Appunti di Teoria delle Rappresentazioni e Omologia marcocentin.altervista.org 4 aprile 2011 Indice 1 Moduli e generalità 1.1 Anelli, algebre e moduli . . . . 1.2 Moduli liberi . . . . . . . . . . 1.3 Categorie e funtori . . . . . . . 1.4 Sequenze esatte corte . . . . . . 1.5 Il lemma del serpente . . . . . 1.6 I funtori HomA (M, ) e HomA ( 1.7 Moduli proiettivi e iniettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 2 4 6 8 11 15 18 2 Complessi di catene di A-moduli 2.1 Il Teorema della sequenza esatta lunga . . . . . . 2.2 Omotopia e risoluzioni proiettive . . . . . . . . . 2.3 Definizione di Ext·A (B, M ) . . . . . . . . . . . . 2.4 La sequenza esatta lunga per Ext·A (B, ) e Ext·A ( 2.5 Esempio: coomologia di un gruppo ciclico . . . . 2.6 Il prodotto tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7 Il lemma di Eckmann-Shapiro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , M) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 22 25 33 35 39 42 46 3 Alcune applicazioni dell’omologia 3.1 Gruppi liberi . . . . . . . . . . . 3.2 Grafi e grafi di Cayley . . . . . . 3.3 Alberi e grafi di Cayley . . . . . 3.4 Il complesso associato a un grafo 3.5 La sequenza di Mayer-Vietoris . . 3.6 La risoluzione barra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , M) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Teoria delle rappresentazioni 4.1 Anelli con condizione di minimo . . . . . . . 4.2 Il radicale di un anello . . . . . . . . . . . . 4.3 Anelli semisemplici e moduli completamente 4.4 Struttura di un anello semisemplice . . . . . 4.5 Il Teorema di Wedderburn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 53 55 58 59 61 63 . . . . . . . . . . . . riducibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 68 70 71 74 76 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Moduli e generalità 1 marcocentin.altervista.org Moduli e generalità 1.1 Anelli, algebre e moduli Sia fissato un anello commutativo con unità R. (1.1) Definizione. Una R-algebra (associativa) è un R-modulo A con una mappa† · : A × A → A e un omomorfismo di R-moduli η : R → A tale che (a) (r1 a1 +r2 a2 )(s1 b1 +s2 b2 )= r1 s1 (a1 b1 )+r1 s2 (a1 b2 )+r2 s1 (a2 b1 )+r2 s2 (a2 b2 ), per ogni ri , si ∈ R e ai , bi ∈ A, i = 1, 2. In altre parole, · è R-bilineare; (b) a(bc) = (ab)c, per ogni a, b, c ∈ A; (c) η(1) = 1A . Naturalmente un’algebra A ha anche una struttura di anello con unità 1A . Chiameremo omomorfismo di R-algebre un’applicazione α : A → B R-lineare che preserva il prodotto e manda 1A in 1B . (1.2) Osservazione. Si noti che per ogni r ∈ R, η(r) commuta con ogni a ∈ A. Infatti utilizzando gli assiomi di algebra in (1.1), (c) (a) (c) (c) (a) (c) η(r)a = (rη(1))a = (r1A )a = r(1A a) = ra = r(a1A ) = a(r1A ) = aη(r). Possiamo esprimere questo fatto dicendo che η(R) ⊆ Z(A), ove Z(A) = { x ∈ A | xa = ax, ∀ a ∈ A } è il centro dell’anello (algebra) A. (1.3) Esempi. Elenchiamo alcuni importanti esempi di algebre. (a) Un campo K è una K-algebra in modo naturale ove R = A = K, η = IdK e · : K × K → K è la moltiplicazione di K come campo; (b) L’insieme Matn (K) delle matrici n × n a entrate in un campo K forma una K-algebra ove A = Matn (K), R = K, η : K → A, λ 7→ λIn e il prodotto · è l’usuale prodotto di matrici (righe per colonne). (c) L’insieme dei numeri complessi C è una R-algebra in modo naturale, ove η : R → C, λ 7→ λ1C e · è l’usuale prodotto tra numeri complessi. (d) Sia H = R ⊕ Ri ⊕ Rj ⊕ Rk uno spazio vettoriale reale con base (1, i, j, k). Si può definire un prodotto · : H × H → H estendendo per linearità la seguente tavola di moltiplicazione degli elementi della base: · 1 i j k 1 i j k 1 i j k i −1 k −j j −k −1 i k j −i −1 † Per la quale useremo una notazione moltiplicativa omettendo eventualmente il simbolo di prodotto. Quando dovremo riferirci all’applicazione A × A → A useremo la notazione · . 2 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Lo spazio H con il prodotto cosı̀ definito e la mappa η : R → H, λ 7→ λ1 ha una struttura di R-algebra, detta l’algebra dei quaternioni di Hamilton. (e) Sia G un gruppo e sia R un anello commutativo. Indichiamo con R[G] lo R-modulo libero su G. Alternativamente, poniamo R[G] = { (rg )g∈G | rg ∈ R e quasi tutti gli rg sono nulli } , ove si intende che per ogni (rg )g∈G solo un numero finito di coefficienti rg è diverso da 0R . R[G] ha una struttura naturale di R-modulo ove somma e prodotto esterno sono definiti dalle equazioni (rg )g + (sg )g = (rg + sg )g , r(rg )g = (rrg )g . Si vede facilmente che il gruppo G forma una “base” per R[G], ovvero un sistema libero di generatori. Infatti ogni (rg )g∈G si scrive in un unico modo come combinazione lineare degli elementi (δgh )h∈G .† Identificando ciascun (δgh )h con g possiamo scrivere, con un piccolo abuso di notazione, P (rg )g∈G = g∈G rg g. Si noti che in questa espressione solo un numero finito di addendi è non nullo. Si dà ad R[G] una struttura di R-algebra estendendo per linearità il prodotto naturale degli elementi della base G. Più precisamente si pone g · h = (δgk )k · (δhk )k := (δ(gh)k )k e dunque in generale si ricava P P P g rg g · h sh h := g,h rg sh gh P = g,h rgh−1 sh (gh−1 )h P P = g ( h rgh−1 sh )g, Infatti, se g corre lungo G, anche gh−1 fa lo stesso. Si ha inoltre un’inclusione di R in R[G] realizzata dalla mappa η : R → R[G], r 7→ r1G . R[G] si dice algebra gruppale di G sull’anello commutativo R. (f) Sia X un insieme e sia R un anello commutativo (con unità). L’anello dei polinomi A = R[X] è una R-algebra commutativa, ove η : R → R[X], r 7→ rX 0 e · : R[X] × R[X] → R[X] è il prodotto di polinomi. (1.4) Definizione. Sia A una R-algebra. Un A-modulo sinistro è un R-modulo M sinistro con una mappa · : A × M → M tale che, per ogni a, b ∈ A, r1 , r2 , s1 , s2 ∈ R, m1 , m2 ∈ M si ha (a) (r1 a+r2 b)(s1 m1 +s2 m2 ) = r1s1 (am1 )+r1s2 (am2 )+r2 s1 (bm1 )+r2 s2 (bm2 ); (b) (ab)m = a(bm); (c) 1A m = m. † Ove con δ gh si intende il simbolo di Kronecker che vale 1R solo in corrispondenza della posizione g e 0R altrove. 3 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Chiameremo omomorfismo di A-moduli un’applicazione ϕ : M → N che sia R-lineare e che preservi il prodotto esterno, cioè tale che ϕ(am) = aϕ(m), ∀ a ∈ A, m ∈ M . Denoteremo con HomA (M, N ) l’insieme degli omomorfismi di A-moduli da M in N (ove M ed N sono A-moduli). (1.5) Osservazione. Dagli assiomi di A-modulo segue la seguente “compatibilità” dell’anello R con la struttura di M : ∀ r ∈ R, m ∈ M , rm = η(r)m, ove η è l’omomorfismo R → A assegnato con A, il prodotto nel termine di sinistra è il prodotto di M come R-modulo e quello a destra è come A-modulo. Infatti usando in sequenza la definizione di η e gli assiomi di (1.4), η (a) η (c) η(r)m = (rη(1))m = (r1A )m = r(1A m) = rm. Inoltre è opportuno osservare che gli elementi di R si comportano come degli scalari nel senso che si possono spostare liberamente in un prodotto. Per ogni r ∈ R, a ∈ A, m ∈ M si ha r(am) = a(rm). Infatti per quanto visto e per l’osservazione (1.2), (b) (b) r(am) = η(r)(am) = (η(r)a)m = (aη(r))m = a(η(r)m) = rm. (1.6) Osservazione. Se A è una R-algebra e M, N sono A-moduli, l’insieme HomA (M, N ) di tutti gli omomorfismi di A-moduli M → N ha una ovvia struttura di R-modulo ove, ∀ ϕ, ϕ0 ∈ HomA (M, N ), ∀ r ∈ R, (ϕ + ϕ0 )(m) = ϕ(m) + ϕ0 (m), (rϕ)(m) = η(r)ϕ(m). Tuttavia HomA (M, N ) non ha una naturale struttura di A-modulo. 1.2 Moduli liberi (1.7) Proposizione. Sia A un anello con unità e sia X un insieme. Allora esiste un A-modulo sinistro AhXi con una mappa iX : X → AhXi tale che per ogni mappa φ : X → M (con M A-modulo sinistro) esiste un univoco omomorfismo di A-moduli sinistri φ0 : AhXi → M tale che φ = φ0 ◦ iX , cioè tale che† iX X? ?? ?? ? φ ?? | M / AhXi φ0 Diremo che (AhXi , iX ) è lo A-modulo libero su X. † La presenza di un circolino all’interno di un poligono in un diagramma indica che questo commuta, cioè che due percorsi con lo stesso punto di partenza e arrivo si equivalgono. 4 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Sia AhXi definito come segue† AhXi = { (ax )x∈X | ax ∈ A e quasi tutti gli ax sono nulli } , sicché per ogni elemento (ax )x ∈ AhXi l’insieme { x ∈ X | ax 6= 0A } è finito. AhXi ha una naturale struttura di A-modulo sinistro definita ponendo (ax )x + (bx )x = (ax + bx )x , a(ax )x = (aax )x . Consideriamo la mappa iX : X → AhXi definita ponendo iX (y) = (δxy )x . Dato un A-modulo sinistro M e una mappa φ : X → M definiamo φ0 : AhXi → M estendendo per linearità φ. Poniamo quindi X φ0 ((ax )x ) = ax φ(x). x∈X Poiché φ0 ((ax )x + (bx )x ) = φ0 ((ax )x ) + φ0 ((bx )x ) e φ0 (a(ax )x ) = aφ0 ((ax )x ), la mappa φ0 è un omomorfismo P di A-moduli. Inoltre φ = φ0 ◦ iX . Infatti, per ogni y ∈ X, si ha φ0 (iX (y)) = x∈X δxy φ(x) = φy . Sia ora ψ : AhXi → M un altro omomorfismo di A-moduli sinistri tale che ψ ◦ iX = φ. Allora per ogni y ∈ X, φ(y) = ψ(iX (y)) = ψ((δxy )x ). Sia dunque (ax )x ∈ AhXi e si ponga Sa = { x ∈ X | ax 6= 0 }. Allora X X X ψ((ax )x ) = ψ ay iX (y) = ay ψ(iX (y)) = ay φ(y) = φ0 ((ax )x ). y∈Sa y∈Sa y∈Sa Quindi ψ e φ0 coincidono. La definizione di A-modulo libero sull’insieme X è giustificata dal fatto che la proprietà di cui sopra è universale, nel senso precisato dalla seguente. (1.8) Proposizione. Sia X un insieme e siano (iX , AhXi) e (jX , B) A-moduli liberi su X, siano cioè soddisfatte le seguenti proprietà, per ogni A-modulo sinistro M e per ogni mappa φ : X → M : (i) Esiste un unico morfismo di A-moduli φ0 : AhXi → M t.c. φ = φ0 ◦ iX ; (ii) Esiste un unico morfismo di A-moduli ψ : B → M t.c. φ = ψ ◦ jX . Allora esiste un univoco omomorfismo di A-moduli sinistri α : AhXi → B tale che α ◦ iX = jX , e α è un isomorfismo. Dimostrazione. Poiché (iX , AhXi) è libero, esiste ed è unico un omomorfismo di A-moduli α = (jX )0 : AhXi → B tale che jX = α ◦ iX , cioè iX X> >> >> > jX >> } B † Può / AhXi α = (jX )0 capitare di trovare anche la notazione di coprodotto AhXi = 5 ` x∈X A⊂ Q x∈X A. 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Dimostriamo che α è un isomorfismo costruendo l’inversa. Poiché (jX , B) è libero, esiste (ed è unico) un omomorfismo ψ : B → AhXi tale che iX = ψ ◦ jX : /B jX XD DD DD D iX DD } ! AhXi ψ Possiamo costruire allore il seguente diagramma. / AhXi XD DD z z DDjX zz DD z DD z α ! }zz iX B iX } AhXi r IdAhXi ψ Poiché (iX , AhXi) è libero e IdAhXi , ψ ◦ α sono mappe che fanno commutare il diagramma, deve essere IdAhXi = ψ ◦α. In modo del tutto analogo, poiché (jX , B) è libero, IdB = α ◦ ψ, sicché α−1 = ψ. 1.3 Categorie e funtori In questa sezione vogliamo dare un’idea informale della nozione di categoria. Si consiglia la lettura delle seguenti voci da Wikipedia, l’enciclopedia libera. • Teoria delle categorie; • Classe (matematica); • Teoria degli insiemi di Von Neumann-Bernays-Gödel (NBG). Intuitivamente in questa sezione si pensi alla nozione di classe come ad una nozione più generale di quella di insieme, e si supponga di aver sviluppato le nozioni elementari della teoria degli insiemi (coppie ordinate, prodotto cartesiano, relazioni, applicazioni) con questo nuovo oggetto di partenza. (1.9) Definizione. Una categoria C consiste di (a) Una classe ob(C) i cui elementi sono chiamati oggetti ; (b) Per ogni coppia ordinata di oggetti (A, B) di C, un insieme morC (A, B) i cui elementi sono chiamati morfismi e denotati con f : A → B. (c) Per ogni terna di oggetti (A, B, C) di C, una mappa di composizione dei morfismi che sia associativa con identità, cioè un’applicazione di insiemi ◦ : mor (A, B) × mor (B, C) → mor (A, C) tale che C C C 6 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org (i) Per ogni oggetto A di C esista un morfismo IdA ∈ morC (A, A) tale che per ogni f : A → B sia IdB ◦f = f = f ◦ IdA ; (ii) Per ogni quaterna (A, B, C, D) di oggetti di C e per ogni f : A → B, g : B → C, h : C → D, sia h ◦ (g ◦ f ) = (h ◦ g) ◦ f ; Una categoria C si dice piccola se ob(C) è un insieme. (1.10) Esempi. Alcuni esempi comuni di categorie (a) La categoria di tutti gli insiemi, in cui ob(C) è la classe di tutti gli insiemi e, assegnati due insiemi (A, B), morC (A, B) è l’insieme di tutte le funzioni da A in B, f : A → B (notazione che abbiamo esteso); (b) La categoria di tutti i gruppi, in cui ob(C) è la classe di tutti i gruppi e, assegnati due gruppi (G, H), morC (G, H) = Hom(G, H) è l’insieme di tutti gli omomorfismi di gruppi da G in H; (c) La categoria di tutti gli spazi vettoriali su un campo K, in cui ob(C) è la classe di tutti i K-spazi vettoriali e, assegnati due spazi vettoriali (V, W ), morC (G, H) = HomK (V, W ) è l’insieme delle applicazioni lineari V → W ; (d) La categoria di tutti gli A-moduli su un’algebra A, in cui ob(C) è la classe di tutti gli A-moduli e, assegnati due A-moduli (M, N ), morC (M, N ) = HomA (M, N ) è l’insieme dei morfismi di A-moduli M → N . Il lettore non avrà difficoltà a formulare nuovi esempi considerando ad esempio spazi topologici e funzioni continue, spazi misurabili e funzioni misurabili, etc. (1.11) Definizione. Un funtore F tra due categorie C e D consiste di (a) Una mappa di classi F : ob(C) → ob(D); (b) Per ogni coppia ordinata di oggetti (A, B) di C, una funzione di insiemi morC (A, B) → morD (F (A), F (B)) (che denoteremo ancora con F ) t.c. morC (B, C) F × morC (A, B) F morD (F (B), F (C)) × morD (F (A), F (B)) ◦ ◦ / morC (A, C) F / morD (F (A), F (C)) In altre parole, tale che per ogni terna di oggetti (A, B, C) di C e per ogni morfismo f : A → B e g : B → C sia F (f ◦ g) = F (f ) ◦ F (g). Si usa esprimere questa proprietà dicendo che F è covariante.† † Con il termine funtore intenderemo sempre funtore covariante. I funtori controvarianti sono definiti in modo duale con assegnamenti morC (A, B) → morD (F (B), F (A)) e con la regola di composizione rovesciata: F (f ◦ g) = F (g) ◦ F (f ). 7 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org (1.12) Osservazione. Consideriamo la categoria C degli insiemi e quella D degli A-moduli su un’algebra A, descritte negli esempi (1.10). Quanto descritto nelle precedenti sezioni ci permette di definire un funtore Ah i tra C e D che assegna ad ogni insieme X lo A-modulo libero AhXi. Assegnata un’applicazione tra insiemi φ : X → Y, per le proprietà dei moduli liberi resta assegnato un unico omomorfismo di A-moduli φ0 : AhXi → AhYi come segue. φ / AhXi iX XA AA A Y F FF " iY AhYi φ0 Inoltre possiamo anche definire un funtore di D nella categoria degli insiemi C semplicemente assegnando a ciascun A-modulo se stesso, come insieme, privato della struttura di modulo (e analogamente leggendo i morfismi di A-moduli come semplici applicazioni di insiemi). Chiamiamo tale funtore Forget. Allora per ogni insieme X e per ogni A-modulo M , morfismi di morC (X, Forget(M )) corrispondono a morfismi di morD (AhXi , M ) = HomA (AhXi , M ) e viceversa. 1.4 Sequenze esatte corte Sia R un anello commutativo, A una R-algebra ed M, N due A-moduli sinistri. Per semplicità in seguito dicendo che φ : X → Y è un omomorfismo di A-moduli intenderemo implicitamente assegnati degli A-moduli sinistri X ed Y . (1.13) Definizione. Sia φ : M → N un omomorfismo di A-moduli. Un omomorfismo di A-moduli α : K → M si dice nucleo di φ se per ogni omomorfismo di A-moduli ψ : B → M tale che φ ◦ ψ = 0 (i.e. Im ψ ⊆ Ker φ) esiste un unico omomorfismo di A-moduli ψ0 : B → K tale che α ◦ ψ0 = ψ, cioè tale che B ψ0 /M C α K ψ φ /N (1.14) Esempio. La mappa di inclusione i : Ker φ ,→ M è un esempio di nucleo. Infatti Ker φ = { m ∈ M | φ(m) = 0M } è un A-sottomodulo di M ,† e data ψ : B → M t.c. Im ψ ⊆ Ker φ, ψ0 si ottiene restringendo il codominio di ψ. (1.15) Definizione. Sia φ : M → N un omomorfismo di A-moduli. Un omomorfismo di A-moduli β : N → C si dice conucleo di φ se per ogni omomorfismo di A-moduli γ : N → D tale che γ ◦ φ = 0 (i.e. Im φ ⊆ Ker γ) esiste un unico † È un gruppo abeliano e, per m ∈ M , a ∈ A, si ha φ(am) = aφ(m) = a0M = 0M . 8 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org omomorfismo di A-moduli γ0 : C → D tale che γ0 ◦ β = γ, cioè tale che γ /N 66 66 β 66 C φ M /D D γ0 (1.16) Esempio. Se ψ : M → N è un omomorfismo di A-moduli, la proiezione canonica π : N N/ Im φ è un conucleo di ψ. Infatti ogni morfismo γ : N → D tale che Ker γ ⊇ Im φ passa al quozente per il teorema d’omomorfismo. (1.17) Definizione. Una sequenza di morfismi di A-moduli 0 /M /N α β /0 /Q si dice sequenza esatta corta se α è iniettivo, β è suriettivo e Im α = Ker β. (1.18) Osservazione. Assegnata una sequenza esatta corta come in (1.17) si possono fare le seguenti osservazioni. /M B 0 ψ B ψ0 α /N N (a) 0 → M è un nucleo di α. ψ B ψ0 M /N A α β β /Q γ 777 0 /D C γ0 (b) Q → 0 è un conucleo di β. /Q M α (c) M → N è un nucleo di β. α /N γ /D 99 B 9 γ 0 β Q β (d) N → R è un conucleo di α. (1.19) Esempi. Alcuni esempi di sequenze esatte corte (a) Se R = A = Z e n ∈ N, n 6= 1 allora i π 0 → Z → Z → Z/nZ → 0, con i(z) = nz e π(z) = z + nZ, è una sequenza esatta corta; (b) Se K è un campo e R = A = K, si consideri lo spazio vettoriale V = K m, m ≥ 2, e sia w ∈ V r 0. Allora se W = Kw è lo spazio generato da w, i π 0 → W → V → V /W → 0, con i immersione e π(v) = v + W , è una sequenza esatta corta. Osserviamo anche che esiste una una sezione, cioè un omomorfismo σ : V /W → V tale che π ◦ σ = IdV /W . Infatti V /W = K(v + W ) e basta porre σ(v + W ) = v. 9 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org (1.20) Definizione. Una sequenza esatta corta di A-moduli sinistri /M 0 α /N f /Q β /0 σ si dice spezzante se esiste σ : R → N omomorfismo di A-moduli t.c. β ◦ σ = IdQ . (1.21) Proposizione. Sia /M f 0 α /N f /Q β τ /0 σ una sequenza (esatta corta) spezzante. Allora esiste un morfismo di A-moduli τ : N → M tale che τ ◦ α = IdM e σ ◦ β + α ◦ τ = IdN . Dimostrazione. Sia π : N → N/ Im σ la proiezione canonica e si consideri l’omomorfismo π ◦ α : M → N/ Im σ come mostrato nel seguente diagramma. /M _ 0 /N h α π◦α (π◦α)−1 /0 /Q β σ π N/ Im σ Proveremo che π ◦ α è un isomorfismo, cosı̀ da poter definire τ : N → M ponendo τ = (π ◦ α)−1 ◦ π. Poi dimostreremo che τ soddisfa l’enunciato. π ◦ α è iniettivo. Sia infatti m ∈ Ker(π ◦ α). Allora α(m) ∈ Ker π = Im σ e quindi esiste q ∈ Q tale che α(m) = σ(q). Dato che per ipotesi β ◦ σ = IdQ e β ◦ α = 0, applicando β ambo i membri si ottiene 0 = β(α(m)) = β(σ(q)) = q, da cui α(m) = σ(0) = 0 e, data l’iniettività di α, m = 0. π ◦ α è suriettivo. Sia infatti n + Im σ ∈ N/ Im σ. Poiché β ◦ σ = IdQ si ha β( n − σ(β(n)) ) = β(n) − β(n) = 0, cioè n − σ(β(n)) ∈ Ker β = Im α. Dunque esiste m ∈ M tale che α(m) = n − σ(β(n)) (ed è univocamente determinato, data l’iniettività di α). Sicché (π ◦ α)(m) = α(m) + Im σ = n + Im σ. Sia quindi τ = (π ◦ α)−1 ◦ π : N → M . Ovviamente τ ◦ α = IdM (si ha τ (α(m)) = (π ◦ α)−1 ◦ (π ◦ α)(m) = m, per ogni m ∈ M ). Dimostriamo quindi che σ ◦ β + α ◦ τ = IdN . Sia n ∈ N e si consideri ancora l’elemento n − σ(β(n)). Come abbiamo osservato, esiste m ∈ M tale che α(m) = n − σ(β(n)). Allora n = σ β(n) + α τ (n) ⇐⇒ α(m) = n − σ β(n) = α τ (n) . D’altra parte si ha α τ (n) = α((π ◦ α)−1 ◦ π(n)) = α (π ◦ α)−1 (n + Im σ) = α(m) . (1.22) Definizione. Due sequenze esatte corte 0 /M α /N β /Q / 0, 0 10 /M η /X ξ /Q / 0, 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org si dicono equivalenti se esiste un omomorfismo di A-moduli ρ : N → X tale che /M 0 α β ρ η ξ /M 0 /N /X /Q /0 /Q / 0, cioè tale che α ◦ ρ = η e ρ ◦ ξ = β. (1.23) Esempio. Un esempio di sequenza esatta corta spezzante è quella determinata da una somma diretta di A-moduli. Se M, Q sono A-moduli si ha una naturale sequenza esatta corta spezzante /M 0 / M ⊕Q g i1 e /Q p2 p1 /0 i2 ove i1 : M ,→ M ⊕ Q è l’immersione nella prima componente, p1 : M ⊕ Q M è la proiezione sulla prima componente e analogamente per i2 e p2 . L’esempio precedente esaurisce le sequenze spezzanti, ma prima di dimostrarlo premettiamo una piccola digressione su un risultato classico. 1.5 Il lemma del serpente (1.24) Definizione. Sia data una sequenza di A-moduli e omomorfismi M1 α1 / M2 α2 / ... αn−2 / Mn−1 αn−1 / Mn . Diremo che tale sequenza è esatta se Im αi = Ker αi+1 per ogni i = 1, . . . , n − 1. (1.25) Definizione. Se α : M → X è un omomorfismo di A-moduli chiamiamo conucleo di α lo A-modulo Coker α = X/ Im α. (1.26) Lemma. Sia il diagramma seguente commutativo con righe esatte M α 0 /X σ /N τ /Q β γ η /Y ξ /0 /Z Allora esiste δ : Ker γ → Coker α e morfismi σ0 , τ0 , η, ξ tale che la sequenza Ker α σ0 / Ker β τ0 / Ker γ δ / Coker α è esatta. 11 η / Coker β ξ / Coker γ 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Definiamo anzitutto δ : Ker γ → Coker α = X/ Im α. Sia dato q ∈ Ker γ. Risaliamo ad un elemento di X con la seguente procedura. Poiché τ è suriettiva,† esiste nq ∈ N t.c. τ (nq ) = q. Sia ynq = β(nq ). Allora 0 = γ(q) = (γ ◦ τ )(nq ) = (ξ ◦ β)(nq ) e quindi ynq ∈ Ker ξ = Im η. Esiste pertanto x ∈ X tale che η(x) = ynq . Dimostriamo dunque che l’applicazione δ(q) = x + Im α è ben definita. In altre parole proviamo che una diversa scelta della preimmagine nq di q influenza il valore di x per qualcosa in Im α. Sia dunque n0 ∈ N tale che τ (n0 ) = q e sia x0 ∈ X tale che η(x0 ) = β(n0 ). Poiché n0 − nq ∈ Ker τ = Im σ, esiste m ∈ M tale che n0 − nq = σ(m). Quindi η(x0 − x) = β(n0 ) − β(nq ) = (β ◦ σ)(m) = (η ◦ α)(m) = η(α(m)). Dato che η è iniettiva†† abbiamo x0 − x = α(m) e δ(x) = δ(x0 ), come voluto. Consideriamo ora il seguente diagramma di riferimento Ker α M σ0 / Ker β τ0 / Ker γ σ /N τ /Q α wv pq rs δ ut γ β X η /Y ξ /Z . Coker α η / Coker β ξ / Coker γ ove gli omomorfismi messi in verticale del tipo Ker α → M sono inclusioni, quelli del tipo X → Coker α = X/ Im α sono proiezioni canoniche. Gli omomorfismi τ0 : Ker β → Ker γ e σ0 : Ker α → Ker β sono definiti restringendo dominio e codominio di σ e τ . Osserviamo infatti che, se m ∈ M è tale che α(m) = 0, allora β(σ(m)) = η(α(n)) = η(0) = 0. Dunque risulta ben definito σ0 che si ottiene restringendo dominio e codominio di σ. Analogamente è definito τ0 poiché, se n ∈ N è t.c. β(n) = 0, allora γ(τ (n)) = ξ(β(n)) = 0. L’omomorfismo η : X/ Im α → Y / Im β risulta ben definito ponendo η(x + Im α) = η(x) + Im β. Infatti la mappa η̃ : X → Y / Im β, x 7→ η(x) + Im β passa al quoziente dato che, per α(m) ∈ Im α, si ha η(α(m)) = β(σ(m)) ∈ Im β, e dunque Im α ⊆ Ker η̃. In modo analogo la mappa ξ : Y / Im β → Z/ Im γ, ξ(y + Im β) = ξ(y) + Im γ è ben definita poiché, per β(n) ∈ Im β, si ha ξ(β(n)) = γ(τ (n)) ∈ Im γ. † Per †† Per τ ipotesi la sequenza N → Q → 0 è esatta. η ipotesi si ha che la sequenza 0 → X → Y è esatta. 12 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Proviamo ora che la sequenza definita è esatta. Cominciamo con il tratto che parte da σ0 e dimostriamo che Im σ0 = Ker τ0 . Sia n ∈ Ker τ0 . Allora n ∈ Ker β e τ (n) = τ0 (n) = 0, cioè n ∈ Ker τ = Im σ, ed esiste m ∈ M tale che σ(m) = n. Per avere che n ∈ Im σ0 basta provare che m ∈ Ker α. Ma poiché η è iniettiva, η(α(m)) = β(σ(m)) = β(n) = 0 implica α(m) = 0. Quindi Ker τ0 ⊆ Im σ0 . Inversamente, se n ∈ Im σ0 , allora n = σ(m) per qualche m ∈ Ker α, e quindi τ0 (n) = τ (σ(m)) = 0 perché τ ◦ σ = 0 per ipotesi. Proseguiamo con il tratto che parte da τ0 e dimostriamo che Im τ0 = Ker δ. Sia q ∈ Ker δ, nq ∈ N t.c. τ (nq ) = q, ynq = β(nq ) e x ∈ X t.c. η(x) = ynq .† Allora δ(q) = 0 implica x ∈ Im α, sicché esiste m ∈ M t.c. α(m) = x. Quindi ynq = η(x) = η(α(m)) = β(σ(m)), e posto n = σ(m), si ha β(nq ) = ynq = β(n). Allora n0 = nq − n è una preimmagine di q via τ0 . Infatti si ha n0 ∈ Ker β e τ0 (n0 ) = τ (nq ) − τ (n) = q − τ (σ(m)) = q, dato che τ ◦ σ = 0 per ipotesi. Consideriamo ora il tratto che parte da δ e proviamo che Im δ = Ker η. Sia x + Im α ∈ Ker η. Allora 0 = η(x + Im α) = η(x) + Im β implica η(x) ∈ Im β e quindi esiste n ∈ N tale che β(n) = η(x). Allora q = τ (n) è una preimmagine di x + Im α per δ. Infatti γ(q) = (γ ◦ τ )(n) = (ξ ◦ β)(n) = (ξ ◦ η)(x) = 0 implica q ∈ Ker γ, e δ(q) = x + Im α per definizione. D’altra parte, se x + Im α ∈ Im δ, esiste q ∈ Ker γ, n ∈ N tale che τ (n) = q, e x ∈ X tale che η(x) = β(n). Dunque si ha η(δ(q)) = η(x) + Im β = β(n) + Im β = 0, e x + Im α ∈ Ker η. Osserviamo infine il tratto che parte da η e dimostriamo che Im η = Ker ξ. Sia y +Im β ∈ Ker ξ. Allora 0 = ξ(y +Im β) = ξ(y)+Im γ implica ξ(y) ∈ Im γ, sicché esiste q ∈ Q t.c. γ(q) = ξ(y). Poiché τ è suriettivo, esiste n ∈ N tale che τ (n) = q. Quindi (ξ ◦ β)(n) = (γ ◦ τ )(n) = γ(q) = ξ(y) e y0 = y − β(n) ∈ Ker ξ = Im η. Sia dunque x0 ∈ X tale che η(x0 ) = y0 . Allora x0 + Im α è una preimmagine di y + Im β via η. Infatti per definizione η(x0 + Im α) = η(x0 ) + Im β = (y − β(n)) + Im β = y + Im β. Inversamente, sia x + Im α ∈ Coker α. Allora ξ(η(x + Im α)) = ξ(η(x) + Im β) = (ξ ◦ η)(x) + Im γ = 0, poiché ξ ◦ γ = 0. (1.27) Osservazione. Possiamo arricchire il lemma (1.26) osservando che, se nelle ipotesi aggiungiamo 0 → M alla prima riga, si può aggiungere 0 → Ker α all’enunciato e se aggiungiamo Z → 0 nelle ipotesi alla seconda riga, allora si può aggiungere Coker γ → 0 all’enunciato. Infatti, se σ è iniettivo, allora σ0 è ancora iniettivo e, se ξ è suriettivo, allora per ogni z + Im γ ∈ Coker γ esiste y ∈ Y tale che ξ(y) = z, sicché ξ(y + Im β) = ξ(y) + Im γ = z + Im γ, e ξ è suriettivo. Tornando al discorso sulle sequenze esatte corte spezzanti. . . (1.28) Proposizione. Se la sequenza esatta corta 0 /M α /N β /Q /0 è spezzante, allora essa equivale alla sequenza esatta corta 0 /M i1 / M ⊕Q p2 /Q /0. Inoltre N è isomorfo come A-modulo alla somma diretta M ⊕ Q. † Cosı̀ da avere, per definizione di δ, δ(q) = x + Im α. 13 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Per definizione (1.20) esiste σ : Q → N t.c. β ◦ σ = IdQ . Per la proposizione (1.21) esiste τ : N → M t.c. τ ◦ α = IdM e σ ◦ β + α ◦ τ = IdN . Allora il diagramma seguente /M 0 /N α β /Q /0 /Q / 0, ρ /M 0 i1 / M ⊕Q p2 ove ρ : N → M ⊕ Q è definito ponendo ρ(n) = (τ (n), β(n)), è commutativo. Infatti, per m ∈ M , (ρ ◦ α)(m) = τ (α(m)), β(α(m)) = (m, 0) = i1 (m) e, per n ∈ N , p2 (ρ(n)) = β(n). Dunque le due sequenze sono equivalenti. Inoltre applicando il lemma (1.26) del serpente† si vede che ρ è un isomorfismo. Si ha infatti una sequenza esatta 0 / Ker ρ / 0 δ / 0 / Coker ρ /0, da cui Ker ρ = 0 e Coker ρ = 0, cioè ρ è iniettivo e suriettivo. (1.29) Osservazione. Si noti che anche il diagramma nell’altra direzione, con l’immersione nella seconda componente e la proiezione nella prima, commuta. 0o M o τ N o σ Qo 0 Qo 0. ρ M o 0o p1 M ⊕Q o i2 Infatti, per q ∈ Q, (ρ ◦ σ)(q) = τ (σ(q)), β(σ(q)) = (0, q) = i2 (q) e, per n ∈ N , p1 (ρ(n)) = τ (n). Dunque anche queste sequenze sono equivalenti. (1.30) Corollario. Per un A-modulo Q sono equivalinti i fatti seguenti. (i) Q è proiettivo; (ii) Ogni sequenza esatta corta della forma 0 /M α /N d β /Q /0 σ è spezzante (i.e. esiste σ tale che β ◦ σ = IdQ ); (iii) Per ogni monomorfismo di A-moduli α : M → N si ha Q ' N/α(M ) =⇒ N ' M ⊕ Q . † Con riferimento alle notazioni del lemma, si adoperino le sostituzioni (σ, τ ) := (α, β), (X, Y, Z) := (M, M ⊕ Q, Q), (η, ξ) := (ii , p2 ) e (α, β, γ) := (IdM , ρ, IdQ ). Nell’enunciato si ha allora Ker γ = 0, Coker α = 0, Coker γ = 0. 14 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Dimostrazione. L’equivalenza tra (i) e (ii) è evidente dal diagramma Q σ N IdQ β /Q / 0. L’equivalenza tra (ii) e (iii) segue immediatamente da (1.28). Infatti, se vale (ii) e si ha un monomorfismo α : M → N e un isomorfismo β : N/α(M ) → Q allora è definito un epimorfismo β : N → Q con nucleo α(M ), cioè una sequenza esatta corta come in (ii). Questa è dunque spezzante, sicché, in virtù di (1.28), si ha N ' M ⊕ Q. Inversamente, se vale (iii) e si dispone di una sequenza esatta corta come quella in (ii), allora Ker β = α(M ) e quindi Q ' N/α(M ). Dunque abbiamo un isomorfismo φ : M ⊕ Q → N e si trova immediatamente una sezione ponendo σ = φ ◦ i2 , ove i2 : Q ,→ M ⊕ Q. Si veda anche [CR, p. 381]. 1.6 I funtori HomA (M, ) e HomA ( , M ) Sia A un’algebra su un anello R e siano M, N due A-moduli sinistri. Ricordiamo che, come spiegato nell’osservazione (1.6), l’insieme degli omomorfismi HomA (M, N ) ha la struttura di R-modulo. α β (1.31) Proposizione. Sia M un A-modulo sinistro e sia X → Y → Z una sequenza di A-moduli sinistri e omomorfismi. Allora α β (a) Se la sequenza 0 → X → Y → Z è esatta, posto α∗ = α ◦ la seguente sequenza di R-moduli 0 / HomA (M, X) α∗ / HomA (M, Y ) β∗ e β∗ = β ◦ , / HomA (M, Z) è esatta; α β (b) Se la sequenza X → Y → Z → 0 è esatta, posto α∗ = la seguente sequenza di R-moduli 0 / HomA (Z, M ) β∗ / HomA (Y, M ) α∗ ◦ α e β∗ = ◦ β, / HomA (X, M ) è esatta. Dimostrazione. (a) Sia φ ∈ HomA (M, X) tale che α∗ (φ) = α ◦ φ = 0. Allora, poiché α è iniettivo, Im φ = 0, φ = 0 e dunque α∗ è iniettivo. Segue l’esattezza del primo tratto. Poi occorre dimostrare che Im α∗ = Ker β∗ . Ovviamente è Im α∗ ⊆ Ker β∗ . Infatti, se φ ∈ HomA (M, X), β∗ (α∗ (φ)) = β ◦ α ◦ φ = 0 ◦ φ = 0. Inversamente, sia ψ ∈ HomA (M, Y ) t.c. β∗ (ψ) = β ◦ ψ = 0. Allora Im ψ ⊆ 15 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Ker β = Im α, e possiamo dunque restringere il codominio di α e ψ a Im α ⊆ Y ottenendo due omomorfismi ψ̃ e α̃ come segue ψ̃ M / Im α o α̃ α̃ 6X. −1 Posto φ = α̃−1 ◦ ψ̃ si ha α∗ (φ)(m) = α(φ(m)) = (α ◦ α̃−1 ◦ ψ̃)(m) = ψ(m). (b) Anzitutto β ∗ è iniettivo. Infatti, se χ ∈ HomA (Z, M ) è tale che β ∗ (χ) = χ ◦ β = 0, allora Im β ⊆ Ker χ. Ma β è per ipotesi suriettivo. Poi proviamo che Im β ∗ = Ker α∗ . Chiaramente Im β ∗ ⊆ Ker α∗ . Infatti, per χ ∈ HomA (Z, M ), α∗ (β ∗ (χ))(z) = (χ ◦ β ◦ α)(z) = 0. Inversamente, sia η ∈ HomA (Y, M ) tale che α∗ (η) = η ◦ α = 0. Allora Im α ⊆ Ker η e quindi η induce un omomorfismo η : Y / Im α → M , η(y) = η(y + Im α) = η(y). Definiamo allora una preimmagine ϑ ∈ HomA (Z, M ) usando la seguente strategia Zo β β −1 1 Y / Im α η /M , ove β è l’omomorfismo indotto da β : Y → Z sul quoziente Y / Im α, ed è suriettivo per ipotesi e iniettivo dato che Ker β = Im α. Posto ϑ = η ◦ β −1 , β ∗ (ϑ)(y) = (ϑ ◦ β)(y) = (η ◦ β −1 ◦ β)(y) = η(y) = η(y) . Possiamo ora interpretare questo risultato nel linguaggio della teoria delle categorie attraverso la nozione di esattezza a sinistra di un funtore. (1.32) Osservazione. Sia A un’algebra su un anello R. Sia C la categoria degli A-moduli sinistri con i morfismi di A-moduli e D la categoria degli R-moduli sinistri con i morfismi di R-moduli. Fissato un A-modulo M possiamo definire due funtori F, G : A-Mod R-Mod come segue (a) Il funtore F = HomA (M, ) associa ad ogni A-modulo X l’R-modulo HomA (M, X) e a ogni morfismo di A-moduli α ∈ Hom(X, Y ) l’omomorfismo di R-moduli α∗ = α ◦ : HomA (M, X) → HomA (M, Y ). Questo β α funtore è covariante poiché, per morfismi di A-moduli X → Y → Z, si ha F (β ◦ α)(φ) = (β ◦ α)∗ (φ) = (β ◦ α) ◦ φ = β ◦ (α ◦ φ) = F (β) ◦ F (α)(φ). (b) Il funtore G = HomA ( , M ) associa ad ogni A-modulo X l’R-modulo HomA (X, M ) e a ogni morfismo di A-moduli α ∈ Hom(X, Y ) l’omomorfismo di R-moduli α∗ = ◦ α : HomA (Y, M ) → HomA (X, M ). Questo β α funtore è controvariante poiché, per morfismi di A-moduli X → Y → Z, è G(β ◦ α)(ψ) = (β ◦ α)∗ (ψ) = ψ ◦ (β ◦ α) = (ψ ◦ β) ◦ α = G(α) ◦ G(β)(ψ). (1.33) Definizione. Una categoria C si dice additiva se (a) morX (A, B) è un gruppo abeliano (additivo) per ogni A, B ∈ ob(C); 16 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org (b) Per ogni coppia di oggetti (A, B) di C esiste un oggetto A ⊕ B ∈ ob(C) con delle mappe τ q σ u A 5 B 3A ⊕ B α β t.c. β ◦ σ = IdB , τ ◦ α = IdA , β ◦ α = 0, τ ◦ σ = 0 e σ ◦ β + α ◦ τ = IdA⊕B ; (c) Per ogni A, B, C ∈ ob(C), f, f 0 ∈ morC (A, B), g ∈ morC (B, C) vale la proprietà distributiva g ◦ (f + f 0 ) = g ◦ f + g ◦ f 0 . (1.34) Definizione. Siano C e D categorie additive. Un funtore F : C D si dice additivo se per ogni A, B ∈ ob(C), FA,B : morC (A, B) → morD (F (A), F (B)) è un omomorfismo di gruppi abeliani (additivi). (1.35) Osservazione. Sia F : C D un funtore additivo tra categorie additive. Dati due oggetti A, B ∈ ob(C) si ha un nuovo oggetto dato dalla somma diretta A ⊕ B ∈ ob(C) (e analogamente nella categoria D). Allora si ha un isomorfismo naturale (nel senso di morfismo bijettivo) F (A ⊕ B) ' F (A) ⊕ F (B). (1.36) Definizione. Sia F : C D un funtore additivo tra categorie abeliane. α β (a) F si dice mezzo esatto se per ogni s.e.c. 0 → A → B → C → 0 la seguente sequenza è esatta F (α) F (A) F (β) / F (B) / F (C); α β (b) F si dice esatto a sinistra se per ogni s.e.c. 0 → A → B → C → 0 la seguente sequenza è esatta 0 / F (A) F (α) / F (B) F (β) / F (C); α β (c) F si dice esatto a destra se per ogni s.e.c. 0 → A → B → C → 0 la seguente sequenza è esatta F (A) F (α) / F (B) F (β) / F (C) / 0; (d) F si dice esatto se manda sequenze esatte corte in sequenze esatte corte. β α Per ogni s.e.c. 0 → A → B → C → 0, la seguente sequenza è esatta 0 / F (A) F (α) / F (B) F (β) / F (C) / 0. (1.37) Osservazione. Ad ogni categoria C si può associare la cosiddetta categoria opposta C op avente per oggetti ancora la classe ob(C op ) = ob(C) ma, per ogni coppia A, B ∈ ob(C op ), l’insieme dei morfismi da A in B è per definizione morC op (A, B) = morC (B, A). In altre parole, visualizzando gli oggetti come dei punti e i morfismi α come delle frecce, nella categoria C op tutte le frecce hanno il verso invertito, αop . Questo artificio ci permette ad esempio di vedere un funtore 17 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org controvariante G : C D come un funtore covariante Gop : C op D definito da op op G (α ) = G(α). Infatti, per una sequenza di oggetti e morfismi, β α / /Z, X Qg Y _ m fQ _ m “αop ” “β op ” Gop (αop ◦β op ) = Gop ((β ◦α)op ) = G(β ◦α) = G(α)◦G(β) = Gop (αop )◦Gop (β op ). Dunque Gop è una copia di G, ma è covariante.† (1.38) Definizione. Sia G : C D un funtore controvariante tra categorie o, equivalentemente, sia assegnato un funtore covariante Gop : C op D. Diremo che G è esatto (risp. mezzo esatto, esatto a sinistra, esatto a destra) se Gop è esatto a destra secondo (1.36). In particolare G è esatto a sinistra se e solo se β α per ogni sequenza esatta A → B → C → 0 la sequenza 0 G(β) / G(C) / G(B) G(α) / G(A) è esatta.†† Possiamo dunque dare una nuova facciata alla proposizione (1.31). (1.39) Corollario. Sia A un’algebra su un anello R e sia M un A-modulo. Allora i funtori HomA (M, ), HomA ( , M ) : A-Mod R-Mod descritti nell’osservazione (1.32) sono esatti a sinistra. 1.7 Moduli proiettivi e iniettivi (1.40) Definizione. Sia A un’algebra su un anello commutativo R. (a) Un A-modulo sinistro P si dice proiettivo se per ogni morfismo φ : P → Y e per ogni morfismo suriettivo π : X → Y esiste un morfismo φe : P → Y e cioè tale che tale che φ = π ◦ φ, P e φ X π /Y φ / 0; (b) Un A-modulo sinistro I si dice iniettivo se per ogni morfismo ψ : X → I e per ogni morfismo iniettivo j : X → Y esiste un morfismo ψe : Y → I tale che ψ = ψe ◦ j, cioè tale che IO ` e ψ ψ 0 /X j / Y. † In un delirio di onnipotenza si può pensare a op : Cat Cat come a un funtore covariante che assegna a ogni categoria la sua opposta e a ogni funtore F il funtore F op . †† Dunque “sinistra” e “destra” sono riferiti alla sequenza finale ottenuta applicando il funtore e scrivendo il diagramma con le frecce rivolte da sinistra a destra. 18 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org (1.41) Proposizione. Sia A un’algebra su un anello R. (a) Un A-modulo sinistro P è proiettivo se e solo se per ogni sequenza esatta η ξ corta 0 → X → Y → Z → 0 anche la seguete sequenza 0 / HomA (P, X) η∗ / HomA (P, Y ) ξ∗ / HomA (P, Z) /0 è esatta; (b) Un A-modulo sinistro I è iniettivo se e solo se per ogni sequenza esatta η ξ corta 0 → X → Y → Z → 0 anche la seguete sequenza 0 ξ∗ / HomA (Z, I) / HomA (Y, I) η∗ / HomA (X, I) /0 è esatta; Dimostrazione. (a) Sia P proiettivo. Allora, per (1.31(a)), basta dimostrare che ξ∗ = ξ ◦ è suriettivo. Ma questo è immediato. Infatti, se φ ∈ HomA (P, Z), P e φ Y φ ξ /Z /0 e Inversamente è chiaro che, se allora esiste φe : P → Y tale che φ = ξ ◦ φe = ξ∗ (φ). l’enunciato in (a) è soddisfatto allora ξ∗ è suriettivo. (b) Sia I iniettivo. Allora, per (1.31(b)), basta dimostrare che η ∗ = ◦ η è suriettivo. D’altra parte, se ψ ∈ HomA (X, I), IO ` e ψ ψ 0 /X η /Y e allora esiste ψe : Y → I tale che ψ = ψe ◦ η = η ∗ (ψ). (1.42) Proposizione. Sia A una R-algebra e sia X un insieme. (a) Sia Q = AhXi un A-modulo libero su X. Allora Q è proiettivo; (b) Ogni A-modulo proiettivo P è isomorfo a un addendo diretto di un modulo libero, cioè esiste un insieme Y e un A-modulo M t.c. P ⊕ M ' AhY i. Dimostrazione. (a) Sia π : M → N un epimorfismo di A-moduli e sia assegnato un morfismo φ : AhXi → N . Dobbiamo costruire un morfismo φ̃ : AhXi → M tale che φ = π ◦ φ̃. Poiché π è suriettivo, per l’assioma della scelta, possiamo definire un’applicazione ψ : X → M tale che π ◦ ψ = φ ◦ i, 19 1 Moduli e generalità X ψ M marcocentin.altervista.org / AhXi i π ψ φ /N ψ0 | M / 0, / AhXi i X π φ /N / 0. Poi, dato che AhXi è libero, possiamo estendere ψ per linearità ottenendo un omomorfismo ψ0 : AhXi → M tale che ψ = ψ0 ◦ i, come mostrano i diagrammi. Dimostriamo che ψ0 = φ̃ è l’omomorfismo cercato verificando che anche il triangolo inferiore del diagramma commuta, cioè, che φ = π ◦ ψ0 . Poiché AhXi è libero generato da i(X), basta verificare tale relazione sui generatori i(X).† Per ogni x ∈ X si ha π ψ0 (i(x)) = π(ψ(x)) = φ(i(x)), da cui la tesi. (b) Poiché P è proiettivo, esiste σ : P → AhP i t.c. π ◦ σ = IdP . P σ } AhP i π /P IdP / 0; Abbiamo allora una sequenza esatta corta spezzante 0 / Ker π i / AhP i τ k π /P / 0. σ Per (1.21), esiste τ : AhP i → Ker π t.c. τ ◦ i = IdKer π e i ◦ σ + σ ◦ π = IdAhP i . Inoltre abbiamo visto nella proposizione (1.28) che si ha AhP i ' P ⊕ Ker π. Diamo ora un importante esempio di modulo proiettivo e iniettivo. Per maggiore chiarezza, premettiamo un richiamo sul Lemma di Zorn. Sia Ω 6= ∅ un insieme parzialmente ordinato †† . Diciamo che Ω è induttivo se per ogni sottoinsieme S ⊆ Ω totalmente ordinato ††† esiste un maggiorante di S in Ω. Assumeremo nel seguito il “Lemma di Zorn”, supporremo cioè che ogni insieme induttivo (Ω, ≤) ammetta un elemento massimale. (1.43) Esempio. Ogni spazio vettoriale V su un campo K è un K-modulo proiettivo. In virtù di (1.42(a)), basta dimostrare che ogni spazio vettoriale ammette una base (sistema libero di generatori). È una immediata applicazione del Lemma di Zorn. Sia 0 6= V uno spazio vettoriale su K e sia Ω = { X ⊆ V | X è linearmente indipendente } . † Infatti ogni elemento di AhXi si scrive in un unico modo come A-combinazione lineare Pt t degli elementi di i(X) [ se x = i=1 ai xi ∈ AhXi, l’applicazione γ : X → A , xi 7→ ei si estende per linearitàPad un’unico P morfismo γ0 : AhXi → At . Quindi, se x = 0, allora (0, . . . , 0) = γ0 (x) = γ0 ( ti=1 ai xi ) = ti=1 ai γ0 (xi ) = (a1 , . . . , at ) ]. †† Sia cioè definita una relazione “≤”= R ⊆ Ω2 tale che ∀ x, y, z ∈ Ω, (i) xRx, (ii) xRy ∧ yRz ⇒ xRz, (iii) xRy ∧ yRx ⇒ x = y. Si dice anche che Ω è un poset (partially ordered set). ††† Cioè tale che ∀ x, y ∈ Ω, xRy ∨ yRx, dove R =“≤” è l’ordinamento parziale su Ω ⊇ S. 20 1 Moduli e generalità marcocentin.altervista.org Ω è parzialmente ordinato rispetto S alla relazione di inclusione. Sia S ⊆ Ω totalmente ordinato. Allora XS = Y ∈S Y definisce un maggiorante di S in Ω. Infatti S ⊆ XS e si verifica facilmente che XS ∈ Ω.† Per il Lemma di Zorn esiste un elemento massimale B ∈ Ω. Allora B è una base per V . Supponiamo infatti per assurdo che SpanK B ⊂ V e sia v ∈ V r SpanK B. Allora S = B ∪ { v } sarebbe un sistema linearmente indipendente maggiore di B,†† assurdo. (1.44) Esempio. Ogni spazio vettoriale V su un campo K è un K-modulo iniettivo. Siano N, M due K-spazi vetoriali (K-moduli) e sia j : N → M un monomorfismo. Rimpiazzando N con j(N ) ' N possiamo supporre che j sia una semplice inclusione di N come sottospazio di M . Sia ora ψ : N → V una applicazione lineare (omomorfismo di K-moduli). VO a ψ̃ ψ 0 /N ⊆ / M. Per dimostrare che esiste ψ̃ : M → V tale che il diagramma commuta basta dimostrare che esiste un complemento di N in M , cioè un K-sottospazio di M tale che M = C ⊕ N (“teorema del completamento”), cosı̀ da poter definire ψ̃ semplicemente prolungando a zero ψ sui vettori di una base di C. Sia Ω = { X ⊆ M | X è linearmente indipendente e BN ⊆ X } , ove BN è una base di N . Ω è parzialmente ordinato rispetto all’inclusione. Procedendo in modo analogo all’esempio precedente si dimostra che Ω è un insieme induttivo. Per il Lemma di Zorn esiste allora un maggiorante B ∈ Ω. Si verifica facilmente che B è una base per M (SpanK B = M ) sicché, posto C =PSpanK (B r BP poi c ∈ C ∩ N allora si ha N ) si ha M = PC + N . Se P c = BrBN λx x = BN µy y. Da BrBN λx x − BN µy y = 0 segue λx = 0 e µy = 0 per ogni x ∈ B r BN e y ∈ BN , cioè c = 0. † Se P x∈XS λx x = 0 allora, poiché Z = { x ∈ XS | λx 6= 0 } è un insieme finito, esiste un numero finito di Yx ∈ S tale che x ∈ Yx e λx 6= 0. Poiché S è totalmente ordinato, confrontando a coppie tali Yx si perviene a un Y ∈ S tale che Z ⊆ Y . Allora la somma può essere interpretata come una combinazione lineare di elementi di Y e, data la lineare indipendenza di PY , tutti i coefficienti sono nulli, cioè Z = ∅. †† Sia λv + x∈B λx x = 0. Se λ = 0 allora P λx = 0 per ogni x poiché B è linearmente indipendente. Se invece λ 6= 0 allora v = − (λx /λ)x ∈ SpanK B. E 21 2 2 2.1 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Complessi di catene di A-moduli Il Teorema della sequenza esatta lunga Sia A un’algebra su un anello commutativo R. (2.1) Definizione. Una sequenza di A-moduli e omomorfismi (M· , α· )k∈Z , / Mk+1 ... αk+1 / Mk / Mk−1 αk αk−1 / ... si dice complesso di catene se αk−1 ◦ αk = 0, cioè se Im αk ⊆ Ker αk−1 , per ogni k ∈ Z. Inoltre per una tale sequenza chiamiamo k-esimo modulo di omologia del complesso di catene (M· , α· ) lo A-modulo Hk (M· , α· ) = Ker αk , Im αk+1 e chiamiamo omologia di (M· , α· ) la famiglia (Hk (M· , α· ))k∈Z . (2.2) Osservazione. Dalla definizione precedente risulta chiaro che un complesso di catene è una sequenza esatta di A-moduli se e solo se ha omologia nulla, cioè se e solo se Hk (M· , α· ) = 0 per ogni k ∈ Z. (2.3) Definizione. Siano (M· , ∂·M ), (N· , ∂·N ) complessi di catene di A-moduli. Una successione (φk )k∈Z di morfismi di A-moduli φ : Mk → Nk si dice omomorfismo di complessi di catene se il diagramma / Mk+1 ... φk+1 / Nk+1 ... M ∂k+1 / Mk ∂kM φk N ∂k+1 / Nk / Mk−1 N ∂k−1 / ... φk−1 / Nk−1 / ... commuta (per ogni k ∈ Z). (2.4) Definizione. Una successione di omomorfismi di complessi di catene (M· , ∂·M ) φ· / (N· , ∂·N ) ψ· / (Q· , ∂·Q ) si dice sequenza esatta corta di complessi di catene se la sequenza 0 / Mk φk / Nk ψk / Qk /0 è esatta per ogni k ∈ Z. (2.5) Proposizione. Sia φ· : (M· , ∂·M ) → (N· , ∂·N ) un omomorfismo di complessi di catene di A-moduli. Allora φ· induce canonicamente un omomorfismo Hk (φ· ) : Hk (M· , ∂·M ) → Hk (N· , ∂·N ) definito ponendo, per m ∈ Ker ∂kM , M N Hk (φ· )(mk + Im ∂k+1 ) = φk (mk ) + Im ∂k+1 . 22 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org N Dimostrazione. Basta dimostrare che la mappa mk 7→ φk (mk )+Im δk+1 passa al M N quoziente, cioè basta dimostrare che φk (Im ∂k+1 ) ⊆ Im ∂k+1 . Sia mk+1 ∈ Mk+1 . / Mk+1 ... φk+1 M ∂k+1 / Nk+1 ... / Mk / ... φk N ∂k+1 / Nk / ... M N N Allora φk ( ∂k+1 (mk+1 )) = ∂k+1 ( φk+1 (mk+1 )) ∈ Im ∂k+1 . (2.6) Teorema (della sequenza esatta lunga). Sia (M· , ∂·M ) / (N· , ∂·N ) φ· ψ· / (Q· , ∂·Q ) una sequenza esatta corta di complessi di catene di A-moduli. Allora esistono morfismi di A-moduli δk : Hk (Q· , ∂·Q ) → Hk−1 (M· , ∂·M ) tali che la sequenza ... δk+1 GF @A Hk (φ· ) / Hk (M· , ∂·M ) / Hk (N· , ∂·N ) Hk (ψ· ) / Hk (Q· , ∂·Q ) δk BC ED / Hk-1 (M· , ∂·M )Hk-1 (φ·)/ Hk-1 (N· , ∂·N )Hk-1 (ψ·)/ Hk-1 (Q· , ∂·Q ) δk−1 / ... sia esatta. Dimostrazione. Il Teorema è una immediata applicazione del Lemma (1.26) del serpente. La sequenza esatta corta di complessi di catene determina il seguente diagramma commutativo a righe esatte. 0 / Mk+2 φk+2 / Nk+2 M ∂k+2 0 / Mk+1 0 / Mk φk+1 0 / Nk+1 ψk+1 /Q ψk /Q φk−1 /0 Q ∂k+1 /0 ∂kQ ∂kN / Nk−1 /0 Q ∂k+2 N ∂k+1 / Nk φk ∂kM / Mk−1 /Q N ∂k+2 M ∂k+1 ψk+2 ψk−1 /Q /0 Applicando (1.26) e (1.27) alle prime due righe del diagramma, considerati gli omomorfismi φk+1 e ψ k+1 del Lemma, si ha la sequenza esatta M Coker ∂k+2 φk+1 / Coker ∂ N k+2 23 ψ k+1 / Coker ∂ Q k+2 / 0. 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Analogamente, applicando (1.26) e (1.27) alle ultime due righe del diagramma, considerati gli omomorfismi (φk )0 e (ψk )0 , si ha la sequenza esatta 0 / Ker ∂ M (φk )0 / Ker ∂ N k k (ψk )0 / Ker ∂ Q . k Colleghiamo queste due sequenze attraverso morfismi. Definiamo M M ∂ek+1 : Coker ∂k+2 → Ker ∂kM , M M mk+1 + Im ∂k+2 7→ ∂k+1 (mk+1 ), Q N e analogamente per ∂ek+1 e ∂ek+1 . Otteniamo in questo modo un diagramma commutativo a righe esatte M Coker ∂k+2 eM ∂ k+1 0 / Ker ∂ M k φk+1 (φk )0 / Coker ∂ N k+2 eN ∂ k+1 / Ker ∂ N k ψ k+1 (ψk )0 / Coker ∂ Q k+2 /0 eQ ∂ k+1 / Ker ∂ Q k Infatti per definizione, per mk+1 ∈ Mk+1 , M M M N (φk )0 ∂ek+1 (mk+1 + Im ∂k+2 ) = φk ∂k+1 (mk+1 ) = ∂k+1 φk+1 (mk+1 ) . Possiamo dunque applicare (1.26) a queste due righe ottenendo un omomorfismo δk+1 che determina una sequenza esatta M Coker ∂k+2 k+1 φk+1 eM ∂ k+1 xy ~ Ker ∂kM / Coker ∂eM k+1 / Ker ∂eQ k+1 / Ker ∂eN M Ker ∂ek+1 / Coker ∂ N k+2 ψ k+1 eQ ∂ k+1 eN ∂ k+1 (φk )0 / Ker ∂ N k / Coker ∂eN k+1 z{ δk+1 }| / Coker ∂ Q k+2 (ψk )0 / Ker ∂ Q k / Coker ∂eQ k+1 Osserviamo infine che M M M Ker ∂ek+1 = Ker ∂k+1 / Im ∂k+2 = Hk+1 (M· , ∂·M ), M M Coker ∂ek+1 = Ker ∂kM / Im ∂k+1 = Hk (M· , ∂·M ), e analogamente per N e Q. Sicché, per commutatività, anche i morfismi orizzontali che collegano i gruppi di omologia sono proprio gli omomorfismi indotti di (2.5): Hk+1 (φ· ), Hk+1 (ψ· ) nella prima riga e Hk (φ· ), Hk (ψ· ) nell’ultima. 24 2 Complessi di catene di A-moduli 2.2 marcocentin.altervista.org Omotopia e risoluzioni proiettive Sia A un’algebra su un anello commutativo R. (2.7) Definizione. Siano (M· , ∂· ), (N· , ∂· ) complessi di catene di A-moduli e siano φ· , ψ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) morfismi di complessi di catene. Si dice che φ· è omotopicamente equivalente a ψ· (e scriviamo φ· ∼ ψ· ) se esiste una successione N di morfismi di A-moduli sk : Mk → Nk+1 t.c. φk − ψk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kM . In altre parole, nel diagramma Mk+1 M ∂k+1 / Mk ∂kM / Mk−1 φk −ψk | Nk+1 sk N ∂k+1 { / Nk sk−1 ∂kN / Nk−1 , andare da Mk a Nk mediante φk − ψk equivale a sommare i risultati ottenuti N percorrendo le due strade alternative ∂k+1 ◦ sk e sk−1 ◦ ∂kM .† (2.8) Definizione. Un morfismo φ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) di complessi di catene di A-moduli sinistri si dice 0-omotopo se φ· ∼ 0. Un complesso di catene di A-moduli sinistri (M· , ∂· ) si dice 0-omotopo se Id(M· ,∂· ) ∼ 0. (2.9) Osservazioni. Alcune osservazioni sulla relazione di omotopia. (a) È una relazione di equivalenza tra i morfismi di complessi di catene di A-moduli. Anzitutto è riflessiva: se φ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) si ha φk −φk = 0 e dunque basta porre sk = 0 per ogni k. Per dimostrare la simmetria, sia ψ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) un altro morfismo di complessi di catene e sia N φ· ∼ ψ· . Allora si ha φk − ψk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kM per opportuni morfismi sk , sicché N ψk − φk = ∂k+1 ◦ (−sk ) + (−sk−1 ) ◦ ∂kM . N Infine la transitività. Se ψ· ∼ χ· e ψk − χk = ∂k+1 ◦ tk + tk ◦ ∂kM allora N φk − χk = φk − ψk + ψk − χk = ∂k+1 (sk + tk ) + (sk−1 + tk−1 ) ◦ ∂kM ; (b) È compatibile con la somma di morfismi di complessi di catene. Assegnati morfismi di c.d.c. φ· , ψ· , α· , β· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ), φ· ∼ ψ· , α· ∼ β· =⇒ φ· + α· ∼ ψ· + β· , come è immediato verificare; † Attenzione: il diagramma raffigurato non è quindi in generale commutativo. 25 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (c) Si comporta bene rispetto alla composizione di morfismi di complessi di catene: se φ· , ψ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) e α· , β· : (N· , ∂· ) → (Q· , ∂· ) allora φ· ∼ ψ· , α· ∼ β· α· ◦ φ· ∼ β· ◦ ψ· . =⇒ Per provarlo basta sfruttare la transitività e mostrare che α· ◦ φ· ∼ β· ◦ φ· e N β· ◦ φ· ∼ β· ◦ ψ· . Sia infatti φk − ψk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kM per opportuni Q morfismi sk , e αk − βk = ∂k+1 ◦ tk + tk−1 ◦ ∂kN per certi tk . Poiché φk Mk ∂kM Mk−1 φk−1 / Nk N ∂k / Nk−1 , si ha che Q (αk − βk ) ◦ φk = ∂k+1 ◦ (tk ◦ φk ) + tk−1 ◦ (∂kN ◦ φk ) Q = ∂k+1 ◦ (tk ◦ φk ) + (tk−1 ◦ φk−1 ) ◦ ∂kM . In modo analogo si verifica che β· ◦ φ· ∼ β· ◦ ψ· . L’importanza dell’equivalenza omotopica è che morfismi di complessi di catene omotopicamente equivalenti sono indistinguibili nell’omologia. (2.10) Proposizione. Siano φ· , ψ· : (M· , ∂· ) → (N· , ∂· ) omomorfismi di complessi di catene di A-moduli tali che φ· ∼ ψ· . Allora, detti Hk (φ· ) e Hk (ψ· ) gli omomorfismi indotti in omologia definiti in (2.5),† si ha Hk (φ· ) = Hk (ψ· ). N Dimostrazione. Sia φk − ψk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kM per opportuni morfismi sk : Mk → Nk . Allora, per ogni mk ∈ Ker ∂kM , si ha M N (Hk (φ· ) − Hk (ψ· ))(mk + Im ∂k+1 ) = (φk − ψk )(mk ) + Im ∂k+1 N N N = (∂k+1 ◦ sk )(mk ) + Im ∂k+1 + (sk−1 ◦ ∂kM )(mk ) + Im ∂k+1 N = 0 + Im ∂k+1 , sicché Hk (φ· ) = Hk (ψ· ). (2.11) Osservazione. Sia data una sequenza esatta corta di A-moduli / M2 0 / M1 ∂2 ∂1 / M0 / 0. Possiamo interpretare questa come un particolare complesso di catene di Amoduli tale che Mk = 0 per k 6= 0, 1, 2 e Hk (M· , ∂· ) = 0 per ogni k ∈ Z. Allora si vede che (M· , ∂· ) è 0-omotopo se e solo se è spezzante. Infatti, / M2 0 0 { s2 / M2 { ∂2 s1 ∂2 / M1 / M1 † Sono { ∂1 s0 ∂1 / M0 / M0 | /0 s−1 / 0, gli omomorfismi Hk (M· , ∂· ) → Hk (N· , ∂· ) defniti ponendo, per ogni mk ∈ Ker ∂kM , M ) = φ (m ) + Im ∂ N , H (ψ )(m + Im ∂ M ) = ψ (m ) + Im ∂ N . Hk (φ· )(mk + Im ∂k+1 k k k · k k k k+1 k+1 k+1 26 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org se (M· , ∂· ) è 0-omotopo allora esistono morfismi s1 , s0 tali che IdM2 = s1 ◦ ∂2 , IdM1 = ∂2 ◦ s1 + s0 ◦ ∂1 , IdM0 = ∂1 ◦ s0 . Ma queste sono esattamente le proprietà della definizione (1.20). (2.12) Definizione. Sia M un A-modulo sinistro. (a) Chiamiamo rivestimento proiettivo di M un omomorfismo suriettivo di A-moduli ε : P → M ove P è un A-modulo proiettivo (def. (1.40)); (b) Sia M un A-modulo sinistro. Si dice risoluzione proiettiva di M un complesso di catene di A-moduli proiettivi (P· , ∂· ) ove Pk = 0, ∀k < 0, con un rivestimento proiettivo ε : P0 → M tale che la sequenza / P2 ... ∂2P / P1 ∂1P / P0 ε /M /0 sia esatta. (2.13) Osservazione. Sia M un A-modulo sinistro. (a) M ammette un rivestimento proiettivo. Basta considerare il modulo libero AhM i e l’epimorfismo ε : AhM i → M . Per (1.42), AhM i è proiettivo; (b) M ammette una risoluzione proiettiva. Infatti esiste un rivestimento proiettivo di M , ε : P0 → M . Poi si considera il nucleo Ker ε e si prende un rivestimento proiettivo ∂1P : P1 → Ker ε. Proseguedo in questo modo si trova un rivestimento proiettivo ∂2P : P2 → Ker ∂1P di Ker ∂1P . In generale, P dato ∂kP , esiste un rivestimento proiettivo ∂k+1 : Pk+1 → Ker ∂kP . Si perviene in questo modo ad una risoluzione proiettiva (P· , ∂·P, ε). (2.14) Osservazione. Sia (P· , ∂·P, ε) una risoluzione proiettiva di un A-modulo sinistro M . Indichiamo con (MJ0K, 0) il complesso di catene di A-moduli tale che MJ0K0 = M e MJ0Kk = 0 per k 6= 0. Allora possiamo interpretare ε come un morfismo di complessi di catene ε· : (P· , ∂· ) → (MJ0K· , 0) ponendo ε0 = ε e εk = 0 per k 6= 0. Otteniamo il diagramma seguente ... ... ∂3P / P2 ∂2P /0 / P1 ∂1P / P0 /0 ε /M /0 / 0. (2.15) Definizione. Un complesso di catene di A-moduli sinistri (M· , α· )k∈Z , ... / Mk+1 αk+1 / Mk αk / Mk−1 αk−1 / ... si dice aciclico se Mk = 0 per k < 0 e Hk (M· , α· ) = 0 per k 6= 0. 27 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.16) Osservazione. Una risoluzione proiettiva (P· , ∂·P, ε) di un A-modulo M forma un complesso di catene aciclico. Infatti abbiamo che la sequenza / P2 ... ∂2P / P1 ∂1P / P0 /0 /M ε / ... è esatta. (2.17) Teorema (di paragone). Sia (P· , ∂·P ) un complesso di catene di Amoduli proiettivi concentrato in gradi non negativi (i.e. Pk = 0 per k < 0), sia (N· , ∂·N ) un complesso di catene aciclico e sia φ : H0 (P· , ∂·P ) → H0 (N· , ∂·N ) un omomorfismo tra i primi moduli di omologia dei due complessi. Allora: (a) Esiste un morfismo di complessi φ· : (P· , ∂·P ) → (N· , ∂·N ) t.c. H0 (φ· ) = φ; (b) Sia ψ· : (P· , ∂·P ) → (N· , ∂·N ) un altro morfismo di complessi di catene tale che H0 (ψ· ) = φ. Allora φ· e ψ· sono omotopicamente equivalenti. Dimostrazione. (a) Per provare la tesi dobbiamo costruire degli omomorfismi φk tale che seguente diagramma risulti commutativo ... / P2 φ2 ... / N2 ∂2P / P1 ∂1P / P0 φ1 φ0 ∂2N ∂1N / N1 / N0 / P0 / Im ∂1P πP πN /0 φ / N0 / Im ∂1N / 0. Infatti in questo modo si ha un omomorfismo di complessi di catene e inoltre, per p0 ∈ Ker ∂0P , H0 (φ· )(p0 + Im ∂1P ) = φ0 (p0 ) + Im ∂1N = φ(p0 + Im ∂1P ). Consideriamo la composizione δ0 = φ ◦ π P . Poiché P0 è proiettivo P0 φ0 N0 δ0 = φ◦π P / N0 / Im ∂1N z πN / 0, esiste φ0 : P0 → N0 tale che φ ◦ π P = δ0 = π N ◦ φ0 . Abbiamo ora il diagramma P1 ∂1P δ1 N1 ∂1N / P0 φ0 / N0 / P0 / Im ∂1P πP πN /0 φ / N0 / Im ∂1N / 0. In modo analogo consideriamo la composizione δ1 = φ0 ◦ ∂1P . Non possiamo immediatamente usare la proiettività di P1 poiché in generale ∂1N non è suriettivo. Tuttavia si verifica facilmente che Im δ1 ⊆ Ker π N. Infatti, per p1 ∈ P1 , si ha π N δ1 (p1 ) = (π N ◦ φ0 ) ◦ ∂1P (p1 ) = φ ◦ (π P ◦ ∂1P ) (p1 ) = 0. 28 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Possiamo dunque restringere il codominio di ∂1N ottenendo un morfismo suriettivo N ∂N 1 : N1 → Ker π . Ora, poiché P1 è proiettivo P1 φ1 N1 δ1 = φ0 ◦∂1P / Ker π N { ∂N 1 / 0, πN N esiste φ1 : P1 → N1 tale che φ0 ◦ ∂1P = δ1 = ∂ N 1 ◦ φ1 = ∂1 ◦ φ1 . Procediamo dunque per induzione e supponiamo di avere il diagramma commutativo Pk+1 P ∂k+1 δk+1 Nk+1 N ∂k+1 ∂kP / Pk ∂kN / P0 / Nk−1 ∂1P / ... φk−1 φk / Nk P ∂k−1 / Pk−1 N ∂k−1 φ0 / ... ∂1N / N0 / P0 / Im ∂1P πP πN /0 φ / N0 / Im ∂1N / 0, P P e consideriamo δk+1 = φk ◦ ∂k+1 . Poiché Im ∂k+1 ⊆ Ker ∂kP , per pk+1 ∈ Pk+1 , P P ∂kN δk+1 (pk+1 ) = (∂kN ◦ φk ) ◦ ∂k+1 (pk+1 ) = φk−1 ◦ (∂kP ◦ ∂k+1 ) (pk+1 ) = 0, N sicché Im δk+1 ⊆ Ker ∂kN . Essendo (N· , ∂·N ) aciclico e k > 1, Ker ∂kN = Im ∂k+1 . N N N Restringendo il codominio di ∂k+1 si ha un morfismo ∂ k+1 : Nk+1 → Ker ∂k . Pk+1 φk+1 z Nk+1 P δk+1 = φk ◦ ∂k+1 / Ker ∂ N k ∂N k+1 ∂kN / 0. Poiché Pk+1 è proiettivo, concludiamo che esiste φk+1 : Pk+1 → Nk+1 tale che N P φk+1 ◦ ∂k+1 = φk+1 ◦ ∂ N k+1 = δk+1 = φk ◦ ∂k+1 , da cui la tesi. (b) Siano φ· , ψ· morfismi di complessi di catene tali che H0 (φ· ) = H0 (ψ· ) = φ e sia ρ· = φ· − ψ· . Per provare la tesi dobbiamo costruire, per k ≥ 0, degli omomorfismi sk : Pk → Nk+1 tali che nel diagramma seguente ... / P2 ρ2 ... ~ / N2 ∂2P s1 ∂2N / P1 ρ1 ~ / N1 ∂1P s0 ∂1N / P0 / P0 / Im ∂1P uu 0 uu ρ0 u H0 (ρ· )=0 uu zuuu / N0 / N0 / Im ∂1N N πP /0 / 0, π N sia ρk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kP per ogni k ≥ 0. Poiché H0 (φ· ) = H0 (ψ· ) si ha H0 (ρ· ) = 0, ove H0 (ρ· ) è l’omomorfismo p0 + Im ∂1P 7→ ρ0 (p0 ) + Im ∂1N . Quindi 29 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Im ρ0 ⊆ Im ∂1N = Ker π N. Procedendo come solito, poiché P0 è proiettivo P0 s0 { N1 ∂N 1 p0 / Ker π N πN / 0, esiste s0 : P0 → N1 tale che ρ0 = ∂1N ◦ s0 . Per induzione, assumiamo che esistano N morfismi s1 , . . . , sk tali che ρi = ∂i+1 ◦ si + si−1 ◦ ∂iP per i = 1, . . . , k, Pk+2 P ∂k+2 sk+1 ρk+2 { Nk+2 P ∂k+1 P P ∂k−1 ∂k+1 ∂k N ∂k−1 / Pk ∂k / Pk−1 y sk−1 yy sk yy yy yy ρk ρk+1 y yy ρk−1 y y |y |y / Nk+1 / Nk / Nk−1 N N N ∂k+2 / Pk+1 / ... /0 / ... / 0. N P Costruiamo sk+1 t.c. ρk+1 = ∂k+2 ◦ sk+1 + sk ◦ ∂k+1 . Ancora una volta vogliamo P sfruttare la proiettività di Pk+1 e quindi poniamo χk+1 = ρk+1 − sk ◦ ∂k+1 e N verifichiamo che Im χk+1 ⊆ Ker ∂k+1 . Per pk+1 ∈ Pk+1 si ha N N N P ∂k+1 χk+1 (pk+1 ) = ∂k+1 ◦ ρk+1 (pk+1 ) − (∂k+1 ◦ sk ) ◦ ∂k+1 (pk+1 ) P P P = ρk ◦ ∂k+1 (pk+1 ) − (ρk − sk−1 ◦ ∂k ) ◦ ∂k+1 (pk+1 ) P = sk−1 ◦ (∂kP ◦ ∂k+1 ) (pk+1 ) = 0. N N Poiché (N· , ∂·N ) è aciclico, possiamo restringere il codominio di ∂k+2 a Ker ∂k+1 ottenendo un morfismo suriettivo. Per la proiettività di Pk+1 , Pk+1 sk+1 z Nk+2 χk+1 / Ker ∂ N k+1 ∂N k+2 N ∂k+1 / 0, P N esiste sk+1 : Pk+1 → Nk+2 tale che ρk+1 − sk ◦ ∂k+1 = χk+1 = ∂k+2 ◦ sk+1 . (2.18) Definizione. Siano (M· , ∂·M ), (N· , ∂·N ) complessi di catene di A-moduli e sia φ· : (M· , ∂·M ) → (N· , ∂·N ) un morfismo di complessi di catene. Diciamo che φ· è un’ equivalenza omotopica (e che i complessi (M· , ∂·M ) ed (N· , ∂·N ) sono omotopicamente equivalenti ) se esiste un morfismo ψ· : (N· , ∂·N ) → (M· , ∂·M ) tale che ψ· ◦ φ· ∼ Id(M· ,∂·M ) e φ· ◦ ψ· ∼ Id(N· ,∂·N ) . (2.19) Osservazione. Facciamo due utili osservazioni. (a) Complessi omotopicamente equivalenti hanno la stessa omologia. Se infatti φ· : (M· , ∂·M ) → (N· , ∂·N ) è un’equivalenza omotopica e ψ· è un’inversa come in (2.18), allora per ogni k, φk : Hk (M· , ∂·M ) → Hk (N· , ∂·N ) è un isomorfismo con inverso ψk : Hk (N· , ∂·N ) → Hk (M· , ∂·M ); 30 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (b) Un complesso è 0-omotopo se e solo se è omotopicamente equivalente al complesso nullo. Infatti in questi casi le relazioni φ· ◦ ψ· ∼ Id e ψ· ◦ φ· ∼ Id si traducono nella sola richiesta Id(M· ,∂·M ) ∼ 0. (2.20) Corollario. Sia M un A-modulo e siano (P· , ∂·P , ε· ), (Q· , ∂·Q , η· ) risoluzioni proiettive di M . Allora i complessi (P· , ∂·P ) e (Q· , ∂·Q ) sono omotopicamente equivalenti nel senso della definizione (2.18). Dimostrazione. Consideriamo il rivestimento proiettivo ε : P0 → M . Quo∼ zientando per Ker ε = Im ∂1P otteniamo un isomorfismo ε̃ : P0 / Im ∂1P → M . ∼ Analogamente abbiamo un isomorfismo η̃ : Q0 / Im ∂1Q → M . P0 / Im ∂1P T φ ε̃ /M ψ Q0 / Im ∂1Q η̃ / M. Definiamo allora φ : H0 (P· , ∂·P ) → H0 (Q· , ∂·Q ) ponendo φ = η̃ −1 ◦ ε̃ e analogamente poniamo ψ = ε̃−1 ◦ η̃. Applicando (2.17(a)) a φ otteniamo un morfismo di complessi di catene φ· : (P· , ∂·P ) → (Q· , ∂·Q ) t.c. H0 (φ· ) = φ e similmente, applicando (2.17(a)) a ψ, troviamo ψ· : (Q· , ∂·Q ) → (P· , ∂·P ) tale che H0 (ψ· ) = ψ. Allora ψ· ◦ φ· : (P· , ∂·P ) → (P· , ∂·P ) soddisfa H0 (ψ· ◦ φ· ) = H0 (ψ· ) ◦ H0 (φ· ) = φ ◦ ψ = IdH0 (P· ,∂·P ) . Ma anche l’identità ha la stessa proprietà sicché, per (2.17(b)), concludiamo che ψ· ◦ ψ· ∼ Id(P· ,∂·P ) . In modo del tutto analogo si vede che ψ· ◦ φ· ∼ Id(Q· ,∂·Q ) . Quindi φ· è un’equivalenza omotopica tra (P· , ∂·P ) e (Q· , ∂·Q ). (2.21) Osservazione. Sia (C· , ∂·C ) un complesso di catene di A-moduli sinistri concentrato in gradi non negativi ... ∂3C / C2 ∂2C / C1 ∂1C / 0, / C0 e sia M un A-modulo sinistro. Allora possiamo definire un complesso di catene di R-moduli ( HomA (C· , M ), δ·C ) ponendo, per ogni k ≥ 0, HomA (C· , M )k = HomA (Ck , M ) C C C δ−k = (∂k+1 )∗ = ◦ ∂k+1 : HomA (C· , M )−k → HomA (C· , M )−(k+1) . Otteniamo in questo modo una sequenza 0 0 “δ1C ” / HomA (C0 , M ) ◦∂1C δ0C / HomA (C1 , M ) ◦∂2C C δ−1 / HomA (C2 , M ) C C che è un complesso di catene poiché δ−(k+1) ◦ δ−k = 0. 31 ◦∂3C C δ−2 / ... 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.22) Proposizione. Sia φ· : (C· , ∂·C ) → (D· , ∂·D ) una equivalenza omotopica di complessi di catene di A-moduli concentrati in gradi non-negativi. Allora φ·∗ : ( HomA (D· , M ), δ·D ) → ( HomA (C· , M ), δ·C ) è una equivalenza omotopica. Dimostrazione. Per definizione, φ∗−k : HomA (Dk , M ) → HomA (Ck , M ) è dato da φ∗−k (αk ) = αk ◦ φk . Verifichiamo anzitutto che φ·∗ è una mappa di complessi di catene. In altre parole proviamo che il diagramma HomA (Dk , M ) D δ−k / HomA (Dk+1 , M ) φ∗ −(k+1) φ∗ −k HomA (Ck , M ) / HomA (Ck+1 , M ) C δ−k commuta. Sia αk ∈ HomA (Dk , M ). Allora D D D φ∗−(k+1) δ−k (αk ) = φ∗−(k+1) (αk ◦ ∂k+1 ) = αk ◦ (∂k+1 ◦ φk+1 ) C C C = αk ◦ (φk ◦ ∂k+1 ) = δ−k (αk ◦ φk ) = δ−k φ∗−k (αk ) . Siano ora φ· : (C· , ∂·C ) → (D· , ∂·D ) e ψ· : (D· , ∂·D ) → (C· , ∂·C ) morfismi di complessi di catene tali che ψ· ◦ φ· ∼ Id(C· ,∂·C ) e φ· ◦ ψ· ∼ Id(D· ,∂·D ) . Dimostriamo che φ·∗ ◦ ψ·∗ ∼ Id(HomA (C· ,M ),δ·C ) e ψ·∗ ◦ φ·∗ ∼ Id(HomA (D· ,M ),δ·D ) . Sia χ· = ψ· ◦ φ· . Poiché χ·∗ = (ψ· ◦ φ· )∗ = ◦ ψ· ◦ φ· = φ·∗ ◦ ψ·∗ , ci basta provare che, se ξ· è un morfismo di complessi tale che ξ· ∼ 0, allora ξ·∗ ∼ 0.† Sia sk : Ck → Dk+1 Ck+1 C ∂k+1 / Ck ∂kC / Ck−1 ξk | Dk+1 sk D ∂k+1 | / Dk sk−1 ∂kD / Dk−1 , D tale che ξk = ∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kC . Per ogni k ≥ 0 si ha un morfismo S−(k+1) : HomA (Dk , M ) → HomA (Ck , M ), S−(k+1) (αk+1 ) = αk+1 ◦ sk . HomA (Dk−1 , M ) u HomA (Ck−1 , M ) D δ−(k−1) S−k C δ−(k−1) / HomA (Dk , M ) ∗ ξ−k u / HomA (Ck , M ) D δ−k / HomA (Dk+1 , M ) S−(k+1) C δ−k / HomA (Ck+1 , M ) . Per αk ∈ HomA (Dk , M ) si ha ∗ D ξ−k (αk ) = αk ◦ ξk = αk ◦ (∂k+1 ◦ sk + sk−1 ◦ ∂kC ) D = (αk ◦ ∂k+1 ) ◦ sk + (αk ◦ sk−1 ) ◦ ∂kC D C = S−(k+1) (αk ◦ ∂k+1 ) + δ−(k−1) (αk ◦ sk−1 ) D C = S−(k+1) δ−k (αk ) + δ−(k−1) S−k (αk ) . † Cosı̀ da poter applicare questo fatto con ξ· = ψ· ◦ φ· − Id e ξ· = φ· ◦ ψ· − Id. 32 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org ∗ D C Da cui si evince che ξ−k = S−(k+1) ◦ δ−k + δ−(k−1) ◦ S−k . Definizione di Ext·A (B, M ) 2.3 Sia A un’algebra su un anello commmutativo R. (2.23) Definizione. Siano B e M A-moduli sinistri e sia (P· , ∂·P , ε) una risoluzione proiettiva di B. Consideriamo il complesso di catene / P2 ... ∂2P ∂1P / P1 / P0 ∂0P / 0. Per ogni k ≥ 0 indichiamo con ExtkA (B, M ) l’omologia k-esima del complesso che si ottiene applicando il funtore controvariante HomA ( , M ), 0 (∂0P )∗ P ∗ P ∗ / HomA (P0 , M ) (∂1 ) / HomA (P1 , M ) (∂2 ) / HomA (P2 , M ) / ... In altre parole 0 P ∗ P ∗ ExtA (B, M ) = Ker(∂1 ) / Im(∂0 ) Ext1 (B, M ) = Ker(∂ P )∗ / Im(∂ P )∗ A 2 1 ... Extk (B, M ) = Ker(∂ P )∗ / Im(∂ P )∗ A k+1 k La definizione precedente è ben posta poiché non dipende dalla scelta della risoluzione proiettiva (P· , ∂·P , ε) di B. Più precisamente si ha la seguente. (2.24) Proposizione. Siano M e B due A-moduli sinistri e siano (P· , ∂·P , ε) e (Q· , ∂·Q , η) risoluzioni proiettive di B. Allora esiste un isomorfismo canonico H−k HomA (Q· , M ), δ·Q ' H−k HomA (P· , M ), δ·P . Dimostrazione. Come in (2.20), abbiamo il digramma ε̃ P0 / Im ∂1P K ψ / B φ Q0 / Im ∂1Q η̃ / B, ove φ : H0 (P· , ∂·P ) → H0 (N· , ∂·N ), φ = η̃ −1 ◦ ε̃ e ψ = ε̃−1 ◦ η̃. Per (2.17(a)) possiamo trovare un morfimo di complessi di catene φ· : (P· , ∂·P ) → (Q· , ∂·Q ) che è un’equivalenza omotopica con inversa ψ· . ... / P2 φ2 ... / Q2 ∂2P ∂2Q / P1 ∂1P φ1 / Q1 ∂1Q 33 / P0 ε /B /0 /B / 0. φ0 / Q0 η 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Per (2.22), il morfismo φ·∗ : (HomA (Q· , M ), δ·Q ) → (HomA (P· , M ), δ·P ) definito da φ∗−k (αk ) = αk ◦ φk è un’equivalenza omotopica con inversa ψ·∗ . 0 / HomA (Q0 , M ) φ∗ 0 0 / HomA (P0 , M ) δ0Q δ0P / HomA (Q1 , M ) φ∗ −1 / HomA (P1 , M ) Q δ−1 P δ−1 / HomA (Q2 , M ) φ∗ −2 / HomA (P2 , M ) Q δ−2 / ... P δ−2 / ... In particolare si ha φ·∗ ◦ ψ·∗ ∼ Id e viceversa. Applicando H−k ( ) e (2.10) otteniamo H−k (φ·∗ ) ◦ H−k (ψ·∗ ) = H−k (φ·∗ ◦ ψ·∗ ) = Id e analogamente H−k (ψ·∗ ) ◦ H−k (φ·∗ ) = Id, sicché χk = H−k (φ·∗ ) è l’isomorfismo desiderato. Se poi ξ· : (P· , ∂·P ) → (Q· , ∂·Q ) è un altro morfismo di complessi di catene tale che H0 (ξ· ) = φ allora per (2.17(b)) si ha ξ· ∼ φ· e quindi per (2.22) è ξ·∗ ∼ φ·∗ , sicché H−k (ξ·∗ ) = H−k (φ·∗ ) e l’isomorfismo χ· è canonico. Dunque la scelta della risoluzione proiettiva non influisce sulla definizione di ExtkA (B, M ). Si osservi tuttavia che nella precedente proposizione i rivestimenti proiettivi ε e η hanno un ruolo nel determinare l’isomorfismo χk . (2.25) Proposizione. Siano B e M A-moduli sinistri e sia (P· , ∂·P , ε) una risoluzione proiettiva di B. Allora ε induce un isomorfismo ∼ ε∗ : HomA (B, M ) → Ext0A (B, M ). Dimostrazione. Dato che l’omomorfismo ε : P0 → B è suriettivo, il morfismo ε∗ : HomA (B, M ) → HomA (P0 , M ) definito ponendo ε∗ (φ) = φ ◦ ε è iniettivo. Quindi restringendo il codominio di ε∗ otteniamo un isomorfismo. D’altra parte per la definizione (2.23) abbiamo Im ε∗ = Ker(∂1P )∗ = Ext0A (B, M ). (2.26) Proposizione. Siano M e P due A-moduli. Se P è proiettivo, HomA (P, M ), k = 0 ExtkA (P, M ) ' . 0, k 6= 0 Dimostrazione. Con le notazioni di (2.14), abbiamo una risoluzione proiettiva (PJ0K, 0, Id) di P . Applicando HomA ( , M ) alla sequenza ... /0 /P / 0, otteniamo la sequenza 0 / HomA (P, M ) /0 / ... che ha ovviamente l’omologia descritta nell’enunciato Computare ExtkA (B, M ) in generale è invece un problema complesso. 34 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.27) Esempio. Se A = K è un campo allora come sappiamo tutti i K-moduli (spazi vettoriali) sono proiettivi e quindi tutti gli Ext sono banali del tipo descritto dalla proposizione (2.26). Mettiamoci in una situazione più generale. Sia A = D un dominio a ideali principali. Siano p, q ideali primi di D generati da p e q rispettivamente (p = Dp, q = Dq con p, q ∈ D). Allora /D 0 /D p· ε / D/p / 0, ove ε è la proiezione canonica, è una risoluzione proiettiva di D/p (la moltiplicazione per p è iniettiva in quanto D non ha divisori dello zero). La sequenza esatta lunga per Ext·A (B, ) e Ext·A ( , M ) 2.4 Sia R un anello commutativo e A una R-algebra. (2.28) Proposizione. Sia B un A-modulo sinistro e sia data una sequenza esatta corta di A-moduli sinistri. 0 /M /N σ τ /Q / 0. Allora esiste una sequenza esatta lunga 0 GF @A GF @A / HomA (B, M ) e0 (σ) / HomA (B, N ) e0 (τ ) / HomA (B, Q) BC ED e1 (τ ) / Ext1A (B, Q) ED BC e2 (τ ) / Ext2A (B, Q) d0 / Ext1A (B, M ) e1 (σ) / Ext1A (B, N ) d1 / Ext2A (B, M ) e2 (σ) / Ext2A (B, N ) d2 / ... Dimostrazione. Il risultato segue direttamente dal teorema (2.6). Consideriamo infatti il morfismo di A-moduli sinistri σ : M → N e sia fissata una risoluzione proiettiva (P· , ∂·P , ε) di B (primo argomento di Ext). Abbiamo allora un morfismo di complessi di catene di R-moduli (σ∗ )· : (HomA (P· , M ), δ·M ) → (HomA (P· , N ), δ·N ) definito ponendo, per φk ∈ HomA (Pk , M ), (σ∗ )k (φk ) = σ ◦ φk . Infatti per associatività si ha, ∀ k, HomA (Pk , M ) σ◦ HomA (Pk , N ) P ◦∂k+1 P ◦∂k+1 35 / HomA (Pk+1 , M ) σ◦ / HomA (Pk+1 , N ). 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Analogo discorso di applica al morfismo τ : N → Q. Poiché i moduli Pk sono proiettivi, (1.41(a)) garantisce che il seguente diagramma ha colonne esatte 0 0 0 / HomA (P0 , M ) 0 / HomA (P0 , N ) 0 / HomA (P0 , Q) (∂1P )∗ σ∗ / HomA (P1 , M ) (∂2P )∗ σ∗ τ∗ 0 τ∗ (∂1P ) 0 / ... σ∗ / HomA (P1 , N ) / HomA (P1 , Q) ∗ / HomA (P2 , M ) / HomA (P2 , N ) / ... τ∗ / HomA (P2 , Q) ∗ (∂2P ) 0 / ... 0 In altre parole, la nostra sequenza esatta corta determina una sequenza esatta corta di complessi di catene di R-moduli sinistri 0 / (HomA (P· , M ), δ·M ) σ∗ / (HomA (P· , N ), δ·N ) τ∗ / (HomA (P· , Q), δ·Q ) / 0. Per il teorema (2.6) della sequenza esatta lunga in omologia, posto k e (σ) = H−k (σ∗ ) : ExtkA (B, M ) → ExtkA (B, N ) , ek (τ ) = H−k (τ∗ ) : ExtkA (B, N ) → ExtkA (B, Q) esistono morfismi di R-moduli dk : ExtkA (B, Q) → Extk+1 A (B, M ) tali che la sequenza presente nell’enunciato sia esatta. (2.29) Lemma (Horseshoe lemma). Sia data una sequenza esatta di A-moduli /M 0 σ /N τ /T / 0, e siano ε : P → M e η : Q → T rivestimenti proiettivi. Allora esiste un morfismo di A-moduli ξ : P ⊕ Q → N suriettivo tale che il diagramma 0 0 /M O σ /N O τ /T O ε ξ η /P / P ⊕Q i1 p2 /Q sia commutativo. Dimostrazione. Poichè Q è proiettivo Q ϑ N η τ /T 36 / 0, /0 / 0, 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org esiste ϑ : Q → N tale che τ ◦ ϑ = η. Sia inoltre β : P → N , β = σ ◦ ε. Definiamo ξ : P ⊕ Q → N ponendo, per ogni p ∈ P, q ∈ Q, ξ(p + q) = β(p) + ϑ(q). È immediato verificare che ξ fa commutare il diagramma. Infatti si ha τ (ξ(p + q)) = τ (β(p) + ϑ(q)) = (τ ◦ σ ◦ ε)(p) + η(q) = η(q) = η(p2 (p + q)), σ(ε(p)) = β(p) = ξ(p), per ogni p ∈ P e q ∈ Q. Per mostrare la suriettività di ξ possiamo sfruttare il lemma (1.26). Poiché ε è suriettivo si ha Coker ε = M/ Im ε = 0 e analogamente Coker η = 0. Dunque per (1.26) abbiamo una sequenza esatta 0 / Ker ε i1 / Ker ξ p2 / Ker η /0 / Coker ξ / 0. In particolare si ha Coker ξ = 0, e ξ è suriettivo. (2.30) Lemma. Sia data una sequenza esatta di A-moduli /B 0 σ /C τ /D / 0, e sia (P· , ∂·P , ε) una risoluzione proiettiva di B e (Q· , ∂·Q , η) una risoluzione proiettiva di D. Allora esiste un morfismo ξ : P0 ⊕ Q0 → C suriettivo e morfismi δi : Pi ⊕ Qi → Pi−1 ⊕ Qi−1 tali che il diagramma 0 ... / P2 ... / P2 ⊕ Q2 ... / Q2 0 0 ∂2P δ2 ∂2Q 0 / P1 ∂1P / P1 ⊕ Q1 / Q1 δ1 ∂1Q 0 / P0 0 ε / P0 ⊕ Q0 / Q0 0 ξ η /B / 0 /C / 0 /D / 0 0 sia commutativo con righe esatte. In particolare, posto Tk = Pk ⊕ Qk , si ha che (T· , δ· , ξ) determina una risoluzione proiettiva per C. Dimostrazione. Per il lemma precedente esiste ξ : P0 ⊕ Q0 → C tale che il diagramma commuta al grado 0. Consideriamo ora il grado 1 e troviamo il morfismo δ1 . Sia ∂ P 1 l’omomorfismo che si ottiene restringendo il codominio di 37 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org ∂1P a Ker ε = Im ∂1P e analogamente sia definito ∂ Q 1 . Abbiamo il diagramma 0 P1 P1 ⊕ Q1 Q1 0 P ∂1 δ1 Q ∂1 / Ker ε /0 / Ker ξ /0 / Ker η /0 0 0 Ancora per il lemma (2.29), esiste δ 1 tale che il il diagramma sia commutativo. Definiamo dunque δ1 semplicemente ampliando il codominio a tutto P0 ⊕ Q0 . Poiché δ 1 è suriettivo si ha Im δ1 = Ker ξ. Dunque la sequenza P1 ⊕ Q1 δ1 /C ξ / 0, è esatta. Procediamo dunque per induzione supponendo che esistano δ1 , . . . , δk che il diagramma commuti fino all’ordine k. Consideriamo il diagramma 0 Pk+1 Pk+1 ⊕ Qk+1 Qk+1 0 P ∂ k+1 δ k+1 Q ∂ k+1 / Ker ∂ P k /0 / Ker δk /0 / Ker ∂ Q k /0 0 0 Q Q P ove ∂ P k+1 e ∂ k+1 sono definiti restringendo il codominio di ∂ k+1 e ∂ k+1 . Per il lemma (2.29) esiste δ k+1 suriettivo che fa commutare il diagramma, sicché è definito il morfismo δk+1 : Pk+1 ⊕ Qk+1 → Pk ⊕ Qk e la sequenza Pk+1 ⊕ Qk+1 δk+1 / Pk ⊕ Qk δk / ... è esatta. 38 δ2 / P1 ⊕ Q1 δ1 /C ξ /0 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Segue il teorema della sequenza esatta lunga per Ext·A ( , M ). (2.31) Proposizione. Sia M un A-modulo sinistro e sia data una sequenza esatta corta di A-moduli sinistri. /B 0 /C σ τ / 0. /D Allora esiste una sequenza esatta lunga / HomA (D, M ) 0 GF @A GF @A e0 (τ ) / HomA (C, M ) e0 (σ) / HomA (B, M ) BC ED e1 (σ) / Ext1A (B, M ) ED BC e2 (σ) / Ext2A (B, M ) d0 / Ext1A (D, M ) e1 (τ ) / Ext1A (C, M ) d1 / Ext2A (D, M ) e2 (τ ) / Ext2A (C, M ) d2 / ... Dimostrazione. Sia (P· , ∂ D , ε) una risoluzione proiettiva di B e (Q· , ∂ Q , η) una risoluzione proiettiva di D. Applicando il funtore controvariante HomA ( , M ) al diagramma restituito dal lemma (2.30) otteniamo il diagramma commutativo 0 0 HomA (Q0 , M ) (∂1Q )∗ / HomA (Q1 , M ) p∗ 2 HomA(P0 ⊕ Q0 , M ) / ... δ2∗ / ... (∂2P )∗ / ... p∗ 2 δ1∗ / HomA(P1 ⊕ Q1 , M ) (∂1P )∗ / HomA (P1 , M ) i∗ 1 HomA (P0 , M ) (∂2Q )∗ i∗ 1 0 0 le cui colonne sono esatte perché HomA ( , M ) è esatto a sinistra e i∗1 è la restrizione a P0 . In altre parole, interpretando ogni riga come un complesso di catene di R-moduli sinistri, abbiamo una sequenza esatta corta di complessi di catene. Per il teorema (2.6) della sequenza esatta lunga in omologia esistono morfismi dk tale che si ha la sequenza esatta dell’enunciato. Osserviamo infatti che, poiché la sequenza delle somme dirette determina una risoluzione proiettiva per C, l’omologia del complesso centrale è esattamente Ext·A (C, M ). 2.5 Esempio: coomologia di un gruppo ciclico Sia R = Z l’anello degli interi, sia G = C un gruppo finito ciclico e sia A = Z[C] l’algebra gruppale di C su Z. Si ponga C = 1, g, . . . , g n−1 per un 39 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org opportuno generatore g ∈ C e n ∈ N, e si supponga |C| = n ≥ 2. Definiamo Pn−1 un’applicazione ε : Z[C] → Z ponendo, per ogni i=0 ri g i ∈ Z[C], ri ∈ Z, ε Pn−1 i=0 Pn−1 ri g i = i=0 ri . È immediato verificare che ε è un epimorfismo di Z-algebre. Infatti per ogni z ∈ Z si ha sempre una preimmagine per ε (ad esempio z1G ). Possiamo dunque dare a Z la struttura di Z[C]-modulo ponendo, per ogni u ∈ Z[C], z ∈ Z, uz = ε(u)z. Consideriamo la seguente sequenza di Z[C]-moduli /Z 0 ove NC = Pn−1 i=0 / Z[C] NC (g−1)· / Z[C] ε /Z / 0, (2.32.1) g i . Si ha (2.32) Lemma. La sequenza (2.32.1) è esatta. Dimostrazione. Si ha (g − 1)Z[C] ⊆ Ker ε. Infatti ε((g − 1)u) = ε(g − 1)ε(u). Pn−1 Pn−1 Sia ora u = i=0 ri g i ∈ Ker ε. Allora i=0 ri = 0. Posto v = r0 1 + (r0 + r1 )g + (r0 + r1 + r2 )g 2 + . . . + (r0 + . . . + rn−1 )g n−1 ,† verifichiamo che (1 − g)v = u. Per n = 2, r0 + r1 = 0 e (1 − g)v = (1 − g) r0 1 + (r0 + r1 )g = r0 1 + ( r0 + r1 )g − r0 g − (X r0 X + r1 )g 2 X X = r0 1 + r1 g = u. In modo analogo si ha, per n arbitrario, Pn−1 Pi i (1 − g)v = (1 − g) i=0 ( j=0 rj )g ( n−1 r0 ( +( . .( . +(r( = r0 1 + ( r0 + r1 )g + . . . + (( n−2 + rn−1 )g (( n−1 hhhh (()g n (r( − r0 g − . . . −( (r0(+(. ( .. + − (( r0 ( +( . .( . +( hrh n−2 )g n−1 h = r0 1 + r1 g + r2 g 2 + . . . + rn−1 g n−1 = u. Quindi si ha (g − 1)Z[C] = Ker ε. Proviamo poi che Ker(g − 1) = ZNC . Si ha Pn−1 P P (g − 1)NC = (g − 1) i=0 g i = h∈C h − h∈C h = 0. D’altro canto, se u = 0 = (g − 1)u = Pn Pn−1 i=0 i=1 ri−1 g r1 g i soddisfa (g − 1)u = 0 allora i − Pn−1 i=0 ri g i = Pn−1 i=1 (ri−1 − ri )g i + (rn−1 − r0 )1. Poiché ovviamente Z[C] è libero su C, segue che tutti i coefficienti devono essere nulli, cioè r0 = r1 = . . . = rn−1 . Concludiamo che u = r0 NC . † Osserviamo che in realtà la somma arriva fino a n − 2 poiché l’ultimo termine è nullo. Teniamo questo termine per agevolare i conti successivamente. 40 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.33) Corollario. La seguente sequenza di Z[C]-moduli ... ∂g ∂NC / Z[C] ∂g / Z[C] / Z[C] ε /Z /0, ove ∂g (u) = (g − 1)u e ∂NC (u) = ε(u)NC , è esatta. In particolare essa definisce una risoluzione proiettiva per lo Z[C]-modulo banale Z. Dimostrazione. Sappiamo che ε è suriettivo, Ker ε = Im ∂g e si ha Ker ∂g = ZNC = ε(Z[C])NC = Im ∂NC , Ker ∂NC = Ker ε = Im ∂g . Posto A = Z[C] e fissato un A-modulo sinistro M possiamo dunque calcolare Ext·A (Z, M ) attraverso tale risoluzione proiettiva. Applicando il funtore controvariante HomA ( , M ) otteniamo / HomA (A, M ) (g−1)· / HomA (A, M ) 0 NC / HomA (A, M ) (g−1)· / . . . Osserviamo che HomA (A, M ) ' M in modo naturale (infatti la valutazione in 1, V1 : HomA (A, M ) → M è un isomorfismo). Abbiamo quindi / HomA (A, M ) (g−1)· / HomA (A, M ) 0 o V1 / M 0 (g−1)· o V1 / M NC / HomA (A, M ) (g−1)· / . . . NC o V1 / M (g−1)· / ... Segue che ExtkA (Z, M ) = M C /NC M Ker NC /(g − 1)M se k è pari positivo , se k è dispari ove M C = { m ∈ M | gm = m } e Ker NC = { m ∈ M | NC m = 0 }. (2.34) Definizione. Sia G un gruppoP e sia M uno Z[G]-modulo sinistro. P Sia Z lo Z[G]-modulo definito ponendo ∀ u = g∈G rg g ∈ Z[G], z ∈ Z, uz = ( g∈G rg )z. Chiamiamo coomologia di G a coefficienti in M lo Z-modulo H k (G, M ) = ExtkZ[G] (Z, M ). (2.35) Corollario. Sia G = C un gruppo ciclico P generato da g ∈ G e sia M uno Z[C]-modulo sinistro. Allora, posto NC = g∈C g si ha C M /NC M se k è pari positivo H k (G, M ) = , Ker NC /(g − 1)M se k è dispari ove M C = { m ∈ M | gm = m } e Ker NC = { m ∈ M | NC m = 0 }. La ciclicità di un gruppo finito si esprime nella “periodicità” dell’omologia. 41 2 2.6 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Il prodotto tensoriale In questa sezione vogliamo definire il prodotto tensoriale di moduli. Si consultino [CR1, pp. 23-27] e [CR, pp. 59-76] per maggiori dettagli. Sia R un anello commutativo con unità e sia A una R-algebra. Indichiamo con Aop l’algebra che si ottiene dando ad A il prodotto ? : A×A → A, a ?b = b·a, ove · indica il prodotto di A.† 1A è un isomorfismo di R-algebre A ' Aop . (2.36) Proposizione. Sia M un A-modulo sinistro. Allora M è canonicamente isomorfo a un Aop -modulo destro. Dimostrazione. Basta considerare M con il prodotto a destra definito ponendo m · a := am. Ovviamente · : M × A → M è R-bilineare, m · 1 = 1m = m e m · (a ? b) = (a ? b)m = (ba)m = b(am) = (am) · b = (m · a) · b. Abbiamo ovviamente uno stretto legame tra la struttura di M come A-modulo sinistro e quella di M come Aop -modulo destro (un “isomorfismo”). (2.37) Definizione. Sia M un A-modulo destro e sia X un A-modulo sinistro. Il prodotto tensoriale M ⊗A X è un R-modulo sinistro munito di una mappa i : M × X → M ⊗A X soddisfacente ∀ m, m1 , m2 ∈ M , ∀ x, x1 , x2 ∈ X, ∀r ∈ R, i(ma, x) = i(m, ax), i(mr, x) = ri(mx), i(m1 + m2 , x) = i(m1 , x) + i(m2 , x), i(m, x1 + x2 ) = i(m, x1 ) + i(m, x2 ), tale che (M ⊗A X, i) soddisfa la seguente proprietà universale: per ogni fissato R-modulo sinistro B e per ogni mappa φ : M × X → B tale che φ(ma, x) = φ(m, ax), φ(mr, x) = rφ(m, x), φ(m1 + m2 , x) = φ(m1 , x) + φ(m2 , x), φ(m, x1 + x2 ) = φ(m, x1 ) + φ(m, x2 ), esiste un unico omomorfismo di R-moduli φ tale che il diagramma M ×X GG GG φ GG i GG GG # /B M ⊗A X φ sia commutativo. (2.38) Proposizione. Sia M un A-modulo destro e X un A-modulo sinistro. Se il prodotto tensoriale M ⊗A X esiste, allora esso è unico modulo un unico isomorfismo. Più precisamente, se (M ~A X, j) è un altro R-modulo che soddisfa † Naturalmente si ottiene ancora un prodotto R-bilineare, 1 funge da unità anche in Aop A e il prodotto ? è associativo: (a ? b) ? c = c(ba) = (cb)a = a ? (b ? c). 42 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org la proprietà universale (2.37) del prodotto tensoriale, allora esiste un unico isomorfismo β : M ⊗A X → M ~A X tale che il diagramma i / M ⊗A X M × XK KKK KKK β KKK j K% M ~A X sia commutativo. Dimostrazione. Per la proprietà universale di M ⊗A X, esiste un unico omomorfismo di R-moduli j : M ⊗A X → M ~A X tale che j = j ◦i. Per la proprietà universale di M ~A X esiste un unico omomorfismo di R-moduli i : M ~A X → M ⊗A X tale che i = i ◦ j. Consideriamo dunque il diagramma seguente. / M ⊗A X M × 9X S 99 SSSSS SSS j 99 SSS 99 j SSS SSS 99 SS) 99i j 99 M ~ AX 99 99 i 99 9 { j M ~A X o M ⊗A X i Abbiamo che i = (i ◦ j) ◦ i e j = (j ◦ i) ◦ j. Per la proprietà universale di M ⊗A X, la prima relazione implica i ◦ j = IdM⊗AX (l’unico omomorfismo che soddisfa la relazione non può che essere l’identità). Analogamente, per la proprietà universale di M ~A X, la seconda relazione implica j ◦ i = IdM ~A X . Concludiamo che β = j è l’unico isomorfismo dell’enunciato. (2.39) Proposizione. Sia M un A-modulo destro e X un A-modulo sinistro. Allora il prodotto tensoriale M ⊗A X esiste. Più precisamente, si consideri lo R-modulo libero (RhM × Xi , j), ove j = iM ×X : M × X → RhM × Xi e sia K il sottomodulo di RhM × Xi generato dai seguenti elementi j(ma, x) − j(m, ax), j(m1 + m2 , x) − j(m1 , x) − j(m2 , x), K= . j(mr, x) − rj(m, x), j(m, x1 + x2 ) − j(m, x1 ) − j(m, x2 ) R Detto S = RhM × Xi/K il modulo quoziente e i : M × X → S la mappa i(m, x) = j(m, x) + K, si ha che (S, i) soddisfa la proprietà universale (2.37). Dimostrazione. Osserviamo che se π : RhM × Xi → S è la proiezione canonica si ha i = π ◦ j. Sia B un R-modulo sinistro e sia φ : M × X → B come in (2.37). Allora, poiché RhM × Xi è libero, esiste φ0 : RhM × Xi → B t.c. φ = φ0 ◦ i. j / RhM × Xi M × XM MMM MMM φ0 MMM φ MM& x B 43 π φ / M ⊗A X 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Ci basta dunque provare che la mappa φ0 passa al quoziente (cioè che K ⊆ Ker φ0 ) e che la mappa risultante φ è univocamente determinata. Si ha φ0 (j(ma, x)−j(m, ax)) = φ(ma, x)−φ(m, ax) φ0 (j(mr, x)−rj(m, x)) = φ(mr, x)−rφ(m, x) φ0 (j(m1 +m2 , x)−j(m1 , x)−j(m2 , x)) = φ(m1 +m2 , x)−φ(m1 , x)−φ(m2 , x) φ0 j(m, x1 +x2 )−j(m, x1 )−j(m, x2 )) = φ(m, x1 +x2 )−φ(m, x1 )−φ(m, x2 ), e tali quantità sono tutte nulle per le ipotesi su φ. Dunque φ0 |K = 0 e φ è ben definita. Sia ora ψ : M ⊗A X → B un’altra mappa t.c. ψ ◦ π = φ0 = φ ◦ π. Allora, poiché π è suriettiva (i.e. ha inversa destra), si conclude che ψ = φ. Ha dunque senso parlare del prodotto tensoriale M ⊗A X di un A-modulo destro M con un A-modulo sinistro X. Nella definizione (2.37) abbiamo richiesto anche la presenza dell’applicazione i : M ×X → M ⊗AX. Nel seguito raramente si menzionerà esplicitamente questa mappa poiché preferiremo adottare la notazione di prodotto tensoriale scrivendo m ⊗ x per i(m, x). Con questa convenzione, le proprietà di i si traducono nella forma seguente (ma) ⊗ x = m ⊗ (ax), (mr) ⊗ x = r(m ⊗ x), (m1 + m2 ) ⊗ x = m1 ⊗ x + m2 ⊗ x, m ⊗ (x1 + x2 ) = m ⊗ x1 + m ⊗ x2 . (2.40) Esempio. Sia R = A = K un campo e siano V e W due K-spazi vettoriali. Sia { vi | i ∈ I } una base di V e { wj | j ∈ J } una base di W . Possiamo allora definire l’insieme formale dei tensori T := { vi ⊗ wj | i ∈ I, j ∈ J } . Posto T = SpanK (T ) abbiamo una mappa i : V × W → T definita ponendo P P P i i∈I λi vi , j∈J µj wj := ij (λi µj ) vi ⊗ wj . Allora si ha che T = V ⊗K W . Infatti i è bilineare e se φ : V × W → B è una mappa bilineare (proprietà di (2.37)) allora si definisce una mappa φ : T → B ponendo φ(vi ⊗ wj ) := φ(vi , wj ). i / V ⊗K W V × WL LLL LLL φ φ LLL L& B Un’altra mappa ψ : T → B che faccia commutare il diagramma non può che coincidere con φ, dovendo valere φ(vi , wj ) sui tensori vi ⊗ wj . Si noti che, se V e W hanno dimensione finita allora anche V ⊗K W ha dimensione finita e la sua dimensione è pari al prodotto delle dimensioni. 44 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.41) Osservazione. In un prodotto tensoriale si può anche cancellare tutto. Possiamo avere moduli non nulli tali che il loro prodotto tensoriale è nullo. Ad esempio consideriamo R = A = Z e vediamo Z/2Z come uno Z-modulo destro e Z/3Z come uno Z-modulo sinistro. È facile verificare che Z/2Z ⊗Z Z/3Z = 0. Infatti, indicando con k la classe resto di k † si ha 0=2⊗ 1=1⊗ 1+1⊗ 1 0 = 1 ⊗ 3 = 1 ⊗ 1 + 1 ⊗ 1 + 1 ⊗ 1, da cui si evince che 1 ⊗ 1 = 0, cioè l’unità è uguale allo zero. (2.42) Proposizione. Sia φ : M → N un omomorfismo di A-moduli destri e ψ : X → Y un omomorfismo di A-moduli sinistri. Allora esiste un unico omomorfismo di R-moduli φ ⊗ ψ : M ⊗A X → N ⊗A Y tale che il diagramma M ×X φ×ψ ⊗ M ⊗A X φ⊗ ψ / N ×Y ⊗ / N ⊗A Y , sia commutativo. Dimostrazione. Sia χ : M × X → N ⊗A Y , χ(m, x) = φ(m) ⊗ ψ(x) la composizione. Per la proprietà universale di M ⊗A X basta verificare che χ soddisfa le proprietà in (2.37). Per ogni m ∈ M , ∀ x ∈ X, ∀a ∈ A si ha χ(m, ax) = φ(m) ⊗ ψ(ax) = φ(m) ⊗ aψ(x) = φ(m)a ⊗ ψ(x) = φ(ma) ⊗ ψ(x) = χ(ma, x). In maniera del tutto analoga si verificano le altre proprietà. Possiamo dimostrare ora l’esattezza a destra del funtore covariante M ⊗A . Per avere una referenza si veda ad esempio [RT, p. 84]. (2.43) Proposizione. Sia una sequenza esatta corta di A-moduli sinistri 0 /X α /Y β /Z / 0, e sia M un A-modulo destro. Allora la sequenza di R-moduli M ⊗A X Id ⊗ α / M ⊗A Y Id ⊗ β / M ⊗A Z / 0, è esatta corta. † Rispetto a quale modulo risulta chiaro dalla posizione di k rispetto al simbolo ⊗. 45 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org P Dimostrazione. Ovviamente Id ⊗β è suriettivo. Infatti per i mi ⊗ zP i ∈ M ⊗A Z, basta prendere yi ∈ Y tali che β(yi ) = zi per avere una preimmagine i mi ⊗ yi . Resta quindi da dimostrare che Ker(Id ⊗β) = Im(Id ⊗α). Si verifica facilmente che Im(Id ⊗α) ⊆ Ker(Id ⊗β) Infatti (Id ⊗β) ◦ (Id ⊗α) = Id ⊗(α ◦ β) = Id ⊗0 = 0. Per provare l’uguaglianza poniamo E = Im(Id ⊗α) e definiamo un isomorfismo ∼ βb : Coker(Id ⊗α) = (M ⊗A Y )/E → M ⊗A Z tale che π M ⊗A Y GG GG GG Id ⊗ β GG# y M ⊗A Z . / (M ⊗A Y )/E b β In questo modo infatti si ha Ker(Id ⊗β) = Ker(βb ◦ π) = Ker π = E = Im(Id ⊗α). L’omomorfismo βb è indotto da Id ×β sul quoziente ponendo βb (m ⊗ y) + E = m ⊗ β(y). Proviamo che è un isomorfismo costruendo l’inverso. Poiché β è suriettivo, per ogni z ∈ Z possiamo scegliere y ∈ Y tale che β(y) = z. Definiamo allora una mappa γ : M × Z → (M ⊗A Y )/E ponendo γ(m, z) = (m ⊗ y) + E. La mappa è ben definita in quanto, se y1 , y2 ∈ Y sono tali che β(y1 ) = β(y2 ) = z allora (m ⊗ y1 ) − (m ⊗ y2 ) = m ⊗ (y1 − y2 ) e y1 − y2 ∈ Ker β = Im α. Inoltre è immediato verificare che γ soddisfa le proprietà in (2.37). Per la proprietà universale di M ⊗A Z, esiste un unico omomorfismo di R-moduli γ b : M ⊗A Z → (M ⊗AY )/E tale che γ(m, z) = γ b(m⊗ z) per ogni (m, z) ∈ M ×Z. Evidentemente βb ◦ γ b = Id e γ b ◦ βb = Id, come si verifica facilmente sui tensori. Un argomento simile prova che anche il funtore nel primo argomento è esatto a destra. In generale invece il funtore M ⊗ non è esatto a sinistra. Per un controesempio si veda [RT, p. 86]. 2.7 Il lemma di Eckmann-Shapiro (2.44) Lemma. Sia A una R-algebra e sia B ⊆ A una R-sottoalgebra. Allora si ha un isomorfismo di A-moduli sinistri A ⊗B B ' A. Dimostrazione. Il risultato si intuisce facilmente poiché, per a ∈ A, b ∈ B, a ⊗ b = a ⊗ (b · 1) = (ab) ⊗ 1. 46 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Cosideriamo la moltiplicazione µ : A × B → A, µ(a, b) = ab. Chiaramente µ soddisfa le proprietà in (2.37). Per la proprietà universale di A ⊗B B esiste un unico omomorfismo di R-moduli µ : A ⊗B B → A tale che µ(a ⊗ b) = µ(a, b) = ab, per ogni a ∈ A, b ∈ B. µ è un morfismo di A-moduli. Infatti µ(a0 a ⊗ b) = (a0 a)b = a0 (ab) = a0 µ(a ⊗ b). µ è un isomorfismo perché ha come inverso il morfismo ϑ : A → A ⊗B B, ϑ(a) = a ⊗ 1. Infatti ϑ ◦ µ(a ⊗ b) = (ab) ⊗ 1 = a ⊗ b e µ ◦ ϑ(a) = µ(a ⊗ 1) = a. (2.45) Esempio. Sia G un gruppo finito e sia H un suo sottogruppo. Allora Z[G] ⊗Z[H] Z[H] ' Z[G], ove si considera Z[G] come uno Z[H]-modulo destro, Z[H] come Z[H]-modulo sinistro e il prodotto tensoriale dei due come uno Z[G]-modulo sinistro. (2.46) Osservazione. Sia H un sottogruppo normale di un gruppo finito G. Vediamo Z come uno Z[H]-modulo banale. Allora si ha indG H Z := Z[G] ⊗Z[H] Z ' Z[G/H], ove Z[G/H] è naturalmente visto come Z[G]-modulo sinistro. Per dimostrarlo procediamo in modo simile al lemma (2.44). Osserviamo che, per g ∈ G, h ∈ H, gh ⊗ r = g ⊗ hr = g ⊗ r. Le relazioni ϕ(g, r) = rg + H definiscono un’applicazione ϕ : Z[G] × Z → Z[G/H] che soddisfa banalmente le proprietà in (2.37). Per la proprietà universale di Z[G] ⊗Z[H] Z esiste allora un unico ϕ : Z ⊗Z[H] Z → Z[G/H] tale che ϕ(g ⊗ r) = ϕ(g, r) = rg + H. ϕ è un omomorfismo di Z[G]-moduli ed è chiaramente suriettivo. Per provare l’iniettività seguiamo una strategia particolare. Sia R un sistema di rappresentanti per le classi laterali di G/H e sia i : R ,→ Z[G/H]. Sappiamo allora che (Z[G/H], i) è libero su R. Possiamo definire una mappa j : R ,→ Z[G] ⊗Z[H] Z ponendo j(g) = g ⊗ 1. Se dimostriamo che (Z[G] ⊗Z[H] Z, j) è libero su R allora per (1.8) esiste un unico omomorfismo di Z-moduli α : Z[G] ⊗Z[H] Z → Z[G/H] tale che α ◦ i = j e α è un isomorfismo. Poiché ϕ è un omomorfismo di Z-moduli che soddisfa tale proprietà, otteniamo in particolare l’iniettività desiderata. Fissiamo uno Z-modulo B e un’applicazione ψ : R → B e proviamo che esiste un’unico omomorfismo di Z-moduli ψ0 : Z[G] ⊗Z[H] Z → B t.c. ψ = ψ0 ◦ j. 47 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.47) Definizione. Sia A una R-algbera e B una R-sottoalgebra di A. (a) Sia M un A-modulo sinistro. Chiamiamo restrizione di A su B di M il modulo res A B M che si ottiene interpretando M come B-modulo sinistro; (b) Sia N un B-modulo sinistro. Chiamiamo induzione di B su A di N lo A-modulo sinistro indA B N = A ⊗B N , ove a0 · (a ⊗ n) = (a0 a) ⊗ n. (2.48) Proposizione. Sia B ⊆ A un’estensione di algebre, N un B-modulo e M uno A-modulo. Allora esiste un isomorfismo canonico di R-moduli ∼ b A : HomB (N, res A B M ) → HomA (indB N, M ) b tale che, per φ ∈ HomB (N, res A B M ), φ(a ⊗ n) = aφ(n). Dimostrazione. Sia φ ∈ HomB (N, res A B M ). Detta ϕ : A × N → M la mappa ϕ(a, n) = aφ(n), per la proprietà universale di A ⊗B N esiste φb tale che A × NH HH HHϕ HH i HH $ /M. A ⊗B N b φ Si verifica facilmente che φb è un omomorfismo di A-moduli. Infatti, per a0 ∈ A, b ⊗ n), φb a0 (a ⊗ n) = φb (a0 a) ⊗ n = a0 aφ(n) = a0 φ(a b 0 x) = a0 φ(x) b da cui φ(a per ogni x ∈ A ⊗B N . Definiamo una mappa 0: A HomA (indA B N, M ) → HomB (N, res B M ) ponendo, per ψ ∈ HomA (A ⊗B N, M ), ψ0 (n) = ψ(1 ⊗ n). La mappa ψ0 è un omomorfismo di B-moduli poiché, per b ∈ B, n ∈ N , ψ0 (bn) = ψ 1 ⊗ (bn) = ψ(b ⊗ n) = bψ(1 ⊗ n) = bψ0 (1 ⊗ n). Verifichiamo che ( 0 ) ◦ ( b ) = Id. Per φ ∈ HomB (N, res A B M ), b ⊗ n) = φ(n). (φb )0 (n) = ( 0 )◦( b ) (φ)(n) = ( 0 )(φb )(n) = φ(1 Infine ( b ) ◦ ( 0 ) = Id. Per ψ ∈ HomA (A ⊗B N, M ), b b d (ψ 0 )(a ⊗ n) = ( )◦( 0 ) (ψ)(n) = ( ) ψ0 (n) = aψ0 (n) = aψ(1 ⊗ n) = ψ(a ⊗ n), da cui la tesi. 48 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.49) Definizione. Sia B ⊆ A un’estensione di algebre e sia N un B-modulo. Chiamiamo modulo coinduzione di B su A di N lo A-modulo sinistro coind A B N = HomB (A, N ), con l’azione definita da (af )(x) = f (xa), per ogni a, x ∈ A, f ∈ HomB (A, N ).† Verifichiamo che coind A B N è uno A-modulo. Anzitutto è chiuso rispetto all’azione. Infatti, per a ∈ A, b ∈ B, f ∈ HomB (A, N ) si ha (af )(bx) = f (bx)a = bf (xa) = b(af )(x). La bilinearità è ovvia e, per a1 , a2 ∈ A, (a1 a2 )f (x) = f x(a1 a2 ) = (a2 f )(xa1 ) = a1 (a2 f ) (x). (2.50) Proposizione. Sia B ⊆ A un’estensione di algebre, N un B-modulo e M uno A-modulo. Allora esiste un isomorfismo canonico di R-moduli ∼ e A : HomA (M, coind A B N ) → HomB (res B M, N ) e tale che, per φ ∈ HomA (M, coind A B N ), φ(m) = φ(m)(1G ). A e Dimostrazione. Per ogni φ ∈ HomA (M, coind A B N ) definiamo φ : res B M → N e ponendo φ(m) = φ(m)(1). Si verifica facilmente che φe è un omomorfismo di B-moduli. Infatti per b0 ∈ B e m ∈ M , e 0 m) = φ(b0 m)(1) = b0 φ(m) (1) = φ(m)(b0 ) = b0 φ(m)(1) = b0 φ(m), e φ(b e 0 m) = b0 φ(m). e da cui φ(b Definiamo una mappa 0: A HomB (res A B M, N ) → HomA (M, coind B N ) ponendo, per ψ ∈ HomB (res A B M, N ), ψ0 (m)(x) = ψ(xm). Abbiamo che ψ0 è un omomorfismo di A-moduli in quanto, per a ∈ A, m ∈ M , x ∈ A, ψ0 (am)(x) = ψ(xam) = ψ0 (m)(xa) = aψ0 (m) (x). Verifichiamo che le mappe e e 0 sono una l’inversa dell’altra, cosı̀ da avere un isomorfismo. Per φ ∈ HomA (M, coind A B N ), e (φe )0 (m)(x) = ( 0 )◦( e ) (φ)(m)(x) = ( 0 )(φ)(m)(x) e = φ(xm) = φ(xm)(1) = xφ(m) (1) = φ(m)(x). Per ψ ∈ HomB (res A B M, N ), e e g (ψ 0 )(m) = ( )◦( 0 ) (ψ)(m) = ( )(ψ0 )(m) = ψ0 (m)(1) = ψ(m). Segue la tesi. † Si presti attenzione al fatto che a ∈ A agisce moltiplicando a destra l’argomento di f . 49 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.51) Osservazione. Sia G un gruppo e H ≤ G. Vediamo res G H come un funtore tra la categoria degli Z[G]-moduli nella categoria degli Z[H]-moduli. Dato uno Z[G]-modulo M , res G H M è ancora M , considerato con la sua struttura di Z[H]-modulo. Analogamente, dato un morfismo di Z[G]-moduli ψ : M1 → M2 , res G H ψ è ancora ψ, visto come omomorfismo di Z[H]-moduli. Fatte queste considerazioni, si possono facilmente intuire le seguenti proprietà: (a) res G H manda Z[G]-moduli liberi in Z[H]-moduli liberi. Infatti res G H Z[G]hXi ' Z[H]hR × Xi , ove R è un sistema di rappresentanti per G/H; (b) res G H manda moduli proiettivi in moduli proiettivi. (c) res G H è un funtore esatto; (2.52) Lemma (Eckmann-Shapiro). Sia G un gruppo, H un suo sottogruppo, M uno Z[G]-modulo sinistro, N uno Z[H]-modulo sinistro. Allora k G ExtkG (M, coind G H N ) ' ExtH (res H M, N ). Dimostrazione. Sia (P· , ∂·P , ε) una risoluzione proiettiva di M . Per (2.51), P G (res G H P· , ∂· , ε) è una risoluzione proiettiva di res H M . Consideriamo il complesso G P di catene di Z[H]-moduli (res H P· , ∂· ). Applicando HomH ( , N ) otteniamo 0 (∂0P )∗ / HomH (res G P0 , N ) (∂1P )∗ H / HomH (res G P1 , N ) (∂2P )∗ H / ... P Applicando HomG ( , coind G H N ) al complesso (P· , δ· ) otteniamo 0 (∂0P )∗ / HomG (P0 , coind G N ) (∂1P )∗ H / HomH (P1 , coind G N ) H (∂2P )∗ / ... Per la proposizione (2.50), per ogni k abbiamo un isomorfismo ∼ e G : HomG (Pk , coind G H N ) → HomH (res H Pk , N ). Dimostriamo che il diagramma seguente è commutativo. HomG (Pk−1 , coind G HN) f o HomH (res G H Pk−1 , N ) ◦∂kP ◦∂kP / HomG (Pk , coind G N ) H o f / HomH (res G Pk , N ) . H P Per φ ∈ HomG (Pk−1 , coind G H N ) e p ∈ Pk , posto β = ∂k , si ha ^ (φ ◦ β)(p) = (φ ◦ β)(p)(1) = φ β(p) (1) = φe β(p) = (φe ◦ β)(p). Poiché un isomorfismo di complessi di catene induce ovviamente un isomorfismo tra le rispettive omologie, si ha la tesi con l’isomorfismo dato da H( e ). 50 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org (2.53) Osservazione. Sia G un gruppo e H ≤ G. Vediamo indG H come un funtore tra la categoria degli Z[H]-moduli nella categoria degli Z[G]-moduli. indG H manda uno Z[H]-modulo N nello Z[G]-modulo Z[G] ⊗Z[H] N e un morfismo di Z[H]-moduli φ : N1 → N2 nell’omomorfismo di Z[G]-moduli indG H φ definito ponendo (indG φ)(g ⊗ n) = g ⊗ φ(n). Si possono dimostrare i seguenti fatti: H (a) indG H manda Z[H]-moduli liberi in Z[G]-moduli liberi e indG H Z[H]hXi ' Z[G]hXi ; (b) indG H manda moduli proiettivi in moduli proiettivi; (c) indG H è un funtore esatto. Per questa parte consultare anche [RT, p. 560]. (2.54) Lemma (Eckmann-Shapiro). Sia G un gruppo, H un suo sottogruppo, M uno Z[G]-modulo sinistro, N uno Z[H]-modulo sinistro. Allora k G ExtkG (indG H N, M ) ' ExtH (N, res H M ). Dimostrazione. Sia (Q· , ∂·Q , ε) una risoluzione proiettiva di N . Per (2.53), posto Q G G δk = indG H ∂k e η = indH ε, si ha che (indH Q· , δ· , η) è una risoluzione proiettiva G per indH N . Applicando HomG ( , M ) al complesso (indG H Q· , δ· ) si ottiene 0 δ0∗ δ1∗ / HomG (indG H Q0 , M ) δ2∗ / ... (∂2Q )∗ / ... / HomG (indG H Q1 , M ) Q Applicando HomH ( , res G H M ) al complesso (Q· , δ· ) si ottiene 0 (∂0Q )∗ / HomH (Q0 , res G M ) H (∂1Q )∗ / HomH (Q1 , res G M ) H Per la proposizione (2.48), per ogni k abbiamo un isomorfismo b G : HomH (Qk , res G H M ) → HomG (indH Qk , M ). Dimostriamo che il diagramma seguente è commutativo. ◦∂kQ HomH (Qk−1 , res G HM) c o HomG (indG H Qk−1 , M ) ◦δk / HomH (Qk , res G M ) H o c / HomG (indG H Qk , M ) . Per φ ∈ HomH (Qk−1 , res G H M ), q ∈ Qk , (φ\ ◦ ∂kQ )(a ⊗ q) = a(φ ◦ ∂kQ )(q) = aφ ∂kQ (q) = φb a ⊗ ∂kQ (q) = (φb ◦ δk )(a ⊗ q). Poiché un isomorfismo di complessi di catene induce ovviamente un isomorfismo tra le rispettive omologie, si ha la tesi con l’isomorfismo dato da H( b ). 51 2 Complessi di catene di A-moduli marcocentin.altervista.org Vediamo una applicazione del lemma di Eckmann-Shapiro. (2.55) Definizione. Sia G un gruppo ed M uno Z[G]-modulo. La dimensione proiettiva di M è la lunghezza minimale di una risoluzione proiettiva finita di M e si denota con pdim M . Se non esistono risoluzioni proiettive finite si pone pdim M = ∞. Si ha la seguente caratterizzazione ( ) ! per ogni Z[G]-modulo N si ha pdim M = min n∈N ∪{∞} . Extn+k Z[G] (M, N ) = 0, ∀ k > 0 (2.56) Definizione. Sia G un gruppo. La dimensione coomologica di G è la dimensione proiettiva dello Z[G]-modulo banale Z e si indica con cd G. Con le notazioni di (2.34) la dimensione coomologica di G è data da per ogni Z[G]-modulo N si ha cd G = min n∈N ∪{∞} . H n+k (G, N ) = 0, ∀ k > 0 (2.57) Proposizione. Sia G un gruppo. Allora (a) Se H ≤ G allora cd H ≤ cd G; (b) Se G ha torsione† allora cd G = ∞; (c) cd Z = 1. Dimostrazione. (a) Infatti per il lemma (2.52), per ogni Z[H]-modulo N si ha n+k G Extn+k H (Z, N ) ' ExtG (Z, coind H N ), per ogni n, k ∈ N. Quindi, se N è uno Z[H]-modulo tale che Extn+k H (Z, N ) 6= 0 n+k allora M = coind G N è uno Z[G]-modulo tale che Ext (Z, M ) = 6 0. Segue che, H G se cd H = ∞ allora cd G = ∞, e se cd H = n allora cd G ≥ n. (b) Se 1 6= G = C è ciclico finito, allora per (2.35), H 2s (C, Z) = Z/|C|Z 6= 0, sicché cd C = ∞. Se G è un gruppo con torsione allora esiste un sottogruppo ciclico finito 1 6= C ≤ G e quindi, per il punto (a), si ha cd G = ∞. (c) Per C = hgi ' Z, come in (2.32), abbiamo una risoluzione proiettiva 0 / Z[C] (g−1)· / Z[C] ε /Z Dunque H k+1 (C, M ) = 0 per k > 0 e H 1 (C, Z) ' Z. † Cioè se ha elementi di ordine finito (diversi da 1G ). 52 / 0. 3 Alcune applicazioni dell’omologia 3 marcocentin.altervista.org Alcune applicazioni dell’omologia 3.1 Gruppi liberi In questa sezione vogliamo introdurre brevemente la nozione di gruppo libero e di presentazione di un gruppo. Si veda ad esempio [RB, p. 44]. (3.1) Definizione. Sia X un unsieme. Un gruppo F con una mappa i : X → F si dice libero su X se per ogni mappa α : X → G, con G gruppo, esiste un univoco omomorfismo di gruppi β : F → G t.c. β ◦ i = α, cioè tale che il diagramma /F i X@ @@ @@ α @@ G β sia commutativo. (3.2) Proposizione. Per ogni insieme X esiste un unico gruppo libero (F(X),i) su X, modulo un unico isomorfismo di gruppi. Dimostrazione. Indichiamo con X −1 una copia formale di X, e distinguiamo un elemento x ∈ X dal corrispettivo elemento di X −1 apponendo formalmente l’esponente x−1 . Chiamiamo alfabeto su X l’insieme Alf X = X ∪· X −1 . Gli elementi di Alf X si dicono lettere o simboli. Chiamiamo insieme delle parole sull’alfabeto l’insieme Par X delle sequenze finite di lettere di Alf X, inclusa la parola vuota composta da nessuna lettera (che indicheremo con 1). Su Par X è definita una mappa di giustapposizione · : Par X × Par X → Par X, (x1 x2 . . . xn ) · (y1 y2 . . . ym ) = x1 . . . xn y1 . . . ym . L’operazione · è associativa e ha come unità la parola vuota 1. Definiamo una 0 relazione ∼ su Par X ponendo 0 y1 . . . yr xx−1 yr+1 . . . yn ∼ y1 . . . yr yr+1 . . . yn , 0 y1 . . . yr x−1 xyr+1 . . . yn ∼ y1 . . . yr yr+1 . . . yn , cioè consideriamo equivalenti due parole se si possono ottenere una dall’altra elidendo un singolo accostamento di lettere del tipo xx−1 oppure x−1 x. Vogliamo 0 trasformare ∼ in una relazione di equivalenza compatibile con l’operazione di giustapposizione. Formalmente si può fare ciò considerando la relazione di 0 † equivalenza ∼ generata dalla relazione elementare ∼. Poniamo quindi F (X) = Par X/ ∼. È di routine verificare che F (X) è un gruppo con l’operazione di giustapposizione · indotta sul quoziente. L’unità 0 punto di vista formale, poiché la relazione I0 =∼ è un sottoinsieme di Par X × Par X, 1 si ottiene una relazione riflessiva ∼ aggiungendo la diagonale, cioè ponendo I1 = I0 ∪ ∆(Par X). † Dal 53 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org di F (X) è [ 1 ]∼ e l’inverso di [ x ]∼ è [ x−1 ]∼ . È definita una ovvia mappa i : X → F (X), i(x) = [ x ]∼ . Sia G un gruppo e α : X → G un omomorfismo. L’unico omomorfismo dell’enunciato è β : F (X) → G, definito ponendo β([ y1 . . . yn ]∼ ) = α(y1 ) . . . α(yn ), α([ x−1 ]∼ ) = α(x)−1 . Sia (F 0 , j) un altro gruppo libero su X. Per la proprietà universale di F (X) esiste un unico j0 : F → F 0 tale che j = j0 ◦ i. Per la proprietà universale di F 0 esiste i0 : F 0 → F (X) tale che i = i0 ◦ j. Per l’unicità invocata dalle proprietà universali si ha i0 ◦ j0 = IdF (X) e j0 ◦ i0 = IdF 0 . Quindi j0 è un isomorfismo. (3.3) Proposizione. Sia G un gruppo e sia S ⊆ G un sottoinsieme. Sia α : S ,→ G l’inclusione di S in G, F (S) il gruppo libero su S e sia β : F (S) → G l’unico omomorfismo tale che α = β ◦ i. / F (S) i S@ @@ @@ α @@ | G. β Allora S genera G se e solo se β è suriettivo. Dimostrazione. Il risultato è ovvio poiché un elemento di G appartiene al sottogruppo generato da S se e solo se è prodotto di un numero finito di elementi di S ed S −1 , cioè se è nell’immagine di β. Con queste nozioni si possono definire le presentazioni di alcuni gruppi. (3.4) Definizione. Sia X un insieme, F (X) il gruppo libero su X e sia R ⊆ F (X). Chiamiamo gruppo generato da X con relatore R il gruppo hX|R i = F (X)/hR in , ove con hRin si indica il sottogruppo normale generato da R. (3.5) Esempi. Diamo alcuni esempi di presentazioni. (a) F (X) ' hX | 1i; (b) Z ' hx | 1i; (c) D10 = x, y x5 − 1, y 2 − 1, y −1 xy − x−1 ; 1 2 Si può poi simmetrizzare la relazione ∼ considerando la relazione ∼ definita da I2 = I1 ∪ T (I1 ), ove con T (I1 ) si intende la “trasposizione” di I1 . Infine tale relazione si può rendere transitiva ponendo p ∼ q se e solo se esistono p1 , . . . , pn−1 tali che 2 p∼ p1 , 2 p1 ∼ p2 , . . . , 2 pn−2 ∼ pn−1 , 2 pn−1 ∼ q. Nel caso specifico, questo corrisponde a poter elidere più accostamenti del tipo xx−1 o x−1 x in un passo solo. Ovviamente la relazione ∼ cosı̀ ottenuta resta riflessiva e simmetrica. 54 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (d) Z × Z ' x, y xyx−1 y −1 ; (e) Z × Z × Z ' x, y, z xyx−1 y −1 , xzx−1 z −1 , yzy −1 z −1 ; −1 (f) Zn = x1 , . . . , xn xi xj x−1 i xj , (1 ≤ i < j ≤ n) ; 3.2 Grafi e grafi di Cayley Vediamo alcuni risultati sui grafi. Si veda ad esempio [SE, p. 13]. (3.6) Definizione. Un grafo Γ consiste di un insieme di vertici V (Γ) e un insieme di spigoli E(Γ) con tre mappe (a) Inversione di uno spigolo : E(Γ) → E(Γ); (b) Origine dello spigolo o : E(Γ) → V (Γ); (c) Termine dello spigolo t : E(Γ) → V (Γ); tali che, per ogni e ∈ E(Γ), e = e, e 6= e, t(e) = o(e), o(e) = t(e) . Se la mappa o × t : E(Γ) → V (Γ) × V (Γ) definita ponendo (o × t)(e) = (o(e), t(e)) è iniettiva, Γ si dice grafo combinatorico e, con abuso di notazione, si denotano i suoi spigoli come coppie di vertici ponendo e = (o(e), t(e)). Un esempio notevole di grafo è il grafo di Cayley di un gruppo G relativamente a un sottoinsieme S di G. Si consulti anche la voce “Cayley graph” su Wikipedia. (3.7) Definizione. Sia G un gruppo e sia S ⊆ G un sottoinsieme tale che 1 6∈ S e S = S −1 (i.e. se s ∈ S allora s−1 ∈ S). Chiamiamo grafo di Cayley di G relativamente ad S il grafo Γ = Γ(G, S) definito ponendo G, V (Γ) = E(Γ) = (g, gs) ∈ V (Γ)2 g ∈ G, s ∈ S , (g, gs) = (gs, g) = (gs, (gs)s−1 ) ∈ E(Γ), (3.7.1) o(g, gs) = g, t(g, gs) = gs. È immediato verificare che il grafo di Cayley è un grafo combinatorico. (3.8) Definizione. Sia G un gruppo e Γ un grafo. Si dice che G agisce su Γ se sono definite azioni · : G × V (Γ) → V (Γ) e · : G × E(Γ) → E(Γ) tali che g · e = g · e, o(g · e) = g · o(e), t(g · e) = g · t(e), Diciamo che G agisce senza inversione di spigoli se g · e 6= e, ∀ g ∈ G, e ∈ E(Γ) . 55 ∀ g ∈ G, e ∈ E(Γ) . 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (3.9) Osservazione. Sia G un gruppo, S ⊆ G un sottoinsieme tale che 1 6∈ S e S = S −1 , Γ = Γ(G, S) il grafo di Cayley di G relativamente a S. Sappiamo che G agisce su se stesso per moltiplicazione a sinistra. Tale azione può essere vista come un’azione su Γ. Più precisamente, per ogni h ∈ G e g ∈ V (Γ) si pone h · g = hg, e dato uno spigolo e = (g, gs) ∈ E(Γ), h · e = (hg, hgs). L’azione di moltiplicazione a sinistra è regolare (o semplicemente transitiva), cioè è transitiva e libera (h1 · g = h2 · g =⇒ h1 = h2 ). Questa proprietà caratterizza i grafi di Cayley, come vedremo nella proposizione (3.14). (3.10) Proposizione. Sia G un gruppo e sia S ⊆ G un sottoinsieme tale che 1 6∈ S e S = S −1 . Allora G agisce senza inversione di spigoli su Γ(G, S) se e solo se S non contiene involuzioni.† Dimostrazione. Anzitutto G agisce su Γ = Γ(G, S). Per g ∈ V (Γ), h ∈ G, h·g = hg ∈ V (Γ). Per (g, gs) ∈ E(Γ), h·(g, gs) = (hg, hgs) ∈ V (Γ). Ovviamente l’azione · si comporta bene rispetto a o e t e si ha h · (g, gs) = (hgs, hg) = h · (g, gs). Infine, l’azione è priva di inversione di spigoli se e solo se S non ha involuzioni. Infatti per e = (g, gs) ∈ E(Γ) si ha h · e = e ⇐⇒ (hg, hgs) = (gs, g) ⇐⇒ gs2 = g. (3.11) Definizione. Sia Γ un grafo. Un sentiero di Γ è una famiglia p = (e1 , . . . , en ) ove ei ∈ E(Γ) e t(ei ) = o(ei+1 ) . Poniamo o(p) = o(e1 ) e t(p) = t(en ) e diciamo che p è un sentiero da o(p) a t(p) di lunghezza n. Per ogni coppia di vertici x, y ∈ V (Γ) indichiamo con pathΓ (x, y) l’insieme (eventualmente vuoto) dei sentieri da x a y. Un sentiero p = (ei )ni=1 si dice ridotto se ei 6= ei+1 per ogni i = 1, . . . , n − 1. Per ogni sentiero p ∈ pathΓ (x, y) esiste un unico sottosentiero ridotto p0 , ottenuto eliminando induttivamente tutti i passi consequenziali opposti. Per ogni x ∈ V (Γ) indichiamo con Ox ∈ pathΓ (x, x) il sentiero costante che resta in x. (3.12) Definizione. Un grafo Γ si dice connesso se per ogni coppia di vertici (x, y) ∈ V (Γ) esiste un sentiero p da x a y (cioè path(x, y) 6= ∅). (3.13) Proposizione. Sia G un gruppo e sia S ⊆ G un sottoinsieme tale che 1 6∈ S e S = S −1 . Allora Γ(G, S) è connesso se e solo se S genera G. Dimostrazione. Sia S ⊆ G un sistema di generatori. Allora ∀ g ∈ G esistono s1 , . . . , sn ∈ S tale che g = s1 . . . sn . Sia (x, y) ∈ G2 . Trovare un sentiero da x a y equivale a trovare un sentiero da 1 a x−1 y. Posto g = x−1 y = s1 . . . sr , p = (1, s1 ), (s1 , s1 s2 ), . . . , (s1 . . . sr−1 , g) † Cioè elementi di ordine 2. 56 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org è un sentiero da 1 a g. Inversamente, sia Γ(G, S) connesso, ∀ g ∈ G esiste p ∈ path(1, g). Posto p = (e1 , . . . , er ), per definizione di Γ = Γ(G, S) si ha e1 = (1, s1 ) e2 = (s1 , s1 s2 ) ... er = (s1 . . . sr−1 , s1 . . . sr−1 sr ) . Concludiamo che g = s1 . . . sr ∈ hSi. Vediamo ora la caratterizzazione dei grafi di Cayley. (3.14) Proposizione (Sabidussi). Un grafo combinatorico Γ è (isomorfo a) un grafo di Cayley di un gruppo G se e solo se ammette un’azione regolare di G. Dimostrazione. Occorre anzitutto precisare il senso dell’enunciato. Dall’osservazione (3.9) risulta chiaro che un grafo di Cayley ha una naturale G-azione regolare. Inversamente, supponiamo che su un grafo combinatorico Γ sia definita un’azione regolare di G, cioè un’azione · come nella definizione (3.8) che agisca transitivamente sui vertici tale che, per x ∈ V (Γ), g1 , g2 ∈ G, g1 · x = g2 · x =⇒ g1 = g2 . Proviamo che esiste S ⊆ G tale che 1 6∈ S e S = S −1 e un isomorfismo di grafi ∼ tra Γ(G, S) e Γ, cioè una mappa biunivoca φ : V (Γ(G, S)) → V (Γ) che preservi la struttura degli spigoli (come coppie di vertici) e l’azione di G. Fissiamo x0 ∈ V (Γ) e poniamo BΓ (x0 ) = { y ∈ V (Γ) | “(x0 , y) ∈ E(Γ)” } . Poiché l’azione · è regolare, per y ∈ BΓ (x0 ) esiste un unico sy ∈ G tale che sy · x0 = y. Definiamo il nostro sottoinsieme S ponendo S = { sy ∈ G | ∀ y ∈ BΓ (x0 ) } . Chiaramente 1 6∈ S, perché altrimenti sarebbe “(x0 , x0 ) ∈ E(Γ)” e avremmo uno spigolo e ∈ E(Γ) tale che e = e, che non è consentito dalla definizione (3.6). Inoltre S = S −1 . Infatti, se sy ∈ S, allora “(x0 , y) ∈ E(Γ)” con y = sy x0 . Dato che l’azione · preserva gli spigoli, anche −1 −1 −1 e = s−1 y · (x0 , y) = (sy x0 , sy y) = (sy x0 , x0 ) −1 è uno spigolo di Γ, cosı̀ come e = (x0 , s−1 y x0 ). Concludiamo che sy ∈ S. Risulta quindi ben definito il grafo di Cayley Γ(G, S). Definiamo una mappa φ : G → V (Γ) ponendo φ(g) = g · x0 . Ovviamente φ manda vertici in vertici e preserva gli spigoli. Infatti, per (g, gs) ∈ E(Γ(G, S)), si ha (φ(g), φ(gs)) = (gx0 , gsx0 ) = g · (x0 , sx0 ) “ ∈ E(Γ)”. Dunque φ è un morfismo di grafi e commuta con G. Dato che l’azione di G è regolare, φ è iniettivo. Infatti g1 x0 = φ(g1 ) = φ(g2 ) = g2 x0 implica g1 = g2 . 57 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org Verifichiamo che anche la mappa indotta sugli spigoli φE : E(Γ(G, S)) → E(Γ) è iniettiva. Siano e1 , e2 ∈ E(Γ(G, S)), e1 = (g, gs), e2 = (h, ht) con s, t ∈ S. Se φE (e1 ) = φE (e2 ) allora g · x0 = h · x0 e gs · x0 = ht · x0 . Segue g = h e s = t. Infine φE è suriettiva. Infatti se “(x, y) ∈ E(Γ)”, allora, dato che l’azione è regolare, esiste un unico g ∈ G tale che x = g · x0 . Quindi g −1 · (x, y) = (x0 , g −1· y) “ ∈ E(Γ)”. Segue che g −1 · y ∈ BΓ (x0 ). Allora esiste s ∈ S tale che g −1 · y = s · x0 e φM (g, gs) = (φ(g), φ(gs)) = ( g · x0 , gs · x0 ) = (x, y), da cui la suriettività. (3.15) Definizione. Sia Γ un grafo. Un sottografo di Γ è un grafo Ω tale che V (Ω) ⊆ V (Γ) e E(Ω) ⊆ E(Γ). Un circuito di lunghezza n di Γ è un sottografo Cn formato da n vertici collegati tra loro circolarmente da singoli spigoli. Si dice loop un circuito di lunghezza 1. (3.16) Osservazione. Notiamo che, sulla base della definizione (3.6), un grafo combinatorico non può avere circuiti di lunghezza 2 perché altrimenti potremmo trovare due spigoli distinti con gli stessi vertici di partenza e arrivo. Questo è impossibile dato che in un grafo combinatorico gli spigoli si possono vedere come coppie ordinate di vertici. 3.3 Alberi e grafi di Cayley (3.17) Definizione. Un grafo Γ si dice albero se (i) Γ è connesso; (ii) Γ non contiene circuiti. (3.18) Proposizione. Per un grafo Γ sono equivalenti le seguenti affermazioni. (a) Γ è un albero; (b) Per ogni x, y ∈ V (Γ) esiste un unico p ∈ pathΓ (x, y) ridotto. Dimostrazione. (b)⇒(a). Per l’esistenza, Γ è connesso. Per l’unicità, Γ non contiene circuiti (infatti, se Cn = (e1 , . . . , en ) è un circuito di lunghezza n che parte e termina in x allora il sentiero costante Ox è un sentiero ridotto in pathΓ (x, x) diverso da Cn ). (a)⇒(b) (Intuitiva). Supponiamo che esistano due sentieri p, q ∈ pathΓ (x, y) ridotti. Allora il sentiero p ∧ q ottenuto giustapponendo p e l’opposto di q è un circuito, a meno di “ridurre ciclicamente”, cioè a meno di elidere un eventuale tratto iniziale che viene ripercorso al contrario alla fine. Si veda [SE, p. 18]. (3.19) Proposizione. Sia G un gruppo e sia S ⊆ G tale che 1 6∈ S e S = S −1 . Supponiamo aggiuntivamente che esista X ⊆ S tale che S = X ∪· X −1 . Allora il grafo di Cayley Γ(G, S) è un albero se e solo se G è libero su X. 58 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Consideriamo il gruppo libero (F (X), i), ove i : X ,→ F (X) e sia j : X ,→ G. Per la proprietà universale esiste b j : F (X) → G tale che j = b j ◦ i. Per (3.13), Γ(G, S) è connesso se e solo se X è un sistema di generatori per G. In virtù di (3.3), questo avviene se e solo se b j è suriettivo. j è iniettivo se e solo se Γ(G, S) non contiene circuiti. Sia Proviamo che b C ⊆ Γ un circuito. Senza perdita di generalità possiamo supporre che 1 ∈ V (C) (se x ∈ V (C), x−1 C è un circuito che contiene 1). Sia s il primo punto di C dopo 1 e t l’ultimo punto prima di 1. Allora, poiché (1, s), (t, 1) ∈ E(C) ⊆ E(Γ), si ha s, t ∈ S. Per (3.16), s 6= t, sicché il circuito ha lunghezza n ≥ 3. Possiamo scrivere i punti del circuito nella forma seguente 1 s1 s1 s2 ··· s1 . . . sn−1 s1 . . . sn = 1, ove s1 , . . . , sn ∈ S, s1 = s, s1 . . . sn−1 = t. Sappiamo che s1 6= s1 . . . sn−1 = s−1 n . Più in generale si ha sk = 6 s−1 , perché un circuito è ciclicamente ridotto. Segue k+1 che, con le notazioni di (3.2), la parola s1 . . . sn ∈ Par X è ridotta e diversa da 1 in F (X). Tuttavia e j(s1 . . . sn ) = s1 . . . sn è 1 in G. Quindi e j non è iniettivo. Inversamente, sia ω ∈ Ker e j, ω 6= 1. Mostriamo che Γ(G, S) ha un circuito. αn 1 Scriviamo ω = xα 1 . . . xn per certi xi ∈ X, αi ∈ Z. Possiamo supporre senza −1 perdita di generalità che sia x1 6= xn , x−1 n e, in generale xi 6= xi+1 , xi+1 , cioè che la parola ω sia ciclicamente ridotta (coniugando nel gruppo otteniamo ancora un elemento non banale in Ker e j). Poniamo allora b j(x ), αi > 0 si = b i −1 , li = |αi |. j(xi ) , αi < 0 Allora si ha j(xn )αn = sl11 . . . slnn . 1G = b j(ω) = b j(x1 )α1 . . . b Possiamo quindi costruire il seguente sentiero chiuso in Γ(G, S) 1 s1 s21 ··· sl11 sl11 s2 ··· sl11 . . . slnn = 1. Poiché questo è ciclicamente ridotto, abbiamo trovato un circuito. 3.4 Il complesso associato a un grafo (3.20) Definizione. Sia Γ un grafo. Definiamo due gruppi abeliani V (Γ) = ZhV (Γ)i , E(Γ) = ZhE(Γ)i / he + e | e ∈ E(Γ)i , cosı̀ che ∀ e ∈ E(Γ), e = −e. Definiamo poi una mappa ∂ : E(Γ) → V (Γ) ponendo ∂(e) = t(e) − o(e). Chiamiamo compesso associato a Γ, 0 / E(Γ) ∂ / V (Γ) ove ε(v) = 1, ∀ v ∈ V (Γ). 59 ε /Z / 0, (3.20.1) 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (3.21) Proposizione. Se Γ è un albero, il complesso (3.20.1) è esatto. Dimostrazione. Provare che la sequenza è esatta è equivalente a provare che il complesso ha omologia nulla. Per (2.19) basta provare che è omotopicamente equivalente al complesso nullo, e per l’osservazione (2.11) basta provare che (3.20.1) è spezzante. Definiamo quindi due sezioni 0 / E(Γ) ∂ f / V (Γ) e ρ ε /Z / 0. σ Fissato x0 ∈ V (Γ), definiamo σ ponendo σ(1) = x0 . Grazie a (3.18), per ogni y ∈ V (Γ) esiste un unico sentiero ridotto p ∈ pathΓ (x0 , y). Posto p = (ei )ni=1 , definiamo ρ : V (Γ) → E(Γ) ponendo Pn y 6= x0 i=1 ei ρ(y) = 0, y = x0 Ovviamente ε ◦ σ = IdZ . Proviamo che ρ ◦ ∂ = IdE(Γ) mostrando che vale sui generatori e, per e ∈ E(Γ). Si ha (ρ ◦ ∂)(e) = ρ t(e) − o(e) = ρ t(e) − ρ o(e) . Sia (ei )ni=1 = p ∈ pathΓ (x0 , o(e)) l’unico sentiero ridotto. Se il vertice t(e) non appartiene a p allora il sentiero p ∧ e ottenuto giustapponendo a p il segmento e è ridotto. In tal caso si conclude che Pn Pn ρ t(e) − ρ o(e) = ρ(p ∧ e) − ρ(p) = i=1 ei + e − i=1 ei = e. Se invece t(e) appartiene a p allora, per ragione di unicità dei percorsi ridotti, deve essere il penultimo punto di p e l’ultimo tratto di p è e. Segue che Pn−1 Pn−1 ρ t(e) − ρ o(e) = i=1 ei − i=1 ei + e = e . Infine, per y ∈ V (Γ), dato (ei )ni=1 = p ∈ pathΓ (x0 , y) ridotto, Pn (σ ◦ ε)(y) + (∂ ◦ ρ)(y) = x0 + ∂ i=1 ei = x0 + y − x0 = y , sicché σ ◦ ε + ∂ ◦ ρ = IdV (Γ) . Vale anche l’inversa della proposizione precedente, ma non la dimostriamo. Proviamo invece un corollario che si ricollega al discorso sulla dimensione coomologica di un gruppo (definizione (2.56)). (3.22) Corollario. Se F è un gruppo libero su X allora cd(F ) ≤ 1. Dimostrazione. Consideriamo l’alfabeto S = Alf X = X ∪· X −1 e sia Γ = Γ(F, S) il grafo di Cayley di F relativo a S. Per (3.19), Γ è un albero. Per (3.21) abbiamo una sequenza esatta corta di Z[F ]-moduli, 0 / E(Γ) ∂ / V (Γ) 60 ε /Z / 0. 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org D’altra parte, poiché i vertici di Γ sono tutti gli elementi di F , V (Γ) = ZhV (Γ)i = ZhF i = Z[F ] . Dato che gli spigoli di Γ sono le coppie della forma (g, gs) per g ∈ F e s ∈ S, abbiamo un isomorfismo φ : Z[F ]hXi → E(Γ), gx 7→ (g, gx).† E(Γ) = ZhE(Γ)i / he + e | e ∈ E(Γ)i ' Z[F ]hXi . Per (1.42(a)) abbiamo una sequenza esatta di moduli proiettivi, 0 / Z[F ]hXi ∂ / Z[F ] /Z ε / 0. La dimensione comologica di F è la dimensione proiettiva di Z, visto come Z[F ]-modulo banale, cioè la lunghezza minimale di una sua risoluzione proiettiva finita. Avendo trovato una risoluzione proiettiva di lunghezza 1 (che, con le notazioni di (2.12(b)), arriva fino a P1 ), concludiamo cd F ≤ 1. Si può dimostrare anche l’inverso del precedente corollario. 3.5 La sequenza di Mayer-Vietoris Vogliamo mostrare un’applicazione del teorema della sequenza esatta lunga e del teorema di Eckmann-Shapiro nella teoria degli alberi. Si veda [SE, p. 126]. (3.23) Proposizione. Sia Γ un albero, e sia G un gruppo che agisce su Γ senza inversione di spigoli ( i.e. g · e 6= e, ∀ g ∈ G, e ∈ E(Γ) ). Sia RV un sistema di rappresentanti per la G-azione su V (Γ); RE un sistema di rappresentanti per la G-azione su E(Γ) = E(Γ)/he + e i. Supponiamo che RV e RE siano finiti. Allora per ogni Z[G]-modulo sinistro M esiste una sequenza esatta lunga di Z-moduli 0 GF @A / H 0 (G, M ) / a / a H 0 (Gv , M ) v∈RV / H 1 (G, M ) / a H 0 (Ge , M ) e∈RE H 1 (Gv , M ) v∈RV / a H 1 (Ge , M ) ED BC / ... e∈RE ove con Gv e Ge si indicano gli sabilizzatori di v ed e. † In E(Γ) si ha −(g, gx) = (g, gx) = (gx, g) = ((gx), (gx)x−1 ). Quindi E(Γ) è generato in Z[F ] dalle classi di spigoli della forma (1G , x) al variare di x ∈ X. 61 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Per (3.21) abbiamo una sequenza esatta corta / E(Γ) 0 / V (Γ) ∂ /Z ε / 0. Osserviamo che l’insieme dei vertici V (Γ) è unione disgiunta delle G-orbite. Posto RV = { v1 , . . . , vr } possiamo scrivere V (Γ) = G·v1 ∪· . . . ∪· G·vr . Dunque si può scrivere V (Γ) = ZhV (Γ)i = ZhG · v1 i ⊕ . . . ⊕ ZhG · vr i. Notiamo poi che, per l’osservazione (2.46), se v ∈ RV e Gv è lo stabilizzatore di v, si ha ZhG · vi ' Z[G/Gv ] ' Z[G] ⊗Z[Gv ] Z = indG Gv Z . segue che, usando la notazione di coprodotto (p. 5), possiamo scrivere a a V (Γ) ' ZhG · vi ' indG Gv Z . v∈RV v∈RV In maniera del tutto analoga, considerando che l’insieme E(Γ) è unione disgiunta delle sue G-orbite, si perviene a un isomorfismo a a E(Γ) ' ZhG · ei ' indG Ge Z . e∈RE e∈RE Otteniamo la seguente sequenza esatta corta di Z-moduli sinistri 0 / a e ∂ indG Ge Z e∈RE / a indG Gv Z ε e / 0. /Z v∈RV Dato uno Z[G]-modulo sinistro M applichiamo allora il teorema (2.31) della sequenza esatta lunga per Ext·G ( , M ). Otteniamo una sequenza esatta a a / Ext0G(Z, M ) / Ext0G / Ext0G 0 indG indG Gv Z, M Ge Z, M ED BC v∈R e∈R GF @A V / Ext1G / Ext1G(Z, M ) a E indG Gv Z, M / Ext1G v∈RV a indG Ge Z, M / ... e∈RE Poiché RV e Re sono finiti, il coprodotto può essere visto come somma diretta esterna. Dato che Ext·G ( , M ) è additivo, possiamo estrarre la somma ottenendo la sequenza esatta seguente† a a / Ext0G (Z, M ) / / 0 Ext0G (indG Ext0G (indG Gv Z, M ) Ge Z, M ) BC ED v∈R e∈R GF @A V / Ext1G (Z, M ) / a E Ext1G (indG Gv Z, M ) v∈RV / a Ext1G (indG Ge Z, M ) / ... e∈RE † Se R mutuando il coprodotto con V ed Re sono infiniti si può fare un passaggio analogo ` ` il prodotto. Infatti sul`secondo argomento vale Hom( , )= Hom( , ), ma sul primo Q argomento si ha Hom( , ) = Hom( , ). 62 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org Infine, applicando il lemma (2.54) di Eckmann-Shapiro e la definizione (2.34), k G k G ExtkG (indG Gv Z, M ) ' ExtGv (Z, res Gv M ) = H (Gv , res GvM ) . k Alleggerendo leggermente le notazioni scriviamo ExtkG (indG Gv Z, M ) ' H (Gv , M ). G k k In modo del tutto analogo si ha ExtG (indGe Z, M ) ' H (Ge , M ). Otteniamo in conclusione la sequenza esatta dell’enunciato. 3.6 La risoluzione barra Sia R un anello commutativo e sia A una R-algebra. Dato un A-modulo sinistro M vogliamo costruire una sua particolare risoluzione proiettiva. Le referenze per questa parte sono [CR1, p. 180], [RT, p. 525] e [ML2, p. 114]. (3.24) Definizione. Sia M un A-modulo sinistro. Poniamo† Bk (A, M ) = A ⊗R . . . ⊗R A ⊗R M . {z } | (k + 1)-volte Poniamo inoltre a0 [a1 , . . . , ak |m] = a0 ⊗ . . .⊗ ak ⊗ m per semplicità. Ovviamente Bk (A, M ) è uno A-modulo sinistro, ove la somma è definita puntualmente e il prodotto esterno, con le notazioni introdotte, è dato da a a0 [a1 , . . . , ak |m] = (aa0 )[a1 , . . . , ak |m] . Definiamo delle mappe ∂k : Bk (A, M ) → Bk−1 (A, M ) ponendo ∂1 (a0 [a1 |m]) = a0 a1 [m] − a0 [a1 m] ∂2 (a0 [a1 a2 |m]) = a0 a1 [a2 |m] − a0 [a1 a2 |m] + a0 [a1 |a2 m] ... ∂k a0 [a1 , . . . , ak |m] = a0 a1 [a2 , . . . , ak |m]+ + k−1 X (−1)i a0 [a1 , . . . , (ai ai+1 ), . . . , ak |m]+ i=1 + (−1)k a0 [a1 , . . . , ak−1 |ak m] , Definiamo poi ε : B0 (A, M ) → M ponendo ε(a0 [m]) = a0 m . Si verifica facilmente che le mappe ∂k e ε sono omomorfismi di A-moduli. Dunque abbiamo una sequenza di A-moduli sinistri ... † Si ∂3 / B2 (A, M ) ∂2 / B1 (A, M ) ∂1 / B0 (A, M ) ε /M. (3.24.1) noti che, poiché il prodotto tensoriale è associativo [RT, p. 83], la definizione ha senso. 63 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (3.25) Proposizione. La sequenza (3.24.1) è esatta. Dimostrazione. Proviamo che la sequenza forma un complesso di catene. Verifichiamo cioè che ε ◦ ∂ = 0 e ∂k+1 ◦ ∂k = 0 per ogni k ≥ 1. Osserviamo che basta verificare tali relazioni sui generatori, della forma a0 [a1 , . . . , ak |m]. Si ha (ε ◦ ∂1 )(a0 [a1 |m]) = ε(a0 a1 [m] − a0 [a1 m]) = a0 a1 m − a0 a1 m = 0 , per ogni a0 , a1 ∈ A, m ∈ M . Poi abbiamo (togliendo a0 per brevità) (∂1 ◦ ∂2 )([a1 a2 |m]) = ∂1 (a1 [a2 |m]) − ∂1 ([a1 a2 |m]) + ∂1 ([a1 |a2 m]) = (a1 a2 [m] − a1 [a2 m]) − (a1 a2 [m] − [a1 a2 m]) + (a1 [a2 m] − [a1 a2 m]) = 0 . Con un minimo di lucidità mentale e pazienza, applicando ∂k−1 all’espressione di ∂k ([a1 , . . . , ak |m]) si può provare che ∂k−1 ◦ ∂k = 0 per k > 2. Proviamo che il complesso è esatto, cioè che ha omologia nulla. Per (2.19), basta dimostrare che è omotopicamente equivalente al complesso nullo. ... ... ∂3 ∂3 / B2 (A, M ) x / B2 (A, M ) ∂2 s1 ∂2 / B1 (A, M ) x / B1 (A, M ) ∂1 s0 ∂1 / B0 (A, M ) ε z / B0 (A, M ) s−1 ε /M /0 /M /0 Definiamo sk : Bk (A, M ) → Bk+1 (A, M ) e s−1 : M → B0 (A, M ) ponendo sk a0 [a1 , . . . , ak |m] = [a0 , . . . , ak |m], s−1 (m) = [m] . Ovviamente (ε ◦ s−1 )(m) = m. Poi si ha (s−1 ◦ ε + ∂1 ◦ s0 )(a0 [m]) = [a0 m] + ∂1 ([a0 |m]) = a0 [m] . Per k ≥ 1 calcoliamo sk−1 ∂k (a0 [a1 , . . . , ak |m]) = [a0 a1 , a2 , . . . , ak |m] + (c1 ) Pk−1 + i=1 (−1)i [a0 , a1 , . . . , ai ai+1 , . . . , ak |m] + (c2 ) +(−1)k [a0 , a1 , . . . , ak−1 |ak m] , ∂k+1 sk (a0 [a1 , . . . , ak |m]) = a0 [a1 , . . . , ak |m] + Pk−1 + i=0 (−1)i+1 [a0 , . . . , ai ai+1 , . . . , ak |m] + k+1 +(−1) [a0 , . . . , ak−1 |ak m] . (c3 ) (c4 ) (c5 ) (c6 ) Si osservi che c6 = −c3 , che il termine 0-esimo della somma in c5 è −c1 e che la somma rimanente è −c2 . In conclusione si ha sk−1 ◦ ∂k + ∂k+1 ◦ sk = Id −0, sicché il nostro complesso è 0-omotopo e dunque esatto. Intendiamo provare che (3.24.1) forma una risoluzione proiettiva per M . Occorre dunque provare che gli A-moduli Bk (A, M ) sono proiettivi. Questo si ottiene dalla seguente. 64 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (3.26) Proposizione. Supponiamo che A ed M , visti come R-moduli sinistri, siano liberi. Allora Bk (A, M ) è uno A-modulo libero. In particolare la sequenza in (3.24.1) è una risoluzione proiettiva per M . Dimostrazione. Siano assegnati isomorfismi di R-moduli A ' RhXi, M ' RhY i per opportuni insiemi X, Y . Allora si hanno isomorfismi di A-moduli (k + 1)-volte z }| { Bk (A, M ) = A ⊗R . . . ⊗R A ⊗R M ' A ⊗R RhX k i ⊗R RhY i ' A ⊗R RhX k × Y i ' AhX k × Y i , Quindi Bk (A, M ) è libero. Per (1.42(a)), è proiettivo, e per (3.25) la sequenza è esatta, cioè una risoluzione proiettiva per M . (3.27) Osservazione. Sia G un gruppo, sia A = Z[G] e sia Z munito della struttura di Z[G]-modulo banale. Per il lemma (2.44) si ha Bk (Z[G], Z) = Z[G] ⊗Z . . . ⊗Z Z[G] ⊗Z Z ' Z[G] ⊗Z . . . ⊗Z Z[G] . | {z } | {z } (k + 1)-volte (k + 1)-volte L’isomorfismo identifica il tensore g0 [g1 , . . . , gk |1] con g0 [g1 , . . . , gk ]. Per (3.26), Z ha una risoluzione proiettiva (B· (Z[G], Z), ∂· , ε). Scriveremo ⊗ al posto di ⊗Z per semplicità. Consideriamo la sequenza di Z[G]-moduli ... ∂3 / B2 (Z[G], Z) ∂2 / B1 (Z[G], Z) ∂1 / B0 (Z[G], Z) / 0, e sia M uno Z[G]-modulo sinistro. Applicando il funtore HomZ[G] ( , M ) otteniamo un complesso di Z-moduli sinistri 0 / HomG B0 (Z[G], Z), M ◦∂1 δ 0 / HomG B1 (Z[G], Z), M ◦∂2 δ1 / ... che, per la definizione (2.34), ha omologia H k (G, M ). Per la dimostrazione della proposizione (2.48), abbiamo un isomorfismo di gruppi abeliani HomZ[G] Z[G] ⊗ Z[G] ⊗ . . . ⊗ Z[G], M | {z } k-volte 0 / HomZ Z[G] ⊗ . . . ⊗ Z[G], M , | {z } k-volte definito ponendo, per ψ ∈ HomZ[G] Bk (Z[G], Z), M , ψ0 g0 [g1 , . . . , gk−1 ] = ψ [g0 , g1 , . . . , gk−1 |1] . Il morfismo inverso è b, definito in (2.48) ponendo, per f nel codominio di fb g0 [g1 , . . . , gk |1] = g0 f g1 [g2 , . . . , gk ] . 65 0, 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org Indichiamo con F(Gk , M ) il gruppo abeliano delle funzioni Gk → M . Allora HomZ Z[G] ⊗ . . . ⊗ Z[G], M = HomZ ZhGk i , M ' F(Gk , M ) , | {z } k-volte 0 ove G = { 1 }, G = G × . . . × G e l’isomorfismo si ottiene per restrizione a Gk e lineare estensione a ZhGk i, identificando (g1 , . . . , gk ) con il tensore g1 [g2 , . . . , gk ]. Vi è quindi un isomorfismo HomZ[G] Bk (Z[G], Z), M ' F(Gk , M ) che determina un complesso con gli F(Gk , M ) attraverso il diagramma 0 k / HomG B0 (Z[G], Z), M 0 0 / ◦∂1 δ0 / HomG B1 (Z[G], Z), M F(G0 , M ) γ0 0 / ◦∂2 δ1 / ... F(G1 , M ) γ1 / ... I morfismi γ i sono definiti ponendo γ i = ( 0 ) ◦ (δ i ) ◦ ( 0 )−1 . Dunque, con le diverse identificazioni fatte, possiamo calcolare, per f ∈ F(G0 , M ), γ 0 (f )(g) = ( 0 ) ◦ (δ 0 ) ◦ ( b ) (f )(g) = ( 0 ) fb ◦ ∂1 (g) = (fb ◦ ∂1 ) [g|1] = fb g[1] − [g · 1] = gf (1) − f (1) . Poiché nel modulo banale Z si ha g · 1 = 1. Per f ∈ F(G1 , M ) si ha γ 1 (f )(g1 , g2 ) = ( 0 ) fb ◦ ∂2 (g1 [g2 ]) = (fb ◦ ∂2 ) [g1 , g2 |1] = fb g1 [g2 |1] − [g1 g2 |1] + [g1 |g2 · 1] = g1 f (g2 ) − f (g1 g2 ) + f (g1 ) . Analogamente, per k > 1 e f ∈ F(Gk , M ) si ha γ k (f )(g1 , . . . ,gk+1 ) = (fb ◦ ∂k+1 ) [g1 , . . . , gk+1 |1] = + g1 f (g2 , . . . , gk+1 ) + Pk + i=1 (−1)i f (g1 , . . . , gi gi+1 , . . . , gk+1 ) + + (−1)k+1 f (g1 , . . . , gk ) . Dunque i morfismi γ i operano in modo analogo ai ∂i e determinano un complesso (F(G· , M ), γ· ) con omologia H k (G, M ), coomologia di G a coefficienti in M . (3.28) Definizione. Sia G un gruppo e sia M uno Z[G]-modulo sinistro. Con riferimento alle notazioni dell’osservazione (3.27), (a) Il gruppo abeliano di k-cocicli di G a coefficienti in M è Z k (G, M ) = Ker γ k = f ∈ F(Gk , M ) γ k (f ) = 0 ; 66 3 Alcune applicazioni dell’omologia marcocentin.altervista.org (b) Il gruppo abeliano di k-cobordi di G a coefficienti in M è B k (G, M ) = Im γ k−1 = γ k−1 F(Gk , M ) , ove si pone convenzionalmente B 0 (G, M ) = 0. (3.29) Osservazione. Interpretiamo k-cocicli e k-cobordi per k = 1, 2. (a) Per k = 0 abbiamo B 0(G, M ) = 0 e Z 0(G, M ) = f ∈ F(G0 , M ) (g − 1)f (1) = γ 0 (f )(g) = 0, ∀g ∈ G ' { m ∈ M | g · m = m, ∀g ∈ G } = M G , ove G0 = { 1 } e la valutazione in 1 stabilisce l’isomorfismo. In altre parole, il gruppo degli 0-cocicli è formato dai punti fissi per la G-azione su M ; (b) Per k = 1 abbiamo Z 1(G, M ) = f ∈ F(G1 , M ) f (g1 g2 ) = g1 f (g2 ) + f (g1 ) . In altre parole, Z 1(G, M ) è quello che si chiama il gruppo delle derivazioni di G a coefficienti in M . Per il gruppo degli 1-cobordi si ha B 1(G, M ) = f ∈ F(G1 , M ) ∃m ∈ M : f (g) = (g − 1) · m, ∀g ∈ G , cioè B 1(G, M ) è il gruppo delle derivazioni principali ; (c) Per k = 2 abbiamo ( 2 Z (G, M ) = ) g f (g , g ) + f (g , g g ) = 2 3 1 2 3 1 f ∈ F(G , M ) . = f (g1 g2 , g3 ) + f (g1 , g2 ) 2 Mentre chiamiamo 2-cocicli principali i 2-cobordi esiste t ∈ F(G1 , M ) tale che B 2(G, M ) = f ∈ F(G2 , M ) . f (g1 , g2 ) = g1 t(g2 ) − t(g1 g2 ) + t(g1 ) 67 4 Teoria delle rappresentazioni 4 marcocentin.altervista.org Teoria delle rappresentazioni 4.1 Anelli con condizione di minimo Sia R un anello con unità. Vogliamo studiare alcuni risultati classici su anelli con condizione di minimo. Una referenza per questa parte è [CR, p. 159]. (4.1) Definizione. Diciamo che R soddisfa la condizione di minimo (MinC) se ogni insieme non vuoto Ω di ideali sinistri non nulli di R ammette elementi minimali, cioè se esiste I ∈ Ω tale che J 6⊆ I per ogni J ∈ Ω. (4.2) Osservazione. Sono note diverse condizioni sugli ideali di un anello. La noetherianità equivale alla condizione di catene ascendenti (ACC), che afferma che ogni catena strettamente ascendente di ideali di R è finita. L’artinianità equivale alla analoga condizione di catene discendenti (DCC), e costituisce una proprietà più debole di (MinC). Potremmo poi considerare una condizione di massimo (MaxC), che però è sempre soddisfatta per il Lemma di Zorn. (4.3) Osservazione. Si noti che (a) Se K è un campo e A è una K-algebra finito-dimensionale (e.g. Matn (K)) allora A soddisfa la condizione di minimo (MinC); (b) R = Z è noetheriano ma non soddisfa (MinC). Ad esempio, l’insieme degli ideali Ω = { nZ | n ∈ N } non ammette elementi minimali; (4.4) Lemma. Sia R un anello e sia J un suo ideale sinistro. Se R soddisfa (MinC) allora R/J soddisfa (MinC). Dimostrazione. Infatti gli ideali di R/J sono della forma N/J per qualche ideale N di R. Più precisamente, se M Cl R/J allora M = N/J, ove N = { r ∈ R | r + J ∈ M }. Quindi a un insieme Ω0 di ideali non nulli di R/J corrisponde un insieme di ideali di R che contengono propriamente J. Detto N0 il minimo, M0 = N0 /J è un elemento minimale di Ω0 . (4.5) Definizione. Sia R anello con unità. (a) x ∈ R si dice nilpotente se ∃ k ∈ N tale che xk = 0; (b) x ∈ R si dice idempotente se x2 = x 6= 0; (c) Un ideale sinistro I Cl R si dice nilpotente se ∃ k ∈ N tale che n o Pm I k := x ∈ R x = j=1 (u1,j . . . uk,j ), m ∈ N, ui,j ∈ I = 0; (d) Un ideale sinistro I Cl R si dice nil se ogni x ∈ I è nilpotente. (4.6) Osservazione. Si vede facilmente che I k = 0 se e solo se, per ogni scelta di k elementi u1 , . . . , uk ∈ I (distinti o no), si ha u1 . . . uk = 0. In particolare, se I Cl R è nilpotente, allora I è nil. Infatti, detto k il grado di nilpotenza di I, per ogni x ∈ I si ha xk ∈ I k = 0. L’implicazione inversa è falsa in generale. 68 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org (4.7) Lemma. Una somma finita di ideali nilpotenti è un ideale nilpotente. Dimostrazione. Siano I, J Cl R tali che I n = J n = 0 e sia I + J l’ideale somma, costituito da tutti gli elementi della forma i + j per i ∈ I e j ∈ J.† Allora (I + J)n+m è costituito da somme, di prodotti di n + m elementi della forma P (i1 + j1 ) . . . (in+m + jn+m ) = k (xk,1 . . . xk,m+n ), ove, per ogni k, almeno n elementi di Xk = { xk,1 , . . . , xk,n+m } stanno in I, oppure almeno m elementi stanno in J. Nel primo caso, il prodotto degli elementi di Xk si può scrivere nella forma (xk,1 . . . xk,l1 )(xk,l1 +1 . . . xk,l2 ) . . . (xk,ls−1 +1 . . . xk,ls ), ove xk,l1 , . . . , xk,ls ∈ I e s ≥ n. Ciascun fattore in parentesi appartiene a I poiché I è un ideale sinistro. D’altro canto, per l’osservazione (4.6), ogni prodotto di n elementi di I è nullo. Analogamente nel secondo caso, si ha un annullamento perché il prodotto di m elementi in J è zero. Quindi (I + J)n+m è nilpotente e ha grado di nilpotenza minore o uguale a n + m. Chiaramente un ideale sinistro contenente un elemento idempotente a non può essere nilpotente (ak = a 6= 0 per ogni k). Inversamente si ha la seguente. (4.8) Proposizione. Sia R un anello con condizione (MinC) e 0 6= I Cl R un suo ideale sinistro. Allora, se I non è nilpotente, esiste x ∈ I idempotente. Dimostrazione. Se I = R, 1 è idempotente in I. Sia dunque I 6= R. Passo 1. Supponiamo per un attimo di poter trovare dentro I un elemento nilpotente n1 e uno non-nilpotente a tali che n1 = a2 − a. Allora possiamo trovare in I un elemento idempotente attraverso la seguente procedura. Poiché a è non-nilpotente, a 6= 0. Se fosse a2 − a = 0 avremmo trovato un elemento idempotente. Possiamo quindi supporre che sia n1 = a2 − a 6= 0. Poniamo a1 := a + n1 − 2an1 . Poiché n1 a = (a2 − a)a = a(a2 − a) = an1 , si ha a21 − a1 = (a2 − a) − 4a2 n1 − 4an21 + 4n1 a + n21 + 4a2 n21 − n1 = 4n21 (a2 − a) + 4n1 (a2 − a) + n21 = n21 (4n1 − 3). Osserviamo che a1 è non-nilpotente, altrimenti a = a1 − n1 + 2an1 sarebbe somma di nilpotenti che commutano fra loro, e quindi nilpotente. In particolare si ha a1 = 6 0. Se fosse a21 − a1 = 0 avremmo un elemento idempotente in I. Possiamo supporre dunque che sia n2 := a21 − a1 6= 0. Poniamo a2 := a1 + n2 − 2a1 n2 . † Nota “per dummies”: l’insieme delle somme { i + j | i ∈ I, j ∈ J } è sempre un ideale, mentre l’insieme dei prodotti { ij | i ∈ I, j ∈ J } no (non è chiuso rispetto alla somma!). 69 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org Con conti analoghi ai precedenti otteniamo a22 − a2 = n22 (4n2 − 3) = n41 (4n1 − 3)2 (4n2 − 3). Analogamente, osserviamo che a2 non è nilpotente, sicché a2 = 6 0. Se a22 − a2 = 0 allora a2 è un elemento idempotente in I, altrimenti si può proseguire iterando la procedura. Questa deve necessariamente terminare dopo un numero finito di passi poiché, al passo k-esimo si ha k a2k − ak = n2k (4nk − 3) = n4k−1 (4nk−1 − 3)2 (4nk − 3) = . . . = n21 · C . k Dato che n1 è nilpotente, deve esistere k tale che n21 = 0, (sicché ak è un elemento idempotente in I e la procedura termina al passo k). Passo 2. Proviamo che esistono in I un elemento nilpotente n1 e uno non-nilpotente a tali che n1 = a2 − a. Poniamo ΩI = { J Cl R | J 6= 0, J ⊆ I, J non è nilpotente } . Poiché I ∈ ΩI , ΩI 6= ∅. Per (MinC) esiste I1 ∈ ΩI minimale. Allora I12 6= 0, I12 ⊆ I1 ⊆ I e I12 non è nilpotente (altrimenti I1 lo sarebbe), sicché I12 ∈ ΩI . Per la minimalità di I1 , si ha I12 = I1 . Sia Ω0 = { L Cl R | L 6= 0, L ⊆ I1 , I1 L 6= 0 } . Poiché I1 ∈ Ω0 , Ω0 = 6 ∅. Per (MinC) esiste un elemento minimale L1 ∈ Ω0 . Sia x ∈ L1 tale che I1 x 6= 0 (altrimenti I1 L = 0). Dato che I1 x Cl R e x ∈ I1 , I1 x ⊆ I1 . Inoltre I1 I1 x = I12 x = I1 x 6= 0. Dunque I1 x ∈ Ω0 e I1 x ⊆ L1 . Per la minimalità di L1 si ha I1 x = L1 . Poiché x ∈ L1 , esiste a ∈ I1 tale che ax = x (e dunque ak x = x). a è non-nilpotente, altrimenti sarebbe x = 0 e L1 = 0. Poniamo n1 = a2 − a e sia N = Ann(x) ∩ I1 = { n ∈ I1 | nx = 0 } Cl R. Poiché a2 x = ax = x, n1 ∈ N e 0 6= N ⊆ I. Se N fosse non nilpotente allora sarebbe un elemento di ΩI più piccolo di I1 (N 6= I1 perché altrimenti L1 = I1 x = 0), contro la minimalità di I1 . Quindi N deve essere nilpotente. Per l’osservazione (4.6), concludiamo che n1 è un elemento nilpotente. 4.2 Il radicale di un anello (4.9) Definizione. Sia R un anello con condizione di minimo (MinC). Chiamiamo radicale di R la somma di tutti gli ideali nilpotenti di R, P rad R = { I | I Cl R, I nilpotente } . Diciamo che R è semisemplice se rad R = 0. (4.10) Teorema. Sia R un anello (MinC). Allora 70 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org (a) rad R è un ideale bilatero di R ed è nilpotente; (b) rad R contiene ogni ideale nilpotente destro; (c) L’anello quoziente R/rad R è semisemplice. Dimostrazione. (a) Poniamo J = rad R per semplicità. Ovviamente J Cl R. Supponiamo che J sia non-nilpotente. Per (4.8), esiste e ∈ J tale che e2 = e 6= 0. Per definizione, e deve appartenere a una opportuna somma finita di ideali nilpotenti. Sia e ∈ I1 + . . . + Ir ove Ii Cl R è nilpotente. Per il lemma (4.7), I1 + . . . + Ir è un ideale sinistro nilpotente di R, assurdo poiché ek = e 6= 0 per ogni k. Proviamo che J è anche un ideale destro, cioè che JR ⊆ J. Notiamo che basta provare che JR è nilpotente. Sia k tale che J k = 0. Allora (JR)k = (JR)(JR) . . . (JR) = J(RJ)(RJ) . . . (RJ)R ⊆ J k R = 0. (b) Analogamente, se I Cr R è tale che I s = 0, allora (RI)s ⊆ RI s = 0. Quindi RI Cl R è nilpotente, e I = RI ⊆ J (R è un anello con unità). (c) Proviamo che R/J non ha ideali nilpotenti non nulli. Sia M Cl R/J tale che M m = 0. Sia N = { r ∈ R | r + J ∈ M } Cl R. Poiché N m ⊆ J si ha N m+k = 0, cioè N è nilpotente. In particolare N ⊆ J e M = N/J = 0. Per il lemma (4.4), possiamo dire che R/J è semisemplice (rad(R/J) = 0). 4.3 Anelli semisemplici e moduli completamente riducibili Ricordiamo che per ideale minimale di R si intende un ideale 0 6= L Cl R che non contiene alcun ideale sinistro di R eccetto 0 ed L. Richiamiamo alcune nozioni fondamentali nella teoria della rappresentazioni. (4.11) Definizione. Sia R un anello e sia M uno R-modulo sinistro. (a) M si dice irriducibile se non ha R-sottomoduli non-banali; (b) M si dice completamente riducibile se ogni sottomodulo N ≤ M ammette un complemento, cioè esiste uno R-sottomodulo Q di M tale che M =N ⊕Q . Ovviamente un modulo irriducibile è completamente riducibile; (c) Lo zoccolo di M è la somma (diretta) di tutti i suoi sottomoduli irriducibili, P Socle M := { N ≤ M | N è irriducibile } . P (4.12) Lemma. Sia R un anello ed M = α Mα , ove Mα sono A-moduli irriducibili. Allora M è completamente riducibile. 71 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org Dimostrazione. Sia N un sottomodulo di M . Troviamo un complemento per N applicando il Lemma di Zorn. Poniamo Ω = { Q ⊆ M | Q è un sottomodulo di M e Q ∩ N = 0 } . Ovviamente 0 ∈ Ω 6= ∅. Ω è parzialmente ordinato rispetto all’inclusione ed S è induttivo. Infatti, se τ ⊆ Ω totalmente ordinato, allora T = S∈τ S è un sottomodulo di M , T ∩ N = 0 ed è un maggiorante di τ in Ω. Per il Lemma di Zorn, possiamo trovare un elemento massimale Q ∈ Ω. Ci basta provare che M = N + Q. Supponiamo per assurdo che N + Q 6= M , e sia m ∈ M r (N + Q). Per definizione, esiste un insieme finito di sottomoduli k irriducibili { Mi }i=1 di M tali che m ∈ M1 + . . . + Mk . Posto m = m1 + . . . + mk con mi ∈ Mi , esiste j tale che mj 6∈ N + Q. Dunque, per irriducibilità, Mj ∩ (N + Q) 6= Mj =⇒ Mj ∩ (N + Q) = 0. Segue che, posto Q0 = Q+Mj , si ha N ∩Q0 = 0.† Quindi Q0 sarebbe un elemento di Ω più grande di Q, contro la minimalità di Q. (4.13) Proposizione. Sia R (MinC) e L Cl R non-nilpotente minimale. Allora (a) L = Re per qualche elemento idempotente e; (b) R = Re ⊕ R(1 − e); (c) Per ogni I Cl R tale che I ⊇ L si ha I = L ⊕ I 0 per qualche I 0 Cl R. Dimostrazione. (a) Per la proposizione (4.8), esiste e ∈ L tale che e2 = e 6= 0. Poiché Re è un ideale sinistro non-nullo di R contenenuto in L ed L è minimale, si ha L = Re. (N.b. l’elemento e non è in generale univocamente determinato) (b) Si ponga L0 = R(1 − e). Allora L0 è un ideale sinistro di R e L ∩ L0 = ∅. Infatti, se x = x1 e = x2 (1 − e) allora x = x1 e2 = xe = x2 (1 − e)e = 0. Segue R = L ⊕ L0 = Re ⊕ R(1 − e). (c) Sia L ⊆ I Cl R. Si ponga I 0 = I ∩ L0 . Allora I = I ∩ R = I ∩ (L ⊕ L0 ) = (I ∩ L) ⊕ (I ∩ L0 ) = L ⊕ (I ∩ L0 ) = L ⊕ I 0 . (4.14) Proposizione. Sia R un anello (MinC). Allora R è semisemplice se e solo se il modulo regolare R R è completamente riducibile. Dimostrazione. Sia R semisemplice e sia L1 Cl R minimale (cioè un sottomodulo irriducibile di R R). L’esistenza di L1 è garantita da (MinC). Poiché rad R = 0, R non contiene ideali nilpotenti. Quindi L1 è non-nilpotente e minimale. Per la proposizione (4.13(b)), possiamo scrivere R = L1 ⊕ L01 , † Infatti, se q 0 = q + m ∈ N con q ∈ Q ed m ∈ M allora m = q 0 − q ∈ N + Q, sicché m = 0 j e q 0 ∈ N ∩ Q. Da cui q 0 = 0 (Q ∈ Ω). 72 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org per un ideale sinistro L01 di R. Se L01 = 0 abbiamo finito. Altrimenti, in virtù di (MinC) possiamo trovare L2 Cl R minimale tale che L2 ⊆ L01 . Per (4.13(b)), applicato con L2 al posto di L1 , possiamo scrivere R = L2 ⊕ L02 per un opportuno ideale L02 Cl R. Intersecando come in (4.13(c)) otteniamo e2 , L01 = L01 ∩ R = (L01 ∩ L2 ) ⊕ (L02 ∩ L01 ) = L2 ⊕ L e 2 = L0 ∩ L0 . Se L e 2 = 0, R R è somma dei moduli irriducibili ove abbiamo posto L 2 1 L1 , L2 , e dunque è completamente riducibile per il lemma (4.12). Se invece e 2 6= 0 ripetiamo la procedura considerando L2 Cl R minimale tale che L3 ⊆ L e2 . L e 3 Cl R tale che L e 2 = L3 ⊕ L e 3 e cosı̀ via. Occorre però provare che la Troviamo L e 1 e consideriamo l’insieme procedura ha termine.† Poniamo L01 = L e k | k ∈ N, L ek = Ω={L 6 0 }. e 1 6= 0, Ω è un insieme non vuoto di ideali inscatolati di R, sicché ha un Se L e s con s > 1. Allora L e s+1 = 0 e R = L1 ⊕ . . . ⊕ Ls . unico elemento minimale L Inversamente, supponiamo R R completamente riducibile e sia N = rad R. Allora esiste N 0 Cl R (cioè un sottomodulo di R R) tale che R = N ⊕ N 0 . In particolare possiamo scrivere 1 = x + x0 per qualche x ∈ N , x0 ∈ N 0 . Allora x = x · 1 = x2 + xx0 =⇒ x − x2 = xx0 ∈ N ∩ N 0 = 0. Dunque x è nilpotente e x2 = x. Segue che x = 0, x0 = 1, N 0 = R e N = 0. (4.15) Osservazione. Sia R un anello (MinC) semisemplice. Per (4.14), R = L1 ⊕ . . . ⊕ Ls , (4.15.1) ove Li Cl R sono minimali e non-nilpotenti. In particolare 1R = e1 + . . . + es per opportuni ei ∈ Li . Moltiplicando per ej si ottiene ej = ej e1 + . . . + ej es . Poiché Lj ∩ Li = 0, si ha ej ei = 0 per i 6= j e e2i = ei per ogni i. Inoltre R = R1R = Re1 + . . . + Res = Re1 ⊕ . . . ⊕ Res . (4.15.2) Confrontando (4.15.2) e (4.15.1) si deduce facilmente che Rei = Li , sicché ei 6= 0. Diremo che (e1 , . . . , er ) è un sistema completo di idempotenti ortogonali in R. Abbiamo cosı̀ un rafforzamento di (4.14). (4.16) Proposizione. Sia R un anello (MinC). Allora R è semisemplice se e solo se ogni R-modulo M è completamente riducibile. Dimostrazione. Se ogni R-modulo è completamente riducibile allora anche R R lo è, sicché per (4.14) R è semisemplice. Inversamente, se R è semisemplice, procedendo come in (4.15) possiamo trovare un sistema completo di idempotenti ortogonali (e1 , . . . , es ). Allora si ha P P Ps M = m∈M Rm = m∈M i=1 Rei m. † Per A-moduli finito-dimensionali (con A algebra su un campo K) questo passaggio è gratuito per ovvie questioni di dimensione. Noi ricorreremo ancora a (MinC). 73 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org Ovviamente Rei m è un sottomodulo di M , ma la somma non è necessariamente diretta. La mappa xei 7→ xei m stabilisce un omomorfismo di Rei in Rei m. Poiché Rei = Li è irriducibile, il nucleo di tale mappa è 0 o Li . Dunque Rei m è nullo, oppure irriducibile in quanto isomorfo a Li . Quindi M è somma di moduli irriducibili, e per (4.12) è completamente riducibile. (4.17) Corollario. Ogni modulo su un anello (MinC) semisemplice è proiettivo. Dimostrazione. Consideriamo l’R-modulo libero su M , RhM i. Per P (1.42(a)), RhM i è proiettivo. Consideriamo la mappa τ : RhM i → M , (rm )m 7→ m rm m. Questa è un omomorfismo di R-moduli e N = Ker τ è un sottomodulo di RhM i. Per (4.16), esiste un sottomodulo Q di M tale che RhM i = N ⊕ Q. Inoltre τ induce un isomorfismo tra Q = RhM i /N ed M . Basta dunque osservare che Q è proiettivo in quanto addendo diretto di un R-modulo libero. Siano dati due A-moduli X ed Y e un diagramma a righe esatte Q φ X π /Y φ / 0, proviamo che esiste φ che fa commutare il diagramma. Sia p2 : N ⊕ Q Q e i2 : Q ,→ N ⊕ Q. Allora possiamo costruire un diagramma analogo N ⊕Q ψ X { π /Y φ◦p2 / 0. Poiché N ⊕ Q = RhM i è proiettivo, esiste ψ tale che π ◦ ψ = φ ◦ p2 . Poniamo allora φ = ψ ◦ i2 . Si ha π ◦ φ = π ◦ ψ ◦ i2 = φ ◦ p2 ◦ i2 = φ, da cui la tesi. 4.4 Struttura di un anello semisemplice Vogliamo usare i risultati introdotti per ottenere informazioni sulla decomposizione di un anello (MinC) semisemplice come somma diretta di suoi ideali bilaterali. Cominciamo con la seguente. (4.18) Proposizione. Sia R un anello semisemplice (MinC) e siano L, L0 Cl R minimali. Allora sono equivalenti le seguenti affermazioni. (i) Vi è un isomorfismo di R-moduli L ' L0 ; (ii) Esiste a0 ∈ L0 tale che L0 = La0 ; (iii) LL’ = L’; 74 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org ∼ Dimostrazione. (i)⇔(ii). Sia φ : L → L0 . Per (4.13(a)) esiste e ∈ L idempotente tale che L = Re. In particolare L = Re2 = Le. Posto a0 = φ(e), si ha L0 = φ(L) = φ(Le) = Lφ(e) = La0 . Inversamente, se vale (ii), allora · a0 : L → L0 è un isomorfismo di R-moduli poiché è suriettivo ed L è irriducibile. (ii)⇔(iii). Ovviamente, se L0 = La0 con a0 ∈ L0 , allora LL0 = L0 . Inversamente, se LL0 = L0 , deve esistere a ∈ L0 tale che La0 6= 0. Allora La0 è un ideale di R contenuto in L0 . Per la minimalità di L0 si ha L0 = La0 . (4.19) Corollario. Sia R semisemplice (MinC). Allora (a) L’insieme Irr R delle classi di isomorfismo di R-moduli irriducibili è finito; (b) Per ogni [M ] ∈ Irr R esiste L Cl R minimale tale che L ∈ [M ]; (c) Sia (e1 , . . . , es ) un sistema completo di idempotenti ortogonali in R (4.15). Allora, per ogni [M ] ∈ Irr R esiste i tale che Rei ∈ [M ]. Dimostrazione. Con riferimento alle notazioni di (4.15) si ha R = L1 ⊕ . . . ⊕ Ls = Re1 ⊕ . . . ⊕ Res , ove Li sono ideali minimali di R e Li = Rei . Sia M uno R-modulo irriducibile e sia 0 6= m ∈ M . Allora la mappa φm : R → M , φm (r) = rm è un epimorfismo di R-moduli, sicché M ' R/ Ker φm . Poiché R R è completamente riducibile, R = Ker φm ⊕ L , per qualche 0 6= L Cl R minimale (L ' M ). Osserviamo che deve esistere k tale che Lek 6= 0 (altrimenti L = L1R = 0). Dato che Lek ⊆ Rek ed Rek è minimale, abbiamo Lek = Rek = Lk . Per (4.18) concludiamo che M ' L ' Lk . Segue che ogni modulo irriducibile è isomorfo a un Li per qualche i. (4.20) Definizione. Sia R un anello (MinC) semisemplice e sia Irr R = { [M1 ], . . . , [Mt ] } . Chiamiamo componente di Wedderburn (o componente omogenea) di R relativa a Mi la somma Bi di tutti gli ideali sinistri di R isomorfi a Mi , cioè poniamo P Bi = { L Cl R | L minimale, L ' Mi } . (4.21) Definizione. Sia R un anello (MinC). Diciamo che R è semplice se non ammette ideali bilaterali non banali (diversi da 0 ed R). Per (4.10), sappiamo che rad R è un ideale bilatero e nilpotente. In particolare, dato che 1R non può appartenere a rad R, un anello semplice è semisemplice. (4.22) Teorema (di struttura). Sia R un anello (MinC) semisemplice, e siano B1 , . . . , Bt le componenti di Wedderburn di R ( t = |Irr R| ). Allora (a) Bi Bj = 0 per i 6= j; 75 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org (b) Bi sono ideali bilateri di R; (c) R = B1 ⊕ . . . ⊕ Bt ; (d) Bi sono anelli semplici. Dimostrazione. (a) Se L, L0 Cl R sono minimali tali che L 6' L0 allora, per (4.18), LL0 6= L0 e LL0 = 0 (irriducibilità). Quindi Bi Bj = 0 per i 6= j. (b) Naturalmente si ha R = L1 ⊕ . . . ⊕ Ls = B1 + . . . + Bt .† Dunque, per il primo punto, abbiamo Bi R = Bi Bi ⊆ Bi , cioè Bi è anche un ideale destro. (c) Proviamo che la somma è diretta. Poniamo C = B1 ∩ (B2 + . . . + Bt ). Per il punto (a), Bi C = 0 per P ogni i. Quindi RC = 0 e C = 1C = 0. Analogamente nel caso generale, Bi ∩ { Bj | j 6= i } = 0. (d) Poniamo 1R = β1 + . . . + βt . Per (a) abbiamo βi βj = 0 e βi2 = βi 1R = βi . Più in generale, per ogni b ∈ Bi , βi b = bβi = b, cioè βi = 1Bi . Sia 0 6= I C Bi . Allora I è anche un ideale sinistro di R, sicché deve contenere un ideale minimale L Cl R. Poiché L ⊆ Bi , si ha L ' Mi . D’altra parte, poiché I Cr R, Lx ⊆ I per ogni x ∈ R. Per (4.18), al variare di x in R, Lx copre tutti gli ideali sinistri di R isomorfi a Mi . Quindi I = Bi , cioè Bi non ammette ideali bilateri non-banali. Osserviamo infine che gli ideali sinistri di Bi sono anche ideali sinistri di R, sicché anche Bi , come anello, soddisfa (MinC). 4.5 Il Teorema di Wedderburn Per questa parte si veda [CR, p. 175]. Premettiamo un risultato classico. (4.23) Lemma (Shur). Sia R un anello e sia M un R-modulo irriducibile. Allora D = HomR (M, M ) è un corpo. Dimostrazione. Ovviamente D è un anello. Sia 0 6= φ ∈ D. Proviamo che φ è bijettivo. Poiché Ker φ è un sottomodulo di M , Ker φ = 0. Poiché Im φ è un sottomodulo di M , Im φ = M . Quindi esiste l’applicazione inversa φ−1 : M → M . Verifichiamo che φ−1 è un omomorfismo di R-moduli. Per a ∈ R, m ∈ M si ha m = φ(n) per qualche n ∈ M . Segue che φ−1 (am) = φ−1 φ(an) = an = aφ−1 (m) . Quindi φ−1 ∈ D. (4.24) Osservazione. Sia R un anello e M uno R-modulo sinistro. Poniamo Rl = { φ ∈ End M | φ(m) = rm, per qualche r ∈ R } , anello degli endomorfismi di M dati dalle moltiplicazioni a sinistra. Sia D = HomR (M, M ), † In generale si ha t ≤ s perché si possono avere due Li isomorfi tra loro. 76 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org insieme degli endomorfismi di M come R-modulo, visto come un anello di operatori che agiscono da destra su M , cioè, per ψ ∈ D, m ∈ M abbiamo m · ψ = ψ(m). In generale si ha l’inclusione Rl ⊆ HomD (M, M ). Infatti gli elementi di D sono endomorfismi che commutano con le moltiplicazioni a sinistra (i.e. con l’azione di R). Diremo che (R, M ) ha la proprietà del doppio centralizzante (DCP) se Rl = HomD (M, M ). (4.25) Proposizione. Sia R un anello. Allora (R, R R) ha la (DCP). Dimostrazione. Con le notazioni di (4.24), sia Rl ⊆ End M l’anello delle moltiplicazioni a sinistra, D = EndR R e si interpreti D come un’azione da destra su R. Sia δ ∈ D e si ponga d = 1R · δ = δ(1R ). Allora, per ogni r ∈ R, r · δ = (r1R ) · δ = r(1R · δ) = rd . Quindi δ è la moltiplicazione a destra per d. D’altra parte la proprietà associativa mostra che ogni moltiplicazione a destra appartiene a D. In altre parole D = Rr , ove con Rr indichiamo l’anello delle moltiplicazioni a destra. Sia ora φ ∈ HomD (R, R) e si ponga c = φ(1R ). Allora, poiché φ commuta con tutte le moltiplicazioni a destra, ! φ(r) = φ(1R r) = φ(1R )r = cr , sicché φ è la moltiplicazione a sinistra per c. D’altro canto sappiamo che vale Rl ⊆ HomD (R, R). Concludiamo che vale Rl = HomD (R, R), cioè la tesi. (4.26) Lemma. Sia R un anello, M uno R-modulo sinistro e sia V = M ⊕ . . . ⊕ M ( somma diretta esterna ). {z } | k-volte Se (R, V ) ha la (DCP), allora (R, M ) ha la (DCP). Dimostrazione. Gli elementi di V sono delle k-uple (m1 , . . . , mk ) per mi ∈ M . Sia D = HomR (M, M ) e sia f ∈ HomD (M, M ). Vogliamo provare che f è una moltiplicazione a sinistra per un elemento di R. Definiamo f ∗ ∈ End V , f ∗ (m1 , . . . , mk ) = (f (m1 ), . . . , f (mk )) . Se proviamo che f ∗ ∈ HomE (V, V ) ove E = HomR (V, V ) allora, per la (DCP) di (R, V ), concludiamo che esiste r ∈ R tale che f (m1 ), . . . , f (mk ) = (rm1 , . . . , rmk ), da cui la tesi. Sia quindi ϑ ∈ E (da interpretarsi come operatore che agisce da destra). Vogliamo provare che f ∗ commuta con ϑ. Per ogni v ∈ V , poniamo v = (mv1 , . . . , mvk ) = v1 + . . . + vk , 77 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org ove vi = (0, . . . , mvi , . . . , 0). Poniamo inoltre vi · ϑ = (0, . . . , mvi , . . . , 0) · ϑ = mvi · ϑi1 , . . . , mvi · ϑik . Abbiamo allora delle ben definite mappe additive ϑij : M → M , mvi 7→ mvi · ϑij . Quindi basta verificare che f ∗ commuta con ϑ sugli elementi vi , al variare di v ∈ V e per ogni i = 1, . . . , k. Poiché f ∈ HomD (M, M ) e ϑij ∈ D, f ∗ (vi ) · ϑ = 0, . . . , f (mvi ), . . . , 0 · ϑ = f (mvi ) · ϑi1 , . . . , f (mvi ) · ϑik = f (mvi · ϑi1 ), . . . , f (mvi · ϑik ) = f ∗ (vi · ϑ) . Quindi (per additività) f ∗ ∈ HomR (V, V ). (4.27) Teorema (Wedderburn). Sia R un anello (MinC) semplice. Allora R ' Matn (D) per qualche corpo D. Dimostrazione. Si osservi anzitutto che R è anche semisemplice. Sia M = Re un ideale minimale di R (4.13(a)) e sia Rl l’anello degli endomorfismi di M delle moltiplicazioni a sinistra per elementi di R (cioè delle applicazioni rl : m 7→ rm, per r ∈ R). Allora la mappa r 7→ rl è un epimorfismo di R su Rl il cui nucleo è un ideale bilaterale. Poiché R è semplice, abbiamo un isomorfismo R ' Rl . Per il teorema (4.22), R è somma delle sue componenti omogenee. D’altra parte, poiché queste sono ideali bilateri ed R è semplice, R è deve essere omogeneo, cioè somma di ideali sinistri minimali isomorfi tra loro. Segue che RR ' M ⊕ . . . ⊕ M, {z } | l-volte ove l è univocamente determinato da R. Poiché (R, R R) ha la (DCP) (4.25), per (4.26) anche (R,M) ha la (DCP), sicché, posto D = HomR (M, M ), Rl = HomD (M, M ) . Per il lemma (4.23) di Shur, sappiamo che D è un corpo. Osserviamo che possiamo considerare M come uno “spazio vettoriale” sul corpo D. Più precisamente, è possibile ripercorrere alcuni passi dell’algebra lineare senza ricorrere alla commutatività del prodotto, parlando cosı̀ di spazi vettoriali su corpi (skewfields). Si veda [WA, p. 61] per maggiori dettagli. Cosı̀, in particolare, se M ha dimensione finita n su D, allora HomD (M, M ) ' Matn (D) [WA, p. 70]. Ora, supponiamo per assurdo che dimD M = ∞. Allora esiste una successione { mi }i∈N di elementi di M tali che, per ogni k ∈ N, l’insieme { m1 , . . . , mk } sia linearmente indipendente su D. Poniamo allora, per ogni k, Ik = { r ∈ R | rm1 = . . . = rmk = 0 } . 78 4 Teoria delle rappresentazioni marcocentin.altervista.org Allora Ik sono ideali sinistri di R e si ha I1 ⊇ I2 ⊇ I3 ⊇ . . . Osserviamo che le inclusioni sono proprie. Infatti possiamo completare l’insieme degli mi a una base di M , e assegnare un’applicazione lineare di M assegnando arbitrariamente le immagini della base. In particolare troviamo sempre applicazioni che mandano m1 , . . . , mk in 0, ma mk+1 in un elemento non nullo. Dato che HomD (M, M ) = Rl , troviamo sempre elementi r in Ik r Ik+1 . Abbiamo trovato quindi un insieme di ideali che non soddisfa (MinC), contraddizione. 79 Indice analitico B B k (G, M ), 66 0-omotopo Bi , 75 complesso di catene, 25 morfismo di complessi di catene, Bk (A, M ), 63 25 C b , 48 C op , 17 e , 49 c.d.c., vedi complesso di catene ∗ , 15 ∗, Categoria, 6 op , 17 additiva, 16 funtore, 7 A morfismi di, 6 oggetti di, 6 Ah i, 8 opposta, 17 A-modulo, 3 piccola, 6 complesso di catene di, 22 cd G, 52 Aciclico Centro complesso di catene, 27 di un’algebra, 2 Additiva Circuito, 58 categoria, 16 coind A B N , 49 Additivo Coinduzione funtore, 17 di un modulo su una sopra-algebra, Albero, 58 49 Alf X, 53 Coker, 11 Alfabeto Combinatorico su un insieme X, 53 grafo, 55 Algebra Complesso centro di, 2 associato a un grafo, 59 dei quaternioni, 3 Complesso di catene, 22 gruppale R[G], 3 0-omotopo, 25 aciclico, 27 modulo su, 3 di A-moduli, 22 omomorfismo di, 2 omomorfismo di, 22 su un anello, 2 omotopicamente equivalente a, 30 Anello sequenza esatta corta di, 22 radicale di, 70 Componente semisemplice, 70 di Wedderburn, 75 AhXi, 4 omogenea, 75 Azione Condizione di minimo, 68 di un gruppo su un grafo, 55 Connesso senza inversione di spigoli, 55 grafo, 56 transitiva, 56 Conucleo, 8, 11 Coomologia 80 Indice analitico marcocentin.altervista.org connesso, 56 loop, 58 sentiero di, 56 sottografo, 58 Gruppo che agisce su un grafo, 55 libero su X, 53 di un gruppo, 41 Coomologica dimensione di un gruppo, 52 D C δ−k , 31 (DCP), 76 Derivazioni, 67 principali, 67 Dimensione coomologica di un gruppo, 52 proiettiva, 52 Doppio centralizzante proprietà del, 76 H H k (G, M ), 41 Hk (M· , α· ), 22 Hk (φ· ), 22 Hamilton algebra di, 3 HomA (C· , M ), 31 HomA (M, N ), 3 HomA (M, ), 16 HomA ( , M ), 16 E E(Γ), 59 Equivalenza omotopica, 30 di sequenze esatte corte, 10 Esatta sequenza, 11 sequenza corta, 9 Esatto funtore, 17 ExtkA (B, M ), 33 I Ideale minimale, 71 nil, 68 nilpotente, 68 Idempotente sistema completo di, 73 indA B M , 48 indG H Z, 47 Induzione di un modulo su una sopra-algebra, 48 Iniettivo modulo, 18 Insieme parzialmente ordinato, 20 Inversione di spigoli, 55 Irr R, 75 F F (X), 53 F(Gk , M ), 65 φ· ∼ ψ· , 25 Forget, 8 Funtore, 7 additivo, 17 controvariante, 7 covariante, 7 esatto, 17 esatto a destra, 17, 18 esatto a sinistra, 17, 18 G K Grafo, 55 circuito, 58 combinatorico, 55 complesso associato, 59 k-cobordi, 66 k-cocicli, 66 81 Indice analitico marcocentin.altervista.org L O Lemma del serpente, 11 di Zorn, 20 Lettere di un alfabeto, 53 Libero gruppo, 53 modulo, 4 Loop, 58 ob(C), 6 Oggetti di una categoria, 6 Omogenea componente, 75 Omologia, 22 di un complesso di catene, 22 Omomorfismo conucleo di, 8, 11 di A-moduli, 3 di algebre, 2 di complessi di catene, 22 nucleo di, 8 omotopicamente equivalente, 25 Omotopicamente equivalente complesso di catene, 30 omomorfismo, 25 Opposta categoria, 17 M MJ0 K, 27 M ⊗A X, 42 m ⊕ x, 44 (MinC), 68 Minimale ideale, 71 Modulo completamente riducibile, 71 di omologia, 22 iniettivo, 18 irriducibile, 71 libero su un insieme, 4 omomorfismo di, 3 proiettivo, 18 su un’algebra, 3 zoccolo di, 71 morC (A, B), 6 Morfismi di una categoria, 6 Morfismo 0-omotopo, 25 P Par X, 53 Parole su un alfabeto Alf X, 53 Parzialmente ordinato insieme, 20 path(x, y), 56 pdim M , 52 Poset, 20 Presentazione di un gruppo, 54 Prodotto tensoriale, 42 Proiettiva dimensione, 52 Proiettivo modulo, 18 risoluzione, 27 rivestimento, 27 Proprietà del doppio centralizzante, 76 Proprietà universale del prodotto tensoriale, 42 N Nil ideale, 68 Nilpotente elemento, 68 ideale, 68 Nucleo, 8 82 Indice analitico marcocentin.altervista.org Q Quaternioni algebra dei, 3 R Rl , 76 R-algebra, 2 R[G], 3 rad R, 70 Radicale di un anello, 70 Regolare azione, 56 Relatore di un gruppo, 54 Relazione d’ordine parziale, 20 d’ordine totale, 20 res A B N , 48 Restrizione di un modulo su una sotto-algebra, 48 Ridotto sentiero, 56 Risoluzione proiettiva, 27 Rivestimento proiettivo, 27 esatta corta, 9 di complessi di catene, 22 equivalente a, 10 spezzante, 10 Serpente lemma del, 11 Simboli di un alfabeto, 53 Sistema completo di idempotenti ortogonali, 73 Socle M , 71 Sottografo, 58 Spezzante sequenza esatta corta, 10 Spigoli di un grafo, 55 T Tensoriale prodotto, 42 Teorema di paragone, 28 Transitiva semplicemente, 56 V V (Γ), 59 Vertici di un grafo, 55 S s.e., vedi sequenza esatta s.e.c., vedi sequenza esatta corta Semisemplice annello (MinC), 70 Semplicemente transitiva, 56 Sentiero di un grafo, 56 ridotto, 56 Sequenza, 9, 11 esatta, 11 W Wedderburn componente di, 75 Z Z k (G, M ), 66 Z(A), 2 Zoccolo di un modulo, 71 Zorn lemma, 20 83 Riferimenti bibliografici marcocentin.altervista.org Riferimenti bibliografici [ML1] S. 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