aspettativa per accudire al figlio (200931)

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OGGETTO
ASPETTATIVA PER ACCUDIRE AL FIGLIO
QUESITI
(posti in data 28 ottobre 2009)
1) È possibile chiedere all'Azienda un periodo di aspettativa senza
assegni per accudire al figlio dell’età di tre anni?
2) In caso affermativo quale potrebbe essere la durata massima e
quale la minima?
3) Quali sono le procedure per richiederla?
4) Può l'Azienda rifiutarla?
5) È possibile durante tale periodo lavorare, saltuariamente, per altri
datori di lavoro?
RISPOSTE
(inviate in data 30 ottobre 2009)
1) È possibile chiedere all'Azienda un periodo di aspettativa senza
assegni per accudire al figlio dell’età di tre anni?
L’aspettativa è disciplinata dall’articolo 10 del CCNL 10 febbraio 2004,
integrativo del CCNL 1998_2001. Il comma 1 del citato articolo 10
dispone al riguardo che “ Al dirigente con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato che ne faccia formale e motivata richiesta, compatibilmente con le esigenze di servizio, possono essere concessi periodi
di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e
senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici
mesi in un triennio”.
Appare evidente che la fruizione di questo istituto non costituisce
diritto insindacabile del lavoratore, e che la concessione della stessa è
lasciata alla discrezionalità dell’azienda, che può negarla laddove
ravveda che questa possa compromettere la funzionalità dei servizi.
Considerata la nota carenza di anestesisti, e la criticità oggettiva
dei servizi ad essi affidati, non è da escludere un rifiuto dell’azienda
alla concessione dell’aspettativa nel caso specifico in esame.
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Esiste tuttavia un altro istituto del quale il genitore di un figlio di età
inferiore ad otto anni può avvalersi, ed è il congedo parentale.
Il congedo parentale è disciplinato dall’articolo 32 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità), che al comma 1 in particolare dispone
1. Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha
diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite
dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non
possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo
il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto
limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete alla madre
lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un
periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi.
Per quanto concerne il trattamento economico, in caso di congedo
parentale si applica l’articolo 34 dello stesso decreto legislativo 151,
che al comma 1 dispone in particolare:
1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici
e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino,
un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo
massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.
2) In caso affermativo quale potrebbe essere la durata massima e quale
la minima?
Per entrambi gli istituti la normativa non prevede una durata minima
ma una durata massima complessiva, che nel caso dell’aspettativa è
di dodici mesi in tre anni, mentre nel caso del congedo parentale è
di cinque mesi per ognuno dei due genitori, periodo che viene elevato
a dieci mesi nel caso che sia un solo genitore a prendersi cura
del figlio, nei primi otto anni di vita del bambino.
Sia l’aspettativa che il congedo parentale possono essere frazionati,
con maggiore flessibilità per il congedo parentale. Questo può essere
richiesto anche per singoli giorni, senza vincoli rispetto a precedenti
fruizioni di questo diritto, mentre per l’aspettativa è possibile reiterare
la richiesta solo dopo che siano trascorsi quattro mesi di servizio
attivo dal rientro in servizio al termine di un precedente periodo
di aspettativa. La differente modalità di fruizione dei due istituti
scaturisce dal fatto che diverse ne sono le finalità.
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L’aspettativa per motivi di famiglia è finalizzata a far fronte
a situazioni di particolare gravità, e comunque ad eventi dei quali si
possa a priori prevedere la durata, mentre il congedo parentale è
finalizzato a consentire al genitore di accudire al figlio secondo
le esigenze che egli stesso di volta in volta ravvede (non necessariamente per motivi di malattia del figlio, per la quale ciascun genitore
ha il diritto di assentarsi dal servizio, nei limiti fissati dall’articolo 47
dello stesso decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che fino all’età
di tre anni prevede il diritto dei genitori ad assentarsi alternativamente dal servizio per tutta la durata della malattia del figlio, e dai tre
agli otto anni, sempre alternativamente, per cinque giorni l’anno).
3) Quali sono le procedure per richiederla?
Sia per l’aspettativa che per il congedo parentale la richiesta deve
essere presentata per iscritto all’Azienda, per l’aspettativa 30 giorni
prima della data dalla quale si intende utilizzarla, per il congedo
parentale 15 giorni prima. Resta fermo il principio di carattere
generale che la fruizione di certi diritti può essere oggetto di un
accordo tra le parti che ne disciplini in maniera trasparente e
condivisa le modalità.
4) Può l’Azienda rifiutarla?
L’aspettativa per motivi di famiglia può non essere concessa, laddove
l’azienda ravveda che da questo possa discendere pregiudizio
al normale funzionamento dei servizi erogati (il comma 1 dell’articolo
10 del CCNL 10 febbraio 2004 specifica infatti che “compatibilmente
con le esigenze di servizio, possono essere concessi periodi di aspettativa per motivi personali e di famiglia”).
Il congedo parentale non può non essere concesso, perché esso è
definito dalla norma un diritto del lavoratore sul quale non esistono
spazi di discrezionalità da parte dell’Azienda (il comma 1 dell’articolo
32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, afferma infatti che
“Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha
diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente
articolo”).
5) È possibile durante tale periodo lavorare, saltuariamente, per altri
datori di lavoro?
Direi proprio di no, perché anche se in aspettativa il dirigente è tenuto
al vincolo dell’esclusività nei confronti dell’azienda.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
CCNL 10 FEBBRAIO 2004
INTEGRATIVO DEL CCNL 1998_2001
ARTICOLO 10 – ASPETTATIVA
1. Al dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che ne
faccia formale e motivata richiesta, compatibilmente con le esigenze
di servizio, possono essere concessi periodi di aspettativa per
esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza
decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici
mesi in un triennio.
2. Il dirigente rientrato in servizio non può usufruire di un altro
periodo di aspettativa per motivi di famiglia, anche per cause
diverse, ovvero delle aspettative di cui al comma 8, lettere a) e b), se
non siano intercorsi almeno quattro mesi di servizio attivo, fatto
salvo quanto previsto dal comma 8, lettera c).
3. Ai fini del calcolo del triennio di cui al comma 1, si applicano le
medesime regole previste per le assenze per malattia.
4. L’aspettativa di cui al comma 1, fruibile anche frazionatamente,
non si cumula con le assenze per malattia e si ritiene fruibile
decorsi 30 giorni dalla domanda, salvo diverso accordo tra le parti.
5. Qualora l’aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per
l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali
periodi - pur non essendo utili ai fini della retribuzione e
dell’anzianità - sono utili ai fini degli accrediti figurativi
per il trattamento pensionistico.
6. L’azienda, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno
i motivi che ne hanno giustificato la concessione, invita il dirigente
a riprendere servizio con un preavviso di 10 giorni. Il dirigente, per
le stesse motivazioni e negli stessi termini, può riprendere servizio
di propria iniziativa.
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7. Nei confronti del dirigente che, salvo casi di comprovato
impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza
del periodo di aspettativa o del termine di cui al comma 6,
il rapporto è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva
di preavviso, nel rispetto delle procedure previste dalla normativa
contrattuale vigente.
8. L’aspettativa senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità è
altresì concessa al dirigente con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, a domanda, per:
a) un periodo massimo di sei mesi se assunto presso la stessa o
altra azienda ovvero ente o amministrazione del comparto, con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed incarico di direzione
di struttura complessa;
b) tutta la durata
presso la stessa
altre pubbliche
organismi della
incarico a tempo
del contratto di lavoro a termine se assunto
o altra azienda o ente del comparto, ovvero in
amministrazioni di diverso comparto, o in
Unione Europea, con rapporto di lavoro ed
determinato;
c) la durata di due anni e per una sola volta nell’arco della vita
lavorativa per gravi e documentati motivi di famiglia individuati
dall’articolo 2 del decreto interministeriale 21 luglio 2000, n.
278. Tale aspettativa può essere fruita anche frazionatamente e
può essere cumulata con l’aspettativa di cui al comma 1, se
utilizzata allo stesso titolo.
9. Il dirigente che non intende riprendere servizio, al termine
dell’aspettativa di cui al comma 8, lett. b), è esonerato dal preavviso
purché manifesti per iscritto la propria volontà 15 giorni prima.
Il preavviso non è comunque richiesto nell’ipotesi di cui alla lettera
a) o se il dirigente non rientra al termine del periodo di prova
presso altra azienda.
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DECRETO INTERMINISTERIALE 21 LUGLIO 2000, N. 278
(regolamento per la fruizione del congedo parentale)
ARTICOLO 2.
Congedi per gravi motivi familiari
Per gravi motivi familiari si intendono:
a) le necessità familiari derivanti dal decesso di parenti o affini fino
al terzo grado, anche se non conviventi
b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza
di parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi.
c) le situazioni di grave disagio personale ad esclusione della malattia,
nelle quali incorra il dipendente medesimo;
d) le situazioni, riferite a parenti o affini fino al terzo grado ad
esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o
permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi
incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze,
a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva
del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche
di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma
terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o
del soggetto che esercita la potestà.
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DECRETO LEGISLATIVO 26 MARZO 2001, N. 151
(testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternità e della paternità)
ARTICOLO 32
Congedo parentale
1. Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore
ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite
dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non
possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto
salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito
del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo
di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo
continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile
a sette nel caso di cui al comma 2;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo
o frazionato non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro
per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi,
il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato
a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è
tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore
di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti
collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore
a quindici giorni.
4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora
l'altro genitore non ne abbia diritto.
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DECRETO LEGISLATIVO 26 MARZO 2001, N. 151
(testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternità e della paternità)
ARTICOLO 47
Congedo per la malattia del figlio
1. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi
dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio
di età non superiore a tre anni.
2. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi
dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per
le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni.
3. Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve
presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico
specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato.
4. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero
interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie
in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e 2.
5.
Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano
le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore.
6. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro
genitore non ne abbia diritto.
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INDICAZIONI OPERATIVE
La normativa vigente offre ai genitori che vogliono accudire ai propri
figli, fino all’ottavo anno di vita degli stessi, la possibilità di usufruire
dei due istituti precedentemente descritti: l’aspettativa per motivi
di famiglia ed il congedo parentale. Tali istituti hanno finalità
e caratteristiche diverse. Una differenza di particolare rilievo concerne
il fatto che mentre l’aspettativa può non essere concessa dall’azienda,
il congedo parentale è un diritto inalienabile, e non soggetto ad alcuna
discrezionalità da parte dell’azienda.
Opportuno verificare preventivamente, prima ancora di presentare
una formale richiesta, sia la disponibilità aziendale alla concessione
dell’aspettativa, sia le modalità di fruizione della stessa. Opportuno
comunque addivenire dialetticamente alla definizione di una soluzione
che consenta il migliore contemperamento possibile delle esigenze
personali e delle esigenze aziendali, nel reciproco rispetto di diritti
e prerogative che per certi versi fisiologicamente si contrappongono.
L'utilizzo degli istituti in questione (aspettativa per motivi di famiglia e
congedo parentale) determina in ogni caso per l’interessata un danno
economico, e per l'Azienda una situazione di oggettiva difficoltà,
considerata da un lato a carenza di anestesisti e dall'altro i vincoli,
normativi ed economici, che le aziende hanno per integrare la dotazione di personale. Ciò potrebbe determinare un atteggiamento non
positivo da parte dell'Azienda in sede di valutazione, sia di prima che
di seconda istanza (quella di prima istanza compete come noto al
responsabile della struttura e quella di seconda istanza al collegio
tecnico, ma su di essa incide in maniera significativa la proposta
di valutazione formulata dal responsabile della struttura).
Una soluzione che consentirebbe di eliminare entrambi i problemi
(il danno economico per la professionista e le difficoltà organizzative
per l'Azienda) potrebbe essere concordare una rimodulazione dei turni
di presenza che, fermo restando l'impegno complessivo di 38 ore
settimanali, consentisse alla dirigente una migliore gestione dei suoi
impegni familiari.
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Concentrando ad esempio la presenza nelle notti e nei giorni festivi,
durante i quali potrebbe essere il padre a prendersi cura del bambino,
la madre potrebbe avere giorni liberi in più durante la settimana;
questa ipotesi è comunque meramente esemplificativa di un percorso
che, adeguatamente studiato e concordato con l'Azienda, potrebbe
dare risposta alle esigenze familiari, con il vantaggio di dimostrare
una flessibilità ed una disponibilità che non possono non essere
considerate nei processi valutativi.
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