CAP 5 I morfi cranberry sono quelli che, in segmentazione, sono

CAP 5
I morfi cranberry sono quelli che, in segmentazione, sono normalmente riconoscibili ma che non hanno contenuto
semantico nel contesto in questione. E' il caso di
ri-petere
Bloomfield sostiene che una forma è libera se può ricorrere da sola.
L'accordo è il fenomeno per cui un elemento che esibisce un certo pacchetto morfemico attiva le stesse unità in un altro
elemento. Si parla di controllore per l'elemento che attiva, e controllato per l'elemento che subisce accordo.
La reggenza invece è molto meno naturale e, quindi, più arbitrario. Si tratta dell'attivazione di uno o più tratti morfemici
nell'elemento controllato. Ad esempio, la forma in -ing nella frase “I'll help you studying”
CAP 6
La sintassi si occupa essenzialmente dell'ordine delle parole ad un livello superiore rispetto a quello morfologico e delle
trasformazioni che queste possono subire.
Il presupposto per un'analisi sintattica è la possibilità di un codice di creare unità complesse a partire da elementi
semplici. In genere questi codici sono articolati e sono caratterizzati da ambiguità e vaghezza in quanto sono basati sul
principio dell'economia linguistica: molti elementi sono riutilizzati con più scopi a causa della limitatezza mnemonica
dell'uomo.
La difficoltà rispetto alla morfologia risiede proprio nella rappresentazione sintattica. La sintassi è infatti
rappresentabile con diverse lacune e difficoltà proprio a causa della vaghezza e della struttura più profonda. Uno dei
metodi è quello del diagramma ad albero, costituito da nodi che dominano sui rami che dipartono da essi.
Secondo questa rappresentazione, si possono definire i sintagmi come delle strutture che appartengono allo stesso nodo.
In sostanza sono sintagmi degli insiemi di parole continue o, nel caso di una lingua elastica come il latino, discontinue
(I sintagmi discontinui sono propri di lingue ad ordine piuttosto libero delle parole).
Una nozione importante legata ai sintagmi è quella di dipendenza: un elemento si dice dipendente da un altro quando
non può occorrere in un contesto linguistico da solo. La dipendenza può dunque essere unilaterale o bilaterale. Vi sono
anche casi di elementi indipendenti come gli anacoluti (Io, bisogna dire che non ci crede più nessuno).
Rispetto alla morfologia, la sintassi ha una combinabilità larga in quanto:
 ammette pause virtuali tra gli elementi di un sintagma;
 ammette l'inserimento di materiale linguistico della stessa natura di quelli considerati;
 permette lo scambio dell'ordine dei componenti;
 gli elementi posso occorrere autonomamente.
In morfologia è possibile solo la pausa virtuale tra gli elementi.
Come nelle parole complesse, anche in sintassi abbiamo una testa che,in questo caso, è l'elemento del sintagma che può
occorrere da solo. Bloomfield divise i sintagmi in endocentrici ed esocentrici, rispettando le definizioni date dalla
morfologia. (Esco col cappotto è un esempio di esocentricità). Il ruolo di testa può essere assunto da un nome (sintagma
nominale), un verbo (sintagma verbale) o un avverbio (sintagma avverbiale).
Ad assicurare la coesione e il collegamento degli elementi di un sintagma sono i diversi sistemi di concatenamento:
 concatenazione con elemento zero => si tratta di un sistema che prevede l'utilizzo di un elemento zero o
vuoto. Nella frase Luigi vieni qui, vieni e qui sono in una relazione di dipendenza dettata da nessun
elemento .
 Accordo => si tratta di uno dei sistemi obbligatori e più naturali della sintassi. Permette di collegare
elementi in alcune lingue anche a notevole distanza
 Connettori => sono degli elementi frequenti nelle lingue che assicurano il collegamento. Tra questi
abbiamo le preposizioni in italiano, lo stato costrutto (un utilizzo del nome come elemento determinante)e
l'ordine degli elementi (determinante in inglese come nell'espressione New York University Library)
 Collegamento incrociato => si tratta del richiamo della relazione di alcuni elementi tramite alcuni tratti.
Ad esempio un verbo alla terza persona può richiamare lo stesso soggetto della frase.
L'ordine di un sintagma può essere progressivo o regressivo. Nel primo caso la testa è in posizione iniziale, mentre nel
secondo è in posizione finale. In realtà non esistono casi puri ma le lingue presentano sempre situazioni d'entità
macroscopica e microscopica in cui si alternano i due ordini.
Le lingue, inoltre, ricorrono spesso a meccanismi per evitare la ridondanza. Gli elementi utilizzati sono detti sostitutivi e
sostituiscono un termine in un contesto sintagmatico. Il termine sostituito è detto punto d'attacco. In molti casi, il
sostitutivo anticipa l'intervento di un elemento nella frase (Io non gli credo, a Carlo) e si parla di sostituenti cataforici
(anaforici negli altri casi). In altri casi, il punto d'attacco è da ricercare nel contesto extra-linguistico. I pronomi clitici,
ad esempio, hanno la caratteristica di identificare mittente e ricevente e, quindi, hanno un alto riferimento referenziale.
Infine vi sono sostituenti generali come il verbo fare (o il verbo PUFFARE xD) e sostituenti in grado di inglobare un
sintagma intero (incapsulatori). Un ulteriore esempio è costituito dai sostituenti zero, in grado di sfruttare fenomeni
come l'ellissi per richiamare un punto d'attacco. (Parti in treno, io no)
La sintassi è inoltre molto ricorsiva, tanto da poter incassare un sintagma in un altro e applicare sempre le stesse regole.
CAP 8
Quello di grammatica è un concetto ambiguo e che ha riscontrato difficoltà nella definizione fin dagli inizi degli studi
linguistici. Normalmente, tutti siamo spinti a definirla come un insieme di regole o norme che dominano i nostri
costrutti, ma in realtà non sappiamo né riguardo la natura né riguardo le origini di queste regole.
Simone parte dal presupposto che grammatica indichi un'opposizione di natura morfologica, sintattica o,più
correttamente, morfosintattica.
Ammessa la definizione grossolana di insieme di regole, bisogna allora rendersi conto che tutte le lingue hanno una
grammatica, che è un “oggetto” linguistico che non si vede e che la linguistica deve ricostruire attraverso le sue teorie.
Va da se che, essendo la grammatica piuttosto immensa, vi saranno tante teorie quanti sono i punti di vista.
Possiamo definire la grammatica come un sistema di scelte obbligatorie. Come già detto, queste scelte sono basate
sull'opposizione (ad esempio un maschile si oppone al femminile) e, a sua volta, le opposizioni sono limitate. Questo
perché l'uomo ha delle capacità di immagazzinamento altrettanto limitate e, quindi, non sarebbe in grado di registrarle
tutte nella sua memoria. Ecco perché la grammatica contribuisce a quel principio di economia su cui sono architettate le
lingue.
Bisogna però distinguere tra le scelte lessicali e quelle grammaticali. Quelle a cui si riferisce la grammatica sono senza
dubbio quelle grammaticali che, quindi, sono quelle obbligatorie.
Inoltre la caratteristica dei morfi grammaticali è quella di essere digitali; non danno infatti tutte le informazioni
necessarie a stabilire con precisione riferimenti spaziali, temporali ecc. Per questo è il lessico ad essere analogico. Ad
esempio, con il passato prossimo possiamo esprimere un azione avvenuta pochi giorni fa, ma con il termine ieri
possiamo precisare la differenza tra punto di enunciazione e punto dell'evento.
Inoltre, si ricordino i processi di lessicalizzazione e grammaticalizzazione (secondo alcuni studiosi il lessico tende a
grammaticalizzarsi con più frequenza del processo inverso).
Una grammatica può codificare una lingua puntando su tre aspetti: ordine delle parole, rilievo dell'intonazione e
modificazione delle parole. A quanto pare, questi elementi sono distribuiti in modo proporzionale tra loro.
La grammatica è dotata di narratività. Possiamo infatti distinguere alcuni elementi drammatici come l'attore o l'azione.
Le grammatiche presentano delle proprietà comuni, distinte tra formali e sostanziali.
Tra le proprietà formali si hanno:
 La sistematicità, ovvero la considerazione di grammatica come sistema inteso nel suo termine scientifico. In
linguistica si parla di sistemi dissipativi: un cambiamento può non ripercuotersi su tutti i componenti. Nel caso
delle lingue, distinguiamo un centro in cui i cambiamenti sono più frequenti, una periferia in cui i cambiamenti
sono più marginali.
 La modularità, ovvero la caratteristica che permette di considerare una grammatica come un sistema di sistemi.
 La partizione in classi, ovvero la suddivisione di elementi grammaticali in classi che presentano delle
caratteristiche o delle proprietà comuni.
 La finezza grammaticale, di cui fanno parte gli elementi che hanno minime differenze di contenuto ma
massime di forma (colorire-colorare) e viceversa (finire-sfinire).
Tra le proprietà sostanziali si hanno:
 L'uso dei deittici, componenti grammaticali con alto riferimento extra-linguistico. Tra questi abbiamo i
pronomi personali di prima e seconda persona. La caratteristica è quella di designare un referente diverso a
seconda del contesto linguistico.
 Gli stessi deittici, ma non solo, sono dotati di riflessività e di distributività.
 Espressioni generali come “ce l'ho sulla punta della lingua” che sono di generica entità, specificabile nel
contesto stesso.
 L'utilizzo di quantificatori per esprimere analogicamente una quantità. Gli elementi più utilizzati sono i
numerali, i cardinali e gli indefiniti. Di questi, soltanto 0 e nessuno hanno un'alta corrispondenza. Per gli altri,
non vi sono similitudini significanti.
CAP 9 Flessione
La categoria è una classe di opzioni grammaticali omogenee e complementari. Sono omogenee perchè originate dalla
stessa nozione grammaticale. Sono complementari perchè nel momento in cui se ne utilizza una si escludono le altre.
Le categorie sono state classificate in sistematiche e isolate (a seconda dell'estensione della classe stessa per quanto
riguarda i casi di una lingua) e in scoperte e coperte (dipendente dall'espressione fonologica o meno). Queste sottoclassi
possono combinarsi tra loro dando luogo a diversi mix di tipologie grammaticali.
Di certo è difficile assegnare ad ogni lingua delle classi grammaticali. L'assegnazione avviene in due modi:
 modo apririoristico, ovvero analizzando profondamente i casi linguistici;
 modo a posteriori, confrontando superficialmente i casi di due lingue.
Secondo Benvenist, dall'analisi apririoristica possono essere assegnate le categorie universali. Lo stesso linguistia
sostiene che la categoria di persona è universale, ma al di là di questa non si è mai andato.
PERSONA.
La categoria di persona è la risorsa utilizzata per designare il destinatario e l'emittente del messaggio. Come è già stato
detto, è espressa soprattutto tramite i pronomi deittici ed è strettamente connessa al numero. Infatti nella categoria
possiamo fare una distinzione tra singolare e plurale.
Per quanto riguarda il singolare, i pronomi utilizzati sono io e tu.
Per quanto riguarda il plurale, i pronomi sono noi e voi. Bisogna precisare, però, che noi non corrisponde al plurale di
io. Il pronome ha più che altro il significato di “io+qualcun altro” che può essere il/i ricevente/i (pl. Inclusivo) o un
esterno alla conversazione (pl. Esclusivo).
Infine, si hanno anche i pronomi allocativi voi e lei per rivolgersi con rispetto alla gente. Voi designa una moltitudine in
modo da aumentare il grado di rispettabilità, mentre lei indica una falsa non presenza dell'interlocutore rendendolo
quasi non degno di partecipare alla discussione.
In italiano, la terza persona ormai non ha un referente pronominale.
GENERE.
Il genere è la categoria applicata ai nominali e in essi è inerenti. I nomi vengono infatti memorizzati assieme alla
categoria di appartenenza. Questo avviene anche perchè non vi è sempre una chiara corrispondenza tra classe naturale e
classe grammaticale. Si hanno dunque esempi come la sentinella oppure il soprano, il cui genere naturale è tutt'altro.
Le lingue vengono divise in generale in categoria in cui il genere è espresso dal lessico (è quindi coperto), in cui si
hanno maschile e femminile e, infine, in cui si hanno più definizioni (come il neutro latino).
NUMERO.
Quella del numero è una categoria che fa riferimento ai verbi e ai nominali ed è basata sulla basilare opposizione tra
singolare e plurale (in riferimento a uno e a molti).
Alcune lingue, come il greco, hanno il duale (espresso in italiano dal lessico con termini come entrambi, ambedue).
Altre hanno ulteriori ramificazioni della categoria, arrivando ad esprimere il paucale.
Una distinzione tra i nomi può essere tra quelli numerabili (quantificabili con precisione), di massa (non quantificabili,
indicano masse fisiche come il latte)e collettivi (indicano una quantità maggiore di elementi).
Il singolare, infine, può esprimere una pluralità quando ha significato generico. Ad esempio, nella frase “Il cane è il
miglior amico dell'uomo” non si riferisce ad un cane in particolare, ma a tutti i cani esprimendo un plurale.
DEFINITO/INDEFINITO.
Un'ulteriore particolarità dei nominali è la categoria basata sull'opposizione definito vs indefinito. Con il primo si
designa un oggetto/elemento in particolare. Con il secondo, invece, si designa un individuo non specificabile.
CASO.
Il caso è una categoria che esprime determinate funzioni grammaticali dei nominali. Un esempio è sempre stata il latino,
con un ricco sistema di casi. In particolare nominativo con funzione nominale, genitivo come compl. Di specificazione,
il dativo che indica il compl. Di termine, l'accusativo il compl. Oggetto, il vocativo e l'ablativo che riunisce alcune
funzioni.
L'italiano, avendo il nominativo e l'accusativo, è una lingue che rientra nei sistemi Nominativo-Accusativi. A questi si
oppone un sistema di lingue come il Basco in cui vi è distinzione tra il soggetto e il complemento oggetto a seconda del
tipo di verbo utilizzato. Se il verbo è intransitivo, il soggetto è al caso assolutivo. Se il verbo è transitivo, il soggetto è al
caso ergativo e l'oggetto al caso assolutivo. Ecco perchè questi sistemi di casi sono detti Ergativo-Assolutivi.
Vi sono infine dei casi detti locali che esprimono determinate funzioni spaziali.
Oltre alle lingue dotate di caso, distinguiamo quelle dotate di caso + preposizioni e quelle dotate delle sole preposizioni.
TEMPO.
Il tempo è una categoria prettamente verbale utilizzata per esprimere la distanza tra il momento in cui si parla (punto di
enunciazione) e il momento in cui avviene l'azione di cui si parla (punto dell'evento).
In genere, Simone parla di opposizione tra presente e non-presente. Questo perchè la lingua viene spesso utilizzata per
narrare gli avvenimenti che trattano il passato e, cioè, quelli in cui il punto dell'evento si trova prima del punto di
enunciazione. Per il resto si adoperano presente e futuro. Questo però non è sempre vero perchè spesso il presente viene
utilizzato come universale per esprimere azioni non-presenti. Inoltre, molte lingue utilizzano delle costruzioni
perifrastiche per esprimere un'azione futura.
Il presente è anche utilizzato per esprimere delle verità di fatto o delle asserzioni permanenti.
Il passato può grammaticalmente offrire una scarsa discriminazione tra avvenimenti in un passato prossimo e quelli in
un passato più distante. E' anche vero, però, che forme come il trapassato italiano stanno sempre più diventando
obsolete. Un esempio è il passé simple ormai sostituito in francese dal passé composé.
ASPETTO.
E' una categoria che indica il punto di vista assunto su una determinata azione.
In generale si può parlare di aspetto espresso dal lessico e dalla grammatica (Aktionsart o azionalità verbale).
- Nel primo caso si osserva soprattutto la completezza dell'azione espressa dal verbo. In questo senso si ha l'opposizione
tra Perfettivi e Imperfettivi. La forma perfettiva indica che l'azione è compiuta e, in italiano, è espressa dal passato. La
forma imperfettiva indica l'incompiutezza dell'azione ed è espressa in italiano dal presente e dal futuro.
La forma perfettiva inoltre si differenzia in compiuta o aoristica a seconda se gli effetti si protraggono nel
presente.
- L'azionalità verbale rimanda alle forme durative e non durative. Per riconoscerle, si possono sottoporre le forme ad un
test del tipo “Per X tempo”.
I verbi durativi sono:

i verbi stativi che indicano qualità permanenti o stati di fatto non modificabili
 i verbi continuativi che indicano eventi e non tendono verso una meta
 i verbi risultativi che tendono verso il raggiungimento di una meta (imparare)
I verbi non durativi sono invece:
i verbi trasformativi che indicano un cambiamento di stato non durativo (morire)
i verbi puntuali (incontrare).
I verbi risultativi e trasformativi sono detti telici, perchè finalizzati al raggiungimento di una meta.
MODALITA' E MODO.
La modalità è la categoria che esprime l'atteggiamento del parlante nei confronti di un'espressione. In questo senso,
distinguiamo tra modalità assertive e non assertive. Le prime sono caratterizzate dalla possibilità di poter essere
verificate (le affermazioni) mentre le seconde no (comandi, obblighi ecc).
L'espressione formale delle modalità è il modo. Siamo infatti in grado di stabilire che il modo indicativo esprime
certezza, il condizionale desiderio ecc.
Un'altra differenza è quella tra modalità epistemica e teontica:

la modalità epistemica riguarda un pensiero del parlante riguardo qualcosa. (Credo siano le 5:00)

la modalità teontica riguarda una necessità imposta. (Saranno/devono essere le 5:00)
Tra i due vi è una differenza labile. Si noti inoltre come in questi casi le modalità abbiano delle espressioni insolite nei
modi.
Infine, vi è relazione tra questa categoria e quella del tempo. Capita infatti di poter collocare nel tempo usando elementi
modali e, quindi, grammaticali oltre al tempo. La stessa cosa avviene per l'espressione dell'atteggiamento da parte del
tempo.
DIATESI.
E' la categoria che riguarda la presentazione del verbo nelle sue forme attive e passive.
Degli studi dimostrano che la forma passiva è spesso utilizzata o per dare meno rilievo all'attore, oppure per mettere in
risalto l'azione. Per questo in documenti ufficiali si usa spesso il passivo impersonale.
Un'ulteriore espressione è quella del Medio, che indica un forte coinvolgimento dell'attore con l'oggetto. Viene infatti
enfatizzato il grado di riferimento personale.
Scrivimi una lattera = Scrivi una lettera per me
APPUNTI: RAPPORTO FLESSIONE-DERIVAZIONE
Spesso i due meccanismi sono stati ritenuti simili e ambigui.
Un esempio di ambiguità si può avere per quei derivati come
Presidente => Presidentessa
In un caso normale, questo sarebbe una flessione. Ma siccome in diacronia non si ha il femminile, in tutti questi casi si
tratta di derivazione.
Un'ulteriore differenza riguarda la distanza dalla radice. La flessione è sempre più esterna della derivazione.
Inoltre, la derivazione non solo muta la struttura argomentale di un termine, ma è anche facoltativa. La flessione è
sempre obbligatoria.
APPUNTI: RAPPORTO FLESSIONE-COMPOSIZIONE
Non è sempre facile determinare il costituente che viene flesso.
Nei composti subordinati è la testa a venire flessa.
Capostazione => Capistazione
Nei composti coordinati, la tendenza comune è di flettere entrambi i costituenti. In realtà la flessione è lessicale quindi:
La radiosveglia => Le radiosveglia
Nei composti attributivi si tende a flettere entrambi i costituenti:
Mezzaluna => Mezzelune
Nei composti appositivi la flessione è irregolare.
Viaggio Lampo => Viaggi Lampo
CAP 10
Il concetto di sintassi è stato messo sempre in dubbio dai linguisti. I generativisti fecero l'errore di considerarla
completamente distaccata dalla semantica. Sappiamo infatti che per loro il linguaggio non aveva necessità comunicative
e che era una facoltà innata.
Chomsky introdusse le nozioni di struttura superficiale e struttura profonda. La grammatica deve generare tutte le frasi
possibili nelle lingue; queste vengono riordinate ad un livello superficiale ma, al livello profondo, l'ordine dei
costituenti è diverso.
Francesco è andato all'università.
Dove è andato Francesco? (DOVE)
La base semplice è quella della prima frase. La struttura profonda della seconda frase presenterebbe dunque il DOVE in
posizione finale, al posto di UNIVERSITA'.
Questa teoria ha dei limiti in quanto considera il linguaggio innato, un approccio poco elastico e non prende in
considerazione la semantica. Successivamente, si svilupparono la linguistica funzionale (che considera la funzione
comunicativa del linguaggio) e la linguistica cognitiva (in cui gli elementi grammaticali hanno significati intrinsechi).
La struttura base è della semantica è la frase. Questa è, ancora una volta, difficilmente definibile in quanto ci si accorda
soltanto sul significato generico. Le unità minime sono i sintagmi. Spesso è difficile definire la struttura dei sintagmi;
per farlo ci si serve di alcuni metodi quali sono l'isolamento, l'ininterrompibilità e la coordinabilità.
Nel 1963 Greemberg riuscì a definire le strutture linguistiche riguardanti l'ordine dei costituenti di una frase. Gli schemi
possono essere SVO SOV VSO VOS OSV OVS. Di questi, quelli prevalenti sono il VSO (gaelico) e l'SVO.
Alla base di queste strutture e possibile definire delle implicazioni universali, ovvero delle costanti che si verificano in
funzione di. Ad esempio l'ordine nome+aggettivo si verifica sempre nelle lingue SVO come l'italiano.
La grammatica tradizionale riconosce negli enunciati dei posti virtuali occupabili solo da alcuni elementi. Questi posti
sono definiti come funzioni grammaticali e non sempre sono marcati, anzi a volte vengono sottintesi.
Vi sono due approcci diversi alle funzioni:

L'approccio sostanzialista le definisce nella loro sostanza cadendo spesso nell'errore o in definizioni ambigue

L'approccio formalista le definisce in base alle loro funzioni grammaticali visive.
Il soggetto è stato definito in termini sostanzialistici come l'elemento che compie l'azione. Ciò non è sempre accettabile
perchè vi sono casi in cui l'azione è espressa in modo impersonale o, ancora, vi è nell'enunciato un elemento che subisce
l'azione e non è chiaro in questo caso la funzione del soggetto.
Successivamente allora, il soggetto è stato definito come l'elemento linguistico che attiva alcuni tratti del pacchetto
morfemico del verbo. Per chiarire ulteriormente la questione, il soggetto può essere un nominale o un sostitutivo come
ad esempio i pronomi o elementi fonoligicamente leggeri; può essere un soggetto fantoccio come nell'inglese it o there;
può intervenire in alcune elaborazioni grammaticali pur essendo coperto (come nell'imperativo).
Un'ulteriore differenza è quella tra soggetto e attore. Queste due funzioni non sempre coincidono, come nel caso delle
frasi a controllo:
Carlo prega Mario di uscire stasera.
In questo caso, il soggetto è segnalato dall'accordo col verbo (Carlo e prega) mentre l'attore è designato dal verbo
all'infinito ed è controllato dalla principale.
Il predicato è l'elemento che predica qualcosa a proposito del soggetto. In sostanza si potrebbe dire che gli enunciati
servono proprio a predicare e, quindi, che gli elementi essenziali sono il soggetto e il predicato (circostanziali).
Il posto di predicato può essere occupato da verbi, ma anche da aggettivi o da copula + aggettivi.
Bisogna solo distinguere tra predicazione affermata e predicazione negata: entrambe sono delle relazioni con il soggetto
ma mentre la prima esprime un valore vero, l'altra esprime un valore falso.
Il complemento oggetto è stato sempre considerato come l'elemento su cui veicola o transita l'azione. Si da dunque per
scontato che il verbo in questione debba essere transitivo.
La questione però è molto più complicata perchè vi possono essere diversi tipi di oggetto. In due frasi come:
Ho costruito un tavolo.
Ho preso il secchio.
Notiamo che semanticamente l'oggetto si presenta in modo diverso.
Nel 1977 Fillmore formula la teoria dei casi profondi, ovvero quei posti che accompagnano il verbo e che non sono
visibili nella struttura superficiale. Secondo questa teoria, i posti possono essere di tipo agentivo, benefattivo,
locazionale, dativo, fattitivo ecc. In particolare, il complemento oggetto è un sintagma nominale che presenta un
fattitivo, un oggetto o un dativo.
Nell'esempio del tavolo, il complemento oggetto è un fattitivo perchè è creato dall'azione.
In conclusione, l'analisi profonda indica che la struttura degli enunciati non è soltanto visibilmente lineare, ma si
presenta molto più complessa in profondità.
CAP 11
Messa in discussione la linearità, capiamo bene che l'enunciato ha scopo prettamente predicativo. Questo porta a
formulare delle ulteriori analisi oltre a quelle sintagmatiche e funzionali e ad ipotizzare che un enunciato possa
“funzionare” nonostante la struttura poco sintattica.
Nel produrre l'enunciato, l'emittente deve scegliere bene il tema, ovvero ciò di cui vuole parlare o “predicare”. In
secondo luogo deve scegliere le sue conoscenze enciclopediche. Infine deve veicolare le conoscenze in modo che queste
abbiamo una forma e un campo conoscitivo comuni a quelli del ricevente.
Sotto questa nuova prospettiva, possiamo definire in enunciato tre tipi di soggetto:

Il soggetto grammaticale è quello che trasmette il pacchetto morfemico al verbo;

Il soggetto psicologico è quello di cui si predica e si aggiungono informazioni;

Il soggetto logico è l'attore nell'enunciato.
Tutti e tre possono coincidere ma questo non è frequente. In frasi come:
La matematica, Silvia la studia.
Silvia costituisce il soggetto grammaticale e logico, ma il punto di partenza per l'emittente è la matematica ed è per
questo che è il soggetto psicologico, nonché il tema. Tutto il resto prende il nome di rema.
Solitamente Tema e Rema coincidono con Topic e Comment (ovvero il “dato” e il “nuovo). Questa coincidenza però
non è sempre verificata e può variare da enunciato ad enunciato e da lingua a lingua.
Vi sono diversi mezzi che mettono in rilievo il tema e il rema. Questi possono essere riuniti in due macrocategorie:

Topicalizzazione, in cui tutti i processi mettono in rilievo il tema o il dato conosciuto;

Focalizzazione, in cui viene messo in rilievo tutto il resto.
Tra i metodi di topicalizzazione abbiamo le messe in rilievo a sinistra e a destra. Questi consistono nello spostamento di
un elemento che non svolga la funzione di soggetto ed è ripreso da un clitico nell'enunciato. La ripresa può anche non
avvenire (contrastiva) oppure essere obbligatoria come nelle costruzioni partitive (Di amici non ne ho)
Giovanni non lo vedo mai.
Il giornale lo leggo tutti i giorni.
A tuo padre (gli) ho parlato ieri.
A me (mi) piace la frutta.
Di tua sorella, non (ne) so niente.
A casa di Giorgio non (ci) sono mai stato.
Ricco Mario non (lo) è più da tempo.
Gli parli subito a Maria. (disl a dx)
La regalo a Giorgio la mia sciarpa. (disl a dx)
Il clitico non può costituire il tema in quanto non ha abbastanza salienza fonica.
Un metodo per spostare il rema è la frase scissa. Questo utilizza il verbo essere con il costituente spostato che è il dato
nuovo.
E' di tua sorella che dobbiamo parlare.
E' stato Giorgio a telefonare.
La frase pseudo-scissa anticipa con l'utilizzo di che:
Che mi fa paura è la nebbia.
Oppure utilizza il “c'è”
C'è qualcuno che bussa
Le persone, quelle che ami.
Una differenza va fatta con il tema sospeso: questo può spesso trarre in inganno ma la sua funzione è quella di
anticipare il tema di un enunciato. Ciò avviene con un infinito e con un pre-tema o con riprese anaforiche.
Mangiare mangia, il bambino.
Luigi, la sua macchina non funziona.
Lo scopo è quello di attivare nel ricevente la sezione conoscitiva del campo indicato dal pre-tema. Quindi il pre-tema è
a favore del ricevente.
Infine, vi sono diversi modi per segnalare il tema e il rema. Oltre a quelli citati vi sono anche elementi di intonazione e
le pause nel dialogo.
Inoltre caratteristica del dialogo è la ricorsività causata dal turno dell'emittente.
CAP 12
Quello della semantica è il campo più delicato e astratto della linguistica, che sfiora argomenti filosofici e logici.
E' difficilissimo spiegare cosa si intende con significato e lo è ancora di più esprimerlo per ogni parola.
I tre indirizzi più importanti si basano sulle relazioni tra simbolo – pensiero – referente rappresentati dal triangolo
semantico di Ogden Richards.
Pensiero
Simbolo
Referente
Le varie relazioni possono essere simbolo-referente tramite pensiero, simbolo-referente o trascurando il referente come
rilevante.

La filosofia referenzialista è quella che assegna mentalmente un pensiero al simbolo e, per dotarlo di
significato, prende come riferimento il referente. Il problema nasce quando il referente è lo stesso significato
come:
Leopardi è Leopardi.
Leopardi è l'autore delle Operette Morali.

La semantica strutturalista considera il referente superfluo perchè il significato è un'entità linguistica. Saussure
differenzia non solo arbitrarietà tra i significanti e i significati, ma anche tra i vari significati e i vari
significanti.
Le lingue strutturano il pensiero.

La linguistica cognitiva si basa sulle facoltà come ad esempio il linguaggio. Nell'analisi semantica sono
importanti le relazioni con l'universo di tipo percettivo, fisiche, corporee ecc. L'assurdo è che non tutte le lingue hanno
la concezione di spazio o, se esiste, è variabile.
Alcune nozioni semantiche essenziali si basano su delle opposizioni. Queste chiariscono anche dei termini utilizzati
comunemente e che possono creare casi di ambiguità.
La prima opposizione e tra Intensione ed Estensione. La prima implica la seconda: l'intensione è infatti l'insieme di
proprietà definitorie che permettono di stabilire quali oggetti fanno parte di una classe più estesa, l'estensione. Per poter
definire un'estensione, bisogna dunque definirne prima i tratti caratteristici. L'ambiguità può esserci nel momento in cui
l'intensione non è ben definita o, al contrario, se non si riesce a racchiudere in un'estensione.
Un'altra opposizione è tra Senso e Significato. Il senso nasce dalle associazioni legate all'enunciato dovute all'esperienza
del mittente e del ricevente. Il significato è invece quel dato che da informazioni uguali per coloro che condividono un
codice.
Denotazione e Connotazione sono abbastanza semplici da definire. Il primo, infatti, si occupa principalmente di
designare l'oggetto in questione. Il secondo riguarda quei concetti traslati che riguardano il termine stesso. Questa
opposizione permette di chiarire l'ambiguità tra quelle parole che sono ritenute sinonimi, ma che in realtà hanno delle
connotazioni precise e diverse.
I significati possono essere a volta piuttosto vaghi. Questo capita nei casi come pupilla > pupil in inglese.
E' da precisare che anche nelle intensioni si hanno dei casi di vaghezza. Quando pensiamo ad una tazza, perchè questa
ha la tipica forma con il piccolo manico e il piattino? Wittgenstein affermò che esiste una somiglianza di famiglia che ci
permette di definire dei prototipi di un oggetto in base alla nostra esperienza (effetto prototipo). Ciò dimostra che le
categorie hanno una propria struttura interna.
La vaghezza può interessare soprattutto gli omonimi (vaghezza contrastiva) oppure la polisemia. In quest'ultimo caso si
applica spesso la metonimia per indicare una relazione tra due elementi complementari. Si può avere relazione fruttopianta, prodotto-produttore, contenuto-contenitore, massa-oggetto.
Per quanto riguarda l'analisi semantica, più volte si è cercato di capire se considerare il contesto o la parola.
Un modello proposto è quello dell'analisi componenziale. Gli oggetti vengono studiati scomponendo i loro tratti
concettuali e analizzandoli. Questo modello però porterebbe ad un dizionario troppo esteso e impossibile da definire del
tutto in quanto ogni termine apporterebbe delle modifiche all'elenco di tratti analizzabili. Inoltre gli stessi tratti sono
delle parole. L'approccio ha tuttavia identificato un modo grossolano di ufficializzare una forma di linguaggio e di
rappresentazione semantica.
Tra questi tratti esistono delle forme di relazione (figlio – padre), di implicazioni (umano = +animato) e delle relazioni
di tipo pragmatico (ad esempio +tecnico).
L'ordinamento di un lessico è dato dalle relazioni semantiche. Queste distinguono:

Oggetti ordinati nella loro gradualità. Spesso questi possono essere disposti su una scala e lasciare dei vuoti
colmabili attraverso dei traslati linguistici. Ciò è dovuto al carattere digitale delle lingue.

Quando un significato è incluso in quello di un'altra parola si chiama di Iponimia. Il termine che “contiene” è
l'iperonimo. Più parole possono essere iponimi dello stesso iperonimo e vengono dette co-iponimi. Può
capitare però che stessi co-iponimi non abbiano un iperonimo: in alcuni casi, un iponimo stesso viene utilizzato
come iperonimo.

Sinonimi sono i termini che hanno forme diverse ma significati affini. Spesso si differenziano per la loro
connotazione.

Omonimi sono i termini che hanno forme uguali ma assumono diverso significato.

L'antonimia riguarda quei termini che hanno significato opposto. Tra questi abbiamo i complementari che,
oltre tutto, sono co-iponimi.

La simmetria riguarda quelle relazioni come tra le parole vendere e comprare (se A compra da B, B vende ad
A).
Spesso la linguistica contemporanea ha pensato di poter prevedere un risultato. Questo si scontra inevitabilmente con il
principio secondo il quale il significato è contestuale.
Le teorie formulate sono:

Teorie basate sull'enumerazione dei sensi, secondo cui i termini sono memorizzati con i diversi significati
elencati nella parola, andando contro il principio di economia.

Teorie dinamiche del significato, secondo cui si parte da una base primaria in diacronia e se ne estendono i
significati.
Re- = indietro nello spazio >>> indietro nel tempo.
Jowsky ha sviluppato dei principi sull'ultimo modello.

Principio della co-composizione: si basa sulla definizione del significato di un verbo in base ai suoi argomenti.
Ho cotto il pane.
Ho cotto la carne.

Principio della forzatura del tipo: Un verbo spinge un oggetto a significare ciò che la sua struttura richiede.
Ho iniziato un libro. (eventivo)

Principio del legamento selettivo: Si basa dell'interpretazione di un aggettivo a seconda dell'oggetto a cui è
legato.
E' un buon medico.
E' un buon coltello.