L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli, la loro chimica, i loro rapporti
con l’uomo e la società, sono i temi affrontati dal progetto di MATERIALITA’ del triennio
1999-2002. Queste “risorse” sono analizzate attraverso esperienze pratiche e teoriche che
costituiscono l’argomento di manuali didattici a disposizione dei docenti delle scuole elementari e medie inferiori per aiutarli ad affrontare queste tematiche.
“Molecole solide”, la terza pubblicazione della collana, affronta i temi collegati alle “materie prime e seconde”. Gli aspetti affrontati rappresentano una minima parte dei possibili sviluppi che un tema simile e così vasto può offrire. Sicuramente non si è potuto prescindere
dall’analisi della materia e dei suoi costituenti, dai cicli naturali della materia, proseguendo
poi, con l’osservazione delle caratteristiche di diversi materiali utili per la vita di tutti i giorni come per esempio la plastica. Il manuale contiene anche indicazioni di bioedilizia e la casa
ecologica. Non dimenticando lo scopo principale della pubblicazione si è cercato di aggregare una serie di esperienze didattiche utili per la programmazione scolastica.
Premessa
Viaggio alla scoperta
delle risorse
Indice
L’elemento solido
> La materia
> I costituenti della materia, atomi e molecole
> Le strutture molecolari e i legami
> Gli elementi chimici
> Uno stato della materia, solido
pag.
“
“
“
“
“
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3
3
5
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7
I solidi in natura
pag.
> Leggi che regolano gli scambi di materia in natura
“
> Da molecole organiche a inorganiche: il riciclo delle materie in natura “
> Materia vivente e materia non vivente
“
> Ciclo del carbonio
“
> Le rocce e la litosfera
“
> Le rocce sedimentarie
“
> Gli ambienti della costa ravennate
“
(duna, erosione, trasporto, tipo di spiaggia..)
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8
9
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??
20
I solidi nella società
pag.
> Le materie più usate nel quotidiano:
“
plastica, legno, vetro, metalli, carta….
> Le materie nella storia
“
> Le risorse
“
> Estrazione di alcune materie in natura: i minerali, la cellulosa
“
> Una materia relativamente giovane: la plastica
“
> Le materie prime seconde, ovvero…il riciclo dei materiali
“
> I rifiuti e l’importanza del loro riciclo. La normativa
“
> Ritorno alle origini - il riciclo della plastica, i materiali nati dal riciclo
“
> La materia come fonte di energia
“
> I piani di recupero e gestione di Area
“
> Materiali solidi nella nostra società
“
> Materiali utilizzati nell’edilizia (bioedilizia e casa ecologica)
“
e per l’urbanistica
22
22
Proposte didattiche
> Prove di durezza
> Misura della densità dei corpi
> Il punto di fusione
> La spinta di Archimede
> La conduzione del calore
> L’elettricità: alcuni esperimenti
> Il viaggio dell’elettricità
> E altri…
pag.
“
“
“
“
“
“
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Bibliografia
pag.
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L’elemento solido
vantaggi. Sin dall’antichità ha preparato metalli e leghe, tessuto e colorato stoffe, creato
veleni e medicine. Ma che cos’è la materia? Si definisce “materia” tutto ciò che ha massa,
occupa spazio e possiede energia. Nel mondo che ci circonda, la materia si presenta sotto
svariate forme, che chiamiamo sostanze come ad esempio il vetro, l’acciaio, l’acqua, le rocce. La materia può apparire ai nostri occhi continua e senza spazi vuoti, ma in realtà è costituita da molecole, che a loro volta sono costituite da atomi. La materia si presenta ai nostri
sensi in uno dei suoi tre stati di aggregazione: solido, liquido o gassoso. Lo stato di aggregazione è determinato dall’intensità delle forze che si esercitano tra molecola e molecola (forze di coesione). Infine, la materia può passare, per effetto di agenti fisici o chimici, da uno
stato di aggregazione all’altro, oppure trasformarsi in energia, ma mai scomparire del tutto:
materia ed energia non si possono né creare né distruggere. Noi siamo comunemente abituati ad attribuire tre stati alla materia, ma molti scienziati invece sostengono che esista un
quarto stato della materia, il plasma.
Il termine “materia allo stato di plasma” non ha nulla a che vedere con il più comunemente
noto “plasma sanguigno” ma piuttosto, come in uso nella fisica sin dal 1920, con il gas ionizzato ovvero con atomi che hanno perso del tutto i loro elettroni. La fisica spaziale del plasma divenne un’importante disciplina scientifica all’inizio degli anni ‘50, con la scoperta della cintura di radiazioni di Van Allen.
➤ Le ipotesi su come la materia sia costituita sono apparse nel pensiero filosofico prima anco-
I costituenti
della materia
➤ L’uomo ha sempre studiato la materia e le sue trasformazioni per poterne trarre i maggiori
La materia
L’elemento solido
ra che in quello scientifico. A partire dai tempi di Democrito (400 a.C.) queste ipotesi sono
state più volte riprese e sviluppate. Democrito sosteneva che la materia fosse costituita da
atomi, particelle invisibili che conservano inalterate le proprietà della materia. Si dovrà
attendere gli inizi dell’ottocento perché si introduca nel pensiero scientifico la distinzione tra
atomi e molecole; infatti Avogadro, cercando di interpretare le reazioni chimiche allo stato
gassoso, riesce a scoprire che le molecole sono le particelle che formano e caratterizzano una
sostanza e che ciascuna molecola è formata dalle unioni di più atomi. La materia è dunque
costituita da molecole che a loro volta sono costituite da atomi. Per studiare e capire la
materia dobbiamo prima capire come siano formati molecole e atomi e come questi si leghino tra loro.
ATOMO: è costituito da una parte centrale ed una periferica (fig 1). La parte centrale dell’atomo si chiama nucleo ed è formata da particelle subatomiche chiamate nucleoni. I nucleoni sono di due tipi: protoni e neutroni. I protoni sono particelle di carica positiva e
costituiscono la massa dell’atomo, i neutroni non presentano carica elettrica e servono per mantenere stabile il nucleo. Alla periferia di ogni atomo girano, ad altissima velocità, altre particelle chiamate elettroni, questi presentano carica elettrica negativa e sono in numero uguale ai protoni.
Il numero di protoni presenti in un atomo si chiama numero atomico, ed influenza le caratteristiche e le proprietà di ogni atomo, viene indicato dalla lettera Z.
Agli inizi di questo secolo si pensava che gli atomi fossero delle palline piene, e
che gli elettroni fossero sulla superficie del nucleo dell’atomo.
Nel 1911 Rutherford scoprì che gli elettroni sono a grande distanza dal nucleo e
che quindi l’atomo ha un volume enormemente più grande del suo nucleo.
Il raggio di un atomo è 5/10000 volte più grande del raggio del suo nucleo, quindi l’atomo è praticamente vuoto. Gli elettroni non sono legati al nucleo ma essenfig. 1 - Struttura
do dotati di carica elettrica negativa sono attratti da esso; questo fa si che non si stac- dell’atomo
chino facilmente dall’atomo.
L’elettrone attorno al nucleo non si muove su orbite fisse, ma è possibile determinare la
3
4
L’elemento solido
regione dello spazio dove vi è un’alta probabilità di trovarlo; infatti, girando attorno al nucleo
crea una nube elettronica, chiamata orbitale (l’orbitale è la regione dello spazio dove vi è
almeno il 90% di probabilità di trovare l’elettrone e dove l’elettrone passa il 90% del tempo). Gli orbitali sono contraddistinti da tre numeri detti quantici che definiscono dimensione, forma e orientamento spaziale. Il numero quantico principale (n) è indice delle dimensioni di un orbitale, esso può assumere tutti i valori interi da 1 a 7. Il numero quantico angolare (l) indica la forma dell’orbitale e può assumere tutti i valori tra 0 e n-1. Il numero quantico magnetico (m) è indice delle diverse possibilità di orientamento nello spazio, può assu-
fig. 2/a - Forma di alcuni orbitali atomici
fig. 2/b - Numeri quantici
mere tutti i valori compresi tra +l e –l. Il quarto numero quantico, numero di spin (ms), si riferisce all’elettrone, in quanto indica il senso di rotazione. In base ai numeri quantici si può
sapere il numero di orbitali presenti e come gli elettroni si distribuiscono in essi (fig. 2/a e
fig. 2/b).
Gli elettroni si dispongono negli orbitali seguendo alcune regole:
- in ogni orbitale non vi possono essere più di due elettroni (principio di Pauli);
- se in un orbitale vi sono due elettroni, essi devono avere spin opposto;
- l’elettrone occupa l’orbitale con minor energia, se non è già completo; avendo a disposizione due orbitali con la stessa energia, uno con un elettrone e l’altro vuoto, l’elettrone va
in quello vuoto, con spin parallelo a quello dell’altro elettrone (regola di Hund). (fig. 3,4,5)
fig. 3 - Orbitale s
fig. 5 - Orbitale p
fig. 4 - Orbitale d
➤ Le proprietà che distinguono una sostanza dipendono dalla sua composizione e dalla struttura
delle sue molecole, queste ultime a loro volta differiscono per i seguenti parametri: il numero
di atomi che formano una molecola; i tipi di atomi che formano le molecole; la disposizione
degli atomi nella molecola; la diversa capacità di combinazione degli atomi, ossia la capacita
degli atomi di formare, a seconda dei casi, un diverso numero di legami e quindi di molecole
diverse. Riassumendo per conoscere le caratteristiche di una sostanza è necessario sapere le
caratteristiche delle sue molecole, ossia il tipo di atomi che la formano e quanti e quali legami
ne uniscono gli atomi. (fig. 6)
I legami che servono per formare le molecole sono diversi ma tutti dettati dalla
necessità degli atomi di trovare la stabilità della loro configurazione elettronica. Infatti per essere stabile la configurazione esterna deve comprendere
otto elettroni, ma questo in natura è presente solo nei gas nobili, tutti gli
altri elementi devono legarsi per raggiungere la stabilità. Dato che il legame è dettato da una ricerca di stabilità si può concludere che la formazione dei legami tende a creare attorno a ciascun atomo un guscio esterno di
otto elettroni. Questa regola, definita regola dell’ottetto, fu individuata da
Lewis. Nel formare un legame gli elettroni periferici riducono la loro energia,
ridistribuendosi in vario modo attorno al nucleo; a seconda della distribuzione assunta dagli elettroni si possono distinguere i seguenti tipi di legame:
Legame ionico: alcuni atomi raggiungono l’ottetto stabile acquistando o cedendo degli
elettroni; in questo modo, oltre a raggiungere l’ottetto stabile, l’atomo acquista una carica
elettrica positiva o negativa, diventando uno ione.
Il legame ionico è dunque il legame che si stabilisce tra due ioni (ad esempio NaCl, CaCl2,
ecc). (fig. 7)
Legame covalente: proprio di alcuni atomi instabili che completano l’ultimo strato senza né
cedere né acquistare elettroni, ma mettendoli in comune con atomi dello stesso tipo o di tipo
diverso; in modo tale la molecola risulta formata da atomi che hanno 8 elettroni nell’ultimo
guscio. Esempi di legame covalente sono: H2, O2, H2O, ecc. (fig. 8)
Un legame covalente polarizzato si instaura tra atomi che presentano una piccola differenza di elettronegatività.
Legame metallico: questo legame è tipico dei metalli, i quali tendono a perdere con relativa
facilità gli elettroni; questo fa si che si leghino a elementi dotati di nube elettronica negativa.
Gli elementi chimici
All’inizio del XIX secolo erano note numerose proprietà degli
elementi, questo spinse gli scienziati a dettare un ordine nella
varietà degli elementi conosciuti. I risultati più significativi si ottennero quando si misero in
relazione le proprietà degli elementi con il peso atomico. Intorno al 1870 fu formulata una
legge sul carattere periodico degli elementi: le proprietà fisiche e chimiche degli elementi
subiscono delle variazioni periodiche all’aumentare del peso atomico. Questa legge fu tradotta in una tabella detta Sistema Periodico degli Elementi (tabella di Mendeleev).
Attraverso successive rielaborazioni e arricchimenti, dovuti alle nuove scoperte, si è arrivati
alla classificazione periodica tradizionale.
Nella tabelle gli elementi sono disposti in righe successive in modo da formare colonne, le
quali contengono elementi che presentano proprietà chimiche e fisiche simili. Le sequenze
orizzontali si chiamano periodi, quelle verticali gruppi. (fig. 9).
5
Le strutture
molecolari
e i legami
L’elemento solido
fig. 6 - Struttura
molecolare
fig. 7 - Legame ionico
fig. 8 - Formazione
del legame covalente fra
due atomi di idrogeno
6
L’elemento solido
Uno stato della
materia, solido
fig. 9 - Tavola periodica
➤ La materia si può presentare in tre stati diversi. Prima di affrontare in particolare lo stato
solido si premette qualche definizione tratta dall’esperienza comune. Tale esperienza ci
suggerisce innanzitutto il modo più semplice di definire questi tre stati: i solidi sono caratterizzati da volume e forma propria e sono difficilmente comprimibili; i liquidi posseggono un volume ma non una forma, in quanto assumono la forma del recipiente in cui sono
contenuti; i gas (aeriformi) infine non hanno né volume né forma propria, perché assumono sia la forma che il volume del recipiente in cui sono contenuti e sono facilmente comprimibili.
Gli stati solido, liquido e aeriforme sono legati tra loro, infatti le
sostanze possono passare da uno stato all’altro tramite la somministrazione o sottrazione di calore. (fig 10).
Nei solidi gli atomi sono strettamente legati l’uno all’altro
da intense forze d’interazione. Da ciò scaturiscono le proprietà meccaniche, termiche, elettriche, magnetiche ed
ottiche tipiche dello stato solido della materia.
Una delle caratteristiche principali della maggior parte
dei solidi è la presenza di una struttura cristallina,
ossia di una disposizione regolare degli atomi secondo configurazioni geometriche periodiche. (fig. 11)
La forma e le caratteristiche specifiche di ogni reticolo cristallino dipendono dalle forze in gioco, cioè dal
fig. 10 - Passaggi di stato
L’elemento solido
tipo di legame che unisce le molecole: ionico, covalente, molecolare o metallico. Ad esempio
alcuni solidi, come il cloruro di sodio, o sale comune, sono tenuti insieme da legami ionici
dovuti all’attrazione elettrostatica che sussiste tra gli ioni di cui il solido è composto. (fig. 12)
In altri, come nel diamante, gli atomi condividono uno o più elettroni, dando luogo a legami
covalenti. (fig. 13)
I metalli, invece, sono caratterizzati dal cosiddetto legame metallico, in cui tutti gli elettroni dell’orbitale più esterno sono liberi di muoversi all’interno del volume del solido e sono in
un certo senso condivisi da tutti gli atomi che lo costituiscono. Gli stretti livelli energetici
permessi agli elettroni in ogni singolo atomo si allargano in bande di energia quando gli atomi vengono a far parte di un solido.
L’ampiezza e la separazione di queste bande determinano
molte delle proprietà del metallo. Ad esempio, la presenza
di una cosiddetta banda proibita, entro la quale non si
trova alcuna particella, limita i movimenti degli elettroni e determina le caratteristiche di un buon isolante termico ed elettrico. La sovrapposizione di bande energetiche, invece, e la relativa facilità di movimento delle cariche, rendono il materiale un buon
conduttore di elettricità e di calore.
Se la banda proibita è stretta, alcuni elettroni veloci
possono acquistare energia sufficiente per attraversarla, come accade nei semiconduttori. Lo stato di
una sostanza è determinato dalle forze intermolecolari, cioè ogni molecola interagisce con le altre creando delle forze attrattive, con
cui le molecole sono legate tra loro, questo è dovuta alla interazione di Van der
Waals, dal nome del ricercatore che le ha studiate.
Quando le molecole presentano dei legami polari o comunque delle cariche elettriche, è intuitivo che tra le cariche positive di una molecola e le cariche negative
di un’altra si esercitino delle forze attrattive; in queste condizioni le molecole se
sono libere di muoversi tendono ad avvicinarsi e ad orientarsi le une rispetto le
altre.
fig. 11 - Struttura
solido ionico
fig. 12 - Struttura
solido covalente
fig. 13 - Struttura
Le interazioni tra le molecole che formano un solido determinano diverse proprietà: oltre alle solido metallico
proprietà fisiche che si dividono in estensive (massa, lunghezza, volume) ed intensive (densità), vi sono quelle chiMinerali standard di Mohs
Equivalenti
miche, determinate dalle proprietà degli elementi che costi1
Talco
(nessun equivalente comune)
tuiscono la sostanza. Altre proprietà importanti dei solidi
2
Gesso
unghia
sono: la malleabilità, cioè la capacità di alcune sostanze di
3
Calcite
moneta di bronzo
essere ridotte in fogli sottilissimi, e la duttilità, cioè la capa4
Fluorite
chiodo di ferro
cità e la possibilità di un corpo di piegarsi e modellarsi,
5
Apatite
vetro
adattandosi alle sollecitazioni esterne.
6
Feldspato
lama di temperino
La durezza è la capacità di resistenza di un corpo alle scal7
Quarzo
lima d’acciaio
fiture. Per misurare la durezza di un corpo si ricorre alla sca8
Topazio
carta vetrata
la di Mohs che usa 10 minerali come indice di durezza, il più
9
Corindone
(nessun equivalente comune)
tenero è il talco, il più duro il diamante. (fig. 14)
10
Diamante
(nessun equivalente comune)
fig. 14 - Scala durezza
di Mohs
7
I solidi in natura
I solidi in natura
➤ La vita sulla terra dipende da tre fattori collegati fra loro:
Leggi che regolano
gli scambi di materia
in natura
8
(1) il flusso unidirezionale d’energia (utilizzabile) d’alta qualità che dal sole attraversa i materiali e le forme viventi sulla superficie terrestre, per disperdersi poi nell’ambiente come
energia di bassa qualità (calore) ed infine ritornare nello spazio come raggi infrarossi;
(2) il ciclo dei materiali utilizzati dagli organismi viventi in alcune parti dell’ecosfera;
(3) la gravità, che permette al pianeta di trattenere l’atmosfera e determinare il movimento
verso il basso delle sostanze chimiche nei cicli della materia.
Qualsiasi elemento o composto chimico necessario ad un organismo per vivere, crescere o
riprodursi è chiamato nutriente.
Dei 90 e più elementi esistenti, circa 30-40 sono essenziali per gli esseri viventi; alcuni come
il carbonio, l’ossigeno, l’azoto e il fosforo sono necessari in gran quantità; altri come il ferro,
il rame, il cloro e lo iodio sono necessari in piccole quantità o in tracce. Questi nutrienti e i
composti che da loro derivano compiono un ciclo continuo che va dall’ambiente non vivente (aria, acqua, suolo) agli organismi viventi, per poi tornare nuovamente all’ambiente non
vivente; sono questi i cicli dei nutrienti o cicli biogeochimici. Questi cicli, guidati direttamente o indirettamente dall’energia solare e dalla gravità, riguardano essenzialmente il carbonio, l’ossigeno, l’azoto, il fosforo, lo zolfo e l’acqua. (fig. 15)
fig. 15 - Ciclo dei nutrienti
Gli elementi vitali in natura non sono mai, o quasi mai, distribuiti in modo omogeneo, né
sono presenti nella stessa forma chimica, in tutte le parti di un ecosistema; i materiali esistono, piuttosto, in compartimenti, o pool, con diverse intensità di scambi fra loro.
Dal punto di vista ecologico conviene distinguere tra un grande pool non biologico in lento
movimento, chiamato anche pool di riserva, e un pool più piccolo ma più attivo che è in rapi-
I solidi in natura
do scambio con gli organismi, chiamato pool di scambio.
A livello della biosfera possiamo dividere i cicli biogeochimici in due gruppi fondamentali: (1)
tipi gassosi, in cui il pool di riserva è nell’atmosfera o nell’idrosfera, e (2) tipi sedimentari, in
cui la riserva si trova nella crosta terrestre.
➤ Attraverso le fasi dei cicli biogeochimici si assiste alla liberazione degli elementi nutritivi, indispensabili per lo svolgimento dei più importanti processi degli organismi animali e vegetali. Partendo da resti organici il rilascio dei nutrienti avviene in una prima fase, attraverso meccanismi di decomposizione, con cui si ottiene prima una forma solubile del materiale di partenza e
successivamente una forma inorganica; in una seconda fase questo materiale inorganico è trasformato in composti che possono essere assorbiti dalle piante e riciclato attraverso la fotosintesi. Per comprendere meglio il principio della ciclizzazione, è utile prendere in esame:
- il ciclo dell’azoto, esempio di ciclo gassoso;
- il ciclo del fosforo, esempio di ciclo di tipo sedimentario;
- il ciclo dello zolfo che è utile per illustrare i collegamenti tra aria, acqua e crosta terrestre.
fig. 16 - Ciclo azoto
Da molecole organiche
a inorganiche: il riciclo
delle materie in natura
I cicli di tipo gassoso, come quelli che coinvolgono carbonio, azoto ed ossigeno, con ampie riserve
atmosferiche e/o oceaniche, possiedono la capacità di ristabilirsi dopo eventuali modificazioni,
capacità non illimitata. I cicli sedimentari, che coinvolgono elementi come il fosforo e il ferro, non
hanno questa capacità d’autoristabilimento essendo i materiali confinati nella crosta terrestre.
I cicli della terra collegano le forme di vita passate, presenti e future. Così, alcuni degli atomi di carbonio nella pelle della vostra mano possono aver fatto parte un tempo di una foglia,
della pelle di un dinosauro, o di uno strato di roccia calcarea. E alcune molecole di ossigeno
che respirate possono essere state inalate dalla vostra nonna o da cacciatori e raccoglitori
che vissero 25000 anni fa.
9
10
I solidi in natura
Azoto e fosforo sono spesso molto importanti, e limitano o controllano l’abbondanza degli
organismi; sia il ciclo dello zolfo sia quello dell’azoto mettono in evidenza l’importanza dei
microrganismi e le complicazioni causate dall’inquinamento.
Il ciclo dell’azoto: l’azoto (N2) costituisce il 78% dei gas atmosferici, nonostante ciò le piante pluricellulari o gli animali non possono attingere direttamente da questa grande riserva
per ottenerne il nutrimento. Fortunatamente, i fulmini e alcuni batteri azotofissatori trasformano l’azoto gassoso in composti utili a piante e animali, questa trasformazione prende il
nome di fissazione dell’azoto. (fig. 16)
Essa è eseguita principalmente da cianobatteri del suolo e dell’acqua, e da molti altri microrganismi specifici, nonché da batteri che vivono in un rapporto di simbiosi con le leguminose, o altre piante superiori, grazie al quale, a seguito della formazione di nodi radicali, fissano l’azoto atmosferico.
Le piante trasformano gli ioni di nitrato inorganico e gli ioni d’ammonio dell’acqua in DNA,
proteine, e sostanze nutrienti contenenti azoto.
Gli animali si procurano l’azoto mangiando piante o animali che si cibano di piante. Dopo che
l’azoto ha svolto il suo compito negli organismi, i composti organici, i rifiuti e i corpi d’organismi morti, sono trasformati dai batteri decompositori in composti inorganici più semplici.
Altri batteri specializzati, che vivono nel suolo, si occupano poi di trasformare queste forme
inorganiche di azoto in ioni nitrito (NO2-), che hanno un’azione fitotossica per le piante superiori ma che di rado si accumulano in ioni nitrato (NO3-), che rappresentano la forma azotata
attraverso la quale la maggior parte dell’azoto passa dal terreno all’apparato radicale; e successivamente in azoto gassoso che viene rilasciato nell’atmosfera per ricominciare il ciclo.
Il ciclo del fosforo. Il fosforo rappresenta un elemento fondamentale per la maggior parte
delle trasformazioni energetiche che si svolgono negli organismi viventi. In questo ciclo il
fosforo è rilasciato in seguito a lenti processi di disgregazione dei depositi minerali di fosfa-
fig. 17 - Ciclo fosforo
I solidi in natura
to che si trovano nei sedimenti terrestri e nella zona litorale marina, successivamente è
disciolto in acque superficiali e da qui catturato dalle radici delle piante. La maggior parte
dei suoli è povera di fosforo, infatti, il ciclo biogeochimico di questo elemento si distingue
per la presenza di forme poco solubili in acqua e ritrovabili solo in pochi tipi di rocce, nonché per la totale assenza di questo elemento dall’atmosfera. Tutto ciò fa del fosforo un elemento limitante per la crescita della vegetazione in molti suoli e sistemi acquatici. (fig. 17)
I rifiuti animali e i prodotti di decomposizione dei consumatori e dei produttori morti restituiscono il fosforo al suolo, ai fiumi, e all’oceano sotto forma di depositi di roccia a base di
fosfato. Un grosso contributo alla reintroduzione di fosforo nel ciclo, è fornito dai volatili
produttori di guano la cui alimentazione è costituita prevalentemente da pesci.
Questa restituzione è tuttavia insufficiente per rimpiazzare il fosfato trasferito dalla terra
agli oceani attraverso i processi naturali e le attività umane.
Il ciclo dello zolfo. La maggior parte dello zolfo della Terra si trova
nel suolo come bisolfuro di ferro, o pirite, e nei minerali, come
solfato di calcio, o gesso, seppelliti nei depositi dei sedimenti
oceanici. Una piccola percentuale
si rinviene anche nell’atmosfera dove
arriva attraverso fonti naturali: dai
vulcani e dalla disgregazione della
materia organica, si libera l’idrogeno solforato (H2S), un gas
incolore e altamente velenoso
con il tipico odore di uovo
marcio; sempre i vulcani sono i
produttori dell’anidride solforosa
(SO2), un gas soffocante e inodore; l’aerosol marino è invece responsabile dei solfati presenti in atmosfera. Nel regno animale si trova prevalentemente sotto forma proteica mentre in quello
vegetale la forma più diffusa è
quella di solfato prontamente
utilizzabile. Nei vegetali lo zolfo è
gradualmente ridotto fino ad essere incorporato negli amminoacidi.
Lo zolfo organico presente nelle
spoglie di animali e vegetali morti è
degradato ad opera di batteri
decompositori anaerobici (cioè che
vivono in assenza di ossigeno). L’idrogeno solforato (H2S), che si origina da tali processi, viene a sua
volta sottoposto all’azione dei
solfobatteri che lo ritrasformano
parzialmente in solfato. (fig. 18)
fig. 18 - Ciclo zolfo
11
I solidi in natura
Materia vivente
e materia non vivente
12
➤ La vita ci si presenta con un ordine, con una forma; o meglio con
fig. 20 - Cellula animale
fig. 21 - Struttura lipidi
disegni più o meno complessi di forme ben definite. Strutture e
proprietà, sempre legate e interdipendenti, esistono anche
negli esseri non viventi, che non sono mai caotici, quando
si guardano ad appropriati livelli. Esistono strutture
ben definite di rocce, di cristalli, di specie chimiche,
ecc., alle quali corrispondono determinate proprietà
fisiche e chimiche (durezza, conducibilità termica o
elettrica, proprietà ottiche, affinità chimiche, ecc.).
Negli organismi le strutture sono molto più complicate che negli esseri inanimati, inoltre non si parla
fig. 19 - Cellula vegetale
di proprietà fisiche o chimiche degli organismi ma, generalmente, si parla di funzioni. La cellula è l’unità basilare della vita; ogni
cellula è rivestita da una membrana esterna e contiene materiale genetico e altre componenti che gli permettono di eseguire le proprie funzioni vitali. Esistono organismi unicellulari ma la maggior parte degli organismi a noi familiari sono pluricellulari. (fig.
19 /20)
Da moto tempo i biologi e i chimici sanno che gli esseri viventi producono e
sono costituiti da sostanze molto complesse, ed hanno attribuito loro il nome
di composti organici, che esprime appunto il fatto che si ritrovano solo negli
organismi. La loro analisi mostra che essi contengono sempre un elemento, il
carbonio, per questo oggi vengono anche e più esattamente definiti come composti del carbonio. Le complesse molecole, che si trovano negli organismi
viventi, sono appunto costituite nella loro “ossatura” da lunghe catene d’atomi di carbonio e mentre i composti inorganici sono formati da un piccolo
numero d’atomi, le molecole biologiche contengono spesso migliaia e anche
milioni d’atomi.
Uno dei composti organici fondamentali per gli esseri viventi è quello dei carboidrati, detti comunemente zuccheri o glucidi; essi sono di regola formati da carbonio, ossigeno ed idrogeno con un rapporto tra idrogeno e ossigeno uguale a quello
dell’acqua (2:1). Il glucosio è un esempio di zucchero semplice, monosaccaride. I monosaccaridi possono unirsi a formare i polisaccaridi ad esempio il
saccarosio, comune zucchero da tavola; amido, carboidrato di riserva che si
accumula nelle piante; glicogeno, altro polisaccaride di riserva che si accumula principalmente nel fegato e nei muscoli; cellulosa. Un’altra
importante classe di composti organici è quella dei lipidi (fig.
21), sostanze poco o per nulla solubili in acqua, molto importanti
come costituenti delle cellule, specialmente di alcune parti, e
come riserve d’energia. I grassi neutri, costituiti solo da carbonio, idrogeno e
ossigeno, rappresentano la tipica riserva di
grasso che si accumula sotto la cute e in
altre parti del corpo. Le proteine (fig. 22)
sono tra le molecole più interessanti di cui
sono costituiti gli organismi viventi, sono
enormi molecole, a struttura assai complessa, con funzioni di primaria importanza per
fig. 22 - Struttura amminoacido
l’organizzazione, la crescita e lo sviluppo, la
I solidi in natura
13
conservazione, la ricostruzione e la riproduzione degli organismi. La molecola di una proteina è formata dall’unione di composti chiamati amminoacidi, 20 dei quali sono tipi fondamentali. Le singole molecole di amminoacidi si legano assieme
per mezzo del cosiddetto legame peptidico (-CO-NH-). Una o
più catene polipeptidiche formano le grandi molecole proteiche, che contengono
quindi centinaia e persino migliaia di
amminoacidi. Ogni proteina, pur essendo
costruita con i venti tipi fondamentali, è
diversa dall’altra per numero, quantità,
disposizione in sequenza e posizione nello
spazio dei suoi amminoacidi.
L’emoglobina del sangue, la cheratina dei
capelli, il collagene dei tendini e la globulina del cristallino dell’occhio sono proteine
diversissime per struttura e funzione, ma
tutte formate dagli stessi venti tipi di
amminoacidi.
➤
fig. 24 - Crosta terrestre
A livello globale il ciclo della CO2 e
quello idrologico sono probabilmente i due cicli più importanti per
l’umanità. Entrambi sono caratterizzati da pool atmosferici piccoli,
ma molto attivi, che sono vulnerabili alle perturbazioni apportate
dall’uomo e che a loro volta possono causare variazioni nel tempo e
nel clima. La quantità di CO2 in
atmosfera è molto piccola in confronto a quella presente negli oceani, nei combustibili fossili e negli
altri punti d’accumulo sulla crosta
terrestre. (fig. 24)
La sola fonte di carbonio, per gli
esseri viventi, è l’anidride carbonica
dell’aria fissata dai vegetali durante la fotosintesi o l’anidride carbonica disciolta nelle acque. La respirazione, le fermentazioni e le combustioni assicurano il ritorno dell’a-
fig. 23 - Struttura DNA
Il ciclo
del carbonio
Nelle cellule si trovano, oltre alle proteine, ai lipidi ed ai carboidrati, anche gli acidi nucleici (fig. 23). Si possono distinguere l’acido ribonucleico, indicato con la sigla RNA, e l’acido
desossiribonucleico, indicato con la sigla DNA. Il DNA, presente in ogni cellula, è costituito
da geni, le unità di base dell’ereditarietà. Queste molecole sono autoriproducenti e contengono le istruzioni sia per creare nuove cellule dalle molecole “senza vita”, sia per unire proteine e altre molecole di cui ogni cellula ha bisogno per sopravvivere e riprodursi.
14
I solidi in natura
Le rocce
e la litosfera
nidride carbonica nell’atmosfera. Si è calcolato che le riserve di carbonio dell’atmosfera
ammontino a 7x1011 tonnellate e quelle degli oceani a 500x1011. Poiché la fotosintesi fissa
150x109 tonnellate di carbonio all’anno, la durata dell’intero ciclo è di 3 o 4 anni.
La concentrazione di CO2 dell’aria (0,03%) resta costante ed in equilibrio con la concentrazione di CO2 degli oceani; tuttavia i flussi tra l’atmosfera ed i continenti e gli oceani erano
probabilmente bilanciati fino all’era industriale.
Sebbene la fascia verde fotosintetica terrestre, ed il sistema dei carbonati del mare, tendono
a mantenere stabile la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, l’aumento vorticoso nel consumo di combustibili fossili, insieme alla ridotta capacità di rimozione della
fascia verde, stanno determinando un input di CO2 nell’atmosfera incontrollabile. L’agricoltura causa una perdita netta in CO2, ma d’altra parte l’anidride carbonica fissata dalle colture (molte delle quali attive solo per una parte dell’anno) non è sufficiente a compensare la
quantità di CO2 rilasciata dal terreno, ed in particolare quella che deriva dalle frequenti arature. Tutti concordano nel ritenere le foreste importanti serbatoi di CO2; si può infatti stimare che la quantità di CO2 contenuta negli organismi della foresta e quella contenuta nell’humus delle foreste siano rispettivamente 1,5 e 4 volte maggiori della quantità di CO2
atmosferica.
Altri due composti del carbonio, oltre alla CO2, sono presenti nell’atmosfera anche se in piccole quantità: il monossido di carbonio (CO) e il metano (CH4). Questi composti, come la CO2,
sono in rapido flusso ed hanno tempi di permanenza atmosferica piuttosto brevi: circa 0,1
anni il CO; 3,6 anni il CH4 e 4 anni la CO2. Sia il monossido di carbonio che il metano derivano da una decomposizione incompleta o anaerobica della materia organica; nell’atmosfera sono entrambi ossidati a CO2.
fig. 25 a/b - I minerali
e le loro forme
➤ La litosfera costituisce l’involucro rigido più esterno del nostro pianeta, di spessore medio
pari a circa l’1,5% del raggio terrestre. Si tratta tuttavia dell’involucro per noi di gran lunga
più importante; infatti quasi tutte le discipline che fanno capo alla geologia si occupano in
realtà di oggetti e fenomeni che riguardano la litosfera.
La litosfera è formata da rocce, a loro volta costituite da minerali. L’incessante, anche se lentissima, evoluzione dei materiali rocciosi si svolge nel suo ambito.
Ai movimenti della litosfera sono connessi i principali fenomeni detti “geodinamici”: nascita, espansione e scomparsa dei fondali oceanici, deriva dei continenti, formazione delle catene montuose, attività vulcanica e sismica.
I minerali. (fig. 25 a/b) Si definisce minerale una sostanza, solida, cristallina (tranne rarissi-
I solidi in natura
me eccezioni amorfe), formate da uno o più elementi chimici, la cui composizione sia esprimibile con una formula e le cui proprietà fisiche siano, entro certi limiti, costanti.
A parte pochissimi composti organici (tra cui alcuni idrocarburi), i minerali sono tutte sostanze inorganiche. In ogni specie mineralogica gli atomi sono disposti nello spazio in modo regolare e costante, così che per ciascuna è possibile identificare una “cella elementare” che si ripete identica a se stessa in tutto il cristallo, formando una trama tridimensionale detta “reticolo
cristallino”. Le celle elementari sono figure geometriche tridimensionali immaginarie, utili per
rappresentare l’ordine che esiste nella struttura cristallina; a causa delle piccolissime dimensioni è impossibile osservarle anche se in possesso di un potente microscopio. Le forme che le
celle elementari possono assumere sono poco più di una dozzina (cubica, romboedrica, prismatica ecc.); tuttavia, ogni cella ha dimensioni differenti a seconda del minerale che si esamina.
Nonostante il numero di specie minerali sia elevatissimo quelle maggiormente diffuse sono assai
poche; esse si aggregano per formare le rocce, nelle quali ogni cristallo di una certa specie non
è libero di svilupparsi, perché limitato tutto intorno da altri cristalli (della stessa specie o di altre)
già formati, o che si stanno accrescendo contemporaneamente a quello considerato.
L’effetto di questo fenomeno è l’aspetto esterno irregolare della maggior parte dei minerali più comuni, ma anche le ridotte dimensioni in quanto i cristalli misurano normalmente
pochi millimetri. Solo in condizioni particolarmente favorevoli, quali la presenza di cavità
(“geodi”) o di fratture nella roccia, nelle quali esiste spazio sufficiente perché i singoli cristalli si accrescano liberamente, il cristallo assume una forma poliedrica caratteristica. La
rarità dei cristalli singoli o delle associazioni di cristalli della stessa specie, porta a concludere che i minerali costituiscano aggregati per lo più di specie diverse, ai quali si dà il nome
di rocce. (fig. 26)
fig. 26 - Tabella proprietà dei minerali
15
16
I solidi in natura
I processi che generano i minerali sono dunque gli stessi che generano le rocce: cristallizzazione per raffreddamento del magma; precipitazione da soluzioni; reazioni chimiche tra
minerali preesistenti sotto l’azione di pressioni e/o di temperature elevate.
Le rocce. Sono i costituenti solidi di gran parte del nostro pianeta e come già detto ogni roccia è costituita da un aggregato di pochissime specie di minerali fondamentali (vedi tabella
1), ai quali si aggiungono, in percentuali assai modeste, i minerali accessori, anch’essi riferibili per lo più a poche specie.
Oltre che dal tipo, dal numero e dalla quantità percentuale dei costituenti (composizione
mineralogica e chimica), ogni roccia è contraddistinta dalla struttura (per le rocce sedimentarie si parla di tessitura), cioè dalla forma, dalle dimensioni e dalla disposizione nello spafig. 27 - Dettaglio roccia zio dei minerali che la compongono. (fig. 27)
Questi due caratteri fondamentali (composizione e struttura) dipendono dalla modalità con
cui la roccia si è formata. Pur nella loro straordinaria varietà di composizione e struttura,
possiamo suddividere le rocce in tre grandi categorie: rocce ignee; rocce sedimentarie; rocce metamorfiche. Quasi tutte le rocce derivano da pochi processi generatori (detti petrogenetici o litogenetici), i quali possono essere collegati tra loro in un unico ciclo petrogenetico (fig. 28). Il punto di partenza è rappresentato dal magma, che può avere origine a profondità fino a 200 Km sotto la superficie, composto principalmente dagli elementi che si trovano nei minerali silicatici, insieme a materiali volatili (gas e vapori), trattenuti a causa della
pressione delle rocce circostanti. Il corpo magmatico, meno denso delle rocce, si apre un varco verso la superficie e talvolta fuoriesce causando un’eruzione vulcanica.
Le rocce ignee: il magma risalendo, verso la superficie, viene a trovarsi in livelli della litosfera più freddi ai quali cede calore. Come conseguenza del suo raffreddamento, dal magma si separano progressivamente cristalli di diverse specie minerali, fino a completa solidificazione della massa. Si generano così le rocce ignee, distinte
in intrusive (o plutoniti) ed effusive (o vulcaniti) a seconda che la solidificazione sia avvenuta interamente in
profondità o parzialmente anche in superficie. La
velocità di raffreddamento influisce notevolmente sul processo di cristallizzazione, e in particolare sulle dimensioni dei cristalli. (fig. 29)
Le rocce ignee vengono distinte in base alla
loro struttura, termine che indica l’insieme
delle caratteristiche date dalla forma, dalle
dimensioni e dalla disposizione relativa dei
vari cristalli e dell’eventuale sostanza
vetrosa.
Le rocce ignee che si formano in superficie
o a modesta profondità, e quindi si raffreddano rapidamente, presentano una struttura
granulare molto fine, in cui i singoli cristalli
sono troppo piccoli per essere distinguibili ad
occhio nudo (es. riolite).
Quando invece una massa di grandi dimensioni
solidifica in profondità, molto al di sotto della superficie terrestre, raffreddandosi lentamente favorisce la formazione di grossi cristalli, le rocce ignee che si formano presentano una struttura granulare grossolana (es. granito). Le rocfig. 28 - Ciclo petrogenico
ce a struttura granitica hanno l’aspetto di una massa di cristalli
I solidi in natura
strettamente compenetrati, tutti di dimensioni più o meno
simili, e abbastanza grandi da essere distinti ad occhio nudo.
Se un magma in cui si sono formati dei grossi cristalli cambiasse improvvisamente ambiente, ad es. eruttando in superficie, la parte ancora fusa si raffredderebbe rapidamente. La
struttura della roccia risultante, che presenterebbe grossi cristalli immersi in una matrice di piccoli cristalli, è detta porfirica. Quando il materiale fuso si raffredda pressoché istantaneamente, ad es. brandelli o gocce di roccia lanciati in aria o
eruzioni in mare, la massa solida che ne risulta è formata da
atomi non ordinati in reticoli, le rocce di questo tipo sono dette vetri (es. ossidiana). La composizione mineralogica di una
roccia ignea è determinata dalla composizione chimica del
magma da cui essa è cristallizzata; essendo il magma un fuso
silicato, i minerali che lo compongono sono essenzialmente dei
silicati.
fig. 29 - Origine rocce ignee
Le rocce sedimentarie: sono il risultato dei
processi di alterazione, erosione, trasporto
e accumulo operati da vari agenti capaci di
aggredire la superficie terrestre, quali il
vento, l’acqua o il ghiaccio. I prodotti della
degradazione meteorica vengono trasportati, sia in soluzione che meccanicamente,
ad opera delle acque dilavanti e correnti e
dei ghiacciai; i venti e la stessa gravità
compiono invece solo trasporto meccanico.
I materiali trasportati vengono infine deposti in vari ambienti, dando luogo a rocce
sedimentarie di due gruppi: detritiche (o
clastiche), quelle derivanti da trasporto
meccanico; chimiche quelle precipitate da
soluzioni. (fig. 30)
fig. 30 - Rocce sedimentarie
Gli organismi viventi intervengono in vari modi nei processi sedimentari; il principale è quello di fornire materiale alla sedimentazione sotto forma di gusci, scheletri, impalcature, che
formano depositi detti biogenici o organogeni, che costituiscono il terzo grande gruppo di
sedimenti.
Abbiamo già visto in grandi linee quali possano essere le varie origini dei sedimenti e come
questi si trasformino in rocce sedimentarie. La speciale attenzione che viene dedicata a questo gruppo di rocce ha diverse ragioni:
(1) benché costituiscano solo il 5%, in volume, della crosta terrestre, esse occupano il 75%
della superficie;
(2) spesso contengono fossili, utilizzati sia per datarle che per la ricostruzione dell’evoluzione degli esseri viventi;
(3) dai loro diversi caratteri è possibile risalire all’ambiente in cui si sono formate e ricostruire
perciò la distribuzione dei differenti ambienti nei vari periodi geologici;
(4) molti materiali utili (dai combustibili fossili a gran parte delle acque sotterranee, a sva-
17
18
I solidi in natura
riati materiali da costruzione) si trovano nelle rocce sedimentarie;
(5) le rocce sedimentarie sono per lo più stratificate e si prestano quindi molto bene agli studi di tettonica, poiché piegamenti e fratture sono facilmente osservabili o ricostruibili.
La coltre dei materiali prodotti dall’alterazione superficiale, che continuamente si rinnova
sulla superficie delle rocce affioranti, viene costantemente asportata e allontanata dall’acqua, dal vento o dai ghiacci.
Questo materiale finisce per depositarsi in laghi, sul fondo di valli fluviali, in mare e in numerosi altri posti. Poiché l’alterazione delle rocce che affiorano e il trasporto e deposito dei prodotti dell’alterazione sono fenomeni sempre in atto, si trovano sedimenti ovunque. Con il
procedere della sedimentazione i depositi più antichi vengono ricoperti da quelli più recenti
e vengono quindi a trovarsi soggetti sia al carico esercitato da questi ultimi (carico litostatico), sia a temperature più alte di quelle esistenti in superficie.
L’aumento di pressione e temperatura, unito alla precipitazione di minerali che erano contenuti nelle acque interstiziali dei sedimenti, favorisce, con il passare del tempo, diversi fenomeni detti diagenetici, che provocano la trasformazione dei sedimenti sciolti in rocce compatte.
Le rocce metamorfiche: derivano da un qualunque tipo di roccia preesistente, che, a causa
di movimenti della crosta terrestre, sono sottoposte a forti aumenti di pressione e temperatura, a seguito dei quali i suoi componenti, non più stabili, si trasformano in altri; i cambiamenti si verificano, quindi, sia nella struttura che nella composizione mineralogica. Il materiale che si deforma e modifica deve rimanere sostanzialmente solido, se si arriva alla fusione si entra nel dominio dell’attività ignea. I processi di formazione delle rocce metamorfiche
sono completamente nascosti alla nostra vista, avvenendo in una zona compresa tra alcuni
Km al di sotto della superficie e il limite crosta- mantello, e sono per i geologi uno dei processi più difficili da studiare. Generalmente, tali processi, avvengono in tre diverse situazioni geologiche. Quando masse rocciose sprofondano entro la crosta subiscono un aumento di pressione, per il peso dei sedimenti sovrastanti, e di
temperatura, dato che questa cresce con la
profondità; le trasformazioni che ne seguono
sono imputate a un metamorfismo da carico. Se
poi lo sprofondamento è seguito dalla formazione di una catena di montagne, il che implica
profonde deformazioni nella crosta, una grande
quantità di rocce viene sottoposta alle forti pressioni, variamente orientate, e alle alte temperature che accompagnano un tale fenomeno; il
risultato finale può essere un’ampia fascia di rocce metamorfiche che sono il prodotto di un
metamorfismo regionale.
Per tale motivo si è formato e continua a formarsi il maggior volume di rocce metamorfiche.
Quando invece una roccia viene a contatto con
una massa magmatica, interviene il metamorfismo di contatto; in tal caso, le modificazioni
sono causate soprattutto dalle elevate temperature della massa fusa, che tendono a “cuocere” le
fig. 31 - Rocce metamorfiche
I solidi in natura
rocce circostanti. Il metamorfismo dipende anzitutto dai fattori termodinamici (pressione e
temperatura); questi, d’altra parte, possono essere insufficienti a produrre effettivamente le
reazioni metamorfiche. (fig. 31)
Nei casi in cui la velocità alla quale avvengono le reazioni metamorfiche è estremamente bassa, il meccanismo necessita, per realizzarsi, anche di fattori cinetici, capaci di accelerarne la
velocità. I principali fattori cinetici sono tre: (1) presenza di fluidi nelle rocce (soprattutto vapor
d’acqua e anidride carbonica); (2) movimenti tra i granuli minerali, dovuti alle deformazioni tettoniche subite dalle rocce durante un’orogenesi, ovvero durante quell’insieme di processi che
danno origine a un sistema montuoso; (3)temperatura, questa ha infatti anche un ruolo cinetico in quanto le reazioni aumentano la loro velocità all’aumentare della temperatura.
I sedimenti possono avere fondamentalmente due origini diverse; per accumulo di materiali
come particelle solide, prodotte dall’alterazione superficiale e come tali trasportate via (rocce clastiche); oppure da sostanze in soluzione derivate dall’alterazione chimica delle rocce
superficiali e che, per effetto di processi organici o inorganici, precipitano dalla soluzione
(rocce chimiche).
Rocce clastiche: vi si rinvengono un’ampia varietà di
minerali e frammenti di altre rocce, ma i principali costituenti sono il quarzo e i minerali argillosi. La distinzione
tra i vari tipi di rocce clastiche è basata sulle dimensioni
delle particelle di cui sono costituite (vedi tabella 2), che
spesso possono dare un’indicazione sull’energia del mezzo
che le ha trasportate; l’acqua che fluisce, o il vento, operano una selezione sui frammenti (clasti) che trasportano,
proprio in base alle loro dimensioni; più forte è una corrente, maggiori possono essere le dimensioni delle particelle trasportate.
I ciottoli possono venir mossi solo da acque in rapido
movimento; la sabbia richiede invece minor energia per
essere trasportata, per cui è comune in accumuli dovuti al vento, o lungo le sponde di alcuni fiumi o lungo le spiagge; le siltiti e le argilliti decantano molto lentamente, gli accumuli
si verificano in genere in acque calme (laghi, paludi, lagune, mare aperto). In alcuni casi
anche la composizione mineralogica ha una certa importanza nella classificazione; ad es.
nella maggior parte delle arenarie è predominante il quarzo, ma se aumenta di molto la
quantità di feldspati, la roccia viene chiamata arcose; se oltre al quarzo troviamo dell’argilla è detta grovacca. Le rocce composte da sedimenti clastici, raramente sono costituite da
granuli di un’unica dimensione. (fig. 32)
Rocce chimiche: derivano da materiale che viene trasportato, nei laghi o in mare, in soluzione; dove in gran parte precipita formando depositi di origine chimica. La precipitazione
può avvenire direttamente, attraverso un processo inorganico, o indirettamente, come risultato di processi vitali in organismi acquatici. Gli accumuli di quest’ultimo tipo di sedimenti
sono detti biochimici. Un deposito dovuto a un processo chimico inorganico è la crosta di sali
che rimane quando evapora una massa di acqua salata (es. le evaporiti, si originano in bacini, quasi isolati, nelle cui acque saturate avviene la precipitazione dei sali disciolti). Depositi di origine biochimica sono invece, quelli costituiti da gusci, scheletri o altre parti dure di
animali o alghe, che vivono in mare o nei laghi, e che se li costruiscono estraendo dall’acqua
le sostanze inorganiche. Il calcare è la più abbondante roccia sedimentaria chimica; è com-
fig. 32 - Costituenti
rocce clastiche
19
I solidi in natura
posto da calcite (CaCO3) e si forma sia per processi inorganici sia mediante processi biochimici, questi ultimi sono i più comuni (90%).
Il carbone è invece una roccia d’origine organica in cui non si ritrovano, come avviene in altri
casi, né calcite né silice; è il prodotto finale del seppellimento di ingenti quantità di materiali vegetali per un lungo periodo.
Poiché i sedimenti si accumulano strato su strato, ciascuno di essi è una “registrazione” del
tipo di ambiente esistente al tempo in cui si è deposto.
Un conglomerato, per es., può indicare un ambiente ad alta energia, come un torrente impetuoso, dove si possono depositare solo i materiali grossolani.
Se la roccia è un arcose, può indicare un clima secco, nel quale i feldspati subiscono solo una
modesta alterazione. Le argilliti carboniose sono rivelatrici di ambienti a bassa energia, ricchi di materia organica, come paludi o lagune.
I fossili sono forse gli inclusi più importanti che si possono trovare nelle rocce sedimentarie. I
diversi periodi della storia della Terra possono essere identificati proprio in base ai fossili che
li caratterizzano. Se si ordinano dai più antichi ai più recenti applicando il principio di sovrapposizione delle rocce in cui sono contenuti, si nota un passaggio da forme più semplici a forme via via più complesse, che rivelano un progredire della vita attraverso il tempo. La conoscenza della natura e delle forme di vita esistite in una particolare epoca può essere utile per
rispondere a molte domande relative all’ambiente di formazione della roccia che li contiene.
Per esempio, quando in un calcare si trovano fossili di certi molluschi bivalvi, si può concludere che la zona in cui si è formato quel calcare era allora coperta da un mare poco profondo.
Applicando poi le conoscenze sugli organismi oggi viventi si può scendere più in dettaglio,
così si può dedurre che animali che possedevano una conchiglia spessa abbastanza da resistere al movimento delle onde abitavano nella fascia più prossima alla costa; e che, viceversa, animali che possedevano conchiglie sottili e fragili indicano acque profonde e calme, lontane dalla costa.
Così, esaminando i vari tipi di fossili, si può ad esempio ricostruire approssimativamente la
posizione di un’antica linea di costa; o in alcuni casi, avere indicazioni sulla temperatura dell’acqua in cui gli organismi a cui appartengono vivevano.
Gli ambienti
della costa ravennate
20
➤ Il litorale romagnolo è costituito da una delle più lunghe ed ininterrotte spiagge del Mediterraneo; si estende per una lunghezza complessiva di 115 Km di cui solo la parte a sud di
Cattolica è costituita da costa alta a picco sul mare (falesia).
La spiaggia, in alcuni tratti, è bordata da una serie di cordoni sabbiosi, allungati nel senso del
litorale costruiti dal vento con la sua azione di trasporto ed accumulo di sabbia. La posizione di queste dune litorali indica dove si era stabilita la linea di riva per un determinato periodo, per cui il loro studio consente di ricostruire le fasi di avanzamento del litorale. La presenza delle dune è andata via via riducendosi sia a causa di fattori naturali che antropici, le
poche dune rimaste si trovano nel ravennate.
Negli ultimi 50 anni le spiagge del litorale hanno subito notevoli modifiche, prima a causa di
interventi dell’uomo per lo sfruttamento agricolo e poi con i centri abitati per il grande turismo estivo. Il degrado ambientale è stato quindi inevitabile. Quando notiamo che in una
spiaggia vi è stata erosione osserviamo il risultato di diversi fattori che hanno agito insieme
in misura ed intensità diversa sia nel tempo che nello spazio.
Le cause generali sono dovute: allo scarso apporto di materiale solido, all’asportazione continua di sabbia dai letti fluviali, alla distruzione delle dune e dei cordoni dunali, alla creazione di porti artificiali, all’installazione di varie opere di difesa a scopo di protezione, ed infine
all’abbassamento del suolo.
I solidi in natura
21
La spiaggia è soggetta a mutamenti dovuti ad azioni di erosione o di
accumulo da parte del mare.
Con l’impatto delle onde sulla
spiaggia hanno inizio i fenomeni erosivi dovuti al moto ondoso, il quale può dare
origine a tre movimenti della sabbia: 1-dalla
terra al mare (principalmente in inverno); 2-dal
mare alla terra (principalmente in estate); 3-paralleli alla spiaggia a causa di correnti che si originano sempre dal moto ondoso, come la corrente di riva (longshore currents), che danno origine al cosiddetto “nastro trasportatore litoraneo”. (fig. 33)
I venti generano le onde che assumono quindi la direzione del vento stesso; quando arrivano in prossimità della costa le onde tendono a disporsi parallele alla linea di riva, ma raramente la rifrazione avviene in modo completo per cui i treni d’onda colpiscono la costa obliquamente. Nel litorale romagnolo la costruzione di moli in corrispondenza della foce di fiumi e canali ha notevolmente variato l’andamento della linea di costa poiché esse bloccano il
movimento delle correnti di riva dirette verso nord-ovest. Si ha quindi che a nord del molo,
la corrente di riva continua comunque a far migrare la sabbia verso nord-ovest ma, non
essendo alimentata da sud, si ha erosione; a sud del molo, invece, la spiaggia avanza (come
nel porto di Marina di Ravenna). Nelle spiagge protette da scogliere foranee, opportunamente distanziate dalla costa, l’arenile tende a ricostruirsi a ridosso della scogliera mediante accumuli di sabbia che assumono la tipica forma dei “tomboli” ossia di cordoni sabbiosi
perpendicolari al litorale. Il fattore vento gioca nella dinamica litoranea una parte di rilievo
sia come motore del trasporto di sedimenti provocato dalle onde, sia come causa del modellamento degli arenili, e in particolare nella formazione delle cordonature dunali, che nel
nostro litorale segnano (o meglio segnavano) il limite verso terra della spiaggia.
Lo sviluppo dei centri urbani comportò lo spianamento delle dune, che alla fine dell’ottocento, nel ravennate, erano alte da 3 a 5 metri con un’estensione di 700-800 m. Le poche dune
risparmiate dal degrado sono continuamente incise e ridotte all’incoerenza dai bagni e dalle
strade di accesso all’arenile.
Quale sia l’influenza di questa riduzione è difficile valutarlo; è certo comunque che la naturale disposizione delle dune, fissate dalla vegetazione spontanea, costituiva una specie di
barriera elastica contro la quale potevano attutirsi gli effetti delle onde.
La sostituzione di questa difesa con le strutture rigide degli impianti balneari, insufficienti a
proteggere le falle aperte nel corpo dunale, hanno turbato ulteriormente il già compromesso equilibrio morfo-dinamico della costa.
Gli studi condotti confermano, con pochi dubbi, le relazioni esistenti tra la natura e l’ammontare dei danni causati dall’erosione e la presenza e le dimensioni dell’apparato dunoso naturale.
La presenza delle dune aiuta a conservare l’ammontare della sabbia di un litorale nel suo
complesso; esse costituiscono una sorta di riserva di materiale in grado di accumulare sabbia nei periodi di ripascimento, impedendone o limitandone la dispersione nell’entroterra, e
di ridonarla al mare quando prevale l’azione erosiva. La loro eliminazione crea invece vere e
proprie falle attraverso le quali la sabbia, non più trattenuta e fissata, è trasportata verso l’interno. Ci sono pochi dubbi che questa perdita sia responsabile di un’accelerazione del fenomeno erosivo, perché la sabbia asportata non può più ritornare al mare, né essere da questo
rideposta su altri lidi. (fig. 32)
fig. 33 - Correnti di riva
I solidi nella società
I solidi nella società
Le materie più usate
nel quotidiano: plastica, legno,
vetro, metalli, carta…
22
➤ Durante la giornata, in casa, al lavoro o in qualsiasi altro luogo, siamo prevalentemente circondati da alcune tipologie di materiali. Le plastiche rivestono un ruolo di primaria importanza, seguite dai metalli (tra cui l’alluminio), la carta, il vetro, il legno…
Vediamo nel dettaglio alcune caratteristiche dei materiali elencati.
Plastica
La plastica è uno dei materiali più diffusi della nostra società. Nasce da risorse naturali: i
materiali di partenza risultano infatti il petrolio, il metano ed il carbone come fornitori di
carbonio (C), idrogeno (H) ed ossigeno (0); inoltre possono essere coinvolti elementi chimici
quali azoto (N), cloro (Cl), zolfo (S) e fluoro (F). L’ossatura strutturale della plastica è una lunga catena di atomi di carbonio, ai quali si legano idrogeni e altri atomi tra quelli elencati
sopra.
Per produrre questo materiale si utilizza un processo detto di polimerizzazione: alcune molecole di partenza molto piccole, i monomeri, vengono riaccorpate e legate in lunghe catene.
Si ottengono così i polimeri.
H H H H H H H H H H H
Tanti CH2 uniti (monomeri)
formano il polimero plastico
Definizione di “Polimero”
Polimero è un composto di elevato
peso molecolare ottenuto dall’unione di monomeri, cioè piccole
molecole uguali (omopolimero) o
diverse (copolimero), e il cui peso
molecolare risulta multiplo di
quello dei monomeri. I polimeri
possono essere distinti in naturali
(cellulosa, amido, caucciù), artificiali (ottenuti da modifiche chimiche apportate dall’uomo) e sintetici, se ottenuti per sintesi chimica.
(fig. 33)
Il grado di polimerizzazione è una
grandezza caratteristica delle
C C C C C C C C C C C
H H H H H H H H H H H
materie termoplastiche, che indica
il numero degli elementi costitutivi
basilari della catena molecolare. Le
materie plastiche sono costituite
da catene di differente lunghezza,
strutturate spazialmente in modo
da risultare più o meno ‘impaccate;
quest’ultima caratteristica va ad
influenzare alcune specifiche proprietà dei vari polimeri, donando in
particolare al materiale una diversa resistenza.
< APPROFONDIMENTO
Esistono diversi tipi di polietilene,
un tipo di plastica molto conosciu-
to e indicato con la sigla PE. I principali sono: HDPE (high density
polietilene) e LDPE (low density
polietilene).
L’alta densità del primo corrisponde
ad un maggiore impaccamento della molecola, perciò gli atomi del
polimero sono spazialmente più
vicini tra loro, conferendo una maggiore resistenza al materiale, che per
tale motivo è utilizzato ad esempio
per la costruzione di teloni di impermeabilizzazione delle discariche, per
i quali naturalmente è richiesta una
resistenza molto elevata.>
Le materie plastiche sono cattive conduttrici di energia elettrica e termica.
Rispetto ad altri materiali presentano una struttura meno compatta, più “allentata”, che si
esplica in una densità piuttosto bassa.
Anche la resistenza termica è limitata perché in questi materiali già a temperature relativamente basse si verifica un rammollimento e una decomposizione. (fig. 34)
Risulta in generale molto buona la resistenza chimica delle materie plastiche, motivo per il
quale non necessitano di alcuna particolare protezione superficiale. Esse presentano però
una diversa sensibilità all’azione di determinati agenti chimici, come solventi, irradiazioni UV
ed energetiche.
Le materie plastiche offrono molti vantaggi:
- facile formatura a temperature relativamente basse
I solidi nella società
- predisposizione ad assumere forme complicate
realizzabili economicamente in un ciclo di lavoro
- buona adattabilità per isolamento
- buono smorzamento dei rumori
- colorabilità
- caratteristiche di scorrimento particolarmente
favorevoli, in parte anche senza lubrificanti.
Metalli
Tra i metalli uno dei più utilizzati nel quotidiano
è l’alluminio (Al) (fig. 35).
Per le sue proprietà di resistenza e leggerezza, è
utilizzato nell’edilizia, nella costruzione di veicoli,
nella fabbricazione di pentole e tegami; inoltre
essendo un buon conduttore di elettricità viene
utilizzato dall’industria elettrica, in particolar modo nelle linee di trasporto di energia.
Proprietà fisico-chimiche
Simbolo: Al
Aspetto: metallo di colore bianco
Temperatura di fusione: 659.7° C
Proprietà: buon conduttore di ca-
lore e di elettricità, insolubile in
acqua, viene sciolto solo da acidi
ossidanti concentrati come acido
nitrico, acido solforico e acido perclorico.
fig. 34 - Plastica
L’affinità dell’alluminio per l’ossigeno è tale che si ricopre rapidamente da una patina protettiva di
ossido di alluminio (Al2O3) che ne
impedisce la corrosione.
Alcuni speciali leganti aiutano l’alluminio ad incrementare la forza o la resistenza alla corrosione mentre altri sottolineano particolarmente la sua lavorabilità, duttilità, saldabilità e
resistenza alle alte temperature. Qualunque sia la lega, il contenuto di alluminio è comunque normalmente superiore al 90%. (fig. 35)
Carta
Un altro materiale di grande utilizzo è la carta
cioè carta e cartone, andando dal semplice
foglio agli scatoloni da imballo. La carta ha una
derivazione naturale, è costituita di fibre di cellulosa (polimero naturale), glucide di sostegno
dei vegetali formato da lunghe catene di glucosio (monomero). Nella realizzazione della carta
purtroppo la cellulosa viene miscelata con additivi chimici e collanti, allo scopo di ottenere un
prodotto finale adeguato alle esigenze dell’uomo. (fig. 36)
fig. 35 - Metallo
23
I solidi nella società
POLIACCOPPIATI
Alcune caratteristiche della carta in
certi casi diventano dei limiti: si
scioglie ad esempio con i liquidi e fa
passare la luce, caratteristiche che
ne fanno un materiale da imballo
piuttosto debole. Per sopperire a
questi inconvenienti sono nati alcuni moderni materiali, che partendo
dalla carta accoppiano ad essa uno
o più materiali diversi in strati sottili (metallo, plastica ecc…).
Con gli accoppiati complessi, costituiti da molti strati, si creano i
brick per il latte o per il succo di
frutta, nei quali oltre alla carta sono presenti materiali come plastica, che dona impermeabilità, e al-
luminio, che impedisce il passaggio
della luce (degradante per alcuni
contenuti alimentari). Accoppiati
più semplici sono ad esempio le
carte oleate o plastificate. I poliaccoppiati stanno diventando sempre più importanti nella vita dell’uomo, in particolare nel settore
alimentare.
Legno
Il legno è una risorsa naturale unica e riciclabile,
il primo materiale usato dall’uomo per costruire,
trasportare, proteggere. Materia prima rinnovabile, ancora oggi il legno è l’unico materiale naturale adoperato per gli imballaggi, e costituisce la
risorsa principale per l’industria del mobile e per
quella cartiera. Il motivo è da ricercare nelle
caratteristiche che il legno possiede, che lo rendono unico.
Dotato infatti di grande elasticità e resistenza, è
igienico e igroscopico, ossia cede e immagazzina
umidità. Biodegradabile al 100%, può essere
facilmente smaltito, anche se buttarlo significa
comunque gettare una risorsa riutilizzabile.
fig. 36 - Carta
La materia prima legno in passato è
stata molto sfruttata per il suo basso costo e la facile reperibilità,
caratteristiche che hanno causato
negli anni il depauperamento del
patrimonio. Così, anche nel nostro
paese, molti boschi sono stati
abbandonati o intaccati dall’uomo.
Oggi esistono però programmi a
Le materie
nella storia
24
livello regionale gestiti dagli organi
forestali, atti a favorire la gestione
ed il ripopolamento dei boschi, un
esempio i grandi pioppeti della bassa padana. Programmi a lungo termine prevedono la messa a coltura
di circa 30.000 alberi di varie specie
legnose. I frutti si raccoglieranno
fra 20 o 30 anni, ma l’importante è
cominciare. (fig. 37)
Il legno non è più un prodotto a
basso costo ma al contrario è
diventato materia prima pregiata.
Rispettata ed accudita, come si sta
cominciando a fare, potrà dare
ancora un enorme contributo
all’uomo come lo ha dato da quando questo è comparso sulla terra.
➤ Entrati nel nuovo millennio si può constatare di essere contornati da una tale quantità di
materiali diversi da riuscire a soddisfare quasi tutte le esigenze dell’uomo; nell’era delle tecnologie tutto diviene sempre più sofisticato e i materiali si fanno via via più funzionali, leggeri, resistenti, migliorando nelle loro caratteristiche e facendosi sempre più specifici.
Tutto questo è frutto di un cammino di studi e conoscenza, partito sin dalla comparsa dell’uomo e tuttora in atto. Vediamone di seguito le principali tappe.
Quando il primo uomo è apparso sulla terra i materiali a sua disposizione erano prevalentemente di tipo naturale. (fig. 38)
Negli scavi archeologici di villaggi preistorici sono stati rinvenuti accumuli di materiali di
scarto che aiutano a ricostruire lo stile di vita di quei popoli; cocci di vasi ed altri oggetti rotti di uso quotidiano, pezzi di legno, utilizzati come bastoni o strumenti per la caccia, pietre
I solidi nella società
e selci appuntite, pelli di animali….
Si sono verificati anche alcuni bizzarri ritrovamenti, come enormi discariche con ammassi di
gusci di chiocciole di cui si cibavano popolazioni
scandinave preistoriche, ma comunque si tratta
sempre di materiali offerti dalla natura.
I metalli furono lavorati ben presto dagli uomini e
costituirono per secoli i materiali più adatti alla
maggior parte degli scopi. Già gli etruschi, in
Toscana, sfruttavano pienamente le miniere ferrifere della zona, come hanno testimoniato le
discariche di rifiuti industriali, cioè di scorie derivanti dalla lavorazione del minerale di ferro proveniente dalla vicina isola d’Elba.
I Romani furono abili costruttori di ponti, strade e
acquedotti. I materiali che utilizzavano erano
ancora di derivazione naturale.
La rivoluzione industriale nel 1765 segna una tappa fondamentale nella storia dei materiali,
apportando nuove tecnologie lavorative e introducendo la macchina a vapore, che segnerà i
tempi successivi in modo irreversibile. Fino a quel momento, tutti i beni materiali erano stati sempre prodotti a mano. Rapidamente tutto cambiò. La macchina a vapore fu impiegata
nell’industria tessile, metallurgica, tipografica. Da allora gli sforzi dell’uomo sono stati tesi
alla scoperta di nuove tecnologie, sistemi sempre più efficaci per lo sfruttamento delle risorse, macchinari per la lavorazione delle materie prime.
fig. 37 - Legno
<Recenti studi
archeologici
hanno rivelato che
strati di immondizie,
scarichi vari
e macerie portarono
addirittura
alla formazione
di alture
come Monte Citorio
e Monte dei Cocci,
realizzato
esclusivamente
con lo scarico
di anfore da derrate
giunte a Roma
via fiume.>
fig. 38 - I materiali
nella storia
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26
I solidi nella società
Le risorse
Oggi ci ritroviamo contornati dagli imballaggi, costituiti prevalentemente da materie plastiche, figlie dell’ultimo secolo e sicuramente future antenate di altri materiali sempre più evoluti e speciali.
Mentre fino al secolo scorso si sfruttava senza limite e si procedeva instancabilmente sempre alla ricerca di nuove risorse, attualmente l’uomo si trova ad una battuta di arresto di
fronte ad una situazione ambientale problematica, caratterizzata dall’impoverimento di alcune risorse e dalla constatazione del loro imminente esaurimento. Questo, se da un lato porta allo studio accanito verso la ricerca di sostituti sintetici, elaborati in laboratorio, con
caratteristiche ancora migliori dei materiali naturali, dall’altro porta ad una riflessione obbligata: per quanto si potrà continuare ad inventare materiali che purtroppo poi l’ambiente non
è in grado di assimilare? Per questo motivo la tendenza del futuro è il recupero e il riciclo di
materiali già esistenti, o l’invenzione di materiali biodegradabili.
Questa sarà la vera conquista dell’uomo.
➤ Per risorsa si intende qualsiasi cosa possa essere prelevata dall’ambiente vivente e non, per
soddisfare esigenze o desideri. Le risorse non si riferiscono solo all’uomo ma sono necessarie
per la sopravvivenza e il benessere di tutte le forme viventi.
Vi sono risorse direttamente disponibili come l’energia solare, l’aria, le acque superficiali, il
suolo fertile, le piante selvatiche commestibili ecc…e altre risorse al contrario che non lo
sono, si presentano in quantità limitate sulla crosta terrestre e per questo sono definite risorse non rinnovabili o esauribili. Questo naturalmente è da considerarsi in una scala temporale umana, per cui se in verità nell’arco di milioni o
miliardi di anni potessero rinnovarsi grazie ai
processi naturali, nell’arco della vita di un
uomo o del genere umano, se utilizzate in
maniera incontrollata, sono destinate a
finire. (fig. 39)
Tra le risorse esauribili riconosciamo le
risorse energetiche (carbone, petrolio, gas naturale, uranio), i minerali
metallici (ferro, rame, alluminio) e i
minerali non metallici (sale, gesso,
argilla, sabbia, fosfati, acqua e
suolo).
Quelle elencate sopra sono le principali, ma oggi l’uomo è in grado di
estrarre dalla crosta terrestre più di
100 diversi minerali, che poi trasforma in numerosi prodotti che usiamo
quotidianamente. Le risorse diventano le materie prime per la realizzazione di materiali e oggetti. Abbiamo visto nei paragrafi precedenti
alcune tipologie di materiali più
comuni nella vita di tutti i giorni; non
tutti sono costituiti da materie prime
allo stato puro, come il legno (che si trova in questo stato anche in natura), ma derifig. 39 - Le risorse del pianeta
vano dalla trasformazione delle materie pri-
I solidi nella società
me, che devono essere estratte e poi trattate. Così la plastica deriva dal petrolio, il vetro dalla
sabbia silicea, la carta dalla lavorazione della cellulosa, e pure l’alluminio, che di fatto è un elemento chimico, non si trova in natura allo stato puro ma unito ad altri elementi, in minerali come
la bauxite.
Estrazione di alcune materie in natura
Per la costruzione dei materiali utilizzati dall’uomo si parte spesso da risorse naturali, che
devono essere prelevate dalla natura. Vediamo di seguito due esempi, tra i più interessanti,
di estrazione di materie.
L’alluminio
Ampiamente distribuito nell’ambiente, l’alluminio rappresenta l’8 % in peso della crosta terrestre ed è il secondo elemento in ordine di abbondanza, dopo il silicio.
In natura l’elemento si trova principalmente sotto forma di silicati, tra cui i feldspati, le argille, le miche, i graniti e i porfidi.
Il minerale più utilizzato per l’estrazione dell’alluminio e quello in cui si trova in maggiore
concentrazione (35-50%) è la bauxite delle zone subtropicali e tropicali, e si presenta indifferentemente in forma polverulenta granulosa o rocciosa di colore rosa, crema, bruna, gialla
o grigia a seconda della composizione chimica. Il processo di isolamento dell’alluminio dalla
bauxite, completato in due fasi successive, risulta complesso e costoso.
Nella prima fase, chimica, è necessario polverizzare la roccia, scioglierla in soda caustica e
calcinarla ad alta temperatura. Si ottiene l’ossido di alluminio (Al2O3 ), con un consumo molto elevato di energia sotto forma di calore, vapore e relativamente poca elettricità. Successivamente l’alluminio viene separato dall’ossigeno attraverso un procedimento elettrolitico
(seconda fase) nel quale il consumo di elettricità è rilevante in quanto occorrono 13 kwh per
chilo di prodotto ottenuto. Infine il metallo viene raffreddato in pani e avviato alla laminazione. Un processo quindi lungo e complicato.
➤ Dopo il 1945 i polimeri plastici sono entrati nelle case di tutti, indipendentemente dalla condizione sociale, nei più remoti villaggi come nelle grandi città, nei paesi industrializzati come
nelle economie agricole. É stato un fenomeno - mai verificatosi nella storia dell’uomo in proporzioni così estese e con una dinamica così veloce - di sostituzione progressiva dei materiali tradizionali con le nuove sostanze sintetiche e di ripensamento formale delle strutture
Un materiale
relativamente giovane:
la plastica
La cellulosa
La materia prima per la fabbricazione della carta è la cellulosa, anche si stanno sviluppando
tecnologie che portano all’utilizzo di materie come le alghe, il mais, gli agrumi ecc... Piante
come il pino, il pioppo e il faggio, dopo esser state tagliate e fatte stagionare, sono ridotte
in fibre da macchine trituratrici; la parte delle fibre vegetali utile alla fabbricazione della carta, la cellulosa, non si trova allo stato puro ma legata ad altre sostanze come la lignina. Il
primo passo è quindi l’estrazione della cellulosa. Un esempio di come si presenta è il classico batuffolo di cotone; è bianca, può essere filata e assorbe i liquidi. Il cotone è infatti il solo
elemento in natura a contenere la cellulosa allo stato puro.
L’uomo non è ancora riuscito a riprodurre sinteticamente i processi biochimici che generano
la cellulosa. Per questo continua a migliorare i processi di estrazione della stessa dai tronchi
degli alberi. A parte la corteccia e la scorza, tutte le altre parti del tronco sono utilizzate per
ottenere la pasta di cellulosa. Successivamente, per esigenze funzionali, questa viene sottoposta a processi di imbianchimento e addizionata con collanti che impediscono l’espansione
dell’inchiostro, coloranti e altri materiali che le conferiscono una migliore compattezza.
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28
I solidi nella società
e delle forme ergonomiche degli attrezzi, delle suppellettili e degli oggetti di cui l’uomo quotidianamente si circonda e si serve. La stessa bacinella, fabbricata con lo stesso materiale, nei
medesimi colori e nelle medesime forme, la ritroviamo a Manila come a Boston, a Mosca
come a Parigi o a Lagos. Ripercorriamo alcune principali tappe di questa storia affascinante
che ha cambiato la faccia del mondo nel quale viviamo.
Tutto incominciò intorno al 1860.
Alexander Parkes, inventore nel campo della fisica, si occupò per qualche tempo della lavorazione della gomma naturale e della ricerca di altre sostanze che potessero dare risultati
simili a quelli della gomma in alcuni impieghi sempre più richiesti dalle industrie. Studiando
il nitrato di cellulosa ottenuto nel 1845 a Basilea da C.F. Schoenbein, Parkes ottenne un nuovo materiale che poteva essere “usato allo stato solido, plastico o fluido, (che) si presentava
di volta in volta rigido come l’avorio, opaco, flessibile, resistente all’acqua, colorabile e si poteva lavorare all’utensile come i metalli, stampare per compressione, laminare”..
Analoghe sollecitazioni per la ricerca di nuovi materiali spinsero negli Stati Uniti John Wesley
Hyatt, a partecipare ad un bando di concorso promosso dalla ditta Phelan and Collander, produttrice di palle da biliardo, nel quale si prometteva un premio di diecimila dollari a chi avesse sviluppato un materiale capace di sostituire l’avorio nella fabbricazione delle palle per
biliardo, in quanto la materia prima naturale stata scarseggiando. A partire dal 1863 quindi
Hyatt si buttò a capofitto nella ricerca dell’”avorio artificiale” o di un qualsiasi nuovo materiale capace di soddisfare le richieste delle industrie. Ebbe successo intorno al 1869 con un
composto a base appunto di nitrato di cellulosa, proprio come era accaduto a Parkes poco
tempo prima. Nasceva così la Celluloide con un brevetto depositato il 12 luglio 1870. La prima fabbrica della nuova materia plastica artificiale si chiamò Albany Dental Plate Company
e fu fondata nel 1870. Il suo nome si spiega col fatto che uno dei primissimi impieghi della
Celluloide fu sperimentato dai dentisti, felici di sostituire con essa la gomma vulcanizzata,
allora molto costosa, usata per ottenere le impronte dentarie. Due anni più tardi la Dental
Plate Company si trasformò in Celluloid Manufacturing Company con uno stabilimento a
Newark, nel New Jersey.
É questa la prima volta – 1872 - che compare il termine Celluloide (derivato chiaramente da
cellulosa), marchio depositato destinato ad avere molta fortuna negli anni successivi così da
diventare un nome comune per designare, in generale, le materie plastiche a base di cellulosa e non soltanto quelle.
Gli studi continuarono chiarendo negli aspetti essenziali il meccanismo chimico della polimerizzazione e della copolimerizzazione, studi che culminarono nel 1954 con le scoperte di
K. Ziegler e di G. Natta sui catalizzatori di polimerizzazione dell’etilene. In quello stesso anno
Natta e i suoi collaboratori del Politecnico di Milano e della Montecatini ottennero con quei
catalizzatori una classe di polimeri altamente cristallini che furono chiamati isotattici, perché caratterizzati dalla presenza di lunghe sequenze di unità monomeriche aventi la stessa
configurazione. Uno di questi polimeri è il propilene.
La storia dei polimeri va di pari passo con il perfezionamento delle tecnologie di trasformazione che consentono di tramutare un pugno di granuli, una manciata di polvere o un barattolo di liquido in un oggetto finito dotato di una forma e capace di assolvere a una funzione precisa. L’Italia è uno dei maggiori produttori del mondo di macchine per materie plastiche. Quanto a volume di produzione, viene dopo soltanto alla Germania e agli Stati Uniti. La
crescita di questo settore in Italia è stata sorprendente, soprattutto nel corso degli anni Cinquanta.
I solidi nella società
POLIMERI
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PIÙ CONOSCIUTI
Polietilene (PE) (fig. 40)
Il Polietilene è forse il polimero che
più si utilizza nelle vita quotidiana,
infatti viene impiegato dalla produzione di sacchetti, bottiglie e
contenitori per liquidi e giocattoli
ai giubbotti antiproiettile.
Questo polimero è il più semplice in
assoluto in quanto costituito da
una lunga catena di atomi di carbonio.
Le caratteristiche del polietilene si
possono così riassumere: basso costo, facilità di lavorazione, tenacità e flessibilità anche a basse
temperature, mancanza di odore e
tossicità, trasparenza. E’ estremamente versatile e può essere morbido o rigido, a seconda della lunghezza e della geometria della catena dei singoli elementi (monomeri). Per ammorbidire il polietilene, quindi, non sono necessari additivi.
Polietilentereftalato (PET) (fig. 41)
Il polietilentereftalato è un polimero ottenuto per polimerizzazione di glicole etilenico e acido tereftalico.
E’ un materiale polimerico particolarmente importante per l’industria di trasformazione poiché possiede molte interessanti caratteristiche, ottime proprietà meccaniche, grande resistenza chimica
verso molti solventi, trasparenza e
ottime proprietà barriera verso
molti gas.
La sua composizione chimica permette inoltre un riutilizzo praticamente illimitato. In particolare
l’ottima impermeabilità alla C02 lo
rende insostituibile come conteni-
tore per bevande gassate.
Polivinilcloruro (PVC) (fig. 42)
Questo materiale viene utilizzato
per la costruzione di moltissimi oggetti (ad esempio per tubi idraulici)
grazie alla sua elevata resistenza
al fuoco e all’acqua.
Presenta una struttura molto simile a quella del polietilene, in quanto l’unica differenza di struttura è
un atomo di cloro al posto di uno di
idrogeno, ovviamente questa apparente piccola differenza è in
realtà molto importante.
Viene impiegato nell’industria
elettrotecnica, che sfrutta le proprietà dielettriche per il rivestimento dei conduttori di rame, nei
tubi isolanti, nelle lastre, nelle spine, ecc.
Nell’industria chimica viene sfruttata la resistenza del PVC agli acidi
e viene quindi utilizzato per la fabbricazione di tubi, valvole, recipienti, rivestimenti di vasche, ecc.
Grazie al suo basso costo il PVC
trova largo impiego anche nell’edilizia.
Inoltre viene impiegato nella produzione di sedili per auto, carrozzerie ferroviarie, ecc., nell’industria
dell’abbigliamento per sandali da
spiaggia, stivali, impermeabili,
guanti, cinture, borse, valige, ecc.,
nell’industria dei giocattoli per
palloni, bambole, salvagenti, armi,
ecc.
Polistirene (PS) (fig. 43)
Il polistirene o polistirolo è un materiale plastico, rigido ed economico e probabilmente solo il polietilene è più utilizzato nella vita comune. Serve per la produzione di
fig. 40 - Oggetti in PE
fig. 41 - Oggetti in PET
fig. 42 - Oggetti in PVC
30
I solidi nella società
carcasse di computer, phon, elettrodomestici vari, bicchieri di plastica, ecc.
Impossibile descrivere tutti gli impieghi. Il settore principale e’ quello dell’imballaggio. Viene poi impiegato nell’industria dei giocattoli, nell’edilizia, nei casalinghi, negli
elettrodomestici, ecc.
Le materie prime
seconde, ovvero….
il riciclo dei materiali
fig. 43 - Oggetti in PS
Polipropilene (PP)
Molto simile al polietilene ad alta
densità, ha tuttavia una minore
densità ed è dotato di maggiore rigidità e durezza; è uno dei polimeri più rigidi e mantiene tale carat-
teristica oltre i 100 C°. Non fondendo a temperature inferiori ai
160 C°, il polipropilene viene così
utilizzato per la realizzazione di
oggetti lavabili in lavastoviglie e
fibre come il nylon o quelle utilizzate per la realizzazione di moquette da interni ed esterni. La sua
facilità di colorazione lo rende particolarmente idoneo per rivestimenti; recuperato tramite il riciclaggio, trova utilizzo nelle fabbricazione di sacchi industriali, vasi e
fioriere, confezioni per gelato e yogurt, contenitori per vernici e spazzatura.
➤ I dati statistici a livello mondiale ci informano che oggi la popolazione e il capitale industriale (inteso come macchine e fabbriche che generano altre macchine e altre fabbriche ecc.)
stanno aumentando in modo esponenziale, secondo un modello che potremmo definire a crescita illimitata. In conseguenza stanno aumentando notevolmente, a livello mondiale, l’estrazione delle risorse materiali ed energetiche, la produzione di merci e la produzione di
rifiuti che provocano, tra le altre cose, un aumento dell’inquinamento nell’ambiente. In altre
parole ogni giorno vengono estratte dalla Terra molte più materie prime del giorno prima e
vengono smaltiti nell’ambiente molti più rifiuti.
Crescendo esponenzialmente, una grandezza (come la quantità di una certa materia prima
estratta oppure le concentrazioni di una certa sostanza immessa nell’ambiente) ha la proprietà di avvicinarsi molto velocemente a un limite, oltre il quale il sistema non è più controllabile.
Nella cultura odierna si è indotti a credere che se si arresta la crescita si arresta anche il
benessere senza considerare un minimo la necessità di uno sviluppo sostenibile, cioè che soddisfa i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di
rispondere ai loro.
Un modello di sviluppo sostenibile
deve tenere sotto controllo tre
indicatori: le risorse rinnovabili,
quelle non rinnovabili e il grado di
inquinamento.
fig. 44 - Ecopunto realizzato interamente in plastica riciclata
Per quanto riguarda le risorse rinnovabili, i tassi di consumo non
devono logicamente superare i
loro tassi di rigenerazione.
Per le risorse non rinnovabili i tassi di consumo non devono superare i tassi di sviluppo di risorse
sostitutive rinnovabili. Per quanto
riguarda infine il tasso d’inquina-
I solidi nella società
➤ La più importante normativa in materia di rifiuti in Italia è rappresentata dal Decreto Ronchi, legge n. 22 del 5 febbraio 1997, che ha seguito e regolamentato precedenti leggi in
materia di rifiuti, disomogenee e spesso in contraddizione tra loro, portando innovazioni e
modifiche al criterio di gestione dei rifiuti nel nostro paese.
L’importanza del riciclo dei rifiuti emerge in particolare dall’articolo 4 del Decreto Ronchi. Le
aziende delegate alla gestione dei rifiuti devono favorire il reimpiego e il riciclaggio degli
stessi, per arrivare ad una minore quantità destinata allo smaltimento in discarica o eventualmente in inceneritore.
art. 4 - Recupero dei rifiuti
1. Ai fini di una corretta gestione dei
rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento
finale dei rifiuti attraverso:
a) il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
c) l’adozione di misure economiche e
la determinazione di condizioni di
appalto che prevedano l’impiego
dei materiali recuperati dai rifiuti al
fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
d) l’utilizzazione principale dei rifiuti
come combustibile o come altro
mezzo per produrre energia.
2. Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di
materia prima devono essere preferiti
rispetto alle altre forme di recupero.
3. Al fine di favorire e incrementare le
attività di riutilizzo, di riciclaggio e di
recupero le autorità competenti ed i
produttori promuovono analisi dei
cicli di vita dei prodotti, ecobilanci,
informazioni e tutte le altre iniziative
utili.
4. Le autorità competenti promuovono e
stipulano accordi e contratti di programma con i soggetti economici
interessati al fine di favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei
rifiuti, con particolare riferimento al
reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata con la possibilità di stabilire
agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie ed il ricorso a
strumenti economici.
I rifiuti e l’importanza
del loro riciclo - la normativa
mento, i tassi di emissione degli agenti inquinanti non devono superare la capacità di assorbimento e rigenerazione da parte dell’ambiente. (fig. 44)
E’ proprio in questo contesto che vengono ad interagire le materie prime con i rifiuti, dando
vita alle materie prime seconde.
Le materie prime non possono essere sfruttate in modo indiscriminato per non rischiare di
compromettere la vita futura; nel frattempo la produzione di grandi quantità di rifiuti e i
sistemi di smaltimento degli stessi stanno provocando seri problemi ambientali, che rischiano di diventare irreversibili.
Nascono quindi le materie prime seconde, cioè tutti quei materiali nati dal riciclo, che in
alcuni casi, come per la plastica o l’alluminio, presentano le stesse caratteristiche delle materie di partenza. Differenza fondamentale è il fatto che non devono più essere utilizzati petrolio o sabbia, così come non è necessario estrarre bauxite, perché il contenitore di plastica o
di vetro, le lattine ecc…tornano in vita, vengono riciclati.
Secondo la normativa, per materie prime seconde si intende ‘sottoprodotti che possono essere riutilizzati, in luogo di altre materie prime, in processi produttivi.
31
Ritorno alle origini –
un esempio di riciclo
I solidi nella società
➤ Il riciclaggio delle materie plastiche è importante sia dal punto di vista ambientale che eco-
La materia come
fonte di energia
32
➤ Non sempre è conveniente riciclare i materiali, a volte è preferibile attuare un recupero ener-
nomico, poiché si tratta di risorse di notevole valore che altrimenti verrebbero sprecate. I
rifiuti di plastica attualmente oggetto della raccolta differenziata in Italia sono le bottiglie e
i contenitori per liquidi (bibite, prodotti per la casa e cosmetici, contenenti liquidi né tossici
né nocivi), che corrispondono ai polimeri PE, PET e PVC. Nei centri di recupero bottiglie e flaconi vengono selezionati, lavati, suddivisi per tipologia, ridotti in polvere o granuli e miscelati a materiale vergine per trasformarli in un’infinità di nuovi prodotti: contenitori, giochi,
valigie, tubi e raccordi, suppellettili di ogni tipo.
La plastica offre diverse alternative: può essere riciclata tramite riciclo meccanico o riciclo
chimico, e può essere riutilizzata con “recupero energetico” per incenerimento e pirolisi.
Il riciclaggio meccanico consiste nella rilavorazione delle materie plastiche post-consumo
per la produzione di altri manufatti.
I contenitori possono essere lavorati senza particolari processi di selezione ottenendo un tipo
di plastica eterogenea di notevole resistenza, utilizzata per la produzione di elementi per l’arredo urbano (panchine, recinzioni), cartellonistica stradale e giochi per bambini (scivoli, altalene). (fig. 44)
Mentre in alcuni casi il riciclo non seleziona i polimeri, in altri casi si procede al riciclo di plastiche omogenee. La selezione dei polimeri può spingersi allora fino al colore delle bottiglie;
da questo procedimento si ottengono quattro frazioni diverse, che saranno inviate al riciclaggio sia fisico sia chimico: PET colorato e PET trasparente, PVC e PE.
Un altro metodo è il riciclo chimico, ancora in via sperimentale, che consiste nella riconversione dei polimeri di origine, che possono essere reimmessi a loro volta nella produzione di
nuova plastica; ha come obiettivo quello di ottenere, attraverso un processo di scissione chimica, materie prime per la produzione di nuove materie plastiche.
getico, sottoponendo i materiali a combustione e recuperando il calore da trasformarsi in
energia (processo conosciuto come termovalorizzazione).
Anche la normativa prevede, al fine di una corretta gestione dei rifiuti, la termovalorizzazione; nell’art. 4 del Decreto Ronchi, tra le alternative per favorire la riduzione della smaltimento dei rifiuti, vi è l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro
mezzo per produrre energia (punto d).
Alcuni materiali infatti possiedono un intrinseco potere calorifero elevato quindi presentano
una naturale predisposizione a divenire dei combustibili.
Da questi presupposti nasce il CDR o combustibile derivato dai rifiuti. I materiali con elevato p.c. vengono compattati e utilizzati come combustibile negli impianti industriali . (fig. 45)
materiale
potere calorifico
carta
18 kj/g
legno
20 kj/g
metalli
0 kj/g
rifiuti organici
0 kj/g
plastica pvc
20 kj/g
plastica pet
46 kj/g
plastica pp
46 kj/g
vetro
0 kj/g
fig. 45 - Schema a blocchi CDR
➤ Il decreto Ronchi punta l’attenzione delle amministrazioni sui concetti di riutilizzo, riciclaggio, recupero dei rifiuti e introduce il concetto di “piani di GESTIONE dei rifiuti”; i rifiuti non
devono essere solo smaltiti, bensì gestiti; si deve cercare di ottenere da essi materie prime ed
energia. Oltre alla revisione di definizione e di classificazione di rifiuto, i principi guida del
nuovo testo di legge sono: la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità
dei rifiuti; il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero di materia prima dai rifiuti; lo smaltimento come fase residuale della gestione dei rifiuti da realizzare nelle stesse regioni di produzione in una rete integrata ed adeguata di impianti, con le migliori tecnologie esistenti.
Per quanto riguarda la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, la legge introduce per la prima volta il principio del ‘chi inquina paga’ e della responsabilità condivisa.
Infatti è stabilito che gli oneri per la raccolta, la valorizzazione e l’eliminazione dei rifiuti di
imballaggio siano a carico dei produttori e degli utilizzatori; spetta invece alla Pubblica
Amministrazione organizzare la raccolta differenziata. Infine, per promuovere “la riduzione
delle quantità, dei volumi e della pericolosità
dei rifiuti”, il Decreto Ronchi mette a disposizione delle Regioni, delle Province e dei Comuni importanti strumenti, tra cui i Piani Regionali di Gestione (art. 22). Solamente l’integrazione dei diversi sistemi di gestione e di trattamento finale dei rifiuti, quali la raccolta differenziata, il riciclaggio, il compostaggio e la
termovalorizzazione potranno realmente perseguire gli obiettivi fissati nel presente decreto. In conformità con le direttive del Decreto
Ronchi AREA sta attuando un piano di gestione dei rifiuti teso alla valorizzazione dei trattamenti finalizzati al recupero dei materiali ad
elevato contenuto energetico. (fig. 46)
I piani di recupero
e gestione di area
I solidi nella società
fig. 46 - Schema
a blocchi IRE
➤ L’architettura del passato è sempre stata condizionata dalla natura del materiale locale. L’uso
di una pietra piuttosto che di un’altra dipendeva dalla sua presenza in cave locali, essendo
l’importazione piuttosto costosa con i mezzi dell’epoca. In generale la pietra dura come il granito, il porfido, il basalto era usata per le sculture monumentali. La pietra tenera come il calcare era invece usata per sculture molto elaborate nei particolari e dipinte a colori vivaci.
Materiali solidi
propri della
nostra società
Per questo ha realizzato, oltre ad una campagna di raccolta di materiale riciclabile, un
impianto CDR per la selezione dei rifiuti adatti a produrre un combustibile ad alto potere
calorifico, l’inceneritore per il recupero di energia termica e un impianto di termovalorizzazione per la produzione di energia elettrica.
Vi è anche il progetto ZERO RUP che, in coordinazione con altri 22 comuni, si occupa della
raccolta e dello smaltimento dei rifiuti pericolosi.
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I solidi nella società
MATERIALI
UTILIZZATI NELL’EDILIZIA IERI E OGGI
Materiali da costruzione sumeri
I Sumeri utilizzavano l’argilla per
costruire i mattoni che, come in
altri popoli che vivevano in climi
caldi, venivano cotti al sole.
Materiali da costruzione egizi
Per costruire le case del popolo
venivano utilizzati i mattoni che si
preparavano con tre ingredienti
fondamentali: acqua, terra e
paglia. Mescolandoli insieme si
formava un miscuglio giallo ocra
che veniva messo in stampi di
legno. Essi venivano poi esposti al
sole per essere cotti.
Per costruire edifici vari di maggiore importanza, invece, gli Egiziani
usavano la pietra che veniva ricavata dai rilievi che circondavano la
valle del Nilo. Dovunque abbondasse il calcare di buona qualità, venivano aperte delle cave.
La bioedilizia
del nuovo millennio
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Materiali da costruzione cretesi
I materiali usati per la costruzione
delle abitazioni erano per lo più
mattoni seccati al sole o altro
materiale di fortuna. In alcuni casi
i muri venivano rivestiti di un gesso argilloso sul quale si poteva
anche stendere il colore.
Il pavimento era di lastre, ciottoli
e terra battuta; il soffitto di giunchi e di canne coperto di intonaco.
questo basamento venivano alzati
muri in mattoni di argilla cruda
fatta seccare al sole oppure pareti
a graticcio fatte cioè di un intreccio di pali, di travi in legno e canne. Il rivestimento interno e l’intonaco erano sempre in argilla.
Le abitazioni più ricche erano
abbellite con tegole, lastre di rivestimento dipinte e acroteri, cioè
decorazioni sulla cima del tetto.
Materiali da costruzione greci
Le case greche erano costruite in
legno e mattoni di argilla cotti al
sole e sassi.
Materiale utilizzati per le abitazioni nobili Maya
I materiali da costruzione erano la
pietra calcarea e la calce ottenuta
impastando il calcare bruciato con
la rena. Per le decorazioni scolpivano nella pietra: travertino, andesite
e arenaria. Bellissimi erano i bassorilievi in stucco e in legno, usati
come architrave per le porte o
come travi per sorreggere le volte.
Materiali da costruzione etruschi
Secondo alcune ricostruzioni, le
abitazioni poggiavano su uno zoccolo, in blocchi di pietra o di tufo
squadrati, che delimitava la pavimentazione di argilla battuta. Su
➤ Nel campo dell’edilizia si stanno facendo strada sempre di più i materiali globalmente
riciclabili. Attualmente infatti l’80% dei materiali provenienti dall’edilizia viene depositato nelle discariche; non potendo essere né riciclato né combusto a causa dei suoi componenti.
I materiali che potrebbero essere utilizzati nell’edilizia ecologica, sostituendosi a quelli utilizzati finora, dovrebbero essere globalmente riciclabili, materie prime rinnovabili e/o minerali presenti in natura eventualmente modificati solo meccanicamente. Si assisterebbe ad
una sorta di ritorno al passato facendo uso di materiali quali legno, tavolame, lana di legno,
canne palustri, lino, canapa, lana di pecora, paglia, pietre naturali, argilla, mattoni crudi;
materiali non globalmente riciclabili in sostituzione a materie prime organiche, non rinnovabili, derivati dal petrolio, carbone e/o metano, come materie plastiche, colori e lacche sintetiche, collanti sintetici.
Naturalmente i materiali da costruzione non sono “riciclabili globalmente” allo stesso modo,
poiché variano molto, per esempio, i tempi di deterioramento per determinati materiali naturali (ad esempio del legno).
ASFALTI PREZIOSI
E’ molto interessante l’utilizzo di
rottame vetroso nella realizzazione degli asfalti; in questo modo
sono utilizzati rifiuti in vetro non
più utilizzabili per il riciclo, perché
riciclati troppe volte quindi opacizzati e impuri.
Ridotti in briciole sono miscelati
con catrame e altre sostanze tipiche degli asfalti, e in questo modo
recuperati.
Proposte didattiche
Proposte didattiche
1. Prova di durezza (fig. 47)
Cosa occorre
Oggetti casalinghi come: un cucchiaio di legno, una bottiglia di plastica, alcune pietre,
chiavi, plastilina, chiodo.
Come procedere
Un modo per misurare la durezza di una sostanza è quello di inciderla
con un’unghia o con un chiodo. A tale scopo si prende un oggetto, di
cui si vuole testare la durezza, e si prova ad inciderlo con
l’unghia, se l’oggetto rimane inciso il materiale di cui è
costituito risulta morbido. Se l’unghia non incide l’oggetto, si prova con il chiodo; se l’oggetto rimane inciso
dal chiodo si dice che è relativamente morbido; se l’oggetto non rimane inciso, il materiale che forma l’oggetto è definito duro. Ripetere la prova con tutti gli oggetti elencati e con tutto ciò che avete a disposizione.
2. Scopri la densità dei corpi (fig. 48)
Cosa occorre
Bottiglia di plastica, contenitore graduato, coltello, bilancia, penna, tubo di plastica, cilindro graduato, plastilina, oggetti vari.
Come procedere
Tagliare la parte superiore della bottiglia, fare un foro sotto il bordo e fissarvi il tubo con
la plastilina, sigillando bene la giuntura.
Per tarare “lo strumento” mettere il cilindro graduato all’estremità del
tubo e riempire d’acqua la bottiglia fino a quando non fuoriesce
dal tubo. Fare molta attenzione a non urtare la bottiglia, è importante che l’acqua si trovi al livello del tubicino.
Scegliere quindi l’oggetto da esaminare e pesarlo con la bilancia.
Svuotare il cilindro graduato, se si è riempito durante la taratura,
e riposizionarlo sotto il tubicino; in questo modo quando si immergerà l’oggetto, precedentemente pesato, l’acqua che fuoriuscirà
dal tubicino finirà nel cilindro e sarà quindi possibile misurare il
volume d’acqua spostato dall’oggetto. Per trovare la densità, dividere il peso per il volume di acqua spostata.
3. Il punto di fusione (fig. 49)
Cosa occorre
Fornelletto, termometro, provetta, pentolino, solidi da esaminare: acqua, burro,
cioccolato, gelatina, cera, pinze da barbecue.
Come procedere
Mettere una piccola quantità di solido da esaminare
nella provetta e immergere quest’ultima nel pentolino,
che avrete precedentemente riempito di acqua, riscaldare lentamente l’acqua del pentolino sul fornelletto.
Agitare delicatamente la provetta; non appena il solido
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Proposte didattiche
comincia a fondere togliere la provetta dall’acqua e misurare la temperatura. Questa è la
temperatura di fusione.
Ripetere l’esperimento due volte per ogni solido. Attenzione, la provetta può diventare molto calda; tenerla possibilmente con un panno o con le pinze da barbecue.
4. Il punto di ebollizione (fig. 50)
Cosa occorre
Fornelletto a spirito, provetta, pinze da barbecue, termometro che
dovrà misurare fino a 360°, liquidi di prova (usare solo liquidi commestibili come olio, vino, latte, caffè, succo di frutta, e far bollire
solo piccole quantità di olio).
Come procedere
Per trovare il punto di ebollizione di un liquido, versare una piccola quantità del liquido da esaminare nella provetta, in modo da
coprire il bulbo del termometro che avrete preventivamente inserito nella provetta. Poi, tenendo la provetta con le pinze, scaldare
sul fornelletto a spirito, si potrà osservare come la temperatura,
sulla scala del termometro, cominci a salire.
Quando il liquido comincia a bollire, la temperatura rimane costante. Questo è il punto di
ebollizione della sostanza in esame; occorre ripetere la prova almeno due volte per ogni
sostanza e con tutte le sostanze che si hanno a disposizione.
5. E’ questione di spinta (fig. 51)
Cosa occorre
Un vasetto di yogurt vuoto, corda sottile, fermaglio, un chiodino o una puntina da disegno, carta millimetrata, righello, matite, elastico, oggetti vari.
Come procedere
Occorre innanzi tutto costruire la bilancia, per farlo si pianta il chiodo (o si infila la
puntina) in una superficie verticale a cui si possa appendere la bilancia; si fa quindi
passare l’elastico nel fermaglio e si appende quest’ultimo al chiodo o alla puntina.
Si praticano tre fori nel bordo del vasetto da yogurt e si fa passare per questi fori la
corda, creando così un manico. Si annodano quindi i capi della corda tra loro e poi
all’estremità dell’elastico. Una volta preparata la bilancia si deve disegnare una scala per la bilancia, su un pezzo di carta millimetrata, che si fisserà dietro l’elastico,
ed indicare il punto a cui arriva l’elastico prima di qualsiasi pesata. Segnare
poi i diversi punti della scala dove l’elastico arriva quando nel vasetto è stato messo uno degli oggetti scelti. A seconda del peso dell’oggetto, che si pesa
con la bilancia, si potrà osservare una differente estensione dell’elastico.
6. La spinta di Archimede (fig. 52)
Cosa occorre
Un sasso, un’arancia, una mela, un uovo, una vite, monete, polistirolo, pietra pomice, una
candela, semi, gomme, plastilina, bilancia.
Come procedere
PROVA 1: scegliere alcuni oggetti e provare a pensare quali galleggeranno e quali no; poi
Proposte didattiche
fare una verifica immergendoli in una bacinella.
A parità di densità, la forma svolge un ruolo fondamentale.
PROVA 2: stabilito quali oggetti solidi galleggiano e quali no, si prendono due palline di plastilina di uguale peso (stabilirlo misurando le
palline con la bilancia), dopodiché una pallina viene modellata in
modo da formare una barchetta, l’altra rimane di forma sferica. Si
immergono entrambe nella bacinella piena d’acqua e si osserva cosa
accade.
7. Il viaggio del calore (fig. 53)
Cosa occorre
Una bacchetta di vetro, una di plastica, una di legno ed una di metallo,
un barattolo alto poco meno della lunghezza delle bacchette, polistirolo,
burro e acqua bollente.
Come procedere
Con questo esperimento si valuta la capacità di alcuni materiali di condurre il calore. Si unge con il burro ogni bacchetta, ai lati di una delle
estremità, e si fissa sulla parte unta un pezzetto di polistirolo.
Sistemare le bacchette nel barattolo, con la parte unta e il polistirolo verso alto, e versarvi dentro l’acqua bollente; osservare cosa accade.
8. Chi isola meglio (fig. 54)
Cosa occorre
Tre barattoli con coperchio forato, plastilina, fogli di alluminio,
fogli di giornale, termometro, orologio, acqua bollente.
Come procedere
Si prendono i barattoli con il coperchio forato, che verrà poi
otturato con la plastilina, e si riempiono con acqua calda; si
misura quindi la temperatura iniziale con il termometro, si
annota, e si avvitano i coperchi.
Un barattolo viene avvolto con un foglio d’alluminio, uno con
un foglio di giornale ed uno viene lasciato scoperto. Si inizia
quindi a misurare il tempo che impiegherà l’acqua per tornare
a temperatura ambiente. Dopo alcuni minuti si va a verificare come sia cambiata la temperatura nei barattoli; la misura si esegue introducendo il termometro nel foro del coperchio, dopodiché si richiudono e si ripete l’operazione ad intervalli regolari.
9. L’elettricità dei corpi (fig. 55)
Cosa occorre
Un pezzo di polistirolo, una pallina da ping-pong, nastro adesivo, bava da pesca, un panno, una bacchetta di vetro, una di plastica, una di legno ed una di metallo.
Come procedere
Si prendono il pezzo di polistirolo e la pallina, si legano a due fili
con un po’ di nastro adesivo e si fissano alla cattedra in modo
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Proposte didattiche
tale che i fili formino una V rovesciata. Si strofinano, una alla volta, le quattro bacchette
con il panno e si avvicinano alla pallina e al polistirolo; osservare ciò che accade.
10. Scopri se c’è elettricità (fig. 56)
Cosa occorre
Un filo di ferro rigido, un pezzetto di carta velina, un tappo di sughero, una beuta, una bacchetta di vetro, una di plastica, una di legno ed una di metallo, un panno, carta stagnola.
Come procedere
Si prende il filo di ferro e vi si fissa, ad una estremità, un pezzettino di carta velina; la parte opposta del filo va invece inserita nel tappo di sughero che andrà poi
a chiudere la beuta, facendo attenzione a far fuoriuscire il filo, dalla parte senza
la carta, dal tappo. Sulla parte esterna del filo che sporge dal tappo si inserisce
una pallina di carta stagnola
Si strofina una bacchetta di vetro con il panno e si avvicina al filo, quasi fino a
toccare la stagnola, e si osserva cosa succede. Si ripete la stessa operazione anche
con la bacchetta di plastica, di legno e di metallo.
11. Alza il serpente (fig. 57)
Cosa occorre
Foglio di carta velina, matita, forbici, una bacchetta di vetro,
una di plastica, una di legno ed una di metallo, un panno.
Come procedere
Si prende il foglio di carta velina e vi si disegna sopra una spirale
con la matita, si taglia quindi con le forbici lungo la spirale in
modo da ottenere un serpente.
Si prende una bacchetta di vetro e la si strofina con il panno,
si avvicina al serpente e si osserva cosa accade.
Si ripete la stessa operazione anche con le altre bacchette.
12. Ma l’elettricità viaggia (fig. 58)
Cosa occorre
Tre cavi elettrici con contatti, una pila, una lampadina da 1,5 volt, oggetti di diverso materiale.
Come procedere
Si collega la lampadina alla pila con due dei tre cavi elettrici, e si verifica che il tutto funzioni; si passa poi ad inserire nel circuito i materiali
utilizzando il terzo cavo elettrico. Uno dei cavi che collegano pila e lampadina rimane fisso, l’altro invece si collega all’oggetto scelto, da questo
infine parte il terzo cavo che raggiunge la pila chiudendo il circuito. Si
osserva cosa accade.
L’oggetto che va inserito nel circuito va cambiato ad ogni prova, in modo
da poter sperimentare la capacità di condurre energia elettrica dei
diversi materiali che si hanno a disposizione.
Proposte didattiche
13. Dividi l’acqua (elettrolisi) (fig. 59)
Cosa occorre
Pila, due matite, sale, cartone, due fili elettrici, vasetto.
Come procedere
Collegare con i fili elettrici la pila alle due matite, che fungeranno da
elettrodi.
Mettere le altre estremità delle matite nel vasetto, che si sarà riempito preventivamente di acqua leggermente salata.
L’elettricità scompone l’acqua in idrogeno e ossigeno, i quali si
raccolgono sotto forma di bolle vicino alle punte delle matite.
14. Reazioni veloci e lente (fig. 60)
Cosa occorre
Un piatto o un vassoio, imbuto, bottiglietta di plastica, colorante alimentare rosso, aceto,
bicarbonato di sodio, sabbia e ghiaia.
Come procedere
Ci si può anche divertire con le reazioni chimiche, ad esempio
organizzando una eruzione vulcanica casalinga.
Aggiungere colorante alimentare rosso, o inchiostro rosso,
all’aceto in modo da colorare la “lava” di rosso.
Riempire a metà la bottiglia di plastica con il bicarbonato e
metterla al centro del piatto.
Ammucchiare la ghiaia e la sabbia attorno alla bottiglia,
lasciando scoperto solo il foro. Sagomate la sabbia,o la ghiaia,
come un vulcano; versare poi rapidamente l’aceto nella bottiglia e osservare l’eruzione.
15. Trasformare il latte in plastica (fig. 61)
Cosa occorre
Latte intero, pentolino, aceto, fornellino.
Come procedere
Scaldare il latte nel pentolino; quando sta per bollire,
aggiungere lentamente, mescolando in continuazione,
qualche cucchiaio di aceto.
Gli acidi nell’aceto reagiscono con le sostanze organiche
del latte formando quello che viene chiamato caglio.
Continuare a mescolare finché il liquido non diventa
gommoso.
Lasciare quindi raffreddare il tutto, una volta a temperatura ambiente lavarlo sotto il rubinetto. Si ottiene così la plastica biodegradabile che si potrà far rimbalzare o modellare in
qualche forma curiosa anche utilizzando delle normali formine da biscotti.
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Bibliografia
Mario Rippa – “La chimica”;
Italo Bovolenta Editore, 1990
Anna Lepre, Alessandra Magistrelli – “Biologia”
Paravia, 1994
Falaschi, Galizz, Milanesi – “La scienza. Dagli atomi all’uomo”
La nuova Italia, 1983
Bargellini, M. Fratello, L. Monfroni – “Scienze chimiche, fisiche e naturali”
Signorelli Milano, 1985
L. Rossetti – “Geografia”
S. Latters & C. Editori, 1990
Alfonso Bosellini – “Le scienze della terra”
Italo Bovolenta Editore, 1984
Luciana Monfroni, Carla Pavanati Bettoni – “Elementi di biologia attiva”
Signorelli Milano, 1976
Roberto Marchetti, “Ecologia applicata”
CittàStudi, 1997
Augusto Biancotti, Claudia Binelli – “Geografia”
Bompiani, 1993
Bisca, V. Giulianini Ricci, R. Pepoli, F. Rambelli, G.P. Vistoli – “Paguro”
Calderini, 1994
Atlantide S.c.r.l. – “L’acqua. Quando l’uomo incontra la natura”
Atlantide. S.c.r.l., 1999
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A cura di
Atlantide, Cooperativa Studi e Servizi Ambientali
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Stampa:
La Greca Arti Grafiche
Si ringrazia tutto lo staff di Atlantide S.c.r.l. e di Area per la collaborazione.
Tutti i diritti della presente pubblicazione sono riservati.