Nelle viscere del Gran Sasso si studiano i misteri

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Nelle viscere del Gran Sasso si studiano
i misteri del cosmo
di Marco Pallavicini
Docente di Astrofisica all’Università di Genova
Astrofisica
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Duemila metri sotto la vetta di Corno Grande
le sale dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, i più importanti
laboratori sotterranei di fisica del mondo, ospitano 15 esperimenti
progettati per far luce su alcuni dei più grandi misteri del cosmo.
Ideati e realizzati a metà degli anni ’80
durante la costruzione dell’autostrada A24 Roma-Teramo, i laboratori
sono composti da tre grandi sale sperimentali scavate nel profondo della
montagna per proteggere gli esperimenti dalla radiazione cosmica che
continuamente investe la superficie
del nostro pianeta.
Quasi mille ricercatori da 24 paesi del
mondo cercano di rispondere a domande cruciali in astrofisica, fisica nucleare e fisica delle particelle elementari: qual è l’intima natura dei
neutrini e quanto vale la loro massa?
Come funzionano le reazioni nucleari
nel centro del Sole? Che sono la “materia oscura” e “l’energia oscura”,
quelle forme sconosciute e inafferrabili di materia che sembrano permeare
la nostra Galassia e tutto l’Universo
nel suo insieme?
Queste domande non possono essere affrontate da esperimenti fatti nei
normali laboratori costruiti sulla superficie. Infatti, il flusso di raggi cosmici, - protoni di alta energia provenienti dal Sole e dallo spazio profondo che costantemente investono
l’atmosfera terrestre -, a livello del
mare è circa di 200 particelle per secondo e per metro quadrato. Gli
“eventi” che si vogliono rivelare al
Gran Sasso, siano essi l’urto di un
neutrino solare con un elettrone, o
l’urto di una particella di materia
oscura con un nucleo atomico, sono
invece straordinariamente rari, in
qualche caso solo pochi eventi all’anno. Il rumore di fondo causato dai
raggi cosmici rende impossibile la mi-
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sura in superficie, mentre la roccia
della montagna riduce il flusso di particelle di più di un milione, creando
quelle condizioni di “silenzio cosmico” che sono indispensabili per
questi esperimenti. Non si può ascoltare il battito d’ala di una farfalla stando in discoteca.
La domanda a questo punto sorge
spontanea: come è possibile studiare
l’Universo o il nucleo del Sole stando rintanati dentro una montagna?
Quando guardiamo il Sole quello che
vediamo è la luce emessa dalla sua superficie, che all’incirca si comporta
come una palla incandescente alla
temperatura di circa 5000 °C. Per un
fisico la superficie non è però la parte più interessante. L’energia del Sole infatti è prodotta da reazioni di fusione nucleare che si svolgono nel suo
nucleo interno. Possiamo studiare il
nucleo del Sole, anche se è nascosto
mezzo milione di Km sotto la sua superficie, nascondendoci dentro una
montagna? Anche se può sembrare
La Terra è sferica, per cui i neutrini
per andare in linea retta dal laboratorio
svizzero del CERN fino al Gran Sasso
passano sotto la crosta terrestre.
La figura mostra il percorso dei
neutrini sotto il suolo italiano.
A fronte
La NASA ci propone questa
sorprendente immagine della galassia
a spirale NGC 1365, un maestoso
universo di “isole” ampio 200.000 anni
luce. Gli astronomi suppongono
che la barra sporgente della NGC 1365
svolga un ruolo cruciale nell’evoluzione
della galassia, attirando gas e polvere
cosmica nel gorgo di formazione delle
stelle, alimentando così il buco nero
centrale.
Copyright: SSRO-South – R. Gilbert,
D. Goldman, J. Harvey, D. Verschtatse
– PROMPT (D. Reichart)
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stupefacente, la risposta è sì. Possiamo infatti fare una radiografia del nucleo del Sole sfruttando le spettacolari proprietà di una particella molto speciale emessa dalle reazioni nucleari, il neutrino.
I neutrini sono particelle davvero uniche e occupano un ruolo specialissimo nella storia della fisica italiana. All’inizio degli anni ’30, il fisico tedesco Wolfgang Pauli ipotizzò l’esistenza di questa particella per spiegare
alcuni aspetti della radioatività. Fu però Enrico Fermi a elaborare la prima
teoria compiuta delle interazioni de-
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boli e a spiegare il ruolo del neutrino nei decadimenti radioattivi. Non
per caso, il neutrino è l’unica particella elementare che ha un nome italiano (neutrino sta per piccola particella neutra, e la desinenza ino è ovviamente propria della nostra lingua).
Fermi non è l’unico italiano ad aver
contribuito alla fisica dei neutrini.
Dopo di lui Ettore Majorana studiò
a fondo la natura intima di questa particella, - in modo così profondo che
dopo 70 anni alcune delle sue idee sono ancor oggi sottoposte a indagine
sperimentale proprio al Gran Sasso -
, e Bruno Pontecorvo è stato l’ideatore di uno speciale fenomeno detto
“oscillazioni di neutrino”, fenomeno
oggi oggetto del più spettacolare e
ambizioso dei progetti in corso al
Gran Sasso.
I neutrini sono particelle elementari
leggerissime (almeno un milione di
volte più leggeri di un elettrone e per
molto tempo si è pensato che avessero massa esattamente nulla come la
luce), e possono attraversare enormi
quantità di materia senza essere minimamente rallentati o deviati. Grazie a queste proprietà i neutrini possono uscire dal nucleo del Sole, attraversare tutta la stella (700.000 Km
di materia densa in media come l’acqua), viaggiare fino a noi per 150 milioni di Km, fare l’ultimo piccolo
sforzo di attraversare la montagna e
depositare nei rivelatori preziose informazioni su come funziona la nostra stella. Per questo motivo sono
difficilissimi da rivelare e solo proteggendosi dal “rumore” causato dai
raggi cosmici è possibile studiarli efficacemente. L’esperimento Borexino
è progettato appositamente per rivelare per la prima volta i neutrini prodotti da una particolare reazione
nucleare solare. Borexino è una sfera di quasi 14 m di diametro, riempita con una sostanza organica presente nella comune benzina che ha la
proprietà di emettere luce quando una
particella urta contro un elettrone, ed
equipaggiata con 2212 sensibilissimi
rivelatori di luce. Occasionalmente,
circa 30 volte al giorno, uno fra i 100
milioni di miliardi di neutrini solari
che ogni giorno attraversano il rivelatore, urta un elettrone contenuto
nella sfera. Quando questo accade un
debole ma chiaramente osservabile segnale luminoso sarà raccolto dai rivelatori di luce e trasformato in segnali elettrici rivelabili e utilizzabili
per misurare le proprietà dei neutrini. L’esperimento, realizzato anche
con un significativo contributo della Sezione di Genova dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e di fisici
dell’Università di Genova, inizierà a
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A fronte
Due viste dell’interno del rivelatore
di neutrini solari Borexino prima della
chiusura e riempimento del rivelatore.
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Sopra
Il rivelatore Borexino dopo
il riempimento con acqua.
Il scintillatore liquido.
funzionare fra pochi mesi e darà informazioni essenziali per verificare la
nostra conoscenza della fisica solare
e delle proprietà dei neutrini.
Al Gran Sasso non si studiano solo
i neutrini provenienti dal Sole. È infatti in fase di realizzazione uno dei
progetti più ambiziosi della storia
della scienza: la rivelazione di un fascio di neutrini prodotti a 720 Km di
distanza dagli acceleratori costruiti
presso i laboratori europei del
CERN di Ginevra. Al CERN è stato infatti costruito e già provato con
successo un fascio artificiale di neutrini “sparati” con grandissima precisione nella direzione dei laboratori del Gran Sasso. Lo scopo di questo ambizioso progetto è quello di
provare definitivamente che i neutrini
hanno la proprietà di trasformarsi
uno nell’altro grazie al fenomeno
chiamato delle “oscillazioni di sapore”. Che cosa sono le oscillazioni
di sapore? In natura esistono tre specie di neutrini, chiamati tecnica-
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mente elettronico, muonico e tauonico. Già negli anni ’50 Bruno Pontecorvo ipotizzò, sulla base di considerazioni teoriche, che quando un
neutrino di una certa specie si propaga nello spazio abbia una certa probabilità di trasformarsi in un neutrino di specie diversa. Questo fenomeno è già stato confermato in modo indiretto in vari esperimenti, ma
manca ancora una prova definitiva.
L’esperimento Opera cercherà di rivelare neutrini di tipo tauonico al
Gran Sasso, da un fascio di neutrini
muonici prodotti al CERN. Se infatti
la teoria delle oscillazioni è corretta, nei 720 Km di viaggio sotto la crosta terrestre fra il CERN e il Gran
Sasso (la Terra è sferica per cui la linea retta che congiunge i due laboratori passa sotto la superficie terrestre!) i neutrini muonici prodotti dagli acceleratori del CERN possono
trasformarsi in neutrini tauonici e rivelare la loro presenza nel rivelatore. L’esperimento è difficilissimo. Il
rivelatore è composto da circa
200000 mattoncini contenenti 12
milioni di lastre fotografiche che verrano esposte proprio come si fa con
una macchina fotografica non alla luce ma al fascio di neutrini dal CERN,
e quindi pazientemente analizzate al
microscopio per mezzo di sistemi robotizzati e di tanta tanta pazienza. I
neutrini tauonici riveleranno la loro
presenza lasciando nelle lastre fotografiche dei segnali caratteristici. La
rivelazione anche di un solo evento
indotto da un neutrino tauonico sarà la prova definitiva dell’esistenza
delle oscillazioni e la conferma delle idee di Pontecorvo.
Quanto pesa un neutrino? Anche se
non è possibile dire qui perché, l’esistenza delle oscillazioni di sapore
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suggerisce che la massa dei neutrini,
a differenza di quanto si pensava fino a qualche anno fa, è diversa da zero, ma non ci dice quanto pesano. I
neutrini sono troppo leggeri per essere “pesati” con le tecniche usate per
le altre particelle. Queste tecniche
hanno infatto mostrato che il neutrino è più leggero di un milionesimo
della massa dell’elettrone, ma non
sappiamo di più. Per misurare la massa dei neutrini serve una tecnica speciale: l’esperimento Cuore è il più ambizioso progetto oggi esistente al
mondo per misurare la massa dei neutrini studiando un rarissimo fenomeno di radioattività nucleare. Circa 1000 cristalli di ossido di Tellurio
saranno raffreddati a 10 millesimi di
grado °K per evidenziare se possibile questo rarissimo decadimento, ed
estrarre da esso il valore della massa
del neutrino.
Al Gran Sasso non ci si occupa solo
di neutrini, e in realtà il più grande mistero della fisica moderna non riguarda
i neutrini, ma la composizione di tutto l’Universo.
Gli spettacolari progressi dell’astronomia avvenuti nel secolo appena
concluso e in particolare negli anni
’90 hanno evidenziato che del mondo che ci circonda, per buona pace
di chi pensa che la scienza fondamentale abbia concluso il suo ciclo,
non sappiamo quasi nulla. Letteral-
Sopra
La sala C dei laboratori nazionali
del Gran Sasso durante gli scavi
e subito dopo la fine della costruzione
alla fine degli anni ’80.
La sala C dei laboratori
del Gran Sasso oggi con gli esperimenti
Opera e Borexino.
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mente nulla. Tuttalpiù possiamo socraticamente affermare che sappiamo
di non sapere; è già qualcosa, ma davvero non sappiamo molto di più. Infatti, lo studio di dettaglio di come
si muovono e si sono formate le galassie, di come si espande l’Universo nel suo complesso e soprattutto
l’analisi del “fondo a micro-onde”,
ovvero il fruscio di onde radio che
proviene dallo spazio profondo e che
è il residuo più antico del Big Bang,
hanno dimostrato che la materia ordinaria, ovvero gli atomi che formano i pianeti, le stelle e le galassie, la
ciccia di chi vi scrive e voi che leggete, è solo il 3% di ciò che esiste nell’Universo osservabile. Il rimanente
97% è semplicemente di natura
ignota. Sappiamo che c’è perché ne
vediamo l’effetto nel moto delle galassie e dell’Universo nel suo insieme, ma non abbiamo idee precise su
che cosa sia, anzi non abbiamo nemmeno idee vaghe.
Si suppone, ma qui siamo solo allo
stadio di interessanti speculazioni
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teoriche tuttaltro che dimostrate, che
circa 1/3 di quello che c’è ma non si
vede sia composto da particelle pesanti simili per molti aspetti ai neutrini, mentre del resto non abbiamo
alcuna idea plausibile. Alla prima
componente è stato dato il nome di
“materia oscura”, mentre la seconda
ancor più elusiva componente ha preso il nome di “energia oscura”. I nomi però non ingannino. Dare un nome ad una cosa è facile, serve a esorcizzare il mistero, ma non vuol dire
aver capito. Ci sono ancora più cose in cielo e in terra di quanto non
immagini la nostra filosofia.
Gli esperimenti Dama, CRESST,
WARP e Xenon oggi in corso al Gran
Sasso forse ci diranno che cosa è la
materia oscura, cercando di rivelare
il possibile urto di una di queste particelle con un nucleo atomico. È inutile dire che anche in questo caso si
tratta di esperimenti difficilissimi e ci
vorranno probabilmente alcuni anni
prima che possano arrivare delle risposte, se arriveranno. Nessuno può
prevedere a che cosa porteranno
questi esperimenti. Può darsi che la
materia oscura sia davvero un nuovo tipo di particella (e in tal caso è
probabile che prima o poi verrà rivelata, forse proprio al Gran Sasso),
ma è anche possibile che ciò che oggi chiamiamo “dark matter” e “dark
energy” siano solo nomi dati alla nostra attuale ignoranza, e che per
spiegare i fenomeni osservati sia necessario rivedere molto più profondamente le nostre idee scientifiche e
la nostra visione del mondo. Chi vivrà vedrà, se non gli verranno tagliati
del tutto i fondi alla ricerca.
Al Gran Sasso non ci si occupa solo
di fisica. La natura specialissima del
luogo è di interesse infatti anche per
studi di biologia e di geologia. I laboratori sono aperti al pubblico. È
possibile visitarli prenotando la visita al sito www.lngs.infn.it
I laboratori esterni alle pendici
del Gran Sasso.
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