230_RelazCigl+Aba - Sotto il Monte Giovanni XXIII

RELAZIONE SUI CONTENUTI
DEL NUOVO PARCO "CORNETTA"
ABACO DEI MATERIALI, DEGLI ARREDI
E DELLE SPECIE BOTANICHE
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PROGETTO DEFINITIVO PIANO ATTUATIVO Atr2
Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
RELAZIONE SUI CONTENUTI DEL PROGETTO DEL PARCO
Il parco della Cornetta nasce in un contesto di agricoltura tradizionale della
fascia pedecollinare.
I terreni sulle pendici poste alla base del Monte Canto mantengono tuttora
la lavorazione a balze tipiche della bassa collina bergamasca, con superfici
pianeggianti, disposte in modo parallelo e seguenti un livello altimetrico
regolare, intervallate da ripide fasce di raccordo eventualmente rinforzate con
muri a secco nei tratti dove il pendio è più accentuato. La pietra è l’arenaria
ricavata dallo spietramento delle pendici coltivabili e dalle lastre affioranti sul
versante del Monte.
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PROGETTO DEFINITIVO PIANO ATTUATIVO Atr2
Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
Questa tradizionale forma di sistemazione fondiaria caratterizza il
paesaggio agricolo-forestale di questa fascia, dove storicamente vengono
coltivate le specie legnose da frutto, rappresentate, sui versanti solivi e più
fertili, quasi esclusivamente dalla vite.
L’area dove è prevista la trasformazione residenziale (e la realizzazione del
parco) si trova alle spalle del nucleo urbano principale, in una fascia di
raccordo tra l’area residenziale e il versante boscato del Monte Canto. Qui
l’edificazione è di tipo sparso e prevalgono i vecchi edifici rurali, ora trasformati,
ora singoli, ora accorpati in piccoli agglomerati, la cui genesi è legata al
progressivo sviluppo del nucleo familiare originario. Un tempo in questa zona,
sulle balze pianeggianti, vi erano vigneti, disposti per filari orizzontali, singoli o
doppi, piccoli campi coltivati a cereali, orti, filari di piante da frutto e foraggere
poliennali in forma di prato stabile lungo le scarpate delle balze.
Le aree verdi del Piano Attuativo devono ispirarsi alla storia e alla tradizioni
di questi luoghi, sia per non perdere quegli aspetti storici e culturali che
caratterizzano il paesaggio delle nostre colline, sia per non banalizzare
un’area così importante e qualificante per il tessuto urbanistico.
Il parco
dunque mantiene una serie di connotazioni “agricole” legate soprattutto al
sistema delle balze, all’impiego dei materiali e delle specie e alla scelta delle
tipologie. Nessuno spazio sarà destinato alle specie esotiche e ornamentali
che troppo spesso si vedono nelle aree di verde pubblico e privato.
Le balze esistenti e i nuovi gradoni, che accompagneranno il disegno dei
percorsi di accesso al parco, saranno realizzati in modo da testimoniare la
sistemazione agraria della collina. I terrazzi avranno muri in pietra arenaria,
lavorata a martello e posata con l’ausilio di malta di calcestruzzo, ma
simulando una lavorazione a secco, senza mai intasare e stilare i corsi tra i
sassi.
Sulle balze troveranno spazio la vite, disposta in filari, ma anche in forma di
pergola, scelta tra le varietà di uve bianche e rosse locali e più zuccherine. Tra
esse non potranno mancare alcuni dei
vitigni più tradizionali che
caratterizzano la produzione bergamasca, tra cui il Moscato di Scanzo e il
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Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
Barzeminà, in modo da trasmettere un messaggio che non sia solo di valore
paesaggistico, ma anche culturale.
Sulle scarpate tra le balze verranno impiegate specie erbacee perenni di
tipo tappezzante a bassissima manutenzione, in grado rivestire e proteggere
efficacemente la coltre superficiale del terreno, senza richiedere costosi e
frequenti interventi di sfalcio.
Tra le specie arboree vi saranno essenze tipiche delle formazioni forestali
del Monte Canto, con particolare riferimento ai querceti di rovere (Quercus
petrae), ma anche alle selve castanili (Castanea sativa), ai boschi riparali di
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ontano nero (Alnus glutinosa) e alla presenza della farnia (Quercus robur). A
queste si accompagno altre essenze autoctone locali, sia arboree che
arbustive, la cui scelta non sarà mai casuale ma sempre legata ad un contesto
e ad un ruolo specifico dell’agricoltura tradizionale. Solo per citarne alcuni:
l’olmo campestre (Ulmus campestris) come tutore della vite, il frassino
(Fraxinus excelsior) per i manici delle vanghe, il sorbo (Sorbus aucuparia)
usato come “pastura” per gli uccelli, le piante da frutto con particolare
attenzione al ciliegio (Prunus avium) le cui fioriture bianche dipingono in
primavera le pendici del Monte Canto), le piante della tradizione lombarda
come il gelso (Morus alba e nigra), le siepi saranno realizzate preferibilmente
in carpino con la funzione di mitigare la presenza dei muri di contenimento e di
dividere i lotti, saranno messe a dimora piante aromatiche.
Nelle aree più fruibili e più “costruite” non mancheranno elementi di arredo
che dovranno essere ispirati sempre alla massima semplicità e ai materiali
locali tipici: il legno duro della rovere, il ferro degli attrezzi, la pietra arenaria,
l’argilla cotta dei vasi di coccio. I percorsi saranno sempre drenanti e in terre
naturali stabilizzate, contenuti da tavole in legno. Limitatamente alle piccole
aree di ritrovo potranno esserci pavimentazioni in lastre di ardesia posata a
secco su letto di sabbia.
Alla tradizione semplice e contadina del parco, vengono però accostati
elementi di forte contenuto tecnologico, necessari per minimizzare gli
interventi di manutenzione, per garantire una migliore crescita della
vegetazione, un basso impatto ambientale e un basso costo energetico,
impiegando sistemi di irrigazione automatica a goccia. I lampioni di 4-5 m di
altezza saranno dotati di corpi illuminanti led a luce bianca, che consentano il
contenimento di consumo di energia elettrica.
Il progetto esecutivo del parco si baserà sui contenuti sopra esposti.
Sotto il Monte Giovanni XXIII 28 gennaio 2013
Il tecnico
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ABACO PROGETTUALE delle OPERE DEL PAESAGGIO!
1 PRODOTTI PER PAVIMENTAZIONE
Si definiscono prodotti per pavimentazione quelli utilizzati per realizzare lo strato di rivestimento
dell'intero sistema di pavimentazione.
Si forniscono di seguito dei cenni sulle modalità di fornitura e posa in opera delle pavimentazioni
del sentiero.
Sono parte integrante delle seguenti descrizioni gli elaborati grafici allegati.
Le pavimentazioni del sentiero naturalistico saranno eseguite nel modo descritto di seguito:
• eventuale pulizia superficiale e scavo di 20 cm con asportazione del terreno agricolo e posa di
geotessuto;
• Formazione di sottofondo costipato in spessore minimo da cm 20 e con pendenze e spessori di
posa già definitivi.
1.1 BIOSTRASSE
• Materiale rullato in due strati (pezzature inerti…) con finitura superficiale “bianca”.
La pavimentazione Biostrasse è caratterizzata dall’elevato pregio tecnico ed architettonico.
Tecnologie innovative permettono la realizzazione di un massetto monolitico in tutto il suo spessore e
l’ottenimento di elevati valori di resistenza a compressione e di resistenza all’attrito.
Il massetto Biostrasse viene realizzato con aggregati lapidei certificati secondo la UNI 12620
attestazione 2+, con legante cementizio CEM II nei vari possibili sottogruppi, con additivi
BIOSTRASSE. La tessitura superficiale ruvida e permeabile garantisce la sicurezza di transito in ogni
condizione atmosferica, acqua e gelo inclusi. Il mix del tutto particolare viene studiato prevedendo una
percentuale di vuoti nella miscela tale da garantire il corretto equilibrio tra permeabilità, isolamento
acustico e isolamento termico. Il citato mix può allo stesso tempo essere studiato, se richiesto, per la
realizzazione di massetti impermeabili, nel qual caso verrà mantenuto il solo isolamento termico.
Il massetto BIOSTRASSE è caratterizzato dall’elevata resistenza a compressione che si attesta sul
valore di 13 Mpa, detto valore permette di ridurre gli spessori della pavimentazione.
La
pavimentazione BIOSTRASSE si presenta come un vero e proprio lastrone monolitico in grado di
ripartire i carichi trasmessi dal piano viabile, siano essi concentrati o ripartiti, ne consegue che la
sovrastruttura risulta poco sollecitata a vantaggio di una maggiore stabilità e durata a fatica nel tempo.
Principali caratteristiche del massetto Biostrasse:
Permeabile: il massetto Biostrasse è ricco di vuoti interni che permettono il passaggio dell'acqua,
dell'aria e del suono. In forza di detta caratteristica nascono nuovi criteri di progettazione del pacchetto
stradale, con sensibili risparmi per il recupero delle acque meteoriche. Il massetto così progettato evita
il formarsi di pozzanghere e dell'effetto acquaplanning a vantaggio della sicurezza dell'utente. La
permeabilità inoltre è il miglior antidoto contro la crescente impermeabilizzazione del suolo, come
prevenzione del dissesto idrogeologico. Gli stessi vuoti poi garantiscono la fonoassorbenza per
contenere il rumore da rotolamento del pneumatico. La permeabilità inoltre permette il nutrimento delle
radici delle piante che non hanno necessità di spaccare il massetto per trovare il principale elemento
della loro vita: l'acqua. Il massetto non altera le carattistiche chimiche e fisiche dell'acqua ed è
particolarmente resistente ai cicli di gelo e disgelo in quanto i vuoti interni permettono una crescita del
volume dell'acqua che non crea danni. Lo testimoniano i molti lavori realizzati in alta montagna nel
Veneto in Provincia di Belluno, a Cortina d’Ampezzo ed all'interno dei parchi nazionali: Parco
Nazionale d'Abruzzo, Parco Adamello Brenta, Parco delle Dolomiti Bellunesi, Parco Orsiera,ecc.
Atermico: non accumula e non propaga calore. Le temperature al suolo nella stagione calda delle
pavimentazioni in bitume possono oscillare tra i 60° ed i 100° influenzando negativamente il
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microclima, favorendo l'effetto serra e togliendo al comune cittadino il “benessere”. Il massetto
Biostrasse mantiene al suolo una temperatura superiore di qualche grado rispetto a quella esterna.
L'atermicità si accompagna poi dal contenuto indice di riflessione solare certificato del massetto
Biostrasse, particolarmente apprezzato dalle Società di certificazione del comparto edilizio (GBCLEED).
Riciclabile: in caso di rimozione non va in discarica. Non è un rifiuto speciale. Tutti gli altri materiali
a base bituminosa, resinosa, acrilica non sono annoverati tra quelli riciclabili.
Ininfiammabile: non contiene idrocarburi, sostanze plastiche, resinose, acriliche o sostanze di
origine petrolifera
Procedure di confezionamento e posa: il massetto Biostrasse si confeziona in un impianto di
betonaggio e si posa a freddo con la tradizionale vibro finitrice.
Spessori del massetto:·
cm 5 per i percorsi ciclabili e pedonali senza transito veicolare·
- cm 6 per percorsi carrabili a traffico leggero·
- cm 7 per percorsi carrabili a traffico medio·
- cm 8 per percorsi stradali a traffico pesante.
1.2 CORDOLI IN LEGNO
Gli elementi delle cordonate con sezione e caratteristiche determinate dagli elaborati di progetto
saranno posati per tratti rettilinei o curvilinei a correre, a raso o in elevazione rispetto alle quote
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adiacenti. Essi saranno in legno di larice o pino impregnato in autoclave a pressione secondo le
normative vigenti. La Direzione lavori, a suo insindacabile giudizio, potrà eseguire dei prelievi,
mediante confezionamento di provini degli elementi di cordonatura, da sottoporre al controllo della
resistenza a compressione semplice.
Gli elementi in legno, con caratteristiche fisiche e morfologiche conformi a quelle di progetto,
andranno posati “di coltello” ed avranno una sezione di cm 3 x cm 14, lunghezza 4 mt od inferiore nei
tratti curvi, fissati con tirafondi in ferro ogni 1-1.5 mt e opportunamente rinfiancati in modo continuo da
ambo i lati.
Particolare cura l’Impresa dovrà avere durante la posa per rispettare gli allineamenti di progetto,
mentre gli attestamenti tra i consecutivi elementi di cordonata dovranno essere perfetti e privi di
sbavature o riseghe.
2. ARREDI
Il legno utilizzato per gli arredi è il pino silvestre impregnato in autoclave (sottovuoto e pressione)
con sali antimuffa e antimarciume senza cromo, classe A. Il tipo di impregnante adottato è il Tanalith E
conforme alle normative EN 351-1
2.1 PANCHINE E TAVOLI IN LEGNO!
Le panchine lungo il percorso saranno realizzate in legno di pino nordico impregnato a pressione in
autoclave, con n. 5 listoni stondati da cm 12 x 3.5 (n. 3 di seduta e n. 2 di schienale) - Lunghezza
variabile da cm 180 a cm 195; oppure da panchine con schienale con basamento costituito da tronchi
masselli in legno (come da elaborati grafici).
La composizione PIC-NIC sarà di tipo pesante, realizzata in legno di pino nordico impregnato a
pressione in autoclave, composta da n. 2 panche senza schienale e tavolo collegate a monoblocco
dello spessore di cm 4.5 cm; le dimensioni totali del manufatto, fornito già assemblato, sono le
seguenti: cm 195 x 152.
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In alternativa la composizione tavolo + 2 panche, sempre realizzata in legno di pino nordico
impregnato a pressione in autoclave, può essere composta da n. 2 panche con
schienale realizzate ognuna con n. 5 listoni stondati da cm 12 x 4,2, tavolo con piano
realizzato con n. 6 listoni stondati da cm 12 x 4,2 collegato alle due panche mediante due
traverse di base predisposte per l'ancoraggio al terreno mediante plinti in calcestruzzo.
Dimensioni cm 220 x 195 x 75H, H seduta cm 45.
2.2 GIOCO IN LEGNO
Posizionata vicino all’area di sosta prima del ponte in legno, la Palestra rettangolare sarà realizzata
in legno di pino nordico impregnato a pressione in autoclave, con struttura in legno lamellare trattato
con lavorazione a quadrifoglio, pali ancorati mediante staffe in acciaio che evitano il contatto del legno
con il terreno, calotte di protezione in plastica od acciaio all'estremità dei pali.
La palestra sarà composta da diverse parti che permettono altrettante diverse possibilità di gioco,
di utilizzo e di esercizio fisico: ad esempio composta da n.2 spalliere, rete di arrampicata, coppia di
anelli, fune, scala orizzontale, scala mobile a corde con pioli e barra da ginnastica inox. Dimensioni
totali del manufatto: cm. 246 x 167 x 200H.
2.3 CESTINI PORTARIFIUTI
Cestini portarifiuti saranno realizzati con contenitore circolare in lamiera in acciaio zincato a caldo,
con rivestimento esagonale diametro cm 38, realizzato con listelli in legno verticali sezione cm 4,5 x
2,3 e doppio palo montante sezione cm 7 x 7 in legno di pino nordico impregnato a pressione in
autoclave. In alternativa la struttura metallica zincata a caldo potrà essere contenuta in elemento
circolare in legno, formato da più listelli/assi verticali e con portello anteriore apribile, come da
elaborati grafici di progetto.
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2.4 BACHECHE E LEGGII IN LEGNO!
Le bacheche saranno bifacciali e protette da tetto a due falde, realizzate in legno di pino nordico
impregnato a pressione in autoclave, con pali montanti in legno bilamellare sezione cm 9x9 ancorati
mediante staffe in acciaio che evitano il contatto del legno con il terreno.
La tabella espositiva, utilizzabile su entrambi i lati, sarà da cm 100 x 70 realizzata con tavole
maschiate spessore mm 20, legni distanziatori da cm 9 x 4 e tetto a due falde realizzato con perline
spessore mm 20.
Le dimensioni totali del manufatto saranno cm 140 x 90 x 2.15 – h 215/280 cm (pali prolungati da
interrare e murare con plinti in CLS)
Il Leggio verrà realizzato in legno di pino nordico impregnato a pressione in autoclave; formato da
n. 2 pali montanti sezione cm 9 x 9 da interrare e fissare a terra mediante plinti CLS, tagliati ad
opportuni gradi sulla testa superiore per il fissaggio del pannello inclinato in multistrato da cm 90 x 60
(pannello serigrafato con scritte in braille, fissato al legno). L’altezza massima del manufatto da terra
sarà di cm 90.
2.7 PORTABICICLETTE IN LEGNO
Il manufatto verrà realizzato in legno di pino nordico impregnato a pressione in
autoclave, con telaio di base sagomato da cm 9 x 9, n. 10 cavallotti reggiruota in legno da
cm 12 x 3.5, con doppio smusso. Misure totali cm 200 x 65 x 20H, n. 5 posti.
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2.8 STACCIONATE IN LEGNO
Recinzione di altezza fuori terra cm 100, realizzata in legno di pino nordico impregnato a pressione
in autoclave con pali montanti diametro cm 12 altezza cm 130 di cui cm 30 da interrare, con doppio
foro passante diametro cm 8, posizionati ad interasse cm 200, n.2 traverse orizzontali in tondo
diametro cm 8, viteria in acciaio zincato.
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3 VEGETAZIONE
Le specie arboree ed arbustive che si impiegheranno nelle opere di riqualificazione paesaggistica
interessate dalle urbanizzazioni, saranno in perfetta sintonia con gli obiettivi di salvaguardia
naturalistici/ecologici oltre che di valorizzazione e rafforzamento del sistema ambientale complessivo
dell’intero comparto.
L’elenco a seguire è una sintesi delle specie autoctone e naturalizzate che si intendono impiegare
nel progetto esecutivo, nel quale verrà posta particolare attenzione alle funzioni ed al luogo in cui dette
specie saranno impiegate.
Sommario
!
Acer campestre L. .................................................................................. 12!
Alnus glutinosa ....................................................................................... 14!
Carpinus betulus L. ................................................................................ 15!
Corylus avellana L. ................................................................................ 17!
Crataegus oxyacantha L. ....................................................................... 18!
Fraxinus excelsior L. .............................................................................. 20!
Quercus petraea .................................................................................... 23!
Quercus robur L. subsp. robur s.s. ......................................................... 25!
Sambucus nigra L. ................................................................................. 29!
Tilia cordata Miller .................................................................................. 32!
Salix caprea L. ....................................................................................... 35!
Morus alba L. ......................................................................................... 36!
Sorbus aucuparia L. subsp. aucuparia ................................................... 38!
Prunus avium L. Subsp. Avium .............................................................. 41!
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!"#$!"%&'#()$#!*+!!
,-./.-&-!
Acer campestre subsp. campestre,
0/&-!-)%1-%./!
Acero campestre, Acero oppio, Oppio,
Loppio, Testucchio
2)-&/1/3-%!
Acer è un termine latino di origine greca: Gr.
Akra = Lat. Acer = acre, aspro nel senso di
arduo, duro.
campestre: campestre, dei campi.
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Pianta perenne caducifolia, ad
accrescimento lento, formante cespugli
generalmente alti 5-:-6 metri, oppure a
portamento arboreo, e in questo caso può raggiungere i 20-:-25 m; fusto spesso tortuoso, a
volte anche contorto; corteccia grigio-bruno-verdastra, tendente a toni gialli allo stato
giovanile, screpolata, con leggere fessure longitudinali a maturità, e la cui porzione più
esterna si stacca a placche, scoprendo così quella più giovane, che appare rossastra; i nuovi
getti sono pubescenti, e invecchiando possono presentare ali suberose; la chioma è
arrotondata, le ramificazioni secondarie sono generalmente opposte.
6/31-#!
Le foglie sono opposte e hanno un picciolo lungo mediamente 6-:-7 cm che, se spezzato,
emette una sostanza lattiginosa; lamina palmato-lobata, lunga da 5 a 12 cm, composta da 3 o
5 lobi che possono essere, a loro volta, divisi in ulteriori sub-lobi; la pagina superiore è di
colore verde scuro, mentre quella inferiore è più chiara e tomentosa; margine generalmente
intero; in autunno, prima di cadere, assumono delle splendide colorazioni giallo-rossicce.
6-/$-!
Ermafroditi o unisessuali (maschili), riuniti in corimbi eretti, pubescenti, lunghi circa 5-:-7
cm, con sepali e petali verdastri.
6$7))-!
Disamare, cioè infruttescenze formate ciascuna da due samare con ali contrapposte; sono
generalmente lunghe da 2 a 4 cm; in fase di maturazione hanno un colore verde chiaro,
diventando rossastre a maturità, in autunno.
8#$-/9/!9-!:-/$-)7$%!
Fiorisce in Aprile-Maggio.
;#$$-)/$-/!9-!"$#("-)%!
Presente in tutta la penisola italiana con maggiore frequenza nelle regioni più fresche.
<%=-)%)!
Preferisce terreni freschi ma non umidi, calcarei, anche sassosi, ma non sabbiosi, in
posizioni ben esposte ed anche nei misti boschivi planiziali, collinari e submontani; spesso
in compagnia di querce, olmi, ornielli, ecc., cresce fino a m. 800-:- 1000 slm; nelle regioni
più meridionali si può trovare anche fino a m. 1500.
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Attualmente si tende a considerare tutte le varietà di Acer campestre come sinonimi; Acer
campestre L. subsp. campestre var. leiocarpum (Opiz) Wallr., ultima subspecie ad essere
posta tra i sinonimi, si differenziava per avere foglie, peduncoli ecc. meno tomentosi e più
lisci.
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Non risultano norme a carattere generale, regionale, locale, che proteggano questa pianta.
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La corteccia è la parte più significativa e viene raccolta dai giovani rami in Aprile e poi
essiccata; essa contiene allantoina, colina, tannini, fitosteroli.
B(/!!1-&#.)%$#!
Le parti di questa pianta generalmente non vengono utilizzate direttamente
nell'alimentazione umana, ma i suoi fiori permettono alle api di produrre un eccellente miele;
i semi, tostati, erano utilizzati al posto del caffè.
La linfa di alcune specie di Acero, ricca di zuccheri, minerali e vitamine, viene utilizzata per
ricavarne zucchero ed uno sciroppo dolce e particolarmente energetico: anche A. campestre
ne contiene ma in quantità inferiore.
Le sue foglie sono un cibo molto appetito dagli animali: infatti, quando per le genti di
campagna era troppo oneroso comperare mangimi, si usava "andare a sfogliare" aceri ed
olmi; questa operazione consisteva nel prendere i giovani rametti tra pollice ed indice e,
facendo pressione, si facevano scorrere le dita fino alla fine del ramo, in modo che la mano
risultava piena di foglie; asini, cavalli, pecore, capre, conigli ecc. gradivano molto questo
cibo sostanzioso.
C#9-"-.%!%1)#$.%)->%!#!@7$-/(-)?!
Possiede proprietà lievemente anticoagulanti, abbassa i lipidi, aiuta nella prevenzione delle
calcolosi e nelle cure successive alle manifestazioni di Herpes zooster; il decotto di corteccia
usato anche come rinfrescante intestinale. Il gemmoterapico di Acer campestre esercita
un’azione antiflogistica sulla colecisti e riduce la precipitazione di sali biliari, modificando
la composizione della bile. Antiche credenze popolari conferivano all'acero proprietà
magiche contro le streghe, i pipistrelli, la sfortuna.
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Questa pianta, per la sua crescita molto lenta, è usata per comporre siepi; in passato veniva
utilizzata, unitamente all'orniello ed all'olmo, per sostenere filari di viti, nei vigneti; il suo
legno molto chiaro, duro e compatto, ma facile da lavorare anche al cesello ed al tornio,
viene usato in ebanisteria, per impellicciare mobili, ecc; molto apprezzato nella
fabbricazione di manici e superfici di chitarre e strumenti ad arco e negli ambienti rurali, per
costruire attrezzi agricoli, ecc.
Il legno dell'acero è usato anche come legname da ardere, e nella produzione di carbone, ma
non viene incentivata la produzione per la scarsa resa quantitativa, a causa lella sua lenta
crescita. Secondo un’altra credenza popolare pare che, facendo passare un bambino
attraverso i rami dell’Acer campestre, gli si garantisce lunga vita. Nel folklore francese le
noci dell’acero simboleggiano i 58 anni di matrimonio. Infine esiste una storia più recente
secondo la quale uno degli inventori dell’elicottero, Sikorskij, ha tratto ispirazione vedendo
cadere un seme dell’acero.
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Ontano nero (it)
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Pianta particolare dei boschi freschi
collinari o montani. In Italia è presente
nelle regioni continentali e nelle isole, dal
livello del Mare, fino a 1200-1800 metri.
Si trova lungo i corsi d’acqua con salici e
pioppi, nelle zone di palude, nei terreni
inondati e argillosi. In boschi puri è
diffuso in Piemonte e da Pisa a La Spezia.
Caratteristiche ornamentali
Portamento: Albero alto fino a 20
metri, talvolta arbusto. Quando si
presenta in forma arborea, ha un tronco
slanciato, ricoperto da una corteccia
bruno-verdognola che nell’albero adulto è screpolata. Chioma larga, conica o piramidale.
Rami prima ascendenti diventano poi orizzontali. Apparato radicale superficiale ampio.
Specie a rapido accrescimento.
Gemme: dal verde al violaceo, lunghe 7 mm, su corti peduncoli.
Foglie: Albero a foglie decidue. Foglie ovali, quasi arrotondate, prive di un apice
appuntito e con margine irregolarmente seghettato, cosparse di una sostanza vischiosa che le
rende appiccicose. Colore verde scuro su entrambe le pagine.
Fiori: Le infiorescenze maschili, cilindriche e lunghe 6-12 cm, sono formate da tante
squamette disposte come le tegole di un tetto, alla cui ascella sono posti i fiori, costituiti da
un ciuffetto di stami e da una piccola brattea. Le infiorescenze femminili sono più piccole,
riunite in gruppi di 3-5.
Frutti: sono acheni alati, provvisti di una stretta espansione alare che ne favorisce la
dispersione da parte del vento.
B)-1-55/!
Pianta adattabile a molti impieghi pur rispettandone le caratteristiche fitoclimatiche e
vegetative. E’ impiegata soprattutto come pianta da rimboschimento oppure a scopo
ornamentale per la colorazione giallo-aranciata che assume il suo fogliame in autunno. Il suo
legno di facile fenditura e lavorazione, si altera facilmente all’aria, mutando colore. Vie ne
usato per la produzione di carbone vegetale, carta, lavori artigianali, cassette di legno per la
frutta.
2"/1/3-%!
Lo si trova in ambienti strettamente ripariali, e quindi legato a suoli con elevata presenza di
acqua, oppure su vecchi franamenti o su accumuli di detriti terrosi e sassosi permeabili e
percorsi da falde acquifere. Specie mediamente termofila ed eliofila. Specie degli ambienti
con inverni freddi e climi freschi. Specie molto ubiquitaria nei confronti del terreno.
Preferisce quelli sciolti, ma è resistente ai terreni argillosi, purché con un alto grado di
freschezza.
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Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
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Carpinus caucasica Grossh.
0/&-!-)%1-%./!
Carpino bianco, Carpino comune.
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Il termine latino Carpinus sembra derivi dal Celto;
altra ipotesi è che si tratti dell’unione tra Car
(=legno) e Pinus (= capo, estremità); una
ulteriore ipotesi riconduce alla radice Kar (=
essere duro).
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Splendida specie arborea, eliofila, decidua, che
può raggiungere l’altezza di 20-:-25 metri; poco
longevo, difficilmente raggiunge i 200 anni di età;
fusto eretto, scanalato-costoluto, talvolta contorto;
spiccatamente pollonifera, è specie molto
importante nei boschi decidui; rami giovani rossastri e pubescenti.
6/31-#!
Alterne, a lamina ellittica, apice acuto, base tronco-cordata e asimmetrica, dimensioni: fino a
10 cm di lunghezza, per una larghezza massima di 4 cm; pagina superiore di colore verde
scuro, giallastra in autunno, pagina inferiore più chiara con evidente nervatura costale (fino a
15 paia di costole); margine con doppia dentatura; picciolo lungo fino a 15 mm.
6-/$-!
Fioritura contemporanea alla emissione delle foglie; amenti maschili e femminili sulla stessa
pianta, ma su rami diversi; amenti maschili giallastri, penduli, lunghi fino a 6 cm; quelli
femminili lunghi anche 3 cm: inizialmente eretti, di colore crema, assumono
successivamente una posizione pendula e toni più giallastri.
6$7))-!
Il frutto, detto rucula, è un alchenio duro e solcato, di forma ovoidale, posto su una brattea
trilobata con il lobo centrale lungo mediamente il doppio dei laterali; queste brattee sono
riunite in ciuffi.
Per la germinazione dei semi occorrono molto spesso anche 18-:-20 mesi, in quanto
necessitano di un lungo periodo di freddo (vernalizzazione).
8#$-/9/!9-!:-/$-)7$%!
Fiorisce in Aprile-Maggio
;#$$-)/$-/!9-!"$#("-)%!
Specie spontanea dell'Europa centrale, dai Pirenei all'Ucraina, e del Medio Oriente; in Italia
è spontanea in tutte le Regioni ad eccezione di Valle D'Aosta, Sicilia e Sardegna.
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Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
<%=-)%)!
Specie resistente alle variazioni climatiche, gradisce terreni sciolti, leggeri e freschi; cresce
molto bene vicino a piante più alte che lo mantengono fresco ed in penombra; spesso è
associato a castagno, varie querce, faggi, olmi, frassini, aceri ecc. Cresce dalla bassa collina
sino a raggiungere talvolta i 1400 metri slm.
,/&-31-%.5#!#!>%$-#)?!
Può essere confuso con:
-Fagus sylvatica L. che possiede un tronco più lineare e robusto, foglie ondulate e a margine
intero.
-Ostrya carpinifolia Scop. , cioè il carpino nero, di taglia inferiore e più esile, che possiede
una corteccia bruna con placche in rilievo e foglie ovali-allungate con apice arrotondato e
non acuto.
@/()-)7#.)-!"A-&-"-!
Acido gallico (foglie antiemorragico), biostimoline (gemme), flavonoidi (foglie), betulina,
tannini, saponine
B(/!!1-&#.)%$#!
Non si conoscono usi alimentari per questa specie.
Le foglie sono un buon foraggio per gli animali.
C#9-"-.%!%1)#$.%)->%!#!@7$-/(-)?!
In fitoterapia e gemmoterapia la pianta è usata nelle affezioni delle vie respiratorie e per la
sua azione di stimolo nella produzione delle piastrine.
A livello delle prime vie aeree esercita azione antinfiammatoria, antispastica e cicatrizzante.
A livello polmonare ha proprietà antispasmodiche ed antitussigene.
Il macerato di gemme è inoltre un rimedio contro le emorragie ed aiuta a correggere
l’insufficienza epatica, caratterizzata da piastrinopenia. Viene anche utilizzato per abbassare
il livello di colesterolo.
Nella terapia coi fiori di Bach Hornbeam (Carpinus Betulus) è indicato per coloro che non si
sentono abbastanza forti per affrontare i problemi e le attività quotidiane, benché di solito
riescano a portare a termine i propri compiti.
Nell’astrologia celtica, che lega uno speciale albero alla data di nascita, Hornbeam è la
pianta di coloro che sono nati fra il 4 ed il 13 di giugno. Dona bellezza algida, buon gusto,
rende attenti a condurre una vita confortevole, coscienziosi, gentili ma alquanto insicuri
delle proprie decisioni
0/)#!
Il legno, di particolare durezza, è spesso usato per realizzare manici e strumenti agricoli;
pianta molto pollonifera, si presta egregiamente per la realizzazione di siepi ed è apprezzata
anche come legna da ardere.
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@/$D17(!%>#11%.%!*+!
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C. silvestris Salisb.
0/&-!>/13%$-E
Nocciolo, Avellano, Nocchio,
Acciardello
C/$:/1/3-%
Arbusto alto 3-4 metri, ma
talvolta anche alberetto alto fino a 10
metri, con ramificazione alta.
Foglie alterne tondeggianti,
acuminate all’apice, con margine a
doppia dentatura e nervature pennate
ben evidenti, provviste di peluria
nella pagina inferiore. Il colore è verde intenso nella pagina superiore, un po’ ruvida, mentre
è più chiaro ed opaco nella inferiore. Il picciolo è breve e tomentoso.
Fiori maschili in amenti penduli, di color giallastro, ricchi di polline a diffusione anemofila.
Fiori femminili presenti sulla stessa pianta poco appariscenti, a forma di gemma, provvisti di
un breve ciuffetto di stimmi color rosso vivo.
Frutti: sono notissimi (nocciole); si tratta di grossi acheni racchiusi in un pericarpo legnoso
di colore marroncino, eduli. Sono circondati quasi interamente da un involucro fogliaceo,
dentato o irregolarmente frastagliato.
4-()$-=75-/.#!F!<%=-)%)!F!6-/$-)7$%E!!
E’ comune nell’Europa centro-meridionale e in Asia minore. E’ una specie altamente
plastica, adatta a vegetare in climi molto diversi e senza particolari esigenze di suolo. Può
essere considerata sia specie colonizzatrice di terreni incolti e di pascoli abbandonati, sia
arbusto di sottobosco associato, particolarmente in radure ed aree marginali, ad altre specie
arboree, latifoglie o aghifoglie, dalla pianura alla montagna.
La fioritura è precoce (inverno) e precede la fogliazione.
0/)#E!!
Il Corylus avellana presenta numerose varietà coltivate sia a scopo frutticolo che
ornamentale. Tra le prime, in coltura agraria per produzione di frutti di grosse dimensioni, si
possono ricordare C. maxima e C. colurna; tra le seconde le varietà a fogliame rosso o
dorato (var. fusco-rubra Dipp., var. aurea Kirchn.) e quelle a portamento piangente (var.
pendula Dipp.) o a rami contorti (var. contorta Bean.)
0/)#!)-'/1/3-"A#!#!:-)/(/"-/1/3-"A#E!
*Il nocciolo è da considerarsi una specie ubiquitaria ad elevata capacità ricolonizzatrice
di zone abbandonate dall’attività agro-pastorale. Questa dote dipende dalla sua ampia
diffusione, favorita sia dall’azione umana sia dall’opera disseminatrice di uccelli e
piccolissimi mammiferi che si nutrono dei suoi frutti. I suoi semi, dotati di buona facoltà
germinativa, sono in grado di attecchire praticamente in tutte le condizioni, occupando in
pochi anni superfici naturali non boscate e aprendo così la strada a boschi di neoformazione
costituiti da specie diverse.
Solitamente il nocciolo partecipa ai processi di ricolonizzazione forestale nelle fasi iniziali,
per cedere poi il passo, dopo periodi più o meno lunghi, secondo la fertilità stazionale e la
capacità concorrenziale, alle altre specie edificatrici del bosco che entrano caso per caso nel
processo evolutivo. !
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,-./.-&-!
Crataegus oxyacanthoides Thuill.,
Crataegus laevigata (Poiret) DC.
Nomi volgari: biancospino dei
boschi, biancospino selvatico.
Etimologia: del nome latino deriva
da "kràtaigos", il nome con cui i
greci indicavano il biancospino, che
significa "forza e robustezza"è infatti
un arbusto con legno molto duro,”
oxyacantha” deriva dal greco “oxys”
= punta e “akantha” = spina a
indicare i rami spinosi.
!
C/$:/1/3-%E
arbusto, raramente albero, alto sino a 5 m, la corteccia nel periodo giovanile è di colore
grigio chiaro per diventare in seguito bruno-rossastra, con rami glabri e spinosi.
Le foglie sono picciolate e profondamente incise, alterne, semplici, glabre ellittico-obovate
con una o due incisioni per lato poco profonde, hanno margine dentato e la pagina superiore
di colore verde scuro, quella inferiore verde-glauco.
I fiori, lievemente profumati,sono bianchi , raramente rosati, riuniti in corimbi terminali. I
singoli fiori sono ermafroditi, hanno 5 petali di forma appiattita e calice formato da 5 lacinie
triangolari, numerosi stami, gli stili sono 2.
I frutti sono drupe ovali o globose che contengono 2 noccioli.
!
4-()$-=75-/.#!F!A%=-)%)!F!:-/$-)7$%:
presente in quasi tutte le regioni temperate dell'emisfero boreale, ama le temperature miti ma
tollera bene anche il freddo invernale,vegeta ai margini dei boschi, sui pendii soleggiati,
nelle siepi, dalla pianura sino a 1.200 m, fiorisce da aprile a giungo
!
8$/'$-#)?!#9!7(-E!
l’uso terapeutico della pianta è attestato sin dal XIII secolo, ma nei vecchi manuali si trova
trattato il biancospino ancora accanto ai digitaloidi e questa originaria interpretazione ha
portato a confusione: glicosidi simildigitalici o ulteriori principi attivi, con cui viene
compensato un cuore insufficiente, nel biancospino non sono presenti. Oggi è assodato
invece, che il biancospino è realmente una vera e propria pianta medicinale per il distretto
cardiaco e per le patologie circolatorie.
Tre effetti devono essere distinti nel caso del biancospino:
1° miglioramento della circolazione coronarica
2° il biancospino non ha un'azione antiipertensiva tuttavia i valori pressori possono regolarsi
grazie al miglioramento dell'energia del cuore, forse persino normalizzarsi, quindi una
pressione elevata può abbassarsi e d'altra parte una pressione ridotta può salire; l’indicazione
come ipotensivo in senso stretto è quindi scorretta.
3° disturbi ritmici del cuore, sono emersi come il più recente campo di applicazione della
pianta.
In fitoterapia si utilizzano inoltre, la corteccia che ha azione febbrifuga, le foglie e i frutti
che esercitano azione astringente, i fiori in infuso,sono sedativi e indicati nei casi di insonnia
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PROGETTO DEFINITIVO PIANO ATTUATIVO Atr2
Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
e stress.
Dai frutti si ricava una confettura dal gusto molto delicato.
!
@7$-/(-)?E!
tra le numerose specie spontanee di biancospini. in Italia troviamo cinque specie: Crataegus
laciniata, Crataegus azarolus, Crataegus monogyna, Crataegus oxyacantha e Crataegus
macrocarpa. Il C. oxiacantha e C. monogyna sono i più conosciuti e diffusi mentre le altre
specie sono simili alle precedenti e per alcuni autori potrebbero essere degli ibridi di queste
2 specie.
Il C. oxiacantha e C. monogyna (biancospino comune) si differenziano appena; Crataegus
oxyacantha ha foglie a tre-cinque lobi, irregolarmente seghettate, in particolare verso l'apice,
e i lobi stessi presentano una forma più arrotondata, le foglie e i rami sono glabri. Il
Crataegeus monogyna, come dice lo stesso nome, ha uno stilo solo, mentre il Crataegus
oxyacantha ha per lo più due stili, più raramente anche uno solo o persino tre, le foglie sono
più profondamente incise e i lobi appuntiti; i rami sono glabri, ma i peduncoli dei fiori sono
pelosi. Morfologicamente le due specie di biancospino sono assai simili e solo con una
attenta osservazione si possono distinguere, sono entrambi efficaci ed usati in fitoterapia.
Per la bellezza dall’arbusto in periodo di fioritura ed essendo piante robuste ed adattabili a
qualsiasi tipo di terreno, alcune specie vengono coltivate ed usate per formare siepi. Fin
dall’antichità il biancospino era considerato l’albero di maggio, i romani lo dedicarono a
Maia, dea del mese di maggio e della castità. Sulla tradizione pagana si innestò quella
cristiana, dedicando il biancospino alla Vergine: i fiori bianchi a simboleggiare la
purezza,gli stami rossi, il sangue di Gesù , sul cui capo venne posta una corona di rametti di
biancospino. In passato si diceva che chi aveva un biancospino in giardino era baciato dalla
fortuna.Ma guai a portarlo in casa! Nel linguaggio dei fiori il biancospino significa speranza.
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6$%G-.7(!#G"#1(-/$!*+!
,-./.-&-!
Non risultano sinonimi.
0/&#!-)%1-%./!
Frassino, Frassino comune, Frassino
maggiore
Nomi locali: Frassina, Frasin, Frassin,
Vovul, Uar, Vuar, Frasœn, Fràsscia.
2)-&/1/3-%!
Il termine latino Fraxinus trae origine dal
greco Phràssein che significa assiepare;
Il nome della specie excelsior è
comparativo di maggioranza di excelsus,
che significa alto, quindi excelsior significa
"più alto", con evidente riferimento alle
varie specie di Frassini.
4#("$-5-/.#!
Albero eliofilo a foglia caduca dal
portamento slanciato, ma maestoso negli
esemplari isolati, in grado di raggiungere l’altezza di 40 metri; il tronco, che può superare il
metro di diametro, è dritto e cilindrico; corteccia inizialmente liscia, di colore grigio
verdastra e con macchie chiare, con l’età assume toni grigio-brunastri e fessurazioni
longitudinali; i rami sono opposti, lisci e di colore verdastro chiaro; le gemme, evidenti e
tomentose, sono opposte, di colore nerastro, con quella posta all’apice dei rami di
dimensioni maggiori.
6/31-#!
Possono superare anche 25 cm di lunghezza; opposte, imparipennate, composte di (7) 9 ÷ 13
(15) foglioline di dimensioni fino a cm 12 x 2 ÷ 4, lanceolate, con apice acuto, sub sessili ma
con la terminale picciolata; margine finemente seghettato, con nervature evidenti che si
diramano verso il bordo; colore verde lucido nella pagina superiore, più chiaro e glabro in
quella inferiore.
6-/$-!
Compaiono prima delle foglie sui rami dell’anno precedente e si presentano come piccole
pannocchie laterali, ascellari; fiori privi di corolla e calice, ermafroditi ma anche unisessuali:
in questo caso quelli maschiili sono composti di due soli stami, con antere porpora mentre
quelli femminili sono muniti ovario bicarpellare ed assumono una colorazione più verdastra.
6$7))-!
Sono samare lanceolato-lineari, ottuse, lunghe fino a 60 mm, peduncolate e riunite in
grappoli; inizialmente di colore verde chiaro, poi giallastre, e rossicce alla maturazione,
rimangono attaccate ai rami per tutto l’inverno e, per un complesso sistema di esigenze,
soprattutto climatiche, possono germinare al secondo anno dalla maturazione (in genere 18
mesi).
8#$-/9/!9-!:-/$-)7$%!
Legato alle condizioni ambientali, da Marzo a Maggio.
;#$$-)/$-/!9-!"$#("-)%!
Specie diffusa in tutta Europa fino al Caucaso, nel nostro Paese è presente soprattutto nelle
Regioni settentrionali, la sua frequenza diminuisce scendendo verso sud; assente in
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Basilicata e Calabria, naturalizzata in Sardegna.
Quota di diffusione dal livello del mare fino a 1500 (1600) metri.
<%=-)%)!
esigente in fatto di acqua lo si trova lungo le pendici umide e luminose della bassa montagna,
nelle vallette golenali e, scendendo, nei freschi boschi planiziali, lungo i corsi d’acqua e,
soprattutto negli alvei degli stessi.
,/&-31-%.5#!#!>%$-#)?!
Può essere confuso con
-Fraxinus angustifolia Vahl s.l. che ha dimensioni più ridotte, ambiente di crescita ancora
più umido, foglioline più strette, margine con dentature pari alle nervature e provviste di
rachide pubescente, fioritura anticipata; negli areali nei quali queste due specie si
sovrappongono, si possono facilmente trovare degli esemplari ibridi, essendo queste due
entità completamente interfeconde.
-Fraxinus ornus L. (orniello) caratterizzato dalle dimensioni molto ridotte, foglie picciolate
a margine ondulato, corteccia liscia, fioritura anticipata.
@/()-)7#.)-!"A-&-"-!
Acido ursolico, benzochinone, mannitolo, tannini, fenoli, cumarine, flavonoidi, acido
ascorbico, iridoidi, siringoside e tannini
B(/!!1-&#.)%$#!
Anticamente i frutti venivano messi in conserva di sale ed aceto per essere usati come
condimento; questa preparazione è ancora in uso in Siberia.
Dalle foglie si può ricavare un succedaneo del tea.
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In fitoterapia i preparati di Frassino vengono utilizzati per le loro proprietà antinfiammatorie,
analgesiche ed antiflogistiche: l’azione antinfiammatoria sembra possedere una specifica
efficacia sulla parete colecistica, per cui viene suggerito in particolare l’uso nelle colecistiti
croniche.
Oltre a queste indicazioni, al Frassino sono riconosciute attività diuretica e uricosurica:
quindi viene indicato in casi di artrosi, iperuricemia, gotta, ipercolesterolemia, ritenzione
idrica, cellulite;le parti utilizzate sono le foglie e la corteccia di rami giovani.
Per uso esterno si può utilizzare un infuso di foglie per fare impacchi in caso di dolori
articolari e disturbi reumatici.
Faxinus excelsior è un albero importante nella mitologia e nel folklore europei e, soprattutto
nei nordici, è stato sempre considerato un albero magico e sacro; molti sono i riferimenti alle
leggende legate al dio Odino: si narra che lo stesso Odino (Igg) abbia acquisito i sui poteri
magici, dopo essersi impiccato ed aver trascorso un lungo tempo all’interno di un frassino;
in Scandinavia questo albero viene chiamato Igg-drasil cioè cavallo di Odino.
Il nome inglese moderno, Ash, deriva dalla parola Anglo-Sassone “aesc”, che significa:
lancia. Nell’alfabeto celtico Ash o “Nion” rappresenta la nostra, moderna, lettera NIn Gran Bretagna l’antica saggezza popolare indica che, quando le gemme della Quercia si
schiudono prima di quelle del Frassino, l’estate sarà secca e sarà invece umida se quelle del
Frassino saranno le prime ad aprirsi.
0/)#!
Il legno, di colore molto chiaro, quasi bianco, è compatto, resistente ed elastico e duttile:
queste doti ne fanno un materiale particolarmente adatto per la costruzione di mobili,
attrezzi sportivi, quali racchette da tennis, sci, mazze da golf, ma anche slitte, utensili da
cucina, carri, comprese ruote e raggi ed in tutti quei casi in cui robustezza ed elasticità siano
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Relazione sui contenuti del parco CORNETTA
richieste; all’aperto, tuttavia, questo legno si altera facilmente, quindi, non è consigliabile
utilizzarlo, ad esempio, per gli infissi.
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Rovere (it)
!6-)/"#./(-!
In Italia, come nel resto d’Europa, è
meno comune della farnia. Cresce su
terreni abbastanza asciutti per cui
preferisce le pendici collinari e
montane al fondo delle valli ed alle
sponde dei fiumi. Si trova allo stato
sporadico, nelle vallate alpine e
prealpine e sugli Appennini.
Partecipa a boschi misti,
specialmente in consorzio con il
faggio, la betulla e con il carpino.
@%$%))#$-()-"A#!/$.%&#.)%1-!!
Portamento: Albero a foglie
caduche alto fino a 30-35 m, con
diametro di 1-2 m. Chioma espansa (10-20 metri di diametro) densa, molto longevo. Tronco
robusto e dritto con rami molto nodosi. Corteccia grigia, liscia fino a circa 20 anni, poi
fessurata e rugosa. Sistema radicale sviluppato e fittonante.
Gemme: Grosse, coniche, per lo più a sezione pentagonale, coperte da perule brune,
glabre o appena pubescenti.
Foglie: Alterne, semplici, caduche, sottili e leggermente pubescenti da giovani, rigide e
più coriacee da adulte, a contorno generale oblungo, cuneato alla base, con 5-8 lobi
arrotondati, meno profondi che nella farnia, di colore verde lucido sup., più chiare inf.
Hanno un lungo picciolo.
Fiori: Monoici; i maschili in amenti lunghi 3-6 cm.; i femminili in spighe corte, spesso
raggruppate all’ascella delle foglie superiori con asse quasi nullo o breve (Q. sessiflora).
Frutti: Achenio (ghianda) ovato-oblunga, più tozzo di quello della farnia, protetto da una
cupola con scaglie ben saldate, ma formanti una superficie bitorzoluta sulla quale non si
distinguono le punte delle scaglie. Maturanti nell’anno.
B)-1-55/!
E’ senz’altro uno degli alberi più maestosi della nostra flora. Di grande effetto se piantato
isolato nei parchi. Le ghiande sono appetite dai suini. La corteccia, staccata in primavera da
piante che non hanno più di due anni di vita e messa poi ad essiccare, viene usata per
l’estrazione di una droga amara (Quercite), che ha azione astringente e che risulta benefica
per curare le malattie dell’apparato respiratorio.
2"/1/3-%!
Predilige le stazioni a clima temperato a elevata umidità atmosferica, insediandosi nei terreni
asciutti e spesso anche sassosi. Rispetto alla farnia è molto esigente in luce, ma non sopporta
le gelate tardive. Non sopporta i suoli umidi; occupa in genere suoli ben drenati, sciolti
anche sassosi. Sopporta bene l’acidità del terreno.
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La pratica più comune è il governo a fustaia. Comunemente viene lasciato un piano inferiore
di vegetazione, allo scopo di favorire l’accrescimento della specie, di Carpino nero, Acero
campestre, Olmo. Meno comunemente si ritrovano dei cedui composti misti che tendono ad
essere convertiti i boschi misti.
;$%))%&#.)/!#!@7$#!"/1)7$%1-!
Le cerrete vengono trattate a tagli successivi uniformi. Dopo la semina sono necessari degli
sfolli per ridurre le piante a circa 6000-8000 / ha. I diradamenti devono essere moderati e
selettivi per favorire i candidati migliori e tendono a portare il numero delle piante prima
della sementazione a circa 150-200; inoltre occorre mantenere controllata la vegetazione
consociata. Nelle fustaie miste si attua il taglio di curazione.
C%)7$-)?!
I turni medi sono stimati a 150-200 anni.
8$/975-/.#!
Una fustaia di Farnia e Rovere di normale fertilità può arrivare a circa 450 - 500 metri cubi
ad ettaro.
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H7#$"7(!$/=7$!*+!(7=('+!
$/=7$!(+(+!
Sinonimi: Quercus pedunculata
Ehrh.
Nom. com. Farnia
4#("$-5-/.#J!&/$:/1/3-%E!
Grande albero, di prima grandezza,
di primaria importanza ecologica e
nelle migliori condizioni anche
economica; alto in bosco
mediamente fino a 30-35 m, ma
può raggiungere i 50m e diametri
del tronco oltre due metri; specie molto longeva superando anche i 500 anni di vita.
La farnia ha tronco robusto e negli esemplari isolati si ramifica in grosse branche perdendo
presto la sua identità, formando una chioma molto ampia che nella parte basale è formata da
rami grossi e portati orizzontalmente.
La chioma non è mai molto densa.
In bosco il tronco è dritto e ramificato solo nella parte apicale con i rami più bassi portati
orizzontalmente e nella parte distale con rami che formano man mano angoli più acuti
sempre con chioma non molto densa; la dominanza apicale si divide su numerosi rami e
forma una chioma ovale che in età avanzata diviene ampia.
La corteccia giovane è liscia e grigiastra per molti anni (10-20) forma, poi, man mano un
ritidoma fessurato longitudinalmente con solchi regolari e profondi divisi da fessure
orizzontali meno profonde formando principalmente placche rettangolari allungate.
I rametti dell'anno, sono grigi o brunastri lisci e lucidi con lenticelle biancastre a volte
anche angolosi, portano gemme poligonali o ovoidali, glabrescenti pluriperulate embriciate e
nella parte apicale del rametto si addensano formando un caratteristico pseudoverticillo.
La crescita è monopodiale con delle caratteristiche particolari, spesso c'è inibizione dei
meristemi apicali e l'allungamento è affidato ad una gemma laterale e la parte apicale
dissecca.
6/31-#J!:-/$-J!(#&-E!
le foglie sono caduche a contorno obovato-oblunghe, più larghe nel terzo distale, ristrette
alla base e leggermente e irregolarmente asimmetriche con 5-7 lobi ampi e seni arrotondati e
presso il corto picciolo (2-5mm) si formano due caratteristici piccoli lobi ineguali
(orecchiette).
Le foglie hanno consistenza erbacea e solo a fine stagione diventano un po' più coriacee;
sono lucide e di colore verde medio nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore per
cere epicuticolari a struttura in scaglie verticali caratteristiche del sottogenere Quercus;
hanno dimensioni che vanno da (5) 10-12 a (15) cm di lunghezza e 3-6 cm di larghezza.
La fioritura è contemporanea alla fogliazione dalla fine di aprile a maggio ed è formata da
fiori maschili in amenti pauciflori (10-12 fiori) penduli alla base del ramo dell'anno, hanno
perianzio giallastro, hanno 4-12 stami con antere glabre.
I fiori femminili sono localizzati nella parte apicale del rametto all'ascella delle foglie,
formati da brevi spighe di 2-5 elementi portati da un peduncolo glabro di 3-5 cm; il fiore è
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formato da 3 stigmi di colore rossastro avvolti da brattee ovali lungamente acuminate,
l'impollinazione è anemofila.
La Farnia ha una fase giovanile piuttosto lunga; negli esemplari isolati, inizia a fruttificare
regolarmente verso i 30 anni, mentre in bosco per avere fruttificazioni abbastanza regolari
bisogna aspettare i 60-70 anni di età.
La fecondazione avviene dopo circa due mesi dall'impollinazione, il peduncolo dei fiori
femminili si allunga fino a 5-12 cm (come l'epiteto specifico pedunculata fa capire).
I frutti, chiamate ghiande, maturano nell'anno, in settembre-ottobre, hanno una cupola che
li copre per 1/4 - 1/3, è formata da squame embriciate di forma triangolare, più grandi vicino
al picciolo.
La ghianda è allungata e liscia con dimensioni variabili da 2 a 3,5 cm a maturità di colore
marrone con striature longitudinali più scure.
Il frutto è recalcitrante (germina subito) di conseguenza va seminato subito alla maturazione,
la diffusione è principalmente zoocora.
La plantula ha l'epicotile glabro e la prima foglia è omomorfa ma sessile o subsessile poco
lobata, le successive simili alle definitive, spesso, se l'inverno non è tanto rigido, rimangono
verdi fino a primavera.
*#3./J!%''%$%)/!$%9-"%1#E!
nella Farnia l'apparato radicale è inizialmente un grosso fittone che penetra profondamente
nel terreno, ma in pochi anni si formano anche robuste radici laterali che ancorano
saldamente la pianta; verso i 60-70 anni però il fittone perde la sua dominanza e rimangono
le numerose e robuste radici laterali che creano una rizosfera molto espansa, ma abbastanza
superficiale rispetto alle altre querce, questo è probabilmente anche un adattamento della
specie a terreni con falda freatica superficiale, altrimenti soggette ad asfissia, il suo habitat
usuale.
Il legno della Farnia è molto pregiato in particolare quello derivato da piante cresciute in
modo costante e non molto vigorose, gli anelli annuali di accrescimento dovrebbero essere
inferiori al cm. di spessore, ciò si ottiene in zone con clima da subcontinentale a continentale,
in popolamenti di buona densità, (Slavonia).
E' un legno di ottima durata anche se a contatto con acqua, anche perchè è impregnato di
tannini che lo rendono imputrescibile, è di facile lavorazione, serve per costruzioni navali,
edili, per travature, per mobili, pavimenti e per doghe per botti, è un ottimo combustibile e
produce un ottimo carbone.
" il rovere di Slavonia" è normalmente legno di Farnia.
In genere il legno di Farnia non si differenzia dal legno della Rovere e le due provenienze
hanno i medesimi usi.
Il legno ha alburno giallastro o più o meno biancastro e il duramen (massello), più scuro
marrone chiaro che però tende a scurirsi nel tempo, ha anelli di accrescimento annuale ben
distinti ed evidenti, anche ad occhio nudo, vasi primaverili che formano un cerchio, (legno a
porosità anulare), ha numerosi raggi parenchimatici, uniseriati e pluriseriati larghi e molto
visibili (specchiature).
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la specie ha un areale che è il più vasto di tutte le querce europee.
In Europa a nord raggiunge la Scandinavia meridionale e nella Norvegia raggiunge il 63°
parallelo, in Russia segue il 60° parallelo fino agli Urali, ad est raggiunge il Caucaso, a sud
oltre l'Italia si trova in tutta la regione balcanica e nell'Anatolia, manca in Corsica e nelle
isole Baleari, a ovest raggiunge il fiume Douro, tutta la Francia e la regione inglese.
In Italia, è presente in tutte le regioni tranne la Sardegna ma per il terreno fertile e
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pianeggiante (pianure alluvionali) occupato naturalmente dalla specie i querceti sono stati
quasi totalmente sostituiti dalle colture agrarie e la Farnia si trova distribuita a gruppi o in
filari o individui isolati lungo la penisola.
L'ecologia della specie, (autoecologia) la caratterizza come componente delle grandi foreste
planiziali tendenzialmente continentali dell'Europa centrale e orientale, con inverni rigidi e
estati calde ma mai secche, è piuttosto esigente in luce e anche da semenzale tollera per
pochi anni l'ombreggiamento.
Predilige i terreni profondi, freschi, fertili con humus di tipo mull o idromull, ma rifugge
quelli troppo compatti, a reazione da subacida a subalcalina; con buona disponibilità idrica
per tutto l'anno, anche con falda freatica superficiale.
Nei mesi invernali l'apparato radicale sopporta anche per 2-3 mesi la sommersione.
La Farnia, in Italia, in condizioni naturali, forma fitocenosi con diverse latifoglie,
costituendo e caratterizzando i boschi di pianura riferibili ai "Querco-carpineti planiziali"
che in epoca storica erano diffusi in tutta la pianura Padano-veneto-friulana; i romani
chiamavano queste grandi selve la "Silva lupanica".
Oggi, questi terreni molto fertili, sono totalmente resi coltivabili e di queste selve rimangono
piccoli lembi di boschi qua e là, di poche centinaia di ettari e nei terreni peggiori, anche
questi frammenti, di grande valenza ecologica, sono minacciati da bonifiche che abbassano
molto la falda freatica, indeboliscono queste formazioni e contribuiscono al "deperimento
delle querce".
Sono formazioni composte principalmente da Farnia, Carpino bianco, Olmo campestre,
Acero campestre, Frassino ossifillo, e a seconda di condizioni edafiche e climatiche più o
meno fresche, si arricchiscono di ulteriori specie più termofile o più microterme anche nello
strato arbustivo ed erbaceo.
Nel nord-Italia la zona di elezione di questa specie, è la pianura Padano-veneta-friulana in
condizioni di falda freatica superficiale, dove forma o formerebbe le associazioni ascrivibili
ai "Querco –Carpinetum boreoitalicum" Pignatti 1953 ex Lausi 1966; queste fitocenosi in
seguito, vengono divise in varie sub-associazioni e varianti e si possono ancora trovare
relitte in Toscana e Lazio.
Nelle alte pianure e zone collinari in condizioni di buona fertilità e freschezza (piane
alluvionali recenti, impluvi) la specie forma fitocenosi ascrivibili a Querco-Carpineti
collinari, che si differenziano per la partecipazione di specie più esigenti in freschezza
avvicinandosi più ai Querco-Carpineti centro-est-europei; al posto del Frassino ossifillo c'è il
Frassino maggiore e vi partecipano Castagno, Acero di monte e Acero riccio, Olmo montano,
Ciliegio selvatico e il Pado (Ciliegio a grappoli), nelle zone più drenate vi partecipa la
Rovere; nello strato erbaceo sono presenti diffusamente geofite (Galanthus nivalis, Crocus
napolitanus, Anemone nemorosa, Anemone ranuncoloides e Anemone trifolia)
Nell'Italia centrale e meridionale, oltre alle già ricordate zone planiziali di Toscana e Lazio,
la Farnia si trova in modo sporadico sempre in condizioni di massima freschezza (Impluvi
e/o alluvioni recenti) entrando in contatto dal basso con le leccete e dall'alto con le faggete,
castagneti e gli ontaneti di Ontano napoletano.
Purtroppo questa specie occupava principalmente le zone più fertili del territorio e la
maggior parte di questi ambienti è stata modificata dall'uomo per le coltivazioni e la
contrazione della sua presenza continua tuttora con forte rischio di scomparsa in molte zone
dell'Italia peninsulare anche dovuta alle pessime zone di rifugio in cui si trova, accentuando i
già forti attacchi di deperimento di cui è afflitta.
La farnia è una forte consumatrice di acqua e queste sue esigenze la rendono particolarmente
suscettibile, nelle annate siccitose, agli stress idrici e si manifestano disseccamenti e
alterazioni delle ramificazioni con la formazione di numerosi rami epicormici, sia sul tronco
che sulle branche principali
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in questa scheda è presentata la specie in s.s. (sensu stricto) senso stretto, ma in natura
spesso si incontrano piante con caratteristiche intermedie là dove le sue formazioni o piante
isolate incontrano, principalmente la Rovere (Q. petraea Liebl.), ma anche altre querce, (Q.
pubescens Willd., Q. virgiliana Ten.); tutto l'aggregato o gruppo di Q. robur ha 2n = 24.
In ogni caso la variabilità della forma delle foglie è massima, sia su individui diversi sia in
popolazioni, sia sullo stesso individuo; in questo Genere la speciazione è tuttaltro che
terminata ma la differenziazione ecologica è abbastanza ben segregata.
Le specie del Genere sono relativamente giovani in quanto pare che nel periodo freddo del
Quaternario, durante l'ultima glaciazione del Wurm., tutte le Querce si siano rifugiate
attorno al Mediterraneo, nella Penisola Iberica, P. Balcanica, Anatolia, Magreb alcune zone
della nostra penisola ed isole.
Solo alla fine della glaciazione, tre specie sono state in grado di diffondersi verso
settentrione, la Farnia, la Rovere e la Roverella. Circa 5000-7000 anni fa queste tre specie
avevano occupato tre spazi ecologici ben differenziati e con l'assenza di interventi antropici,
le fitocenosi omogenee avrebbero fissato i caratteri attuali delle specie; foreste su suoli acidi,
drenati e atmosfera umida: cenosi a Rovere; suoli calcarei asciutti: cenosi a Roverella; zone
alluvionali su terreni profondi e con falda freatica superficiale: cenosi a Farnia.
In queste condizioni le cenosi omogenee avevano poco o per nulla modo di scambiarsi i
pollini e le introgressioni genetiche erano certamente poco diffuse; in seguito l'uomo per le
sue esigenze, specialmente durante l'impero romano con la formazione delle Centurie nelle
grandi pianure, ma anche con lo sfruttamento dei boschi a Rovere per la costruzioni della
flotta dell'impero; infine ai nostri giorni in cui abbiamo relegato queste formazioni in zone
inidonee divise solo da ampi spazi coltivati dove il vento può agevolmente scambiare i
pollini e di conseguenza i geni delle tre specie, producendo la notevole variabilità attuale.
In questa situazione, forse, lo scambio continuo di geni può rendere il Genere molto più
plastico e capace di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Purtroppo da diversi anni si è osservato che il Genere viene colpito da patologie, monitorate
da diverse università, ma l'eziologia non è compresa completamente, viene chiamato
"Deperimento delle Querce".
Ingiallimento della chioma, microfillia, emissione di rametti epicormici e sulle branche
principali, emissione di essudati da fessurazioni della corteccia alcune volte si riscontrano
attacchi di funghi lignivori opportunisti che possono portare a morte la pianta. La Farnia in
particolare, viene colpita più o meno gravemente dall'Oidio (Microsphaera alphitoides)
specialmente nelle stagioni asciutte e afose che negli ultimi anni si succedono di frequente.
Questa patologia fungina della chioma, indebolisce anno dopo anno le piante colpite in
modo grave, non permettendo di fotosintetizzare in modo sufficiente a creare una buona
quantità di sostanze di riserva per la stagione successiva.
Pare che il "Deperimento delle Querce" sia diffuso in tutto il mondo, in America del nord è
stato accertato e rende ancora più enigmatica questa patologia.
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Sambucus laciniata Miller
Sambucus nigra var. laciniata L.
Sambucus virescens Desf.
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Sambuco, Sambuco nero, Sambuco nostrale,
Sambucus arboreo.
Nomi locali: Lombardia Sambüch, Schitac;
Emilia Zambuch; Abruzzo: Zammuco ; Lazio
Sambuco puzzoloso; Liguria Sambugu; Campania
Savuco; Sicilia Savuco di gai; Calabria Savuco ;
Marche Savuchi; Sardegna Sambucu mascu,
Saùcu, Savùcu; Veneto Sango, Sambugar ;
Piemonte Sureau.
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Il termine latino di genere Sambucus sembra tragga origine da Sambuca (che a sua volta
deriva dal greco sambychè): questo era un antico strumento musicale a corde, simile alla
odierna arpa, che veniva fabbricato utilizzando il legno di questa pianta;
il termine latino di specie nigra = nera (Sambucus è di genere femminile) per il colore nero
dei frutti.
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Pianta caducifolia dal portamento spesso arbustivo e a chioma espansa, che supera
raramente i 7÷9 metri di altezza; fusto generalmente poco allungato e ± eretto; rami e
corteccia verdastri e con superficie verrucosa (lenticelle) in età giovanile, successivamente
grigio-brunastri con supeficie solcata e di consistenza che ricorda quella del sughero; il
midollo è molto ampio, ha consistenza spugnosa ed è biancastro.
Tutta la pianta emana un odore intenso penetrante, spesso sgradevole.
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Imparipennate (in genere con 5-:-7 folgioline) ed opposte, picciolate, con presenza di stipole
di dimensioni molto ridotte, picciolo e rachide foliare costoluti, assieme alla nervatura
principale sono di colore verde, all'incirca della stessa tonalità delle foglioline; ciascuna
fogliolina ha lamina ellittico-ovale di colore verde-carico nella pagina superiore, più chiare
in quella inferiore, apice acuminato, margine regolarmente seghettato, almeno nella porzione
apicale.
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Riuniti in grandi e vistose ombrelle di corimbi (cioè ciascuna infiorescenza è composta da
un numero variabile di corimbi i cui rachidi si dipartono da una comune base) e poste in
posizione apicale sui rami, i fiori sono minuti, hanno calice verde, gamosepalo all'incirca
tronco-conico, con 5 denti triangolari e eretto-patenti (ipocrateriforme); corolla gamopetala
di colore da bianco-panna a giallastro, all'incirca della stessa forma del calice, ma con tubo
meno allungato e con 5 lobi patenti e ottusi; androceo composto da 5 stami liberi, filamenti
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biancastri e antere giallastre; gineceo con ovario tricarpellare (raramente 4-carpellare), lo
stilo è assente, e quindi lo stimma, che è diviso in 3 lobi, poggia direttamente sull'ovario (è
sessile). Il nettare ha un forte odore, quasi nauseante, che attira una moltitudine di insetti, in
particolare maggiolini.
6$7))-!
I corimbi che portano i fiori e, successivamente, i frutti, che sono delle drupe, diventano
penduli per il loro peso; queste sono subsferiche, succose, agrodolci, di colore prima
verdastro, quindi rossastro, e, a maturazione, nero-lucido con toni violacei; all'interno
presentano 3 (raramente 4) logge, ciascuna contenente un unico seme.
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La fioritura (antesi) avviene da (Marzo) Aprile a Giugno, compatibilmente con le condizioni
geoclimatiche.
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Specie spontanea dell'Europa centro-meridionale, fino al Caucaso, ai confini occidentali
della Siria e settentrionali dell'Iraq; in Nordafrica e Macaronesia vi è stata verosimilmente
introdotta. Presente allo stato spontaneo in tutte le Regioni italiane.
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Amante dei luoghi incolti ed umidi, è comunissima lungo i fossi, ai lati delle strade, nelle
siepi; specie pollonifera, è pronta ad occupare terreni dismessi, ruderi anche a ridosso di
muri e tra le macerie, dove si espande rapidamente. Vegeta dal livello del mare fino a 1500
metri di quota.
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Altre specie di questo genere sono:
Sambucus ebulus (Ebbio): pianta erbacea che raggiunge circa 1,5 metri di altezza, possiede
un apparato radicale costituito da rizomi ben sviluppati e striscianti; infiorescenze e frutti in
corimbi apicali difficilmente penduli,foglie con 5-:-9 segmenti, lamine affusolate ed
appuntite con la pagina inferiore pubescente; fiori in corimbi a corolla bianco rosata ed
antere viola.
Sambucus racemosa (Sambuco rosso): arbusto che difficilmente raggiunge 3 metri di altezza;
foglie composte da 3-:-7 foglioline strette, densamente dentate ed acuminate; fiori in vistose
pannocchie bianco-verdastre o con toni giallastri; frutti di colore rosso lucente, crescita più
montana.
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I principali sono: olio volatile, flavonoidi, rutina, vitamina C, il glicoside cianogeno
sambunigrina, amigdalina, acido malico, vitamina B, colina, acido acetico, cloruro di
potassio, solfato di potassio, fosfato di magnesio fosfato di calcio, nitrato di potassio.
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I frutti vengono consumati crudi, cotti e disseccati. L’aroma dei frutti freschi non è gradito a
tutti ma, cuocendoli, si ottengono deliziose marmellate e dolci di vario genere. I frutti sono
anche utilizzati per dare un tocco di colore a conserve, salse, gelatine e per fare un vino
frizzante. I fiori hanno un profumo ed un aroma che può ricordare il moscatello:
immergendoli per qualche ora nell’acqua, con aggiunta di limone e zucchero, si ottiene una
bibita rinfrescante per le giornate calde. Sempre coi fiori freschi si possono fare frittelle
dolci e salate o, dopo averli seccati, ricavarne un tea dal sapore gradevole. Le foglie sono
utilizzate per dare una colorazione verde ad oli e grassi per uso alimentare.
I frutti, quando sono ancora acerbi contengono, come tutte le parti verdi della pianta, il
glicoside cianogeno sambunigrina, che per idrolisi produce acido cianidrico ed ha quindi un
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certo grado di tossicità. Tuttavia questa tossicità è più che altro teorica, poiché il contenuto
di questa sostanza nella pianta è basso e solo un dosaggio eccessivo della scorza può
effettivamente provocare vomito e spasmi intestinali.
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B(/!"/(&#)/1/3-"/!
Un infuso di fiori costituisce una valida lozione addolcente e sbiancante per la pelle del viso
e, messo nell’acqua del bagno, del corpo. Inoltre, come compressa o impacco, ha anche un
effetto antirughe. Un tea di fiori di sambuco è un piacevole tonico da usarsi dopo la doccia.
In campo fitocosmetico, con i principi estratti dai fiori, si ottengono lozioni e maschere
astringenti, decongestionanti, emollienti e utili a normalizzare la secrezione sebacea.
Le bacche, ai vecchi tempi, venivano utilizzate per dare un colore nero alla capigliatura.
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Il Sambuco, ha una lunga storia come pianta medicinale, sia nell’uso casalingo che in
erboristeria. E’ a questo che si deve il suo soprannome in lingua inglese 'the medicine chest
of country people' ( la cassetta dei medicinali della gente di campagna).
L’erboristeria moderna impiega principalmente i fiori ma, nel corso del tempo, si è fatto uso
medicinale di tutte le parti della pianta.
Dalla verde corteccia interna delle giovani piante si ricava una pomata emolliente. Se
raccolta in autunno ed essiccata al sole, è invece diuretica, fortemente purgativa e, in dosi
consistenti, emetica: viene utilizzata nel trattamento della stipsi e delle artriti. Le foglie
possono essere usate sia fresche che secche: possiedono proprietà purgative, diuretiche,
espettoranti ed emostatiche. Anche dalle foglie si può ricavare un unguento emolliente, che
viene utilizzato nel trattamento di contusioni, slogature, geloni, ferite ecc. I fiori secchi sono
diuretici, diaforetici ( favoriscono la sudorazione ), espettoranti e stimolano la montata lattea;
l’infuso da essi ricavato è assai efficace nei dolori toracici causati dalla bronchite e
costituisce anche un ottimo tonico primaverile, purificante del sangue.
I frutti sono depurativi, diaforetici e blandamente lassativi. Il tea ricavato dalle bacche
secche sembra essere un buon rimedio per coliche e diarrea.
Dalla corteccia interna fresca dei rami giovani si ricava un rimedio omeopatico per dare
sollievo ai sintomi dell’asma e dello pseudocroup infantile.
Nel folklore i alcuni paesi europei il legno di Sambuco veniva utilizzato per respingere i
demoni. In Inghilterra se ne piantava un esemplare vicino alle abitazioni, come protezione
contro le streghe, oppure si ponevano dei ramoscelli, raccolti l’ultimo giorno di aprile, sopra
le finestre, sempre per tener lontane le streghe.
Nei tarocchi la pianta è associata ad uno degli Arcani Maggiori: la Luna.
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Pianta estremamente rustica, viene spesso utilizzata per rinaturalizzare terreni poveri e
degradati.
Il legno viene utilizzato per la costruzioni di piccoli oggetti ed attrezzi.
La pianta è una buona aggiunta al compost e le radici ne accrescono il processo di
fermentazione quando l’albero sia piantato vicino ad esso.
La polpa bluastra delle bacche può essere usata come una sorta di cartina tornasole per
stabilire se una soluzione sia acida o alcalina: immersa in una soluzione alcalina diventa
verde, rossa in una acida.
Varie parti della pianta possono essere usate come coloranti, per ottenere sfumature dal
verde al porpora; fino a qualche decennio fa si utilizzava il liquido dei frutti per ricavarne
inchiostro
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T. parvifolia Ehrh. T.
sylvestris Desf.
Nom. com. Tiglio selvatico,
Tiglio maremmano
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latifoglia nobile dei nostri
boschi; albero di media o
grande dimensione può
raggiungere in condizioni
ottimali i 25-30 m di altezza,
di solito inferiore al T. platyphyllos, si trovano però esemplari di oltre 1,5 m di diametro del
tronco, pianta molto longeva come tutti i Tigli, pollonante alla base anche se non stimolato
da tagli o riduzioni di chioma; tronco molto robusto a volte policormico negli individui
isolati.
Chioma ampia, subglobosa ma meno ovale che in T. platyphyllos.
Ha crescita di tipo simpodiale e monocasio, non molto rapida ma rimane sostenuta per
moltissimi anni.
La corteccia liscia macchiettata, grigio-bruna da giovane, diviene con l'età solcata
longitudinalmente in solchi poco profondi di colore grigio. I giovani rami sono glabri e
lucidi di colore dapprima verdi olivastri e poi bruni o rossicci, meno robusti che in T.
platyphyllos, portano gemme ovoidi-globose con 2 perule evidenti, glabre, rossastre.
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le foglie sono relativamente più piccole che in T.nostrale tra 3 a 9 cm, ovate sub-orbicolari a
base nettamente cordata, anche assimetriche, da cui l'epiteto specifico "cordata", brevemente
e bruscamente appuntite all'apice; la pagina superiore è verde scuro, liscia con nervature
terziarie non evidenti; quella inferiore da verde chiaro all'inizio stagione vegetativa, a glauca
con ciuffi di peli bruno- rugginosi all'ascella delle nervature, hanno il margine serrato e il
picciolo glabro e lungo 2-4 cm. Le foglie dei polloni sono molto più grandi di quelle dei
rami adulti.
Le infiorescenze sorrette da una lunga brattea, portano più fiori che in T. nostrale, da 4 a 15
fiori poco odorosi, sepali lunghi 3 mm mentre i petali variano da 3 a 8 mm; i fiori sono
bianco giallognoli, hanno ovario tomentoso e al massimo 30 stami e senza staminoidi.
L'antesi è più tardiva che in T. nostrale, circa due settimane di differenza, dalla metà di
giugno alla metà di luglio; l'impollinazione è entomofila e molto mellifera.
I frutti sono subglobosi di circa 5-6 mm a pericarpo membranoso, fragile, tomentoso e
grigiastro a maturità (ottobre) con 5 costolature appena accennate.
La disseminazione è come in tutti i Tigli, anemocora e si protrae per tutto l'inverno, il
trattamento dei semi per la semina è identico che in T.nostrale. La plantula è subglabra con
cotiledoni a 7 lobi.
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il legno del Tiglio selvatico è simile a quello di tutti gli altri Tigli è meno leggero che in T.
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nostrale, con alburno e duramen indistinti (omoxilo), da bianco-giallastro a leggermente
rosato, sericeo, a porosità diffusa, con raggi midollari appena visibili ad occhio nudo, è
tenero e all'aperto è di poca durata però è di facile lavorazione e di bel aspetto, viene usato in
falegnameria fine, ebanisteria e in modellistica per la sua leggerezza e resistenza.
Non è un buon combustibile ma viene usato per la produzione di carboncini da disegno.
L'apparato radicale in gioventù è fittonante, poi ampio e robusto con grosse radici che si
approfondiscono nel terreno ma alcune si dilungano in superficie.
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in Europa il T. selvatico ha un areale più vasto che negli altri Tigli per le sue caratteristiche
di maggior esigenza in freschezza e continentalità e perciò si spinge maggiormente ad est
superando gli Urali e a nord raggiungendo il sud della Fennoscandia; a sud raggiunge il
Caucaso, il Mar Caspio, il Mar nero e il nord della Grecia a ovest i Pirenei e la Francia
tranne la Normandia, la Gran Bretagna meridionale.
In Italia ha una minore espansione nelle regioni meridionali per le sue esigenze di maggior
continentalità ed il suo areale in Italia meridionale è alquanto incerto, perché dall'Italia
centrale a quella meridionale si stempera nella sua forma ibrida (T.x vulgaris Hayne = T.
intermedia D.C.).
Cresce nelle zone fitoclimatiche del Castanetum e del Fagetum, dove risale a quote maggiori
del T.nostrale fino a 1700 m negli Appennini centrali.
Preferisce terreni profondi, freschi e ricchi di humus dolce proveniente da rocce
carbonatiche ma anche flycsh sub-acido, purché non argilloso-compatti, né francamente
sabbiosi.
E' specie più sciafila e resiste meglio ad eventuale aridità estiva rispetto all'altro Tiglio. Di
temperamento mesofilo, esige buona umidità dell'aria e del suolo, tollera forti escursioni
termiche quindi vegeta in climi tendenzialmente più continentali, negli orizzonti delle
latifoglie eliofile e nella porzione inferiore delle latifoglie sciafile.
I Tigli sono piante poco socievoli, non formano mai boschi puri, si trovano in modo
sporadico a piccoli gruppi in mescolanza con Rovere, Aceri, Frassini, Carpini e Cerro, ma
anche con Faggio e Abete bianco.
Spesso però li troviamo in parchi, grandi giardini e come alberatura stradale assieme ad altri
Tigli non autoctoni, per la loro chioma, bellezza, profumo, maestosità e longevità, anche in
località fuori dalla fascia di vegetazione che gli è propria.
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fra i numerosi ibridi naturali o antropogenici, tra i due nostri Tigli, il più importante è senza
dubbio Tilia x vulgaris Hayne, ma è mportante anche T.x euchlora K. Koch, l'ibrido tra T.
cordata e T.dasystyla, un Tiglio diffuso dalla Crimea al Caucaso e Iran, conosciuto dal 1860
dotato di un bel portamento ma soprattutto poco appetito dagli Afidi, per cui non crea
problemi di imbrattamento di marciapiedi e auto nelle città e nei viali.
Si può confondere:
con T. platyphyllos Scopoli che ha foglie più grandi verde medio con nervature terziarie ben
evidenti, generalmente pelose da giovani su tutte due le pagine, anche il picciolo e il giovane
rametto, a fine stagione vegetativa rimane una peluria biancastra nella pagina inferiore delle
foglie tra le nervature ; frutti pochi, più grossi e molto duri, più allungati con 5 costolature
prominenti.
Con T. x vulgaris Hayne che ha caratteristiche intermedie e nell'insieme non riferibili all'una
o l'altra specie.
Con T.americana L. del nord America è il più usato nelle alberature stradali, ha foglie molto
grandi e glabre, fino a 20 cm, anche i rametti sono glabri e i fiori molto profumati hanno
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evidenti staminoidi petaloidi, infiorescenze dense e ordinatamente pendenti, fioritura tardiva
(luglio), corteccia grigio-nerastra, vivacemente pollonifero alla base e infestato dagli afidi.
Con T. heterophylla Vent. del nord America usato anch'esso nelle alberature stradali e come
il precedente ha foglie molto grandi con peli nella pagina inferiore lungo le nervature
secondarie e terziarie ma con rametti completamente glabri, fiori con staminoidi-petaloidi.
ConT. tomentosa Moench detto tiglio argentato, (SE-Europeo ovest-asiatico) proprio per
l'aspetto argenteo della chioma mossa dal vento; foglie argentee di sotto per fitta tomentosità,
fiori con staminoidi, profumatissimi, più che in qualsiasi altro Tiglio, quasi nauseante, tanto
da essere tossico per le api che quando bottinano questo Tiglio cadono a terra stordite e
perciò non è indicato nei giardini pubblici o luoghi frequentati da persone che durante la
fioritura possono essere punti da api che cadono dalla chioma.
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S. hybrida Vill. S. ulmifolia Thuill
S. praecox Salisb.
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Salicone, Salice di montagna,
Salice delle capre
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Arbusto policormico (2-6 m) o
piccolo albero (anche oltre 12 m), con
corteccia abbastanza liscia da giovane,
di colore grigio verdastro, in età
avanzata grigia, grossolanamente
fessurata longitudinalmente in placche
romboidali.
Gemme con una sola perula, ad apice ricurvo verso l'esterno, di forma ogivale od ellittica e
di color bruno rossastro.
Foglie alterne, con picciolo di 1-2 cm, ovali od ellittiche, acute, talora brevemente
acuminate, a margine intero o, più frequentemente, irregolarmente dentellato, lunghe
mediamente 5-8 cm, con pagina superiore verde opaca, glabra e un po' rugosa e pagina
inferiore persistentemente pubescente e vellutata, di color verde salvia o biancastra, con
nervature ben evidenti ed in rilievo; stipole per lo più presenti, non grandi e dentate. Le
foglie spuntano di regola successivamente alla fioritura.
Fiori maschili numerosi in amenti di circa 2-4 cm densi, eretti, ovoidali, provvisti ciascuno
di due stami, con antere giallo-oro ricche di polline. Fiori femminili in lunghi amenti (3-8
cm) di forma cilindrica, dapprima eretti, poi reflessi, con pistillo a ovario verde, a forma di
ampollina. Come tutti i salici, il salicone è specie dioica, cioè porta fiori maschili e
femminili su piante separate.
Frutti in piccole capsule allungate, di colore grigio-verde; seme piccolo e provvisto di
pappo piumoso bianco.
4-()$-=75-/.#!"!A%=-)%)!F!:-/$-)7$%!
Specie a larga distribuzione euroasiatica; manca nelle zone costiere mediterranee. In
Italia è frequente in tutta l'area alpina ed appenninica, più raro in pianura padana, in Puglia e
in Sicilia, assente in Sardegna. E' una specie pioniera molto rustica, che vegeta dalla pianura
fino all'alta montagna (1600 m), costituente sia di formazioni riparie che di aree forestali
(bordi e chiarie). Quando la si riscontra all'interno di boschi, è sicuro indice di una pregressa
attività antropica (stalle, fienili, baite). Preferisce suoli freschi, solitamente argillosi, pur
adattandosi anche a condizioni di moderata aridità. L'antesi è precoce: da fine febbraio ad
aprile.
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Come per le altre specie del genere Salix , la corteccia del salicone fornisce, oltre a
tannino, anche la salicina, da cui si ricava acido salicilico, ad azione tonica, antireumatica,
febbrifuga, antifermentativa ed astringente. Dai giovani rami si usava, e ancora si usa,
ricavare i vimini, da utilizzare come legacci in agricoltura o per confezionare ceste e stuoie.
Occorre anche ricordare che i salici sono specie mellifere.
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Gelso comune, Gelso bianco, Moro bianco
4#("$-5-/.#J!&/$:/1/3-%E!Albero che può
raggiungere l'altezza massima di 20 m
(mediamente 8-10 m), con fusto a grossi rami
irregolari che formano una chioma globosa
allargata; spesso il fusto viene capitozzato e dà
origine ad un mazzo di rami pressoché di eguale
dimensione aperti a ventaglio; corteccia in
gioventù grigio-giallognola e quasi liscia,
quindi brunastra e solcata longitudinalmente;
gemme ovoidi, piccole, appuntite. Specie
piuttosto rustica e longeva, pur se sovente
cariata all'interno del tronco.
Foglie alterne su rametti glabri, quasi distiche, con picciolo scanalato di 20-30 mm, lamina
intera, morbida, ovato-acuta, grande (in media lar. 5-8 x 7-10 cm), debolmente cordata,
glabra e lucida sulle due facce, salvo brevi ciuffi di peli bianchicci nella pagina inferiore
all'inserimento dei nervi secondari e terziari, bordo irregolarmente dentato; foglie dei polloni
profondamente tripartite con 3(5) lobi.
Fiori monoici (in minor misura ermafroditi) in amenti: i maschili cilindrici lunghi 2-4 cm,
con breve peduncolo, a perianzio 4-partito con 4 stami, i femminili globosi, lunghi 1-2 cm,
ugualmente peduncolati, a perianzio 4-5 partito, 1 ovario e 2 stimmi.
Frutti in infruttescenza ovale-arrotondata peduncolata di 1-2 cm (sorosio o mora di gelso)
formata da minute (diam. 1,5-2 mm) pseudo-drupe carnose, ciascuna con 1 seme, di colore
biancastro, più raramente roseo o rossastro, dolci.
Areale, ecologia:
E-Asiat. - Asia orientale. Antesi: Aprile-maggio
Distribuzione in Italia: In tutto il territorio, eccetto VDA, LIG e SIC.
Habitat: Largamente coltivato nel passato, specialmente in pianura padana, in filari; a volte
subspontaneo su terreni abbandonati ed incolti. Preferisce suoli freschi, profondi e
permeabili, non argillosi e privi di ristagni d'umidità. Da 0 a 700 m.
Note, possibile "/.:7(-/.#:
Morus nigra L., introdotto dall'oriente in epoca più antica (greco-romana), raggiunge
mediamente maggiore statura e si differenzia per le foglie di solito più tondeggianti e rigide,
con picciolo di 5-15 mm, profondamente cordate alla base, ruvide superiormente, più
densamente pubescenti di sotto; rametti pure pubescenti; i sorosi sono subsessili, più grandi
(2-2,5 cm), di colore a maturità quasi nero ed hanno sapore un po' meno dolce. Veniva
coltivato per il frutto e non per la sericoltura.
Etimologia:
Il termine generico (dal greco "moron", divenuto in latino "morus") fa riferimento al
colore scuro dei frutti; l'aggettivo specifico, in apparente contrasto col precedente, allude
alla più comune colorazione di essi (biancastra), soprattutto in contrapposizione al colore
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regolarmente viola scuro-nero dei frutti di M. nigra.
Proprietà ed utilizzi: Specie commestibile officinale
Il gelso, originario della Cina, è stato introdotto in Europa da epoca antica (Ruggero II lo
importò in Sicilia nel 1130). Ben presto acquisì importanza fondamentale per la produzione
della seta, legata all'allevamento dei bachi che si cibano delle sue foglie. Anche nel nostro
paese era ampiamente coltivato fino agli anni '60 del '900, prima che la produzione di seta
entrasse in profonda crisi. Filari di gelsi bianchi, capitozzati per ottenere abbondanti foglie
di maggiori dimensioni ad accessibile altezza da terra, sono ancora visibili nelle campagne
italiane, connotando, soprattutto nella pianura padana, notevoli siti del paesaggio agrario.
A scopo officinale del gelso si impiegano soprattutto radici e foglie. Le radici possiedono
proprietà diuretiche e purgative. Le foglie, che si raccolgono in maggio, hanno azione
astringente e riducono la glicemia; preparati misti con uso di foglie e corteccia radicale
esercitano anche azione immunostimolante, antiasmatica, espettorante, diuretica, lenitiva dei
disturbi gastro-enterici.
I frutti, contenenti abbondanti zuccheri e vitamine, sono rinfrescanti e si consumano allo
stato fresco, pur non risultando commerciabili per l'estrema delicatezza e deteriorabilità;
vengono usati anche nella preparazione di sciroppi, gelatine e marmellate.
Il legno di gelso, ad alburno bianco-giallastro e durame giallo-bruno, è caratterizzato da una
buona durezza e resistenza; in passato si utilizzava per confezionare attrezzi ed oggetti che
stavano a contatto con l'acqua (secchi, mastelli, barili, doghe) e per piccoli lavori da tornio
ed intarsio. E' abbastanza valido come combustibile.
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Secondo le narrazioni tradizionali, la casuale scoperta della seta pare risalire al 2700 a.C.
in Cina, quando un'imperatrice notò dei bruchi che mangiavano le foglie di gelso per poi
tessere un involucro, costituito da filamenti sottilissimi e lucenti, entro cui si richiudevano
per uscirne poi come farfalle. Ne nacque l'idea di allevare quei bachi per utilizzare le fibre
dei bozzoli e farne un tessuto particolarissimo, finissimo e delicato: la seta.
Nei secoli successivi la seta si diffuse progressivamente verso occidente ed era così
apprezzata da Romani e Bizantini che molti affrontavano interminabili viaggi lungo la
cosiddetta "via della seta" per procurarsi questo prodotto, che veniva poi pagato a peso d'oro.
I Cinesi per lunghissimo tempo non rivelarono la vera origine del tessuto ai mercanti
occidentali, lasciando credere che la fibra fosse di origine vegetale e prodotta dalla pianta
del gelso; finché, si narra, nel VI secolo, due monaci inviati in Cina da Giustiniano
riuscirono a carpire il segreto, riportando a Costantinopoli alcuni bozzoli nascosti entro i
loro bastoni. Si scoprì anche, naturalmente, che per allevare i bachi era necessario disporre
degli specifici gelsi orientali e delle loro foglie ed allora anche il gelso bianco venne
introdotto e trapiantato in vaste zone dell'occidente ed in Europa, fino ai giorni nostri.
L'Italia nel XIX secolo si trovava, insieme a Cina e Giappone, ai vertici della produzione
mondiale di seta. Attualmente la produzione nazionale è azzerata, per vari fattori:
concorrenza da parte delle fibre sintetiche; cambiamento dagli anni '50-'60 del secolo scorso
dell'organizzazione delle aziende agricole, con crescita insostenibile, rispetto all'oriente
asiatico, dei costi di produzione; infine recente moria quasi completa dei bachi per il
diffondersi di antiparassitari tossici usati in frutticoltura.
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!
0/&#!-)%1-%./
Sorbo degli uccellatori, Sorbo selvatico,
Sorrestella, Tremolina, Selvostriello di
montagna, Mountain ash, Sorbier des
oiseleurs, Vogelkirsche, Serbal de
cazadores
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Albero deciduo di medie dimensioni,
altezza 15÷20 m, ma anche arbusto, specialmente alle massime quote raggiunte dalla specie;
tronco sottile, che in esemplari particolarmente vigorosi, può raggiungere anche 50 cm Ø,
eretto e fittamente ramificato.
Chioma prima ovale, poi tondeggiante, ombrelliforme, con rami orizzontali o più o meno
ascendenti, i macroblasti sono grigi e pubescenti poi lucidi e con lenticelle evidenti, portano
gemme grandi, fusiformi pluriperulate con perule grige e pelose, le basali sono nere, ma mai
vischiose.
L'apparato radicale è di tipo fittonante e si approfondisce notevolmente anche con robuste
radici laterali.
Le foglie sono decidue, alterne, imparipennate, lunghe fino a 20 cm, formate da 6÷7 paia di
foglioline sessili, oblungo-lanceolate con apice acuto e margine seghettato; di color verde
scuro e lisce sulla pagina superiore, verde-glauche con pubescenza sparsa sulla pagina
inferiore soprattutto sui nervi, volgono al rosso-sanguigno in autunno.
Le infiorescenze sono ricchi corimbi eretti dal Ø sino a 15 cm e hanno asse pubescente.
I fiori numerosi, ermafroditi, compaiono fra maggio e luglio; emanano un odore di
trimetilammina simile all'odore del fiore del Castagno; sono portati da peduncoli con peli
appressati o subglabri; hanno calice tomentoso a lacinie triangolari; corolla con petali
obovati, bianchi di 5 mm; stami 20; stili 3 liberi.
I frutti sono pomi globosi, raccolti in pesanti grappoli, sono di color rosso scarlatto o rosso
corallo, con endocarpo membranaceo e 3 semi acuti rossi; persistono per tutto l'inverno
sull'albero. Giungono a maturazione fra settembre e ottobre. Sono appetiti dai corvi e dai
merli e sono un elemento importante per il nutrimento della fauna attiva nella stagione
invernale; il loro sapore è acidulo e aspro.
Areale, ecologia
Europ. - Areale europeo.
Distribuzione in Italia: Albero di origine europea, presente in quasi in tutta l' Europa,
manca solo nella Penisola Iberica centrale e meridionale e nell'Europa meridionale-orientale,
si trova poi fino al Caucaso. In Italia è presente in tutte le regioni settentrionali con
esclusione della Val d'Aosta e in quelle centrali, è invece assente nelle regioni meridionali,
in Sicilia non è stato segnalato in tempi recenti.
Habitat: Sulle Alpi si spinge fino a colonizzare i rodoreti e gli ontaneti subalpini
comportandosi da specie pioniera microterma.
Specie di larga adattabilità, moderatamente eliofila, sopporta bene anche l'ombra è
indifferente al substrato purchè ben dotato di humus e sufficentemente umido. Occupa
principalmente nicchie rocciose, strapiombi, margini boschivi, radure nei boschi montani di
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latifoglie nobili e di conifere fra 400÷2.400 m s.l.m.
Note di Sistematica: Oltre alla subspecie nominale sopra descritta sono presenti in
Italia:
S. aucuapria L. subsp. glabrata (Wimm. & Grab.) Cajander, che si distingue per asse
dell'infiorescenza glabro, come glabre o quasi glabre sono le gemme e la pagina inferiore
delle foglie; Picciolo > di 25 mm; frutto + lungo che largo; presente in VEN e FVG, la
presenza è invece incerta in PIE, TAA e LIG.
S. aucuapria L. subsp. praemorsa (Guss.) Nyman., che si distingue per essere pianta
pubescente sulle gemme e lungo i nervi delle foglie; picciolo < di 20 mm; presente in BAS,
CAL, SIC, la presenza è invece incerta in EMR.
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Specie simile è Sorbus domestica L. - Sorbo domestico, molto simile nelle foglie e nei
fiori, con gemme glabre e vischiose, frutti piriformi, brunastri, eduli e lunghi sino a 3 cm;
presente nei boschi submediterranei.
2)-&/1/3-%E Il nome del genere,che incontriamo nel latino classico "sorbu/(m)",
deriverebbe da 2 parole celtiche con il significato di aspro e pomo; l'epiteto specifico deriva
dal latino “aucupium” = uccellagione, indica che i suoi frutti sono appetiti dalla piccola
avifauna migratoria e proprio per questo viene tradizionalmente piantato vicino agli
appostamenti fissi per la caccia.
8$/'$-#)?!#9!7)-1-55-: Specie commestibile officinale
Costituenti principali: acido parasorbico, acido sorbico, tannini, sorbite, pectine, zuccheri,
carotenoidi, vitamina C, amigdalina (semi).
Nella maedicina popolare è impiegato come lassativo e diuretico, nel passato era impiegato
contro le malattie da raffreddamento per l'alto contenuto di vitamina C.
Grandi quantità di frutti freschi possono provocare infiammazioni alle mucose dell'apparato
digerente a causa del contenuto di acidi parasorbici, solo dopo la distruzione di questa
sostanza, tramite la cottura, si evidenzia l'azione astringente delle pectine e dei tannini.
Dai frutti si ricava il sorbitolo, un tempo impiegato come sostitutivo dello zucchero nei
prodotti dietetici.
Il decotto dei frutti è consigliato per sciacqui e gargarismi contro le infiammazioni della
pelle e della gola.
Per pelli stanche, fare una maschera con la polpa delle sorbe ben mature, è un ottimo
tonificante .
I frutti possono essere impiegati nella preparazione di gelatine, marmellate e salse, ma
attenzione, possono essere velenosi se consumati crudi, i semi infatti contengono amigdalina
(derivato cianidrico).
Un colorante nero è ottenuto dai rami giovani
Gli antichi romani, fermentavano le bacche con il grano per ottenere una bevanda dolciastra,
mentre oggi sono distillate per fare acquavite o liquori.
Le sorbe essiccate, nel passato, venivano amalgamate con la farina, per arricchire il pane nei
momenti di carestia.
Specie molto spesso usata per alberature stradali, il legno pregiato, duro, compatto ed
elastico trova impiego per lavori di ebanisteria, costruzione di slitte, tornitura, intaglio,
impiegato per strumenti musicali (flauti) e nell'industria del mobile.
Come combustibile dà buona legna da ardere, nel passato, il carbone, si usava nella
fabbricazione della polvere pirica.
La sua importanza forestale è modesta, ma per la bellezza dei suoi frutti, viene spesso
coltivata come pianta ornamentale e in cultivar migliorate a frutti dolci eduli.
È un albero molto comune nei paesi nordici. Il legno è molto apprezzato in Scandinavia e se
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ne fanno diversi oggetti; con le bacche si fanno gelatine e liquori.
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I beccofrusoni (Bombycilla garrulus) sono molto ghiotti dei frutti di Sorbus aucuparia
anche se ormai fermentati e il loro fegato non ne risente il danno.
Nel calendario Celtico, quest'albero dava il nome al mese lunare: “Cerdinen” in gallese, o
“Luis”in irlandese, che andava dal 21 gennaio al 17 febbraio.
Albero magico per i Druidi che, con i falò di legno di sorbo, invocavano l' aiuto degli spiriti
e dei demoni.
Antiche leggende raccontano che dal legno di Sorbo si ricavasse una verga magica, detta
“mano di strega”, usata dai rabdomanti per trovare tesori nascosti o metalli preziosi.
Contemplato dai Celti come albero dell'Aurora dell'anno, il sorbo era anche considerato
sacro, perché i suoi frutti erano nutrimento degli dei, veniva piantato accanto alle case e alle
stalle perchè tenesse lontani i fulmini, gli spiriti malefici e le streghe.
Plinio lo classificava tra gli alberi felici per il bel colore dei suoi frutti.
Nel poema epico finnico, Kalevala, era l'albero sacro.
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Ciliegio selvatico, Ciliegio, selvatico; dolce
4#("$-5-/.#J!&/$:/1/3-% é una delle
latifoglie nobili dei nostri boschi; albero medio,
(o di seconda grandezza), deciduo a rapido
accrescimento, con tronco slanciato a chioma
piramidale da giovane piuttosto rada poi, con
l'età più tondeggiante; normalmente in bosco
raggiunge i 20-25 m d'altezza ma in condizioni
stazionali ottime anche i 30 m.
Pianta non molto longeva 100-150 anni; molto
pollonifera e se ceduata ricaccia con vigoria
formando piccole macchie di piantine derivate
da polloni radicali, ha crescita di tipo
monopodiale per tutta la vita.
La corteccia, da giovane è liscia rossastra e
grigia, ha fasce orizzontali con numerose
lenticelle allungate anch'esse orizzontali; con
l'età diviene rosso-bruna scura con grosse
lenticelle allungate e appiattite orizzontalmente, forma un ritidoma poco spesso che si stacca
in strisce e placche ad anello.
I rametti sono glabri, grigi poi rossicci, la pianta giovane forma solo rami di allungamento
(macroblasti) poi, dopo pochi anni inizia la formazione di brachiblasti (rametti corti e tozzi
che portano gemme ravvicinate, di cui la centrale è una gemma a fiore e formano dei
pseudoverticilli), le gemme a legno (quelle di accrescimento) sono ovali, acute, mentre
quelle a fiore sono globose, pluriperulate, glabre.
6/31-#J!6-/$-J!,#&-E la disposizione delle foglie sui rametti di accrescimento sono
spiralate, alterne, semplici, penninervie, lunghe 5-15 cm con margine serrato e con le
nervature secondarie che si riuniscono prima di arrivare al margine, sono di colore verde
scuro e glabre sulla pagina superiore, più chiare e inizialmente leggermente pubescenti in
quella inferiore.
Il picciolo è glabro di 2-4 cm che porta 2 (3) caratteristiche ghiandole rossicce a ridosso del
lembo fogliare con funzione di nettari; in autunno le foglie a secondo dell'andamento
stagionale, assumono colorazioni molto ornamentali dal giallo oro al rosso cupo.
Ha fiori perfetti tipici delle rosacee,(5 meri) ermafroditi, lungamente peduncolati, con calice
verde e glabro, composto da 5 sepali che si piegano all'indietro e corolla formata da 5 petali
bianchi smarginati all'apice, 15-25 stami lunghi come i petali e antere gialle; l'ovario e lo
stilo sono glabri.
I fiori sono riuniti in ombrelle pauciflore sui brachiblasti, la fioritura avviene normalmente
da aprile a maggio e l'impollinazione è entomofila (insetti).
Il ciliegio selvatico è una specie autoincompatibile e di conseguenza ha bisogno, per
fruttificare, di polline proveniente da altre piante della stessa specie.(molte cultivar invece
sono autofertili).
I frutti sono drupe che maturano un paio di mesi dopo l'impollinazione, tonde di circa 1 cm,
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con epicarpo a maturazione, dolce succoso, edule e di colore rosso cupo, molto ricercato
dagli uccelli ("avium" significa, degli uccelli) , ma anche dai mammiferi.
L'endocarpo (nocciolo) è legnoso, duro e discretamente impermeabile, anche il tegumento
del seme è abbastanza impermeabile, ma soprattutto ha l'embrione profondamente dormiente
(ortodosso) e varia da seme a seme; la rimozione della dormienza richiede 4-5 mesi di
chilling, con due settimane a 25° C e periodi più lunghi a 4-5 °C. ma la risposta non è
sempre uguale per tutti i semi.
Buona la facoltà germinativa 70-80%.
Specie pregiata anche per il suo legno che è semiporoso, discolore con alburno biancastro e
duramen rosato- giallastro- brunastro, lucente a tessitura fine, facilmente lucidabile e
rifinibile; è molto ricercato per mobili ed ebanisteria ma anche strumenti musicali e intarsio.
L'apparato radicale è esteso obliquo e scende notevolmente in profondità e il suo
approfondimento viene inibito solo da suoli asfittici duri e pesanti.
Areale, ecologia:Eurasiat. - Eurasiatiche in senso stretto, dall'Europa al Giappone.
Pontica - Areale con centro attorno al Mar Nero (clima continentale steppico con inverni
freddi, estati calde e precipitazioni sempre molto scarse).
Distribuzione in Italia: è quanto mai arduo definire l'areale del ciliegio selvatico in quanto è
stato diffuso dall'uomo in tempi antichissimi, si pensa che sia originario dell'Asia
occidentale ma forse anche dell'Europa centrale e nord occidentale come dimostrano molti
resti fossili e archeologici, pare sia stato raro allo stato spontaneo, nella regione
mediterranea.
Ora si trova in tutta Europa, a ovest raggiunge il nord della penisola Iberica, a nord
raggiunge l'Inghilterra, Danimarca, Svezia e Norvegia, a est le pianure del Don e con areali
frammentati, il Caucaso e l'Anatolia settentrionale, a sud raggiunge la Grecia ed è presente
sulle montagne di Tunisia e Algeria.
In Italia è presente su tutto il territorio ma, probabilmente spontaneo su suoli
tendenzialmente sub-acidi al nord, dal piano nell'orizzonte delle latifoglie eliofile, fino
all'orizzonte montano delle latifoglie sciafile, cioè dal Castanetum sottozona fredda al
Fagetum, ma pare che il suo optimum sia nel Fagetum sottozona calda.
Specie eliofila, rustica, plastica si adatta anche a suoli carbonatici, molto resistente alle basse
temperature; si trova sporadico o a piccoli gruppi nei querceti a Roverella e Cerro e negli
Orno-Ostrieti al centro e al sud, nelle radure che colonizza molto facilmente, nel bosco
misto caducifoglio ai margini delle faggete anche con Abete bianco, ma soprattutto con
Acero montano, Olmo montano, Rovere.
Su suoli superficiali e carbonatici risente di eventuali carenze idriche, vuole stazioni fertili
specialmente di azoto e adeguatamente rifornite d'acqua; se rispettate queste esigenze unite
ad una adeguata luminosità diventa una specie utile per rimboschimenti e colonizza
facilmente, come specie pioniera, ex coltivi e pascoli abbandonati assieme a Betulla.
Note di Sistematica: Da molti la varietà selvatica viene indicata come var. silvestris,Dierb..
Le varietà a polpa molle var. juliana L. e quelle a polpa dura var. duracina L.
Spesso nelle vicinanze di abitazioni, si possono incontrare individui inselvatichiti di cultivar,
di non facile determinazione (di solito hanno foglie e frutti più grandi).
Note, possibile confusione:
Il ciliegio selvatico, se da utilizzare per la produzione di legname di pregio, non va
lasciato invecchiare oltre i 60 anni di età, in quanto è soggetto a formare, partendo dal
midollo, un vuoto all'interno del tronco.
Si può confondere con:
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Prunus. cerasus L. chiamata marena o marasca, il frutto amarena, è un alberetto molto
pollonifero radicale con stoloni e spesso cespuglioso che non tende ad invadere boschi
naturali, ha picciolo senza ghiandole nettarifere e foglie più piccole ovali o al massimo
lanceolate finemente dentellate, produce frutti piccoli rotondi un po' schiacciati all'attacco
del picciolo lucidi rosso molto scuro a maturazione e di sapore amarognolo..
Etimologia: Il nome ciliegia o ceresia ha origine iraniana (Kirahs, keras) poi latino
ceresia, spagnolo ceresa, francese cerise, inglese cherry, tedesco kirsche.
Il nome della amarena o marasca deriva dal latino "amarus".
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Dalle ferite o cretti da gelo fuoriesce spesso una resina gommosa di colore ambra usata in
farmacia.
I piccioli dei frutti vengono usati come diuretici.
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