40 UT 6/2011 TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia Strategie di rigenerazione urbana e progetti sullo spazio aperto per i quartieri pubblici di Aldo Norsa *, Milena De Matteis ** In uno scenario di attenzione alla politica non solo della casa ma anche della rigenerazione urbana, come concatenare riqualificazione e progettazione? Un “approccio integrato” nel quale fin dall’inizio l’esame congiunto di tutte le questioni che si porranno via via che l’intervento si concretizzerà sia di guida alle decisioni è prodromico alla possibilità di far collaborare istanze pubbliche e private. E far affluire capitali, non per la promozione immobiliare pura e semplice ma anche sociale. Introduzione Questo articolo, affidato a una delle tante “giovani promesse” delle Facoltà di Achitettura italiane, Milena De Matteis (che gravita tra Venezia e Roma con frequenti puntate nell’Europa che conta) sviluppa una tematica già trattata in uno scritto (a firma congiunta) intitolato “Abitare sociale: ricerche metodologiche” pubblicato in L’Ufficio Tecnico di maggio 2008. ll tema del “housing”, con tutte le implicazioni sociali che riveste nella città contemporanea (e in particolare nelle sue periferie), è qui declinato (e ovviamente aggiornato) soprattutto dal punto di vista urbano. E posto nel quadro delle linee di intervento europee, che hanno fortemente innovato la politica di quei Paesi che sono di miglior esempio per l’Italia. L’articolo cita e illustra i casi più interessanti e ne esamina le ricadute possibili sulla nostra politica urbana. Su questa stessa (*) Professore ordinario nell’Università Iuav di Venezia. (**) Ricercatore (a tempo determinato) presso l’Università Iuav di Venezia tematica sarà prossimamente pubblicato un resoconto della giornata di studi “Nuove qualità del vivere in periferia – Rigenerare lo spazio urbano residenziale” che si è svolto a Venezia, all’Università Iuav, lo scorso 23 maggio. Rigenerazione, riqualificazione, progettazione Da ormai più di vent’anni un tema strategico nelle politiche urbane, europee e nazionali, è quello attinente alla riqualificazione dei quartieri residenziali periferici costruiti, spesso per iniziativa pubblica, nelle espansioni urbane del dopoguerra. La situazione di molti “quartieri popolari” è problematica per diversi e ben noti motivi. Tra questi l’obsolescenza edilizia, l’isolamento (anche psicologico) rispetto alla città, l’abbandono ed il degrado degli spazi esterni alle abitazioni, la monofunzionalità del “quartiere dormitorio”, la depressione socioeconomica, la stigmatizzazione negativa. Quali dunque le opportunità di riqualificazione della città “periferica”? Quali le problematiche da affrontare negli insediamenti residenziali, quali le strategie condivise riconosciute finora? Gli indirizzi a livello europeo puntualizzano oggi la necessità di riqualificare ampie aree urbane degradate piuttosto che continuare a espandere la città, sottolineando temi e approcci da seguire. Importante riferimento al riguardo è la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili” (1) del 2007, dove tra le principali raccomandazioni dell’Unione europea si annoverano tematiche quali: - il rivolgere un’attenzione speciale ai quartieri degradati per aumentare la coesione sociale; - la strutturazione degli insediamenti in modo compatto, riunendo diverse attività in un solo quartiere; - la creazione di spazi pubblici di qualità attraenti e orientati ai fruitori; - il coinvolgimento dei cittadini nel processo di recupero; - il potenziamento dell’economia locale e le politiche di integrazione e sostegno sociale; - la sostenibilità ambientale degli edifici esistenti, evitando il consumo di altri spazi verdi. Quello che appare fondamentale per la “urban regeneration” è un approccio integrato alla riqualificazione, che consideri TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia cioè aspetti non solo architettonici e urbanistici, ma anche sociali, economici, ambientali, culturali, paesaggistici. Altrettanto importante è la presenza di una forte leadership alla guida di tali processi, a livello nazionale o locale, risultato tra i principali fattori di successo delle politiche ed azioni di recupero. I finanziamenti arrivano da risorse diversificate, dalla Comunità europea, da enti appositamente istituiti o da partnership tra diversi attori, pubblici e privati, affiancati dalla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. In molti casi vengono sviluppati dei progetti pilota (2) che sperimentano e individuano “best practices” adatte a una successiva azione capillare nelle numerose zone problematiche. Sebbene sia impossibile applicare le migliori soluzioni procedurali e progettuali indifferentemente nel territorio europeo, ma queste vadano definite sulla base delle specifiche condizioni locali, l’attuale “know how” sulla questione individua temi ricorrenti che caratterizzano la buona riuscita di tali interventi di rigenerazione. In Europa tra i programmi nazionali di maggiore ampiezza e respiro vi è sicuramente quello portato avanti dalla Francia. Attraverso il “Programme National de Rénovation Urbaine” Pnru, dal 2003, ha attivato uno sforzo nazionale senza precedenti per trasformare e rigenerare le cosiddette Zus, le Zone Urbane Sensibili, attraverso interventi concentrati sulle abitazioni, le strutture e i servizi pubblici, gli aspetti socioeconomici locali. La sua attuazione è stata affidata a un’apposita realtà, l’Agenzia Nazionale per la Riqualificazione Urbana (Anru (3)), finanziata con fondi pubblici e privati. L’Agenzia fornisce un sostegno finanziario agli enti locali, alle istituzioni pubbliche e alle organizzazioni private e pubbliche che svolgono operazioni di rinnovamento urbano delle Zus. L’azione dell’ANRU si basa sul rispetto di alcuni principi che ispirano la definizione e la gestione dei progetti, e che sono facilmente assimilabili a strategie generali da seguire in altri, diversi scenari: - consultazione: il coinvolgimento dei cittadini sin dalle fasi iniziali dei progetti di rigenerazione è un elemento chiave per il successo dell’intero intervento; - diversificazione: prevedere diverse tipologie di alloggi, arricchire le funzioni presenti, facilitare l’integrazione socioculturale; - forma architettonica e urbana: rimodellamento dell’insediamento, riabilitazione degli edifici, decostruzione e ricostruzione, personalizzazione, per una nuova qualità degli habitat residenziali; - partenariato: la collaborazione tra tutti gli attori locali (p.a. di diverso livello, terzo settore, privati) coinvolti in un progetto di riqualificazione è motore di efficienza ed efficacia; UT 6/2011 - socialità: l’intervento sull’insediamento e l’architettura è occasione per definire un progetto di sviluppo sociale, istruzione e servizi pubblici, sviluppo economico e dell’occupazione locale, gestione urbana. Entro il 2013 è in programma la rigenerazione di almeno 530 quartieri sparsi in tutta la Francia, periferici e centrali, migliorando le condizioni di vita di quasi 4 milioni di abitanti, con un fondo economico, in partnership pubblica e privata, di oltre 40 miliardi di euro. Un altro interessante esempio francese di strategie per la riqualificazione urbana valorizza invece le tendenze di associazionismo spontaneo degli abitanti, volto alla cura degli spazi aperti di quartiere: ci si riferisce al fenomeno dei “Jardins Partagés”, oggi organizzati nella rete municipale del programma “Charte Main Verte” (4) del 2002. Questa rappresenta una carta ufficiale che regola la trasformazione di aree comunali generalmente abbandonate in giardini collettivi gestiti dalla popolazione che si propone di farsene carico; il Comune mette a disposizione un piccolo investimento iniziale che ne consente materialmente la realizzazione e la successiva manutenzione. Si tratta di una efficace politica che favorisce la partecipazione incoraggiando, regolamentando e sostenendo i fenomeni spontanei di auto-organizzazione e gestione comunitaria. L’eliminazione dello stato di degrado e la qualità stessa del giardino rappresentano però il mezzo e non il fine della regolamentazione della carta, che ha come finalità ultima lo sviluppo della socialità locale, nel tentativo di rafforzare le relazioni, la solidarietà e il senso di affezione degli abitanti ai luoghi. Anche in Italia da circa vent’anni si lavora sulle periferie residenziali, senza però la presenza di un coordinamento o una programmazione nazionale forte, come avviene nel caso francese e in altri, dando vita a esiti talvolta positivi ma piuttosto frammentari (5). Le periferie pubbliche divengono una sorta di laboratorio sperimentale (6), finalizzato a individuare quale sia l’ambiente urbano che oggi soddisfa le nuove esigenze dei diversi abitanti insediati, attraverso progetti innovativi e “sostenibili”. Tra gli ambiti più degradati, che hanno maggiore urgenza d’intervento, vi sono in genere aree composte da tessuti edilizi piuttosto grandi e diffusi, con ampi spazi vuoti, esito della progettualità modernista e sperimentale e dell’applicazione di standard funzionali di tipo quantitativo, tipico degli insediamenti Peep, successivi al produttivo periodo dell’Ina Casa. Nell’agire su tali contesti, alcune osservazioni possono sottolineare l’attuale manifestarsi di elementi positivi. Innanzitutto la città è cresciuta intorno ai quartieri pubblici: quelli che in origine erano del tutto esterni all’area 41 42 UT 6/2011 urbanizzata (in quanto il costo dei terreni era meno gravoso per l’amministrazione) oggi sono semi-periferici, meno marginali, almeno dal punto di vista della localizzazione fisica, e quindi più appetibili. Nonostante la crescita della città, dentro gli insediamenti e nell’intorno immediato vi sono numerose aree libere o abbandonate, modificabili e valorizzabili, utili sia a livello di rigenerazione locale che di strategia urbana più ampia. Si è inoltre creato spesso negli abitanti, spontaneamente o come positiva reazione a sforzi di recupero da parte delle amministrazioni, un senso di appartenenza ai luoghi, un embrionale spirito di comunità locale e di identità. Si osservano infine molto spesso tentativi autonomi di riqualificazione e cura degli spazi degradati e abbandonati nei quartieri, da parte degli abitanti e dell’associazionismo locale. Gli spazi aperti sottoutilizzati, abbandonati, degradati, quelle aree residuali definite da Clement “terzo paesaggio”, nonché il coinvolgimento dei cittadini nel processo di rigenerazione locale, sono quindi il punto chiave della seguente riflessione, che si andrà a sviluppare negli esiti della ricerca triennale Lus – Living Urban Scape (7), applicata alle periferie residenziali italiane nate per iniziativa pubblica negli anni ’60-’80, di cui di seguito si presentano alcuni indirizzi. Le odierne espressioni di disagio sociale presente in tali ambiti urbani vengono lette nella ricerca citata osservandone in particolare la condizione problematica degli spazi aperti, pubblici e privati. Il degrado e l’abbandono caratterizzanti questi spazi sono evidenti sintomi di un malessere che non si ferma solo agli elementi fisici del quartiere, ma coinvolge anche quelli socioeconomici: fenomeni di microcriminalità, occupazione abusiva del suolo, attività illecite, insicurezza e mancanza di controllo. Quali potenzialità risiedono in tali contesti? Come si può ricreare il senso di “spazio pubblico” dove oggi ci sono solo strade, vuoti urbani, aree sottoutilizzate? Ciò che finora è stato ritenuto uno dei più gravi problemi delle periferie – gli spazi aperti indeterminati e degradati, appunto – con un cambiamento di prospettiva può diventare la principale risorsa strategica per la sua riqualificazione. È importante sottolineare infatti che, in queste parti di città, la presenza di spazi vuoti privi di qualità e di prospettive rappresenta una opportunità indispensabile per la rigenerazione locale: la disponibilità di ampie superfici e la capacità di assorbire trasformazioni anche sostanziose è un punto di forza determinante delle aree periferiche. L’azione di recupero sugli spazi aperti pubblici, molto trascurati dalla progettualità del movimento moderno ma che un tempo erano i luoghi per eccellenza dell’interazione sociale, può rappresentare, soprattutto per il contesto della TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia città pubblica (8), il primo passo da una strategia integrante una riqualificazione di tipo fisico-ambientale a una socioeconomica. Da un punto di vista di progetto, quindi, è opportuno superare la “diluizione” del continuum spaziale in cui navigano singoli edifici-volume, e provvedere alla mancanza di un tessuto connettivo, di un ambiente urbano riconoscibile: ridisegno e completamento dei tessuti esistenti, realizzazione di nuovi landmarks territoriali, gerarchia tra spazi pubblici e privati, inserimento di nuove funzioni e residenze per utenti speciali, valorizzazione delle qualità ambientali e culturali, rafforzamento delle identità locali. I temi progettuali specifici sviluppati nelle due unità coinvolte nella ricerca Living Urban Scape (Università Iuav di Venezia e Roma Tre) riguardano in particolare tre focus tematici interrelati tra loro: - la riconfigurazione e la valorizzazione degli spazi aperti pubblici/privati; - la densificazione e la diversificazione (densità di volumi, cose, persone e usi; mix funzionali, sociali, tipologici); - la sostenibilità sociale e ambientale, con un’attenzione particolare al verde e ai sistemi naturali. In riferimento agli insediamenti pubblici scelti come campo d’indagine, il gruppo di ricerca Lus analizza le tematiche del progetto urbano residenziale nonché del paesaggio e della sostenibilità approfondendo questioni come: qualità morfologiche e funzionali dello spazio aperto e rapporto pieni/vuoti; densità e intensità d’uso appropriate; diversificazione funzionale e sociale, articolazione tipologica; sicurezza, sistemi di controllo naturali e accessibilità; uso delle aree residuali, gestione; reti ecologiche e sistemi di aree verdi; aspetti microclimatici e di benessere psicofisico. Nell’osservare alcune recenti proposte attinenti questi argomenti, si manifesta il tema della densità e dell’infilling come possibile strategia di recupero nei quartieri pubblici con operazioni di ricucitura dei tessuti, innesti e completamenti. L’ipotesi di “densificazione orizzontale”, l’infilling, riempie gli spazi vuoti inutilizzati in zone urbanizzate, rivitalizza spazi aperti troppo ampi e indifferenziati con opportune costruzioni e conformando lo spazio pubblico, consente l’uso di spazi interstiziali e di piani pilotis inutilizzati, offrendo luoghi per la collettività, servizi, o nuove residenze. Questo rappresenta al momento un’opportunità per l’Italia per rendere più vitali gli ambienti urbani esistenti con opportuni inserti edilizi (con “iniezioni” di alloggi sociali, ad esempio), per ridurre il consumo di suolo e l’espansione urbana, per diversificare l’ambiente urbano e offrire nuove abitazioni dignitose e servizi necessari, per convogliare TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia interessi economici. Il fattore “densità” è infatti una variabile in grado di definire la forma e la qualità della città, divenendone strumento di misurazione e di progetto, in un’ipotesi di rinnovamento anche morfologico e favorendo la qualità dello spazio pubblico e la socialità, aumentando la bassa densità abitativa del modello razionalista, dove lo spazio aperto è troppo ampio, dispersivo, e trascurato. Tra gli esempi progettuali di densificazione per infill c’è il noto progetto dell’Oma (Office for Metropolitan Architecture) per il quartiere Bijlmermeer ad Amsterdam, definito da Rem Koolhaas “non-urbano” e necessitante di “un progetto di urbanizzazione retroattiva”. Il progetto di recupero sul quartiere, composto da blocchi enormi a undici piani di sole abitazioni impostate su amplissima maglia esagonale, attua nel suo concept una progressiva densificazione delle grandi corti, dandogli una specifica identità e funzione, introducendovi servizi e diverse tipologie abitative, e strutturando i percorsi pedonali. Nel panorama italiano sull’infill, interessante e innovativo il tema sviluppato nel recente concorso internazionale di progettazione Pass “Progetto per abitazioni sociali e sostenibili” (9), nell’area romana, promosso dall’Ater di Roma e dall’Università di Roma Tre per la riqualificazione di un quartiere popolare, il Tiburtino III a Santa Maria del Soccorso. Sottolineando quanto sia importante lo strumento del concorso di progettazione per avere valide ipotesi progettuali, attraverso il riferimento alla legge regionale 21/2009 (10) il bando di concorso e gli esiti finali consentono di utilizzare i piani pilotis abbandonati e le coperture degli edifici per realizzare ulteriori 120 alloggi pubblici, in aggiunta ai 450 esistenti. L’intera operazione accompagna il ridisegno e la riqualificazione degli spazi comuni aperti e non, nonché il miglioramento del comportamento termico degli edifici, realizzati con sistemi di prefabbricazione pesante. L’argomento della riqualificazione dei quartieri periferici riveste dunque molta importanza nel panorama attuale. Quello di cui si ha bisogno, oltre a identificare i giusti temi per il progetto di rinnovo (i suddetti: densità, spazio pubblico, paesaggio, ad esempio), sono delle modalità di valutazione e controllo dei miglioramenti effettivamente prodotti o producibili tramite gli interventi effettuati o proposti. È necessario sviluppare modalità per effettuare diagnosi efficaci delle diverse situazioni locali, e comprenderne problematiche, potenzialità e dinamiche di vita, prima di formulare ipotesi di rinnovo. La comprensione della qualità presente nel quartiere – qualità intesa in senso neutro, che può essere positiva o negativa – può contribuire a meglio indirizzare le varie strategie. Quali sono gli elementi che producono oggi welfare e qualità della vita nei quartieri periferici? Come verificare se un progetto apporterà UT 6/2011 effettivi miglioramenti, in accordo con la percezione di chi quei luoghi li vive quotidianamente? Un ampio studio già pubblicato che si muove nella direzione di “valutazione della qualità” è quello eseguito dall’Audis (associazione Aree Urbane Dismesse (11)) nella Carta della Rigenerazione Urbana e nella sua matrice di valutazione, sviluppate prendendo come casi di studio i Pru avviati dalla Regione Emilia-Romagna. Con sistematicità e flessibilità vengono identificati degli indicatori che possano misurare la qualità di elementi di progetto, economici e sociali, per la valutazione dei vari interventi e un possibile, concreto confronto tra diversi casi. Il tutto per contribuire a definire nove “qualità”, essenziali in una situazione di rigenerazione urbana (non riferita unicamente agli insediamenti residenziali, nel caso dell’Audis), ognuna declinata in obiettivi, parametri e indicatori relativi: qualità urbanistica, per l’equilibrio con l’intera città; qualità architettonica, per l’attrattività del contesto; qualità dello spazio pubblico, per favorire l’aggregazione, la sicurezza nella comunità; qualità sociale, per la vivibilità e i servizi alla persona; qualità economica, per lo sviluppo locale e interessi economici; qualità ambientale, per la sostenibilità e il contenimento dell’espansione urbana; qualità energetica, per il risparmio energetico e la salubrità; qualità culturale, per sviluppare il senso di appartenenza a un luogo e identità; qualità paesaggistica, per la percezione e la valorizzazione dei segni identificativi del paesaggio urbano. I principi contenuti in tale Carta e nella matrice potrebbero servire come base intorno a cui elaborare, in partnership pubblico-privato, obiettivi, programmi e procedure condivise per la rigenerazione urbana. I focus di progetto e le relative argomentazioni approfondite vengono sperimentati nella ricerca Living Urban Scape attraverso uno studio applicato ad alcuni casi pilota di edilizia sociale italiana anni ’60-’80, selezionati tra i piani Peep di Roma, come grande città, e dell’area veneta e friulana, per un’indagine sulle città medio-piccole. Tra i caratteri per la selezione delle aree adatte allo studio in corso, comuni in moltissime delle periferie italiane, vi sono: - una generalizzata situazione di degrado, incuria, insicurezza, depressione; - la presenza di spazi aperti vuoti, incompleti, abbandonati, utilizzati in modi inappropriati; - un insediamento con edifici diffusi e spazio fluido indistinto, con scarso senso di complessità urbana; - la prevalenza di residenze, la mancanza di servizi, la necessità di nuove funzioni; - una potenziale o reale qualità ambientale delle aree naturali nell’intorno (eventualmente archeologicostoriche); 43 44 UT 6/2011 - un sistema infrastrutturale locale ridondante e non efficace, modificabile; - soggetti pubblici e collettivi attivi (o attivabili), possibilità di avviare percorsi partecipativi. È in via di definizione per questi casi studio un metodo d’indagine interpretativa attraverso attività di analisi, diagnosi e coinvolgimento degli abitanti e dei vari stakeholders. Innanzitutto è necessario un approccio di lettura dei caratteri spaziali - formali - relazionali dell’insediamento, che consenta di individuare elementi e connessioni efficaci, come anche punti di debolezza e opportunità di modifiche nel disegno generale. La “diagnosi” del quartiere, elaborata in modo partecipato sulla base delle interpretazioni degli abitanti, consente invece di verificare condizioni di degrado, usi (anche informali) e significati effettivi dei luoghi, dando maggiore importanza a quei luoghi – o a quelle pratiche ed idee – che già hanno un livello di riconoscibilità e quindi un intrinseco valore. In un approccio diagnostico che avvalora le “scintille” di vitalità già esistenti, l’eventuale appropriazione spontanea da parte degli abitanti di aree pubbliche, ad esempio, va considerata come una possibile strategia di riqualificazione, opportunamente organizzata e regolamentata, come nel caso dei Jardins Partagés francesi. Per garantire la definizione di strategie e processi che possano indirizzare alla reale fattibilità delle proposte, nella ricerca Lus gli aspetti progettuali sono considerati in stretta relazione agli aspetti sociali, gestionali e di microeconomia specifici per ogni contesto di riferimento. L’applicazione ai casi di studio italiani consente una sperimentazione partecipata e sul campo per comprendere come “smuovere” la situazione inerziale che è l’attuale condizione della maggior parte delle periferie pubbliche. Quali strategie, processi ed economie possono guidare progetti di rinnovo fattibili ed efficaci? Come mantenere nel tempo la qualità apportata dagli interventi effettuati? Quali sono i principali soggetti interessati a intervenire nei processi di rigenerazione urbana, e con quali possibili motivazioni? Deve essere possibile individuare nuove economie che consentano la realizzazione di progetti e processi di rigenerazione dal basso, senza necessariamente aspettare l’iniziativa della sfera pubblica, oppure ipotizzando partnership pubblico-privato (12) preposte al miglioramento generale del quartiere, individuando interessi e convenienze socio-economiche complementari. Il ricorso al project financing per la realizzazione di strutture pubbliche e private è infatti una delle strategie economiche utilizzate in Europa che ha numerose esperienze positive anche in Italia. Le scelte di densificazione soprattutto, purché virtuose e non rivolte alla mera speculazione, TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia possono attrarre economie esterne capaci di trovare vantaggi nella realizzazione di nuovi servizi, funzioni, giardini collettivi e spazi pubblici, associati a nuova edilizia, sociale e privata. La partecipazione degli abitanti e delle associazioni locali è un aspetto chiave per la rigenerazione delle periferie, e quindi per la ricerca Lus. Non si può pensare di intervenire su quartieri esistenti e abitati senza coinvolgerne i diretti interessati, non solo a livello consultativo e divulgativo, ma possibilmente anche a livello decisionale e progettuale: in tali contesti la partecipazione è requisito essenziale di qualsiasi opportunità d’intervento. Gli stessi programmi complessi prevedono da tempo pratiche di coinvolgimento, e in questo l’Italia si trova senz’altro in linea con gli indirizzi europei più aggiornati. Quindi, quale ruolo ha e può avere oggi la partecipazione per la risoluzione di conflitti, nella creazione di identità e appartenenza locale, nella gestione e nella cura dei quartieri? Quali strumenti e nozioni – anche progettuali – sono oggi a disposizione di chi si impegna in tal senso? Tra i risultati della ricerca Living Urban Scape – Abitare lo Spazio Urbano si prefigurano diversi strumenti (linee guida, progetti locali, metodi e processi), rivolti ai vari soggetti coinvolti nella questione: esperti, progettisti, amministratori, promotori, abitanti. L’utilità di un simile approccio alla riqualificazione delle periferie, che parte dalla considerazione della qualità degli spazi aperti per intervenire su molte altre questioni – forma e quantità dell’edificato, funzioni e usi, proprietà e gestione, reti ecologiche e sostenibilità, aspetti socioeconomici – può quindi essere individuata in tre livelli distinti: tecnico-progettuale, procedurale-economico, sociale-comunicativo. La formalizzazione in una forma comunicativa efficace di linee guida, buone pratiche, procedimenti progettuali e nozioni specifiche reiterabili, derivanti dall’applicazione diretta ai casi pilota italiani, sarà in grado di apportare un reale contributo tematico alla questione della riqualificazione delle periferie residenziali attraverso l’azione sullo spazio collettivo come possibile e innovativo strumento di rigenerazione. Riferimenti bibliografici AA.VV., (1978) Housing in Europa. Prima parte 19001960, Seconda parte 1960-1979, edizioni Luigi Parma, Bologna. ANRU, (2009) Observatoire national des zones urbaines sensibles – Rapport 2009, Parigi, www.anru.frAUDIS (2008), TEORIA E PRATICA PROFESSIONALErEdilizia Carta Audis della Rigenerazione Urbana, www.audis.it. CALZOLARETTI M. (2011), La rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, in AR, n. 93/11, p. 37. CARTA DI LIPSIA SULLE CITTÀ EUROPEE SOSTENIBILI (2007). CLEMENT G. (2005), Manifesto del Terzo Paesaggio, traduzione di De Pieri F., Quodlibet. DE MATTEIS M. (2010), Rigenerare la periferia residenziale e il senso dell’abitare agendo sullo spazio collettivo: riconfigurazione, densificazione, sostenibilità, Convegno “Abitare il Futuro dopo Copenhagen”, Clean Ed., Napoli. DI BIAGI P. (2009), a cura di, Città pubbliche – Linee guida per la riqualificazione urbana, Bruno Mondadori, Milano. DRAGOTTO M. (2011), Matrice della rigenerazione urbana: parametri e indicatori condivisi per la valutazione della qualità degli interventi, in Città e Territorio, p. 20. EUKN (European Urban Knowledge Network) (2007), Strategies for Upgrading the Physical Environment in Deprived Urban Areas – Example of Good Practice in Europe, http://www.bmvbs.de. KOOLHAAS R., MAU B. (1995), S, M, L, XL: small, medium, large, extra-large, Rotterdam, 010 Publishers. MODIGLIANI D. (2011), Concorso internazionale PASS, in AR, n. 93/11, p. 22. REALE L. (2008), Densità, città, residenza. Tecniche di densificazione e strategie anti-sprawl, Gangemi, Roma. ROGERS R. (1999), Urban Task Force – Towards an Urban Renaissance, E & FN SPON, Londra. UYTENHAAK R. (2009), Cities Full of Space. Quality of Density, 010 Publisher, Rotterdam. Note (1) www.eu2007.de/en/News/download.../075DokumentLeipzi gCharta.pdf. (2) Esempi molto noti e ben riusciti di rigenerazioni urbane, che hanno visto degli approcci integrati ben diversificati nel loro interno, con diverse tecniche e temi progettuali (demolizione e UT 6/2011 ricostruzione, compattamento, densificazione, multifunzionalità, sostenibilità, socialità e autogestione, partecipazione, ecc) sono i quartieri di Bijlmermeer ad Amsterdam, Olanda; Ballymun a Dublino, Irlanda; Augustenborg a Malmö, Svezia. (3) www.anru.fr. (4) http://jardins.wordpress.com/la-charte-main-verte. (5) Ci si riferisce agli strumenti dei programmi complessi, quali i Piani di Recupero Urbano e i Contratti di Quartiere. Alcune amministrazioni più di altre hanno saputo dare un’impostazione continuativa ai processi di rigenerazione avviati. Esemplare il caso di Torino che, anche grazie all’opportunità rappresentata dai Giochi Olimpici Invernali del 2006, con il progetto “Progetto speciale periferie” sin dal 1997 è all’avanguardia in Italia sul tema della riqualificazione urbana. www.comune.torino.it/ rigenerazioneurbana. (6) La Città Pubblica “corrisponde a una forma urbana, che si presta a svolgere, ancora, il ruolo di laboratorio di progettualità” (Paola di Biagi, col gruppo di ricerca nazionale Prin sulla Città Pubblica, 2009). (7) Living Urban Scape – Abitare lo Spazio Urbano è un progetto di ricerca triennale avviato nel dicembre 2010, finanziato dal Miur con il bando “Futuro in Ricerca 2008” rivolto a giovani ricercatori, che coinvolge le Università Iuav di Venezia (coordinatore M. De Matteis) e Roma Tre (responsabile M.L. Olivetti), www. livingurbanscape.org. (8) Il modello del quartiere pubblico, soprattutto quello anni ’60’80, è particolarmente interessante e adatto all’approccio proposto poiché introduce incisivamente la “razionalità” nella composizione, che comporta, tra l’altro, la presenza di unitarietà progettuale e precisi rapporti pieno/vuoto, l’uso di standard funzionali quantitativi, una relativa omogeneità sociale e gestionale. (9) www.aterroma.it/concorsopass/index.htm. (10) Il Piano Casa Regionale del Lazio che regolamenta la possibilità di ampliare gli edifici per abitazione civile di una percentuale consistente, il 20%, arrivando al 35% per demolizione e ricostruzione “sostenibile” a certe condizioni, come l’adeguamento e il miglioramento energetico. Nel Lazio è prevista anche la costruzione di nuova edilizia residenziale sociale. (11) www.audis.it. (12) Le Società di Trasformazione Urbana Stu rappresentano ad esempio un valido strumento istituzionale per il partenariato pubblico/privato nella riqualificazione urbana. Ma gli stessi Programmi complessi, coinvolgendo i privati, ne sono uno strumento negoziale. 45