Manipolazione genetica del polline - e

INGEGNERIA GENETICA NELLE PIANTE
L’inserzione di uno o più geni nel corredo genetico
di una pianta con metodiche di ingegneria
genetica e di coltura in vitro di cellule e tessuti vegetali
porta alla produzione di piante geneticamente
modificate (GM), dette anche geneticamente
ingegnerizzate, transgeniche o biotecnologiche.
Il gene inserito può provenire dalla stessa specie o
da specie affini (e in questo caso si può parlare di
cisgene), ma può anche avere l’origine più diversa
(transgene) poiché, in base alla natura universale
del codice genetico, anche geni provenienti da organismi
evolutivamente molto lontani dai vegetali
possono essere espressi con successo in una pianta. Le prime piante
transgeniche sono state prodotte
all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, suscitando
un vivissimo interesse non solo nell’accademia,
ma anche nell’industria.
Il successo della nuova tecnologia fu tale che
nell’arco di pochi anni si arrivò alla commercializzazione
dei primi prodotti, il pomodoro Flavr Savr nel
1994, e il mais Bt nel 1997. Nel 2010 le sei principali
varietà GM sono state coltivate
in 29 paesi, per una superficie totale di 148 milioni
di ettari. Oggi lo studio
della biologia vegetale si basa ampiamente sull’analisi
di modelli transgenici, appositamente preparati
nei laboratori di tutto il mondo, per scoprire il ruolo
di singoli geni e delle loro interazioni con il resto
del genoma. Esistono protocolli di trasformazione,
che sono costantemente ottimizzati, per un numero
di specie in continuo aumento.
Le principali tappe del processo di trasformazione:
1) la preparazione di un costrutto che contenga il
gene di interesse in un vettore adatto ad
assicurarne la sua espressione nella cellula vegetale;
2) un sistema per introdurre il DNA all’interno della
cellula vegetale
3) un sistema di rigenerazione che consenta di ottenere
una pianta GM dalla cellula trasformata.
La trasformazione della cellula vegetale può essere sia stabile che transiente. Nel
primo caso, che si realizza per ottenere piante GM, il transgene si inserisce nel
genoma, viene replicato come un gene endogeno nelle mitosi cui il nucleo andrà
incontro dopo l’inserzione, verrà trascritto ed espresso come un normale gene della
pianta rigenerata dalla cellula trasformata e, se la pianta GM arriverà a produrre
semi, ereditato seguendo le regole mendeliane della genetica classica. La
trasformazione transiente, invece, è una pratica che prevede la veicolazione del
transgene nel nucleo della cellula vegetale ma non prevede obbligatoriamente la sua
inserzione nel genoma. Ciò che interessa, in questo caso, è l’espressione
(trascrizione e traduzione) del GdI (Gene Di Interesse). In realtà, dal punto di vista
pratico, nel primo caso si rigenera una pianta GM, nel secondo si usano
direttamente le cellule nelle quali il transgene è stato veicolato, dopo avergli lasciato
il tempo necessario (di solito alcuni giorni) per esprimersi, disinteressandosi del
fatto che l’mRNA del GdI derivi da un transgene integrato o meno nel genoma. La
trasformazione transiente, molto utilizzata nella ricerca di base, ha recentemente
trovato interessanti campi pratici di applicazione, resi possibili dall’aumentata
efficienza di alcune moderne tecniche di trasformazione, come la veicolazione di
vettori virali mediata da Agrobacterium. La trasformazione richiede che il transgene
sia veicolato nella cellula. Le tecniche di veicolazione più comuni vengono
classificate in due ampi gruppi, i metodi biologici e i metodi chimico-fisici.
Manipolazione genetica del
polline
Con il termine manipolazione genetica del polline
si intende l’inserimento di geni nel genoma naturale
del granulo pollinico o la modificazione di geni
presistenti.
L’ introduzione diretta di DNA in una cellula può essere
effettuata mediante il bombardamento con
microproiettili.
I microproiettili penetrano nelle cellule veicolando
il materiale genetico senza compromettere in
modo irreversibile l’integrità delle cellule stesse in
quanto le lesioni prodotte sono temporanee.
Tecniche di
trasformazione
genetica
Tecnica biolistica
Il nome di tecnica biolistica deriva dalla fusione di balistica biologica (in inglese
biological ballistic da cui biolistic) e riassume il principio alla base della tecnica,
che consiste nello sparare dei microproiettili di un supporto inerte, ricoperti
di una biomolecola, di solito DNA, all’interno della cellula. La tecnica è stata
sviluppata negli anni 80 per ovviare alla recalcitranza delle monocotiledoni alla
trasformazione con Agrobacterium. Lo strumento per il bombardamento di
microproiettili (microprojectile bombardment) consiste in un meccanismo per
accelerare a velocità desiderate i microproiettili così da regolare la loro capacità
di penetrazione all’interno del tessuto bersaglio. La forza che accelera il
macroproiettile (un leggero disco di acetato di cellulosa di circa 2,5 cm di
diametro) è una scarica del gas inerte elio, da cui il nome Biolistics PDS-1000He
dello strumento. Le velocità dei microtrasportatori (supersoniche, fino a 400
m·s-1), particelle di diametro minuscolo (0,8-1 μm) di metalli inerti come oro,
iridio o tungsteno, dipendono dalla capacità di accelerare il
macrotrasportatore.