Ottica fisica e ottica ondulatoria La luce è un’onda elettromagnetica; ne studiamo le proprietà principali, tra cui quelle non dipendenti direttamente dalla natura ondulatoria (ottica “geometrica”) Lezione 12 Vedi anche: “Natura e storia della luce” Fronti d’onda: superfici su cui l’onda è in fase (ad esempio le creste, linee azzurre) Raggi: linee lungo la direzione di propagazione (frecce rosse); perpendicolari ai fronti d’onda Lunghezza d’onda piccola rispetto all’ostacolo: l’onda tende a procedere nella direzione dei raggi rettilinei, senza disperdersi Approssimazione dell’ottica geometrica: per la luce visibile vale λ ≈ 500 nm = 5·10-7 m << 1 m Propagazione per raggi rettilinei Lunghezza d’onda grande rispetto all’ostacolo: fenomeno della diffrazione, l’onda tende a disperdersi in tutte le direzioni normale alla sup. Riflessione raggio incidente Su superfici lisce il raggio luminoso subisce riflessione; considerando gli angoli rispetto alla normale alla superficie nel punto di incidenza del raggio θi = θr raggio riflesso θi θ r angolo di incidenza = angolo di riflessione raggio incidente Rifrazione Quando un raggio incide sulla superficie di separazione tra due mezzi (trasparenti) diversi, in cui la velocità di propagazione è diversa, si ha una deviazione della direzione di propagazione; i raggi stanno sullo stesso piano perpendicolare alla superficie, e vale la Legge di Snell della rifrazione θ1 sin(θ1 ) v1 = sin(θ 2 ) v 2 normale 1 2 θ2 raggio rifratto dove v1 e v2 sono le velocità del raggio nei mezzi 1 e 2 raggio più lento → traiettoria più vicina alla normale (e viceversa) La frequenza dell’onda rimane invariata (le vibrazioni sulla superficie di separazione sono le stesse) La lunghezza d’onda diminuisce se v diminuisce (da v = λ · ν), o aumenta se v aumenta sen(θ1) r=1 sen(θ2) Definizione: indice di rifrazione c n = ≥1 v velocità della luce nel vuoto velocità della luce nel mezzo Legge di Snell: n1 ⋅ sin(θ1 ) = n2 ⋅ sin(θ 2 ) Indice di rifrazione più grande → traiettoria più vicina alla normale (e viceversa) v sempre minore o uguale a c, la quale è la massima velocità possibile (relatività di Einstein) n è una proprietà fondamentale dei mezzi materiali trasparenti (e più misurabile rispetto alla v!) Esempi: vuoto n = 1; aria n = 1.0003; acqua n = 1.33, semiconduttori n = 3.6; eccetera… Prisma di vetro che rifrange un raggio di luce monocromatico, e lo devia di un angolo δ L’indice di rifrazione n può variare con la lunghezza d’onda: onde luminose di lunghezza d’onda maggiore hanno n minore e viceversa. Fenomeno della dispersione: un raggio di luce “bianca” (che contiene tutte le lunghezze d’onda nella regione visibile) viene separato nei vari raggi componenti (i colori) La componente “blu” della luce bianca viene deviata più della componente “rossa” normale Riflessione totale Quando un raggio passa da un mezzo di indice di rifrazione maggiore a uno con indice di rifrazione minore, l’angolo di uscita (rispetto alla normale) è maggiore dell’angolo di incidenza. Il valore massimo di θ2 è π/2; a questo corrisponde l’angolo di incidenza θL che si ricava da n1 ⋅ sin(θ L ) = n2 ⋅ sin(π / 2) sin(θ L ) = aria n1 > n2 n2 (< 1) n1 θL Un raggio incidente con l’angolo θL , detto angolo limite, esce parallelo alla superficie (raggio 4). Un raggio incidente con un angolo θi maggiore di θL (raggio 5) , non può uscire e viene riflesso nel mezzo 1. acqua Quindi passando da n1 a n2 , con n1 > n2 , se l’angolo di incidenza è abbastanza grande il raggio rimane confinato nel mezzo. Questo fenomeno è sfruttato ad esempio nelle fibre ottiche (in vetro), che trasportano luce senza disperderla. Relazione tra indice di rifrazione e costante dielettrica relativa In un mezzo materiale (dielettrico): ε = ε r ⋅ε 0 Costante dielettrica Permeabilità magnetica µ ≅ µ 0 Velocità delle luce nel mezzo v= 1 εµ = 1 ε rε 0 µ0 = c εr Indice di rifrazione n= c = εr v x Ex E x = E0 cos(θ ) (propagante) E y = E0 sin(θ ) ( viene assorbita ) Se I0 è l’intensità dell’onda all’ingresso del materiale, l’intensità all’uscita I1 è data dalla legge di Malus: I1 = I 0 ⋅ cos 2 (θ ) I 0 ∝ E02 I1 ∝ E x2 Luce non polarizzata (campo E in tutte le direzioni) La luce emessa da sorgenti estese (molti atomi) è composta da molte onde e non è polarizzata, cioè non ha una direzione preferenziale di polarizzazione θ Direzione dell’onda polarizzazione su y Ey z E0 y y polarizzazione su x Il materiale fissa le direzioni x (di passaggio) e y (di assorbimento) Se l’onda incidente sul materiale oscilla con ampiezze E0 nella direzione ad angolo θ rispetto a x, la componente dell’oscillazione sull’asse y viene assorbita, la componente sull’asse x passa. I1 Le ampiezze dell’onda sono: x Direzione in cui oscilla il campo elettrico dell’onda luminosa Polarizzazione della luce Esistono materiali (naturali e artificiali come il polaroid) che polarizzano la luce, assorbendo le vibrazioni del campo in una direzione e lasciando passare quelle nella direzione ortogonale Luce non polarizzata che incide su un polarizzatore: l’energia (o l’intensità) si ripartisce equamente sulle due direzioni ortogonali x e y, quindi → luce non polarizz. I1 = I0 2 x lente polarizzatrice luce polarizzata x I0 z I1 Luce polarizzata che incide su un polarizzatore, il cui asse x è inclinato dell’angolo θ rispetto alla direzione di polarizzazione incidente. θ I1 = I 0 ⋅ cos 2 (θ ) Se la luce polarizzata è generata da un primo polarizzatore, la luce uscente dal secondo polarizzatore è massima per θ = 0 (polarizzatori paralleli) è minima (zero!) per θ = π/2 (polarizzatori incrociati) Generazione di luce polarizzata a) b) c) Per mezzo di lenti polarizzanti (come sopra). Per riflessione: legge di Brewster, se i raggi riflesso e rifratto sono tra loro perpendicolari, la luce riflessa è completamente polarizzata perpendicolare al piano di incidenza. → Per rifrazione: fenomeno della birifrangenza. Certi cristalli generano due raggi rifratti in direzioni diverse (perché la luce ha velocità diverse nelle diverse direzioni del reticolo cristallino) e questi raggi sono polarizzati in direzioni ortogonali. I0 z I1 Interferenza di onde luminose Si hanno fenomeni di interferenza (che rendono evidente la natura ondulatoria della luce) quando: a) Si sovrappongono onde emesse da sorgenti coerenti, cioè che hanno una differenza di fase ben definita (esempio: se si usa la stessa lampadina) b) Se sono onde monocromatiche, cioè con la stessa lunghezza d’onda (esempio: si seleziona un raggio uscente da un prisma, o emesso da un laser) Esperimento di Young (1801) Una lampada illumina, con luce monocromatica, la piccola fenditura S0, che fa da sorgente che illumina le due fenditure S1 e S2. Queste costituiscono due sorgenti di luce coerenti (onde sinusoidali in fase). Sullo schermo si osservano frange alternate chiare e scure, originate dall’interferenza delle onde luminose provenienti da S1 e S2. (sovrapposizione di onde sinusoidali → ampiezza totale da zero a un massimo) Interferenza costruttiva se δ corrisponde a un numero intero di lunghezze d’onda (frange luminose) δ = m⋅λ (con m intero qualsiasi) Interferenza distruttiva se δ corrisponde a una mezza lunghezza d’onda in più (frange scure) δ = m+ posizione dei massimi luminosi: sin(θ ) = m⋅λ y = d L y=m λ⋅L d posizione dei minimi (buio): 1 ⋅λ 2 1 λ⋅L 2 d y L come si vede dalla figura; inoltre sin(θ ) ≅ tan(θ ) = δ = r2 − r1 = d sin(θ ) d distanza tra le fenditure (≈ mm) L >> d distanza (orizzontale) dello schermo y posizione di P sull’asse verticale dello schermo θ angolo della direzione di P rispetto all’orizzontale (a metà tra le fenditure) S1 e S2 emettono onde uguali (A, ω, k uguali) e in fase (ad esempio, in S1 e S2 e in un certo istante le due onde sono all’ampiezza massima). Sul punto P arrivano: 1) l’onda di S1 che ha percorso r1 2) l’onda di S2 che ha percorso r2 Dato che r2 > r1 la seconda onda è in ritardo, e non è più in fase con la prima; il risultato della sovrapposizione di queste onde sinusoidali dipende da: Differenza di cammino ottico y = m+ Intensità della figura di interferenza: dalla sovrapposizione di onde sinusoidali sappiamo che il campo elettrico totale dell’onda e.m. risultante è E1 ET = E1 + E2 = 2 E0 ⋅ cos(ϕ / 2) ⋅ sin (kx − ωt + ϕ / 2) Ampiezza risultante E2 Onda sinusoidale risultante La differenza di fase delle onde ϕ dipende 2π d y k k d = ⋅ = ⋅ sin( ) = ϕ δ θ dalla differenza di cammino ottico: I in funzione di δ λL L’ intensità di illuminazione è proporzionale al campo elettrico al quadrato, quindi si avrà: I = I 0 cos 2 (ϕ / 2) δ Cambiamento di fase dovuto alla riflessione Un’onda elettromagnetica (quindi anche la luce) subisce un cambiamento di fase di π rad (1800) se riflessa da un mezzo con indice di rifrazione più alto. Nel caso opposto non si verifica nessuna variazione di fase (e neppure se l’onda subisce rifrazione). Questo fenomeno è importante per → Supporto rigido sin(kx − ωt + π ) sin(kx − ωt ) sin( kx − ωt ) 1 n1 < n2 2 Analogia con un’onda su una corda Interferenza di lamine sottili Es. bolle di sapone, olio su acqua, strati antiriflesso,… interf. Lamina di spessore d e indice di rifrazione n , su cui incide quasi perpendicolarmente un raggio luminoso di lunghezza d’onda in aria λ = c/ν. Dato che n = c/v (e la frequenza non cambia) la lunghezza d’onda nel mezzo è λn = v/ν = λ/n (inferiore a quella in aria). La differenza di cammino ottico tra i due raggi è quindi: 2nd = m+ 1 λ 2 δ = 2 d − λn / 2 Interferenza distruttiva se δ corrisponde a una mezza lunghezza d’onda (nel mezzo) in più δ = m ⋅ λn Interferenza costruttiva se δ corrisponde a un numero intero di lunghezze d’onda (nel mezzo) 2 d δ = m+ 1 λn 2 L’interferenza dipende dallo spessore della lamina e dall’indice di rifrazione; inoltre dipende dalla lunghezza d’onda. Vengono quindi osservati massimi e minimi di intensità diversi per ogni colore! (2) Raggio riflesso dalla superficie superiore, cambiamento di fase π, (corrispondente a un cammino ottico di mezza lunghezza d’onda). Raggio rifratto e riflesso dalla faccia inferiore, nessun cambiamento di fase; il raggio però viaggia per una ulteriore distanza 2d nel mezzo, rispetto al raggio in aria. (1) 1 2nd = m⋅λ Anelli di Newton interf. Lente circolare sottile su un piano di vetro; in questo caso il ruolo della lamina sottile è svolto dall’aria interposta tra i due vetri (si ha cambiamento di fase nella riflessione sul piano di vetro) Si osservano delle frange circolari, alternativamente chiare e scure Diffrazione d Condizione per osservare i fenomeni di diffrazione λ>d Si ha diffrazione quando le onde passano per piccole aperture, o intorno a piccoli ostacoli. Si ha un allargamento del fronte d’onda, ben oltre la normale propagazione rettilinea. Le immagini non sono nette (come idealmente sarebbe per i raggi rettilinei) ma con zone di luce e di ombra. Vi è un massimo centrale di intensità luminosa, circondato da massimi e minimi secondari . Diffrazione da singola fenditura Un fronte d’onda (raggio) luminoso incide su una fenditura di dimensione a. Ogni elemento della fenditura si comporta come una sorgente di onde luminose in fase tra loro (è il principio di Huygens, un principio fondamentale della propagazione per onde). Sullo schermo arriva quindi una sovrapposizione di onde provenienti da ogni punto della fenditura, e si ha interferenza. Effetto dell’interferenza : → Per θ = 0 (e L >> a) le onde percorrono praticamente la stessa distanza, quindi si ha interferenza costruttiva e il massimo di illuminazione I0 . → Per θ > 0, l’intensità diminuisce fino a zero. Per trovare la posizione di questo minimo, consideriamo la fenditura divisa in due parti uguali (a/2). Ad ogni onda generata da punto nella metà inferiore corrisponde un’onda generata da un punto della metà superiore (ad esempio le onde 1 e 3); si ha interferenza distruttiva se la differenza di cammino ottico è mezza lunghezza d’onda, da cui la condizione: λ a λ = sin(θ ) sin(θ ) = 2 2 a → Un altro minimo si trova in modo analogo λ a = sin(θ ) dividendo la fenditura in 4 parti, e così via → 2 4 I0 Condizione per i minimi di intensità λ sin(θ ) = m ; m = ± 1, ± 2, a ; m = ± 1, ± 2, Per angoli piccoli, sin(θ) ≈ θ, quindi λ θ =m la condizione approssimativa a La diffrazione limita le capacità degli strumenti ottici di distinguere (“risolvere”) immagini di oggetti tra loro vicini. Le immagini sono costruite facendo passare la luce attraverso lenti e/o aperture (esempio le immagini delle due sorgenti quasi puntiformi S1 e S2 , di separazione angolare θ ) per cui l’immagine non è mai netta ma costituita da un massimo centrale allargato e “sfuocato”, con altri massimi secondari di contorno. Per decidere quando due immagini possono dirsi risolte, si usa la condizione: θ Criterio di Rayleigh Le immagini sono risolte quando il massimo centrale dell’una coincide col primo minimo dell’altra. Figure di diffrazione di due sorgenti puntiformi, per diverse separazioni angolari Per aperture rettangolari, il λ θ ≅ min primo minimo si trova a a (vedi la pag. precedente) che è quindi l’angolo minimo con cui possiamo dire di osservare separati due oggetti (un esempio si osserva nella figura centrale). λ Per aperture circolari, il θ ≅ 1 . 22 min primo minimo si trova a a Si può aumentare la “risoluzione” delle immagini diminuendo la lunghezza d’onda; questa è la ragione per cui si sono inventati il microscopio a raggi X, il microscopio elettronico etc. Sorgenti distanti, immagini ben risolte Sorgenti molto vicine, immagini non risolte Sorgenti vicine, immagini appena risolte Reticolo di diffrazione Utile strumento per misurare la lunghezza d’onda della luce, o per produrre fasci di luce monocromatica. E’ costituito da N fenditure (o N righe) sottili ed equispaziate, dell’ordine di migliaia per cm. Effetti combinati di interferenza e diffrazione. → La distanza d tra le fenditure determina l’interferenza delle onde emesse: come prima, la posizione dei massimi è data da d sin(θ ) = m ⋅ λ ( m intero ) → La diffrazione dalla singola fenditura interferisce con quella delle altre fenditure, e determina un restringimento delle frange (più efficace più è grande N). Si ha una figura composta di massimi molto stretti ed equispaziati Se la sorgente emette diverse lunghezze d’onda (es. luce bianca), ogni onda ha la sua figura di massimi, ed è possibile selezionare una luce monocromatica, di lunghezza d’onda fissata a piacere, posizionando P sull’angolo opportuno. Potere risolutivo del reticolo = capacità di “risolvere” tra due lunghezze d’onda diverse Per definizione R = λ λ = media ∆λ λ1 − λ2 Per il reticolo, in base al criterio di Rayleigh si trova R Il potere risolutivo è maggiore più è grande il numero di righe, e per alto ordine dei massimi (grandi angoli). = N ⋅m Intensità luminosa in funzione di sin(θ); m si dice “ordine dei massimi di intensità” La natura della luce (e delle onde e.m.) Il modello ondulatorio per le onde e.m. (che deriva direttamente dall Eq. di Maxwell) descrive perfettamente tutti i fenomeni luminosi. Ma nuovi fenomeni osservati a livello atomico e subatomico, a partire dal 1900, (emissione di corpo nero, interazioni con elettroni e con la materia etc.) mostrano che la luce può comportarsi anche come una “particella”. Oggi sappiamo che (almeno per i fenomeni su scala atomica) l’energia luminosa non è continua (come immaginato nel modello ondulatorio classico), ma è distribuita in pacchetti detti “quanti” o “fotoni”; si dice che l’energia è quantizzata, e in particolare si ha che l’energia di un fotone è proporzionale alla frequenza dell’onda corrispondente secondo la legge (di Planck): E = h ⋅ν Immagine (non realistica) della propagazione di onde e.m. in forma di quanti di luce, o fotoni E = hν 10-34 dove h = 6.626 x J·s è la “costante di Planck”, caratteristica della fisica dei fenomeni microscopici a livello atomico. L’ “intensità” della luce (densità di energia per velocità) può quindi essere interpretata come “il numero di fotoni N che attraversano l’unità di superficie e di tempo, moltiplicato per l’energia hν del singolo fotone” L’aspetto “corpuscolare” della radiazione luminosa implica anche che, oltre all’energia E, il fotone possiede la quantità di moto p data da → (la seconda formula si ricava con la relazione fondamentale c = λ ν ) E h p= = c λ Anche per i fotoni valgono sempre le leggi di conservazione dell’Energia e conservazione della quantità di moto I fotoni possono subire urti elastici o anelastici (leggi degli urti come per le particelle), scambiando energia e quantità di moto, e quindi con variazioni di frequenza e lunghezza d’onda. Oppure possono essere assorbiti o emessi; in questo caso l’energia e la quantità di moto vengono cedute (o prelevate) completamente al materiale. luce Effetto fotoelettrico Quando la luce incide sulla superficie metallica A si ha emissione di elettroni, che possono raggiungere la placca B e determinare una corrente nel circuito. L’energia cinetica dei fotoelettroni viene misurata rallentandoli per mezzo di una differenza di potenziale contraria: quando la corrente cade a zero, il potenziale (detto potenziale di arresto V0) è uguale all’energia cinetica massima degli elettroni emessi: K MAX = qe ⋅ V0 A Elettroni (energia KMAX) + B − Le osservazioni sperimentali ci dicono che: 1) Si ha emissione di elettroni solo se la frequenza della luce incidente è Differenza di superiore a una frequenza di soglia (caratteristica del materiale); potenziale variabile V0 2) il numero degli elettroni emessi è proporzionale all’intensità della luce; 3) l’energia cinetica massima degli elettroni non dipende dall’intensità ma solo dalla frequenza della luce (crescente con essa). La teoria ondulatoria non è in grado di spiegare questi fatti, mentre trattando la luce come una corrente di fotoni, il fenomeno è spiegato come l’assorbimento di un fotone da parte di un elettrone del metallo, con cessione di tutta l’energia. Infatti si ha che: 1) per estrarre un elettrone da un metallo è necessaria un’energia minima φ K MAX (energia di estrazione o di ionizzazione). A questa corrisponde un fotone di frequenza minima ν 0 = φ / h, al di sotto della quale non è possibile estrarre l’elettrone dal materiale, qualunque sia l’intensità luminosa; 2) il numero di elettroni emessi sarà proporzionale al numero dei fotoni incidenti, e quindi all’intensità; 3) l’energia cinetica massima si trova dal bilancio energetico: K MAX = hν − φ 0 ν0 e quindi dipende dalla frequenza, e si ha energia cinetica maggiore per frequenze incidenti maggiori (vedi il grafico). ν