Società di capitali prima della iscrizione: la Cassazione torna sul tema

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Legittimità
Società
Società di capitali prima
della iscrizione: la Cassazione
torna sul tema
Cassazione, sez. I, 1 dicembre 2011, n. 25703 - Pres. Plenteda - Est. Rordorf - P.M. Sorrentino - Mare s.a.s. c.
Jolly Fashion s.r.l.
La deliberazione assembleare di una s.r.l. con cui sia stato approvato un aumento di capitale, anteriormente
all’iscrizione della società nel registro imprese, è inesistente, in quanto emanata da un’assemblea ancora priva della possibilità giuridica di deliberare, e, tuttavia, la manifestazione di volontà dei soci unanime e plenaria, risultante dalla sottoscrizione dell’atto da parte di ciascuno, può essere apprezzata come espressione di
un patto volto a modificare l’importo del capitale sociale e la conseguente attribuzione delle quote ai soci e,
quindi, come una convenzione modificativa dell’atto costitutivo, a condizione che risultino osservati i requisiti di sostanza e di forma prescritti per tale atto, con la conseguenza che la non ancora avvenuta iscrizione
della società nel registro delle imprese non condiziona la validità di detta convenzione modificativa, sia pure
destinata ad assumere efficacia dopo l’iscrizione della società.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme
Cass. 5 giugno 1999, n. 5533; Cass. 10 dicembre 1996, n. 10970; Cass. 15 novembre 1993, n.
11278; Cass. 18 aprile 1984, n. 2515; Cass. 12 marzo 1981, n.1408
Difforme
Cass. 11 marzo 1985, n. 2817
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 10 gennaio 2003 la Mare s.a.s. di
V. E. & C. (in prosieguo indicata solo come Mare) citò
in giudizio dinanzi al Tribunale di Chiavari la Jolly Fashion s.r.l. ed il sig. B.
E.G. Premesso di esser stata conduttrice di un immobile
locato ad uso commerciale in (omissis), appartenente al
predetto sig. B., l’attrice riferì che nel marzo del 1989
quest’ultimo aveva conferito il medesimo immobile ad
una società a responsabilità limitata, la già menzionata
Jolly Fashion, prima che la stessa venisse iscritta nel registro delle imprese, per poi, a pochi giorni di distanza,
trasferire la propria partecipazione sociale a terzi. Ritenendo che tale operazione avesse pregiudicato il diritto
di prelazione riconosciuto al conduttore dalla L. n. 392
del 1978, art. 38 l’attrice chiese che fosse accertata vuoi
la nullità o l’inefficacia del conferimento dell’immobile
in una società non ancora venuta ad esistenza, vuoi il carattere simulato della surriferita cessione delle quote di
detta società, destinata in realtà a dissimulare la vendita
diretta dell’immobile, con conseguente operatività del
riscatto a suo tempo esercitato nei termini e nelle forme
Notariato 4/2012
previste dalla citata L. n. 392, art. 39 ed emissione di
una sentenza implicante il trasferimento della proprietà
in capo ad essa conduttrice.
Le domande furono integralmente rigettate sia in primo
sia in secondo grado, e l’attrice fu condannata, oltre che
al pagamento delle spese processuali, anche al risarcimento del danno per lite temeraria.
Per quanto in questa sede particolarmente interessa, la
Corte d’appello di Genova, con sentenza emessa il 13
dicembre 2005, osservò anzitutto che la pretesa della
Mare di far dichiarare nullo il conferimento alla Jolly
Fashion della proprietà dell’immobile di cui si discute,
al fine di veder soddisfatto il diritto di riscatto spettante
alla conduttrice, trovava ostacolo nel passaggio in giudicato di un provvedimento di convalida di sfratto, intimata alla stessa Mare dalla Jolly Fashion, che implicava il
riconoscimento in capo a quest’ultima della qualifica di
locatrice dell’immobile in precedenza conferitole dal
sig. B.. Anche la domanda volta a far accertare che il
conferimento dell’immobile alla società dissimulava una
vendita del medesimo bene dal sig. B. ai terzi cui erano
state poi cedute le quote sociali fu ritenuta inaccoglibile
dalla corte ligure: sia per l’impossibilità di configurare
1
in capo alla Mare un interesse suscettibile di tutela a
norma dell’art. 1415 c.c., comma 2, sia per la contraddittorietà di una tale domanda rispetto a quella mirante a
far dichiarare nullo il conferimento, sia perchè l’attrice
aveva preteso di esercitare il diritto di riscatto nei confronti della stessa società Jolly Fashion e non dei terzi
acquirenti delle quote societarie, sia in quanto l’asserita
simulazione non aveva comunque trovato alcun supporto probatorio ed anche il suo accertamento era precluso
dal giudicato già dianzi ricordato. La corte d’appello
giudicò infondate, infine, tanto le doglianze della stessa
Mare in ordine alla condanna al risarcimento del danno
per responsabilità aggravata inflittale dal tribunale ed alla misura della liquidazione delle spese processuali di
primo grado, quanto il contrapposto appello incidentale
formulato dal sig. B. sempre con riferimento alla liquidazione delle spese di causa.
Avverso questa sentenza la Mare ha proposto ricorso per
cassazione articolato in quattro motivi.
Ha resistito con controricorso il sig. B., proponendo a
propria volta un motivo di ricorso incidentale.
Altro controricorso ha depositato la società La Quiete
s.r.l., subentrata alla Jolly Fashion per effetto
d’incorporazione, contenente altresì due motivi di ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art.
335 c.p.c.
2. Col primo motivo la ricorrente principale, dopo aver
ricordato che anche un contratto non affetto da cause di
nullità può essere inefficace e che tale sarebbe il caso
della vendita immobiliare eseguita in violazione di un
diritto di prelazione legale spettante al conduttore, critica l’affermazione della corte d’appello secondo cui il
passaggio in giudicato dell’ordinanza di convalida di
sfratto ottenuta dalla locatrice Jolly Fashion equiparabile
a questi fini ad una sentenza - avrebbe effetto preclusivo
rispetto alla domanda di accertamento dell’inefficacia
dell’atto traslativo della proprietà dell’immobile locato.
Tale affermazione non terrebbe conto del fatto che la
qualità di locatore, costituente il presupposto logico
dell’accoglimento della domanda di convalida dello
sfratto a suo tempo proposta dalla Jolly Fashion, non necessariamente coincide con quella di proprietario, di
modo che il preteso giudicato non potrebbe in alcun modo investire la questione se l’atto col quale il sig. B. si è
disfatto della titolarità dell’immobile sia eventualmente
contrario a norme imperative o sia simulato.
Il secondo motivo del medesimo ricorso è volto a denunciare vizi di motivazione dell’impugnata sentenza,
sia laddove essa nega all’odierna ricorrente la qualifica
di terzo interessato a far valere la dissimulazione
(nell’ambito di un fenomeno di simulazione relativa)
dell’atto di trasferimento immobiliare posto in essere dal
proprietario in violazione del diritto di prelazione spettante al conduttore, sia laddove afferma non esser stati
dedotti nè provati elementi dai quali si possa trarre la
certezza dell’avvenuta simulazione.
Notariato 4/2012
Nel terzo motivo del ricorso principale, facendo riferimento ad una diversa causa in cui pure si è discusso della validità del conferimento immobiliare anzidetto e che
era stata promossa contro la Jolly Fashion dalla moglie
separata del sig. B., la Mare lamenta che la corte
d’appello abbia erroneamente ravvisato nella sentenza
conclusiva di detta causa gli estremi di un giudicato
esterno rilevante nel presente giudizio, senza considerare
le diversità soggettive ed oggettive delle due vicende
processuali.
Infine la ricorrente principale insiste nel dolersi della
condanna al risarcimento del danno per lite temeraria e
nel sostenere che fondatamente, nell’atto d’appello, essa
aveva lamentato l’eccedenza delle spese processuali poste a suo carico dal giudice di primo grado rispetto ai limiti tariffari.
3. Nessuna delle riferite censure appare meritevole di
accoglimento.
3.1. Quanto ai primi due motivi, che possono essere
esaminati congiuntamente, è opportuno anzitutto distinguere tra due diverse prospettazioni giuridiche con le
quali (un po’ confusamente) la società attrice ha inteso
sorreggere le domande formulate sin dall’atto introduttivo della causa.
3.1.1. La prima di tali prospettazioni - che riecheggia
ancora adesso nel primo motivo del ricorso - è fondata
sul rilievo secondo cui l’atto di conferimento immobiliare compiuto dal sig. B. in favore della Jolly Fashion, essendo intervenuto a seguito di un aumento di capitale
sociale deliberato prima ancora che la società fosse
iscritta nel registro delle imprese, avrebbe dovuto esser
considerato nullo, se non addirittura giuridicamente inesistente, o comunque inefficace. S’intuisce che
l’interesse in base al quale questa tesi è prospettata dalla
società che all’epoca conduceva in locazione l’immobile
conferito è di tipo riflesso: sembrerebbe riposare sulla
convinzione che, venuto meno il conferimento giuridicamente viziato, emergerebbe in sua vece la realtà di un
trasferimento di proprietà dell’immobile direttamente intervenuto tra il conferente e coloro che si erano successivamente resi acquirenti della relative quote sociali.
Donde la possibilità di far valere il diritto di prelazione
spettante al conduttore, a norma della L. n. 392 del
1978, art. 38 oppure, in sua vece, il diritto di riscatto.
Sennonchè, anche a prescindere dalla maggiore o minore condivisibilità delle conseguenze che dalla pretesa invalidità del conferimento in società si vorrebbero trarre,
non può farsi a meno di ricordare come, all’esito di in
una diversa causa tra altre parti, ma riguardante proprio
quel medesimo conferimento, questa corte ebbe ad affermare che, quantunque la deliberazione assembleare di
una società a responsabilità limitata con cui sia stato approvato un aumento di capitale anteriormente
all’iscrizione della società nel registro delle imprese sia
da considerare inesistente, in quanto emanata da
un’assemblea ancora priva della possibilità giuridica di
deliberare, la manifestazione di volontà unanime e plenaria dei soci risultante dalla sottoscrizione dell’atto da
parte di ciascuno ben può essere apprezzata come
espressione di un patto volto a modificare l’importo del
2
capitale sociale e la conseguente attribuzione delle quote
ai soci e, quindi, come una convenzione modificativa
dell’atto costitutivo, a condizione che risultino osservati
i requisiti di sostanza e di forma prescritti per tale atto,
con la conseguenza che la non ancora avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese non condiziona la validità di detta convenzione modificativa, sia pure
destinata ad assumere efficacia dopo l’iscrizione della
società (Cass. 5 giugno 1999, n. 5533).
Ovviamente, siffatta statuizione non ha valore di giudicato nella presente causa, ma non v’è ragione di discostarsi dal principio di diritto in essa enunciato, al quale
del resto nessuna obiezione è mossa nel ricorso: principio che è certamente applicabile anche alla fattispecie
qui in esame in cui si verte della validità proprio del medesimo atto col quale il sig. B. ebbe a trasferire alla Jolly
Fashion la proprietà dell’immobile in contestazione.
Ne consegue che, essendo fuori discussione sia
l’osservanza nel caso di specie dei suddetti requisiti di
forma della convenzione di cui si tratta, sia la successiva
iscrizione della società nel registro delle imprese e la
presa in carico da parte di essa dell’immobile trasferitole, la modificazione dell’atto costitutivo conseguente al
conferimento si è prodotta.
E’ poi appena il caso di aggiungere che non v’è ragione
per discostarsi neanche dall’altro principio in passato
enunciato da questa corte, neppure esso contestato dalla
ricorrente nel presente giudizio, secondo cui le disposizioni in tema di prelazione e riscatto dettate dalla cit. L.
n. 392 del 1978, artt. 38 e 39 non sono applicabili
all’ipotesi di trasferimento del pacchetto azionario della
società locatrice nel cui patrimonio sia compreso
l’immobile oggetto del diritto di prelazione vantato dal
conduttore (si vedano Cass. 29 settembre 2005, n.
19160, Cass. 21 luglio 2000, n. 9592, e Cass. 23 luglio
1998, n. 7209; nonchè, nell’analoga materia del diritto di
prelazione e di riscatto spettante all’affittuario di fondi
rustici, Cass. 26 gennaio 2010, n. 1523).
3.1.2. L’altra prospettazione delle domande proposte
dalla Mare (che, come la corte d’appello non ha mancato
di sottolineare, non è forse del tutto coerente con la prima), è volta a ravvisare nel predetto conferimento (o
forse meglio: nella combinazione tra esso e la successiva
cessione a terzi delle quote di partecipazione al capitale
sociale sottoscritte dal conferente) un negozio simulato.
Si tratterebbe, evidentemente, di una simulazione relativa, destinata a mascherare la realtà di una compravendita immobiliare posta in essere dall’apparente conferente
in favore dei terzi acquirenti delle quote societarie sopra
menzionate.
Questa strada è stata però ritenuta impraticabile dalla
corte d’appello per diverse ragioni: a) perchè vi osterebbe il giudicato intervenuto in un’ulteriore causa (per
convalida di sfratto) tra le stesse parti, nella quale è stata
definitivamente accertata la qualità di locatore
dell’immobile in capo alla Jolly Fashion (e non agli acquirenti delle quote di detta società cedute dal sig. B.);
b) perchè la Mare non avrebbe titolo per far valere la
pretesa simulazione; c) perchè non sono stati dedotti
elementi idonei nè prove adeguate a dimostrare
Notariato 4/2012
l’effettiva esistenza di una volontà negoziale delle parti
nel senso postulato dall’attrice appellante; d) perchè la
domanda di riscatto conseguente al preteso accertamento
del negozio realmente voluto avrebbe semmai dovuto
esser proposta nei confronti degli acquirenti delle quote
di società cedute dal sig. B., e non invece nei confronti
della società Jolly Fashion. Poichè ciascuna di queste
considerazioni è da sola sufficiente a sorreggere il rigetto delle domande proposte in causa dalla Mare, è qui
sufficiente osservare che le censure formulate nel ricorso
appaiono del tutto inadeguate a scalfire il rilievo sub c),
che si fonda su una valutazione strettamente attinente al
merito della causa, rispetto alla quale la doglianza per
vizi della motivazione non individua in realtà alcun difetto logico intrinseco alla motivazione, ma maschera
invece un’inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle risultanze processuali, cui questa corte non
può accedere; così come non può prendere in considerazione la doglianza in ordine alla non ammissione di
mezzi di prova dei quali non è indicato nel ricorso neppure l’esatto tenore.
Se dunque non è sorretto da allegazioni e da prove adeguate l’assunto secondo il quale l’intera operazione negoziale di cui si tratta sarebbe stato voluto dalle parti al
fine di impedire l’esercizio dei diritti di prelazione e riscatto spettanti al conduttore dell’immobile alienato, la
domanda volta a far accertare la simulazione (oppure la
nullità per illiceità del motivo unico e determinante) è
necessariamente da considerare infondata, restando in
ciò assorbita ogni altra questione.
Per completezza, va solo aggiunto che nel ricorso, pur
facendosi talvolta cenno anche ad un’ipotetica nullità dei
descritti atti negoziali per illiceità dei motivi, non si
enuncia - o almeno non con quel minimo di chiarezza e
specificità indispensabile per rendere ammissibile qualsivoglia doglianza - una censura riguardante la mancata
considerazione, da parte dei giudici di merito, di un
eventuale domanda di accertamento della nullità per frode alle legge (in ipotesi consistente nell’aggiramento
delle disposizioni in tema di prelazione e riscatto
dell’immobile locato) a norma dell’art. 1344 c.c. Nè, del
resto, dall’esposizione dello svolgimento processuale
contenuta nell’impugnata sentenza si riesce a desumere
se una tal domanda fosse stata mai davvero specificamente prospettata in questi termini nei precedenti gradi.
3.2. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, perchè la
censura in esso contenuta si riferisce ad una statuizione
che nell’impugnata sentenza non è ravvisabile.
La corte d’appello, infatti, non ha assolutamente attribuito valenza di giudicato esterno nella presente causa alla
già ricordata decisione con la quale è stata a suo tempo
definita la controversia promossa dalla moglie separata
del sig. B. per inficiare la validità del conferimento
dell’immobile di (omissis) alla società Jolly Fashion. A
tale pregressa vicenda l’impugnata sentenza ha fatto riferimento unicamente per osservare che delle risultanze
di quel diverso giudizio ben può tenersi conto anche in
questo. Si tratta di un’affermazione conforme al consolidato orientamento di questa corte (cfr., ex multis, Cass.
5 dicembre 2008, n. 28855 e Cass. 16 maggio 2006, n.
3
11426), che evidentemente non implica l’attribuzione
del valore di un giudicato esterno alla precedente sentenza.
3.3. Del pari inammissibili risultano le doglianze espresse nel quarto motivo del ricorso principale in tema di liquidazione delle spese processuali e di responsabilità
aggravata: queste ultime perchè nuovamente si risolvono
un censura di merito, non prospettabile dinanzi al giudice di legittimità; le prime per genericità della censura,
non avendo la ricorrente assolto il proprio onere di indicare nel ricorso in modo specifico le voci di tabella degli
onorari e dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nè le singole spese eventualmente non riconosciute
(per la necessità di assolvere tale onere, nel rispetto del
principio di autosufficienza del ricorso, si vedano, tra le
altre, Cass. 23 agosto 2003, n. 12413 e Cass. 10 gennaio
2006, n. 146).
4. Il rigetto del ricorso principale rende superfluo
l’esame del ricorso incidentale proposto dalla società La
Quiete, trattandosi di ricorso condizionato.
5. Deve essere esaminato, invece, il motivo di ricorso
incidentale proposto dal sig. B., il quale si duole che la
corte territoriale abbia considerato inammissibilmente
generica la censura da lui formulata in ordine alla misura
della liquidazione delle spese del giudizio di primo grado e lamenta che anche le spese del secondo grado siano
state liquidate in misura inadeguata.
Si tratta, però, di censure inammissibili, per le medesime
ragioni indicate al precedente punto 3.3, non avendo
neppure il ricorrente incidentale assolto il proprio onere
di indicare nel ricorso in modo specifico le voci di tabella degli onorari e dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nè le singole spese eventualmente non riconosciute.
6. L’esito della vertenza comporta la condanna della ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio
di legittimità in favore della controricorrente società La
Quiete e dei due terzi di quelle sostenute dal controricorrente e ricorrente incidentale sig. B., con compensazione
del restante terzo. Tali spese vengono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
La corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale, dichiara
assorbito l’incidentale proposto dalla società La Quiete
s.r.l. ed inammissibile quello proposto dal sig. B., condannando la ricorrente principale al pagamento in favore
della predetta società La Quiete s.r.l. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00 (di cui
3.000 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, nonchè al pagamento in favore del sig.
B. dei due terzi delle spese del medesimo giudizio, liquidate per l’intero nella stessa misura sopra indicata,
con compensazione della parte restante.
IL COMMENTO
di Giuliana Liotti
La Cassazione, con la sentenza in epigrafe, conferma l’indirizzo dottrinale e giurisprudenziale prevalente
in tema di società di capitali non ancora iscritta al Registro delle Imprese, negando l’esistenza della stessa,
in virtù dell’efficacia costitutiva dell’adempimento pubblicitario. Sulla base di tale presupposto, si ritiene che
le delibere di aumento di capitale assunte prima dell’iscrizione, intanto possano dispiegare effetti, in quanto soddisfino i requisiti formali previsti per le modifiche dell’atto costitutivo. Ad un’approfondita analisi del
testo legislativo, tuttavia, anche in seguito alla riforma del diritto societario del 2003, non sembra possa
dirsi del tutto tramontata la teoria della società in formazione. Dall’affermazione di quest’ultima teoria discenderebbe che le delibere assunte anche prima dell’iscrizione siano come tali produttive di effetti, in
quanto poste in essere da organi dotati di una legittimazione, seppure in fieri.
Il caso
La società “Mare s.a.s. di V. E. & C.”, in qualità di
conduttrice del locale commerciale di proprietà del
signor B., introduceva il giudizio, lamentando la
violazione del proprio diritto di prelazione ex art.
38 L. n. 392/1978, in seguito al conferimento del
suddetto locale alla società “Jolly Fashion s.r.l.” ed
alla successiva alienazione a terzi da parte del conferente della propria partecipazione sociale.
La parte attrice rilevava, in particolare, la nullità o
l’inefficacia del conferimento immobiliare, avvenuto a liberazione di un aumento oneroso di capitale
Notariato 4/2012
deliberato dalla società quando ancora non iscritta
al Registro Imprese e, pertanto, non venuta ad esistenza.
Secondo la difesa di parte attrice, entrambi i citati
negozi sarebbero stati, altresì, censurabili sotto il
profilo della violazione del diritto di prelazione,
sorgendo, pertanto, in favore della propria assistita
il diritto al riscatto, ai sensi dell’art. 39 L. n.
392/1978. Si riteneva, peraltro, che l’intera operazione fosse stata, in realtà, rivolta a dissimulare la
vendita dell’immobile stesso.
La società Mare s.a.s. risultava soccombente tanto
nel primo, quanto nel secondo grado di giudizio.
4
La Corte d’Appello di Genova1 rigettava il ricorso
anche sulla base di un provvedimento, passato in
giudicato, che, intimando lo sfratto alla conduttrice,
accertava la qualità di locatrice in capo alla società
“Jolly Fashion s.r.l.”. Il giudice di secondo grado,
peraltro, non poteva fare a meno di sottolineare la
contraddittorietà della censura d’invalidità o inefficacia del negozio di conferimento rispetto
all’addotta sussistenza del diritto al riscatto in capo
alla ricorrente, il quale implica che il negozio violativo del diritto di prelazione sia valido ed efficace.
Anche la doglianza relativa alla simulazione veniva
giudicata inaccoglibile per la carenza nella ricorrente dell’ interesse ex art.1415 c.c. e per difetto di
supporti probatori.
I medesimi motivi venivano, in seguito, riproposti
dalla soccombente alla base del ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento,
conferma sostanzialmente i provvedimenti dei giudici di merito, sancendo la validità del conferimento immobiliare in una società di capitali, pur non
iscritta al Registro Imprese, qualora lo stesso e la
relativa delibera di aumento siano dotati dei requisiti di forma e di sostanza necessari per le modifiche dell’atto costitutivo, restando l’efficacia subordinata all’intervenuto adempimento pubblicitario.
La società di capitali non iscritta
al registro delle imprese
La tematica della situazione giuridica delle società
di capitali prima dell’iscrizione al Registro delle
Imprese era particolarmente sentita sotto la vigenza
del controllo omologatorio degli atti e delle delibere assembleari da parte del Tribunale, quale condicio sine qua non per l’iscrizione suddetta.
Si trattava, infatti, di verificare la capacità e la legittimazione della società e dei suoi organi ad operare medio tempore, come spesso accadeva per far
fronte ad esigenze imprenditoriali, dati i lunghi periodi che intercorrevano tra la stipula dell’atto costituivo e l’adempimento pubblicitario.
In seguito all’introduzione della L. n. 340/2000,
con la quale è stata disposta l’abolizione del controllo omologatorio giudiziale, il tema ha subito un
notevole ridimensionamento.
Oggi, infatti, spetta al solo Notaio rogante il compito di verificare la legalità e la sussistenza delle con-
Note
1
Corte d’Appello Genova 13 dicembre 2005, in Mass. Giur. it.,
2006.
Notariato 4/2012
dizioni per l’iscrizione2, intervenendo successivamente un mero controllo formale da parte dello
stesso ufficio del Registro Imprese presso il quale
l’iscrizione è domandata. È stato possibile, per tal
via, abbreviare considerevolmente i tempi occorrenti per completare il procedimento costitutivo3.
La sentenza in commento interviene a conferma
dell’indirizzo giurisprudenziale4 e dottrinale5 prevalente in materia, secondo il quale prima
dell’iscrizione al Registro Imprese, la società di capitali non può dirsi esistente nella realtà fenomenica,
avendo la suddetta pubblicità efficacia costitutiva.
La tesi si fonda, in primo luogo, sul dato letterale
dell’art. 2331, I comma, c.c.6, secondo il quale con
2
Il controllo di legalità formale e sostanziale, ai sensi dell’art.
28 L. n. 89/1913, da sempre demandato al Notaio, mira ad evitare che l’atto violi alcuna norma di legge. Il controllo per
l’iscrizione, di cui all’art. 138bis L. n. 89/1913, ha, invece, sostituito il controllo omologatorio del giudice. In tal senso Laurini,
Autonomie e controllo di legalità dopo la riforma delle società di
capitali, in Riv. Not., 2004, 1, 15 ss.; Marchetti, Sul controllo
degli atti costitutivi e delle deliberazioni modificative, in Riv.
Not., 2002, 2, 63 ss.; Dini, Omologa degli atti societari: la parola passa ai notai, in Dir. prat. soc., 2000, 923 ss. Contra: Bortoluzzi, Il notaio e la verifica degli atti societari, in Riv. Not., 2002,
1351 ss., il quale ritiene, invece, che il controllo da parte del
Notaio sia meno pregnante di quello precedentemente deferito
al giudice, non riguardando l’adempimento delle condizioni
previste ex lege per la costituzione della società.
3
Ai sensi dell’art. 11, comma 8, D.P.R. n. 581/1995 (Regolamento attuativo della L. n. 580/1993 istitutiva del Registro delle
Imprese), “l’iscrizione deve essere eseguita senza indugio e
comunque non oltre il termine di dieci giorni dalla data di protocollazione della domanda”. Tale termine è, poi, ridotto alla metà
qualora la domanda sia presentata su supporti informatici. L’art.
2330 c.c. dispone, inoltre, che il Notaio che ha ricevuto l’atto
costitutivo deve depositarlo entro venti giorni presso l’ufficio del
Registro delle Imprese, competente per territorio. In alternativa,
lo stesso obbligo grava sugli amministratori. I tempi medi per il
completamento della procedura d’iscrizione vanno, perciò, dagli otto ai venti giorni, essendo, peraltro, prevista una “procedura urgente” che consente di definire l’iscrizione nel tempo massimo di 48 ore. Cfr. Pavone La Rosa e Nigro, La società per
azioni non iscritta, in Trattato delle società per azioni, a cura di
Colombo-Portale, UTET, Torino, 2004, 1, 427.
4
Ex multis: Cass. 5 giugno 1999, n. 5533, in Giur. Comm.,
2000, II, 326 ss., con nota di Righini; Cass. 10 dicembre 1996,
n. 10970, in Giust. Civ., 1997, I, 1629 ss.; Cass. 15 novembre
1993, n. 11278, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 879 ss., con
nota di Sirena; Cass. 18 aprile 1984, n. 2515, in Foro it., 1984,
1750; Cass. 12 marzo 1981, n. 1408, in Giur. comm., 1981, II,
564; Cass. 9 giugno 1972, n. 1795, in Foro it., 1972, 2405.
5
Campobasso, Diritto commerciale, II, a cura di Mario Campobasso, Torino, 2009, 176 ss.; Ferrara jr e Corsi, Gli imprenditori
e le società, Milano 2001, 427 ss.; Galgano, La società per
azioni, in Trattato Galgano, VII, Padova, 1988, 92 ss.; Ferri,
Manuale di diritto commerciale, 1978, 320 ss.; Cottino, Diritto
commerciale, Padova, 1976, I, 551; Graziani, Diritto delle Società, Napoli, 1963, 212 ss.; Pavone La Rosa, Il Registro delle
Imprese, 1954, 336 ss.; Pugliese, L’atto pubblico e la societàpersona giuridica, in Dir. Fall., 1947, I, 32 ss.
6
Si rende appena opportuno sottolineare che l’art. 2463 c.c.,
nel disciplinare il procedimento costitutivo per le srl, effettua,
oggi, un rinvio generale alla norma riportata nel testo. Ciò a dif-
5
l’iscrizione “la società acquista la personalità giuridica”. Tale inciso viene interpretato nel senso che
prima dell’adempimento pubblicitario la società è
inesistente. Solo a seguito dell’iscrizione, quindi,
l’ente, acquisita la personalità giuridica, alla quale,
peraltro, si ricollega la piena autonomia patrimoniale, può validamente operare nel mondo del diritto.
Prima di tale momento c’è solo il contratto sociale,
sottoposto alle regole dei contratti in generale.
L’unico effetto che si produce, secondo tale opinione, è il vincolo di indisponibilità sui conferimenti
effettuati dai soci, ai sensi del successivo comma
IV della disposizione in commento. Vincolo che
viene interpretato, tuttavia, alla stregua dei c.d. effetti negoziali, i soli effetti che può produrre una
fattispecie con efficacia sospesa7, attinenti al sorgere della vincolatività tipica dell’impegno contrattuale, a dimostrazione della seria volontà di contrarre dei soggetti coinvolti.
Argomento a sostegno di tale tesi è tratto dal V
comma dell’art. 2331 c.c., che vieta l’emissione di
titoli azionari. La ratio della norma risiederebbe
nell’opportunità di evitare la diffusione delle azioni
attraverso le agevoli forme previste per il trasferimento dei titoli cartolari, prima che la società sia
venuta ad esistenza, onde tutelare il pubblico dei risparmiatori8. Pur essendo venuto meno, in seguito
alla riforma 2003, il divieto di trasferimento della
partecipazione sociale, l’alienazione della stessa,
secondo questo filone dottrinale, non potrebbe avvenire che nelle forme della cessione del contratto
ex art 1406 c.c., necessitando, per potersi perfezionare, del consenso di tutti i soci fondatori9.
Autorevolmente sostenuta è, poi, la tesi della società di capitali irregolare10, seppure non percorribile,
ferenza della speculare disposizione ante riforma 2003, l’art.
2475 c.c., che rinviava unicamente al I ed al II comma del menzionato art. 2331 c.c.
7
Così Frè, Società per azioni, in Commentario ScialojaBranca, Bologna-Roma, 1982, 86.
8
Vedi, in tal senso, Dente e Vitobello, Le società di capitali,
Napoli, Edizioni Simone, 2008, 34; Calvosa, Diritto delle società, Manuale breve, Giuffrè, 2004, 357 ss.
9
Cfr. Calvosa, op. cit. (nt.8), 375 ss.; Callegari, Le azioni e le
regole di circolazione, in La riforma delle società, profili della
nuova disciplina, a cura di Ambrosini, Torino, 2003, 113 ss.
10
Tale era, peraltro, la tesi prevalente sotto la vigenza del codice del commercio, cfr. Guida, Società di capitali irregolare:
nuove prospettive per un vecchio problema, in Riv. Not., 1983,
508 ss.; Simonetto, La nuova stesura dell’art.2332 e la società
di capitali irregolare, in Riv. dir. civ., 1974, II, 337; Oppo, Forma
e pubblicità nelle società di capitali, in Riv. dir. civ., 1966, I, 153
ss.; Valeri, Manuale di diritto commerciale, 1950, 114; Candian,
Formazione senza scrittura di S.p.a., in Dir fall., 1946, II, 137;
Scalfi, Riflessioni sulla responsabilità delle società commerciali,
in Temi, 1946, 457; Ghidini, Registro delle Imprese, Milano,
1943, 78; Pugliatti, Gli istituti del diritto civile, Milano, 1943, 115
Notariato 4/2012
stante il principio di tassatività dei tipi sociali ex
art. 2249 c.c.11, che non consente di ipotizzare una
società di capitali irregolare alla stregua di quanto
è, invece, espressamente previsto dal legislatore per
la s.n.c. e la s.a.s., rispettivamente negli artt. 2297 e
2317 c.c.12.
Anche successivamente alla riforma del diritto societario del 2003, non sembrerebbe, invece, anacronistica la tesi della società in corso di formazione, che richiama la dottrina tedesca della c.d. Vorgesellschaft ed in parte riprende, perfezionando, la
tesi da ultimo esposta.
Secondo tale orientamento, in seguito alla stipula
dell’atto costitutivo si viene a creare una società di
capitali in fieri. Tale situazione, essendo, appunto,
in divenire, è puramente provvisoria, permanendo
solo fino all’iscrizione al Registro Imprese, che interviene a completamento di una fattispecie complessa a formazione progressiva.
I sostenitori13 di questa teoria propongono una lettura più armoniosa dell’art. 2331 c.c. Si sottolinea,
infatti, che il dato letterale del I comma, secondo il
quale la società acquista personalità giuridica a partire dall’iscrizione al Registro Imprese, non nega
affatto la sua venuta ad esistenza prima di tale momento14. Il IV comma specifica, poi, che in manss.
11
Questa la più forte censura, posta tra gli altri da Campobasso, op. cit. (nt. 5); Galgano, Diritto commerciale, Diritto delle
società, II, Bologna, 2001, 172 ss.; Di Sabato, Manuale delle
società, Torino, 1999, 154.
12
Come, in seguito, osserva anche Guida, Riflessi notarili del
nuovo articolo 2331 del codice civile, in Notariato, 2003, 4, 417
ss. Per completezza, si segnala l’orientamento di chi sostiene
che, volendo aderire a quest’ultima teoria, bisognerebbe ritenere che la società di capitali prima dell’iscrizione non costituisca
un tipo irregolare autonomo, privo di esplicita regolamentazione, ma essa, tutt’al più, darebbe luogo alla sola tipologia ammissibile ex lege: la s.n.c. irregolare, non prevedendo l’atto costitutivo la distinzione nelle categorie di soci richiesta ex art.
2313 per la s.a.s. In tal senso Ferrara Jr e Corsi, op. cit. (nt. 5),
364. Questa tesi non sembra, tuttavia, condivisibile: diversamente dalla società di fatto, in questo caso un atto costitutivo
c’è ed è relativo ad una s.p.a. o s.r.l. Si dovrebbe, quindi, ammettere una sorta di trasformazione automatica della società
non supportata né dal dettato normativo, né tantomeno dalla
volontà dei soci.
13
Cfr. Guida, op. cit. (nt. 12), 418; Zaccaria, “Diritti soggettivi
senza soggetto” e soggettività giuridica, in Studium juris, 1996,
784 ss.; Portale, Conferimenti in natura ed effettività del capitale sociale nelle “società per azioni in formazione”, in Riv. soc.,
1994, 1 ss. Nello stesso senso, in giurisprudenza: Cass. 11
marzo 1985, n. 2817, in Società, 1995, 1297 ss., con nota di
Ianniello e Montesano. Parlano, invece, specificamente di contratto plurilaterale sottoposto alla condizione sospensiva
dell’iscrizione e di “società preliminare”, Frè, op. cit. (nt. 7), 86 e
Guglielmetti, Responsabilità per gli atti compiuti tra la stipulazione dell’atto costitutivo di una S.p.a. e l’iscrizione nel registro,
in Riv. soc., 1957, I, 475.
14
In tal senso: Guida, op. cit. (nt. 9), 508.
6
canza dell’adempimento pubblicitario, entro il termine previsto, “l’atto costitutivo perde efficacia”15.
La lettera della norma sarebbe indice inequivoco
della derivazione dall’atto costitutivo di effetti,
sebbene prodromici. Tra questi, il vincolo
d’indisponibilità imposto dalla prima parte del citato IV comma della disposizione in commento.
Ad ulteriore conferma di tale orientamento si adduce l’art. 2328, II comma, n. 12, c.c., che pone le
spese dell’atto costitutivo direttamente a carico della società16.
Fondamentale argomento è, poi, tratto dagli artt.
2343, III comma, e 2464, V comma, c.c., norme
che impongono, rispettivamente per le s.p.a. e per
le s.r.l., l’integrale liberazione dei conferimenti in
natura al momento dell’atto costitutivo17.
La proprietà dei beni conferiti si trasferisce, dunque, alla società sin dalla stipula, ricadendo il conferimento nell’ambito applicativo del principio generale ex art. 1376 c.c. Seguendo la tesi
dell’inesistenza della società fino all’iscrizione, infatti, tali norme rimarrebbero disattese e l’effetto
traslativo
sarebbe
differito
al
momento
18
dell’adempimento pubblicitario , in mancanza di
un soggetto che divenga titolare del bene in natura,
determinandosi su detti beni unicamente un vincolo
d’indisponibilità alla stregua di quanto accade per il
denaro.
Aderendo alla tesi della società in formazione è, invece, possibile trascrivere immediatamente19
15
Secondo Bertuzzi, Società per azioni - Costituzione. Patti parasociali. Conferimenti -, in La riforma del diritto societario, a
cura di Lo Cascio, Milano, 2003, 82 e Notari, Costituzione e
conferimenti nelle s.p.a., in Consiglio Notarile di Milano, Il nuovo ordinamento delle società, Milano 2003, 19 la mancata iscrizione identifica una condizione risolutiva dell’efficacia dell’atto
costitutivo.
l’acquisto del bene contro il conferente ed in favore
della società e far gravare il rischio del suo perimento in capo alla conferitaria fin dal rogito.
Come già ricordato, inoltre, l’ultimo comma
dell’art. 2331 c.c. vieta l’emissione di azioni prima
dell’iscrizione nel Registro delle Imprese. Ante riforma, forse, la norma poteva rappresentare un dato
a favore della tesi dell’efficacia costitutiva
dell’iscrizione20, sanzionando, altresì, con la nullità
l’alienazione delle azioni prima dell’adempimento
pubblicitario. Si poneva, cioè, una eccezione al generale principio ex art. 1348 c.c., che ammette negozi giuridici aventi ad oggetto beni futuri.
La nuova formulazione, invece, sembrerebbe più
coerente con l’ipotesi di una società in formazione21. Permane, infatti, il solo divieto di emissione e
di sollecitazione del pubblico degli investitori. È,
pertanto, concesso il trasferimento non solo nelle
forme della cessione del contratto, ma anche come
vendita di cosa futura22.
Per le s.r.l., peraltro, anche prima della riforma si
ammetteva23 la trasferibilità della partecipazione
nel frangente tra atto costitutivo ed iscrizione, dal
momento che il precedente art. 2475 c.c. effettuava
un rinvio solo parziale all’art. 2331 c.c., non comprendendo in tale rinvio il comma interessato dal
divieto de quo.
In considerazione di quanto esposto e nonostante la
nuova pronuncia della Suprema Corte, non può ritenersi del tutto sopito il dibattito circa la condizione della società nelle more del procedimento costitutivo. Ad una attenta analisi, infatti, vi sono ancora
dei margini di confronto.
Responsabilità per le operazioni compiute
medio tempore
16
Cfr. Santosuosso, Le “spese per la costituzione” di società di
capitali. Considerazioni intorno all’art. 2328, n. 12, c.c., in Giur.
comm., 1988, 1, 878 ss.; Portale, op. cit. (nt. 13), 38 ss. Contra:
Angelici, Società prima dell’iscrizione e responsabilità di “coloro
che hanno agito”, Milano, 1998, 44 ss., Cottino, op. cit. (nt.5),
238, secondo i quali la norma andrebbe interpretata nel senso
che le spese sarebbero poste a carico della società solo dopo
l’avvenuta iscrizione.
17
Vedi Beltrami, La società prima dell’iscrizione nel registro
delle imprese, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum
G.F. Campobasso, Utet, Torino, I, 355 ss.
18
Per contrastare la critica, Frè, op. cit. (nt. 7), 89 ss., ha ritenuto di poter interpretare l’iscrizione al registro imprese come
una condizione sospensiva anche dell’efficacia traslativa del
conferimento in natura. Tale tesi, tuttavia, non convince: non
sembra supportata da alcun dato normativo e, comunque ove
lo fosse, porrebbe il problema della retroattività della condizione, che determinerebbe l’appropriazione del bene da parte della società dopo esser venuta ad esistenza, ma anche per il periodo in cui tale esistenza non si era ancora concretizzata.
19
Vedi in tal senso Portale, op. cit. (nt. 13), 36 ss., ma anche
Notariato 4/2012
Gazzoni, La trascrizione immobiliare, in Commentario Schlesinger, sub artt. 2643-2645bis, Milano, 1998, 290 ss., il quale
sottolinea che sarebbe opportuno dare contezza nella nota di
trascrizione dell’iscrizione non ancora avvenuta. Contra: Pavone La Rosa, op. cit. (nt. 5), 384, sostiene che la trascrizione
dovrebbe avvenire contro il conferente ed a favore degli altri
soci, salvo in seguito all’iscrizione rinnovarla a favore della società.
20
In tal senso Cass. 16 giungo 1990, n. 6080, cit. (nt. 4); Pavone La Rosa e Nigro, op. cit. (nt.3), 432.
21
Cfr. Beltrami, op. cit. (nt.16), 382 ss.
22
Vedi Beltrami, op. cit. (nt.16), 386; Campobasso, op. cit. (nt.
5); Guida, op. cit. (nt.12), 418; Cavanna, Il nuovo diritto societario, Commentario a cura di Cottino - Bonfante - Cagnasso Montalenti, sub art. 2331 c.c., Zanichelli, 2008, II, 89 ss.
23
In giurisprudenza: Cass. 4 giugno 1999, n. 5494, in Riv. Not.,
1999, 1562 ss., con nota di Sartore. In dottrina: Guida, op. cit.
(nt. 9), 512; Rivolta, La società responsabilità limitata, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1982, 143 ss.
7
Il secondo comma dell’art. 2331 c.c. disciplina la
responsabilità per le operazioni compiute nel frangente tra stipula dell’atto costitutivo ed adempimento pubblicitario, imputandola ai soggetti che
hanno agito. Accanto a questa, la riforma 200324 ha
introdotto una responsabilità anche in capo al socio
fondatore o ai soci che hanno “deciso, autorizzato o
consentito”25 le operazioni in questione.
La disciplina è rivolta non tanto a favorire la tutela
dei terzi che siano venuti in contatto con la società,
quanto ad individuare la sorte delle operazioni
compiute medio tempore in nome della stessa26, alla quale, secondo la teoria prevalente, detta responsabilità non potrebbe essere imputata, a causa della
sua inesistenza.
Il terzo comma della disposizione de qua,
anch’esso di nuova introduzione, consente alla società iscritta di approvare le operazioni compiute
precedentemente, appropriandosi dei loro effetti e,
così, rilevando coloro che hanno agito. Dal punto di
vista esterno la responsabilità della società si cumula con quella dei soggetti agenti, ma dal punto di
vista interno la norma è chiara nell’imporre alla società di tenere indenni questi ultimi, i quali, pertanto, se costretti a pagare, avranno azione di regresso
nei confronti della società27.
Emerge, dunque, con evidenza dal testo normativo
la liceità28 delle operazioni compiute medio tempore. Non è, quindi, precluso al Notaio stipulare i relativi atti, non essendo questi ultimi invalidi, ma
semplicemente inefficaci29.
24
Cfr. sul tema Guida, op. cit. (nt.12), 418.
25
Per un’ampia disamina del significato dei menzionati termini,
come riportati nel testo normativo, vedi Cavanna, op. cit. (nt.
22) 89 ss., il quale, all’esito della valutazione condotta, ritiene
che: “il legislatore della riforma, utilizzando formule generiche
ed evitando prudentemente di precisare le modalità tecniche di
intervento dei soci, si sia volutamente astenuto dal fornire qualsivoglia qualificazione giuridica della operatività anticipata della
società”.
26
In tal senso: Angelici,op. cit. (nt. 15), 77 ss.; Oppo, op. cit.
(nt. 9); Pavone La Rosa e Nigro, op. cit. (nt. 3), 430. Tale considerazione è, peraltro, condivisa anche dai sostenitori delle divergenti teorie.
27
Parlano di una sorta di accollo cumulativo ex lege, Bertuzzi,
op. cit. (nt. 14), 86; Campobasso, op. cit. (nt. 5), 174 ss.; Dente
e Vitobello, op. cit. (nt. 7), 32.
28
Si segnala, per completezza espositiva, l’isolata opinione di
De Ferra, Nullità degli compiuti in nome della società per azioni
prima dell’iscrizione nel registro delle imprese, in Riv. dir.
comm., 1957, 2, 355, il quale si pronuncia per la nullità di tutti
gli atti compiuti prima dell’iscrizione, a causa dell’inesistenza
del soggetto al quale dovrebbero essere imputati.
29
Vedi Guida, op. cit. (nt. 12), 421. Nella prassi notarile, tuttavia, si usa l’accorgimento di sottoporre l’atto alla condizione sospensiva della sopravvenuta iscrizione al Registro Imprese.
Notariato 4/2012
Tali operazioni andrebbero, secondo alcuni30, distinte in operazioni necessarie e non ai fini della
costituzione della società. Per le prime la società
rimarrebbe obbligata automaticamente, in seguito al
completamento del procedimento costitutivo, mentre per le operazioni non necessarie sarebbe indispensabile la suddetta autorizzazione ai fini
dell’imputabilità dell’atto alla società medesima.
Parte minoritaria della dottrina31 ritiene che la responsabilità dei soggetti agenti nei confronti della
società dovrebbe essere inquadrata nella disciplina
della negotiorum gestio, pertanto sorgerebbe solo
ove la gestione possa ritenersi utilmente iniziata.
Sembra, tuttavia, prevalere l’opinione32 secondo la
quale l’approvazione di cui all’art. 2331, III comma, c.c., sia assimilabile alla ratifica ex art. 1399
c.c.
Si rende, tuttavia, opportuno evidenziare la non integrale corrispondenza tra la fattispecie in oggetto e
quella presa in considerazione dagli artt. 1398 e ss.
c.c. L’art. 2331 c.c. prescinde, infatti, dalla buona
fede dei terzi, basandosi sul mero dato materiale
dell’operazione compiuta. Chi agisce per la costituenda società non nasconde ai terzi contraenti di
intervenire nell’interesse della medesima, a differenza di quanto accade per le ipotesi disciplinate
dall’art. 1398 c.c., ove il terzo rimane all’oscuro
della carenza di poteri nel falsus procurator. La re30
In tal senso, Campobasso, op. cit. (nt. 5); Cottino, op. cit. (nt.
5), 238 ss.; Ferrara Jr e Corsi, op. cit. (nt. 5), 425 ss.; Pavone
La Rosa, op. cit. (nt. 5), 163 ss.; Santosuosso, La riforma del
diritto societario, Milano, 2003, 39, che, in particolare sottolinea
che le operazioni non necessarie sarebbero quelle consistenti
nello svolgimento dell’attività dell’impresa societaria. Cavanna,
op. cit. (nt. 22), 96 ss., ritiene indispensabile la suddetta distinzione anche in seguito alla riforma 2003, in quanto nella seconda parte del II comma art. 2331 c.c. il legislatore sembra
aver fatto riferimento ad un consenso implicito dei soci nell’atto
costitutivo, tale consenso o autorizzazione varrebbe esclusivamente per le operazioni necessarie (tra le quali quelle relative
alla conservazione dei beni conferiti) Contra: Beltrami, op. cit.
(nt. 16), p. 374, secondo il quale questa distinzione non avrebbe più ragion d’essere in seguito all’introduzione del III comma
della norma in commento, determinandosi, altrimenti, una lettura eccessivamente restrittiva della portata di quest’ultima innovazione normativa.
31
Angelici, La costituzione della società per azioni, in Trattato
Rescigno, Torino, II, 1985, 267 ss.
32
Si tratta sicuramente della tesi più diffusa tra i sostenitori
dell’efficacia costitutiva dell’iscrizione. Vedi, in dottrina: Campobasso, op. cit. (nt. 5), 175; Galgano, op. cit. (nt. 5), 93 ss;
Santini, Delle società a responsabilità limitata, in Commentario
Scialoja Branca, sub artt. 2472-2497bis, Bologna-Roma, 1992,
74 ss.; Ferri, Le società, in Trattato Vassalli, Torino, III, 1987,
882 ss.; In giurisprudenza: Cass. 15 novembre 1993, n. 11278,
cit. (nt. 4); Cass. 5 maggio 1989, n. 2127, in Giur. comm., 1991,
2, 248 ss., con nota di Marano; Cass. 21 novembre 1983, n.
6935, in Giur. comm., 1984, 2, 554 ss., con nota di Jachia. Per
un’ampia panoramica delle diverse teorie riportate nel testo, cfr.
Guida, op. cit. (nt. 12), 418.
8
sponsabilità di quest’ultimo, inoltre, è fissata nel
c.d. interesse negativo, come danno causato al terzo
anche per la perdita di altre occasioni contrattualmente valide, mentre chi agisce per la società risponde delle obbligazioni assunte e non del danno
cagionato al terzo, il quale dovrebbe essere al corrente del non avvenuto completamento della procedura costitutiva33.
Discussa è, poi, la competenza al rilascio di detta
ratifica. Essa dovrebbe rientrare nella competenza
gestoria degli amministratori, ma, essendo questi in
evidente conflitto d’interessi, sembra doversi ritenere che a pronunciarsi sia l’assemblea34. A ben
vedere, tuttavia, anche quest’ultimo organo, alla luce della riforma, potrebbe collocarsi in una posizione di conflitto. Appare, pertanto, preferibile che la
decisione sia assunta dall’organo amministrativo
con applicazione della disciplina sul conflitto
d’interessi ai sensi degli artt. 2391 o 2475ter c.c.
Secondo l’orientamento prevalente, le modifiche
apportate dalla riforma al II e III comma dell’art.
2331 c.c., sarebbero rivolte a confermare
l’inesistenza della società come soggetto di diritto e
l’impossibilità di imputare direttamente alla medesima operazioni compiute da soggetti non ancora
investiti del potere di rappresentarla.
In seguito ad un’approfondita analisi, condotta anche alla luce di altre esperienze giuridiche europee,
tale ultimo assunto sembra poter essere disatteso35.
La disciplina dell’art. 2331 c.c. in materia di responsabilità per le operazioni compiute prima
dell’iscrizione è, infatti, perfettamente compatibile
con la teoria della società in formazione. A dimostrazione di quanto sostenuto, si possono richiamare le normative spagnola e portoghese. Entrambi i
suddetti ordinamenti supportano l’idea della società
in fieri e sono caratterizzati in tema da una forte
analogia con la descritta disciplina nostrana36. No33
Come nota Guida, op. cit. (nt. 9), 510 ss., nel commentare
Tribunale Trieste 12 febbraio 1982, pronuncia in cui si sostiene
l’inconciliabilità delle due fattispecie; nello stesso senso Beltrami, op. cit. (nt. 16), 395; Pavone La Rosa e Nigro, op. cit. (nt.
3), 435.
34
Così Cavanna, op. cit. (nt. 22), 101. Contra: Graziani, op. cit.
(nt. 5), 214.
35
Nello stesso senso Beltrami, op. cit. (nt. 16), 370 ss.
36
L’art. 15 della Ley de sociedades anònimas spagnola, dopo
aver stabilito una responsabilità sussidiaria e solidale per coloro che hanno agito, impone una responsabilità ai soci, nei limiti
di quanto conferito, per gli atti necessari e per quelli compiuti
dagli amministratori investiti nell’atto costitutivo o da mandatari
speciali. Quest’ultima responsabilità viene, poi, sostituita a
quella della società, una volta iscritta, per gli atti necessari e
per quelli dalla stessa ratificati. Gli artt. 19 e 40 del Còdigo das
sociedades commercias portoghese determinano, invece, una
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tevoli affinità si riscontrano pure con la normativa
tedesca37, culla della teoria della Vorgesellschaft.
Significativa nel senso opposto, è l’esperienza francese. Nell’ordinamento francese38, infatti, è pacifica l’efficacia costitutiva dell’iscrizione nel Registro
del Commercio, negandosi ogni residuale spazio alla società in formazione, eppure è totalmente assente una regolamentazione della responsabilità dei soci per le operazioni compiute medio tempore.
In questa prospettiva, si affaccia una diversa interpretazione della responsabilità posta dall’art. 2331,
II comma, c.c., che si ritiene più aderente alla teoria
della società in fieri: la responsabilità per un soggetto futuro o “rappresentanza senza rappresentato”39.
Si tratta di un fenomeno ormai riconosciuto nel nostro ordinamento, che prende le mosse dalle disposizioni espresse per la capacità a succedere e ricevere donazioni dei nascituri ex artt. 462 e 78440 c.c.,
per, poi, assurgere, secondo alcuni41, a principio
responsabilità illimitata in capo ai soci che hanno autorizzato le
operazioni prima dell’iscrizione, limitata ai conferimenti per gli
altri soci, prevedendo poi il subingresso automatico e retroattivo della società iscritta nei negozi compiuti in suo nome precedentemente.
37
La normativa tedesca ricorda molto il previgente testo
dell’art. 2331 c.c. ed, in materia, è stato affermato dalla dottrina
e giurisprudenza prevalenti il c.d. principio della Differenzhaftung, secondo il quale i soci sono responsabili delle operazioni
compiute solo fino all’iscrizione e rispondono nei confronti della
società se, in conseguenza delle stesse, risulta diminuito il patrimonio come fissato nell’atto costitutivo.
38
Art. L. 210-6 del Code de commerce stabilisce che la società
acquista personnalité morale con l’iscrizione e le operazioni
compiute prima di detto momento sono sottoposte alla responsabilità dei soggetti agenti e, successivamente all’iscrizione,
della società che le ratifichi. Per una più completa analisi comparatistica, vedi: Angelici, op. cit. (nt. 15), 15 ss.; Beltrami, op.
cit. (nt. 16), 372; Portale, op. cit. (nt. 12), 11; ma anche Ferrara
Jr e Corsi, op. cit. (nt. 5), 390, sebbene acceda all’opposta teoria.
39
Così Rubino De Ritis, Gli acquisti immobiliari delle società di
capitali prima dell’iscrizione nel registro delle imprese, in Riv.
soc., 1993, 602 ss. Cfr. in tema anche Beltrami, op. cit. (nt. 16),
393 ss.; Cavanna, op. cit. (nt. 22), 94; Portale, op. cit. (nt.13),
42.
40
Cfr. Moretti, La donazione - Il donatario, in Trattato Bonilini,
Torino, 388 ss., afferma che non è necessario ricorrere ad altre
teorie circa la natura giuridica della fattispecie, in quanto è lo
stesso legislatore che associa l’istituto della rappresentanza ad
un soggetto che non ancora esiste (così, infatti, negli artt. 356 e
643 c.c.). L’autore, inoltre, descrivendo il fenomeno in relazione
alla donazione, fa riferimento proprio a quanto disposto ex art.
2331 c.c.
41
Così Scognamiglio, Contratti in generale, in Trattato di diritto
civile, a cura di Grosso e Santoro Passarelli, Milano, 1977, 209;
Messineo, Il contratto in genere, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1968, 131. In giurisprudenza: Cass. 28 aprile 1989, n.
1993, in Not. Giur. lav., 1989, 382; Cass. 30 marzo 1982, n.
1990, in Giur. comm., 1982, 2, 575. In tal modo si ritiene di poter superare il problema dell’inesistenza del terzo destinatario
degli effetti del contratto al momento della sua conclusione, da-
9
generale da porsi anche alla base della deviazione
degli effetti favorevoli di un contratto in favore di
terzi non esistenti al momento della stipula.
Trattando l’ente in via di formazione alla stregua di
un nascituro, i suoi organi non sarebbero totalmente
privi di legittimazione prima dell’adempimento
pubblicitario, come, invece, sostenuto dall’opposta
teoria. Così, per le operazioni necessarie alla costituzione la ratifica da parte della società non sarebbe
affatto indispensabile, mentre per le altre operazioni quest’ultima interverrebbe con la medesima valenza dell’autorizzazione giudiziale per il compimento di atti dispositivi sul patrimonio dei nascituri, sebbene in questo caso sia successiva al compimento dell’atto.
Da queste basi è possibile muovere per valutare anche la validità delle deliberazioni degli organi societari assunte nel frangente tra atto costitutivo ed
iscrizione della società, materia quest’ultima che,
più precisamente, costituisce oggetto della sentenza
in commento. L’adesione ad una piuttosto che
all’altra tesi sulla situazione giuridica della società
medio tempore condiziona, evidentemente, anche la
soluzione di tale questione.
La decisione della Corte nell’evoluzione
giurisprudenziale in materia
La sentenza in commento si colloca all’apice di un
filone giurisprudenziale che ha subito una notevole
evoluzione. Inizialmente, infatti, la giurisprudenza
di merito negava legittimità tout court alle deliberazioni assunte prima dell’iscrizione dell’atto costitutivo42, né ammetteva ch’esse potessero rilevare
come modifiche dell’atto costitutivo stesso43.
Come già precedentemente rilevato, fondamentale
chiave di volta in questa evoluzione di pensiero è
rappresentata dall’abolizione del controllo giudiziale omologatorio. Difficilmente, infatti, la giurisprudenza ante riforma poteva rimanere insensibile
all’influsso della disciplina previgente, che, del resto, la coinvolgeva direttamente nel procedimento
to che, ai sensi dell’art. 1411, comma 2, c.c., è da tale momento che essi si producono in favore del beneficiario, il quale accettando si limita a rendere irrevocabili gli effetti dell’atto in proprio favore, mediante quello che viene comunemente inteso
come un atto giuridico in senso stretto.
42
“È illegittima la deliberazione assembleare di una società
che, seguito di trasformazione da collettiva a responsabilità limitata, abbia disposto di aumentare il capitale sociale prima di
aver ottenuto dal tribunale l’iscrizione nel registro delle imprese”. Questa la massima del Tribunale Trieste 20 luglio 1982,
con nota di Guida, op. cit. (nt. 9), 505.
43
In tal senso Tribunale Udine 22 dicembre 1983, con nota di
Guida, Sull’ammissibilità della rettifica di atto costitutivo di s.r.l.
non omologato, in Riv. Not., 1985, 216 ss.
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costitutivo delle società di capitali.
La pronuncia de qua costituisce la prima sentenza
successiva alla L. n. 340/2000 ed, altresì, alla riforma del diritto societario, coinvolgendo, però,
una vicenda iniziata sotto la vigenza della precedente normativa.
Analizzando la sentenza dal punto di vista strutturale e contenutistico, emerge immediata la breviloquenza tanto della motivazione, quanto del dispositivo. Nella motivazione, in particolare, i Giudici si
limitano a riprendere lo svolgimento del processo,
esponendo i motivi di ricorso e riproducendo, in sostanza, le statuizioni del giudice di secondo grado.
Vero è che la tematica in questione, come già rilevato, sembra essere stata già abbondantemente
“sdoganata”, ma neanche un accenno è fatto allo
stadio della dottrina, dalla quale, come visto, emergono nuovi possibili scenari di confronto, né tantomeno ci si spinge ad un possibile sguardo in prospettiva comparatistica, limitandosi a riportare precedenti massime giurisprudenziali inerenti ai temi
presi in considerazione.
Punto focale della sentenza è quello da cui è stata,
poi, estrapolata la massima, passaggio nel quale la
Corte si staglia con il filone prevalente in dottrina e
in giurisprudenza44, in particolare menzionando la
precedente sentenza del 5 giugno 1999, n. 5533, di
identico contenuto.
Partendo dall’assunto relativo all’efficacia costitutiva dell’iscrizione al Registro Imprese ed
all’inesistenza della società prima di detto momento, si stabilisce che la delibera di aumento del capitale assunta nelle more del procedimento costitutivo
è inesistente, “in quanto emanata da un’assemblea
ancora priva della possibilità giuridica di deliberare”. Tale delibera può tuttavia assumere la valenza
di una convenzione modificativa dell’atto costitutivo “a condizione che risultino osservati i requisiti
di forma e di sostanza prescritti per tale atto”. La
Suprema Corte si richiama, cioè, al principio di
conservazione ex art. 1367 c.c., principio cardine
del nostro Ordinamento.
Interessante è, a questo punto, evidenziare la possibile polivalenza del richiamo al principio di conservazione. A sostegno della teoria della Vorgesellschaft, si nota45, infatti, come sembrerebbe incoerente consentire alla società, sulla base del suddetto
principio, di modificare le cause di nullità ai sensi
dell’art. 2332, comma V, c.c. e non ammettere la
sua esistenza, anche embrionale, in seguito alla sti44
45
Per i riferimenti in merito si rinvia alle note 4 e 5
Guida, op. cit. (nt. 12), 419.
10
pula dell’atto costitutivo.
Anche la Cassazione, come già la Corte d’appello,
non può fare, poi, a meno di rilevare l’incongruenza
del motivo di ricorso fondato sulla violazione del
diritto di prelazione ex art. 38 L. n. 392/1978. Si
nota, in particolare, come la ricorrente avesse censurato la delibera di aumento del capitale ed il relativo conferimento immobiliare per un interesse meramente riflesso e rivolto a propugnare la convinzione che tale fattispecie celasse, in realtà, una vendita tra il conferente ed i successivi acquirenti della
partecipazione sociale.
In merito la Corte, rigettando il motivo di ricorso,
coglie l’occasione per definire con un obiter dictum
i rapporti tra prelazione commerciale e trasferimento della partecipazione nella società locatrice, il cui
patrimonio comprenda l’immobile condotto in locazione.
La giurisprudenza di legittimità è, ormai, consolidata nel sostenere l’insussistenza del diritto di prelazione per il conduttore tanto nell’ ipotesi in considerazione, quanto in quella di conferimento in società dell’immobile locato.
In particolare, quanto al conferimento immobiliare
effettuato dal locatore, la carenza del diritto di prelazione nel conduttore è determinata dalla mancanza dei presupposti fondamentali su cui tale diritto si
fonda: il trasferimento a titolo oneroso e la parità di
condizioni46.
Quanto, invece, al trasferimento della partecipazione sociale, il tema dei rapporti di quest’ultimo contratto con la prelazione commerciale47 s’interseca
con la questione relativa alla natura del contratto
stesso e del suo oggetto. È, ormai, pacifico che si
tratti di un contratto consensuale avente ad oggetto
46
La Corte richiama, peraltro, in materia: Cass. 29 settembre
2005, n. 19160, in Vita not., 2006, 295; Cass. 21 luglio 2000, n.
9592, in Foro it., 2000, I, 2774. Quest’ultima, in particolare,
forma giudicato esterno tra le stesse società coinvolte nel giudizio de quo: la Mare s.a.s. e la Jolly Fashion s.r.l., e la relativa
massima stabilisce che: “Qualora un locatore conferisca in proprietà ad una società l’immobile urbano locato non sussistono i
diritti di prelazione e di riscatto previsti dagli artt. 38 e 39 della
legge 27 luglio 1978, n. 392 in favore del conduttore
dell’immobile medesimo, non essendo in tal caso configurabile
un ‘trasferimento a titolo oneroso’ ai sensi del primo comma
dell’art. 38 della legge citata. È manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sopra
indicate nella parte in cui non comprendono tra i trasferimenti a
titolo oneroso il conferimento in proprietà ad una società
dell’immobile, costituendo la vendita e il conferimento situazioni
diverse, tali che la differente disciplina non viola l’art. 3 Cost.”.
Sulla prelazione commerciale vedi anche Casu, Prelazione urbana, Studio CNN n- 206-2006/C, in Studi e materiali, 2006, 2,
1265 ss.
47
Così, ex multis: Cass. 21 marzo 2001, n. 4020, in Foro it.,
2001, I, 1520; Cass. 23 luglio 1998, n. 7209, in Foro it., 1999, I,
3018 (quest’ultima, però, relativa alla prelazione agraria).
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un bene mobile immateriale48 e non una porzione di
beni sociali. Tali beni costituiscono, infatti, patrimonio
della
società,
centro
autonomo
d’imputazione di situazioni giuridiche soggettive, e
non dei singoli soci in comproprietà. Con la cessione della partecipazione sociale il socio trasferisce
solo la propria posizione in società, non potendo,
pertanto, sorgere alcun diritto di prelazione in favore del conduttore di immobile di cui la società è
proprietaria.
La sentenza, tuttavia, sembra trascurare il rilevante
dato che la vendita della partecipazione sociale era
avvenuta anch’essa prima dell’iscrizione della società nel Registro delle Imprese49.
Emerge, quindi, un’incongruenza nel pensiero dei
Giudici: aderire all’orientamento sopra esposto in
materia di trasferimento della partecipazione sociale, sotteso ai rapporti di quest’ultima con la prelazione commerciale, significa implicitamente ammettere che proprietaria dell’immobile fosse già la
società, sebbene anteriormente all’iscrizione. Da un
lato, infatti, si statuisce l’inesistenza della delibera
di aumento in quanto tale, ma la sua valenza come
modifica dell’atto costitutivo, dall’altro, poi, si nega la sussistenza del diritto di prelazione in relazione al trasferimento della partecipazione sociale, sostenendo che tale atto non ha ad oggetto i beni sociali, i quali, ergo, sono e rimangono di proprietà
della società locatrice. La società, dunque, può essere titolare di beni anche prima dell’iscrizione.
Anche per tal via, allora, può riprendere vigore la
teoria della Vorgesellschaft.
Conclusioni
Come dimostrato, nonostante la nuova pronuncia
della Suprema Corte appaia come una quasi pleonastica riaffermazione dell’orientamento nettamente prevalente, attestato nel sostenere l’inesistenza
delle società di capitali nelle more del procedimen48
Si ritiene che il disposto dell’art. 812, ult. comma, c.c., nella
sua generica formulazione, sia idoneo a comprendere in sé anche i beni mobili immateriali. Alle partecipazioni di s.r.l. possono essere estese le medesime considerazioni fatte in merito di
società di persone e di s.p.a., vedi, in dottrina: Cottino, op. cit.
(nt. 5), 398; Di Sabato, op. cit. (nt. 11), 368; Ferri, op. cit. (nt.
31), 490; Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 660. In giurisprudenza: Cass. 13 dicembre 2006, n. 26690, in Rep. Foro
it., 2006, 754; Cass. 19 luglio 2001, n. 16031, in Giur. Comm.,
2008, II, 103; Cass., sez. un., 18 settembre 1970, n.1549, in
Foro it., 1970, I, 2828; specificamente sulle s.r.l. si è espressa
Cass. 21 giugno 1996, n. 5773, in Società, 1997, 33 ss.
49
Come già evidenziato, infra al par. 2, la modifica apportata
dalla riforma all’art. 2331, ult. comma, c.c., implicante
l’ammissibilità dell’alienazione delle partecipazioni sociali prima
dell’iscrizione della società viene interpretata come argomento
a favore della tesi della società in formazione.
11
to costitutivo, non mancano, ancor oggi, validi
spunti a supporto della teoria della società in formazione.
Non si può fare a meno di notare, che, aderendo alla tesi dell’efficacia costitutiva dell’iscrizione al
Registro Imprese, si attribuisce alle società di capitali un trattamento normativo deteriore rispetto non
solo alle società di persone, ma, più in generale, a
tutti gli enti di diritto privato, ai quali, dopo il perfezionamento dell’atto costitutivo, viene comunque
riconosciuta una forma di soggettività, se non la
personalità giuridica, che segue agli adempimenti
pubblicitari. Non si dubita, infatti, che tanto le società irregolari, quanto le associazioni non riconosciute, possano ritenersi centri autonomi
d’imputazione di diritti ed obblighi, avendo
un’autonomia patrimoniale seppure imperfetta. Né,
in considerazione di ciò, si vede il motivo per cui si
dovrebbe negare tout court l’esistenza delle società
di capitali prima dell’iscrizione, trattandosi di organismi assai diffusi nella realtà commerciale e che
dovrebbero caratterizzarsi proprio in virtù della disciplina più flessibile rispetto alle società a base
personale.
Aderendo alla teoria della società in formazione e
dell’attribuzione ai soggetti nominati nell’atto costitutivo di una rappresentanza per il soggetto futuro, sarebbe risolta, come già chiarito, la problematica relativa all’immediata liberazione dei conferimenti effettuati dai soci, in osservanza delle disposizioni di legge, nonché la problematica connessa
della gestione interinale dei beni conferiti.
Si pensi, ad esempio, ad uno dei conferimenti in natura più diffusi in sede di costituzione di una impresa societaria: quello di azienda. È evidente che, onde evitare soluzioni di continuità che impattino negativamente sulla produttività del bene, l’ azienda
dovrà essere gestita durante il periodo necessario
per l’adempimento pubblicitario e lo sarà, verosimilmente, dagli amministratori nominati nell’atto
costitutivo. Optando per la tesi della pubblicità costitutiva, questi ultimi non sarebbero muniti dei poteri gestori in tale frangente e sarebbero sottoposti
anche per l’utile gestione dell’azienda alla responsabilità ex art. 2331, comma II, c.c., salvo non voler
ritenere che si tratti di operazioni necessarie. Eppure ciò sarebbe difficile da ammettere, soprattutto
per atti dispositivi inerenti al complesso aziendale, i
quali, tuttavia, in concreto potrebbero essere fondamentali onde evitare nocumento all’azienda stessa50.
La carenza di legittimazione viene, poi, sostenuta
dall’indirizzo prevalente anche in relazione
all’organo assembleare, centro gravitazionale della
vita sociale. Così, la stessa pronuncia in commento
sostiene l’ inesistenza delle delibere assembleari assunte nelle more del procedimento costitutivo e la
loro rilevanza, al più, come modifiche dell’atto costitutivo. Ed in ciò, ancora una volta, si manifesta
un’incoerenza: sembra quanto mai bizzarro consentire operazioni ai sensi dell’art. 2331 c.c. a soggetti
che agiscano di propria iniziativa e negare, ad
esempio, la possibilità dell’assemblea di autorizzare
ex ante il compimento di tali atti51.
Il medesimo problema, peraltro, si propone
nell’adozione di delibere in seguito alla trasformazione di società di persone in società di capitali, fintanto che il nuovo ente non sia sottoposto alla pubblicità necessaria.52
Ed allora, in considerazione di quanto finora esposto, sembra potersi affermare che il reale intento riposto dal Legislatore nella disciplina dell’art. 2331
c.c. e nella sua revisione in seguito alla riforma del
2003, non sia stato quello di prendere posizione in
adesione dell’una o dell’altra tesi circa la situazione
giuridica della società di capitali prima
dell’iscrizione nel Registro delle Imprese, ma più
semplicemente di fornire una regolamentazione
dell’attività svolta nelle more del procedimento costitutivo. Anche nella Relazione Ministeriale53 che
accompagna la riforma è assolutamente assente
qualsiasi rilievo in merito all’esistenza della società, l’unica preoccupazione è di colmare alcune lacune della disciplina previgente, onde evitare risvolti patologici.
Militano, invece, in favore di questo filone dottrinale gli artt. 223bis, VI comma, e 223duodecies, V
comma, disp. att. c.c., che stabiliscono che non possono essere iscritte nel Registro Imprese società di
capitali e cooperative, il cui atto costitutivo non sia
stato adeguato alla nuova disciplina post riforma,
“anche se costituite anteriormente” all’entrata in
vigore del D.Lgs. n. 6/2003.
Il Legislatore sembra, quindi, con ciò affermare che
la società possa dirsi costituita anche prima
50
53
Vedi anche Cavanna, op. cit. (nt. 22), 98.
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51
Come osserva Guida, op. cit. (nt.12), 419 ss., il quale, peraltro, fornisce un’ampia disamina delle delibere che potrebbero
presentarsi all’attenzione dell’assemblea nel frangente tra atto
costitutivo ed iscrizione, valutando l’opportunità, se non, in alcuni casi, la necessità che la decisione assembleare possa essere verbalizzata dal notaio.
52
In tal senso Manfrè, Trasformazione a maggioranza di società di persone in società di capitali, in Notariato, 2005, 4, 375
ss., in part. 382.
Cfr. § 1 n.4 della Relazione Ministeriale al D.Lgs. n. 6/2003.
12
dell’adempimento pubblicitario. Senza considerare
quanto già menzionato con riguardo all’affinità della disciplina nostrana rispetto ad altri Ordinamenti
Europei che non negano, anzi accolgono la teoria
della Vorgesellschaft.
Sembra, quindi, possa concludersi sostenendo
l’opportunità quanto meno di riaprire i termini del
confronto sulla materia, trattandosi di un problema,
forse di poco momento dal punto di vista pratico,
stante la già citata abbreviazione dei tempi per il
completamento del procedimento costitutivo, ma
senza dubbio non definitivamente risolto, né da accantonare.
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