GEOMETRIA EUCLIDEA Euclide (Gela-?-323 a.C. – 285 a.C.) Molte conoscenze matematiche erano note dia tempi più antichi ai fini pratici (misurazioni, ripartizioni di stipendi, tasse..): era un approccio pragmatico, non si davano teoremi generali che poi potessero essere calati ai casi pratici, ma venivano descritti molti esempi di casi specifici, ad esempio, in Babilonia, documentati su tavolette di argilla, sulla base dei quali si potevano riprodurre risultati analoghi. Furono i greci a cambiare modo di operare, distinguendo una matematica pratica, da una teoria che era “conoscenza”, capendo che era possibile ragionare in termini astratti, e analizzando dati e procedendo con un metodo logico deduttivo, arrivare a conclusioni, ovvero furono loro, con i loro principi di democrazia e la loro logica aristotelica, introdurre il concetto di “dimostrazione”, che garantiva che una conoscenza poteva essere accettata da chiunque, perché chiunque ne poteva condividere i percorsi che la producevano, non perché “imposta”. Dunque, per la prima volta negli Elementi di Euclide, la matematica viene impostata come teoria assiomatica, introducendo cioè pochi enti fondamentali (punti, rette, angoli retti…) e il numero minimo di “regole del gioco”, ovvero gli assiomi. A partire da queste informazioni, si costruiscono le definizioni degli altri enti della teoria, e, tramite ragionamento logico deduttivo, si indaga. La scelta iniziale di enti primitivi e assiomi non era però del tutto astratta, ma motivata dall’osservazione del mondo tangibile. La geometria era infatti intesa come un modello ideale della realtà della natura: di fatto i greci si riferivano a concetti astratti avendo in mente “la geometria che vedevano con gli occhi”. Cosi gli assiomi sono la codifica formale di proprietà osservate, e idealizzate. Questo punto di vista impedisce di prendere in considerazione l’esistenza di modelli geometrici del tutto svincolati dalla realtà esperienziale, cosa che sarà superata solo sul finire dell’ Ottocento, con il positivismo (cfr. assiomatica di Hilbert). Dunque: fino ad Hilbert il modello matematico della geometria Euclidea sarà l’unica geometria studiata. L'opera di Euclide, intitolata “gli Elementi” consiste in 13 libri, che trattano: Libro I teoria dei triangoli, delle parallele e delle aree (ciò che oggi chiamiamo equivalenza di figure piane); Libro II algebra geometrica Libro III teoria del cerchio Libro IV proprietà e le costruzioni dei poligoni inscritti e circoscritti Libro V teoria dei rapporti tra grandezze e delle proporzioni astratte Libro VI teoria della similitudine e delle proporzioni in geometria Libro VII teoria fondamentale dei numeri Libro VIII proporzioni continue nella teoria dei numeri Libro IX ancora la teoria dei numeri Libro X teoria degli incommensurabili Libro XI geometria solida Libro XII misura delle figure solide Libro XIII solidi regolari I libri non hanno commenti, sono strutturati tutti con una lista iniziale di definizioni, e poi subito una lista di proposizioni numerate e rigorosamente ordinate dal punto di vista logico: ciascuna ha la sua dimostrazione basata su ciò che è stato definito e dimostrato precedentemente. Questa cura è parte essenziale di ogni teoria matematica: il metodo logico deduttivo esclude ogni “cortocircuito logico”, un errore che invece ricorre nella pratica scolastica. Un “cortocircuito” si verifica quando si prova a dimostrare un teorema applicando un risultato la cui dimostrazione utilizza lo stesso teorema che vogliamo dimostrare: ciò non è ammissibile. Per quanto appena esposto, è ovvio come tutto cominci dalla dichiarazione degli enti primitivi, postulati e nozioni comuni, in apertura del primo libro. Via via a seguire compaiono le definizioni di enti “costruiti” a partire dai precedenti, assieme ai risultati. Per il testo completo vedere in rete, ad esempio: http://www.matematicamente.it/cultura/storia_della_matematica/gli_elementi_di_euclide_2 01101147248/ I POSTULATI DI EUCLIDE Il libro I degli Elementi contiene: 23 Definizioni 5 Postulati, “leggi” specifiche della geometria, 5 Nozioni comuni, “leggi” applicabili a tutte le scienze, originariamente dette assiomi. 48 Proposizioni o Teoremi Nota: il linguaggio di oggi delle teorie assiomatiche non distingue tra nozioni comuni e postulati, intendendo con la parola assioma ciascuna regola che fa parte del pacchetto iniziale da cui muove la teoria. Tradizionalmente, quando ci si riferisce alla geometria Euclidea, i primi 5 assiomi di Euclide continuano ad essere chiamati postulati, e gli altri nozioni comuni. La distinzione tra nozioni comuni e postulati risale ad Aristotele: i postulati, applicabili solo alla geometria, non necessitano di essere conosciuti come veri perché la loro verità è confermata dal fatto che i risultati da questi dedotti concordino con la realtà; gli assiomi, invece, sono verità applicabili a tutte le scienze. In realtà, nella successiva storia della matematica, anche le nozioni comuni furono accettate come “verità” che non potevano essere messe in discussione, almeno fino alla nascita della geometria non euclidea. A) Definizioni Primitive (libro I): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Un punto è ciò che non ha parti. Una linea (qualsiasi, ad es curva) è lunghezza senza larghezza. Gli estremi di una linea sono punti. Una retta è una linea che giace ugualmente rispetto ai punti di essa. Una superficie è ciò che ha solo lunghezza e larghezza. Gli estremi di una superficie sono linee. Una superficie piana è quella che giace ugualmente rispetto alle rette su di essa. Nota: la retta è quello che noi chiamiamo segmento, la definizioni primitive sono gli enti, rappresentati dalle parole in corsivo, la spiegazione che segue non è una definizione, ma una spiegazione intuitiva delle parole: gli enti primitivi infatti, in quanto tali, non possono essere definiti. B) Assiomi (Postulati, libro I): 1. E' possibile condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto (esistenza e sotto intesa unicità della retta). 2. E' possibile prolungare illimitatamente una linea retta finita in linea retta. 3. E' possibile descrivere un cerchio con qualsiasi centro e raggio (esistenza del cerchio, per la def di centro e cerchio vedere def 15-16). 4. Tutti gli angoli retti sono uguali tra loro (vedere def 9). 5. (Postulato delle parallele) Se, in un piano, una retta interseca altre due rette, formando con esse, da una medesima parte, angoli interni la cui somma è minore di due angoli retti, allora queste due rette, se indefinitamente prolungate, si incontrano dalla parte detta. C) Nozioni comuni (Assiomi, libro I): 1. Cose che sono uguali a una stessa cosa sono uguali tra loro (prop. Transitiva di relazione di equivalenza). 2. Se a cose uguali si aggiungono cose uguali, allora i totali sono uguali (legge di cancellazione della somma ). 3. Se a cose uguali si tolgono cose uguali, allora i resti sono uguali (legge di cancellazione della differenza ). 4. Cose che si possono sovrapporre una con l'altra sono uguali (la congruenza è una relazione di equiv). 5. Il tutto è maggiore della parte (ordinamento). A partire da A) B) e C) si elaborano, secondo il metodo deduttivo le proposizioni che seguono, cui si affiancano le definizioni utili alla teoria. Definizioni Derivate presenti nel libro I: 8. Un angolo piano è l'inclinazione reciproca di due linee su un piano, le quali si incontrino e non giacciano in linea retta. 9. Quando le linee che comprendono l'angolo sono rette, l'angolo è detto rettilineo. 10. Quando una retta innalzata da un'altra retta forma con essa angoli adiacenti tra di loro uguali, ciascuno dei due angoli è retto, e la retta si dice perpendicolare a quella su cui è innalzata. 11. Dicesi ottuso l'angolo maggiore di un angolo retto. 12. Dicesi acuto l'angolo minore di un angolo retto. 13. Dicesi termine ciò che è estremo di qualche cosa. 14. Dicesi figura ciò che è compreso da uno o più termini. 15. Dicesi cerchio una figura piana delimitata da un'unica linea tale che tutte le rette che terminano su di essa a partire da un medesimo punto fra quelli interni alla figura siano uguali tra loro. 16. E quel punto si chiama centro del cerchio. 17. Dicesi diametro del cerchio una retta condotta per il centro e terminata da ambedue le parti dalla circonferenza del cerchio, e tale linea retta taglia anche il cerchio a metà. 18. Dicesi semicerchio la figura compresa dal diametro e dalla circonferenza tagliata da esso, e centro del semicerchio è quello stesso che è anche centro del cerchio. 19. Diconsi rettilinee ( poligoni) le figure delimitate da rette, essendo figure trilatere quelle delimitate da tre rette, quadrilatere quelle delimitate da quattro rette, e multilatere quelle delimitate da più di quattro rette. 20. Delle figure trilatere dicesi triangolo equilatero quella che ha i tre lati uguali, isoscele quella che ha due lati uguali e scaleno quella che ha i tre lati disuguali. 21. Ancora delle figure trilatere, un triangolo rettangolo è quella che ha un angolo retto, un triangolo ottusangolo quella cha ha un angolo ottuso, un triangolo acutangolo quella che ha i tre angoli acuti. 22. Delle figure quadrilatere un quadrato è quella che ha sia i lati uguali che gli angoli retti; un oblungo (rettangolo) è quella che ha gli angoli retti ma non è equilatera; un rombo è quella che è equilatera ma non ha gli angoli retti; un romboide è quella che ha gli angoli e i lati opposti tra di loro uguali, ma non è equilatera né ha gli angoli retti. I quadrilateri diversi da questi sono chiamati trapezi. 23. Parallele sono quelle linee rette giacenti nello stesso piano che, prolungate indefinitamente in entrambe le direzioni, non si incontrano tra loro da nessuna delle due parti. Rette e circonferenze hanno ruolo privilegiato, perché esse sono i modelli matematici delle linee tracciabili con riga e compasso (ideali, ovvero non graduati). La geometria euclidea nasce esplicitamente come la teoria scientifica dei disegni eseguibili con riga e compasso. La differenza tra i primi tre postulati, che affermano la costruibilità di rette e circonferenze, e i successivi due, di natura più teorica si riflette nelle proposizioni. Euclide non usa, infatti, mai una figura geometrica se non dopo averne descritto (e dimostrato) la costruzione. Nel seguito del primo libro Euclide dimostra attraverso la loro costruzione l’esistenza delle altre entità, ad eccezione del piano. Il V postulato è originale di Euclide ed è prova del suo genio il fatto che egli lo abbia ritenuto necessario. La critica a questo postulato è dovuta al fatto che esso non era chiaramente evidente non rispondeva ad una geometria “osservata” e mancava quindi della forza di convinzione, degli altri. Ma Euclide aveva ragione: senza questo postulato non si possono dimostrare tutti i teoremi della geometria euclidea, inoltre è possibile sostituire questo postulato con altri e ottenere teorie geometriche coerenti, e diverse da quella euclidea, che sono dette appunto, geometrie non euclidee. Ad esempio, la geometria sulla superficie sfera è diversa dalla geometria euclidea del piano: qui la somma degli angoli interi di un triangolo non è 180 gradi, e il percorso piu breve tra due punti può essere realizzato da infiniti “segmenti” di pari lunghezza (basta pensare ai due poli opposti del mappamondo, e alle meridiane) . Ma ci vorranno circa 2000 anni perché questa quesitone venisse compresa appieno! Per evidenziare il ruolo del quinto postulato viene oggi definita geometria assoluta quella basata sui primi 4 postulati, ad esempio, le proprietà dalla 1 alla 28 del primo libro sono proposizioni dimostrabili solo coi primi 4 postulati. Euclide era dunque consapevole della criticità del quinto postulato: dimostra prima di tutto ogni risultato che può, prima di utilizzarlo effettivamente. Nel corso dei secoli la consapevolezza della necessità della riflessione sui fondamenti della geometria, e quindi della necessità di definire enti primitivi e postulati, cosi chiara agli antichi greci, fu sempre più attenuata, anche se dell’insegnamento greco rimaneva saldo il metodo assiomatico deduttivo, il “sillogismo aristotelico”, in linguaggio filosofico. La geometria era un modello che descriveva la realtà, gli assiomi erano considerati “veri” perché corrispondevano a una realtà “vera”, e questo garantiva loro anche la non contraddittorietà: se fossero stati in contraddizione tra loro, la realtà che li rispecchiava non avrebbe potuto esistere. Quello che si era posto era, a seguito dello studio, che risaliva al Rinascimento, della geometria proiettiva (una teoria che potesse chiarire le regole del disegno in prospettiva), intorno al XVIII secolo la questione della necessità del quinto postulato. Ci si era domandato se esso poteva essere dedotto dagli altri 4 come teorema. Indagando questa questione i matematici avevano trovato diverse formulazioni equivalenti al quinto postulato. Due proposizioni si dicono equivalenti quando dall'una si può dimostrare l'altra e viceversa, a partire dello stesso sistema assiomatico. Si può dimostrare, assumendo i primi 4 postulati che vale il seguente Teorema: Sono equivalenti al quinto postulato le seguenti proposizioni: 1) UP (unicità della parallela): dati in un piano una retta r ed un punto P non appartenente ad r, la retta passante per P e parallela ad r è unica; 2) Proprietà transitiva del parallelismo: se una retta è parallela ad un’altra e questa ad una terza, allor ala prima retta è parallela alla terza; 3) PO (postulato dell’obliqua): Una perpendicolare e una obliqua ad una stessa retta si incontrano dalla parte in cui l’obliqua forma con la retta un angolo acuto; 4) la somma degli angoli interni di un triangolo è costante; 5) la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti; 6) esistono triangoli simili non uguali; 7) per tre punti non allineati passa una circonferenza (circonferenza circoscritta a un triangolo, esistenza del circocentro); 8) il luogo dei punti equidistanti da una retta è una retta; 9) tre rette in un piano a due a due parallele hanno sempre una trasversale comune. Cosa non c'è negli Elementi di Euclide: • • • • • • il baricentro i numeri negativi lo zero il volume della sfera la formula di Eulero per i poliedri le isometrie: in Euclide la geometria è statica. Euclide evita di usare la congruenza quando riesce a dimostrare un enunciato per altra via, se pure questa risulta più difficile. In effetti la congruenza (sovrapposizione, nozione comune n. 4 “ Le cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali”) si basa sul concetto di moto, che non ha nessuna base logica: si assume che durante lo spostamento una figura mantenga le sue proprietà questa è una forte assunzione relativamente allo spazio fisico. Sebbene l’opera di Euclide sia stata considerata dai matematici un modello di rigore fino al XX secolo, essa presenta alcuni difetti. Oltre all’uso della sovrapposizione, ci sono molte assunzioni più o meno inconsce, che non vengono dichiarate esplicitamente. Ad esempio, venivano usati fatti evidenti dalle figure o cosi intuitivamente evidenti da non rendersi conto che li si stava usando. Solo in alcuni casi questi fatti possono essere dimostrati esplicitamente a seguire dalla teoria, ma non tutto. Ad esempio, si assume la continuità tra retta e cerchio, ovvero che due cerchi abbiano un punto in comune, ciò non segue dagli assiomi di Euclide, anche quando si suppone che i cerchi si intersechino. Euclide non dice mai espressamente "esiste almeno un punto esterno alla retta", o "dati tre punti non allineati, esiste un solo piano che li contiene", eppure li utilizza implicitamente in molte dimostrazioni. Un altro caso eclatante è il riuscire a dimostrare dagli assiomi che tutti i triangoli sono isosceli, questo perché non è stabilita la posizione reciproca di punti (ovvero l'ordinamento sulla retta, sotto certe costruzioni). La completa sistemazione dei fondamenti della geometria euclidea si è avuta con il positivismo di fine Ottocento, e quindi con Hilbert, che, nel suo libro Fondamenti di Matematica, del 1899 esplicita tutti gli assiomi non dichiarati da Euclide, ma necessari alla teoria, e evidenzia come la teoria possa essere costruita indipendentemente dalla “verità” degli assiomi, ovvero dal fatto che essi descrivano la realtà che ci circonda. Infatti, nella costruzione di una teoria astratta, basata su assiomi, quello di cui bisogna assicurarsi sono i seguenti punti: 1. gli assiomi devono essere tra loro indipendenti, ovvero nessuno deve essere dedotto dagli altri con ragionamenti logico-deduttivi. Se cosi fosse allora l’assioma dipendente è un teorema, e può essere eliminato dalla lista degli assiomi. 2. Gli assiomi devono essere in non contraddizione tra loro: ovvero non deve essere possibile nella teoria dimostrare a partire dagli assiomi due enunciati in conflitto tra loro. 3. Il sistema di assiomi deve essere completo, ovvero ogni teorema della teoria deve poter essere dimostrato a partire dagli assiomi. Questo terzo punto è in effetti il più difficile a stabilirsi a priori. Si noti che la questione della rispondenza col mondo reale perde di senso: si possono costruire diversi modelli geometrici, diverse teorie indipendenti tra loro, anzi infinite teorie. Non c’è nessuna pretesa di descrizione del mondo tangibile. Illustriamo i punti fondamentali di Hilbert. Concetti primitivi secondo Hilbert I concetti primitivi sono il punto, la retta, e il piano. Ci sono anche tre relazioni binarie primitive: • Contiene: un punto può essere contenuto in una retta o in un piano, ed una retta può essere contenuta in un piano; • Stare in mezzo: un punto può stare in mezzo ad altri due; • Congruenza, indicata con il simbolo "≡": angoli e segmenti possono essere congruenti. Il segmento fra due punti A e B è definito come la porzione di retta compresa tra i punti A e B (inclusi A e B). Diciamo che dei punti sono allineati se sono contenuti in una retta, complanari se sono contenuti in un piano (queste definizioni sono di carattere puramente linguistico, non fanno parte del sistema di assiomi!). Seguono cinque gruppi di assiomi: di connessione, di ordinamento, tra cui l’assioma di Pash, di congruenza, l’assioma delle parallele, gli assiomi di continuità. I assiomi di connessione: sono 7, ad esempio: 1. Due punti distinti dello spazio individuano una retta. (esistenza), 2. Ogni coppia di punti di una retta individua tale retta. (unicità), 7. Ogni retta contiene almeno due punti. II Assiomi di ordinamento: sono 4, questo gruppo supplisce la più grave omissione di Euclide, relativa all'ordine reciproco di punti e rette: 1. Se un punto A sta tra B e C, A sta anche tra C e B, ed i tre punti sono allineati 2. Dati due punti distinti A e B, esistono un terzo e un quarto punto C e D sulla retta passante per A e B tali che A sta tra C e B e B sta tra A e D 3. Dati tre punti distinti e allineati, ce n'è esattamente uno che giace tra gli altri due Dal 2) e dal 3) segue che la retta è infinita. 4. (Assioma di Pasch) siano dati tre punti A, B e C non allineati, contenuti in un piano p, ed una retta d contenuta in p non contenente nessuno dei tre punti A, B, C: se d contiene un punto del segmento AB, allora contiene anche un punto di uno dei due segmenti AC e BC. (Intuitivamente: “se una retta entra in un triangolo attraverso un lato, allora deve uscirne da uno degli altri due”) III Assiomi di congruenza: sono 6, ad esempio: 2. La relazione di congruenza tra segmenti è transitiva, cioè se CD e EF sono congruenti ad AB, allora CD e EF sono congruenti. 5. La relazione di congruenza tra angoli è transitiva. IV. Assioma delle parallele (Postulato di Playfair): Dati una retta r, un punto A non in r, ed un piano p contenente entrambi, esiste al più una retta in p contenente A e non contenente nessun punto di r. Si noti che l'esistenza di almeno una retta per A che non interseca r può essere dimostrata e quindi non è necessaria in questo sistema assiomatico. V. Assiomi di continuità 1. (Assioma di Archimede). Se AB e CD sono due segmenti qualsiasi, allora esiste sulla retta contenente AB una famiglia di punti A₁, A₂,…,An tali che i segmenti AA₁, A₁A₂, A₂A₃, …, An-1An, sono congruenti a CD e tali che B giace tra A e An. Questo assioma permette la corrispondenza biunivoca tra i punti della retta e i numeri reali. 2. (Assioma di completezza lineare ). Ad un sistema di punti, rette e piani è impossibile aggiungere altri elementi geometrici in modo che il sistema così generalizzato formi una nuova geometria obbediente a tutti i venti assiomi precedenti. In altre parole gli elementi della geometria formano un sistema che non è suscettibile di estensione, ammesso che si considerino validi i venti assiomi del sistema assiomatico di Hilbert. Non è possibile dimostrare che gli assiomi sono tutti indipendenti tra loro, perché il significato di alcuni dipende dai precedenti, ma Hilbert dimostrò che tutti gli assiomi di un certo gruppo non possono essere dedotti da quelli degli altri quattro gruppi, esibendo un modello diverso per ogni quaterna di gruppi di assiomi. (due modelli sono diversi se si può dimostrare almeno un teorema per uno che risulta falso per l'altro). Per quanto riguarda la coerenza/non contraddizione, visto che la dipendenza dalla realtà fisica era stata cancellata dalla assunzione di arbitrarietà degli assiomi, Hilbert, come abbiamo detto, si basò sull'interpretazione aritmetica della sua geometria. Per quanto riguarda la completezza, ovvero la certezza di poter decidere, tramite argomentazioni logico-deduttive, della verità o falsità di qualunque enunciato formulabile nel linguaggio della teoria, è ormai noto che questa non può essere dedotta a partire dagli assiomi della stessa teoria in questione (cfr. Godel). IL LIBRO I DEGLI ELEMENTI DI EUCLIDE: LE PROPOSIZIONI Oltre alle definizioni e agli assiomi precedentemente citati, abbiamo nel libro primo le seguenti proposizioni. GEOMETRIA ASSOLUTA 1. (esistenza triangolo equilatero) E' possibile costruire un triangolo equilatero su un dato segmento (letteralmente Euclide usa linea retta (finita), per segmento; per indicare una retta nel nostro senso Euclide usa linea retta infinita). 2. E' possibile applicare ad un punto dato una retta (leggi segmento) uguale ad una retta data. 3. E' possibile tagliare dalla più grande di due linee rette disuguali una linea retta uguale alla più piccola (v. animazione costruzioni con riga e compasso). Le 1), 2), 3) ci permettono quindi di “applicare” cioè di riportare un segmento su un altro. 4. (primo criterio di congruenza dei triangoli) Se due triangoli hanno due lati uguali rispettivamente a due lati, e hanno uguali gli angoli contenuti tra le due linee rette uguali, allora hanno anche la base uguale alla base, il primo triangolo uguaglia l'altro triangolo, e gli angoli rimanenti, cioè quelli opposti ai lati uguali, sono rispettivamente uguali. Nota: la dimostrazione di questa proposizione è per sovrapposizione pertanto, per Hilbert è insoddisfacente, con la assiomatica di Hilbert essa è diretta applicazione degli assiomi di congruenza. Dimostrazione di Euclide (per sovrapposizione delle figure cioè per congruenza): Siano due triangoli ABC, DEF che hanno i due lati AB, AC rispettivamente uguali ai due lati DE, DF, cioè AB uguale a DE e AC uguale a DF, e un angolo BAC uguale a un angolo EDF: dico che anche la base BC è uguale alla base EF e il triangolo ABC è uguale al triangolo DEF, e i restanti angoli, sotto cui si tendono i lati uguali, sono rispettivamente uguali ai restanti angoli, ABC a DEF e ACB a DFE. Se il triangolo ABC è sovrapposto al triangolo DEF, e se il punto A è posto sul punto D e la retta AB su DE, allora il punto B coincide con E, poiché AB è uguale a DE. Ancora, coincidendo AB con DE, anche la retta AC coincide con DF, poiché l'angolo BAC è uguale all'angolo EDF. Pertanto anche il punto C coincide con il punto F, poiché anche AC è uguale a DF. Ma anche B coincide con E, la base BC coincide quindi con la base EF ed è uguale ad essa (nozione comune 4). L'intero triangolo ABC coincide quindi con l'intero triangolo DEF ed è uguale ad esso (n.c.4). E gli angoli restanti coincidono pure con gli angoli restanti e sono uguali ad essi, l'angolo ABC è uguale all'angolo DEF, e l'angolo ACB è uguale all'angolo DFE. Se quindi due triangoli hanno i due lati rispettivamente uguali ai due lati, e hanno anche l'angolo tra essi compreso, uguale all'angolo, hanno anche la base uguale alla base, e il triangolo è uguale al triangolo, e i restanti angoli, sotto cui si tendono i lati uguali, sono rispettivamente uguali ai restanti angoli. 5. (pons asinorum o angoli alla base di un triangolo isoscele) In un triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali tra loro e se le linee rette uguali sono ulteriormente prolungate, allora gli angoli sotto la base sono uguali. (Nota: si dimostra come conseguenza del 1 crit di congruenza triangoli, prop 4, e precede, dal punto di vista logico, l’esistenza della bisettrice e il terzo criterio, che dunque NON possono essere utilizzati per dimostrare questo enunciato). 6. Date due linee rette costruite a partire dagli estremi di una linea retta e che si incontrino in un punto, non è possibile costruire dagli stessi estremi della stessa linea retta, e dalla stessa parte, altre due linee rette che si incontrino in un diverso punto e che siano uguali alle due precedenti, più precisamente ciascuna uguale a quella tracciata dallo stesso estremo. 7. Se in triangolo due angoli sono tra di loro uguali, allora i lati opposti agli angoli uguali sono anche tra di loro uguali (vice versa del pons asinorum, ovvero: un triangolo con due angoli uguali è isoscele). 8. (terzo criterio di congruenza dei triangoli) Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente, e hanno anche la base uguale alla base, allora hanno uguali anche gli angoli che sono compresi tra le linee rette uguali. 9. (esistenza della bisettrice, viene come conseguenza di 8!) E' possibile bisecare un dato angolo rettilineo. 10. (esistenza della mediana) E' possibile bisecare una data linea retta finita. 11. (esistenza della perpendicolare, i) E' possibile costruire una linea retta formante angoli retti con una data linea retta, a partire da un punto di questa. 12. (esistenza della perpendicolare, ii) E' possibile costruire una linea retta perpendicolare ad una data linea retta infinita, a partire da un punto dato non su di essa. 13. (angoli adiacenti supplementari o addizione di angoli) Se una linea retta è condotta a partire da una data linea retta, allora fa o due angoli retti, o due angoli la cui somma è due angoli retti. 14. (angoli adiacenti) Se una retta che sta su una retta forma angoli, farà o due angoli retti oppure uguali a due retti. 15. (inversa della precedente) Se, su una certa e su un punto su di essa, due rette che sono poste non dalla stessa parte formano gli angoli consecutivi uguali a due retti, le rette saranno in linea retta tra loro. o Corollario (angoli opposti al vertice): Se due linee rette si tagliano una con l'altra, allora formano angoli al vertice uguali a quattro angoli retti. 16. In qualsiasi triangolo, se uno dei lati è prolungato, allora l'angolo esterno è più grande degli angoli interni ed opposti. 17. In ogni triangolo la somma di due angoli qualsiasi è minore di due angoli retti. 18. In ogni triangolo l'angolo opposto a lato maggiore è maggiore. 19. (inversa della precedente) In ogni triangolo il lato opposto ad angolo maggiore è maggiore. 20. (diseguaglianza triangolare) In ogni triangolo la somma di due lati qualunque è maggiore del rimanente. 21. Se dagli estremi di uno dei lati di un triangolo si costruiscono due linee rette che si incontrano dentro il triangolo, allora la somma delle due linee rette costruite è minore della somma degli altri due lati del triangolo, ma le linee costruite racchiudono un angolo che è più grande dell'angolo racchiuso dai due lati rimanenti. 22. Per costruire un triangolo su tre linee rette uguali a tre linee rette date è necessario che la somma di due qualunque delle linee rette sia più grande della linea rimanente. 23. (trasporto dell'angolo - non necessariamente nello stesso piano di quello dato) E' possibile costruire un angolo rettilineo, uguale ad un dato angolo rettilineo, su una data linea retta e con vertice su di essa. 24. Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente, ma hanno uno degli angoli contenuti dalle linee rette uguali più grande dell'altro, hanno anche la base più grande della base. 25. Se due triangoli hanno due lati uguali a due lati rispettivamente, ma hanno la base più grande della base, hanno anche uno degli angoli racchiusi dalle due linee rette uguali più grande dell'altro. 26. (secondo criterio di congruenza dei triangoli, e più altro teorema) Se due triangoli hanno due angoli uguali a due angoli rispettivamente, e un lato uguale a un lato, precisamente o il lato che congiunge gli angoli uguali, o quello opposto a uno degli angoli uguali, allora i rimanenti lati e il rimanente lato sono uguali. 27. Se una linea retta che interseca due linee rette individua angoli alterni uguali, allora le linee rette sono parallele tra di loro (ovvero: la costruzione di angoli alterni uguali consente quindi di avere rette parallele; questa proposizione non richiede l'assunzione del quinto postulato). 28. Se una linea retta che interseca due linee rette individua l'angolo esterno uguale all'angolo interno ed opposto sullo stesso lato, o la somma degli angoli interni sullo stesso lato uguale a due angoli retti, allora le linee rette sono tra di loro parallele (variante della precedente). GEOMETRIA PROPRIAMENTE EUCLIDEA (a seguito del V postulato) Suggerimento: per visualizzare la differenza tra geometria piana euclidea e geometrie non euclidee, si provi a esprimere sopra una sfera enunciati analoghi a quelli che seguono. 29. Una linea retta che interseca due linee rette parallele individua angoli alterni uguali tra di loro, l'angolo esterno uguale all'angolo interno ed opposto, e la somma degli angoli interni sullo stesso lato uguale a due angoli retti (inversa delle due precedenti, usa il V postulato). 30. (prop. transitiva del parallelismo) Linee rette parallele alla stessa linea retta sono anche parallele tra di loro E' possibile costruire una linea retta per un dato punto e parallela ad una data linea retta. 31. In ogni triangolo, se uno dei lati è prolungato, allora l'angolo esterno uguaglia la somma dei due angoli interni ed opposti, e la somma dei tre angoli interni del triangolo è uguale a due angoli retti. 32. Linee rette che congiungono gli estremi di linee rette uguali e parallele, sono anch'esse uguali e parallele. 33. (diagonali e angoli di un parallelogramma) Nei parallelogrammi i lati e gli angoli opposti sono uguali tra di loro, e la diagonale li seca a metà. Dimostrazione: Sia dato un parallelogrammo ABCD e una sua diagonale BC: dico che sia i lati sia gli angoli opposti del parallelogrammo ABCD sono uguali tra loro e che la diagonale BC lo seca a metà. Poiché AB è parallelo a CD, e la retta BC incide su di esse, allora gli angoli alterni ABC e BCD sono uguali tra loro (prop 29). Di nuovo, poiché AC è parallelo a BD, e BC incide su di esse, allora gli angoli alterni ACB e CBD sono uguali tra loro (prop 29). Pertanto ABC e DCB sono due triangoli che hanno i due angoli ABC e BCA rispettivamente uguali ai due angoli DCB e CBD, e un lato uguale a un lato, cioè quello agli angoli uguali e in comune tra loro, BC. Pertanto essi hanno i lati restanti uguali rispettivamente ai lati restanti, e l'angolo restante uguale all'angolo restante (prop 26). Il lato AB è quindi uguale al lato CD, e AC uguale a BD, e inoltre l'angolo BAC uguale all'angolo CDB. Poiché l'angolo ABC è uguale all'angolo BCD, e l'angolo CBD è uguale all'angolo ACB, allora l'angolo totale ABD è uguale all'angolo totale ACD. E l'angolo BAC è stato dimostrato uguale all'angolo CDB. Pertanto nei parallelogrammi sia i lati che gli angoli opposti sono uguali tra loro. Dico ora anche che la diagonale li seca a metà. Poiché AB è uguale a CD, e BC è in comune, i due lati AB e BC sono rispettivamente uguali ai due lati DC e CB, e l'angolo ABC è uguale all'angolo BCD ( prop 4) . Pertanto anche la base AC è uguale a DB, e il triangolo ABC è uguale al triangolo DCB. La diagonale BC biseca quindi il parallelogramma ACDB. Pertanto nei parallelogrammi i lati e gli angoli opposti sono uguali tra loro, e la bisettrice lo biseca. [cvd] 34. Parallelogrammi che hanno la stessa base e si trovano tra le stesse parallele sono tra di loro uguali. 35. Parallelogrammi che hanno basi uguali e si trovano tra le stesse parallele sono uguali tra di loro. 36. Triangoli che hanno la stessa base e si trovano fra le stesse parallele sono uguali tra di loro. 37. Triangoli che hanno basi uguali e si trovano fra le stesse parallele sono uguali tra di loro. 38. Triangoli uguali che hanno la stessa base e si trovano dalla stessa parte si trovano anche fra le stesse parallele. 39. Triangoli uguali che hanno basi uguali e si trovano dalla stessa parte si trovano anche fra le stesse parallele. 40. Se un parallelogramma ha la stessa base di un triangolo e si trova fra le stesse parallele, allora il parallelogramma è doppio del triangolo. 41. E' possibile costruire un parallelogramma uguale ad un dato triangolo in un dato angolo rettilineo. 42. In un parallelogramma i complementi dei parallelogrammi sul diametro sono uguali tra di loro. (si tratta di trovare un parallelogramma equivalente di forma diversa, ovvero: Dato un parallelogramma ABCD e considerato sulla diagonale AC un punto K, si tirino per esso le parallele ai lati, che incontrano AB in E, BC in G, CD in F, AD in H. Allora i parallelogrammi EBGK e HKFD sono uguali. Questi parallelogrammi sono i complementi dei parallelogrammi di diagonali AK e KC rispettivamente). 43. E' possibile costruire un parallelogramma uguale (equivalente) ad un dato triangolo, con una data linea retta e un dato angolo rettilineo. 44. E' possibile costruire un parallelogramma uguale ad una data figura rettilinea, con un dato angolo rettilineo. (Con questa costruzione ogni figura rettilinea può essere applicata ad una retta in un angolo, cioè, si può trasformare in un parallelogrammo con qualunque angolo e con qualunque lato) 45. E' possibile costruire un quadrato su una data linea retta. 46. (Teor di Pitagora) In triangoli rettangoli il quadrato sul lato opposto all'angolo retto uguaglia la somma dei quadrati sui lati contenenti l'angolo retto. 47. (Teor di Pitagora inverso) Se in triangolo il quadrato di uno dei lati uguaglia la somma dei quadrati degli altri due lati del triangolo, allora l'angolo compreso tra gli altri due lati è retto. IL LIBRO II DEGLI ELEMENTI DI EUCLIDE La parte centrale del secondo libro è costituita dai contributi all’algebra geometrica; tutte le quantità sono rappresentate geometricamente pertanto il problema di assegnare loro valori numerici viene in tal modo evitato. I greci infatti non riconoscevano l’esistenza dei numeri irrazionali e non potevano perciò trattare numericamente ogni lunghezza, ogni angolo, ogni volume. Con Euclide i numeri vengono in questo modo rappresentati come segmenti di retta. Prodotto di due numeri è pertanto l’area del rettangolo avente come lati i segmenti la cui lunghezza è uguale ai due numeri; prodotto di tre numeri è un volume; l’addizione di due numeri è ottenuta prolungando la prima retta di un segmento lungo quanto il secondo numero; la divisione tra due numeri viene semplicemente indicata mediante il rapporto tra due rette; e così via. Le prime dieci proposizioni del libro II trattano geometricamente proposizioni algebriche. Come esempio riportiamo gli enunciati nella notazione algebrica attuale: 1) x (m1 + m2 + ... + mn) = xm1 + xm2 + ... + xmn. (proprietà distributiva della moltiplicazione sull'addizione) 2) (y + z)2 = (y + z) y + (y + z) z, 3) (y + z)y = yz + y2, 4) (x + y)2= x2 + y2 + 2xy (quadrato di binomio) Negli Elementi sono oggetto di studio sia i “numeri interi” sia le “grandezze”, cioè le quantità continue. Le grandezze non vengono definite, Euclide introduce i rapporti tra grandezze specificando che esse debbano essere omogenee, dunque di fatto non le intende come numeri, né tanto meno definisce somme o prodotti di rapporti di grandezze, pertanto non possiamo concludere che egli volesse fare una trattazione sui numeri (irrazionali). E' per questo che il contenuto del V libro, riguarda la teoria delle proporzioni, ossia dell’uguaglianza tra rapporti, è il più discusso ed il più dibattuto. Il passo avanti di Euclide rispetto ai pitagorici, che, si ritiene, già conoscevano tale teoria, è che fino ad allora i rapporti si intendevano solo relativamente a grandezze il cui rapporto poteva essere espresso da numeri interi. Euclide estende tale teoria a grandezze incommensurabili. Alcune definizioni (assiomatiche) che egli fornisce sono le seguenti: 1) “Una grandezza è parte di una grandezza, la minore della maggiore, quando essa misura la maggiore.” Qui “parte” viene usata in senso di sottomultiplo. 2) “Si dice che hanno un rapporto fra loro quelle grandezze capaci, se moltiplicate, di superarsi a vicenda”. Questa definizione non ammette un rapporto fra due grandezze se una di esse è così piccola che nessun suo multiplo superi l’altra. Il problema assai dibattuto successivamente è se questa teoria fornisse una base logica per una teoria dei numeri reali, e quindi dei numeri irrazionali. I matematici della successive generazioni considerarono la teoria euclidea delle grandezze solo applicabile alla geometria, perciò quando nel Rinascimento e in seguito vennero reintrodotti i numeri irrazionali, molti matematici ritenevano che questi non avessero un fondamento logico. In effetti Euclide non dà mai una definizione di grandezza in quanto tale, né di uguaglianza , né di equivalenza di grandezze. Un prodotto di due grandezze a e b compare solo quando a e b sono lunghezze, considerando cioè ab come un’area. Analogamente, il prodotto di due rapporti di grandezze omogenee, intese come lunghezze, è il rapporto di due aree. Nei libri successivi al V egli si occupa delle figure simili, delle proprietà dei numeri interi e dei rapporti tra di essi. Rappresenta i numeri mediante segmenti ed i prodotti mediante aree, ma gli argomenti usati non dipendono dalla geometria. Inoltre, classifica i tipi di numeri irrazionali e negli ultimi tre libri tratta la geometria solida. Come esempio di teorema riguardante i numeri interi ricordiamo: proposizione 20, libro IX: “Vi sono più numeri primi che in ogni quantità (finita) assegnata di numeri primi”. Ovvero : i numeri primi sono infiniti. Nota: nell’antichità non si usava in matematica il concetto di infinito, M. Kline ha scritto: “nella scienza greca il concetto di infinità è poco capito e apertamente evitato. Il concetto di un processo senza fine li atterriva i Greci ed essi si ritraevano dinnanzi “ al silenzio degli spazi infiniti”. Euclide, conoscendo molto bene la delicatezze del concetto di infinito, che era chiara almeno dal tempo di Zenone, riesce ad ottenere una dimostrazione rigorosa senza trattare mai direttamente gli infiniti, ma riducendo il problema lo studio di quantità finite. Il termine “infinito” non è comunque una novità introdotta dai matematici moderni, ma la traduzione letterale del termine greco apeiros che, dopo una lunga e complessa storia, fu infine usato nel significato attuale di infinito matematico”. IL LIBRO VI DEGLI ELEMENTI DI EUCLIDE: LE FIGURE SIMILI E LE PROPORZIONI Richiami dal libro VI di Euclide: Definizione I del libro VI: due figure poligonali si dicono simili se hanno angoli uguali e lati che li definiscono corrispondentemente in proporzione. Proposizione 2 del VI libro: (teorema di Talete, vedi oltre) Proposizione 3 del VI libro: (teorema della bisettrice dell’angolo interno), in un triangolo la bisettrice di un angolo divide il lato su cui cade in parti proporzionali agli altri due lati; questa proposizione può anche essere invertita. Proposizione 6 libro VI: criterio di similitudine tra triangoli Proposizione 8 libro VI: Primo e secondo teorema di Euclide Proposizione 10 VI libro (è una costruzione geometrica): è possibile dividere un segmento in un numero qualunque di parti uguali, usando solo riga e compasso. Si noti che questa proposizione generalizza la proposizione 10, libro I: bisecare un segmento, mentre la proposizione 9, libro I - bisecare un angolo, non può essere generalizzata: non si può trisecare un angolo con il solo uso di riga e compasso. La dimostrazione di questa impossibilità fa uso della teoria di Galois (secolo XIX). Proposizione 28 VI libro: è data la soluzione dell'equazione di secondo grado, sotto la condizione che il discriminante sia non negativo. Proposizione 31 VI libro: generalizzazione del teorema di Pitagora a figure “nei triangoli rettangoli, la figura costruita sul lato che sottende l'angolo retto è uguale alle figure simili e similmente costruite sui lati che contengono l'angolo retto”. Teorema di Talete Un fascio di rette parallele tagliate da due trasversali genera coppie di segmenti direttamente proporzionali. In altre parole, date tre parallele a, b, c tagliate da due rette trasversali r e r’ rispettivamente nei punti A, B, C ed A’, B’, C’, si ha che il rapporto tra i segmenti omologhi dell’una e dell’altra è sempre costante: AB:A’B’ = BC: B’C’ Inoltre , per le leggi della proporzionalità tra grandezze, possiamo scrivere anche: Il teorema di Talete compare negli Elementi nella seguente forma: (proposizione2, libroVI): Se una linea retta è disegnata parallela ad uno dei lati di un triangolo, allora taglia proporzionalmente i lati del triangolo. Dimostrazione (di Euclide):(mediante le proporzionalità fra le aree dei triangoli): Sia dato un triangolo ABC, tagliato da un segmento DE parallelo a uno dei suoi lati (in questo caso BC). Vogliamo dimostrare che: BD:AD=CE:AE I due triangoli BDE e CDE sono equiestesi, hanno cioè la stessa area, perché hanno stessa base e stessa altezza. Consideriamo ora l’area del triangolo ADE, si ha: A(BDE):A(ADE)=A(CDE):A(ADE) Poiché i triangoli BDE e ADE hanno la stessa altezza uscente dal vertice D, sulle basi BE e AE rispettivamente si ha anche: A(BDE):A(ADE)=BD:DA Analogamente A(CDE):A(ADE)= CE:EA Pertanto: BD:AD=CE:AE . Nota: L’enunciato moderno segue da quello di Euclide, nel caso in cui le due trasversali r e s si incontrino in un punto (che corrisponde al vertice A del triangolo ACB).E’ sufficiente infatti che il triangolo venga tagliato da più rette parallele al lato opposto ad A. Se r e s sono parallele tra loro allora la prop VI,2 non si può applicare, ma si usano i risultati già noti sui parallelogrammi, e la tesi è comunque dimostrata. Triangoli simili Come applicazione del teorema di Talete si trovano i criteri di similitudine dei triangoli (la definizione di similitudine di Euclide è riportata sopra). primo criterio di similitudine dei triangoli : Due triangoli, aventi ordinatamente angoli congruenti, sono simili. secondo criterio di similitudine dei triangoli : Due triangoli, aventi coppie di lati proporzionali e l’angolo loro compreso congruente, sono simili. terzo criterio di similitudine dei triangoli : Due triangoli, aventi ordinatamente lati in proporzione, sono simili. Primo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo il cateto è medio proporzionale tra l'ipotenusa e la proiezione del cateto stesso sull'ipotenusa. AC:BC = BC: CH Ovvero: BC2=AC .CH Dimo: Basta osservare che i triangoli ABC e BCH hanno tutti gli angoli congruenti, quindi sono simili . Secondo teorema di Euclide: In un triangolo rettangolo, l'altezza relativa all'ipotenusa è media proporzionale tra le proiezioni dei cateti sull'ipotenusa. CH:BH = BH: HA Ovvero: BH2=CH.HA Dimo: Basta osservare che i triangoli BCH e ABH sono simili, perché gli angoli HCB e ABH sono congruenti, in quanto BAH è complementare di BCA. Nota: negli Elementi il teorema di Pitagora precede i teoremi di Euclide, ed entrambi dipendono dal quinto postulato (si tratta di usare rette parallele, univocamente definite). Ci sono dimostrazioni dei teoremi di Euclide che usano il teorema di Pitagora, ed è lecito, e ci sono dimostrazioni del teorema di Pitagora che usano i teoremi di Euclide, in questo caso dovremmo assicurarci che il teorema di Pitagora non viene utilizzato a sua volta per dimostrare i teoremi di Euclide, né i criteri di similitudine, ovvero il teorema di Talete, altrimenti si produce un cortocircuito logico. Il teorema di Pitagora, a meno di una costante moltiplicativa (Figure tratte dal sito del Mo-Math, il museo della Matematica, New York http://momath.org/home/pythagorean-crackers/ ) Il teorema di Pitagora ci dice che, in un triangolo rettangolo, con cateti A e B, e ipotenusa C vale la relazione A2 + B2 = C2. Negli Elementi di Euclide il teorema è dimostrato alla fine del primo libro, ma nel libro 6 , sulle similitudini e le proporzioni in geometria, proposizione 31, Euclide mostra che il teorema si generalizza a una qualsiasi forma piana (Euclide parla di figure poligonali). Si può infatti scegliere una qualsiasi forma piana e fare 3 copie simili (ovvero esiste una trasformazione del piano che altera le lunghezze ma non gli angoli e che porta una di queste forme nell'altra) in modo che si giustappongano sui lati di un triangolo rettangolo, nella figura: l'area della forma rossa sull'ipotenusa del triangolo rettangolo è equivalente alla somma delle aree delle due forme verdi, costruite sui cateti. Infatti, basta riscalare l'identità di Pitagora per un fattore moltiplicativo k: la verità della relazione tra i numeri A, B, C A2 + B2 = C2 implica la verità della relazione kA2 + kB2 = kC2 qualunque sia il numero moltiplicatore k (in realtà si pone k non nullo, se k vale 0 si trova 0=0, che è certamente vera, ma non significativa dal punto di vista geometrico). Ad esempio, costruiamo sui lati del triangolo rettangolo dei rettangoli simili. Per essere simili dei rettangoli devono avere uguale rapporto tra base e altezza, dunque, se costruisco tre rettangoli R1, R2, R3 le cui basi stiano rispettivamente sopra i lati di un triangolo rettangolo A,B,C, ove l'ipotenusa è C, e indichiamo con H1, H2,H3 le rispettive altezze, affinchè siano simili deve essere H1:A= H2:B=H3:C=k dove k è la costante di proporzionalità della similitudine, ovvero H1A=Ak H2=Bk H3=Ck Per i tre rettangoli si ha area: AR1=AH1=A2k AR2=BH2=B2k AR3=CH3=C2k dunque se vale A2 + B2 = C2 (cioè se i rettangoli si possono disegnare sopra un triangolo rettangolo) allora AR3=AR1 +AR2 Altro esempio: se costruiamo sui lati del triangolo rettangolo dei triangoli equilateri, quanto vale k? L'area del triangolo è (base x altezza )/2, se il triangolo è equilatero e la base vale l, l'altezza h è tale che h2 + (l/2)2=l2 (per il teorema di Pitagora applicato al triangolo che è metà del triangolo equilatero dato), dunque h= sqrt{l2 - (l/2)2} = l √3 /2 quindi, l'area del triangolo equilatero, vale, rispetto al lato AT = (base x altezza )/2 = (l x l √3 /2)/2=l2 √3 /4 I triangoli equilateri sono tutti simili, se costruisco tre triangoli T1, T2, T3 equilateri i cui lati stiano sopra i lati di un triangolo rettangolo A,B,C, con T3 sull'ipotenusa C, allora le loro aree staranno come kC2 = kA2 + kB2 ove k=√3 / 4 ovvero {√3/4 }C2= {√3 /4}A2+{√3 /4}B2. Quindi AT3=AT1+AT2 Vice versa, poiché una triangolo equilatero, il cui lato sia un multiplo (intero) di una grandezza u, può essere ricoperto, senza sovrapposizione, da un numero finito di triangoli equilateri, dunque a lui simili, di lato pari alla grandezza u, così come un quadrato di lato multiplo (intero) di una grandezza u, può essere ricoperto, senza sovrapposizione, da un numero finito di quadrati, a lui simili, di lato pari alla grandezza u, si trova che prendendo tre triangoli equilateri appoggiati sui lati di un triangolo rettangolo, le quantità dei tasselli triangolari (equilateri) con cui essi sono ricoperti stanno tra loro come una terna pitagorica. Nel caso in figura, i triangoli sono costruiti da biscotti crackers triangolari (equilateri): per una terna pitagorica 3-4-5 (misure dei lati di un triangolo rettangolo) trovo crackers pari a: 9 + 16 = 25 . Attenzione: posso ricostruire questa figura con rettangoli, quadrati, parallelogrammi, ma non tutte le forme si prestano a tassellazioni con figure a loro stesse simili! (una tassellazione di una figura piana con poligoni è un ricoprimento senza sovrapposizioni in modo che i vertici dei poligoni coincidano con i vertici dei poligoni adiacenti, e il bordo della figura coincida con lati di poligoni consecutivi)