PROBLEMI CONNESSI ALLA REGOLA DI TASSO DI INTERESSE Tre limiti alla regola di tasso di interesse I tentativi della banca centrale di stabilizzare l’economia attraverso l’uso di una regola di tasso di interesse possono talvolta trovare degli impedimenti. Uno dei principali impedimenti è determinato dal fatto che gli investimenti (oppure altre componenti della domanda aggregata) non rispondono – o non rispondono abbastanza – ai mutamenti del tasso di interesse. Un altro motivo per cui il tasso di interesse potrebbe non riuscire ad influenzare l’output nel modo desiderato è legato al fatto che il tasso di interesse rilevante per le decisioni di investimento è il tasso di interesse reale a lungo termine. La banca centrale controlla invece il tasso di interesse nominale a breve termine. Come abbiamo chiarito, il tasso di interesse reale e nominale differiscono in misura determinata dall’inflazione attesa. Per quanto concerne la relazione tra tasso di interesse a breve e a lungo termine, la relazione fondamentale di cui tener conto è la struttura a termine dei tassi di interesse. Il tasso di interesse a lungo termine è il tasso di interesse oggi (al tempo t) corrisposto da un titolo obbligazionario che scade tra n anni. Noi possiamo esprimere il tasso di interesse a lungo termine nel modo seguente: 1
π‘Ÿπ‘›!! = ∗ π‘Ÿπ‘›!!,! + π‘Ÿπ‘›!!!!,! + β‹― + π‘Ÿπ‘›!!!!!!,! + πœ™!" 𝑛
Il tasso di interesse a lungo termine (ad esempio il tasso di interesse su un’obbligazione a scadenza ventennale) è uguale alla media dei tassi di interesse a breve termine attesi per i prossimi venti anni, più una componente che rappresenta il ‘premio per l’incertezza’. In tempi normali, il tasso di interesse a lungo termine tende a differenziarsi da quello a breve per il premio per l’incertezza, ed è ragionevole attendersi che il tasso di interesse a lungo termine si muova nella stessa direzione di quello a breve. La politica monetaria tenderà ad avere l’effetto desiderato. Si consideri, al contrario, una situazione in cui la banca centrale riduca il tasso di interesse a breve perché considera imminente una recessione. Se i mercati finanziari ritengono che le cause della recessione tenderanno a produrre più elevata inflazione negli anni a venire, essi riterranno conseguentemente molto probabile che i tassi di interesse a breve saranno in futuro innalzati. L’effetto complessivo sarà quello di innalzare il tasso di interesse a lungo termine proprio nel momento in cui le autorità stanno cercando di stimolare la domanda aggregata attraverso la riduzione del tasso a breve (la riduzione del tasso di interesse fissata dalla banca centrale non è validata dal mercato finanziario). Un terzo motivo per cui la politica monetaria potrebbe non riuscire ad agire come strumento di stabilizzazione è legato al fatto che il tasso di interesse nominale non può diventare negativo. Si ricordi che è sempre possibile detenere moneta con un rendimento nominale pari a zero. Lo zero rappresenta quindi una soglia al di sotto della quale il tasso nominale non può scendere. In un’economia a bassa inflazione, l’uso della politica monetaria è limitato se il tasso di interesse reale necessario a stabilizzare l’output è negativo: ad esempio con un target di inflazione del 2%, la soglia zero per il tasso di interesse nominale implica che il tasso di interesse reale non possa essere ridotto al di sotto del -­β€2% (si noti che con deflazione, il tasso di interesse reale minimo diventa positivo). Emerge un’implicazione paradossale dei regimi di inflation targeting: attuare con successo una politica di stabilizzazione monetaria lungo le linee indicate nelle lezioni precedenti ha come effetto un’economia a bassa inflazione in cui la Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 1 possibilità di ricorrere con successo a regole di tasso di interesse è fortemente limitata dall’impossibilità di fissare tassi di interesse nominali negativi. La trappola deflattiva Il modo più semplice per capire come possa scattare la trappola deflattiva è tener presente che: 1) il tasso di interesse nominale non può essere negativo: π‘Ÿπ‘› ≥ 0; 2) il tasso di interesse reale è circa pari al tasso nominale meno l’inflazione attesa: π‘Ÿ = π‘Ÿπ‘› −
πœ‹ ! . Da ciò consegue che il tasso di interesse reale minimo è pari all’inflazione con il segno meno: π‘šπ‘–π‘›π‘Ÿ = −πœ‹. Se l’inflazione è positiva, questo vincolo non ha molta importanza a meno che il tasso di interesse reale che la banca centrale desidera fissare non sia un tasso negativo minore di – πœ‹. Tuttavia quando πœ‹ < 0, π‘šπ‘–π‘›π‘Ÿ > 0, e diviene quindi possibile che π‘šπ‘–π‘›π‘Ÿ > π‘Ÿπ‘ . Questa condizione è mostrata nella figura 16, dove il tasso di interesse stabilizzante è inferiore al tasso di interesse minimo fissato all’1%. Dato lo stato depresso della domanda aggregata descritto dalla curva IS, se l’inflazione è caduta al -­β€1%, diviene impossibile conseguire il livello di output di equilibrio. L’approccio di politica economica consistente nel fissare il tasso di interesse nominale al fine di ottenere il tasso di interesse reale che consente di stabilizzare la produzione cessa di funzionare. Fig. 16 Per chiarire il punto, si supponga che la banca centrale fissi il tasso di interesse minimo di modo che 𝑦 = 𝑦! e l’economia si trovi nel punto A. Dal momento che 𝑦! < 𝑦! , l’inflazione si riduce. Ma ciò implica che il tasso di interesse reale minimo si accresca, riducendo ulteriormente l’output ed accrescendo la caduta del tasso di inflazione (nell fig. 16 la linea del tasso di interesse reale minimo si sposta verso l’alto). L’economia è intrappolata nel circolo vizioso della trappola deflattiva. Dalla figura 16 risulta chiaro che per uscire dalla trappola deflattiva è necessario che: Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 2 1) si verifichi un’espansione fiscale o una ripresa delle altre componenti autonome della domanda aggregata in grado di spostare la curva IS a destra, oppure 2) si creino aspettative inflazionistiche. Se infatti l’inflazione attesa diventa meno negativa, la linea di π‘šπ‘–π‘›π‘Ÿ si sposta verso il basso e la banca centrale può usare la regola di tasso di interesse nel modo tradizionale al fine di guidare l’economia fino a 𝑦! lungo la curva IS. Tuttavia, il tentativo di scappare dalla trappola deflattiva creando aspettative di inflazione potrebbe nella pratica rivelarsi fallimentare. Willem Buiter ha sostenuto che adottare questa strategia è come ‘sputare contro il vento’: dal momento che l’annuncio non esercita alcuna influenza sugli strumenti di politica monetaria, esso non può esercitare alcuna influenza sui comportamenti economici e quindi sull’inflazione. Un altro modo di sottolineare il punto è notare come l’unico modo per creare più inflazione attesa è quello di creare più domanda aggregata attesa: se le autorità non creano più domanda aggregata, non vi è alcun motivo per cui gli agenti economici debbano aspettarsi più inflazione. Buiter sottolinea come perseguire assiduamente un target di inflazione bassa ma positiva possa impedire all’economia di cadere nella trappola deflattiva. Egli argomenta inoltre che emissione di moneta helicopter drop del tipo discusso da Milton Friedman – ma nella più realistica forma di assegni distribuiti ai cittadini e finanziati con emissione di moneta ad alto potenziale – possa innalzare la domanda aggregata stimolando la spesa per consumi (uno spostamento della curva IS a destra), ma che questa soluzione è difficile da attuare in quanto si tratterebbe di una politica fiscale e monetaria coordinata, coordinamento che una banca centrale indipendente è molto improbabile sia disposta ad accettare. Vi è poi un altro canale attraverso il quale la trappola deflattiva può rafforzarsi. Così come l’inflazione inattesa sposta ricchezza dai creditori ai debitori, la deflazione inattesa ha l’effetto opposto. Inoltre, se i prezzi delle attività (si pensi ad esempio a quelli delle abitazioni) si riducono come i prezzi dei beni, il debitore troverà non soltanto che l’onere reale del debito cresce, ma pure che il valore delle attività utilizzate come collaterale si riduce. Questo balance sheet channel opererà nel senso di rendere gli investimenti e i consumi meno sensibili al tasso di interesse , irrigidendo pertanto la curva IS ed indebolendo la capacità della regola di tasso di interesse di operare efficacemente, anche se aspettative di inflazione positive potessero essere in qualche modo generate. La situazione si complica ulteriormente quando la deflazione compromette i bilanci delle banche, minacciando la stabilità del sistema finanziario. Le banche potrebbero continuare ad estendere i prestiti a imprese e famiglie sull’orlo della bancarotta, al fine di evitare che questi prestiti incagliati emergano nei loro bilanci: ma ciò non risolverebbe la crisi, servirebbe soltanto a ritardarla riproponendola su scala allargata. CREDIBILITA’ E INCOERENZA TEMPORALE (CENNI) PC con aspettative adattive e credibilità Nel modello IS-­β€PC-­β€MR, la curva di Phillips è con aspettative adattive: πœ‹ = πœ‹!! + 𝛼 𝑦 − 𝑦! ovvero l’inflazione corrente è determinata dall’inflazione passata e dall’output gap. Si tratta, come abbiamo notato in precedenza, di una rappresentazione della dinamica inflattiva coerente con un’evidenza empirica che suggerisce come la disinflazione sia costosa (per ridurre l’inflazione è necessario ridurre l’output). Abbiamo inoltre notato come in alcune Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 3 circostanze particolari è stata rilevata una riduzione dell’iperinflazione senza significative riduzioni dell’occupazione. Il dibattito circa il miglior modo di rappresentare l’inflazione è un dibattito particolarmente vivo, nel quale non è qui opportuno addentrarsi troppo. Il punto centrale che è sufficiente richiamare è il seguente: sebbene curve di Phillips con inflazione inerziale/aspettative adattive trovino il conforto dell’evidenza empirica, esse sono state considerate insoddisfacenti in quanto non compatibili con la nozione di equilibrio intertemporale e di comportamento razionale ed ottimizzante degli agenti economici ad essa collegata. Chiariamo il punto servendoci di un esempio. Nella figura 17 noi ipotizziamo il l’inflation target della banca centrale sia il 4% e l’economia sia inizialmente nel punto A con inflazione alta e stabile al 4%. Fig. 17 La banca centrale decide quindi di ridurre il suo target al 2%. Con PC con aspettative adattive, la disinflazione sarà costosa, ed in seguito all’annuncio del nuovo target la disoccupazione crescerà (punto B). L’economia si muoverà poi gradualmente verso il punto Z, attraverso la progressiva attuazione della regola di politica monetaria da parte della banca centrale. Che la Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 4 decisione della banca centrale sia annunciata o meno, oppure che essa sia considerata o meno credibile da parte del settore privato non ha importanza alcuna per quanto concerne l’andamento dell’inflazione. L’inflazione introiettata nel sistema economico richiede tempo (e disoccupazione) per essere eliminata. L’incapacità di questo modello di tener conto della reazione delle imprese e dei salariati all’annuncio della banca centrale è stata considerata insoddisfacente. Noi potremmo fare ad esempio un’ipotesi completamente diversa, che incorpori aspettative razionali degli agenti economici, assenza di rigidità e credibilità. In questo caso l’annuncio di un target di inflazione al 2% genererebbe un cambio immediato del comportamento di imprese e sindacati, tale da condurre l’economia da A a Z senza nessuna crescita della disoccupazione. Tuttavia, anche questa impostazione è insoddisfacente in quanto in contrasto con l’evidenza empirica che suggerisce che la disinflazione è costosa in termini occupazionali anche quando devono essere conseguite piccole riduzioni dell’inflazione Il bias inflazionistico Nel modello IS-­β€PC-­β€MR l’equilibrio di medio periodo è caratterizzato da un’inflazione uguale al target inflazionistico della banca centrale e un livello di output al NAIRU (determinato dall’intersezione della PS con la WS). Tuttavia, dal momento che nel modello di concorrenza imperfetta 𝑦! è inferiore al livello di pieno impiego di concorrenza perfetta, il governo potrebbe fissare un target più elevato di 𝑦! . Supponiamo che il governo possa imporre questo più elevato target alla banca centrale. Come cambia l’equilibrio di medio periodo del modello IS-­β€PC-­β€MR? Consideriamo la nuova funzione obiettivo della banca centrale: 𝐿 = 𝑦 − 𝑦 ! ! +𝛽 πœ‹ − πœ‹ ! ! dove 𝑦 ! > 𝑦! . Il vincolo è costituito dall PC con aspettative adattive: πœ‹ = πœ‹!! + 𝛼 𝑦 − 𝑦! La figura 18 mostra le nuove curve di indifferenza Fig. 18 Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 5 Il punto ideale della banca centrale è ora il punto A, non più il punto C. Tutti i cerchi di indifferenza (supponendo per semplicità che 𝛽 = 1) si sono spostati a destra, essendo ora centrati in A e non più in C. Dal momento che nulla è cambiato dal lato dell’offerta, le curve PC non subiscono alcuno spostamento. Si consideri ora il livello di output scelto dalla banca centrale se l’inflazione inerziale è pari al 2%. La funzione di perdita è minimizzata al punto D, individuato sulla PC(2). Dal momento che la regola di politica monetaria deve passare anche attraverso A, abbiamo individuato anche la MR. Notiamo che il target del governo (punto A), non appartiene alla PC con un target di inflazione al 2%. L’economia è in equilibrio con inflazione costante solo nel punto B (vale a dire nel punto di intersezione tra la MR e la PC verticale). In B l’inflazione è maggiore del target. Il target è il 2% ma l’inflazione è il 4%. Questa differenza prende il nome di bias inflazionistico. Cerchiamo di chiarire le cause del bias inflazionistico e i determinanti della sua grandezza. Iniziamo mostrando perché l’equilibrio è al punto B. Se l’inflazione è inizialmente al target del 2%, la banca centrale sceglie un punto lungo la PC con inflazione inerziale al 2% (punto D). Ma essendo l’output sopra il livello di equilibrio, l’inflazione passa al 3% e la PC si sposta verso l’alto. Il processo di aggiustamento continua fino al punto B: l’output è in equilibrio e l’inflazione corrente è pari all’inflazione inerziale (la PC non si sposta). La banca centrale e i privati non hanno alcun incentivo a modificare le proprie scelte. L’economia è in equilibrio, ma sia l’inflazione che l’output non sono al livello desiderato dalla banca centrale. Ricaviamo lo stesso risultato matematicamente per individuare i determinanti della grandezza del bias inflazionistico. La minimizzazione della funzione di perdita della banca centrale, dato il vincolo della PC, genera la nuova regola di politica monetaria: 𝑦 − 𝑦 ! = −𝛼𝛽 πœ‹ − πœ‹ ! Dal momento che l’equilibro richiede che πœ‹!! = πœ‹ quando 𝑦 = 𝑦! : 𝑦! − 𝑦 ! = −𝛼𝛽 πœ‹!! − πœ‹ ! 𝑦 ! − 𝑦!
!
→ πœ‹ = πœ‹!! = πœ‹ +
𝛼𝛽
In equilibrio, l’inflazione sarà maggiore del target in misura pari a ! ! !!!
!"
. Questo termine prende il nome di bias inflazionistico. Se 𝑦 ! > 𝑦! , allora πœ‹ > πœ‹ ! . Minore è l’avversione all’inflazione della banca centrale, maggiore sarà il bias inflazionistico. Anche un basso 𝛼 accresce il bias inflazionistico. Un basso 𝛼 implica che l’inflazione è poco sensibile alle variazioni dell’output. Quindi, una data riduzione dell’inflazione implica una maggior perdita in termini di occupazione; in termini di funzione di perdita del banchiere centrale, ciò implica che paga avere un po’ di inflazione in più e un po’ di perdita di output in meno. Come ci apprestiamo a chiarire, il problema del bias inflazionistico è in genere discusso in connessione con il problema della incoerenza temporale, vale a dire il caso in cui la banca centrale oppure il governo annunciano una politica ma hanno poi un incentivo ad adottarne una diversa. Per chiarire perché questo comportamento può aver luogo è necessario introdurre una PC con aspettative non adattive. Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 6 Incoerenza temporale e bias inflazionistico Il problema della credibilità e del bias inflazionistico possono essere legati supponendo che gli agenti abbiano aspettative razionali e non vi sia inflazione inerziale: πœ‹ ! = πœ‹ + πœ€! . Il punto centrale è che gli agenti sono a conoscenza del fatto che, quale che sia la loro inflazione attesa, πœ‹ ! = πœ‹ solo se 𝑦! = 𝑦. Si tratta, in altre parole, della curva di offerta a sorpresa di Lucas: 1
𝑦! = 𝑦! + πœ‹! − πœ‹!! 𝛼
Continueremo ad assumere che la banca centrale sceglie 𝑦 dopo che i sindacati hanno scelto πœ‹ ! . La banca centrale agisce quindi con discrezionalità. Affinché i sindacati abbiano aspettative di inflazione corrette, essi devono scegliere πœ‹ ! in modo da rendere per la banca centrale conveniente scegliere 𝑦! = 𝑦 . Ciò accade nel punto in cui la MR interseca la VPC, ovvero nel punto B della figura 18. Si noti che le PC positivamente inclinate sono ora interpretate come curve di offerta a sorpresa di Lucas. L’inflazione deve essere sufficientemente alta da escludere che la banca centrale sia tentata di scegliere un livello di output maggiore dell’output di equilibrio. Con πœ‹ ! = 4% e 𝑦! = 𝑦 questa tentazione è eliminata perché ogni incremento di output rispetto al punto B collocherà la banca centrale su un cerchio di perdita più distante da A: i sindacati e le imprese si attendono razionalmente un inflazione a sorpresa del 2% maggiore del tasso di inflazione target del 2%. Il bias inflazionistico costituisce un problema. Come risulta chiaro dalla figura 18, la perdita della banca centrale in B è maggiore della perdita in C dal momento che in B l’output è lo stesso di C ma l’inflazione è più alta. Inoltre la posizione dei salariati è la stessa in B e in C dal momento che tanto l’occupazione quanto il salario reale sono gli stessi. Cosa impedisce alla banca centrale di raggiungere il punto C? Quando imprese e sindacati hanno aspettative razionali, il problema prende il nome di incoerenza temporale. Sebbene la banca centrale dichiari di avere un target di inflazione al 2%, se sindacati e imprese agiscono sulla base di questo target, quando la banca centrale è chiamata ad agire essa non sceglie il livello di output consistente con questo target. Al punto B non vi è alcun incentivo per la banca centrale ad agire in maniere incoerente; al punto C questo incentivo esiste. Soluzioni al problema dell’incoerenza temporale Abbiamo visto che il problema dell’incoerenza temporale emerge nelle seguenti circostanze: a) la banca centrale o il governo ha un target di occupazione più ambizioso del NAIRU; b) imprese e sindacati formano le loro aspettative di inflazione in base all’ipotesi di aspettative razionali; c) la banca centrale opera in base ad una regola di politica monetaria ma con discrezionalità, vale a dire che sceglie il livello desiderato di domanda aggregata dopo che il settore privato ha formato le sue aspettative di inflazione. Vi sono tre diversi approcci per risolvere il problema dell’incoerenza temporale che si manifesta nel bias inflazionistico. Essi prendono il nome di: i) regole contro discrezionalità; ii) delega; iii) reputazione. Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 7 Regole contro discrezionalità Se la banca centrale non può scegliere il tasso di inflazione dopo che imprese e salariati hanno formato le loro aspettative inflazionistiche, il bias inflazionistico scompare. E’ a tal fine necessaria una struttura di regole che impedisca alla banca centrale di effettuare scelte ottime dopo che il settore privato ha fissato prezzi e salari. Una regola che implichi la sostituzione del banchiere centrale se l’inflazione devia dal target potrebbe essere un modo per eliminare la possibilità di una scelta discrezionale. Delega Il bias inflazionistico è pari a ! ! !!!
!"
e ciò può riflettere una situazione in cui è il governo piuttosto che la banca centrale a controllare la politica monetaria. Il governo potrebbe ridurre il bias inflazionistico trasferendo il controllo della politica monetaria ad una banca centrale con un un target di output più vicino a 𝑦! e più avversa all’inflazione rispetto al governo. Dal momento che in equilibrio 𝑦! = 𝑦, l’inflazione sarebbe più vicina al target e il governo migliorerebbe la sua posizione se delegasse l’esercizio della politica monetaria ad una banca centrale indipendente. La figura 19 mostra la riduzione del bias inflazionistico determinatosi delegando l’esercizio della politica monetaria alla sola banca centrale. Fig. 19 La MR più piatta è quella della banca centrale, mentre la MR più ripida è quella del governo. Quest’ultima evidentemente implica un più elevato bias inflazionistico in corrispondenza del punto B. La MR della banca centrale implica invece che l’equilibrio si trovi nel punto A, con un tasso di inflazione al 3%. La riduzione del bias inflazionistico è determinato dal fatto che la MR della banca centrale è più piatta e l’output target della banca centrale è più vicino all’output di equilibrio rispetto al target del governo. Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 8 Affinché la delega produca una riduzione senza costi occupazionali del bias inflazionistico è necessario che le aspettative siano formate razionalmente. In tal caso, se gli agenti economici ritengono che le preferenze dell’operatore economico siano effettivamente mutate, l’economia passerà direttamente dal punto B al punto A. Uno dei problemi che pone questa soluzione è il seguente: se il governo può effettuare una delega nei confronti della banca centrale, cosa gli impedisce di ritirarla? Questo tipo di ragionamento è spesso utilizzato per giustificare la scelta di molti governi di rendere la banca centrale costituzionalmente indipendente, e per spiegare perché la delega è spesso accompagnata da sistemi di regole del tipo discusso al punto precedente. Reputazione Una terza soluzione al problema del bias inflazionistico è legata alla possibilità che il governo o la banca centrale si costruiscano una reputazione come organismi di politica economica avversi all’inflazione. Si supponga che il governo abbia delegato la politica monetaria alla banca centrale ma sindacati e imprese non siano sicuri di quanto la banca centrale sia effettivamente avversa all’inflazione. Essi sanno soltanto che vi è una probabilità p che la banca centrale sia indipendente e una probabilità (1-­β€p) che la banca centrale dipenda invece dal governo. L’unico modo che essi hanno per scoprirlo è osservare le decisioni prese dalla banca centrale. In tal caso, come si deve comportare la banca centrale? Questo problema è risolto utilizzando la teoria dei giochi. In particolare, si tratta di analizzare una situazione in cui la banca centrale interagisce con gli agenti privati più di una volta, in un ‘gioco ripetuto’. Una banca centrale ‘debole’, con un target di output superiore a quello di equilibrio troverà razionale agire come se invece il suo obiettivo di output fosse pari al livello di equilibrio? In tal caso è possibile affermare che costruirsi una reputazione anti-­β€inflazionistica è un metodo per risolvere il problema dell’incoerenza temporale. Cominciamo a considerare il caso in cui l’interazione tra banca centrale e settore privato avvenga due volte: nel primo periodo i sindacati scelgono πœ‹!! senza sapere se la banca centrale è debole o forte (sebbene essi sappiano che vi è una probabilità p che essa sia forte); a questo punto la banca centrale sceglie l’output 𝑦! essendo a conoscenza di πœ‹!! . Nel periodo due i sindacati scelgono πœ‹!! essendo a conoscenza di 𝑦! ; la banca centrale sceglie quindi l’output 𝑦! essendo a conoscenza di πœ‹!! . Il risultato di questa interazione è che una banca centrale ‘debole’ sceglierà di agire come una banca centrale ‘forte’ nel primo periodo, al fine di stabilire una bassa inflazione attesa nel secondo periodo, la quale consentirà di ottenere maggiori vantaggi da una crescita dell’output nel secondo periodo. La banca centrale guadagna perché nel primo periodo l’inflazione è al target e l’output è al livello di equilibrio, mentre nel secondo periodo essa può guadagnare nello spingere l’output al di sopra del livello di equilibrio. Quando il gioco è esteso da 2 a molti periodi, il beneficio per la banca centrale derivante dal comportarsi in maniera forte si accresce, estendendosi nel tempo, dal momento che la situazione del primo periodo si ripete avanti nel tempo fino all’ultimo periodo. π’šπ‘» > π’šπ’† descrive effettivamente il comportamento della banca centrale? Abbiamo visto che il problema del bias inflazionistico è eliminato se l’obiettivo della banca centrale è quello di stabilizzare l’output intorno al suo livello di equilibrio, vale a dire quando 𝑦 ! = 𝑦! piuttosto che 𝑦 ! > 𝑦! . Ciò avviene sia con aspettative adattive che con aspettative razionali. In effetti, il caso 𝑦 ! = 𝑦! è l’ipotesi di base del modello IS-­β€PC-­β€MR che abbiamo analizzato nel corso delle precedenti lezioni. Il problema che si pone a questo punto è il seguente: 𝑦 ! > 𝑦! è un’ipotesi che descrive meglio di 𝑦 ! = 𝑦! il comportamento della banca Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 9 centrale? Essa indubbiamente descrive meglio le situazioni in cui la banca centrale subisce pressioni dal governo ed è spinta ad accrescere il target di output al di sopra del livello di equilibrio. Tuttavia, in molti paesi OECD, questo non è il principale problema delle banche centrali, che sono effettivamente indipendenti dal governo. Questo punto è sintetizzato con chiarezza da Peter Howitt: “la ‘tentazione’ di innalzare il livello di attività economica con inflazione a sorpresa potrebbe esistere, ma in realtà essa non si manifesta, così come i responsabili del central banking hanno a lungo sostenuto. I banchieri centrali sono consapevoli del fatto che, sebbene vi siano lunghi e variabili ritardi tra lo stimolo monetario e i risultanti effetti sui livelli di attività, non vi sono ritardi tra questi stimoli e il deprezzamento della moneta e le fughe di capitali che avrebbero luogo se gli investitori considerassero questi stimoli come un segnale di un futuro indebolimento della moneta. A causa di ciò non vi è motivo di credere che banchieri centrali con poteri discrezionali abbiano il bias inflazionistico attribuito loro dalla teoria dell’incoerenza temporale. Persone responsabili dell’importante e delicato lavoro di gestire la banca centrale sono motivati dal desiderio di fare un buon lavoro. Essi perseguono questo obiettivo facendo tutto il possibile per evitare grossi fenomeni inflazionistici, panico finanziario e fughe dalla valuta nazionale, mentre effettuano giorno dopo giorno il lavoro di fornire al sistema finanziario la moneta ad alto potenziale necessaria al suo funzionamento”. Regole e aspettative contro discrezionalità e apprendimento Ritorniamo al caso in cui non vi sia bias inflazionistico ed all’uso in senso ampio della distinzione tra regole e discrezionalità (parliamo di senso ampio in quanto nei regimi di inflation targeting la banca centrale segue una regola di politica monetaria ben definita, sebbene applicata con discrezionalità dal punto di vista dell’incoerenza temporale). E’ vantaggiosa una regola di politica monetaria chiaramente definita con un target di inflazione esplicito come nel caso della Banca d’Inghilterra o della BCE, rispetto ad un contesto di ‘discrezionalità limitata’ come per la Fed negli USA? Nella pratica si osservano una grande varietà di assetti istituzionali per quanto concerne la conduzione della politica monetaria da parte delle banche centrali. La Fed sotto la direzione di Greenspan è il più famoso caso di una banca centrale che opera costituzionalmente con discrezionalità. Tuttavia, molti articoli sono stati scritti per sostenere che la Fed ha implicitamente seguito una regola di inflation targeting. Ciò suggerisce che non vi è una netta distinzione tra regimi di inflation targeting, quanto piuttosto una differente enfasi sulle regole invece che sulle scelte discrezionali. Sembra chiaro che vi sono vantaggi dall’operare di un processo di politica monetaria trasparente e chiaramente compreso. Ciò suggerisce che fornire informazioni circa la regola di politica monetaria seguita è utile. Se la funzione di reazione è ben compresa, il comportamento del settore privato può servire a stabilizzare più rapidamente l’economia in seguito ad uno shock. Ad esempio, nel caso di uno shock di domanda negativo, la regola di politica monetaria indica che il tasso di interesse sarà ridotto. La conoscenza di questa strategia di politica monetaria influenzerà i tassi di interesse futuri attesi, favorendo la riduzione del tasso di interesse a lungo termine, vale a dire del tasso rilevante per le decisioni di investimento. I prezzi delle attività, come case e azioni, possono reagire rapidamente alla riduzione dei tassi, e rinforzare così il tentativo della banca centrale di innalzare la domanda aggregata. D’altro canto, un’enfasi troppo pronunciata sulle regole può portare a distogliere troppo l’attenzione dai benefici che possono derivare da una banca centrale impegnata costantemente in un processo di apprendimento circa la situazione economica, mirante ad Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 10 esempio a scoprire il livello di equilibrio della disoccupazione in una economia in cui il progresso tecnico modifica il livello del NAIRU. Carlin et Soskice, 2005, Macroeconomics, Oxford University Press, Chapter 5, http://fdslive.oup.com/www.oup.com/academic/pdf/13/9780198776222.pdf 11