QUADERNO DELL’ORDINE DI MILANO
per il
XXXIII Congresso nazionale forense
“Giustizia senza processo?
La funzione dell’Avvocatura”
RIMINI, 6 – 8 OTTOBRE 2016
QUADERNO DELL’ORDINE DI MILANO
per il
XXXIII Congresso nazionale forense
“Giustizia senza processo?
La funzione dell’Avvocatura”
RIMINI, 6 – 8 OTTOBRE 2016
INDICE
Presentazione
I Consiglieri dell’Ordine degli avvocati di Milano (2015 – 2018)
8
I Delegati dell’Avvocatura milanese al XXXIII Congresso nazionale forense
9
PARTE I
Sulla rappresentanza e sui temi congressuali
1. Note sulla rappresentanza (Consiglio
dell’Ordine di Milano, 26 maggio 2016)14
2. Una “giustizia senza processo”:
la giurisdizione forense, di Remo Danovi23
3. La parità di genere nell’accesso alla professione,
di Cinzia Preti
38
4. Società tra avvocati e soci di capitale: una infausta prospettiva, di Remo Danovi42
5. La composizione della crisi da sovraindebitamento, di Chiara Valcepina
45
6. La rivoluzione copernicana del processo
civile telematico, di Daniela Muradore
53
7. La negoziazione assistita in materia di famiglia (Commissione Famiglia Coa Milano) 60
PARTE II
Proposte di mozione dell’Ordine di Milano
1. Giustizia senza processo e giurisdizione forense 64
2. Modifica dell’art. 48 del Codice deontologico sulla riservatezza della corrispondenza
66
3. Società di avvocati e soci di capitale negli
studi professionali
68
4. Intervento normativo in materia di elezione dei componenti dei consigli dell’ordine
72
5. Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento
74
6. Patrocinio a spese dello Stato nelle ADR
76
7. Negoziazione assistita in materia di lavoro
78
8. Negoziazione assistita in materia di famiglia
80
9. Modifica dell’art. 2233 c.c. per il diritto
all’equo compenso
82
APPENDICE
Le regole congressuali attuali
I - Statuto del Congresso nazionale forense e dell’Organismo unitario dell’Avvocatura italiana
86
II - Regolamento dei lavori congressuali
96
III - Mozioni statutarie n. 27 e 20/11 approvate rispettivamente ai Congressi di Verona e di Bari
104
PRESENTAZIONE
Questo Quaderno vuole essere il contributo dell’Ordine di Milano al Congresso nazionale forense per
avviare l’approfondimento sul tema proposto.
“Giustizia senza processo? La funzione dell’Avvocatura” è invero una prospettiva di grande valore istituzionale, giuridico e sociale e l’Avvocatura italiana
deve esserne pienamente consapevole per recuperare il ruolo di guida che le compete, anche nell’ambito normativo, con la partecipazione convinta di ogni
singolo avvocato e di tutte le componenti istituzionali e associative.
I contributi offerti intendono quindi proporre una
riflessione su alcuni punti e dare concretezza agli
stessi, con la formulazione di bozze di mozioni che
potranno essere illustrate in sede congressuale.
Milano, 22 settembre 2016
XXXIII Congresso nazionale forense
I Consiglieri dell’Ordine degli avvocati di Milano
(2015 - 2018)
9
1.
DANOVI REMO - Presidente
2.
MOSCOLONI ENRICO - Vice presidente
3.
PRETI CINZIA - Consigliere Segretario
4.
COSSAR LAURA - Consigliere Tesoriere
5.
BASTIANELLO ALESSANDRO
6.
BELLINI CRISTINA
7.
BELLONI SILVIA
8.
BOCCARDI PAOLA
9.
BOSCO MARIA GRAZIA
10.
DEL CORNO ANDREA
11.
FINELLI ANTONIO
12.
GERMANÀ TASCONA NADIA
13.
LAVIANI RENATO
14.
LEONE ANGELO
15.
LIMENTANI CORRADO
16.
MARINO MANLIO
17.
MINNITI GABRIELE
18.
MONEGAT MARIAGRAZIA
19.
NARDO VINICIO
20.
RATTI ANTONELLA
21.
TOSONI PAOLO
22.
TRAINI PIETRO
23.
TURRI SILVANA
24.
VALCEPINA CHIARA
25.
ZINGALE UBALDO STEFANO
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
I Delegati dell’Avvocatura milanese
al XXXIII Congresso nazionale forense
1.
DANOVI REMO (Delegato di diritto)
2.
ACAMPORA CLAUDIO
3.
ARLENGHI MARIA MADDALENA
4.
BARBERA MARIA GIUSEPPINA
5.
BARBIERI BRUNO
6.
BARELLI DANIELE
7.
BASTIANELLO ALESSANDRO
8.
BELLINI CRISTINA
9.
BELLONI SILVIA
10.
BOCCARDI PAOLA
11.
BORGHI LUCA
12.
BOSCO MARIA GRAZIA
13.
CALABRESE CINZIA
14.
CASTIGLIONI FRANCESCA
15.
CERULLO PAOLA
16.
COSSAR LAURA
17.
CUNTERI FRANCESCA
18.
D’AMICO SIMONETTA
19.
DEL CORNO ANDREA
20.
DELLA PENNA LODOVICO
21.
FARANDA PIETRO
22.
FINELLI ANTONIO
23.
FORNARO CRISTINA
24.
FRASCA DOMENICO
25.
GARIBOLDI SILVIA
10
XXXIII Congresso nazionale forense
11
26.
GERMANÀ TASCONA NADIA
27.
HOESCH LAURA
28.
IUDICA MICHELE
29.
LAVEZZARI ISABELLA
30.
LAVIANI RENATO
31.
LEO LOREDANA
32.
LEONE ANGELO
33.
LI VIGNI ILARIA
34.
LIMENTANI CORRADO
35.
MANASSERO DANIELA
36.
MARINO MANLIO
37.
MEZZANOTTE ALESSANDRO NICOLA
38.
MINNITI GABRIELE
39.
MONEGAT MARIAGRAZIA
40.
MOSCOLONI ENRICO
41.
NARDO VINICIO
42.
PEZZULO SALVATORE
43.
PICOTTI MATTEO
44.
PIETRASANTA LAURA MARIA
45.
PONTE PAOLA
46.
PONZONI LUCA
47.
RATTI ANTONELLA
48.
RENZELLA ROBERTO
49.
RINALDINI FEDERICA
50.
SANTARELLI CLAUDIO
51.
SARNO ERNESTO
52.
SIFACE ANDREA
53.
SILVA ELISABETTA
54.
STANCHI ANDREA
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
55.
TOGNOLA CECCHIN MASSIMILIANO
56.
TORRENTE MARIA ANGELA
57.
TOSONI PAOLO
58.
TRAINI PIETRO
59.
TURRI SILVANA
60.
VALCEPINA CHIARA
61.
VILLA MICHELA
62.
ZINGALE UBALDO STEFANO
12
PARTE I
SULLA RAPPRESENTANZA
E SUI TEMI CONGRESSUALI
XXXIII Congresso nazionale forense
1. Note sulla rappresentanza
Sommario
1. Le posizioni espresse nel dibattito
pre-congressuale.
2. Il problema teorico.
3. Il valore dell’unità.
4. I punti fermi: la legge professionale forense.
5. La rappresentanza del C.N.F. e dei C.O.A.
e le relative funzioni.
6. Il Congresso e l’Organismo unitario.
7. La proposta.
1. Le posizioni espresse
nel dibattito pre-congressuale.
Nelle varie occasioni di incontro e nelle tante discussioni
aperte sul tema (attraverso l’Agorà, il Coordinamento degli
ordini forensi, le Unioni Regionali, i dibattiti interni nei
vari Consigli e nelle Associazioni) sostanzialmente tutte
le soluzioni possibili sono state enunciate. Basta leggere i
relativi verbali.
Per fare opera di sintesi si può dire che di volta in volta sono
state prospettate soluzioni di principio (con assegnazione
della rappresentanza al C.N.F., all’O.U.A. o ad altri
organismi) e suddistinzioni poi all’interno di ciascuna
ipotesi, con una molteplicità di opzioni sulla composizione
associativa o ordinistica, sul numero dei componenti delle
assemblee e dei delegati, sul direttivo, sulle funzioni e
quant’altro.
Sono tutte soluzioni molto ragionevoli e in parte
15
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
condivisibili, tenuto conto della prospettiva iniziale da
cui ciascuno si pone. Ma è proprio questa prospettiva che
dovrebbe essere approfondita per distinguere le scelte che
sono soggettive ed istintive da quelle più opportunamente
meditate e oggettive.
2. Il problema teorico.
In effetti, se si discute di rappresentanza, si dovrebbero
porre alcune premesse argomentative, con molto umiltà,
considerato che il tema della “rappresentanza degli
interessi” è sorto già con la prima legge professionale
dell’avvocatura (1874), come ricorda esattamente Francesca
Tacchi, analizzando il passaggio dall’associazionismo
al riconoscimento dell’istituzione (Gli avvocati italiani
dall’Unità alla Repubblica, Bologna, il Mulino, 2002, 305383). Da allora i tentativi per dare significato agli aspetti
rappresentativi sono stati infiniti: la Federazione delle
curie del 1896, la Federazione Nazionale degli avvocati e dei
procuratori d’Italia del 1911, la Federazione Nazionale Forense
del 1922; e ancora, in tempi più recenti, la FESAPI nel 1964
(poi scissa nel 1988 in Federavvocati e Assoavvocati), l’Unione
delle Curie e la Federordini (1985), per finire all’Organismo
unitario dell’avvocatura del 1994, e ora alle tante discussioni
nel Coordinamento, nell’Agorà, nelle Unioni regionali e
altro. Ricordare tutte questi passaggi è essenziale, per non
riprodurre gli schemi del passato.
Ma non solo. Il richiamo storico deve accompagnarsi
necessariamente all’approfondimento istituzionale e
costituzionale del tema, attraverso i tanti contributi che si
sono succeduti sul punto, per arrivare a una nozione comune
sulla rappresentanza, giuridica, istituzionale, politica.
Basti qui ricordare i vari testi dottrinali e i più recenti specifici
saggi applicati al diritto forense di G. Colavitti, Gli ordini
professionali tra rappresentanza politica e rappresentanza di
16
XXXIII Congresso nazionale forense
interessi: la posizione del Consiglio nazionale forense, in Rass.
forense, 2000, 449-500, cui sono seguite le critiche di F.
Sabatini, Chi rappresenta l’avvocatura, in Prev. forense, 2001,
112, e le conclusioni di D. Donella, Per un regolamento di
confini, a chi la rappresentanza?, in Prev. forense, 2001,
208; e ancora R. Danovi, Sull’unità e sulla rappresentanza
dell’avvocatura, in Prev. forense, 2003, n. 1, 7-25 (relazione
tenuta a Verona in occasione del Congresso straordinario
nazionale forense, il 12 dicembre 2002) e i tanti altri
articoli successivamente intervenuti che pure sarebbe
indispensabile conoscere.
Una minima conclusione dovrebbe quindi essere possibile:
rappresentanza istituzionale e rappresentanza politica
consentono vicendevolmente di dare voce a un soggetto
(Avvocatura) che esiste nel momento stesso in cui la
rappresentanza viene esercitata, onde nessuna formula
può sostituire di per sé l’esercizio di fatto che viene attuato.
Allo stesso modo, nessuna formula può dare concretezza
ai valori sperati, ai principi e agli obiettivi perseguiti. Unità
e rappresentanza rimangono sullo sfondo se non trovano
una attuazione concreta.
3. Il valore dell’unità.
Anche nella Magistratura si riproducono esattamente gli
stessi problemi, con alcune differenze strutturali rispetto
all’Avvocatura: il diverso numero degli iscritti (10.000
contro 250.000) e il diverso peso che l’opinione pubblica
assegna alle categorie.
A parte queste differenze (l’elevato numero degli avvocati
dovrebbe essere valorizzato come una risorsa anche
nell’ambito della giurisdizione e così pure si dovrebbe
continuamente operare per riscostruire l’immagine), il
grande credito di cui gode la magistratura deriva dal fatto
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
che, pur essendo la stessa scissa tra istituzione (C.S.M.)
e associazione (A.N.M., frutto della composizione delle
varie correnti associative), essa si esprime sempre
tendenzialmente in modo unitario, nell’interesse della
categoria e nella valutazione dei problemi della giustizia (nella
difesa del proprio ordinamento e nella contrapposizione dei
pesi tra garantismo ed efficienza). Sono voci diverse quelle
del C.S.M. e quelle di A.N.M. (tra l’altro con interlocutori
diversi: il C.S.M. dialoga con il Governo mentre A.N.M.
è richiesta nelle audizioni con il Parlamento), ma nella
sintesi espressa esse sono tendenzialmente sempre
uguali, e sono forti perché esprimono unità (o meglio,
se vogliamo, sono forti quando esprimono unità), senza
discussioni tra chi abbia la rappresentanza istituzionale o
la rappresentanza politica.
Per contro, l’Avvocatura è sempre tendenzialmente
schierata su fronti contrapposti (come è nella fisiologia
del difensore rispetto alla controparte), e così il C.N.F.
assume deliberazioni che le Associazioni impugnano o
le Associazioni impugnano regolamenti ministeriali che
il C.N.F. difende (da ultimo, sulle elezioni forensi, sulle
specializzazioni, sul titolo di cassazionista, sulla formazione
continua e quant’altro). Senza contare poi che vi sono
Associazioni che si pongono in autonomia rispetto a tutti
gli altri enti istituzionali e associativi (le Camere penali)
e proclamano lo sciopero, forti del loro peso nell’ambito
processuale penale.
A giudicare dagli esiti giudiziari (non proprio favorevoli
alle istituzioni), è prioritario e indispensabile recuperare il
principio dell’unità, ove naturalmente unità non vuol dire
unitarietà o uniformità, poiché al contrario è indispensabile
la pluralità delle voci che possano poi essere composte nel
dialogo interno. Ma con un duplice limite: chi esprime voci
contrarie non deve essere osteggiato e in nessun caso le
scelte compiute devono essere “divisive”.
18
XXXIII Congresso nazionale forense
Per recuperare l’unità non servono dunque formule. L’unità
è un bene prezioso, è il valore della categoria e l’unità non
viene da una formula ma da una precisa convinzione e
coscienza. Pretendere di avere unità appiattendo organismi
e associazioni sul C.N.F. o sugli Ordini potrebbe essere un
errore, poiché toglie il valore ai primi e nulla aggiunge a
quello del C.N.F. o degli Ordini.
4. I punti fermi: la legge professionale forense.
L’unico modo per tentare di equilibrare una soluzione parte
dal rispetto del dato normativo, cioè dai principi che sono
fissati dalla nuova legge professionale.
In verità, la legge 247/2012 non è propriamente un esempio
da imitare, per due contrapposte ragioni: da un lato essa è
ancora incompleta poiché mancano tuttora vari regolamenti
e d’altro lato la molteplicità delle regolamentazioni
intervenute impedisce di avere una normativa semplice,
uniforme, conoscibile.
Vi sono anche molteplici norme che dovrebbero essere
riviste e futuri cambiamenti non sono difficili da
immaginare (sarà anzi il compito assegnato all’Avvocatura
nel prossimo futuro). Ma le norme oggi vi sono e devono
essere rispettate, per la stessa struttura ordinamentale che
esse hanno disegnato.
5. La rappresentanza del C.N.F. e dei C.O.A.
e le relative funzioni.
La nuova legge professionale assegna la rappresentanza
istituzionale al C.N.F. sul piano nazionale e ai singoli
C.O.A. sul piano locale.
19
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
Così infatti dispone l’art. 35.1, lett. a: «il C.N.F….ha in via
esclusiva la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a
livello nazionale e promuove i rapporti con le istituzioni e le
pubbliche amministrazioni competenti».
Ugualmente l’art. 25.1, stabilisce che «l’ordine circondariale
ha in via esclusiva la rappresentanza istituzionale a
livello locale e promuove i rapporti con le istituzioni e le
pubbliche amministrazioni».
Altre norme riguardano la Cassa di previdenza che pure
costituisce un punto di riferimento obbligato e rilevante
per l’Avvocatura.
Nessuno dunque può dubitare sulla rappresentanza
istituzionale che compete in via esclusiva al C.N.F. e ai
C.O.A. (rappresentati a loro volta dai rispettivi presidenti), e
viene espressa nell’attuazione delle innumerevoli funzioni
che la stessa legge assegna a tali enti istituzionali.
Attendere a tali compiti è essenziale, tanto più che non si tratta
soltanto di adempimenti burocratici o autoreferenziali, ma
di impegni con ampie prospettive sociali per la formazione,
la giurisdizione, l’educazione alla legalità.
Chiunque abbia fatto o faccia parte dei Consigli dell’ordine
o del Consiglio nazionale forense sa esattamente quanto
sia profondo l’impegno istituzionale, e al contempo
politico, nelle tante attività che sono delineate nella legge
e vengono quotidianamente svolte. Parlare, ad esempio,
con il Prefetto per discutere intorno a una direttiva
sull’esecuzione degli sfratti, o stipulare una convenzione
con la Regione e il Comune per difendere l’ambiente o dare
informazioni alle vittime della violenza o dell’usura hanno
un valore istituzionale e politico eccezionale, che dà peso e
riconoscimento all’Avvocatura che viene rappresentata. E
così nelle tante molteplici funzioni alle quali ci richiamano
i bisogni della società e nelle tante emergenze che il sistema
processuale e giudiziario impongono di risolvere.
Con un’ultima essenziale annotazione: che per tutti valga il
20
XXXIII Congresso nazionale forense
senso etico nelle scelte da compiere, e l’etica possa essere
intesa come diritto e rispetto degli altri.
6. Il Congresso e l’Organismo unitario.
Fermi i principi indicati, con la rappresentanza così delineata
dalla legge «in via esclusiva», la stessa legge professionale
(art. 39) dispone che il C.N.F. debba convocare il Congresso
nazionale forense almeno ogni 3 anni.
Tale Congresso è «la massima assise dell’avvocatura italiana
nel rispetto dell’identità e della autonomia di ciascuna delle sue
componenti associative».
Inoltre, «il Congresso tratta e formula proposte sui temi della
giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini,
nonché le questioni che riguardano la professione forense».
Infine (art. 39.3), «il Congresso nazionale forense delibera
autonomamente le proprie norme regolamentari e statutarie, ed
elegge l’organismo chiamato a dare attuazione ai suoi deliberati».
Il Congresso nazionale forense, dunque, deve eleggere un
“Organismo”, e questo è per definizione unitario poiché
promana dalla massima assise dell’Avvocatura italiana, di
cui tutti fanno parte, secondo le norme regolamentari e
statutarie che lo stesso Congresso definisce.
Il Congresso peraltro, e l’Organismo che è chiamato a
dare attuazione ai suoi deliberati, non si identifica con
il C.N.F., né si sostituisce alle Associazioni, che anzi
mantengono la loro identità e autonomia, ma dà voce
all’unità raggiunta in sede congressuale, cioè alla volontà
che tutti gli avvocati esprimono nella sede congressuale,
secondo le maggioranze stabilite.
Nel Congresso si forma dunque una volontà “politica”
dell’Avvocatura, sui temi che richiedono una posizione
precisa, e sono indicati dallo stesso art. 39 della legge
professionale: la giustizia, i diritti fondamentali dei cittadini,
21
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
la professione forense.
Non si tratta di compiti di poco rilievo. La giustizia è il punto
centrale di ogni attenzione, il pilastro portante (insieme
con il lavoro) che sostiene la stessa società civile ed è in
tutti i contesti normativi e regolamentari. I diritti umani
(nel testo della legge, fondamentali) sono oggi espressione
di esigenze etiche dei cittadini, come è consacrato in tutti i
documenti e nelle raccomandazioni di ordini, associazioni
e singoli professionisti, come ad esempio nel “Manifesto
dell’Avvocatura” del giugno 2015 dell’Ordine di Milano o
nelle Linee-guida dell’International Bar Association dell’8
ottobre 2015 sull’impegno per i diritti umani (Business and
Human Rights). La professione forense, infine, è l’ambito senza
confini che comprende ogni possibile e auspicabile impegno.
7. La proposta.
Se tutto ciò è nella legge, l’art. 39 deve collocarsi in
continuità con la nostra storia, con i 32 Congressi nazionali
che vi sono stati, e con l’Organismo che sarà nominato,
con la piena partecipazione di tutti. Potremmo chiamarlo
Organismo Congressuale Forense (O.C.F.).
La sfida è dunque di dar vita a un Organismo effettivamente
rappresentativo, riconosciuto, legittimato e inclusivo, nello
sforzo di capire che non si tratta di coltivare l’autonomia (che
nella legge non è messa in discussione), ma di respingere
l’illusione dell’autosufficienza e dell’autoreferenzialità
degli Ordini e delle varie aggregazioni, anche associative,
che in determinate fasi della vita dell’Avvocatura e della
loro storia godono di particolare forza e rappresentatività,
e pensano di poter fare da sé. Possono continuare a essere
istituzioni e anche associazioni autonome, senza privarsi
dell’identità, riconoscendo l’organo eletto dal Congresso e
perseguendo il risultato di dare forza all’Avvocatura tutta.
22
XXXIII Congresso nazionale forense
In questa situazione, dunque, l’Organismo che per legge
dovrà essere eletto dal Congresso dovrebbe avere una
struttura semplice e autonoma per dare concretezza alle
questioni trattate nel Congresso, con una Assemblea e un
Consiglio direttivo. L’Assemblea dovrebbe essere eletta
dal Congresso in un numero ridotto di componenti (tra i
quali potrebbe essere possibile la presenza di consiglieri
o presidenti dei Consigli dell’ordine); i componenti del
Consiglio direttivo dovrebbero essere eletti dall’Assemblea:
il presidente a maggioranza qualificata dei 2/3 (prevedendo
l’incompatibilità con le cariche di presidente o componente
dei Consigli dell’ordine), mentre gli altri componenti
a maggioranza semplice. All’interno del Consiglio
direttivo dovrebbero essere poi elette le ulteriori cariche di
vicepresidente, segretario e tesoriere.
Allo stesso tempo potrebbe essere formulato un “Tavolo
permanente di lavoro” ove C.N.F., Cassa di previdenza e
O.C.F. possano stabilire presenze e partecipazioni comuni.
Questa è l’essenza di una proposta, in base alla quale
possono poi articolarsi tutte le precisazioni più opportune,
per tentare ancora una volta di ritrovare attraverso la
rappresentanza l’unità dell’Avvocatura.
—
Documento adottato dal Consiglio dell’Ordine in data 26
maggio 2016 quale premessa alla proposta di mozione sullo
Statuto del Congresso e dell’Organismo Congressuale Forense.
23
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
2. Una “giustizia senza processo”:
la giurisdizione forense
Sommario
1. La giurisdizione.
2. La degiurisdizionalizzazione.
3. L’arbitrato.
4. Le mediazioni, conciliazioni e negoziazioni.
5. L’avvocatura e la difesa dei diritti.
6. In particolare:
A) gli organismi di conciliazione forensi.
7. B) le camere arbitrali forensi (C.A.F.).
8. C) la negoziazione assistita.
9. I punti critici: formazione, consenso e spese.
10. Conclusione: verso la “giurisdizione forense”.
1. La giurisdizione.
La giurisdizione è una funzione dello Stato, preordinata
per dare certezza ed effettività all’ordinamento e risolvere
i contrasti tra le parti. Intesa generalmente come potestà
pubblica di accertare i diritti e dirimere i conflitti attraverso
una regolamentazione minuziosa del processo (più
correttamente, dei vari tipi di processo, già segno di una
difficoltà di concezione unitaria), la giurisdizione ha
sempre goduto di due caratteristiche esclusive: il giudicato
e la capacità di modificare e costituire lo status delle
24
XXXIII Congresso nazionale forense
persone. Le frasi celebri che risalgono agli inizi del tempo
giuridico (la sentenza facit de albo nigrum et de rotundis
quadrata) attestano l’espansione enorme dell’oggetto della
pronuncia, anche se celebrano in se stesse il principio
dell’errore (appunto, il rotondo quadrato). Ma è stato anche
detto che, per i rapporti umani, la certezza deve essere
accettata come verità (res iudicata pro veritate accipitur),
nella diffusa convinzione che il risultato certo sia l’unico
apprezzabile concretamente tra le parti per la sicurezza
stessa dei rapporti e l’effettività dell’ordinamento.
Tali essendo dunque molto pragmaticamente le
caratteristiche della giurisdizione, da tempo la stessa è in
difficoltà per la riconosciuta incapacità o impossibilità di
risolvere adeguatamente tutti i conflitti. Vi è sempre infatti
un numero enorme di liti pendenti e i tentativi radicali
per porvi rimedio (come è stato fatto in passato: isolare
tutte le pendenze per affidarne la definizione a stralcio a
neo-giudici aggregati, così da consentire in via ordinaria
lo smaltimento effettivo e tempestivo dei nuovi processi
sopravvenuti) non hanno dato alcun esito: i ritardi si sono
prontamente riprodotti e ancora oggi il numero dei processi
civili pendenti veleggia tra i 4 e i 5 milioni.
Né qui si debbono indagare le cause di un fenomeno che
già Muratori nei tempi passati considerava endemico:
troppi avvocati, troppi litigi, pochi giudici? Tutto concorre
a determinare il fenomeno, secondo le suggestioni dei
fatti o le convinzioni dei singoli: certo non siamo nel paese
di Utopia o nella Città del Sole, ove i litigi sono quasi
inesistenti e si decidono i tre gradi di giudizio nel corso di
tre giorni; e non siamo neppure nel Giappone ove le liti sono
pochissime, poiché prevalgono le ragioni dell’armonia che
inducono a ritenere offensiva un’azione giudiziaria coattiva
per ottenere qualcosa. L’armonia non ammette forzature,
poiché impone immediatamente il riconoscimento del
proprio torto.
25
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
Forse è proprio qui la spiegazione del numero delle liti e
del tempo interminabile per concluderle: è un problema di
cultura e di educazione alla legalità, un altro tema rilevante
di cui dovremmo occuparci più diffusamente.
2. La degiurisdizionalizzazione.
Date le difficoltà riscontrate, una vera e propria patologia, è
ovvio che siano stati ricercati mezzi alternativi di risoluzione
delle controversie: mezzi invocati insistentemente dalla
stessa magistratura. Ogni ipotesi infatti che possa sottrarre
litigi alla giurisdizione non è avversata dai giudici ma almeno in questi ultimi tempi - sollecitata dallo stesso
sistema giudiziario.
Un impulso in questa direzione è stato dato anche dalla
Corte di giustizia europea che ha condannato ripetutamente
l’Italia per l’irragionevole durata dei processi: una lezione
che avrebbe dovuto indurre a cercare soluzioni, ma è servita
a poco poiché le condanne hanno portato paradossalmente
a rimedi economici, ma non a rimedi strutturali!
Peraltro, proprio sulla spinta di queste considerazioni,
dapprima gli enti istituzionali e poi ripetutamente il
legislatore sono intervenuti per ricercare, individuare
e regolamentare modi e mezzi alternativi per risolvere
i conflitti. Qui la letteratura è talmente ampia che ne è
impossibile perfino la rievocazione. Basti dire che, ad ogni
livello, sono cresciute in numero esponenziale le iniziative
volte a cercare, o a sollecitare la ricerca di mezzi alternativi
per la risoluzione delle controversie, come è attestato dagli
organi creati per comporre le liti (comitati di difesa dei
consumatori, comitati di esperti, collegi di probiviri, uffici
reclami, giurì di autodisciplina, camere arbitrali, camere
di conciliazione, giudici di pace, ombudsman, difensori
civici, autorità garanti), e dai relativi strumenti offerti
26
XXXIII Congresso nazionale forense
(programmi di arbitraggio, giudizi arbitrali, azioni di classe,
procedure out-of-court in senso ampio, deformalizzazione,
conciliazioni, mediazioni).
Dapprima limitate a particolari settori (soprattutto le piccole
liti o small claims, ma anche i nuovi diritti) e a soggetti
ben definiti (in particolare i consumatori, gli utenti e i
risparmiatori), queste iniziative si sono diffuse con ampie
regolamentazioni, in ambito nazionale e internazionale,
anche sotto forma di progetti pilota, libri verdi, piani di
azione, pattuizioni, statuti: tutti obbedienti alla necessità di
individuare procedure rapide, efficaci e poco costose.
È questo in sintesi il fenomeno che è stato chiamato in negativo
con una parola impossibile (la degiurisdizionalizzazione)
e in positivo con l’acronimo che riproduce un concetto
straniero (A.D.R. - Alternative Dispute Resolution), per
l’universalità che lo contraddistingue.
Oggi, dunque, vi è un campo aperto di organi alternativi,
sempre crescenti, sempre volonterosamente indicati come
idonei a risolvere il problema. Si è posto anche il dilemma,
se considerare le A.D.R. una panacea, la cura di tutti i mali,
o un anatema, una maledizione da combattere.
Anche in questo caso non interessa la dialettica degli
opposti ma occorre oggettivamente riscontrare il fenomeno
e sottolinearne pragmaticamente la rilevanza: in altri
tempi e modi potranno essere affrontate le disquisizioni
giuridiche e sociologiche.
3. L’arbitrato.
Un mezzo per eccellenza alternativo alla giurisdizione
è sempre stato l’arbitrato, affidato a soggetti individuati
per risolvere controversie specificamente delimitate, sulla
base di patti liberamente precisati, secondo regole proprie.
Le parti invero accettano che la controversia sia decisa
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
autoritativamente da un terzo soggetto, attraverso vari tipi di
procedure (arbitrato rituale, irrituale o amministrato), con
effetti diversi in dipendenza delle varie formule utilizzate;
e la stessa magistratura si è spesa in infinite decisioni per
interpretare l’intenzione delle parti e - inevitabilmente - per
decidere sulle impugnazioni dei relativi giudizi proposte
dai soggetti insoddisfatti.
A confermare il declino della giurisdizione è anche l’ultimo
intervento del legislatore, che consente il «trasferimento alla
sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità
giudiziaria» (art. 1 l. 162/2014), su istanza congiunta delle
parti, nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado di
appello: cause che il giudice trasmette al presidente del
Consiglio dell’ordine del circondario per la nomina del
collegio arbitrale o di un arbitro.
Certamente l’arbitrato ha caratteristiche interessanti per
farlo preferire alla soluzione giudiziaria dei contrasti:
sono assicurate infatti - o dovrebbero essere assicurate
- la riservatezza, la comprensione precisa degli accordi
intervenuti o dei nuovi accordi prospettati, la durata
ragionevole dei giudizi. Per contro, le spese sono sempre
state ingenti e ciò ha allontanato l’idea di utilizzarlo in
forma ampia, ove non intervengano limitazioni o correttivi.
Così è per quanto riguarda l’arbitrato c.d. delegato (quello
trasferito dal giudice ordinario al collegio arbitrale, come
abbiamo detto). Anche in questo caso il passaggio dalla
potestà del giudice alla volontà degli arbitri, dopo anni
di pregressa attività giudiziaria, non sembra destinato a
raccogliere molti consensi.
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XXXIII Congresso nazionale forense
4. Le mediazioni, conciliazioni e negoziazioni.
Indipendentemente dalla risoluzione contenziosa delle
liti, ma anzi per favorirne la definizione, in questi ultimi
tempi lo Stato è intervenuto per imporre forme alternative,
soprattutto con riferimento alla mediazione, intesa come
condizione preliminare o presupposto per esperire l’azione
giudiziaria, e quindi con un intendimento vagamente
deflattivo (per allungare nel tempo la proposizione effettiva
della lite), ma anche nella prospettiva del raggiungimento
di una intesa tra le parti. Come tutti i fenomeni obbligatori,
la mediazione così concepita è stata avversata ed è stata
considerata in parte incostituzionale: riproposta con
una nuova regolamentazione, e in via sperimentale, la
mediazione è in attesa di essere nuovamente giudicata (e
sicuramente confermata e ampliata).
Per attuare in senso pratico la mediazione sono stati previsti
e disciplinati molteplici organismi deputati a intervenire
ed eventualmente risolvere i contrasti tra le parti in via
conciliativa. Qui l’elenco è infinito, non solo in senso
orizzontale (tanti enti hanno creato sistemi di risoluzione
delle controversie), ma anche in senso verticale (poiché le
derivazioni territoriali dei singoli enti hanno creato a loro
volta camere periferiche conciliative). Basti pensare alle
camere di commercio e, da ultimo, agli stessi ordini forensi.
Non solo. Organismi specializzati sono stati individuati
per risolvere specifiche controversie, in tutte le forme
immaginabili (e con le varie sigle conosciute: CORECOM,
Autorità Garanti, CONSOB, Centri ADR e altro, in vari settori
quali le telecomunicazioni, l’energia, le banche, i trasporti,
la riassegnazione dei nomi a dominio). Il settimo rapporto
sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia, a cura
di ISDACI (2014), ne dà un ampio resoconto, così come il
quarto rapporto dell’Unione Nazionale Camere Civili (2015).
Ma non basta. Il legislatore è intervenuto ancora affidando a
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
organismi pubblici specificamente indicati e regolamentati
la composizione della crisi da sovraindebitamento (art. 15 l.
3/2012 e d.m. 202/2014); e ha poi introdotto la negoziazione
assistita, cioè la convenzione con cui le parti esprimono
la condivisione di “cooperare in buona fede e con lealtà”
per risolvere direttamente le questioni insorte tra le stesse,
secondo le regole fissate dalla legge (l. 162/2014). E con le
stesse finalità è infine il d.lgs. 6 agosto 2015 n. 130, che
dà attuazione alla direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione
alternativa delle controversie dei consumatori.
La conciliazione ovviamente avviene sempre tra le parti
coinvolte e su base volontaria, e ciò distingue nettamente
queste ipotesi dall’arbitrato: ma è la proliferazione
degli enti interessati alla conciliazione il fenomeno più
vistoso, alla scopo ormai consolidato di indurre le parti
a volontariamente definire le loro controversie in tutti i
modi possibili, precisando in modo pattizio l’assetto dei
loro diritti o interessi, senza ricorrere necessariamente
all’autorità giurisdizionale.
5. L’avvocatura e la difesa dei diritti.
Questo essendo lo scenario, tocca all’avvocatura cogliere
le tendenze in atto per modificare radicalmente il proprio
atteggiamento, partendo dalla considerazione che nel
giudizio civile non vi è normalmente un’iniziativa d’ufficio,
ma vi è sempre un’azione di parte. Spetta infatti ai soggetti
tutelare i propri diritti e spetta all’avvocato individuare
i mezzi per realizzare tale obiettivo, procedendo con la
formulazione della domanda: domanda che normalmente
viene proposta davanti all’autorità giudiziaria.
Fino ad oggi.
Ora per altro, per quanto abbiamo detto, e per le scelte
operate necessariamente dal legislatore, si possono aprire
30
XXXIII Congresso nazionale forense
tre differenti percorsi con obiettivi alternativi chiaramente
precisati, con la partecipazione attiva degli organi forensi.
Infatti:
a. la mediazione/conciliazione. In alcuni casi è imposta
obbligatoriamente la mediazione; in altri le parti stesse
possono dar vita a richieste di conciliazione presso i
tanti organismi a tale effetto costituiti, tra i quali sono
gli ordini e le fondazioni forensi;
b. l’arbitrato. Ove le parti non intendano addivenire a una
conciliazione, ma al contrario intendano procedere
per ottenere la decisione di un terzo sulla controversia
tra loro pendente, è sempre possibile instaurare una
procedura davanti a una camera arbitrale tra le tante
esistenti e costituite anche dagli organi forensi. Questa
opportunità è oggi ancor più favorita dalla scelta del
legislatore - sopra ricordata - di deferire ad arbitri
la risoluzione della lite per i giudizi già in corso in
tribunale o in corte d’appello;
c. la negoziazione assistita. Ancora le parti, assistite dai
rispettivi legali, senza ricorrere a mediatori e senza
richiedere l’intervento di terzi giudicanti, possono (e in
alcuni casi debbono) richiedere di dar vita alla particolare
procedura prevista, sottoscrivendo una convenzione di
negoziazione assistita. L’accordo raggiunto costituisce
titolo esecutivo ed è idoneo a iscrivere ipoteca
giudiziale e, nelle controversie famigliari, “produce gli
effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali” che
definiscono i procedimenti di separazione e divorzio.
Sono queste le tre alternative che oggi si presentano
all’avvocatura e sono queste le possibilità di risolvere i
conflitti che qualificano il ruolo degli avvocati in senso
sostanziale e formale: sono gli avvocati infatti che chiedono
in nome delle parti il riconoscimento dei diritti e sono gli
avvocati che scelgono il mezzo più adeguato per farlo.
Oggi dunque non vi è più un’esclusiva dell’autorità
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
giudiziaria, ma vi sono mezzi alternativi che tendono a
dare risposte diversificate alle istanze dei cittadini, e ciò che più conta - attraverso organismi costituiti dagli
stessi ordini forensi. È l’avvocatura dunque che interviene
nell’ambito della giurisdizione in piena conformità con le
scelte del legislatore.
6. In particolare:
A) gli organismi di conciliazione forensi.
Abbiamo detto che gli organismi di conciliazione/
mediazione sono stati previsti e regolamentati dal legislatore
per la risoluzione delle varie controversie, e dobbiamo dare
atto che la legge ha previsto che tali organismi possano
essere costituiti anche dagli ordini forensi.
Di fatto moltissimi organismi di conciliazione sono già
sorti presso i vari consigli dell’ordine (o presso le relative
fondazioni) e sono operativi da tempo, ed esiste anche un
“Coordinamento nazionale” che raccoglie oltre cinquanta
ordini forensi e si riunisce periodicamente per dibattere i
temi più rilevanti. In un incontro del 19 settembre 2015,
a Milano, i rappresentanti dei vari organismi che danno
vita al coordinamento hanno dibattuto tra l’altro i temi che
riguardano la conciliazione on line e la predisposizione
degli strumenti idonei per gestire e comporre le crisi da
sovraindebitamento, come disposto dalla legge, nonché il
tema cruciale della qualità dei mediatori. È fondamentale,
infatti, il percorso formativo dei mediatori, così come il
rapporto tra questi ultimi e gli avvocati che assistono le
parti in mediazione, con tutti i profili di incompatibilità e
conflitti di interesse che possono prospettarsi anche sotto
il profilo deontologico, e sono oggetto della circolare del
Ministero della giustizia del 14 luglio 2015, per garantire i
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XXXIII Congresso nazionale forense
requisiti di terzietà e imparzialità.
Vi è dunque una situazione di fatto meritevole di grande
attenzione poiché gli organismi di conciliazione creati dagli
ordini forensi, per le tante ragioni richiamate, già raccolgono
migliaia di richieste; e ciò sia per la loro dislocazione sul
territorio, sia per l’obbligatorietà della mediazione (in
alcuni casi) o per la competenza specifica accordata (la crisi
da sovraindebitamento) o l’utilità manifesta (le controversie
famigliari).
Il punto dolente è ancora il numero esiguo di effettive
conciliazioni, ma proprio questa è la prospettiva che
impone di superare le resistenze per incoraggiare quanto
più possibile la giustizia del caso concreto e contribuire
concretamente alla deflazione del contenzioso.
Gli organismi di conciliazione presso gli ordini forensi, e gli
avvocati che assistono le parti davanti a questi organismi,
possono rendere possibile questo risultato.
7. B) le camere arbitrali forensi (C.A.F.).
Anche questa è una prospettiva che, indipendentemente
dalla regolamentazione normativa e dalle iniziative
legislative in corso, può essere presa in esame e di fatto
è già stata concretizzata da numerosi consigli dell’ordine.
Sono state costituite infatti camere arbitrali forensi
(C.A.F.), con specifiche strutture e regolamentazioni, a
seguito anche della preventiva predisposizione di attività
formative per migliorare le prestazioni e la funzionalità, e
sono state quindi poste le basi per consentire il ricorso a
queste procedure per la risoluzione delle controversie, in
tutti i casi possibili.
Certo, fino ad oggi, in termini numerici i risultati sono
molto modesti, e poche decisioni di casi risolti non sono
nulla di fronte alla enormità dei numeri delle liti pendenti
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
davanti ai tribunali. Ma proprio questo è il punto. Se
l’avvocatura vuole riscattare le proprie incertezze e
contribuire direttamente per essere parte attiva della
capacità di fare giustizia (sono 240.000 gli avvocati, mentre
sono 9.000 i giudici), è tempo di cambiare radicalmente: lo
si può fare applicando ai contratti clausole compromissorie
che facciano riferimento alle camere arbitrali forensi e
procedere poi con competenza ed efficienza alla gestione
delle liti, con costi sostenibili e predeterminati.
Né con ciò si vuole fare concorrenza alle altre camere
arbitrali esistenti: la scelta sarà dettata dalle capacità effettive
e dalle qualità che saranno esibite, con i tempi utilizzati e i
costi proponibili.
È dunque anche questo un compito rilevante e ambizioso
che coinvolge l’attività difensiva e l’attività giudicante e si
pone come un traguardo meritevole dei più ampi consensi.
8. C) la negoziazione assistita.
Se gli avvocati non vogliono (o non possono) consentire
alla conciliazione delle contestazioni, e se ancora gli
avvocati non vogliono (o non possono) aderire alla gestione
delle liti attraverso le camere arbitrali forensi, gli avvocati
possono comunque realizzare la composizione dei conflitti
attraverso il nuovo istituto della negoziazione assistita.
Lo stesso legislatore, invero, ha dettato i confini delle
competenze per rendere questa procedura obbligatoria in
alcuni casi, e per consentirne comunque l’applicazione
molto ampia; e ha poi imposto agli avvocati il dovere
deontologico di informare gli assistiti sulla possibilità
di risolvere ogni contrasto attraverso la convenzione
di negoziazione assistita: e la relativa mancanza di
informazione è considerata illecito disciplinare.
Se l’informativa è dunque un dovere deontologico, occorre
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XXXIII Congresso nazionale forense
condividere e rafforzare l’idea dell’utilità della negoziazione,
poiché solo in tal modo diventa realistica la possibilità
di definire un numero elevato di contrasti, ponendo
l’avvocatura su un piano ben più elevato di quanto sia stato
fino ad ora, in tutte le controversi civili, con il vantaggio di
poter utilizzare l’accordo raggiunto come titolo esecutivo e
possibilità di iscrizione di ipoteca, o con effetti equivalenti
ai provvedimenti giudiziali, come pure abbiamo detto. Né
va disconosciuta in questo caso la rilevanza della funzione
forense, come è attestato dal deposito dell’accordo raggiunto
presso l’Ordine degli avvocati.
Ma non solo: con la negoziazione nell’ambito famigliare
le stesse parti possono arrivare alla modifica dello status
delle persone (con il nulla-osta del p.m. o addirittura
davanti al sindaco), ed è la prima volta che viene limitato il
potere esclusivo della giurisdizione in questo campo. Un
potere costitutivo eccezionale dunque, ed è indispensabile
che gli avvocati ne avvertano l’importanza e ne facciano
concreta applicazione.
9. I punti critici: formazione, consenso e spese.
Vi sono naturalmente alcuni punti critici che debbono
accompagnare ogni specifica disquisizione sulle novità che
abbiamo precisato.
Il primo riguarda la formazione, che richiama la necessità
per l’avvocatura di rinnovare le tradizioni di indipendenza,
competenza, integrità e senso della giustizia, che sempre
ne hanno contraddistinto la funzione, nel rispetto della
duplice fedeltà sempre esistente, verso l’ordinamento
da un lato e nei confronti degli assistiti dall’altro. In tal
senso occorre assicurare la qualità della prestazione, che si
esprime con l’impegno delle istituzioni forensi e di tutte
le associazioni a promuovere incessantemente iniziative
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
per la formazione iniziale e permanente e oggi con i corsi
previsti per l’attribuzione del titolo di specialista. Di fatto,
con questi obiettivi, può essere valorizzato il compito
costituzionale che viene ora proposto dal legislatore per
la tutela dei cittadini, per migliorare la comprensione
del diritto e della legge e prevenire e risolvere i conflitti.
È questo un obiettivo che rientra anche nell’impegno più
diffuso per l’educazione alla legalità, che pure si pone come
dovere fondamentale per la classe forense.
Gli altri due punti che sollevano esitazioni e critiche sono
ugualmente importanti perché pongono all’interno della
categoria il dubbio sulla pratica operatività delle soluzioni
proposte. Ogni scelta infatti richiede necessariamente il
consenso delle parti contrapposte, le quali per definizione
hanno interessi divergenti anche sui tempi e sui modi.
Per di più si deve tener conto dei riflessi economici e delle
spese e dei costi che le parti devono sopportare. Potremmo
chiamarla l’etica della convenienza, che suggerisce ampie
riflessioni partendo da principio che occorre evitare una
equiparazione ingiusta (conflitto equivale a profitto) e
impone di considerare al contrario l’utilità che per la parte
può derivare da un accordo raggiunto e il riconoscimento
che può essere dato per la prestazione resa dall’avvocato.
Sono punti che debbono essere assolutamente approfonditi,
tenendo conto da un lato che sono stati promessi benefici
fiscali ed è prevista una particolare onerosità per i ritardi
nei pagamenti (sicché la dilazione del processo non è più
conveniente), e d’altro lato che la rivalutazione del valore
dell’attività stragiudiziale sul contenzioso, anche per
quanto riguarda i compensi (con un preventivo accordo che
contempli identità di corrispettivi), potrebbe poco alla volta
incoraggiare un diverso atteggiamento.
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XXXIII Congresso nazionale forense
10. Conclusione: verso la “giurisdizione forense”.
Si tratta dunque di abbandonare preventive preclusioni e
di avviare una riflessione approfondita, incoraggiando una
visuale diversificata dei problemi di sempre.
In tale prospettiva, sulla premessa che le forme alternative
al processo giudiziario sono necessarie, non può essere
contestato a priori il ruolo assegnato agli avvocati dal
legislatore, né possono essere rifiutate le possibilità offerte,
tanto più che - come già ricordato - nella stessa legge che
disciplina la negoziazione assistita e nel nostro codice
deontologico (come in quello degli avvocati europei) si
impone all’avvocato di dare al cliente ogni informazione
utile sui percorsi alternativi al contenzioso giudiziario (art.
27.3 c.d.f. e art. 3.7 cod. deont. europeo).
Nel merito, poi, non vi devono essere esitazioni
nell’assecondare oggettivi reciproci riconoscimenti o nel
consentire dilazioni degli adempimenti, nel pieno rispetto
delle regole e della volontà delle parti, partendo dalla
condivisione dell’idea che la composizione dei conflitti è
un valore, non solo etico sociale.
È ampio dunque il complesso dei rimedi offerti agli
avvocati, diversi dal processo, ed è un complesso di azioni
che possiamo indicare come “giurisdizione forense”, cioè
come attitudine dell’avvocatura a intervenire con i mezzi
offerti dalla normativa vigente per la definizione delle liti e
come legittimazione formale riconosciuta dalla legge.
Sarebbe eccezionale se si potesse scrivere (come è stato
detto per un paese europeo) che in Italia, nei casi suscettibili
di esser definiti con accordi negoziali, le parti ricorrono
così raramente alle corti civili da far ritenere appropriato
considerare il ricorso a tali corti come un tipo di ADR!
È tempo dunque di rifondare l’impegno dell’avvocatura e
di capire che tanto più elevato è il numero degli avvocati
tanto più spetta loro il dovere di realizzare la giurisdizione
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
forense, un’attività di rango costituzionale che si aggiunge
all’attività difensiva svolta.
Per chi protesta per l’inadeguatezza del processo, ecco la
possibilità operativa assegnata alla classe forense. Basta
poco per coglierla e attuare una profonda trasformazione
del nostro costume e della nostra cultura.
(Remo Danovi)
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XXXIII Congresso nazionale forense
3. La parità di genere nell’accesso
alla professione
Apparentemente la professione forense non ha un problema di parità di genere: a Milano il numero totale di colleghe
iscritte ai diversi Albi e registri tenuti dall’Ordine degli avvocati di Milano è leggermente superiore alla metà: 11.765
su 23.148, pari al 50,8%. Il sorpasso si è compiuto nel 2013,
dopo un avvicinamento iniziato ben 15 anni fa.
La stessa composizione attuale del Consiglio, con 11 avvocate su 25, supera ampiamente il limite minimo di un terzo
previsto dalla legge professionale, con un risultato frutto
delle preferenze espresse dagli elettori. Ciò significa che
non è stato necessario integrare il numero delle consigliere
per raggiungere il limite minimo di un terzo, in sostituzione degli eletti in sovrannumero dell’altro genere (articolo
14, comma 7 del d.m. 170/2014, sulle elezioni dei Consigli degli ordini circondariali). Questo esito, positivo perché
“spontaneamente” espresso dagli elettori, è tuttavia avvenuto in un quadro regolamentare confuso, proprio sotto il profilo della composizione delle liste, del numero dei candidati
e delle preferenze esprimibili, al punto che il decreto è stato
annullato in alcune parti dal giudice amministrativo, e il
ministro non ha ancora provveduto ad emanare un nuovo
decreto (è perfino pendente il ricorso di un’associazione
forense, per la nomina di un commissario ad acta che
adotti un nuovo regolamento, in sostituzione del ministro inadempiente).
Anche per il consiglio distrettuale di disciplina è previsto
il rispetto del principio della rappresentanza di genere, ma
non un correttivo nella composizione del consiglio distrettuale. Così in quello di Milano, composto da 47 colleghi, le
donne sono leggermente sottorappresentate e lontane dalla
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
parità: 15 su 47, pari al 32%.
La rappresentanza si ridimensiona nel Consiglio nazionale
forense, con 8 avvocate su 33 consiglieri (appena meno di
un quarto) ma ben 7 tra loro provengono dai grandi distretti
che eleggono due consiglieri, nel rispetto della rappresentanza di genere; e solo l’ottava è stata eletta a Trento, uno
dei 19 distretti che esprimono un solo consigliere (gli altri
18, “ovviamente”, solo maschi). Del resto, ancora nel Cnf
eletto nel 2007 non figuravano avvocate, e in quello eletto
nel 2010 due su 26.
Se però concentriamo l’attenzione su alcuni aspetti professionali (soli avvocati, praticanti esclusi; e avvocati cassazionisti) nonché fiscali (reddito imponibile e volume d’affari
Iva), la situazione appare molto meno equilibrata, e solo in
parte può essere spiegata con ragioni anagrafiche. Mentre
le donne prevalgono ampiamente fra i praticanti, abilitati
e non (sono il 61,6% del totale), già fra gli avvocati la loro
quota scende al 47,8%. Ritrovano la maggioranza, il 53,7%,
se si considerano i soli avvocati (per così dire) “semplici”,
non cassazionisti; tra questi ultimi la rappresentanza scende al di sotto di un terzo: 1.415 su 4.560, il 31%. Dieci anni
fa erano il 18% del totale e si vede come in questo caso l’avvicinamento sia molto più lento.
E stiamo parlando di Milano e della Lombardia. A livello
nazionale, su 235mila avvocati iscritti alla Cassa forense
nel settembre 2015 (un numero che, dopo la riforma professionale del 2012, si sta rapidamente allineando a quello
degli iscritti agli Ordini, con i quali dovrà presto coincidere
perché la mancata iscrizione alla Cassa comporta la cancellazione anche dall’Ordine) le avvocate sono quasi 111mila e
rappresentano il 47,2% del totale.
Nell’anno fiscale 2014 il reddito medio imponibile degli avvocati italiani è stato di 37mila 500 euro; il volume d’affari
imponibile Iva di quasi 57mila 600 euro. Il reddito delle
donne avvocato, tuttavia, è stato di soli 22mila euro (il 59%
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XXXIII Congresso nazionale forense
della media generale; il 42,8% rispetto ai 51mila 500 euro
medi dei colleghi maschi). Il volume d’affari delle avvocate,
di poco inferiore ai 30mila 800 euro, rappresenta poco più
della metà (il 53,4%) della media generale e appena un terzo
rispetto agli 81mila 900 euro degli avvocati maschi (37,6%).
Nell’ultima indagine annuale campionaria Censis-Cassa
Forense, oltre il 40% degli avvocati intervistati ha indicato,
tra le difficoltà incontrate nell’ultimo biennio, quelle legate
alla cura e all’accudimento di un familiare (figli, ma anche
genitori anziani) e solo il 14% difficoltà legate alla maternità. Va detto che in questo ambito sono stati fatti progressi
in anni recenti, e ora anche le avvocate hanno diritto, per i
cinque mesi corrispondenti al congedo obbligatorio pre e
post-partum, a un’indennità corrisposta dalla Cassa forense, pari all’80% dei 5/12 del reddito dichiarato nel secondo
anno anteriore all’evento.
Naturalmente la maternità non comporta solo difficoltà o
problemi di carattere economico, ma anche di discontinuità nella rappresentanza in giudizio, non sempre delegabile
ad altri colleghi, specie nelle realtà (tuttora prevalenti) dei
piccoli studi legali.
Qualche anno fa il Comitato Pari opportunità operante
presso l’Ordine degli avvocati e quello analogo presso il
Consiglio giudiziario di Milano hanno promosso un Protocollo d’intesa a tutela della maternità e della genitorialità, nell’organizzazione e nello svolgimento delle attività
giudiziarie e dei servizi amministrativi. Il 1° giugno 2011
il Protocollo è stato sottoscritto da tutti gli uffici giudiziari
della Corte d’Appello e dall’Avvocatura milanese. Prevede
espressamente di tener conto dello stato di genitorialità
dell’avvocata (in gravidanza, allattamento o per le necessità
dei figli minori) nell’organizzazione delle udienze, favorendo il giustificato rinvio dell’udienza nonché la trattazione in
orari determinati. È inoltre prevista la precedenza alle avvocate in gravidanza o con esigenze di cura dei figli minori,
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
per le pratiche di cancelleria.
Si tratta di Protocolli e buone pratiche importanti per il
rispetto della donna professionista, che oggi può almeno
in parte trovare soluzioni inimmaginabili fino a qualche
anno fa, per esempio attraverso il processo civile telematico
(esteso in un prossimo futuro anche all’ambito penale) che
sostanzialmente annulla l’accesso e le code in cancelleria.
(Cinzia Preti)
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XXXIII Congresso nazionale forense
4. Società tra avvocati e soci di capitale:
Una infausta prospettiva
In nome di una malintesa «garanzia di maggiore concorrenzialità», il disegno di legge annuale per il mercato e la
concorrenza intende consentire l’esercizio della professione
forense anche in forma di società di capitali. Questa ipotesi non migliora né la professione né la concorrenza, e potrà
soltanto aprire varchi nella gestione dell’attività professionale
da parte di grandi realtà economiche, quali banche, assicurazioni, gruppi di affari e altri enti, che agiranno con obiettivi
non sempre rispettosi o tutelati dalle norme e, nei casi estremi, potrebbero farsi portatori di interessi opachi.
La proposta del Governo, che risale a un anno fa, non poneva
neppure il limite di un terzo ai soci di capitale non professionisti, introdotto dalla Camera e ora all’esame della commissione Industria del Senato (atto S/2085, articolo 41). Restano
ormai poche occasioni per scongiurare una prospettiva infausta per la professione e per gli assistiti, ed è urgente discuterne anche fuori dal Parlamento. L’Ordine degli avvocati
di Milano, lo scorso novembre, ha approvato una delibera
trasmessa agli ordini, alle associazioni e al Consiglio nazionale forense, criticando fortemente l’iniziativa governativa,
e ha poi promosso nel febbraio 2016 un dibattito nell’Aula
magna del Palazzo di giustizia di Milano con il presidente
della commissione Industria del Senato Massimo Mucchetti
(Pd); il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri; il
vicepresidente della commissione Bilancio del Senato (e presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani)
Andrea Mandelli (Fi); i presidenti dell’Asla (l’Associazione
degli studi legali associati), Giovanni Lega, e degli Ordini degli avvocati di Torino, Mario Napoli, e di Milano.
Su questo punto già la nuova legge professionale forense
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
(247/2012) era intervenuta delegando al governo, con minuziosi princìpi e criteri direttivi, la disciplina dell’esercizio della professione in forma societaria, società di capitali incluse;
ma a condizione che i soci fossero avvocati iscritti all’albo. Il
governo non ha esercitato la delega e ha lasciato in sospeso
molti altri punti meritevoli di piena attuazione.
Abbiamo invero plaudito al riconoscimento della specificità dell’avvocatura per la tutela dei diritti delle persone, e alla
funzione sociale a essa assegnata (costantemente perseguita e richiamata espressamente nell’impegno solenne che i
nuovi avvocati assumono pubblicamente). Abbiamo di volta
in volta sperato che i regolamenti annunciati potessero dare
una conclusione positiva ai vari problemi. Siamo rimasti
increduli, e profondamente delusi, per le continue contestazioni emerse, nella incapacità dell’avvocatura di esprimere
un giudizio uniforme di sintesi, a partire dallo stesso regolamento elettorale per i Consigli degli ordini (oggetto di dispute giudiziarie tutt’oggi irrisolte) e poi con riferimento alle
specializzazioni (pure oggetto di ricorsi ai giudici amministrativi, che hanno determinato l’attuale sospensione di ogni
pratica possibilità di introdurle). E così dovremmo protestare
per le incertezze derivanti dai tanti rinvii dei regolamenti sui
corsi di formazione, il tirocinio per l’accesso, il praticantato
presso gli uffici giudiziari, gli stessi esami e perfino l’accertamento dell’esercizio della professione.
A fronte di tutto questo, poi, il numero di avvocati continua
a crescere senza interruzioni e senza alcuna misura idonea
a scongiurare l’insostenibilità dell’attività professionale. A
Milano, nel primo semestre 2016, sono stati iscritti all’albo
oltre 800 giovani avvocati, ai quali dovremmo garantire che
la fede nel diritto abbia la concreta speranza di realizzarsi.
L’inversione di impostazione che si profila sulle società di
capitali fa passare in subordine il ruolo dell’avvocatura enunciato dalla legge, appena ricordato, rispetto alla pura logica
di redditività e al perseguimento delle finalità economiche
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XXXIII Congresso nazionale forense
da parte del socio non professionista-investitore. La conferma, nel disegno di legge, del «principio della personalità della
prestazione professionale» non basta infatti a garantire l’indipendenza, l’autonomia, la riservatezza, l’assenza di conflitti di interesse, la salvaguardia del segreto professionale. Né
possono rassicurare alcune altre limitazioni, come il divieto
di affidare l’amministrazione della società a soggetti esterni, “non azionisti”; o di partecipare alla società tramite fiduciarie, trust o per interposta persona; o l’assoggettamento al
codice deontologico forense e al giudizio disciplinare con le
relative sanzioni.
Il socio investitore, per definizione, tenderà a tutelare l’investimento e ad attuare scelte volte al conseguimento della
propria utilità, specie nelle situazioni di inconciliabilità con
la linea difensiva di volta in volta necessaria, condizionando
o potendo condizionare l’espletamento effettivo dell’attività.
E poi l’effimera utilità, per i soci professionisti, di un socio di
capitale al trenta per cento che contribuisca ad avviare l’attività, è di gran lunga penalizzata dall’obbligo di corrispondere
per sempre allo stesso socio un terzo dei guadagni derivanti
dall’attività svolta esclusivamente dai soci avvocati.
È dunque doveroso contrastare la riforma e difendere una
posizione rivolta alla tutela dei princìpi della professione, che
si richiama all’etica e alla giustizia, non solo alla concorrenza
e al mercato. Non vi sono ragioni, né concettuali né economiche, che possano giustificare una tanto distorta prospettiva.
(Remo Danovi – in Guida al Diritto, 5 marzo 2016, n. 11)
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
5. La composizione della crisi
da sovraindebitamento
Sommario
1. Competenze e prerogative degli Ordini e la l. 27
gennaio 2012, n. 3.
2. La funzione sociale svolta dai Consigli dell’Ordine.
3. L’ADR e l’esperienza ambrosiana.
4. Criticità e prospettive per l’avvocatura
e per la società.
5. La mozione sul gratuito patrocinio e
sulla opportuna difesa professionale.
1. Competenze e prerogative degli Ordini e la l. 27
gennaio 2012, n. 3.
L’art. 29 della legge professionale forense (l. 31 dicembre
2012, n. 247) ha fissato i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine, fornendo molteplici indicazioni che valorizzano il ruolo sociale e costituzionale dell’attività professionale. Oggi gli Ordini, pur avendo ceduto l’attività nel
settore disciplinare in favore dei Consigli di disciplina (eletti in ogni caso dai Consigli dell’Ordine), sono comunque
chiamati ad assolvere a un numero maggiore di funzioni
rispetto al passato. Tra gli ambiti nei quali gli Ordini sono
particolarmente impegnati vi è quello delle ADR (Alternative Dispute Resolution). È infatti sempre l’art. 29 della l. prof.
a prevedere la possibilità per gli Ordini di costituire camere
arbitrali, di conciliazione e, più in generale, organismi per
la risoluzione alternativa delle controversie.
Accanto a tale previsione va annoverata anche la l. 27 gen46
XXXIII Congresso nazionale forense
naio 2012, n. 3 che ha finalmente introdotto in Italia un sistema di soluzione della crisi da sovraindebitamento rivolto
ai soggetti debitori non fallibili (dagli enti pubblici non economici fino al consumatore), la cui gestione è stata rimessa
ai c.d. organismi di composizione della crisi (OCC), che gli
ordini professionali dell’area giuridico-economica (avvocati, notai, commercialisti) possono istituire attraverso l’iscrizione di diritto all’apposito registro ministeriale disciplinato dal d.m. 24 settembre 2014, n. 202.
Va evidenziato che sono molti gli Ordini professionali che
hanno avviato la procedura di accreditamento del proprio
OCC presso il Ministero: nove sono stati costituiti da Ordini forensi e, tra questi, è presente l’OCC dell’Ordine di
Milano, unico Organismo attivo in Milano e primo in Lombardia ad essere istituito da un Ordine degli avvocati.
L’OCC è il protagonista della nuova disciplina, in quanto
svolge l’importante attività di intermediazione fra il soggetto sovraindebitato e il tribunale: un ruolo cruciale e trasversale rispetto alle posizioni di debitore, creditore e giudice,
che presuppone il possesso di requisiti di indipendenza,
professionalità e terzietà.
Le prestazioni fornite dall’OCC nell’ambito delle procedure
previste l. 3/2012 vengono svolte in concreto da professionisti (avvocati nel caso dell’OCC dell’Ordine) denominati “gestori della crisi”: soggetti dotati di un’ampia competenza in
materia, obbligati a svolgere – con diligenza, indipendenza,
neutralità ed imparzialità – gli incarichi conferiti dall’OCC.
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
2. La funzione sociale svolta dai
Consigli dell’Ordine.
I Consigli dell’Ordine degli Avvocati svolgono da sempre attività di forte impatto sociale. Tali attività si sono sviluppate
notevolmente negli ultimi anni, sia per iniziativa volontaria
degli Ordini, in risposta alle tante istanze sociali e istituzionali emergenti (molte sono infatti le collaborazioni con gli
enti locali), sia per dare attuazione ai nuovi e delicati compiti loro affidati dal legislatore.
In questo contesto si colloca l’istituzione degli Organismi
di composizione della crisi, della cui opera si avvale il cittadino, nella “delicata” veste di soggetto non fallibile sovra
indebitato, per poter avere accesso alle innovative procedure di esdebitazione sinora assolutamente estranee al nostro
ordinamento e, più in generale, anche alla nostra cultura.
Ciò rende particolarmente importante il ruolo degli Ordini
e degli avvocati operanti nell’Organismo, la cui azione contribuisce a un cambiamento di mentalità giuridica e sociale.
La ratio della legge 3/2012 è, infatti, anche quella di evitare
che le persone con problemi economici cadano nel vortice
dell’usura o, comunque, si ritrovino in modo irreparabile
in situazioni di grave difficoltà. Non è un caso dunque se la
norma è stata rinominata “salva suicidi”, ciò in quanto mira
a contrastare e prevenire il realizzarsi dei gravi fenomeni di
criminalità connessi all’usura e, al contempo, tende al risanamento dell’economia e a dare un’essenziale nuova opportunità alle persone (c.d. fresh start). Si supera, quindi, il principio dell’intangibilità della garanzia patrimoniale generica
e del rispetto incondizionato delle obbligazioni assunte dal
debitore, in favore dell’efficienza macroeconomica e tenuto
conto degli interessi del mercato nel suo complesso.
L’Avvocatura, con la costituzione dei primi OCC, ha già
dimostrato di aver compiuto il primo, importante passo in
questa direzione.
48
XXXIII Congresso nazionale forense
3. L’ADR e l’esperienza ambrosiana.
L’utilizzo di strumenti alternativi alla giurisdizione, utili per
la definizione delle controversie, può essere una soluzione
valida solo se adottata nel rispetto dei valori e delle norme
costituzionali; ad esempio, prima di giungere a una corretta
applicazione del sistema della mediazione, il percorso normativo e giurisdizionale è risultato complesso, portando
però a un risultato di sensibile valore e riaffermando ancora una volta il ruolo centrale dell’Avvocatura e l’importanza
delle garanzie costituzionali per il cittadino.
Nel caso della risoluzione delle problematiche del sovraindebitamento si può discorrere di un ADR in senso lato, ma
di ADR certamente si può riferire.
Se è vero che nella procedura si rileva, giustamente, il ruolo
del tribunale e del magistrato ancora presente (dal deposito del ricorso all’omologa del piano), va tuttavia sottolineato come detta presenza sia ai “margini” (o meglio, al di
sopra) di una procedura in cui il ruolo di “motore”, terzo
imparziale e indipendente, è riservato agli Organismi. E,
soprattutto, la procedura stessa di composizione della crisi
da sovraindebitamento e di esdebitazione, oltre ad essere
affidata a una struttura e a professionisti qualificati, ha certamente una funzione deflativa e costituisce un’alternativa
valida all’accesso alla giustizia ordinaria; con ciò essa contribuisce a evitare il sopravvenire di un rilevante numero di
procedimenti giudiziari (in particolare procedure esecutive
che, seppur in momenti diversi, con il procedimento de quo
possono essere sospesi), che – tra l’altro – riguardando debitori sovraindebitati, sarebbero avviati in modo improduttivo, “ingolfante” e dispendioso per il sistema giudiziario
e andrebbero in ogni caso a scapito degli stessi debitori e
anche della par conditio creditorum.
A questo proposito, il Consiglio dell’Ordine di Milano da
sempre è attento verso gli strumenti in grado di risolvere
il problema dell’eccessivo peso del contenzioso gravante
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
sugli uffici giudiziari. Lo dimostra non solo la creazione
dell’OCC, ma anche l’impegno con cui è stato da tempo iniziato un percorso di informazione e, soprattutto, di formazione in favore degli iscritti non solo sui contenuti, ma anche sulle potenzialità e opportunità, offerti dalla disciplina
sul sovraindebitamento. Oltre agli specifici convegni gratuiti sulla materia, è stato organizzato il primo corso di 40 ore
destinato a tutti gli avvocati che intendono approfondire i
temi legati alle procedure previste dalla l. 3/2012 e assistere
i clienti anche nelle problematiche a queste connesse. L’iniziativa formativa dell’Ordine è rivolta anche a tutti coloro
che sono interessati a svolgere le funzioni di gestore della
crisi. In particolare, il corso che inizierà a ottobre ha riscosso un notevole interesse, rendendo necessaria l’immediata
organizzazione di una seconda edizione.
Gli eventi di approfondimento in programma, le competenze messe a disposizione per realizzarli e la collaborazione
con la Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, oltre a
puntare alla formazione di professionisti competenti, consentiranno un proficuo confronto tra operatori del settore,
dal quale (nelle more delle auspicate e imminenti riforme)
si spera che possano discendere contributi diretti a colmare
le numerose lacune e criticità riscontrate nella normativa,
nel convincimento che, nonostante le innegabili difficoltà,
sia necessario impegnarsi per migliorare la disciplina in
questione.
4. Criticità e prospettive per l’avvocatura e
per la società.
La normativa sul sovraindebitamento, come lamentato da
molti, ha mostrato diverse innegabili lacune e altrettante
criticità che rappresentano un marcato limite alle sue potenzialità applicative.
50
XXXIII Congresso nazionale forense
Alcuni aspetti, come l’attivazione su impulso volontario del
diretto interessato e non ad opera dei creditori, rischiano
di ridimensionare la portata della disciplina e vanificare gli
obiettivi di tempestiva emersione della crisi e di ottimizzazione del patrimonio del debitore e garanzia della par conditio creditorum. Altre criticità ne compromettono, sin d’ora,
l’operatività in concreto. Ad esempio:
• la difficoltà di acquisire il consenso dei creditori, specie
se pubblici, nell’accordo di ristrutturazione del debito
(da cui discende l’impossibilità di ottenere l’omologa in
questa specifica procedura);
• i rilevanti costi delle procedure e la mancata previsione
di una norma che consenta al cittadino istante di beneficiare dell’accesso al patrocinio a spese dello Stato;
• l’eccessiva sintesi, per non dire l’assenza di requisiti
essenziali, nei ricorsi, spesso inammissibili e, comunque, non preceduti da un’attenta valutazione della fattibilità della procedura, per lo più a causa della mancanza di una assistenza tecnica specializzata a favore
del debitore.
In merito a tale ultimo aspetto va evidenziato che se, da un
lato, la creazione degli OCC costituisce certamente un passo avanti, dall’altro, manca ancora una conoscenza diffusa
della loro esistenza e, quindi, della possibilità di accedervi
(con l’assistenza obbligatoria di un professionista) prima
del deposito del ricorso in tribunale: presso la Sezione Fallimenti del Tribunale di Milano sono prevalenti i depositi
di ricorsi, anche redatti da avvocati, con cui è richiesto al
giudice – ex art. 15 c. 9 della l. 3/2012 – di nominare come
gestore della crisi uno dei professionisti che sono in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 l. fallim., così impedendo
l’affidamento della procedura a un OCC.
Prima del d.l. 83/2015 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), l’intera disciplina era
51
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
addirittura per lo più sconosciuta anche agli operatori del
diritto, avvocati compresi. L’intervento propulsivo sostanziatosi nella modifica dell’art. 480 c.p.c. (ossia del contenuto del precetto), dimostra invece non solo come l’insolvenza
civile debba rappresentare una tematica cara al legislatore,
ma anche come per la relativa applicazione sia chiamata
all’appello proprio la professione forense.
Su questi e altri punti critici, è certamente necessario un ripensamento del legislatore, in vista delle imminenti riforme
che, con ogni probabilità, attribuiranno nuove e più ampie
funzioni agli OCC (pendono attualmente la riforma Rordorf
e la proposta di legge 3884 in discussione alla Camera).
Sin d’ora, però, gli operatori del settore – e tra questi gli
avvocati, che con i propri Ordini hanno interpretato e dato
operatività alla normativa, costituendo tempestivamente gli
OCC – devono essere consapevoli del fatto che, nell’attesa
di future e non certe riforme, non ci si può sottrarre (ed
anzi si deve procedere all’unisono) alla attuazione di questa
normativa che, come visto, assume una fondamentale rilevanza sociale e giuridica in termini di deflazione del sistema e di garanzia di interessi costituzionalmente garantiti,
ai quali gli avvocati, più di ogni altra categoria professionale, sono certamente votati.
Nel quadro sopra descritto, allora, il ruolo della nostra categoria e le azioni che essa deciderà concretamente di svolgere per rendere effettiva e operativa l’attuale disciplina,
rivestono un’importanza fondamentale.
5. La mozione sul gratuito patrocinio e
sulla opportuna difesa professionale.
Considerate le principali problematicità sinora emerse, assume primaria importanza che, nell’ambito delle auspicate
riforme, vengano risolti quegli aspetti che, già in partenza, inibiscono la diffusione degli OCC e delle procedure di
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XXXIII Congresso nazionale forense
composizione della crisi da sovraindebitamento, l’accesso
a queste ultime e il loro positivo completamento. In particolare il riferimento è ai costi delle procedure e degli OCC/
gestori della crisi e alla necessità dell’assistenza tecnica di
parte a favore del debitore.
Si ritiene perciò essenziale che i soggetti che si avvalgono
delle procedure di composizione della crisi possano beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, a copertura non
solo delle spese di giustizia connesse alla procedura e dei
costi (spese e compensi) per l’attività svolta dagli OCC e dai
gestori, ma anche per i compensi dei professionisti, in particolare avvocati, chiamati a garantire al debitore la migliore
assistenza nell’ambito di una materia di indubbia natura
tecnica.
In tal modo si supererebbero anche le criticità emerse in
relazione alla difficile distinzione, nella pratica, tra l’attività
propria del gestore, chiamato ad un ruolo terzo, imparziale,
e trasversale a tutela di tutti i soggetti coinvolti (dal debitore, ai creditore, ai terzi) e genericamente investito di «ogni
iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all’esecuzione dello stesso» (art. 15, c. 5, l. 3/2012),
e l’innegabile e opportuno supporto tecnico/legale di cui
necessita in ogni caso il soggetto sovraindebitato.
A questi obiettivi mira la mozione proposta dal Consiglio
dell’Ordine degli avvocati di Milano, che si auspica venga
favorevolmente condivisa.
(Chiara Valcepina)
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
6. La rivoluzione copernicana
del processo civile telematico
Sommario
1. Dova va il diritto?
2. L’irruzione del Pct.
3. Il Pct, un processo cartaceo “contaminato”.
4. Hic sunt leones!
1. Dova va il diritto?
Nel 1995 M. Ethan Katsh, professore all’Università del Massachusetts, pubblicò un libro dal titolo evocativo, Law in a
Digital World. Nella prefazione l’Autore si chiede: «Where is
law moving from?», da dove si sta muovendo il diritto? E soprattutto: «Where is law going?», dove sta andando il diritto?
«Verso un luogo - risponde lo stesso autore - dove l’informazione
è sempre più sullo schermo, invece che sulla carta. Verso un luogo che pone sfide importanti alla professione forense, alla pratica
e ai concetti tradizionali del diritto».
L’ambizioso progetto del processo civile telematico (Pct), il
cui impatto sulla professione legale è stato intuito e anticipato da Katsh, è diventato una realtà in Italia dieci anni fa.
Un manipolo di avvocati, magistrati e cancellieri milanesi
diede avvio a uno dei più importanti fenomeni di trasformazione del diritto processuale, che oggi consente di parlare del Pct come di un nuovo processo civile. L’11 dicembre
2006 venne effettuato il primo deposito telematico di un
atto di parte con pieno valore legale: un ricorso per ingiunzione ante causam.
54
XXXIII Congresso nazionale forense
A spingere l’avvocatura milanese ad abbracciare il progetto
fu la necessità di accorciare i tempi di emissione dei provvedimenti di ingiunzione, all’epoca attestati sui tre mesi dalla
data di deposito del ricorso. Ma apparve subito chiaro che la
positiva soluzione del problema, la riduzione dei tempi di
risposta alla domanda di giustizia, rappresentava solo una
utilità marginale rispetto alle potenzialità rivoluzionarie
nella gestione del processo. Nel Pct tutti i “partecipanti” assumono un ruolo da protagonista nella gestione del fascicolo processuale, nel quale dati e documenti convivono e interagiscono, creando una struttura di lettura e di gestione del
tutto nuova, ma saldamente ancorata al rispetto dei princìpi
fondamentali del diritto processuale.
Milano è stata per molti anni l’esempio da seguire: le soluzioni organizzative e operative, i dibattiti, le voci autorevoli
nell’interpretazione delle nuove norme, le prime pronunce
giurisprudenziali hanno costituito la base su cui il nuovo
processo si è radicato sull’intero territorio nazionale. Milano ha voluto e saputo dimostrare che l’innovazione nel
processo poteva essere una risposta reale al bisogno di giustizia dei cittadini.
2. L’irruzione del Pct.
A causa degli strumenti normativi prescelti dal legislatore
(sostanzialmente di secondo grado) la diffusione del Pct
è stata caratterizzata, per quasi otto anni, da un effetto “a
macchia di leopardo”. L’estensione e la diffusione dei depositi a valore legale, sia per gli atti di parte che del giudice, era
subordinata all’emanazione di specifici provvedimenti amministrativi ministeriali. L’avvocato che intendeva cimentarsi con il deposito telematico degli atti, doveva verificare
di volta in volta quale fossero quelli consentiti nel proprio
foro e in ciascuno di quelli destinatari dei propri atti.
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
Nei singoli tribunali veniva attivato, in tempi e modi diversi,
il valore legali dei depositi telematici di atti e provvedimenti: ciò che era consentito depositare a Torino o a Milano poteva non esserlo, in quel momento, a Genova o a Roma, con
enorme incertezza per tutti gli operatori del diritto. Questo
meccanismo normativo ha determinato la creazione di volumi di depositi profondamente diversi per territorio.
La situazione è cambiata radicalmente con l’entrata in vigore, il 30 giugno 2014, dell’articolo 16 bis del decreto legge
179/2012, significativamente intitolato “Misure urgenti per
la crescita del Paese”, inserito dalla legge di Stabilità 2013
(legge 228/2012). Da allora il deposito telematico degli atti
processuali è obbligatorio, ed è l’unica modalità consentita
per depositare un atto. Ma fino all’ultimo momento non
sono mancate modifiche e ripensamenti: il 25 giugno, a
cinque giorni dal nuovo deposito obbligatorio in tutta Italia, il decreto legge 90/2014 ha introdotto alcune tra le più
significative norme sul Pct, che hanno posto le fondamenta
definitive del nuovo processo civile.
Per il deposito degli atti di parte endoprocessuali, il decreto
ha distinto fra i processi iniziati dal 30 giugno 2014, immediatamente soggetti alle regole del Pct (per gli atti successivi
a quelli di costituzione), e quelli già in corso, per i quali le
nuove regole sono scattate a fine 2014. Peraltro il deposito
telematico obbligatorio riguarda solo le parti e gli ausiliari,
non il giudice, ad eccezione dei provvedimenti di ingiunzione ai quali le nuove regole si applicano immediatamente
e senza eccezioni.
Tra le altre novità, il domicilio digitale dell’avvocato e la possibilità, per tutti gli iscritti all’Albo, di eseguire notificazioni
a mezzo posta elettronica certificata, senza la preventiva autorizzazione dell’Ordine di appartenenza. Da quel momento il deposito telematico degli atti di parte ha avuto un sensibile e uniforme incremento su tutto il territorio nazionale.
Dal 30 giugno 2015 sono divenuti obbligatori anche i de56
XXXIII Congresso nazionale forense
positi degli atti delle parti costituite nei giudizi di Corte
d’appello. Sempre dallo scorso anno, per tutti i restanti atti
processuali il deposito telematico è facoltativo ma sempre
ammesso, risolvendo così un aspro dibattito giurisprudenziale sulla validità degli atti depositati in via telematica anche quando tale modalità non sia obbligatoria. Oggi il deposito telematico di qualunque tipo di atto è sempre valido.
Il Pct impone un cambiamento radicale tanto nell’organizzazione quanto nelle modalità di esercizio della giustizia,
da parte di tutti coloro che entrano nella struttura del processo. Enormi sono stati gli sforzi degli avvocati e degli uffici giudiziari che, sia pure con alterne fortune, hanno saputo
adattarsi al cambiamento. L’impatto maggiore dell’innovazione è la profonda e radicale modifica del rapporto con
il “pubblico”: avvocati, professionisti ausiliari del giudice,
parti private. Ognuno di loro ha dovuto trovare le soluzioni
migliori per la corretta gestione delle informazioni.
La parte costituita ha, per il tramite del proprio difensore,
accesso completo alle informazione e ai documenti del processo. Il professionista ausiliario ha accesso al fascicolo per
la durata del proprio incarico. E, per la prima volta, anche
la parte privata può accedere al portale dei servizi telematici
e consultare, i dati e lo stato del processo. Si tratta di una
forma di assoluta trasparenza del dato giudiziario, che non
ha precedenti. È questa la rivoluzione copernicana del Pct: la
reperibilità del dato fuori dall’ufficio giudiziario, in tempo
reale, mediante un collegamento diretto e immediato al registro di cancelleria.
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
3. Il Pct, un processo cartaceo “contaminato”.
L’esigenza sostanziale e primaria per la quale è nato il Pct
è l’accelerazione dei tempi del processo, soprattutto abbattendo i tempi “morti” per la trasmissione cartacea degli atti:
dalla parte alla cancelleria, dalla cancelleria al magistrato,
dal magistrato alla cancelleria, dalla cancelleria alla parte.
E questo spiega perché si sia partiti proprio dai registri di
gestione del processo civile, per strutturare il sistema informatico del Pct. Ma ben presto si è compreso che il processo
telematico poteva spingersi ben oltre. Con il deposito degli
atti e dei provvedimenti l’obiettivo di innovare e uniformare
i “processi del processo” è apparso raggiungibile. Il sistema
che realizza il Pct è una imponente costruzione di hardware e software, in perenne trasformazione, anche attraverso
le continue riforme legislative.
È forse il momento di ripensare alcuni meccanismi, per
renderli pienamente innovativi. Penso, naturalmente, al
limite quantitativo delle allegazioni, aggirato consentendo più invii. Una soluzione inadeguata, che non agevola
la consultazione degli atti da parte del magistrato, a causa
dei documenti spesso non correttamente ordinati e faticosamente leggibili a causa di scansioni digitali malfatte.
Racchiudere nel singolo schermo del magistrato quello che
prima era ben suddiviso in numerosi faldoni numerati, divisi per parte processuale, è un’impresa titanica. Bisogna
affrontare questi problemi, facendo tesoro della ormai decennale esperienza del Pct.
—
Il grande tema introdotto dall’innovazione è il nuovo linguaggio del processo. Da tempo si discute di chiarezza e sinteticità degli atti processuali e dei provvedimenti, e questo
può avere un effetto notevole sulla qualità della domanda di
giustizia. Purtroppo la discussione si sta focalizzando sul
numero di pagine, con l’indicazione di un numero massi58
XXXIII Congresso nazionale forense
mo per tipo di atto. Questo non è condivisibile: il file non
può essere misurato in numero di pagine. È necessario
uno sforzo concettuale per immaginare atti processuali
che, senza limitazioni “fisiche”, consentano al difensore
di esercitare pienamente il diritto di difesa e al giudice
di soddisfare la domanda di giustizia: un atto intellegibile,
fruibile, “navigabile”.
Nel Pct l’atto non può che essere “navigabile”, perché la sua
consultazione non è legata allo sfoglio delle pagine di carta,
o allo scorrimento delle pagine digitali sul video del magistrato, in sequenza continua. La consultazione deve poter
spostare in modo veloce e agevole l’attenzione sulle parti
dell’atto contenenti argomenti, tesi, elementi necessari a
fondare la decisione.
È necessario costruire meccanismi redazionali che consentano l’immediata visione del contenuto dell’atto, nel
suo complesso e nei singoli elementi, con la contemporanea consultazione del documento prodotto a sostegno di
un’affermazione. In tal modo il successivo provvedimento
rappresenta la risposta puntuale alle domande della parte
processuale, e i princìpi affermati devono essere facilmente
reperibili nelle loro linee essenziali. L’immediata e trasparente conoscenza degli orientamenti accresce la prevedibilità delle decisioni e quindi la certezza nell’aspettativa di
giustizia.
Il primo a delineare questa prospettiva è stato Pasquale
Liccardo, l’attuale direttore generale per i Sistemi informativi automatizzati del ministero della Giustizia, attraverso
il concetto di Polis (polisweb) come centro di aggregazione,
gestione e conoscenza (telematica) del provvedimento. Nel
mondo telematico del processo il risultato è perfettamente raggiungibile, purché si continui a lavorare nella giusta
direzione, in collaborazione e con senso di responsabilità.
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
4. Hic sunt leones!
Cambiano le forme del processo, bisogna adattarsi allo strumento tecnologico e plasmarlo. Ma i princìpi fondamentali
non cambiano e solo ad essi dobbiamo continuare a uniformarci. La rivoluzione in atto ci rende tutti responsabili;
dalle scelte e dagli indirizzi che attueremo dipende il futuro
del processo civile, e non solo: l’esperienza maturata può
essere molto utile per affrontare le prossime rivoluzioni
telematiche nel processo amministrativo e in quello penale. L’obiettivo è lo stesso, un processo migliore: nei tempi
(come ha già dimostrato il processo civile), nella trasparenza del dato e delle informazioni, nella certezza del diritto.
Non tutto è agevole e il sistema deve essere migliorato; ma
lo sforzo è certamente alla nostra portata.
Il successo del Pct, lo abbiamo detto, è affidato a tutte le
parti del processo. Ma l’ultima parola di questo bilancio decennale è dedicata ai colleghi avvocati. Il nostro impegno
quotidiano nell’uso degli strumenti telematici non solo
ha consentito al Pct (la forma) di decollare; soprattutto ha
evitato l’arretramento del processo civile (la sostanza), dimostrando che l’innovazione rappresenta una risorsa per
realizzare il giusto processo e la sua ragionevole durata:
princìpi particolarmente cari agli avvocati, affermati esplicitamente in Costituzione solo dal 1999, e troppo spesso
disattesi. La speranza di una loro piena attuazione appare
sempre più legata al successo dei processi telematici.
(Daniela Muradore)
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XXXIII Congresso nazionale forense
7. La negoziazione assistita in materia
di famiglia
La Commissione Famiglia dell’Ordine degli avvocati di
Milano ha esaminato e discusso le criticità emerse nell’applicazione della procedura di negoziazione assistita da avvocati con riferimento alla materia familiare (art. 6 del d.l.
132/2014, convertito con modificazioni dalla l. 162/2014) e
si è concentrata sui seguenti temi:
• estensione della disciplina della negoziazione familiare anche all’ipotesi di regolamentazione di relazioni
genitoriali non coniugate (convivenze di fatto, figli
nati fuori dal matrimonio; unioni civili: la discriminazione non è più tollerabile e si pone in contrasto con
la Legge n. 219/2012 che ha unificato lo status di figlio
senza più distinzioni);
• estensione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato anche alle ipotesi di negoziazione assistita in materia
di famiglia, prevedendo che la liquidazione dei compensi dell’avvocato sia effettuata dalla Procura, quale
autorità intervenuta per il visto o l’autorizzazione;
• regolamentazione della conservazione dell’originale
dell’accordo sottoscritto all’esito positivo della negoziazione e individuazione del soggetto legittimato a rilasciare copie autentiche ed esecutive;
• profili deontologici: chiarire quali sono le condotte che
l’avvocato deve tenere in tema di riservatezza, quali dichiarazioni e quali documenti non sono “esportabili”
nell’eventuale successivo giudizio e quali invece possono essere trasferiti senza violazioni dell’obbligo di
riservatezza;
• urgenza di avviare un confronto con le compagnie assicurative affinché si estenda la generale copertura assi61
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
curativa professionale anche alle attività di negoziazione e mediazione (nonché alle attività di amministratore
di sostegno e di curatore o tutore del minore ad oggi
escluse) da considerarsi ormai nell’ambito dell’ ordinaria attività forense.
Sulla base di queste riflessioni è stata articolata una proposta di mozione per il Congresso nazionale forense, pubblicata nella seconda parte del Quaderno.
La Commissione Famiglia
dell’Ordine degli avvocati di Milano
Avv. Maria Grazia Monegat
(Coordinatore della Commissione)
Avv. Cristina Bellini
62
PARTE II
PROPOSTE DI MOZIONE
DELL’ORDINE DI MILANO
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
1. Giustizia senza processo
e la giurisdizione forense
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
ritenuto che:
• sono sempre più numerose le iniziative legislative tendenti a risolvere i contrasti tra le parti attraverso mezzi alternativi di risoluzione delle controversie, come è attestato dagli organismi
previsti in alternativa alla giurisdizione ordinaria e dai molteplici
strumenti offerti;
• l’Avvocatura è chiamata dallo stesso legislatore ad attuare questi
mezzi alternativi sia attraverso gli organismi forensi, sia attraverso i singoli avvocati nella varie forme previste (organismi di
mediazione e conciliazione, arbitrati delegati, camere arbitrali,
organismi di conciliazione delle crisi da sovraindebitamento, negoziazione assistita e quant’altro);
• ciò costituisce una grande opportunità non solo per deflazionare
il contenzioso esistente e per rendere più ragionevoli i tempi del
processo, ma soprattutto per semplificare le procedure e avviare
momenti di conciliazione e di equilibrio tra gli opposti interessi,
con rilevanti ricadute anche sociali;
• è fondamentale assicurare la qualità delle prestazioni, attraverso anche tutti i percorsi formativi necessari, e in tal senso l’Avvocatura richiama le proprie tradizioni di indipendenza, competenza, integrità e senso della giustizia, che
sempre ne hanno contraddistinto la funzione, nel rispetto della duplice fedeltà assicurata anche dalle norme deontologiche;
65
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
riafferma
il valore della “giurisdizione forense” come attitudine dell’Avvocatura
a intervenire con i mezzi offerti dalla normativa vigente per la definizione delle liti e come legittimazione formale riconosciuta dalla legge,
e impegna
le Istituzioni, le Associazioni e i singoli Avvocati a valorizzare tutte le
forme di composizione delle liti, nell’equilibrio dei rapporti e nell’interesse delle parti assistite, assicurando la qualità delle prestazioni anche
attraverso i percorsi formativi necessari.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
66
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
2. Modifica dell’articolo 48 del codice deontologico
sulla riservatezza della corrispondenza
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevato che:
• l’art. 48 del Codice deontologico forense disciplina, al c. 1, il divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega qualora sia espressamente qualificata come riservata, ovvero contenga proposte transattive (c.d. riservatezza d’ufficio);
• la medesima norma, al c. 4, dispone altresì che l’abuso della clausola di riservatezza costituisce autonomo illecito disciplinare;
ritenuto che:
• la volontà espressa dalle parti con l’apposizione della clausola di
“riservatezza” deve essere prevalente a tutela dell’affidabilità e della
lealtà nei rapporti interprofessionali;
• nell’attuale sistema processuale le parti sono sempre più spesso
invitate dal giudice a prendere posizione sulle proposte transattive
formulate dallo stesso o a formulare esse stesse proposte, per consentire al giudice, già alla prima udienza ovvero sino a quando sia
esaurita l’istruttoria, di valutare il fondamento delle contrapposte
ragioni sulla base di una specifica «proposta transattiva o conciliativa» (art. 185-bis c.p.c.);
• vi può essere l’interesse della parte a documentare di aver voluto
avviare un percorso conciliativo e transattivo o di aver risposto alla
proposta della controparte, per evitare le conseguenze riconnesse
alla mancata comunicazione di una proposta transattiva (artt. 91 e
96 c.p.c.);
67
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
tutto ciò premesso ed esposto,
ove non sia ritenuto di modificare il testo del c. 1 dell’art.
48 del Cod. deont. con la soppressione integrale delle parole «nonché quella contenente proposte transattive e relative
risposte»,
propone
di modificare il disposto dell’art. 48 del Cod. deont. mediante l’aggiunta al c. 2 della lettera c): «c) sia scambiata con
il collega, nel caso in cui le parti debbano esprimersi su una proposta transattiva formulata dal giudice o siano state invitate da
quest’ultimo a formulare esse stesse una proposta transattiva»;
manda
al Consiglio nazionale forense di dare attuazione alle modifiche proposte.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
68
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
3. Società di avvocati e soci di capitale
negli studi professionali
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
premesso che:
• l’articolo 41 (Misure per la concorrenza nella professione forense) del
disegno di legge S/2085 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” (ddl Concorrenza) è all’esame dell’Aula del Senato con
limitate, sia pur significative modifiche, adottate dalla commissione Industria del Senato rispetto al testo già approvato dalla
Camera dei deputati nell’ottobre 2015;
• la nuova disposizione:
»» abroga
la delega al Governo in materia di esercizio della professione in forma societaria, prevista dall’art. 5 della legge
professionale 31 dicembre 2012, n. 247, anziché riaprire i
termini della medesima delega o darvi diretta attuazione;
»» introduce nella legge professionale l’articolo 4-bis che disciplina l’esercizio della professione in forma societaria, secondo il quale fino a un terzo del capitale sociale e dei diritti di
voto possono essere detenuti da soci non avvocati;
»» consente che i restanti due terzi siano detenuti anche da
soci iscritti in albi di altre professioni senza eccezioni né
limiti di percentuale, all’unica condizione che nella compagine societaria siano presenti anche avvocati;
»» dispone che la maggioranza dei componenti dell’organo di
gestione della società sia formata da avvocati, ma tale giusta
previsione non può attenuare il giudizio negativo sulla inaccettabile sproporzione;
69
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
rilevato che:
la disciplina proposta:
• si discosta radicalmente dai princìpi ispiratori della legge professionale 247/2012, la quale - anche per quanto concerne l’esercizio professionale in forma societaria - riconosce la specificità delle
prestazioni rese dagli avvocati in quanto connesse alla protezione
di diritti fondamentali e pertanto non assimilabili a qualsiasi altra
prestazione di servizi;
• subordina la funzione sociale dell’Avvocatura, esplicata nell’esercizio della difesa costituzionalmente garantita dei diritti, alle logiche
di redditività e di perseguimento di finalità meramente economiche cui, inevitabilmente, va ricondotta la previsione di soci solo di
investimento;
• determina un condizionamento inaccettabile ai princìpi di indipendenza, autonomia, riservatezza e segreto professionale, che
scandiscono da sempre l’esercizio dell’attività professionale degli
Avvocati;
• non introduce alcun elemento migliorativo della concorrenza nel
settore professionale forense, bensì apre varchi incontrollati a concentrazioni nel controllo dell’attività professionale, ad opera di
grandi realtà economiche quali banche, assicurazioni, gruppi di
affari, con possibili rischi - in quest’ultimo caso – anche sul piano
della trasparenza e della lecita provenienza dei capitali;
• non disciplina altri profili di particolare rilievo, tra i quali la qualificazione dei redditi prodotti dalle società e la definizione del regime
previdenziale (tenuto conto degli effetti sulla sostenibilità del sistema e sull’equilibrio finanziario);
• non prevede l’esclusione delle società dalla disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali;
• non esclude che l’esercizio della professione forense in forma societaria costituisca attività d’impresa;
• non prevede alcun coordinamento con la vigente disciplina sulle
società tra avvocati, di cui al d.lgs. 96/2001;
70
XXXIII Congresso nazionale forense
il Congresso nazionale forense
• esprime viva preoccupazione e totale dissenso per l’art. 41 del “ddl
Concorrenza”;
• invita l’aula del Senato a stralciarlo o almeno modificarlo in modo
sostanziale, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi contenuti nella delega decaduta dell’articolo 5 della legge 247/2012, dando in
particolare diretta attuazione ai seguenti punti:
a. l’esercizio della professione forense in forma societaria sia
consentito esclusivamente a società di persone, di capitali o cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all’albo;
b. ciascun avvocato possa far parte di una sola società tra avvocati,
così ripristinando uno dei pochi punti condivisibili del testo
della Camera, modificato dalla commissione Industria del Senato;
c. i redditi prodotti dalle società tra avvocati siano qualificati come
redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali;
d. l’esercizio della professione forense in forma societaria non costituisca attività d’impresa e, conseguentemente, la società tra
avvocati non sia soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali
ad eccezione della composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge 3/2012);
• chiede la conferma senza modifiche dei punti qualificanti della delega già adottati anche dal testo dell’articolo 4-bis della legge professionale, introdotto dall’articolo 41 nel testo proposto dalla commissione Industria del Senato, e in particolare:
a. la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’albo
nel quale è iscritto costituisca causa di esclusione dalla società;
b. l’incarico professionale conferito alla società ed eseguito secondo il principio della personalità della prestazione professionale, possa essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso
dei requisiti per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente;
c. la responsabilità della società e quella dei soci non escludano la
responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione;
d. i redditi prodotti dalla società tra avvocati siano qualificati come
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
redditi di lavoro autonomo anche ai fini previdenziali;
e. l’esercizio della professione forense in forma societaria non
costituisca attività d’impresa e, conseguentemente, la società
tra avvocati non sia soggetta al fallimento e alle procedure concorsuali diverse dalla composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge 3/2012);
dà mandato
al Consiglio nazionale forense e all’Organismo eletto dal Congresso di:
• sostenere in ogni sede istituzionale e politica la contrarietà dell’intera avvocatura all’ingresso negli studi professionali dei soci di capitale non professionisti;
• adottare i modi più efficaci e opportuni per motivare all’opinione
pubblica, attraverso gli organi di informazione e ogni altra forma
di comunicazione, anche in pubblici dibattiti e convegni, le ragioni
della contrarietà, in nome non già della pur legittima tutela della dignità professionale ed economica degli avvocati, quanto della tutela dei diritti fondamentali di ogni cittadino, garantita dall’indipendenza del patrocinio legale e della difesa, e dai connessi princìpi di
autonomia, riservatezza e segreto professionale, irrimediabilmente
compromessi dall’interferenza rappresentata dal controllo, anche
indiretto, sulla convenienza economica degli incarichi accettati,
nonché da ogni altra considerazione utilitaristica estranea all’etica
professionale e al carattere fiduciario della prestazione e del rapporto tra assistito e avvocato.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
72
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
4. Intervento normativo in materia di elezione
dei componenti dei consigli dell’ordine
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevata:
• la situazione di incertezza determinata in conseguenza delle pronunce del Tar Lazio – integralmente confermate dal Consiglio
di Stato – che hanno annullato il d.m. 170/2014 sulle modalità
di elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali
forensi, limitatamente agli artt. 7 e 9, nella parte in cui:
a. consentono a ciascun elettore di esprimere un numero di
preferenze pari al numero di canditati da eleggere, in contrasto con il dettato dell’art. 28, c. 3, della l. n. 247 del 2012;
b. consentono la presentazione di liste composte da un numero di candidati pari a quello dei consiglieri da eleggere;
c. prevedono che le schede elettorali contengano un numero
di righe pari a quello dei componenti complessivi del consiglio da eleggere;
rilevato, altresì, che:
• in pendenza delle richiamate impugnazioni, diversi consigli
dell’ordine non hanno provveduto ad avviare o completare le operazioni di voto, operando tuttora in regime di prorogatio;
• è ormai improrogabile l’urgenza di un intervento normativo che
definisca nuove regole per le elezioni forensi, in modo da giungere
quanto prima a una situazione di generale regolarità ed effettiva
rappresentatività per tutti i consigli dell’ordine;
considerato che:
• il 12 luglio scorso è stato presentato al Senato il disegno di legge S
2473 Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini
73
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
•
•
circondariali forensi, che – allo stato – è all’esame della II Commissione permanente Giustizia;
l’art. 4, c. 1, del richiamato ddl prevede che «ciascun elettore può
esprimere un numero di voti non superiore alla metà dei consiglieri da
eleggere ai sensi dell’articolo 28, comma 1, della legge 31 dicembre 2012,
n. 247, arrotondato all’unità superiore»;
la disposizione – avverso la quale si sono già espressi diversi consigli dell’ordine – comporta una ingiustificata limitazione della libertà di scelta degli avvocati in sede di elezione e mette a rischio la
governabilità degli ordini forensi;
chiede
al Parlamento di ripristinare il quadro normativo della l. 247/2012 –
prevedendo la possibilità per ogni elettore di esprimere, nel rispetto
della rappresentanza di genere, un numero di voti non superiore ai
due terzi dei consiglieri da eleggere – affinché possano essere in breve
tempo attivate le procedure di rinnovo dei consigli dell’ordine in regime di prorogatio e possa quindi essere ristabilito un regolare assetto
rappresentativo su tutto il territorio nazionale.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
74
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
5. Procedure di composizione
della crisi da sovraindebitamento
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevato che
• con la l. 3/2012 nonché il d.m. 202/2014 è stato disciplinato l’accesso del cittadino alle procedure di composizione della crisi da
sovraindebitamento;
• in particolare il d.m. 202/2014 ha regolamentato gli organismi di
composizione della crisi;
• tali istituti svolgono, fra le altre, le funzioni di ridurre le procedure esecutive civili, garantire la par condicio creditorum e prevenire
il ricorso abusivo al credito a tutela della collettività;
• il cittadino ha facoltà di richiedere in via alternativa al giudice o
all’organismo di composizione della crisi la nomina di un gestore;
• la figura del gestore è obbligatoriamente prevista ai fini del perfezionamento delle procedure previste dalla succitata normativa;
• ai sensi dell’art. 75, c. 2, del d.p.r. 115/2002 (t. u. spese di giustizia), l’istituto del patrocinio a spese dello Stato trova applicazione
in tutte le ipotesi in cui la parte debba essere assistita da un consulente tecnico;
• la funzione svolta dal gestore nelle procedure di composizione
della crisi è assimilabile a quella del consulente;
rilevato, altresì, che:
• il cittadino può essere assistito dal difensore nelle procedure di
composizione della crisi da sovraindebitamento;
• nell’ottica del buon funzionamento dell’istituto e della piena ed
effettiva realizzazione dei fini, anche sociali, che la normativa persegue a tutela del cittadino sovraindebitato, è anzi auspicabile l’as75
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
sistenza del difensore nelle procedure di risoluzione della crisi da
sovraindebitamento;
tutto ciò rilevato, sollecita
il Governo e il Parlamento a:
• introdurre l’assistenza tecnica obbligatoria del difensore nelle suddette procedure;
• prevedere l’accesso al patrocinio a spese dello Stato per i cittadini
sovraindebitati in possesso dei requisiti di cui al t. u. spese di giustizia, a copertura delle spese necessarie per l’assistenza tecnica del
difensore e per l’attività degli organismi di composizione della crisi
da sovraindebitamento;
impegna
l’Organismo di cui all’art. 39 l. prof. e il Consiglio nazionale forense,
ciascuno per le proprie competenze, a dare attuazione a quanto sopra
indicato.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
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XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
6. Patrocinio a spese dello stato nelle ADR
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevato che
• l’art. 17, c. 5 bis, del d.lgs. 28/2010 prevede che nei casi di mediazione obbligatoria o nei casi di mediazione disposta dal Giudice
ai sensi dell’art. 5 c. 2, nelle ipotesi in cui ricorrano le condizioni
di cui all’art. 76 del d.p.r. 115/2002 (t. u. spese di giustizia), non
sia dovuta alcuna indennità agli organismi di mediazione;
• la norma nulla prevede in merito agli onorari del difensore che
deve obbligatoriamente assistere la parte;
• l’art. 24 Cost. prevede che «la difesa è diritto inviolabile in ogni stato
e grado del procedimento … sono assicurati ai non abbienti con appositi
istituti, i mezzi per agire e difendersi avanti ad ogni giurisdizione»;
• la mediazione obbligatoria è sempre, sia in caso di esito positivo,
che di esito negativo, connessa e funzionale alla fase processuale,
anche se la stessa non abbia luogo;
• in particolare il d.m. 202/2014 ha regolamentato gli organismi di
composizione della crisi;
• il d.l. 132/14, convertito nella l. 162/14, ha introdotto l’istituto della negoziazione assistita obbligatoria;
• la suindicata norma, all’art. 3, prevede che «quando la negoziazione
assistita è condizione di procedibilità della domanda, all’avvocato non è
dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato»;
tutto ciò rilevato, sollecita
il Governo e il Parlamento a introdurre l’espressa previsione di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per tutte le procedure di ADR,
con le modalità di liquidazione delle spese del difensore,
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
impegna
l’Organismo di cui all’art. 39 l. prof. e il Consiglio nazionale forense,
ciascuno per le proprie competenze, a dare attuazione a quanto sopra
indicato.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
78
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
7. Negoziazione assistita in materia di lavoro
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevato che
• il d.l. 132/14 (convertito con modificazioni dalla l. 162/14) nell’elencare l’ambito di applicazione della normativa non prevede la
materia del lavoro;
• tale esclusione è stata operata dal Parlamento, in sede di conversione del decreto legge (che originariamente la prevedeva), ritenendo che la tutela in sede sindacale o amministrativa offra alle
parti del rapporto di lavoro una maggiore tutela rispetto a quella
garantita dalla presenza del solo avvocato;
• il Congresso nazionale forense di Venezia ha già approvato una
mozione che chiedeva il reinserimento della materia di lavoro tra
le materie oggetto di negoziazione assistita;
• il disegno di legge sulla giustizia civile, approvato dalla Camera
dei Deputati il 10 marzo 2016, allo stato in discussione al Senato
(ddl S 2284), opera tale reinserimento, prevedendo all’art. 1, c.
2, tra i principi e criteri direttivi cui attenersi nell’esercizio della
delega, la possibilità per le controversie di cui all’art. 409 c.p.c.,
di ricorrere alla negoziazione assistita, senza che la stessa costituisca condizione di procedibilità dell’azione;
tutto ciò rilevato, sollecita
• il Parlamento ad approvare rapidamente il disegno di legge sulla
giustizia civile;
• il Governo, una volta approvata la legge, a esercitare tempestivamente la delega, offrendo così ai lavoratori e ai datori di lavoro la
possibilità di utilizzare uno strumento che, valorizzando il ruolo
degli avvocati delle parti, incentivi e semplifichi la risoluzione stragiudiziale delle controversie;
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
impegna
l’Organismo di cui all’art. 39 l. prof. e il Consiglio nazionale forense,
ciascuno per le proprie competenze, a dare attuazione a quanto sopra
deliberato.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
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XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
8. Negoziazione assistita in materia di famiglia
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
rilevato che
• l’art 6 del d.l. 132/14 (convertito con modificazioni dalla l.
162/2014), nell’elencare l’ambito di applicazione della normativa,
non prevede la regolamentazione dei rapporti genitoriali tra coppie non coniugate mettendosi così in contrasto con la l. 219/2012
che ha unificato lo status di figlio senza più distinzioni anacronistiche;
• il medesimo articolo nel regolamentare al comma 3 la trasmissione dell’accordo all’Ufficio di Stato Civile e all’Ordine, nulla stabilisce sula tenuta dell’originale dell’accordo;
• a seguito di circolare ministeriale la norma è stata interpretata
prima nel senso che la tenuta dell’originale fosse a carico della
Procura e successivamente invece che dovesse essere conservata
dall’avvocato;
• trattandosi di provvedimenti che per loro natura sono destinati a
perdurare nel tempo anche oltre la cessazione dell’attività dell’avvocato che ha l’onere di conservazione;
tutto ciò rilevato, sollecita
il Governo e il Parlamento a:
• estendere la normativa sulla negoziazione assistita prevista e disciplinata dal d.l. 132/14 convertito nella l. 162/2014, anche alle ipotesi
di regolamentazione di relazioni genitoriali tra coppie non coniugate e tra coppie di conviventi di fatto e tra soggetti uniti civilmente,
anche in adeguamento alle leggi 219/2012 e 76/2016;
• regolamentare l’obbligo di conservazione dell’originale dell’accordo di negoziazione assistita a carico dell’avvocato, prevedendo la
facoltà di depositare l’originale presso un archivio centralizzato
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
•
predisposto da ciascun Consiglio dell’Ordine;
regolamentare le modalità per il rilascio delle copie autentiche/esecutive dell’accordo di negoziazione;
impegna
l’Organismo di cui all’art. 39 l. prof. e il Consiglio nazionale forense,
ciascuno per le proprie competenze, a dare attuazione a quanto sopra
deliberato.
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
82
XXXIII Congresso nazionale forense
(Proposta di mozione dell’Ordine di Milano)
9. Modifica dell’art. 2233 c.c. per il diritto
all’equo compenso
Il XXXIII Congresso nazionale forense, riunito a Rimini dal 6 all’8
ottobre 2016,
premesso che:
• la Costituzione Italiana riconosce nel lavoro un fondamento della
Repubblica e un diritto essenziale della persona;
rilevato che:
• nella nozione di “lavoro” deve senz’altro includersi, accanto al lavoro subordinato anche il lavoro autonomo di cui i professionisti
sono espressione;
• è necessario un quadro normativo che tuteli la dignità dell’avvocato, affinché la professione forense possa adempiere alla sua funzione sociale di garante dell’uguaglianza sostanziale delle parti nelle
relazioni sociali;
• tale dignità passa anche attraverso la misura del compenso che
deve essere adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della
professione;
rilevato che:
• lo stato di depauperamento dei livelli reddituali dei professionisti-avvocati appare imputabile anche a scelte che, nel nome della libera concorrenza, hanno inciso nel settore delle prestazioni
professionali esponendo l’attività forense ad improprie logiche di
mercato; il tutto a discapito di una difesa libera e indipendente, da
attuarsi anche attraverso la tutela di prestazioni professionali i cui
compensi non siano soggetti - in assoluto - alla logica del massimo
ribasso;
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
tutto ciò premesso ed esposto,
l’Avvocatura
denuncia
che a seguito dell’abolizione dei minimi tariffari si riscontra un ripetuto vulnus alla dignità del professionista, obbligato alla stipula di convenzioni svilenti e indecorose;
invita
gli organi forensi a sollecitare la modifica dell’art. 2233 c.c., con:
a. l’inserimento al c. 2, dopo le parole «decoro della professione», delle
seguenti parole «e non può essere sproporzionata all’opera prestata»;
b. l’aggiunta, sempre al c. 2, in fine, dei seguenti periodi: «Criteri di
valutazione della sproporzione del compenso sono costituiti dai parametri ministeriali applicabili alle professioni regolamentate nel sistema
ordinistico. È comunque nulla qualsiasi pattuizione che stabilisca per
il professionista un compenso inferiore a quanto liquidato dall’organo
giurisdizionale, con diritto del cliente di trattenere la parte liquidata eccedente, ovvero preclude di pretendere acconti nel corso della prestazione
o che gli imponga l’anticipazione di spese per conto del cliente».
(22 settembre 2016)
Il Presidente
I Delegati
84
APPENDICE
LE REGOLE
CONGRESSUALI ATTUALI
XXXIII Congresso nazionale forense
I.
Statuto del Congresso nazionale forense e
dell’Organismo unitario dell’Avvocatura italiana
PREAMBOLO
1. L’avvocatura italiana svolge funzioni costituzionali nell’ambito della giurisdizione e, nel più vasto contesto sociale, contribuisce alla
conoscenza ed all’attuazione dei diritti e degli interessi soggettivi,
in tal modo concorrendo all’effettiva applicazione dei principi di
uguaglianza e di libertà.
2. Per lo svolgimento di tali imprescindibili compiti l’avvocatura deve
essere libera e non condizionabile da alcun potere politico o economico e deve anzi potersi proporre come soggetto politico, legittimato in quanto tale alla più ampia ed articolata interlocuzione con
i poteri e le istituzioni dello Stato e con tutti i protagonisti della vita
politica e sociale.
3. L’attuazione di tale doveroso ruolo presuppone il mantenimento
ed il rafforzamento delle istituzioni forensi quali irrinunciabili garanzie non solo dell’autonomia dell’ordine forense ma anche delle
qualità morali e delle capacità professionali della categoria.
4. Parimenti il patrimonio di valori, di cultura e di proposta politica
delle libere associazioni forensi è indispensabile presupposto ed
ineliminabile contributo per un’effettiva soggettività politica che
consenta all’avvocatura di misurarsi con ampio confronto sui problemi e sugli interessi di carattere anche generale e quindi di esprimere il proprio autonomo pensiero propositivo.
5. Fin dal 1947, nell’atmosfera di recuperata libertà, l’avvocatura ha
costantemente convocato ogni biennio il suo Congresso Nazionale, che ha costituito tradizionalmente il luogo e l’occasione per
confrontare le opinioni delle varie componenti e per esprimere in
maniera unitaria le aspirazioni e le proposte della categoria. Nel
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
solco di tale consolidata tradizione, appare naturale che la sede del
Congresso Nazionale Forense sia proclamata come quella ideale
per realizzare la confluenza organica e operativa di tutte le componenti dell’avvocatura, che proprio nel Congresso possono trovare
ciascuna il proprio spazio e determinare poi in sintesi quell’unità
di espressione sulla quale può fondarsi la rappresentanza politica
necessaria alla categoria.
6. Una rappresentanza politica che voglia essere autorevole e influente non può che tendere all’unitarietà, organizzandosi in struttura
tale che, assorbendo in sé le dialettiche interne e maturando nel dibattito più esteso possibile quelle soluzioni o proposte che possano
essere presentate come provenienti dall’intera categoria, sia valida
e riconosciuta interlocutrice abituale dei poteri dello stato e delle
forze politiche e sociali. Tutte le componenti della categoria hanno
ragioni valide per individuare nel Congresso Nazionale Forense,
quale assemblea generale dell’avvocatura, organizzata e gestita in
comune e garantita al massimo livello istituzionale, la struttura
idonea a costituire la base della loro rappresentanza politica.
7. È dunque interesse ed onere dell’intera avvocatura stringersi come istituzioni, come associazioni, come aggregazioni culturali
e specialistiche, come singoli iscritti all’albo - in un patto di solidarietà politica, giuridica ed organizzativa, allo scopo di dare partecipazione, riconoscimento e sostegno, anche finanziario, al Congresso Nazionale Forense e alla struttura operativa di rappresentanza
politica che ne è diretta emanazione, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura alla cui autorevolezza e capacità di intervento è necessario
dedicare, da parte di tutti, il più ampio e leale supporto.
8. Il solenne patto di solidarietà sopra detto va a manifestarsi innanzitutto con l’approvazione e con la fedele applicazione del seguente
88
XXXIII Congresso nazionale forense
STATUTO
Capo I
Art. 1
1. Il Congresso Nazionale Forense è l’assemblea generale dell’Avvocatura italiana e rappresenta il momento di confluenza di tutte le
sue componenti, nel rispetto della loro autonomia, e determina gli
indirizzi generali dell’Avvocatura, formulando proposte sui temi
della giustizia e della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini
nonché sulle questioni che riguardano la professione forense.
Art. 2
1. Il Consiglio Nazionale Forense e l’Organismo Unitario, nell’ambito delle rispettive competenze, realizzano gli indirizzi deliberati dal
Congresso, operando in piena autonomia ed in costante consultazione reciproca e con le Istituzioni ed Associazioni Forensi.
Art. 3
1. Il Congresso è rappresentato da ciascun Ordine, di diritto dal Presidente del Consiglio dell’Ordine o da un suo delegato, e da un delegato per ogni trecento iscritti all’albo od elenchi annessi, o frazione
superiore a cento.
Art. 4
1. Il Congresso è convocato dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense - che presiede anche il Comitato Organizzatore – e si
svolge secondo le norme regolamentari approvate dall’Assemblea
dell’Organismo Unitario. Il Congresso è convocato in via ordinaria
ogni due anni e deve tenersi entro sei mesi dall’elezione dei delegati; il Comitato Organizzatore può differirne la data di svolgimento
fino a tre mesi per motivi di particolare rilevanza.
2. In via straordinaria il Congresso deve essere convocato a richiesta
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dell’Assemblea dall’Organismo Unitario deliberata a maggioranza assoluta dei suoi componenti oppure su richiesta di almeno 50
Consigli dell’Ordine; in tal caso il Presidente del Consiglio Nazionale Forense provvede alla convocazione del Congresso Straordinario da tenersi entro i 120 giorni successivi alla richiesta e convoca senza indugio il Comitato Organizzatore del Congresso per
gli adempimenti di sua competenza. Sono delegati al Congresso
straordinario i delegati eletti per il Congresso ordinario precedente.
3. Il Comitato Organizzatore del Congresso è presieduto dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense, ha sede presso l’Organismo Unitario ed è composto da:
a. il Presidente ed i componenti dell’Ufficio di presidenza del
Consiglio Nazionale Forense;
b. il Presidente ed i componenti della Giunta dell’Organismo
Unitario;
c. il Presidente ed i componenti del Consiglio di Amministrazione della Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense;
d. i Presidenti dei Consigli degli Ordini Distrettuali, i rappresentanti delle Associazioni Forensi maggiormente rappresentative, come tali riconosciute in sede congressuale.
Il Comitato Organizzatore:
a. delibera il luogo di svolgimento del Congresso e viene integrato dai Presidenti dei Consigli dell’Ordine del Distretto e dai
componenti del Consiglio dell’Ordine del luogo ove si svolgerà il Congresso;
b. determina i temi specifici sui quali il Congresso è chiamato
a deliberare.
Art. 5
1. I lavori del Congresso si aprono con le relazioni introduttiva del
Presidente del Consiglio Nazionale Forense e politica e programmatica del Presidente dell’Organismo Unitario. Nel corso dei lavori
congressuali il Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza ed
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XXXIII Congresso nazionale forense
Assistenza Forense svolgerà una relazione illustrativa sull’attività e
le prospettive dell’Ente.
2. I lavori del Congresso sono regolati da un Ufficio di Presidenza
secondo le norme contenute nel Regolamento congressuale.
3. Sono costituite ed operano secondo le norme del Regolamento
congressuale:
•
la Commissione per la “verifica poteri”;
•
la Commissione per il coordinamento delle mozioni da sottoporre all’approvazione del Congresso;
•
la Commissione per lo Statuto, il Regolamento e l’organizzazione.
4. Il Congresso conclude i suoi lavori:
•
con l’approvazione delle mozioni che stabiliscono gli indirizzi
e gli obiettivi da perseguire secondo quanto previsto all’art.1;
•
con la proclamazione dei componenti dell’Assemblea dell’Organismo Unitario eletti in sede congressuale, secondo le norme statutarie e regolamentari;
•
con le determinazioni in ordine alla risorse finanziarie.
Capo II - L’Organismo Unitario
Art. 6
1. L’Organismo Unitario dell’Avvocatura (O.U.A.) è l’organo al quale il
Congressoconferiscelarappresentanzapoliticaedilcompitodiattuare
i deliberati congressuali, assumendo iniziative, promuovendo e curando attività di studio, informazione, comunicazione, divulgazione
ed intervento presso le istituzioni pubbliche e gli organismi politici.
L’Organismo Unitario è composto da:
91
•
l’Assemblea ed il Coordinatore;
•
il Presidente e la Giunta.
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Art. 7
1. L’Assemblea dell’Organismo Unitario è composta da due rappresentanti per ciascun Distretto giudiziario sino a 3.000 (tremila)
iscritti agli albi ed elenchi annessi degli Ordini aventi sede nel Distretto nonché iscritti alla Cassa di Previdenza, e da un ulteriore
rappresentante per ogni successivi 3.000 (tremila) iscritti o frazione superiore a 1.500 (millecinquecento).
2. I rappresentanti degli iscritti negli Ordini del Distretto vengono
eletti, così come disposto dall’art. 5, quinto comma, nel corso dei
lavori del Congresso, con voto segreto e, in caso di più eligendi,
limitato a due terzi.
In ogni caso la frazione di voto viene ridotta all’unità inferiore
Art. 8
1. La carica di componente dell’Organismo Unitario è incompatibile con quella di componente del Consiglio Nazionale Forense, di
componente del Consiglio di Amministrazione e del Comitato dei
Delegati della Cassa di Previdenza, nonché di Presidente e componente del Consiglio dell’Ordine e dell’organismo di disciplina.
2. L’incompatibilità non rimossa entro trenta giorni dal suo verificarsi e l’assenza ingiustificata a tre sedute consecutive dell’Assemblea
dell’Organismo Unitario, costituiscono cause di decadenza di diritto dalla carica.
3. I componenti dell’Organismo Unitario decadono tutti contemporaneamente nel momento in cui si aprono i lavori dell’Assemblea
successiva a quella in cui sono stati eletti. Possono essere rieletti,
ma non oltre il secondo mandato consecutivo.
4. Il componente venuto meno per dimissioni, impedimento permanente, incompatibilità o decadenza, viene sostituito con il primo
dei non eletti in sede congressuale.
Art. 9
1. L’Assemblea dell’Organismo Unitario è convocata per la sua prima seduta di insediamento dal Presidente ancora in carica o dal
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XXXIII Congresso nazionale forense
componente più anziano di età. Tale seduta dovrà tenersi entro 30
giorni dalla chiusura dei lavori congressuali. Nella prima seduta,
presieduta dal componente più anziano di età, vengono eletti, con
voto a scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta dei presenti, fra
i componenti dell’Assemblea, il Presidente dell’Organismo Unitario con la Giunta ed il Coordinatore dell’Assemblea. In caso di
parità di voti fra due o più candidati si procederà ad un secondo
turno di votazione con elettorato passivo riservato ai candidati
in ballottaggio.
2. L’Assemblea dell’Organismo Unitario disciplina il proprio
funzionamento e la sua attività, nonché quella della Giunta, secondo un Regolamento interno le cui norme devono essere approvate a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il Coordinatore dell’Assemblea ne presiede le sedute e cura il rispetto del Regolamento interno.
L’Assemblea viene convocata dal Presidente almeno una volta ogni
tre mesi. In caso di inerzia del Presidente, o di presentazione di
mozione di sfiducia, l’Assemblea sarà convocata dal Coordinatore.
3. L’Assemblea dell’Organismo Unitario delibera l’utilizzo delle risorse finanziarie determinate dal Congresso necessarie
per il proprio funzionamento e lo svolgimento dei compiti e delle attività di cui allo Statuto ed al Regolamento interno.
L’Assemblea altresì approva, entro il 28 febbraio di ogni anno, il
bilancio consuntivo dell’esercizio precedente ed il bilancio preventivo dell’esercizio in corso. I detti bilanci dovranno essere inviati
entro 15 giorni dalla loro approvazione ai Consigli dell’Ordine.
4. Alle sedute dell’Assemblea sono chiamati a partecipare, senza diritto di voto, un rappresentante del Consiglio Nazionale Forense,
un rappresentante della Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense ed i rappresentanti delle Associazioni Forensi secondo l’indicazione congressuale.
L’Organismo Unitario ha sede in Roma.
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
Art. 10
1. La Giunta centrale è costituita dal Presidente dell’Organismo Unitario, che lo rappresenta all’esterno, dai due Vice Presidenti, dal
Segretario e dal Tesoriere nonché da altri quattro componenti.
2. La Giunta centrale ha il compito di dare attuazione alle deliberazioni dell’Assemblea dell’Organismo Unitario; elabora proposte da
sottoporre all’esame dell’Assemblea; mantiene assidui contatti con
tutte le componenti istituzionali ed associative dell’Avvocatura al
fine di coordinare ogni iniziativa; compie tutte le attività utili per
il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’Assemblea dell’Organismo Unitario ogni qualvolta si prospettino ragioni ed esigenze di urgenza che non consentano la tempestiva convocazione di
quest’ultima. Tali attività vanno sottoposte alla ratifica dell’Assemblea nella prima seduta successiva.
Art. 11
Il presente Statuto può essere modificato solamente dall’Assemblea
congressuale a maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto.
1) Mozione
(Determinazione del numero dei delegati al Congresso)
Ai fini di quanto previsto nello Statuto circa la determinazione delle
modalità di elezione e del numero dei delegati da eleggere al Congresso Nazionale Forense, il Congresso
delibera
Art. 1
1. I Delegati al Congresso Nazionale Forense sono eletti in assemblee
circondariali appositamente convocate dal Presidente del Consiglio
dell’Ordine, e da tenersi almeno sessanta giorni prima della data di
apertura del Congresso.
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XXXIII Congresso nazionale forense
2. Le assemblee si svolgono secondo le modalità e i tempi adottati in
quel circondario per il primo turno di votazione per l’elezione del
Consiglio dell’Ordine.
3. L’Assemblea è valida in seconda convocazione, che si può indire
anche nello stesso giorno della prima, qualunque sia il numero
dei presenti.
4. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine, o in sua vece il consigliere
più anziano per iscrizione all’albo, presiede l’Assemblea, ne regola
lo svolgimento, nomina gli scrutatori e proclama, al termine dello
scrutinio, i risultati.
Art. 2
1. L’elettorato attivo e passivo è attribuito agli avvocati iscritti nell’albo
e negli elenchi annessi al 31/12 dell’anno precedente.
2. L’espressione del voto, da effettuarsi a scrutinio segreto, deve essere limitato ai due terzi del numero dei delegati da eleggere, approssimato per difetto.
Art. 3
1. Ciascun Ordine è rappresentato al Congresso dal Presidente del
Consiglio dell’Ordine o da un suo delegato oltre che da un delegato
per ogni trecento iscritti all’albo od elenco annesso, o frazione superiore a cento.
2. Ai fini di tale computo, si considera il numero degli iscritti quale
risultante al 31 dicembre dell’anno precedente.
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2) Mozione
(Individuazione delle Associazioni Forensi maggiormente
rappresentative)
Ai fini dell’applicazione delle varie norme statutarie che fanno riferimento alle Associazioni Forensi maggiormente rappresentative sul
piano nazionale, il Congresso
delibera
di riconoscere, allo stato e con riserva di ulteriori deliberazioni, modificative o aggiuntive, in occasione del prossimo Congresso Nazionale
Forense, come associazioni forensi maggiormente rappresentative sul
piano nazionale le seguenti:
•
Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori
•
Associazione Nazionale Forense
•
Associazione Italiana Giovani Avvocati
•
Unione Camere Civili
•
Unione Camere Penali Italiane
•
Unione Italiana Forense
•
Società Italiana Avvocati Amministrativisti
•
Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi
•
Avvocati Giuslavoristi Italiani
•
Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia
•
Unione Nazionale Camere Minorili
•
Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti
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XXXIII Congresso nazionale forense
II.
Regolamento dei lavori congressuali
Art. 1 - Assemblee degli Ordini [Rif. art. 3 Statuto]
Ricevuto l’avviso di convocazione del Congresso Nazionale Forense,
i Presidenti dei Consigli degli Ordini convocano, per una data antecedente di almeno 60 giorni quella fissata per l’apertura del Congresso, l’assemblea degli iscritti all’albo degli Avvocati e degli elenchi annessi, per dibattere i temi congressuali ed eleggere i Delegati
effettivi e supplenti.
L’assemblea è convocata mediante avviso da affiggersi presso il Consiglio dell’Ordine almeno 10 giorni prima della data fissata e per gli Ordini con oltre duemila iscritti anche mediante manifesti da affiggersi
in tutti gli uffici giudiziari di competenza e, occorrendo, da pubblicizzarsi a mezzo stampa.
Le assemblee si svolgono secondo le modalità e i tempi adottati in quel
circondario per il primo turno di votazione per l’elezione del Consiglio
dell’Ordine. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine o, in sua vece, il
Consigliere più anziano per iscrizione all’albo presiede l’assemblea,
ne regola lo svolgimento, nomina gli scrutatori e proclama, al termine
dello scrutinio, i risultati.
L’assemblea è valida, in seconda convocazione, qualunque sia il numero dei presenti. La seconda convocazione dell’assemblea può essere
prevista per lo stesso giorno della prima.
Il Presidente dell’assemblea illustra i temi ed i documenti congressuali.
È consentita la votazione di ordini del giorno attinenti ai temi
congressuali.
Art. 2 - Elezione dei Delegati [Rif. art. 3 Statuto]
L’assemblea elegge un delegato sino a trecento iscritti agli albi ed elenchi annessi, o frazione superiore a cento.
Il numero degli iscritti a ciascun Ordine è computato al 31 dicembre
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dell’anno precedente quello in cui si svolge il Congresso.
L’elezione dei delegati avviene a scrutinio segreto e con voto limitato ai
due terzi del numero dei delegati da eleggere approssimato per difetto.
Non è consentita, ai fini dell’espressione di voto, alcuna delega.
Risultano eletti quali Delegati effettivi i candidati che hanno ottenuto
il maggior numero di voti.
In caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione all’albo.
I canditati non eletti, sulla base dei voti riportati e in numero pari a
quello degli effettivi, sono inseriti nell’elenco dei Delegati supplenti,
a cui si attingerà in caso di necessità, secondo l’ordine di graduatoria.
Art. 3 - Comunicazioni e reclami [Rif. art. 3 Statuto]
Il Presidente del Consiglio dell’Ordine curerà l’invio alla Segreteria
generale del Congresso ed alla segreteria dell’O.U.A., entro i quindici
giorni successivi, di copia del verbale sottoscritto da lui e dal Segretario,
attestando l’esito e la regolarità delle votazioni. Di ciascun delegato è
fatto obbligo di indicare tutti i dati anagrafici e di rintracciabilità anche
per via telematica (numero telefonico, di telefax ed indirizzo e-mail).
Eventuali reclami avverso i risultati elettorali di ciascun Ordine dovranno essere proposti, nelle 48 ore successive alla proclamazione
degli eletti, alla Commissione Verifica Poteri del Congresso, di cui
al successivo art. 9, inviandone copia al Presidente del Consiglio
dell’Ordine.
La Commissione Verifica Poteri deciderà nei venti giorni successivi
alla ricezione.
Art. 4 - Quota d’iscrizione [Rif. artt. 3 - 4 Statuto]
Il Presidente del Consiglio dell’Ordine curerà altresì il versamento della quota d’iscrizione al Congresso nella misura e nei termini fissati
dal Comitato Organizzatore e con le modalità indicate dalla Segreteria
generale del Congresso.
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XXXIII Congresso nazionale forense
Art. 5 - Partecipanti al Congresso [Rif. art. 3 Statuto]
Partecipano al Congresso Nazionale Forense, con diritto di voto, i Presidenti dei Consigli degli Ordini ed i Delegati eletti dalle assemblee
degli iscritti.
Il Presidente del Consiglio dell’Ordine, in caso di impedimento a partecipare al Congresso, potrà essere sostituito da altro componente del
Consiglio, da questo designato.
Non è ammesso il voto per delega.
Partecipano altresì, senza diritto di voto, gli avvocati ed i praticanti che
si iscrivono al Congresso. L’iscrizione al Congresso comporta l’accettazione del suo Regolamento.
L’Ufficio di Presidenza può autorizzare soggetti non iscritti ad assistere ai lavori congressuali.
I partecipanti possono presentare comunicazioni sui temi congressuali
nei tempi indicati dalla Segreteria generale, che ne curerà la diffusione.
Art. 6 - Segreteria generale del Congresso e costi
di organizzazione [Rif. art. 4 Statuto]
La Segreteria Generale è composta dal Segretario Generale, designato
dal Consiglio dell’Ordine ospitante e da undici componenti, nominati
dal Comitato organizzatore di cui all’art. 4 dello Statuto, di cui due
designati dal CNF, due designati dall’OUA, due designati dalla Cassa
Forense. I componenti che siano nominati in ragione della carica da
essi ricoperta possono delegare le funzioni ad un altro componente
dell’organo al quale appartengono.
La Segreteria ha sede presso l’Ordine ospitante. Essa provvede, ad organizzare il Congresso ed in particolare ad organizzare i servizi logistici e di stampa, a diramare gli inviti, a curare i rapporti ed i contatti con
gli Ordini e con le Associazioni forensi, a curare la compilazione dei
verbali e a raccogliere gli atti ufficiali e a curarne la trasmissione alla
segreteria Organismo Unitario dell’Avvocatura.
I costi dell’organizzazione del Congresso sono a carico dell’Ordine ospitante.
Consiglio Nazionale Forense e Cassa Forense corrispondo, entro ses99
Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
santa giorni dalla formale convocazione del Congresso, un contributo
fisso alle spese di organizzazione la cui entità viene determinata di
volta in volta d’intesa tra gli stessi.
Ai fini della gestione economica del Congresso, il Presidente dell’Ordine ospitante potrà conferire al Segretario generale apposita procura.
Il Segretario Generale, ovvero il Presidente dell’Ordine ospitante, qualora non abbia conferito la procura di cui al comma precedente, avrà
l’obbligo di rendiconto delle spese al Comitato Organizzatore entro
120 giorni dalla conclusione del Congresso.
Eventuali residui attivi della gestione dell’organizzazione del Congresso verranno devoluti all’Organismo Unitario dell’Avvocatura per
la prosecuzione dell’attività statutaria di attuazione dei deliberati congressuali.
Art. 7 - Ufficio di Presidenza [Rif. art. 5 Statuto]
L’Ufficio di Presidenza è costituito dai Presidenti dell’O.U.A., del C.N.F.
e della Cassa di Forense, nonché dai Presidenti dei Consigli degli Ordini distrettuale e circondariali del luogo ove ha sede il Congresso.
L’Ufficio di Presidenza è coordinato e convocato dal Presidente
dell’O.U.A. e si insedia almeno 60 giorni prima la data d’inizio
del Congresso.
L’Ufficio di Presidenza regola lo svolgimento dei lavori, fissa la durata
degli interventi, ne determina l’ordine, chiude la discussione, indica
i Presidenti delle sedute o delle sessioni, formula o ammette per ciascun tema le proposte o le mozioni definitive da sottoporre all’approvazione del Congresso.
L’Ufficio di Presidenza nomina i Presidenti ed i componenti delle
Commissioni: Verifica Poteri; Coordinamento delle mozioni; per lo
Statuto, Regolamento e Organizzazione.
Art. 8 - Votazioni e Reclami [Rif. art. 5 Statuto]
L’Ufficio di Presidenza determina altresì le modalità delle votazioni,
per le mozioni e per qualsiasi altra deliberazione, tra le seguenti:
a. per alzata di mano;
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XXXIII Congresso nazionale forense
b. per appello nominale;
c. per voto segreto, preferibilmente con modalità elettroniche.
I reclami avverso i risultati delle votazioni devono essere proposti, a
pena di decadenza, nelle 24 ore successive, all’Ufficio di Presidenza,
che deciderà nei 30 giorni successivi, salvo che per quelle che richiedano decisione immediata per consentire la prosecuzione dei lavori.
Art. 9 - Commissione Verifica Poteri [Rif. art. 5 Statuto]
La Commissione Verifica Poteri è composta di 5 membri nominati
dall’Ufficio di Presidenza all’atto del suo insediamento.
Nomina al suo interno il Segretario e delibera a maggioranza.
La Commissione è validamente costituita con la presenza di almeno
tre membri. Qualora nella votazione non sia possibile raggiungere la
maggioranza, prevarrà il voto del Presidente.
Almeno 48 ore prima dell’apertura del Congresso la Commissione
verifica i dati relativi agli iscritti di ciascun Ordine, il numero dei Delegati attribuiti dalle norme di Statuto, la sussistenza dei requisiti e
decide sui reclami.
La Commissione certifica la presentazione e verifica la regolarità
della presentazione delle mozioni e delle proposte di emendamento allo Statuto.
Fino all’apertura dei lavori congressuali, la Commissione avrà sede
presso l’O.U.A..
Art. 10 - Commissione Coordinamento delle Mozioni
[Rif. art. 5 Statuto]
La Commissione per il Coordinamento delle mozioni è composta di
7 membri nominati dall’Ufficio di Presidenza prima dell’inizio dei lavori congressuali.
Nomina al suo interno il Segretario.
La Commissione riceve le mozioni dalla Commissione Verifica Poteri e,
ove possibile, anche sentiti i presentatori, coordina e accorpa in un unico documento le proposte presentate e provvede alla loro diffusione.
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Mozioni e raccomandazioni sui temi congressuali, sottoscritte da almeno 50 Delegati, devono essere presentate alla Commissione Verifica Poteri, salvo deroghe disposte dall’Ufficio di Presidenza, entro le ore
17 del giorno precedente quello fissato per l’apertura della discussione
e della votazione delle mozioni secondo il programma congressuale.
Art. 11 - Commissione Statuto, Regolamento e
Organizzazione [Rif. art. 5 Statuto]
La Commissione per lo Statuto, il Regolamento e l’Organizzazione
è composto di 7 membri, nominati dall’Ufficio di Presidenza prima
dell’inizio del lavori congressuali.
La Commissione nomina al suo interno il Segretario.
La Commissione riceve le proposte di modifica dello Statuto dalla
Commissione Verifica Poteri e redige uno schema di proposta di modifica - nel quale siano coordinati gli emendamenti presentati - da sottoporre al Congresso.
Le proposte di emendamento allo Statuto, sottoscritte da almeno 50
Delegati, devono essere presentate alla Commissione Verifica Poteri,
almeno 24 ore prima dell’apertura della discussione e della votazione
delle modifiche statutarie secondo il programma congressuale.
Art. 12 - Elezione dell’Assemblea dell’OUA
[Rif. artt. 5 - 7 Statuto]
I Delegati al Congresso di ciascun distretto procedono all’elezione dei
componenti dell’Assemblea dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura,
così come previsto dall’art. 7 dello Statuto.
L’Assemblea dei Delegati al Congresso di ciascun distretto verrà convocata e sarà presieduta dal Delegato più anziano per iscrizione all’albo.
L’esito delle votazioni verrà comunicato immediatamente all’Ufficio di
Presidenza del Congresso.
Eventuali reclami avverso le votazioni dovranno essere proposti, a
pena di decadenza, nelle 24 ore successive all’Ufficio di Presidenza,
che deciderà nelle 48 ore successive.
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XXXIII Congresso nazionale forense
Art. 13 - Conclusione dei lavori [Rif. art. 5 Statuto]
I lavori si concludono:
•
con l’approvazione delle mozioni e con l’elezione dell’Assemblea
dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura;
•
con l’indicazione della data in cui si svolgerà il successivo congresso.
Il Segretario generale del Congresso cura la conservazione degli stendardi e la consegna al Segretario generale del successivo Congresso
Art. 14 - Individuazione delle Associazioni Forensi
maggiormente rappresentative
Ai fini dell’applicazione delle varie norme statutarie che fanno riferimento alle Associazioni Forensi maggiormente rappresentative sul
piano nazionale si stabilisce che il Congresso Nazionale Forense potrà procedere al riconoscimento, in aggiunta a quelle già riconosciute,
come associazioni forensi maggiormente rappresentative sul piano
nazionale, di quelle che abbiano i seguenti requisiti:
a. l’associazione deve essere costituita da almeno quattro anni ed
avere adeguata diffusione e rappresentanza territoriale, con un
numero di sedi sul territorio nazionale non inferiore a venti o in
almeno otto diverse Regioni;
b. lo statuto dell’associazione deve espressamente prevedere come
scopo la promozione del profilo professionale degli iscritti, nonché la sensibilizzazione sulle tematiche della Giustizia e della professione forense;
c. lo statuto deve prevedere modalità di elezione degli organi associativi su base democratica.
La domanda tesa al riconoscimento congressuale dovrà pervenire alla
sede dell’OUA entro il termine di giorni 30 antecedenti la data di inizio dei lavori congressuali ed essere corredata dalla seguente documentazione:
a. Statuto vigente e atto costitutivo;
b. Elenco delle sedi territoriali con indicazione dei relativi responsabili;
c. Documentazione attestante l’attività svolta a livello nazionale e
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Rimini, 6 – 8 ottobre 2016
nelle sedi territoriali dalla costituzione al momento della presentazione della domanda;
d. Dichiarazione di impegno all’adozione di un codice etico, entro
mesi sei dall’eventuale ottenuto riconoscimento.
104
XXXIII Congresso nazionale forense
III.
Mozione N. 27
(Determinazione del numero dei delegati
al Congresso)
approvata al Congresso Straordinario di Verona (12/15 dicembre 2002)
e modificata al Congresso Nazionale Forense di Bari (art. 3, comma 1)
Ai fini di quanto previsto nello Statuto circa la determinazione delle
modalità di elezione e del numero dei delegati da eleggere al Congresso Nazionale Forense, il Congresso delibera:
Art. 1
1. I Delegati al Congresso Nazionale Forense sono eletti in assemblee circondariali appositamente convocate dal Presidente del
Consiglio dell’Ordine, e da tenersi almeno sessanta giorni prima
della data di apertura del Congresso.
2. Le assemblee si svolgono secondo le modalità e i tempi adottati
in quel circondario per il primo turno di votazione per l’elezione
del Consiglio dell’Ordine.
3. L’Assemblea è valida in seconda convocazione, che si può indire
anche nello stesso giorno della prima, qualunque sia il numero
dei presenti.
4. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine, o in sua vece il consigliere più anziano per iscrizione all’albo, presiede l’Assemblea,
ne regola lo svolgimento, nomina gli scrutatori e proclama, al
termine dello scrutinio, i risultati.
Art. 2
1. L’elettorato attivo e passivo è attribuito agli avvocati iscritti nell’albo e negli elenchi annessi al 31/12 dell’anno precedente.
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2. L’espressione del voto, da effettuarsi a scrutinio segreto, deve essere limitato ai due terzi del numero dei delegati da eleggere,
approssimato per difetto.
Art. 3
1. Ciascun Ordine è rappresentato al Congresso dal Presidente del
Consiglio dell’Ordine o da un suo delegato oltre che da un delegato per ogni trecento iscritti all’albo od elenco annesso, o frazione superiore a cento.
2. Ai fini di tale computo, si considera il numero degli iscritti quale
risultante al 31 dicembre dell’anno precedente.
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XXXIII Congresso nazionale forense
Mozione N. 20/11
approvata al XXXI Congresso Nazionale Forense di Bari
(22/24 novembre 2012)
L’Unione degli Ordini Forensi della Sicilia propone una
Mozione di richiesta di riduzione del numero dei delegati
al congresso
approvata
visto
l’art. 3 comma 1 della mozione n.1 Allegata allo Statuto del Congresso
Nazionale Forense che prevede che “ciascun Ordine è rappresentato al
congresso dal Presidente del Consiglio dell’ordine o da un suo delegato oltre
che da un delegato per ogni duecento iscritti all’albo od elenco ammesso, o
frazione superiore a cento”;
considerato
che nel corso di questi anni il numero degli Avvocati ha registrato un
incontrollato ed esponenziale aumento che oggi, in virtù del citato criterio previsto dall’art. 3, determina la presenza al congresso di un elevato numero dei delegati;
ritenuto
che l’attuale eccessiva presenza dei delegati non consente per oggettive ed insuperabili ragioni di numero il regolare coinvolgimento degli
stessi nelle attività congressuali con il conseguente pregiudizio del confronto di idee e del contributo che ciascun delegato potrebbe offrire;
ritenuto inoltre
che la presenza di un così alto numero di delegati determina inevitabilmente una gravosa lievitazione dei costi a carico degli Ordini e,
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soprattutto, notevoli difficoltà strutturali e logistiche per il regolare
svolgimento dei lavori congressuali stessi;
Ciò premesso l’unione degli Ordini forensi della Sicilia
propone
Al Congresso Nazionale Forense di Bari di impegnare il Consiglio Nazionale Forense unita mente all’OUA per la modifica del citato art. 3
comma 1 della mozione Allegata allo Statuto del Congresso Nazionale
Forense come segue:
“Ciascun Ordine è rappresentato dal Congresso di diritto dal Presidente del Consiglio dell’Ordine o da un suo delegato oltre che da un
delegato per ogni trecento iscritti all’albo od elenco annesso, o frazione
superiore a cento”.
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NOTE
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ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO
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