leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it I edizione: luglio 2012 © 2012 Lit Edizioni Srl Arcana è un marchio di Lit Edizioni Sede operativa: Via Isonzo 34, 00198 Roma Tutti i diritti riservati www.arcanaedizioni.com Patrizia De Rossi GIANNA NANNINI FIORE DI NINFEA INDICE Fiore di Ninfea 7 Noi donne siamo tutte madri Storie quotidiane La svolta tedesca La vita dopo Plank La rinascita Giorni disumani Prima in classifica Giannadream Nuova vita God is a woman Il rapporto con l’arte Giannastyle Gianna e la sua terra In prima linea 13 21 33 43 61 69 95 107 123 133 153 163 171 177 La voce di Gianna Grazie a Fonti 181 187 189 FIORE DI NINFEA Io sono tutta un contrasto, anche se ora mi sento decisamente più equilibrata di una volta. Sarà che si invecchia… Mentre lei sciava in Libano, a Natale, e io traslocavo, a Roma, è nato questo libro. In realtà ce l’avevo in mente già da qualche tempo, perché è l’unica artista italiana che merita di essere raccontata trasversalmente. A parte i libri firmati da lei stessa – l’autobiografia Io (Rizzoli, 2005), scritta con la collaborazione di Pino Casamassima, e Stati d’anima (Bompiani, 2009), realizzato con Edoardo Nesi e Alberto Bettinetti – se ne ricordano altri due: uno di Teresa De Santis, che risale ormai al 1981, e un’opera pop bizzarra e ambiziosa di Barbara Alberti uscita nel 1991. Poi, nulla. E allora, un po’ per curiosità e un po’ per colmare una notevole lacuna, mi sono ritrovata a scrivere dell’unica rocker italiana internazionale. Scrivere di Giannanannini (un nome che ti viene tutto attaccato) significa entrare in un universo ricco di sfumature e di contrasti, di innumerevoli sfaccettature e contrapposizioni di elementi. Il rock e la melodia, l’aggressività e la dolcezza, la Toscana e il mondo, il sacro e il profano, il popolare e il colto, il passionale e l’etereo. Al centro della musica e dell’arte di Giannanannini c’è sempre la donna, la figura femminile. Non a caso, per la copertina del settimanale «Vanity Fair», quando era in avanzato stato di gravidanza, ha indos7 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA sato fieramente, suscitando un mare di polemiche, una maglietta con su scritto GOD IS A WOMAN. Giannanannini racconta storie di riscatto, di rivalutazione, di emancipazione, di indipendenza. E la sua vita e la sua carriera professionale sono state tutto un susseguirsi di ribellioni, riscatti, rivalutazioni, emancipazioni e indipendenza. Il suggello a questo suo modus vivendi è stata proprio la maternità, scelta e arrivata ben oltre la soglia dei cinquant’anni. Una decisione che ha fatto scalpore, suscitato dibattiti, scatenato polemiche anche violente, che tuttavia non hanno minimamente inciso sulla sua solida consapevolezza. Anche perché, di contro, Gianna ha dato speranza a migliaia di donne in difficoltà, ormai rassegnate. Questo libro non racconta dunque la vita di Giannanannini, quanto la sua opera. Che non è limitata alla sola musica rock, ma include l’applicazione della voce a una scultura, la trasposizione in opera di un personaggio della Divina Commedia, la scrittura di una colonna sonora, la partecipazione a un’azione di protesta o a un concerto/evento organizzato a scopo benefico. Tutto questo, certo, è filtrato e amplificato dal rock, che per Giannanannini è un atto di ribellione, una presa di coscienza, uno stimolo ad agire. “Il rock è… quando me ne sono andata di casa”, così ha detto in un’intervista. “Avevo diciott’anni e dissi a mia madre che sarei andata a Milano per diventare cantante”. Era più o meno il 1974 e Milano rispetto a Siena era un altro mondo. Era la città delle grandi opportunità, dove tutto si poteva realizzare. Bastava mettersi in gioco e rincorrere la propria strada. In quell’anno, in Italia, un referendum popolare legalizza il divorzio (12 maggio), le Brigate Rosse rapiscono un giudice (Mario Sossi, il 18 aprile), le organizzazioni neofasciste mettono le bombe nelle strade (Piazza della Loggia a Brescia, durante una manifestazione sindacale, il 28 maggio) e sui treni (l’Italicus, che unisce Roma e Monaco di Baviera, il 4 agosto), la Fiat mette in cassa integrazione 65mila lavoratori, la Lancia e l’Autobianchi altri 73mila e l’Alfa Ro8 FIORE DI NINFEA meo riduce l’orario di lavoro a 13mila dipendenti. La crisi del settore automobilistico traina inevitabilmente anche quella di altri comparti economici. Si svolge anche il primo convegno nazionale dei gruppi femministi (a Pinarella di Cervia, dall’1 al 4 novembre). Sono gli anni dell’autocoscienza teorizzata da Carla Lonzi, delle manifestazioni che rivendicano la libertà e l’indipendenza delle donne. È l’epoca in cui emerge fortissimo il desiderio – che è bisogno – di affermarsi come donna in una società comunque ancora troppo chiusa e ripiegata su se stessa, dove la donna continua ad avere un ruolo subalterno rispetto all’uomo. C’è stata la rivoluzione studentesca del ’68, che ha portato una ventata di novità in tutti gli Stati dell’Occidente, ma l’Italia resta per tanti versi un paese ancorato al passato, in cui i ruoli di genere, nonostante i proclami di modernità e di uguaglianza, rimangono ben distinti. E questo, per uno spirito libero e volitivo come Gianna, è difficilissimo da mandare giù; anzi, è assolutamente inaccettabile. Nella musica, sono gli anni del progressive rock e delle sperimentazioni elettroniche. In Italia, sono soprattutto gli anni dei cantautori cosiddetti impegnati. Personaggi come Fabrizio De André e Lucio Battisti si impongono per la profondità dei testi e per la purezza della musica, e a loro guarda una fitta schiera di epigoni che va da Francesco De Gregori a Ivano Fossati, da Eugenio Finardi ad Alberto Camerini, da Rino Gaetano a Roberto Vecchioni, da Edoardo Bennato fino ad Alberto Fortis. Ognuno a suo modo, ognuno con il suo stile, con le sue parole, con i suoi ritmi. Ma sono tutti uomini, rigorosamente. Le voci femminili interpretano testi e canzoni scritte per loro da altri uomini; non ci sono elementi femminili neanche tra gli autori. Mina, Patty Pravo e Gabriella Ferri sono straordinarie esecutrici, eccellenti interpreti di un linguaggio che non è il loro e che forse – se potessero scegliere – non utilizzerebbero. Comunicano e fanno da cassa di risonanza a pensieri altrui. Poi ci sono i gruppi, i “complessi” che guardano al mondo anglosassone: lì, Pink Floyd, Genesis, Van der Graaf Generator, King Crimson, Jethro Tull, Yes, 9 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA Emerson Lake & Palmer, Gentle Giant; da noi, Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Orme, Area, New Trolls e una miriade di gruppi minori che si rifanno a quel sound. Gli italiani dimostrano di essere molto bravi nell’elaborazione di quelle sonorità e nell’utilizzo dell’elettronica. Si affermano non soltanto nei confini nazionali, ma presto si fanno apprezzare anche nel resto del mondo, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, dove si dimostrano padroni del genere. Addirittura, in un’intervista rilasciata molti anni dopo, Peter Gabriel – voce e leader storico dei Genesis, nonché fondatore del gruppo – dirà di aver ascoltato molto il progressive italiano e di essersi, in qualche modo, ispirato ad esso. Caratteristica principale del progressive è l’evoluzione – la progressione, appunto – dell’elemento rock dalla sua base blues verso composizioni più melodiche, più armoniche, più ricercate. Il rock perde la sua connotazione popolare e l’immediatezza che aveva in origine per diventare un genere più colto, in cui il fatto di conoscere la musica e le sue partiture diventa fondamentale. Se alla nascita, negli Stati Uniti, il rock aveva una matrice proletaria, e in qualche caso anche una qualche valenza politica, di denuncia sociale, con il progressive si va in cerca di una dimensione più alta, ci si estrania completamente dalla realtà circostante, si sperimenta un linguaggio musicale più complesso: la ritmica basilare in 4/4 viene sostituita da costruzioni asimmetriche in 7/8, 11/8, 13/8 che si rifanno alle partiture della musica classica e a quelle del jazz. L’obiettivo è di realizzare delle autentiche opere su base rock e di rendere un disco, anzi un album, un’opera d’arte. Agli strumenti base come chitarra, basso e batteria, si affiancano archi, tastiere e accompagnamenti orchestrali. Si insegue una perfezione stilistica ed esecutiva per trasformare il rock da musica per ballare, divertirsi e casomai per protestare e ribellarsi, in un genere ambiziosamente sinfonico. Ma anche qui lo spazio per le donne è praticamente inesistente. In un contesto così limitativo, la giovanissima Gianna Nannini viene inserita in una band come voce solista. Il gruppo si chiama 10 FIORE DI NINFEA Fauna Flora Cemento, il leader è Mario Lavezzi e Gianna incide con loro un solo 45 giri, come si chiamavano allora i singoli, che però avevano due facciate. Il lato B di quel disco (Congresso di filosofia, con cui il gruppo partecipò al Disco per l’Estate del 1974) è Stereotipati noi, brano scritto interamente da Gianna. L’esperienza con i Flora Fauna Cemento si conclude qui, ma nel frattempo la Nannini si è fatta notare e due anni dopo incide – grazie a Claudio Fabi, che la produce – il suo primo omonimo album. GIANNA NANNINI racconta storie al femminile, per molti versi autobiografiche, di rabbia, di sofferenza, di emancipazione. Una in particolare, Morta per autoprocurato aborto, parla della vera storia di una ragazza che perde la vita per interrompere una gravidanza non desiderata, o comunque impossibile da gestire. All’epoca, l’aborto in Italia era ancora clandestino e punito con la reclusione da due a cinque anni, sia per chi lo praticava, sia per le donne che consenzientemente si sottoponevano all’intervento. Solo nel 1978 diventerà legale (entro i primi tre mesi di gravidanza) e finanziato dallo Stato. Morta per autoprocurato aborto viene subito apprezzata dal movimento femminista e Gianna diventa un’icona. Fin dall’esordio, dunque, Giannanannini fa capire di essere un personaggio anomalo nel panorama musicale italiano. Si schiera e fa sentire la sua voce, decisamente fuori dal coro: non è il cantautore che parla di politica, non è la cantante leggera tipica della canzonetta italiana, non è la corista di un complesso, non è una cantante di quelle che recuperano le tradizioni popolari come Gabriella Ferri e non è l’interprete sofisticata alla Mina o alla Vanoni. Risulta impossibile da etichettare, sfugge a qualsiasi catalogazione. Le storie che Giannanannini mette in musica sono scomode e crude e non fanno sconti a nessuno, non strizzano l’occhio né al pubblico né tantomeno alla critica. Sono lì per testimoniare una società e un momento storico ben precisi. Il desiderio, il bisogno di esprimersi in totale libertà, per Giannanannini è una necessità primaria: non può continuare a esibirsi veicolando opinioni altrui. Per questo, a Milano, preferisce fare la 11 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA gavetta nelle osterie e nei locali alternativi sui Navigli piuttosto che scendere a compromessi e vendersi l’anima. Il fiore di ninfea, in natura, è il fiore ermafrodito: ha entrambi gli apparati riproduttivi, ovvero sia gli stami (l’elemento maschile) sia il pistillo (quello femminile). Nella mitologia greca è il simbolo della purezza, della mancanza di inquinamenti e di condizionamenti. Gianna Nannini, che lo cita in uno dei brani più belli della sua produzione (Ogni tanto), sembra essere in perfetta sintonia con il fiore di ninfea: “Mi sento donna al cento per cento e uomo al cento per cento”, dichiara. La sua musica è un mix calibratissimo di rock e melodia, la sua voce graffia, è ruvida, ma al tempo stesso raggiunge degli acuti altissimi che le conferiscono un’infinita dolcezza. È contro la famiglia, ma ha fatto una figlia a cinquantaquattro anni; è una star di livello internazionale, ma è attaccatissima alla Toscana; è alla costante ricerca di nuove sperimentazioni sonore, ma recupera continuamente i suoni e i racconti della tradizione popolare della sua terra. Ha studiato al Conservatorio, ma ha fatto tutta la gavetta dei piccoli locali di Milano; era molto ricca, ma ha preferito mettersi in gioco da sola ripartendo da zero e sudarsi i suoi soldi. Fa musica da sempre, ma è attratta dall’arte contemporanea. La sua essenza artistica spazia a 360 gradi e si muove tra la musica, il cinema, il teatro, la letteratura e, appunto, l’arte. Gianna Nannini è un personaggio unico. Ha girato il mondo e non si è mai fermata, è morta e rinata più di una volta, ha sempre combattuto le sue battaglie rischiando in prima persona. È combattiva, Gianna, e non si tira indietro di fronte alle cose in cui crede. Narra l’iconografia buddista che il fiore di ninfea nascendo nella melma, crescendo nell’acqua e sbocciando sotto la luce del sole è il simbolo perfetto dello sviluppo dell’essere umano che anela all’illuminazione divina. E attraverso l’illuminazione l’uomo (e la donna) aspirano al bene degli altri esseri umani. Non so se Gianna Nannini abbia queste aspirazioni, ma so per certo che il suo essere artista, il suo personaggio e il suo carisma meritano di essere raccontati. 12 NOI DONNE SIAMO TUTTE MADRI Le donne sono il motore del mondo. Sono in grado di portare a termine i progetti in cui credono. E non si arrendono mai. Presentando in concerto il suo brano In viaggio, Fiorella Mannoia dice: “Io non ho avuto figli, ma penso che noi donne siamo tutte madri”. La maternità è un desiderio insito in ogni donna. Alcune riescono ad avere figli con facilità, altre impiegano più tempo, per alcune è casuale, per altre è fortemente voluto, tutte comunque almeno una volta nella vita hanno pensato di avere, di fare, di aspettare, di crescere un bambino. Evidentemente, anche per Gianna Nannini è stato così: la gravidanza è stato il suo vero sogno. Ne ha parlato lei stessa, scrivendo per «Vanity Fair» una lettera-articolo indirizzata a sua figlia: “Solo i sogni sono veri. Quelli che fai, quelli che esistono, quelli che vogliono esistere”. E quel sogno lo ha inseguito per tutta la vita, mentre conquistava il mondo della musica e si avventurava nei luoghi più lontani e affascinanti del pianeta. E la maternità cambia tutto, sposta i confini, segna un punto dal quale non si torna più indietro: da quel momento non sei più figlia, diventi madre. Cambia la prospettiva. Quando Gianna parla della sua bambina e del rapporto che ha instaurato con lei, capisci che la volontà di generare una nuova vita 13 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA non ha limiti. Nessuno può arrogarsi il diritto di impedire a una donna di far nascere suo figlio. Anche se ha superato i cinquant’anni e l’impresa sarà difficile. Avevo ormai perso la speranza. Certo, avrei potuto pensarci prima quando i metodi per aver figli erano più spicci, ma avevo sempre rimandato anche se era la cosa che desideravo di più. Poi c’erano stati quei mesi di pazzia, era il 1983, non sapevo più chi ero, mi si era fermata l’anima, il cervello era andato in tilt, ero tornata piccola. Per questo me ne frego dell’età, perché se sono rinata nel 1983, sono giovane, una mamma giovane: e Penelope è arrivata quando non ci speravo più. Ora sono un tutt’uno con la musica e con Penelope. È lei che mi fa scrivere ninne nanne rock tutto il giorno e sono solo per lei, anche perché non le registro e il giorno dopo le ho già dimenticate. A volte non ricordo di essere una rockstar, tra virgolette, ma la musica è una parte fondamentale della mia vita, questo non cambierà e i prossimi concerti saranno molto pieni di rock, amore ed energia. Ho scoperto che l’amore vuole dire “ti voglio tanto bene”, come il brano che ho scritto, e mi piacerebbe avere un altro figlio. All’inizio pensavo che Penelope fosse un maschio, perché avevo avuto un aborto l’anno prima, proprio quando è uscito GIANNADREAM. Gli si era fermato il cuore, questo ora lo posso dire, non lo sapeva nessuno. Così anche questa volta pensavo a un maschio. Quando invece ho saputo che era femmina, dopo tre secondi ero entusiasta, pensavo di farle fare tutto quello che faccio io! Le parlo molto, per energia e sicurezza, perché cresca libera. Le insegno il pericolo, ma mai ad aver paura, non le proibisco nulla, ma cerco di renderla responsabile. Sul fatto poi che ci sia un uomo nella sua vita, il padre di Penelope, Gianna è stata tanto sintetica quanto chiara: “Penelope una figura paterna ce l’ha, anche se non vive con noi. Sono cose molto private e penso che certi muri non vadano valicati neppure nella vita di una rockstar”. Il 2010, dunque, è l’anno che segna l’evento fondamentale nella vita, ma anche nella carriera, di Gianna Nannini. Il 23 agosto, nello stupore generale, l’artista senese annuncia di essere incinta, a cin14 NOI DONNE SIAMO TUTTE MADRI quantaquattro anni, senza avere un compagno fisso dichiarato, almeno pubblicamente, e senza rivelare il nome del padre. Per un paese come l’Italia, sufficientemente retrogrado, cattolico e bigotto, è un colpo troppo forte. Gianna, come ha sempre fatto nella sua vita, non se ne cura e porta avanti la gravidanza mentre scrive e registra il suo nuovo lavoro, IO E TE. L’album è appassionato, e nonostante l’autrice dichiari in più di un’intervista che quando è rimasta incinta il disco era praticamente già pronto, è facile leggervi piccoli riferimenti, più o meno evidenti, alla sua maternità. Questa sua gravidanza, dopo tre aborti spontanei e una vita in cui non si è fatta mancare nulla, è la rivincita delle donne che non smettono di lottare. È uno schiaffo ai falsi moralisti, una mazzata all’ipocrisia dilagante in Italia, per cui se sei donna e fai un figlio a cinquantaquattro anni è uno scandalo, se evadi le tasse no. Ha scritto Isabella Bossi Fedrigotti sul «Corriere della Sera»: “Se li disgusta [riferendosi a chi aveva sparato a zero sulla maternità di Gianna] vedere signore non più giovani diventare madri, dovrebbero essere disgustati anche dai sempre più numerosi padri di bimbi piccoli che non hanno cinquant’anni, ma sessanta, settanta o, grazie all’aiuto della medicina, anche qualcuno di più”. Giorgia Meloni, all’epoca Ministro della Repubblica, addirittura avanza e sostiene un’altra teoria: Gianna Nannini lo ha fatto per vendere più dischi (!). Risponde Gianna in un’intervista: “Se un cantante uomo fa un figlio e gli dedica una canzone e magari fa pure un video sulla gioia della sua paternità, nessuno dice niente, anzi, gli dicono bravo. Perché se io do alla luce questa bambina, non rilascio interviste né tantomeno faccio uscire un Cd – cosa successa due mesi dopo – qualcuno scrive che lo faccio per promuovere un disco?”. Se lo fa un uomo, è una conquista della scienza; se lo fa una donna, è contro natura. Gianna Nannini, spirito libero e anima rock, non ha mai dato peso a quello che dicono gli altri del suo stile di vita. È indipendente, determinata e carismatica. Ed è un’artista. Tutto, nella sua vita e 15 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA nella sua carriera, ruota attorno all’affermazione di sé come donna in un mondo governato dall’uomo. E a maggior ragione, allora, la sua gravidanza a cinquantaquattro anni incarna la rivincita di tutte quelle donne che non hanno mai perso la speranza, anche di fare un figlio, anche a cinquant’anni, anche senza un marito. Eppure, Gianna ha dovuto faticare per diventare così com’è oggi: non soltanto rockstar affermata a livello internazionale e artista di talento polivalente, ma anche e soprattutto donna e mamma felice. Non ho avuto vita facile per raggiungere libertà e indipendenza. A casa avrei avuto una vita più comoda, più al riparo da tutto ciò che avrebbe potuto succedermi. Ma senza neppure la possibilità che mi accadessero le cose fondamentali che mi sono capitate. Mio padre avrebbe voluto che lavorassi con lui nell’azienda di famiglia o che almeno aprissi una profumeria o che facessi l’insegnante. Invece io niente. Rock è chi cambia le cose, come santa Caterina. Ah, il mio povero babbo… non ho fatto niente di ciò che voleva, però alla fine diceva “La mi’ figliola è un genio”. La sua è una battaglia che va avanti da cinquant’anni, da quando ha deciso che sarebbe stata Gianna e basta e non quello che gli altri volevano che fosse. È noto che dopo aver scritto la frase “Questo amore è una camera a gas” non ho capito più niente, mi è andato in tilt il cervello. Sono andata in cortocircuito. Avevo fatto troppi concerti, troppi dischi, troppi tour tutto insieme. Sono crollata in un buco, risucchiata. Mi sono arrivate in faccia un sacco di cose. Sono morta e rinata nel 1983. C’è stata qualche forza che ha cominciato a dettarmi, in parole e in musica, messaggi forti di libertà e di amore. Tutto quello che mi accadeva intorno era una scoperta: l’amore come la musica. Subito dopo aver comunicato la notizia della gravidanza, non si è più parlato di Gianna Nannini come artista, ma solo di come fosse potuta rimanere incinta, chi fosse il padre, addirittura perché avesse 16 NOI DONNE SIAMO TUTTE MADRI fatto una cosa del genere. Le hanno detto di tutto: che era una persona egoista e che aveva scelto di fare un figlio solo per un suo capriccio, per riempire l’unico vuoto che poteva avere. Sui giornali, nelle radio e nelle tv si sono scatenati dibattiti e approfondimenti per sviscerare morbosamente i fatti. Salotti in cui le banalità e le ovvietà dominavano la scena, gente di dubbio o sconosciuto talento ma di grande popolarità che improvvisamente sentenziava. La maternità è una scelta, a volte coraggiosa, che dovrebbe essere fatta in totale autonomia. Spesso è governata da fattori esterni che non riguardano solo il nostro libero arbitrio, ma tanti altri elementi, a cominciare appunto dal nostro corpo che decide (lui sì) quando possiamo rimanere incinte e quando no. C’è poi il contesto che ci circonda, le condizioni economiche e sociali, se viviamo una situazione di stabilità tale da poter garantire al bambino una condizione di vita quantomeno dignitosa. E poi c’è l’altro, il padre della creatura che nascerà. Che sia naturale, biologico o sconosciuto, è comunque una presenza imprescindibile. E se non c’è, manca anche il bambino. Se una donna è in grado di mantenere dignitosamente quel bambino che vuole far nascere e di dargli tutto l’amore di cui ha bisogno, poco importa se ha cinquant’anni o venti, se è sposata o sola, se fa la cantante o la cameriera. Per mettere fine a tutte le polemiche, anziché rilasciare un’intervista, Gianna si rivolge direttamente alla sua bimba: “Scrissi quella lettera perché non ne potevo più dei commenti che leggevo sui giornali e volevo fare chiarezza”. La lettera apparsa su «Vanity Fair» iniziava con un ennesimo sovvertimento degli standard: non siamo noi ad aspettare i figli, ma sono loro che attendono noi. Ti chiamerò Penelope perché mi hai aspettata tanto prima di nascere. Hai aspettato che fossi pronta. Per tre volte non lo sono stata, ma oggi lo sono. Tu, il più grande amore della mia vita, arrivi dopo il dolore profondo e lo shock. Ma ci ho creduto pienamente, e ho sentito la forza per riuscirci, e Ti ho desiderata così tanto che oggi, mentre scrivo, Ti ho dentro di me. 17 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA Quella che Gianna pubblica qualche giorno prima della nascita di Penelope è una dichiarazione a cuore aperto, un messaggio tenero e sincero vergato da una donna profondamente determinata a donare tutto il suo amore a un’altra creatura, pur sapendo che ciò la porterà inevitabilmente a mettersi in discussione. Ma Gianna non è affatto spaventata da questa prospettiva. Mette da parte il suo essere rockstar, la sua sfrontata personalità e il suo carisma magnetico per mostrarsi solo come femmina-futura-mamma. Prima di metterli al mondo, i figli, bisognerebbe fare un esame che tenga in considerazione il rispetto della vita altrui e della libertà. La libertà dei bambini, quella che ci viene tolta, giorno dopo giorno, man mano che ci troviamo costretti a crescere. Perché chi crede che essere genitore sia un diritto, e non un dovere, finisce per indottrinare i propri figli anziché educarli. I nostri figli però – come scriveva Khalil Gibran – non sono nostri, non bisogna considerarli di nostra proprietà: non devono essere costretti a pensarla come noi, perché hanno i loro pensieri, che possono essere simili ai nostri, o a volte contrari, e in ogni caso è un bene che li abbiano e che se li tengano stretti. Pur evitando di alimentare il focolaio delle polemiche, Gianna non risparmia frecciate a chi l’ha criticata per la sua coraggiosa scelta. Ho sentito tanta gente che ha vissuto questa notizia, assieme a me, con esultanza e brivido. Li ho sentiti vicini, mi hanno dato la forza necessaria per non rispondere, per proteggerci, per conservare le energie per quando ne avremo più bisogno, per quando saremo Io e Te. E li ringrazio di gran cuore, perché mi hanno permesso di non perdere mai di vista la cosa più importante: la mia bambina. Così come non ringrazio affatto chi mi ha dato contro, ancora una volta. Chi, invece che cercare di capire, ha preferito giudicare, puntare il dito e criticare. Perché le dita puntate addosso le ho da una vita, e forse qualche errore l’ho commesso. Ma se c’è una cosa che so, adesso, è che Tu sei tutto, però non sei un errore. 18 NOI DONNE SIAMO TUTTE MADRI La sofferenza, il dolore, la determinazione, la volontà: su questi quattro cardini, l’artista senese ha costruito il suo essere madre. Una maternità perseguita con i mezzi che la scienza ci mette a disposizione, ma che costituiscono pur sempre per la donna un passo difficile, invasivo. Dice Gianna a una giornalista: Io ho fatto solo una cura contro l’infertilità per rimanere incinta più facilmente. Niente bombe ormonali. Parecchie mie amiche hanno fatto le terapie a base di ormoni ed effettivamente si sono rovinate la salute. Io invece non solo non sono ingrassata, ma sto molto meglio di prima. È scientificamente provato che fare un figlio dopo i cinquant’anni fa bene: aiuta il ricambio delle cellule. Mi è pure migliorato il fisico. Non sto dicendo “fate un bambino per stare in forma”. Un figlio lo devi amare, non è una cura ringiovanente. Nella lettera già citata, la Nannini scrive che “anche il ‘mestiere’ di figlio è difficile: specie da piccoli, quando si è in balia di genitori che spesso, trovando tanto difficile capire cosa vuole un bambino, rinunciano a capire e decidono da soli che cosa è giusto per lui, e ‘sporcano’ così la sua possibilità di vivere”. È una sensazione che Gianna ricorda molto bene perché ci si è trovata dentro due volte: la prima – inconsapevolmente – quando è nata, la seconda – più coscientemente e col senno di poi – quando è stata ricoverata nel 1983. Lo racconta lei stessa, riprendendo il discorso interrotto con la figlia che sta per nascere: “Ti dico questo perché tanto tempo fa – nel 1983, mentre in Germania registravo PUZZLE – sono morta e rinata, e ho rivissuto quello che succede a un bambino dagli zero ai tre anni”. È dunque una questione di relazione con il bambino, di come ci si pone di fronte a un essere che necessariamente e inevitabilmente dipende da te. Per questo stesso motivo, dunque, in un’intervista più recente la Nannini afferma: La verità è che i sogni dei genitori fanno tutti schifo: speriamo che faccia questo o quest’altro. In giro ne vedo fin troppa di gente che 19 GIANNA NANNINI – FIORE DI NINFEA non è in grado di crescere un bambino. Non sono spontanei, e i figli se ne accorgono. I bambini andrebbero trattati come persone grandi perché ne sanno più di noi. Le loro cellule sono più veloci delle nostre, siamo noi quelli che capiscono di meno. Non è detto che una donna di una certa età debba essere per forza una cattiva madre. Anche essere troppo giovane può essere un problema. Bisogna aspettare, vedere come crescono i figli. Se è stato sbagliato oppure no, lo si può dire solo dopo. Io mi sento come se avessi ricevuto prima il dono di fare musica e poi quello di avere una bambina. E credo che il fatto di essermi realizzata rappresenti una marcia in più: forse una mamma che nella vita ha raggiunto quello che voleva può dare qualcosa in più a un figlio. 20