoria umana significa la fine di quella divina". Quando gli uomini non sentono più il
bisogno di affermarlo o di negarlo, allora dio cessa di esistere. Ma "oggi il problema viene riproposto da
altri popoli. Al centro del dibattito non c'è Cristo ma Allah". Natoli parla anche di cellule staminali, di
clonazione a scopo terapeutico, e lancia un duro attacco alle Chiese "che diventano agenzie morali con il
solo scopo di conservare il vecchio ordinamento aristotelico del mondo". Il rischio che corre l'uomo è di
"divinizzarsi" grazie alla potenza della tecnica, di non rispettare più il mondo perché ne è diventato il
padrone unico. Il filosofo contesta gli ambientalisti che predicano la difesa della natura, perché "è più
corretto dire che dobbiamo preservarla per noi, violarla ma senza la presunzione di averla vinta,
modellarla sulla nostra finitezza". Per superare l'egoismo profondo che non ci fa pensare "a come
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lasceremo il mondo a quelli che verranno" è necessario prendere coscienza della propria finitezza. La
tendenza "all'immortalizzazione fa coincidere il tempo personale con quello del mondo", così che risultano
bandite la morte e la posterità. Per ritrovare il senso della finitezza Natoli suggerisce: "basterebbe avere
un figlio e volergli bene per cambiare logica".
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"LA GUERRA? NON ILLUDETEVI, NON CE NE LIBEREREMO MAI"
di Valeria Cammarota
CARPI. "Verità" e sedie disponibili: questo andavano cercando - come moderni Diogene - gli spettatori
accorsi a godere delle parole del professor Emanuele Severino, in occasione della lezione magistrale dal
titolo "Essere e mondo", tenutasi ieri in Piazzale Re Astolfo. Posti completamente esauriti già da un'ora
prima l'inizio del dibattito. Ciò non fa che confermare a pieno titolo il grande successo dell'iniziativa.
La conferenza, tenuta dall'illustre Professore, ha fatto il punto sul nodo centrale che contraddistingue il
suo pensiero filosofico.
"Essere e mondo", dicevamo. "Cosmos" o "Mundus", preferibilmente, in greco od in latino. Ovvero, ciò
che è particolarmente visibile: l'ordine cui il caos ha lasciato il posto. Ma cosa risulta particolarmente
evidente di questo ordine? Qua! è il tratto maggiormente distintivo e più visibile del mondo? "La sua
processualità - risponde Severino - la continua metamorfosi, il divenire delle forme". Le cose del mondo,
infatti, abbandonano se stesse per divenire altro da sé, incessantemente. Questo è ciò che sta alla radice
di ogni creazione pratica e teorica dell'uomo, n "diventar altro", tuttavia, non è una categoria astratta:
esso è manifesto nel mangiare, nell'uc-cidere, per esempio. L'uomo arcaico, infatti, era mosso, nel cibarsi
o nell'uccidere, dalla brama di impadronirsi della potenza di quel cibo o di quel nemico. Anche l'atto
sessuale non è altro che l'uccisione della separazione in cui, inizialmente, si trovano i due amanti. Tutto
ciò può sembrare ovvio. "Ed è qui - spiega il professore - che risiede la follia estrema: quando qualcosa
diviene altro da sé, si scontra con ciò che, in realtà, non è". Ne consegue un'inevitabile conflittualità: essa
è la follia dell'Occidente, il "sentiero della notte", lo spazio originario in cui sono venuti ad articolarsi non
solo le forme della cultura occidentale, ma anche le istituzioni sociali e politiche. Questa conflittualità è la
guerra. Se qualcosa, infatti, diventa ciò che non è, da luogo alla scaturigine di qual-siasi conflitto." E
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credere che ci si possa liberare della guerra, tenendo fermo il senso arcaico del mondo, significa
mantenersi nell'equivoco" -afferma Beverino. Non è tutto così ovvio, dunque, come potremmo aver
creduto fino ad ora. In ognuno di noi deve essere presente la coscienza della follia del mondo intesa come
diventar altro. Nel momento in cui avessimo coscienza di questo, nel momento in cui concepissimo la
cosa in quanto se stessa, senza divenire, ebbene, questa sarebbe l'Eternità.
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I commenti del pubblico e dei borsisti
Il pubblico...
Menomale che c'è! E' una bella iniziativa, qualcosa di nuovo sotto il sole ed ha anche rilevanza
internazionale!
Il Festival? Bellissimo, una manifestazione di successo e fama ormai da quattro anni. Ho incontrato molti
giovani e questo è positivo. E' anche un'ottima occasione di incontro culturale per la città.
L'atmosfera è piacevole, colpisce. La generalizzazione di interesse per la filosofia è insolita e quindi
l'evento è ben organizzato, encomiabile.
Interventi di ottimo livello, l'unico problema sono le traduzioni simultanee che tradiscono il testo. Ad ogni
modo, questa volta è stato migliore degli altri anni. Da ripetere sicuramente.
Il Festival è interessante e necessario, secondo me dovrebbero ripeterlo più volte nell'arco dell'anno. Di
certo è un momento di preziosa riflessione, per chi sappia coglierla.
La folla in piazza è impressionante, segno che l'iniziativa attira proprio tutti, dagli addetti ai lavori fino ai
curiosi, ai passanti. C'è chi cerca risposte e chi sedie. Io? Entrambi, menomale che ci sono i filosofi ad
aiutarci!
Beh sicuramente c'è un po' di spettacolarizzazione ma in fondo è anche normale: per chi non è abituato
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ad ascoltare spesso certi discorsi un evento così desta meraviglia, affascina. Gli applausi comunque,
secondo me, ci stanno tutti!
L'organizzazione quest'anno è stata migliore del solito ma nessuno si aspettava tanta gente! I
collegamenti forse sarebbero dovuti essere meglio sincronizzati con gli eventi ma a me va bene così.
Ottima manifestazione, sono felice di esserci e ho preso molti appunti.
Il Festival è ogni anno un successo più grande. Questa volta poi i filosofi hanno anche fatto il miracolo di
portare il sole laddove erano stati previsti diluvi. Notevole! Tornerò di sicuro l'anno prossimo.
Lodevole iniziativa di scambio culturale: non c'è solo filosofia ma anche poesia, teatro, musica,
intrattenimento per i bambini e dibattiti. Purtroppo non ho potuto seguire tutto ciò che mi ero
programmato perchè alcuni eventi si sovrapponevano ma non fa niente. L'offerta è davvero ricca.
E' la prima volta che partecipo al Festival e mi ha davvero colpita, non avevo mai ascoltato tante
riflessioni tutte insieme, e di che profondità poi! Carini anche i gadget, ho appena comprato una
maglietta! La gente del posto è gentile e aitua a raggiungere i luoghi degli eventi. Onore ai filosofi, spero
di poter tornare l'anno venturo.
Chi ha avuto l'idea di organizzare il Festival Filosofia è un genio: un evento così fuori dal comune eppure
così utile. Io non mi intendo molto di filosofia ma ho avuto risposte a domande che neppure sapevo di
starmi ponendo!
Ogni anno è un'invasione di pubblico: sconcerta un po' la prima volta ma poi si capisce che l'iniziativa
merita eccome!
All'università sento parlare solo di crediti ed esami, per una volta qui ho finalmente ascoltato filosofia
pura, all'aperto e con il sole. Cosa chiedere di più? L'anno prossimo cercherò di fermarmi tutti e tre i
giorni.
Gran bella cosa, altro che i corsi di aggiornamento per noi professori di liceo: lì ci viene il latte ai piedi,
qui invece non vorremmo mai andare via. Spero che l'anno venturo ci siano più sedie perchè d'accordo, i
relatori meritano cotanto pubblico, ma il pubblico vorrebbe anche sedersi!
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Io ancora devo iniziare a studiare filosofia al liceo ma credo che nessuno dei professori che avrò potrà
mai essere così bravo! Il Festival per me è stata una vera rivelazione: molti mi avevano detto che la
filosofia è astrusa e noiosa ma è chiaro che non hanno mai ascoltato questi filosofi qui!
E' un bell'evento, gli interventi che ho ascoltato mi sono piaciuti molto. Ammetto di non aver capito tutto
ma è stato sicuramente interessante immergersi in certe analisi e riflettere un po' - che non guasta mai.
Il Festival? Beh le piazze parlano da sole: se c'è tanta gente vorrà dire che è una manifestazione
positivissima. Io non sono un cultore di filosofia e nonostante questo devo dire che i relatori sono stati
abbastanza chiari. Insomma niente tecnicismi, una filosofia davvero democratica.
L'iniziativa è proprio bella, anche il periodo dell'anno è ottimale. Si è da poco tornati al lavoro, qualcuno
sta per tornarci, e quale modo migliore per iniziare che ascoltare discorsi così profondi ed interessanti? La
riflessione serve oggi forse più che mai e il Festival ha saputo cogliere questa esigenza.
110 e lode! Altro che la laurea breve! Secondo me i tre anni dovremmo spenderli esclusivamente
seguendo le conferenze di questi filosofi e scrivendone resoconti per gli esami. Ho imparato più qui in tre
giorni che con la laurea in tre anni!
I borsisti...
Tre densi giorni di poliedrica cultura. Non squallida banalizzazione nè sterile somministrazione di
pericoloso nozionismo, ma piuttosto esplosiva traduzione del messagio filosofico, che è riuscito così a
parlare ai molti accorsi. Alla fine le onnipresenti virgolette, emblema del festival, non hanno saputo
strozzare la vera filosofia in slogan da indossare.
Silvia da Padova
La filosofia si contamina con la strada, con la piazza. Il suo andar cercando, fornendo argomenti e ragioni
ha avuto la possibilità di ricevere un ascolto amplificato (almeno in termini di presenza numerica).
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Guardando oltre la qualità di questo ascolto stesso, il festivalfilosofia ha ricostruito una dimensione
pubblica legata a un tema, un uditorio, un luogo. Si dibatte intorno a qualcosa che sta a cuore e che ci
accomuna. La filosofia come attività dell'andare al fondo delle cose e alle radici, ha mostrato l'altro suo
volto, il suo stare in frontiera sulle strade del mondo.
Carmelo da Palermo
Tre giorni di università ideale, un consesso di veri maestri. Limiti quali aule, crediti, esami, hanno perso
l'ultimo treno per il festival regalandoci così la loro assenza. Il Tempo si è seduto in prima fila e per un
po' non ci si è accorti del trascorrere dei giorni: a scandire la nostra vita non sono stati secondi, minuti,
ore bensì i titoli delle lezioni magistrali. Come i fuochi delle città ne "Il Signore degli Anelli", le conferenze
si sono rincorse chiamandosi l'un l'altra, in un'affascinante gioco di sguardi sul Mondo.
Centomila presenze hanno fatto muro contro l'opinione che la filosofia sia astratta e quindi inutile e la
Piazza ha ricambiato il suggestivo mosaico di Pensieri con silenzi densi di riflessioni e lunghi, calorosi
applausi.
Dalla Scuola di Atene, Anno Filosofico 2004, i maestri si incamminano fiaccola in mano e ringraziano per
l'abbraccio donato loro, e alla filosofia.
Silvia da Roma
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