Strategie di rigenerazione urbana e progetti sullo spazio aperto per i

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TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia
Strategie di rigenerazione urbana e progetti
sullo spazio aperto per i quartieri pubblici
di Aldo Norsa *, Milena De Matteis **
In uno scenario di attenzione alla
politica non solo della casa ma
anche della rigenerazione urbana,
come concatenare riqualificazione
e progettazione? Un “approccio
integrato” nel quale fin dall’inizio
l’esame congiunto di tutte le questioni
che si porranno via via che l’intervento
si concretizzerà sia di guida alle
decisioni è prodromico alla possibilità
di far collaborare istanze pubbliche
e private. E far affluire capitali, non
per la promozione immobiliare pura e
semplice ma anche sociale.
Introduzione
Questo articolo, affidato a una delle tante “giovani promesse” delle Facoltà di Achitettura italiane, Milena De
Matteis (che gravita tra Venezia e Roma con frequenti
puntate nell’Europa che conta) sviluppa una tematica già
trattata in uno scritto (a firma congiunta) intitolato “Abitare sociale: ricerche metodologiche” pubblicato in L’Ufficio
Tecnico di maggio 2008. ll tema del “housing”, con tutte
le implicazioni sociali che riveste nella città contemporanea (e in particolare nelle sue periferie), è qui declinato
(e ovviamente aggiornato) soprattutto dal punto di vista
urbano. E posto nel quadro delle linee di intervento europee, che hanno fortemente innovato la politica di quei
Paesi che sono di miglior esempio per l’Italia. L’articolo
cita e illustra i casi più interessanti e ne esamina le ricadute possibili sulla nostra politica urbana. Su questa stessa
(*) Professore ordinario nell’Università Iuav di Venezia.
(**) Ricercatore (a tempo determinato) presso l’Università Iuav
di Venezia
tematica sarà prossimamente pubblicato un resoconto della giornata di studi “Nuove qualità del vivere in periferia
– Rigenerare lo spazio urbano residenziale” che si è svolto
a Venezia, all’Università Iuav, lo scorso 23 maggio.
Rigenerazione, riqualificazione,
progettazione
Da ormai più di vent’anni un tema strategico nelle politiche
urbane, europee e nazionali, è quello attinente alla riqualificazione dei quartieri residenziali periferici costruiti, spesso
per iniziativa pubblica, nelle espansioni urbane del dopoguerra. La situazione di molti “quartieri popolari” è problematica per diversi e ben noti motivi. Tra questi l’obsolescenza
edilizia, l’isolamento (anche psicologico) rispetto alla città,
l’abbandono ed il degrado degli spazi esterni alle abitazioni,
la monofunzionalità del “quartiere dormitorio”, la depressione socioeconomica, la stigmatizzazione negativa. Quali dunque le opportunità di riqualificazione della città “periferica”?
Quali le problematiche da affrontare negli insediamenti residenziali, quali le strategie condivise riconosciute finora?
Gli indirizzi a livello europeo puntualizzano oggi la necessità di riqualificare ampie aree urbane degradate piuttosto
che continuare a espandere la città, sottolineando temi e
approcci da seguire. Importante riferimento al riguardo è
la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili” (1) del
2007, dove tra le principali raccomandazioni dell’Unione
europea si annoverano tematiche quali:
- il rivolgere un’attenzione speciale ai quartieri degradati per aumentare la coesione sociale;
- la strutturazione degli insediamenti in modo compatto, riunendo diverse attività in un solo quartiere;
- la creazione di spazi pubblici di qualità attraenti e
orientati ai fruitori;
- il coinvolgimento dei cittadini nel processo di recupero;
- il potenziamento dell’economia locale e le politiche
di integrazione e sostegno sociale;
- la sostenibilità ambientale degli edifici esistenti, evitando il consumo di altri spazi verdi.
Quello che appare fondamentale per la “urban regeneration”
è un approccio integrato alla riqualificazione, che consideri
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cioè aspetti non solo architettonici e urbanistici, ma anche
sociali, economici, ambientali, culturali, paesaggistici. Altrettanto importante è la presenza di una forte leadership alla
guida di tali processi, a livello nazionale o locale, risultato
tra i principali fattori di successo delle politiche ed azioni
di recupero. I finanziamenti arrivano da risorse diversificate,
dalla Comunità europea, da enti appositamente istituiti o da
partnership tra diversi attori, pubblici e privati, affiancati dalla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali.
In molti casi vengono sviluppati dei progetti pilota (2) che
sperimentano e individuano “best practices” adatte a una
successiva azione capillare nelle numerose zone problematiche. Sebbene sia impossibile applicare le migliori
soluzioni procedurali e progettuali indifferentemente nel
territorio europeo, ma queste vadano definite sulla base
delle specifiche condizioni locali, l’attuale “know how”
sulla questione individua temi ricorrenti che caratterizzano
la buona riuscita di tali interventi di rigenerazione.
In Europa tra i programmi nazionali di maggiore ampiezza e respiro vi è sicuramente quello portato avanti dalla
Francia. Attraverso il “Programme National de Rénovation
Urbaine” Pnru, dal 2003, ha attivato uno sforzo nazionale
senza precedenti per trasformare e rigenerare le cosiddette
Zus, le Zone Urbane Sensibili, attraverso interventi concentrati sulle abitazioni, le strutture e i servizi pubblici, gli
aspetti socioeconomici locali.
La sua attuazione è stata affidata a un’apposita realtà, l’Agenzia Nazionale per la Riqualificazione Urbana (Anru (3)),
finanziata con fondi pubblici e privati. L’Agenzia fornisce un sostegno finanziario agli enti locali, alle istituzioni
pubbliche e alle organizzazioni private e pubbliche che
svolgono operazioni di rinnovamento urbano delle Zus.
L’azione dell’ANRU si basa sul rispetto di alcuni principi
che ispirano la definizione e la gestione dei progetti, e che
sono facilmente assimilabili a strategie generali da seguire
in altri, diversi scenari:
- consultazione: il coinvolgimento dei cittadini sin dalle fasi iniziali dei progetti di rigenerazione è un elemento chiave per il successo dell’intero intervento;
- diversificazione: prevedere diverse tipologie di alloggi, arricchire le funzioni presenti, facilitare l’integrazione socioculturale;
- forma architettonica e urbana: rimodellamento
dell’insediamento, riabilitazione degli edifici, decostruzione e ricostruzione, personalizzazione, per una
nuova qualità degli habitat residenziali;
- partenariato: la collaborazione tra tutti gli attori locali (p.a. di diverso livello, terzo settore, privati) coinvolti in un progetto di riqualificazione è motore di
efficienza ed efficacia;
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- socialità: l’intervento sull’insediamento e l’architettura è occasione per definire un progetto di sviluppo
sociale, istruzione e servizi pubblici, sviluppo economico e dell’occupazione locale, gestione urbana.
Entro il 2013 è in programma la rigenerazione di almeno
530 quartieri sparsi in tutta la Francia, periferici e centrali, migliorando le condizioni di vita di quasi 4 milioni di abitanti, con un fondo economico, in partnership
pubblica e privata, di oltre 40 miliardi di euro.
Un altro interessante esempio francese di strategie per la
riqualificazione urbana valorizza invece le tendenze di associazionismo spontaneo degli abitanti, volto alla cura degli spazi aperti di quartiere: ci si riferisce al fenomeno dei
“Jardins Partagés”, oggi organizzati nella rete municipale
del programma “Charte Main Verte” (4) del 2002. Questa
rappresenta una carta ufficiale che regola la trasformazione di aree comunali generalmente abbandonate in giardini
collettivi gestiti dalla popolazione che si propone di farsene carico; il Comune mette a disposizione un piccolo
investimento iniziale che ne consente materialmente la
realizzazione e la successiva manutenzione.
Si tratta di una efficace politica che favorisce la partecipazione incoraggiando, regolamentando e sostenendo i
fenomeni spontanei di auto-organizzazione e gestione comunitaria. L’eliminazione dello stato di degrado e la qualità stessa del giardino rappresentano però il mezzo e non il
fine della regolamentazione della carta, che ha come finalità ultima lo sviluppo della socialità locale, nel tentativo di
rafforzare le relazioni, la solidarietà e il senso di affezione
degli abitanti ai luoghi.
Anche in Italia da circa vent’anni si lavora sulle periferie
residenziali, senza però la presenza di un coordinamento
o una programmazione nazionale forte, come avviene nel
caso francese e in altri, dando vita a esiti talvolta positivi
ma piuttosto frammentari (5).
Le periferie pubbliche divengono una sorta di laboratorio
sperimentale (6), finalizzato a individuare quale sia l’ambiente urbano che oggi soddisfa le nuove esigenze dei
diversi abitanti insediati, attraverso progetti innovativi e
“sostenibili”. Tra gli ambiti più degradati, che hanno maggiore urgenza d’intervento, vi sono in genere aree composte da tessuti edilizi piuttosto grandi e diffusi, con ampi
spazi vuoti, esito della progettualità modernista e sperimentale e dell’applicazione di standard funzionali di tipo
quantitativo, tipico degli insediamenti Peep, successivi al
produttivo periodo dell’Ina Casa.
Nell’agire su tali contesti, alcune osservazioni possono
sottolineare l’attuale manifestarsi di elementi positivi.
Innanzitutto la città è cresciuta intorno ai quartieri pubblici: quelli che in origine erano del tutto esterni all’area
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urbanizzata (in quanto il costo dei terreni era meno gravoso per l’amministrazione) oggi sono semi-periferici, meno
marginali, almeno dal punto di vista della localizzazione
fisica, e quindi più appetibili. Nonostante la crescita della
città, dentro gli insediamenti e nell’intorno immediato vi
sono numerose aree libere o abbandonate, modificabili e
valorizzabili, utili sia a livello di rigenerazione locale che
di strategia urbana più ampia. Si è inoltre creato spesso
negli abitanti, spontaneamente o come positiva reazione a
sforzi di recupero da parte delle amministrazioni, un senso
di appartenenza ai luoghi, un embrionale spirito di comunità locale e di identità. Si osservano infine molto spesso
tentativi autonomi di riqualificazione e cura degli spazi degradati e abbandonati nei quartieri, da parte degli abitanti
e dell’associazionismo locale.
Gli spazi aperti sottoutilizzati, abbandonati, degradati,
quelle aree residuali definite da Clement “terzo paesaggio”, nonché il coinvolgimento dei cittadini nel processo
di rigenerazione locale, sono quindi il punto chiave della
seguente riflessione, che si andrà a sviluppare negli esiti
della ricerca triennale Lus – Living Urban Scape (7), applicata alle periferie residenziali italiane nate per iniziativa
pubblica negli anni ’60-’80, di cui di seguito si presentano
alcuni indirizzi.
Le odierne espressioni di disagio sociale presente in tali
ambiti urbani vengono lette nella ricerca citata osservandone in particolare la condizione problematica degli spazi
aperti, pubblici e privati. Il degrado e l’abbandono caratterizzanti questi spazi sono evidenti sintomi di un malessere
che non si ferma solo agli elementi fisici del quartiere, ma
coinvolge anche quelli socioeconomici: fenomeni di microcriminalità, occupazione abusiva del suolo, attività illecite, insicurezza e mancanza di controllo. Quali potenzialità
risiedono in tali contesti? Come si può ricreare il senso
di “spazio pubblico” dove oggi ci sono solo strade, vuoti
urbani, aree sottoutilizzate?
Ciò che finora è stato ritenuto uno dei più gravi problemi
delle periferie – gli spazi aperti indeterminati e degradati,
appunto – con un cambiamento di prospettiva può diventare la principale risorsa strategica per la sua riqualificazione. È importante sottolineare infatti che, in queste parti
di città, la presenza di spazi vuoti privi di qualità e di prospettive rappresenta una opportunità indispensabile per la
rigenerazione locale: la disponibilità di ampie superfici e
la capacità di assorbire trasformazioni anche sostanziose
è un punto di forza determinante delle aree periferiche.
L’azione di recupero sugli spazi aperti pubblici, molto trascurati dalla progettualità del movimento moderno ma che
un tempo erano i luoghi per eccellenza dell’interazione sociale, può rappresentare, soprattutto per il contesto della
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città pubblica (8), il primo passo da una strategia integrante
una riqualificazione di tipo fisico-ambientale a una socioeconomica.
Da un punto di vista di progetto, quindi, è opportuno superare la “diluizione” del continuum spaziale in cui navigano singoli edifici-volume, e provvedere alla mancanza
di un tessuto connettivo, di un ambiente urbano riconoscibile: ridisegno e completamento dei tessuti esistenti,
realizzazione di nuovi landmarks territoriali, gerarchia tra
spazi pubblici e privati, inserimento di nuove funzioni e
residenze per utenti speciali, valorizzazione delle qualità
ambientali e culturali, rafforzamento delle identità locali.
I temi progettuali specifici sviluppati nelle due unità coinvolte nella ricerca Living Urban Scape (Università Iuav di
Venezia e Roma Tre) riguardano in particolare tre focus
tematici interrelati tra loro:
- la riconfigurazione e la valorizzazione degli spazi
aperti pubblici/privati;
- la densificazione e la diversificazione (densità di
volumi, cose, persone e usi; mix funzionali, sociali,
tipologici);
- la sostenibilità sociale e ambientale, con un’attenzione particolare al verde e ai sistemi naturali.
In riferimento agli insediamenti pubblici scelti come campo d’indagine, il gruppo di ricerca Lus analizza le tematiche del progetto urbano residenziale nonché del paesaggio
e della sostenibilità approfondendo questioni come: qualità morfologiche e funzionali dello spazio aperto e rapporto
pieni/vuoti; densità e intensità d’uso appropriate; diversificazione funzionale e sociale, articolazione tipologica; sicurezza, sistemi di controllo naturali e accessibilità; uso delle aree residuali, gestione; reti ecologiche e sistemi di aree
verdi; aspetti microclimatici e di benessere psicofisico.
Nell’osservare alcune recenti proposte attinenti questi argomenti, si manifesta il tema della densità e dell’infilling
come possibile strategia di recupero nei quartieri pubblici
con operazioni di ricucitura dei tessuti, innesti e completamenti. L’ipotesi di “densificazione orizzontale”, l’infilling,
riempie gli spazi vuoti inutilizzati in zone urbanizzate, rivitalizza spazi aperti troppo ampi e indifferenziati con opportune costruzioni e conformando lo spazio pubblico, consente
l’uso di spazi interstiziali e di piani pilotis inutilizzati, offrendo luoghi per la collettività, servizi, o nuove residenze.
Questo rappresenta al momento un’opportunità per l’Italia
per rendere più vitali gli ambienti urbani esistenti con opportuni inserti edilizi (con “iniezioni” di alloggi sociali, ad
esempio), per ridurre il consumo di suolo e l’espansione
urbana, per diversificare l’ambiente urbano e offrire nuove abitazioni dignitose e servizi necessari, per convogliare
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interessi economici. Il fattore “densità” è infatti una variabile in grado di definire la forma e la qualità della città,
divenendone strumento di misurazione e di progetto, in
un’ipotesi di rinnovamento anche morfologico e favorendo
la qualità dello spazio pubblico e la socialità, aumentando
la bassa densità abitativa del modello razionalista, dove
lo spazio aperto è troppo ampio, dispersivo, e trascurato.
Tra gli esempi progettuali di densificazione per infill c’è il
noto progetto dell’Oma (Office for Metropolitan Architecture) per il quartiere Bijlmermeer ad Amsterdam, definito
da Rem Koolhaas “non-urbano” e necessitante di “un progetto di urbanizzazione retroattiva”. Il progetto di recupero
sul quartiere, composto da blocchi enormi a undici piani di
sole abitazioni impostate su amplissima maglia esagonale,
attua nel suo concept una progressiva densificazione delle
grandi corti, dandogli una specifica identità e funzione,
introducendovi servizi e diverse tipologie abitative, e strutturando i percorsi pedonali.
Nel panorama italiano sull’infill, interessante e innovativo
il tema sviluppato nel recente concorso internazionale di
progettazione Pass “Progetto per abitazioni sociali e sostenibili” (9), nell’area romana, promosso dall’Ater di Roma
e dall’Università di Roma Tre per la riqualificazione di un
quartiere popolare, il Tiburtino III a Santa Maria del Soccorso. Sottolineando quanto sia importante lo strumento del
concorso di progettazione per avere valide ipotesi progettuali, attraverso il riferimento alla legge regionale 21/2009 (10)
il bando di concorso e gli esiti finali consentono di utilizzare
i piani pilotis abbandonati e le coperture degli edifici per
realizzare ulteriori 120 alloggi pubblici, in aggiunta ai 450
esistenti. L’intera operazione accompagna il ridisegno e la
riqualificazione degli spazi comuni aperti e non, nonché il
miglioramento del comportamento termico degli edifici, realizzati con sistemi di prefabbricazione pesante.
L’argomento della riqualificazione dei quartieri periferici riveste dunque molta importanza nel panorama attuale. Quello di cui si ha bisogno, oltre a identificare i giusti temi per
il progetto di rinnovo (i suddetti: densità, spazio pubblico,
paesaggio, ad esempio), sono delle modalità di valutazione
e controllo dei miglioramenti effettivamente prodotti o producibili tramite gli interventi effettuati o proposti.
È necessario sviluppare modalità per effettuare diagnosi
efficaci delle diverse situazioni locali, e comprenderne
problematiche, potenzialità e dinamiche di vita, prima di
formulare ipotesi di rinnovo. La comprensione della qualità presente nel quartiere – qualità intesa in senso neutro,
che può essere positiva o negativa – può contribuire a meglio indirizzare le varie strategie. Quali sono gli elementi
che producono oggi welfare e qualità della vita nei quartieri periferici? Come verificare se un progetto apporterà
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effettivi miglioramenti, in accordo con la percezione di chi
quei luoghi li vive quotidianamente?
Un ampio studio già pubblicato che si muove nella direzione di “valutazione della qualità” è quello eseguito dall’Audis (associazione Aree Urbane Dismesse (11)) nella Carta
della Rigenerazione Urbana e nella sua matrice di valutazione, sviluppate prendendo come casi di studio i Pru
avviati dalla Regione Emilia-Romagna. Con sistematicità e
flessibilità vengono identificati degli indicatori che possano misurare la qualità di elementi di progetto, economici e
sociali, per la valutazione dei vari interventi e un possibile,
concreto confronto tra diversi casi.
Il tutto per contribuire a definire nove “qualità”, essenziali
in una situazione di rigenerazione urbana (non riferita unicamente agli insediamenti residenziali, nel caso dell’Audis), ognuna declinata in obiettivi, parametri e indicatori
relativi: qualità urbanistica, per l’equilibrio con l’intera
città; qualità architettonica, per l’attrattività del contesto;
qualità dello spazio pubblico, per favorire l’aggregazione,
la sicurezza nella comunità; qualità sociale, per la vivibilità e i servizi alla persona; qualità economica, per lo
sviluppo locale e interessi economici; qualità ambientale, per la sostenibilità e il contenimento dell’espansione
urbana; qualità energetica, per il risparmio energetico e
la salubrità; qualità culturale, per sviluppare il senso di
appartenenza a un luogo e identità; qualità paesaggistica,
per la percezione e la valorizzazione dei segni identificativi
del paesaggio urbano. I principi contenuti in tale Carta e
nella matrice potrebbero servire come base intorno a cui
elaborare, in partnership pubblico-privato, obiettivi, programmi e procedure condivise per la rigenerazione urbana.
I focus di progetto e le relative argomentazioni approfondite vengono sperimentati nella ricerca Living Urban Scape attraverso uno studio applicato ad alcuni casi pilota di
edilizia sociale italiana anni ’60-’80, selezionati tra i piani
Peep di Roma, come grande città, e dell’area veneta e friulana, per un’indagine sulle città medio-piccole.
Tra i caratteri per la selezione delle aree adatte allo studio in
corso, comuni in moltissime delle periferie italiane, vi sono:
- una generalizzata situazione di degrado, incuria, insicurezza, depressione;
- la presenza di spazi aperti vuoti, incompleti, abbandonati, utilizzati in modi inappropriati;
- un insediamento con edifici diffusi e spazio fluido
indistinto, con scarso senso di complessità urbana;
- la prevalenza di residenze, la mancanza di servizi, la
necessità di nuove funzioni;
- una potenziale o reale qualità ambientale delle aree
naturali nell’intorno (eventualmente archeologicostoriche);
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- un sistema infrastrutturale locale ridondante e non
efficace, modificabile;
- soggetti pubblici e collettivi attivi (o attivabili), possibilità di avviare percorsi partecipativi.
È in via di definizione per questi casi studio un metodo d’indagine interpretativa attraverso attività di analisi, diagnosi e
coinvolgimento degli abitanti e dei vari stakeholders.
Innanzitutto è necessario un approccio di lettura dei caratteri spaziali - formali - relazionali dell’insediamento, che
consenta di individuare elementi e connessioni efficaci,
come anche punti di debolezza e opportunità di modifiche
nel disegno generale. La “diagnosi” del quartiere, elaborata
in modo partecipato sulla base delle interpretazioni degli
abitanti, consente invece di verificare condizioni di degrado,
usi (anche informali) e significati effettivi dei luoghi, dando
maggiore importanza a quei luoghi – o a quelle pratiche ed
idee – che già hanno un livello di riconoscibilità e quindi un
intrinseco valore. In un approccio diagnostico che avvalora
le “scintille” di vitalità già esistenti, l’eventuale appropriazione spontanea da parte degli abitanti di aree pubbliche,
ad esempio, va considerata come una possibile strategia di
riqualificazione, opportunamente organizzata e regolamentata, come nel caso dei Jardins Partagés francesi.
Per garantire la definizione di strategie e processi che possano indirizzare alla reale fattibilità delle proposte, nella
ricerca Lus gli aspetti progettuali sono considerati in stretta relazione agli aspetti sociali, gestionali e di microeconomia specifici per ogni contesto di riferimento. L’applicazione ai casi di studio italiani consente una sperimentazione
partecipata e sul campo per comprendere come “smuovere” la situazione inerziale che è l’attuale condizione della
maggior parte delle periferie pubbliche.
Quali strategie, processi ed economie possono guidare
progetti di rinnovo fattibili ed efficaci? Come mantenere
nel tempo la qualità apportata dagli interventi effettuati? Quali sono i principali soggetti interessati a intervenire
nei processi di rigenerazione urbana, e con quali possibili
motivazioni?
Deve essere possibile individuare nuove economie che
consentano la realizzazione di progetti e processi di rigenerazione dal basso, senza necessariamente aspettare
l’iniziativa della sfera pubblica, oppure ipotizzando partnership pubblico-privato (12) preposte al miglioramento generale del quartiere, individuando interessi e convenienze
socio-economiche complementari.
Il ricorso al project financing per la realizzazione di strutture pubbliche e private è infatti una delle strategie economiche utilizzate in Europa che ha numerose esperienze
positive anche in Italia. Le scelte di densificazione soprattutto, purché virtuose e non rivolte alla mera speculazione,
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possono attrarre economie esterne capaci di trovare vantaggi nella realizzazione di nuovi servizi, funzioni, giardini collettivi e spazi pubblici, associati a nuova edilizia,
sociale e privata.
La partecipazione degli abitanti e delle associazioni locali
è un aspetto chiave per la rigenerazione delle periferie, e
quindi per la ricerca Lus. Non si può pensare di intervenire
su quartieri esistenti e abitati senza coinvolgerne i diretti
interessati, non solo a livello consultativo e divulgativo,
ma possibilmente anche a livello decisionale e progettuale: in tali contesti la partecipazione è requisito essenziale
di qualsiasi opportunità d’intervento. Gli stessi programmi
complessi prevedono da tempo pratiche di coinvolgimento,
e in questo l’Italia si trova senz’altro in linea con gli indirizzi europei più aggiornati. Quindi, quale ruolo ha e può
avere oggi la partecipazione per la risoluzione di conflitti,
nella creazione di identità e appartenenza locale, nella gestione e nella cura dei quartieri? Quali strumenti e nozioni
– anche progettuali – sono oggi a disposizione di chi si
impegna in tal senso?
Tra i risultati della ricerca Living Urban Scape – Abitare
lo Spazio Urbano si prefigurano diversi strumenti (linee
guida, progetti locali, metodi e processi), rivolti ai vari soggetti coinvolti nella questione: esperti, progettisti, amministratori, promotori, abitanti. L’utilità di un simile approccio
alla riqualificazione delle periferie, che parte dalla considerazione della qualità degli spazi aperti per intervenire
su molte altre questioni – forma e quantità dell’edificato, funzioni e usi, proprietà e gestione, reti ecologiche e
sostenibilità, aspetti socioeconomici – può quindi essere
individuata in tre livelli distinti: tecnico-progettuale, procedurale-economico, sociale-comunicativo.
La formalizzazione in una forma comunicativa efficace di
linee guida, buone pratiche, procedimenti progettuali e
nozioni specifiche reiterabili, derivanti dall’applicazione
diretta ai casi pilota italiani, sarà in grado di apportare un
reale contributo tematico alla questione della riqualificazione delle periferie residenziali attraverso l’azione sullo
spazio collettivo come possibile e innovativo strumento di
rigenerazione.
Riferimenti bibliografici
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Note
(1)
www.eu2007.de/en/News/download.../075DokumentLeipzi
gCharta.pdf.
(2)
Esempi molto noti e ben riusciti di rigenerazioni urbane, che
hanno visto degli approcci integrati ben diversificati nel loro
interno, con diverse tecniche e temi progettuali (demolizione e
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ricostruzione, compattamento, densificazione, multifunzionalità,
sostenibilità, socialità e autogestione, partecipazione, ecc) sono
i quartieri di Bijlmermeer ad Amsterdam, Olanda; Ballymun a
Dublino, Irlanda; Augustenborg a Malmö, Svezia.
(3)
www.anru.fr.
(4)
http://jardins.wordpress.com/la-charte-main-verte.
(5)
Ci si riferisce agli strumenti dei programmi complessi, quali
i Piani di Recupero Urbano e i Contratti di Quartiere. Alcune
amministrazioni più di altre hanno saputo dare un’impostazione
continuativa ai processi di rigenerazione avviati. Esemplare il
caso di Torino che, anche grazie all’opportunità rappresentata
dai Giochi Olimpici Invernali del 2006, con il progetto “Progetto
speciale periferie” sin dal 1997 è all’avanguardia in Italia sul
tema della riqualificazione urbana. www.comune.torino.it/
rigenerazioneurbana.
(6)
La Città Pubblica “corrisponde a una forma urbana, che si
presta a svolgere, ancora, il ruolo di laboratorio di progettualità”
(Paola di Biagi, col gruppo di ricerca nazionale Prin sulla Città
Pubblica, 2009).
(7)
Living Urban Scape – Abitare lo Spazio Urbano è un progetto di
ricerca triennale avviato nel dicembre 2010, finanziato dal Miur
con il bando “Futuro in Ricerca 2008” rivolto a giovani ricercatori,
che coinvolge le Università Iuav di Venezia (coordinatore M.
De Matteis) e Roma Tre (responsabile M.L. Olivetti), www.
livingurbanscape.org.
(8)
Il modello del quartiere pubblico, soprattutto quello anni ’60’80, è particolarmente interessante e adatto all’approccio proposto
poiché introduce incisivamente la “razionalità” nella composizione,
che comporta, tra l’altro, la presenza di unitarietà progettuale
e precisi rapporti pieno/vuoto, l’uso di standard funzionali
quantitativi, una relativa omogeneità sociale e gestionale.
(9)
www.aterroma.it/concorsopass/index.htm.
(10)
Il Piano Casa Regionale del Lazio che regolamenta la
possibilità di ampliare gli edifici per abitazione civile di
una percentuale consistente, il 20%, arrivando al 35% per
demolizione e ricostruzione “sostenibile” a certe condizioni, come
l’adeguamento e il miglioramento energetico. Nel Lazio è prevista
anche la costruzione di nuova edilizia residenziale sociale.
(11)
www.audis.it.
(12)
Le Società di Trasformazione Urbana Stu rappresentano ad
esempio un valido strumento istituzionale per il partenariato
pubblico/privato nella riqualificazione urbana. Ma gli stessi
Programmi complessi, coinvolgendo i privati, ne sono uno
strumento negoziale.
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