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il paginone
15 ottobre 2015
mondo da raccontare
Un gruppo di viaggiatori/pellegrini senigalliesi si è recato in Georgia, giovane stato del Caucaso nato dalle ceneri dell'Unione Sovietica. In questo breve resoconto di viaggio, il racconto di
due incontri molto significativi, quello con il vescovo cattolico di Tblisi, Giuseppe Pasotto
e quello con la comunità di suore Benedettine, provenienti dal monastero di Offida (Ascoli Piceno) e stabilitesi nel primo monastero cattolico del paese.
Passaggio
in Georgia
testi a cura di Giuseppina Rizzoni
e Loretta Cercaci - fotografie
di Gesualdo Purziani
Nel cuore del centro storico di Tbilisi si mescolano la croce
della chiesa cattolica, la residenza del patriarcato ortodosso,
i minareti della moschea, la chiesa armena e la sinagoga, una
fotografia simbolo di convivenza e tolleranza religiosa che
segna l’identità della Georgia, crocevia e ponte tra Europa e
Asia, dove si incrociano influenze turche, russe e persiane.
La Georgia è un Paese in forte rinascita, soprattutto dopo la
"Rivoluzione delle Rose" del 2003, che guarda con attenzione
e con speranza all’Unione europea, ma la cui stabilità interna
continua a essere minata dalle tensioni in Abkhazia e in Ossezia del Sud, regioni autoproclamatesi indipendenti dopo la
caduta dell’Unione Sovietica. Il Caucaso meridionale, infatti,
è una terra insanguinata dai conflitti del 1992-1993, che ha
visto scontrarsi Georgia da una parte e Russia dall’altra, e, più
recentemente, nell’agosto del 2008, dalla guerra tra Ossezia
del Sud (ancora una volta appoggiata da Mosca) e Georgia,
che rivendica l’appartenenza della regione al territorio georgiano.
Indipendente dal 1991, il Paese vanta una delle Chiese ortodosse più antiche del mondo. D’altronde, oltre l’80% della
popolazione è di fede ortodossa, quasi il 10% è musulmano
e solo una piccolissima minoranza, circa l’1%, è cattolica.
Qui il dialogo ecumenico è una strada difficile da percorrere
così come lo è quello fra le stesse Chiese ortodosse di Tbilisi,
Sukhumi (Abkhazia) e Mosca, divise in seguito ai conflitti degli ultimi vent’anni. Le tensioni che si manifestano soprattutto
sul piano teologico tra i vertici delle Chiese, si percepiscono
meno nella realtà quotidiana della popolazione, decisamente
più tollerante.
Durante il nostro viaggio-pellegrinaggioin Georgia ci sono
stati due incontri particolarmente significativi per la nostra
crescita culturale e religiosa di cattolici.
Il primo incontro è avvenuto a Tbilisi, quando siamo andati
a visitarela Cattedrale cattolica, l’antica chiesa dei Cappuccini, dove siamo stati accolti da Giuseppe Pasotto, il vescovo
che risiede a Tbilisi, a capo della comunità cattolica, piccola
minoranza composta da circa cinquantamila fedeli, divisi in
tre riti: latino, caldeo e armeno. Giuseppe Pasotto è nato in
provincia di Verona nel 1953 e, ordinato sacerdote nel 1979,
è partito per la Georgia nel 1993 a seguito della richiesta da
parte della Santa Sede di una presenza cattolica di rito latino
nel paese dopo la dissoluzione dell'Urss. Dal 1996 riveste
l’incarico di Amministratore Apostolico del Caucaso per i
Latini, esercitando un ruolo pastorale equivalente a quello di
vescovo per i cattolici di rito latino della Georgia, Armenia
edAzerbaigian. Una voce forte e coraggiosa la sua che si è
fatta sentire nel corso degli anni. Racconta della rinascita della
Chiesa cattolica all’indomani del crollo dell’Urss. Il grosso
lavoro è stato quello di ripartire da zero, si andava nei villaggi
ad insegnare persino il segno della croce, si doveva riprendere
in mano tutto, dalla formazione dei catechisti, alla vita delle
piccole comunità, fino all’aspetto caritativo. Nel 2008, nel
corso della guerra tra la Russia e la Georgia, ha denunciatola
paura della gente di essere lasciata sola dagli occidentali di
fronte al gigante russo. Dopo il conflitto del 2008, la comunità
georgiana ha subito un duro colpo, ritrovandosi sfiduciata,
impoverita e isolata, lasciata sola dalla comunità internazionalee con porzioni di territorio in meno. Racconta che la Georgia
è uno dei Paesi in cuiil cammino ecumenico è più faticoso,
soprattutto con gli ortodossi, meno con le altre confessioni.
Le posizioni sono distanti sugli aspetti teologici, mentre sugli
aspetti concreti, comel’aiuto alla popolazione più debole, l’incontro tra le Chiese è più semplice. Quando Giovanni Paolo
II, nel 1999, è venuto in Georgia, ad esempio, non c’è stata
neppure una preghiera comune con gli ortodossi. Sul piano
giuridico la Chiesa cattolica non è riconosciuta ufficialmente,
c’è solo un riconoscimento de facto.Pur priva di impatto reale
sulle decisioni politiche, la presenza cattolica è comunque
significativa perché, non essendo legata allo Stato, è libera di
fare proposte a tutti i soggetti e spesso tali proposte vengono
accolte con favore.
Al contrario lo "sposalizio" tra Chiesa ortodossa e Stato è
molto forte. Qui l’indipendenza tra le due sfere, religiosa e
politica, è cosa difficile. Lo Stato ripone grande fiducia nella
Chiesa, che è così potente da intervenire su ogni questione
politica.
Come Chiesa cattolica, riferisce Monsignor Pasotto, siamo
impegnati sul fronte del dialogo ecumenico e interreligioso:
periodicamente ci ritroviamo con altri vescovi e con le guide
religiose di ebrei e musulmani. Tuttavia, a questi incontri non
partecipano gli ortodossi. Le difficoltà ci sono, insomma, ma
occorre aver pazienza e credere che la comunione è il sogno
che Gesù ha per questa umanità.
"Prima che noi aprissimo la Caritas diocesana, gli ortodossi
non avevano attività nel sociale; la nostra iniziativa ha stimolato loro a fare altrettanto. Inoltre fino a qualche anno fa il
percorso di formazione per i preti ortodossi era di pochi mesi:
il confronto con il percorso formativo dei presbiteri cattolici
li ha portati a creare un itinerario di quattro anni. Infine il
sorgere di strutture per l’aggregazione dei giovani (una specie
di oratori) ha spinto gli ortodossi a crearne di simili".
Recentemente a Tiblisi è stata inaugurata la nuova sede ultramoderna dell’Università Cattolica Sulkhan-Saba Orbeliani,
nata come Istituto di Filosofia, Teologia, Storia e Cultura (tre
classi e due piccole stanze), poi Università con sede nell’antico Palazzo vescovile, oggi l’Università Saba comprende
non solo la facoltà di Teologia e Filosofia ma anche la facoltà
di Legge e Affari con riferimento al Turismo e all’Amministrazione. Vi insegnano docenti georgiani e stranieri, laici,
cattolici e ortodossi. L’accesso è gratuito per gli alunni più
meritevoli. Tolleranza e apertura, secondo Monsignor Giuseppe Pasotto, sono la carta vincente di questo Paese che ha una
forte identità culturale e religiosa.
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15 ottobre 2015
mondo da raccontare
Il secondo incontro è avvenuto ad
Akhaltsikhe nel quartiere di Rabati,
dove siamo stati accolti dalle suore
della Chiesa della Madonna del Rosario.
E’ stato il vescovo Giuseppe Pasotto a volere fortemente su una collina
della città di Akhaltsikhe, nel quartiere di Rabati, la costruzione e, nel
2012, la consacrazionedella Chiesa
intitolata alla Madonna del Rosario
e l’inaugurazione del Monastero di
San Benedetto, il primo Monastero
cattolico del Paese dove sono state inviate 4 suore benedettine (nella foto,
una suora incontrata) provenienti dal
Monastero di Offida, nelle Marche.
Un evento molto importante e sentito
perché la Chiesa cattolica in Georgia è una “piccola” Chiesa ed ogni iniziativa è irta di difficoltà e sacrifici. Il progetto ha coinvolto moltissimo la gente,
perché durante i lavori, che si sono protratti per due anni, in ogni comunità
la prima domenica del mese si pregava alla Messa per questa intenzione e
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si raccoglievano le offerte per questa costruzione. Certamente piccole ma
importantissime offerte, integrate dai fondamentalie consistenti aiuti provenienti dalla Germania. L’iniziativa ha coinvolto tutta la Chiesa che ha atteso
con grande emozione questo momento perché Rabati è un luogo importante
in quanto si è ricostruita una chiesa distrutta e accanto ad essa si è costruito
un Monastero di clausura e la vita monastica in Georgia significa preghiera,
ma anche collegamento con la Chiesa ortodossa Dunque questo Monastero
può diventare un importante punto di incontro. Al momento dell’inaugurazione c’erano un migliaio di persone: tanti sacerdoti, il nunzio, l’inviato della
Chiesa armeno-cattolica, l’inviato della Chiesa siro-caldea, l’inviato della
Chiesa apostolica armena, due rappresentanti della Chiesa ortodossa, alcuni
invitati, gente dall’Italia, benefattori, volontari. Tra i momenti significativi
l’unzione dell’altare con il crisma, la consegna delle chiavi, la benedizione
e l’incoronazione della Regina del Rosario. La chiesa è Santuario, quindi un
luogo per tutte le parrocchie, e Chiesa parrocchiale per la città. Il santuario
è un luogo di preghiera, proprio dell’ incontro con Dio, punto di riferimento
per tutti, che si prepara ad iniziative per rendere più efficace la presenza della
Chiesa anche a livello di annuncio del Vangelo,mettendosi al servizio della
comunione e dell’incontro con tutte le altre Chiese. Nonostante la Georgia
sia un paese post-comunista dove la secolarizzazione si sente ancora, c’è
un senso religioso forteche sta crescendo e la Chiesa cattolica è stimata per
l’impegno culturale e per quello sociale.
Istantanee
da un viaggio
originale
Tblisi, come molte capitali, è la sintesi di reperti antichi e voglia di modernità: accanto a chiese ortodosse
e ad una fortezza vecchie di centinaia d’anni sorgono
palazzoni di stile sovietico bisognosi di parecchia
manutenzione ma anche strutture avveniristiche di
vetro-acciaio come il Ponte della Pace o le “caraffe”
adagiate ai piedi del Palazzo presidenziale. In molti
angoli della città vecchia si trovano inoltre statue ed
opere di artisti moderni che rendono le passeggiate
nei vicoli un susseguirsi di sorprese e scoperte. Sulla
città domina invece la grande statua in alluminio
della Kartlis Deda, la “madre Georgia”, alta 20 metri
e raffigurante una donna che regge una coppa di vino
in una mano ad accogliere gli amici ed una spada
nell’altra per difendersi dai nemici.
Per quanto riguarda l'arte religiosa, il ricchissimo
patrimonio religioso georgiano ha alcune chiese e
cattedrali ortodosse veramente impressionanti per
l’architettura o per la posizione in cui sorgono: tra le
molte, impossibile non citare la Chiesa della Trinità o
il monastero di Jvari, sulla collina che domina la vecchia capitale Mtskheta. Anche la cattedrale di Bagrati
a Kutaisi ha un suo fascino dovuto alle proporzioni
dell’edificio.
La storia travagliata della Georgia quale terra di confine, ha inoltre costituito uno stimolo alla costruzione
di fortezze per il controllo e la difesa del territorio:
praticamente su ogni altura che rivestisse un minimo
di importanza strategica sono state costruite fortificazioni, torri o mura, spesso ormai nello stato di ruderi.
Altre attrattive sono le città rupestri di Vardzia e di
Uplistsikhe. La prima è un complesso di centinaia di
grotte ed alloggi scavati nella roccia e collegati da
lunghi tunnel. Uplistsikhe invece è un antico insediamento risalente all’ XI secolo a.C. ed abitato ininter-
rottamente fino
al XIV secolo
d.C. dove è
possibile vedere
resti di templi,
chiese, teatri e
cave.
Altro aspetto da
non sottovalutare in Georgia è quello eno-gastronomico : grazie al suo clima estremamente vario, nel
Paese viene coltivata una grande varietà di frutta e
verdura ed i pascoli sono pieni di mandrie e greggi.
Personalmente ho apprezzato molto il khachapuri,
una sorta di pizza al formaggio ed i khinkali, dei
fagottini di pasta bolliti ripieni di carne macinata
speziata che richiedono una particolare procedura
per essere gustati. Siccome i georgiani amano definire il loro paese come “ la culla della vite “ al cibo
si accompagnano abbondanti libagioni con i vini di
produzione locale.
Ma uno degli elementi che più colpisce il visitatore in
Georgia è sicuramente quello naturalistico e paesaggistico: la catena del Caucaso offre continui scorci e
vedute mozzafiato, sempre diverse ed emozionanti. Il
contrasto tra le vette, il verde dei prati e dei pascoli,
l’azzurro del cielo ed il candore delle nuvole, sorprende sempre anche il turista meno sensibile a certi
aspetti del viaggio. Del resto secondo una leggenda, quando Dio distribuì ai vari popoli del mondo
le terre che aveva appena create, i georgiani erano
intenti a far festa e non si presentarono a richiedere la
loro parte. Quando seppero che le terre erano finite,
invitarono Dio ad unirsi ai loro festeggiamenti: Lui si
divertì a tal punto che diede ai georgiani la terra che
aveva riservato per sé… Tipico Paese di una “terra di
mezzo” potrebbe raccontare i mille strappi, fra nord
e sud, fra est e ovest, che l’hanno tormentata. Ma ora
che si sente libera dall’ultima invasione, quella sovietica, cerca di presentarsi con una identità sua. Cirillico addio, anche se per rispondere sì la gente dice
“da” e per ringraziare sillaba “spassiba”. Ma girando
in pullman da una parte all’altra di questa terra stretta
fra il Caucaso e il Mar Nero, si prova il senso di una
storia che qui ha corso in modo turbolento, come su
un foglio in cui si sono sovrapposte le cancellature.
I sacerdoti qui sono prossimi e distanti, austeri come
santi e semplici come muratori. Già a Tbilisi, arrampicandosi su per la cittadella, nei giardini attorno alla
cattedrale armena (Samghebro) il bonario patriarca si
fa fotografare, con la sua bella barba bianca, mentre
dialoga con i fedeli. In altre parti, un altro sacerdote
minaccia bastonate se solo scorge una macchina fotografica. Fra i due estremi, candele di cera, preghiere,
donne e uomini devotamente inginocchiati, affreschi
secolari, icone senza tempo, volti di Vergini e di
San Giorgio: qui, nelle chiese, nei monasteri, nei più
sperduti romitori, la Georgia è se stessa fin da quando
venne convertita alla cristianità nel terzo secolo dopo
Cristo. Come continua ad essere profondamente se
stessa dove la storia è passata senza segni: il santuario di valli, torri, gole e villaggi nella regione dello
Svaneti.
Navquamdis! (arrivederci)