Un agente morfogenetico è un fenomeno fisico e/o chimico che, attraverso
l’attivazione di meccanismi caratteristici, può generare o modificare le forme
del rilevo e/o le caratteristiche dei depositi (morfogenesi). Gli agenti
morfogenetici possono essere distinti in endogeni ed esogeni.
Gli agenti endogeni dipendono dalle condizioni fisiche e chimiche dei materiali
che formano l’interno terrestre, nonché ai fenomeni che vi si manifestano.
Gli agenti esogeni sono legati alle interazioni che avvengono al contatto tra la
litosfera e l’atmosfera, l’idrosfera e/o la biosfera; spesso sono rappresentati dal
moto di fluidi sotto l’effetto della gravità.
Un processo morfogenetico è un particolare meccanismo attraverso il quale
un agente morfogenetico riesce a creare o modificare forme e depositi.
Vengono detti fattori morfogenetici le condizioni statiche e dinamiche che
influenzano l’efficacia dei processi morfogenetici.
I fattori che influenzano la morfogenesi (soprattutto per quanto riguarda gli
agenti esogeni) possono essere distinti in attivi (in grado di modificare l’energia
dell’agente) e passivi (che determinano l’inerzia del paesaggio, ovverosia la
“resistenza” che forme e depositi oppongono alla modificazione).
Tra i fattori morfogenetici, un ruolo predominante è ricoperto dalla natura
litologica e dall’assetto strutturale dei materiali affioranti (fattori strutturali).
In genere, le forme ed i depositi si originano per effetto dell’interazione di più
agenti, ma spesso è possibile attribuire ad uno di questi un ruolo predominante
(agente morfogenetico principale).
I diversi agenti tendono a modificare continuamente la superficie terrestre, il cui
aspetto in ciascun istante rappresenta semplicemente una fase di transizione
tra situazioni differenti, in un ambito dinamico di continua trasformazione in cui
con ritmo irregolare si alternano fasi di prevalente costruzione e di prevalente
distruzione del rilievo.
In genere, gli agenti endogeni tendono a creare rilievo (aumentare
l’energia potenziale), mentre gli agenti esogeni tendono a ridurlo
(diminuire l’energia potenziale).
Il modellamento endogeno si esplica soprattutto attraverso l’attività tettonica
(piegamento, fratturazione e spostamento di porzioni della crosta terrestre), a
cui è associata l’attività vulcanica e sismica. Il modellamento esogeno è
fortemente connesso con le caratteristiche del clima e dei fattori ad esso
connessi (vegetazione ecc.), per cui è possibile individuare sulla Terra ambiti
morfoclimatici aventi caratteristiche differenti.
Agenti endogeni
Vulcanismo
Tettonica
Sismi
Agenti esogeni
Acque correnti superficiali
Acque chimicamente attive
Moto ondoso e di marea
Ghiaccio e neve
Gelo
Vento
Alterazione meteorica e pedogenesi
Vegetazione e fauna
Uomo
Gravità
L’attività tettonica si esplica a tutte le scale, dalle microfratture ai movimenti
continentali; essa, così come quelle vulcanica e sismica connesse, può
comportare, la creazione di nuovi tratti di superficie terrestre, la distruzione di
altri e la modificazione di altri ancora.
Gran parte dei processi morfogenetici esogeni dipende dalla forza di gravità, che
talora può essere predominante assumendo così il ruolo di agente
morfogenetico essa stessa.
Talora, la morfogenesi esogena non è legata ad alcun agente in particolare, ma
è condizionata soprattutto dall’assetto strutturale (forme poligenetiche
strutturali).
I processi morfogenetici esogeni possono essere ricondotti a quattro grandi tipi:
degradazione;
erosione;
trasporto;
sedimentazione.
La Degradazione
La degradazione consiste nella trasformazione delle caratteristiche dei
materiali affioranti o sub-superficiali senza significativa modificazione del loro
volume, della loro massa e della loro posizione.
La degradazione può essere distinta in degradazione fisica (o meccanica) e
alterazione chimica.
La degradazione fisica consiste nella frammentazione meccanica dei materiali,
mentre l’alterazione chimica prevede una modificazione della struttura
cristallina o della composizione molecolare degli stessi.
I fenomeni di degradazione non comportano grandi modificazioni del
paesaggio, ma la loro importanza è comunque grande, poiché forniscono
materiale attaccabile dai processi di erosione.
L’erosione, il trasporto e la sedimentazione
L’erosione consiste nella rimozione di materiale da parte di agenti fisici, chimici
o biologici, con conseguente riduzione locale di volumi e masse, e produzione di
forme di erosione.
Il trasporto non prevede variazioni di volume o di massa delle forme, ma
consiste semplicemente nello spostamento di materiale già eroso in una nuova
posizione (in genere, avente una minore energia potenziale di quella iniziale). Il
trasporto, che in genere non produce forme significative, può avvenire per via
fisica o, più raramente, per via chimica (in soluzione) o biologica.
La sedimentazione consiste nella deposizione del materiale precedentemente
trasportato e può anch’essa avvenire tramite processi fisici (perdita di velocità o
viscosità del mezzo trasportante), chimici (variazioni degli equilibri nelle soluzioni)
o biologici.
I processi di sedimentazione producono forme di accumulo, a cui sono connessi
depositi superficiali.
Forme, depositi e processi possono essere riconosciuti e descritti utilizzando
parametri di discriminazione differenti:
agente morfogenetico principale (morfogenesi);
età (morfocronologia);
attività (morfodinamica);
dimensioni e caratteristiche geometriche (morfometria);
forma (morfografia).
In genere, per la classificazione delle forme (e la loro rappresentazione
simbolica su carta) ci si basa su criteri morfogenetici, effettuando poi ulteriori
distinzioni su base morfodinamica, morfocronologica e morfometrica.
Siccome la superficie terrestre è in continua evoluzione, le forme possono
evolversi in forme differenti, spesso sotto l’azione di agenti diversi da quelli che
le avevano originariamente formate.
I processi (e, conseguentemente, le forme ed i depositi da questi prodotti)
quindi possono essere distinti in attivi ed inattivi.
A loro volta i processi attivi s.l. possono essere suddivisi in attivi s.s. e
quiescenti.
STATO DI ATTIVITÀ DI UNA FORMA
In accordo con i più recenti riferimenti bibliografici (Varnes, 1978; GNGFG,
1987; Canuti et al, 1991) si è soliti distinguere tre stati di attività: attivo,
quiescente, inattivo.
Sono da considerare inattive le forme per le quali l’agente morfogenetico non
è più presente al momento del rilevamento, in quanto ha esaurito la propria
attività oppure perché per tornare ad agire efficacemente sulla forma sarebbero
necessarie profonde variazioni nei fattori morfoclimatici e/o morfodinamici.
Vengono considerate attive s.s. le forme per le quali risultano in atto al
momento del rilevamento, o ricorrono con un ciclo il cui periodo massimo non
supera quello stagionale, i processi che le hanno generate e ne hanno
condizionato l’evoluzione;
Sono classificate come quiescenti le forme non attive al momento del
rilevamento e prive di periodicità stagionale, per le quali però esistano sicuri
dati (geomorfologici, storici, bibliografici, ecc.) che ne dimostrino l’attività
passata nell’ambito dell’attuale sistema morfoclimatico e morfodinamico e che
abbiano oggettive possibilità di riattivazione non avendo esaurito la loro
potenzialità di evoluzione.