Tesi Laurea - Osservatorio di Arcetri

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
FACOLT À DI S CIENZE M ATEMATICHE , F ISICHE E NATURALI
Tesi di laurea in Fisica
Misura precisa della separazione di struttura fine
23P0
23P1 dell’ 4He
candidato
Simone Busoni
relatore
Prof. Massimo Inguscio
Anno Accademico 1996-1997
Indice
Introduzione
IV
1 Importanza di una misura spettroscopica di 1.1
Il multipletto di struttura fine 2 3 P2;1;0 dell’atomo di elio . . . . . .
1.1.1
1.2
1
7
Previsioni teoriche per la separazione di struttura fine . . . 11
Principio dell’esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2 Sorgente di atomi di elio nello stato metastabile 23 S1
18
2.1
Camera di espansione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.2
Scarica elettronica e sorgente di atomi metastabili . . . . . . . . . 23
2.3
Camera di interazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3 Stabilizzazione in frequenza e aggancio in fase delle due sorgenti laser 32
3.1
3.2
Sorgente laser a semiconduttore con emissione a 1083 nm . . . . 34
3.1.1
Principio di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3.1.2
Caratteristiche tecniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.1.3
Accordabilità in frequenza e larghezza di riga . . . . . . . 40
Calibrazione e controllo della frequenza di emissione del laser di
analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
3.3
Saturazione dell’assorbimento nel caso di un sistema omogeneo e
di uno non omogeneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
I
3.4
Stabilizzazione in frequenza del laser di riferimento . . . . . . . . 50
3.4.1
Ottimizzazione della profondità di modulazione . . . . . . 61
3.4.2
Varianza di Allan dell’aggancio in frequenza al riferimento
atomico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
3.5
Aggancio in fase dei due laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.5.1
3.6
Controllo della frequenza del laser di analisi . . . . . . . . 72
Accuratezza della misura di frequenza . . . . . . . . . . . . . . . 73
4 Caratterizzazione del sistema tramite misure spettroscopiche sul fascio di elio metastabile
77
4.1
Profilo Doppler residuo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
4.2
Configurazione a fasci contropropaganti . . . . . . . . . . . . . . 79
4.3
Annullamento del campo magnetico per mezzo dell’effetto Hanle
non lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.4
Acquisizione dei profili di riga e analisi dei dati . . . . . . . . . . 87
4.5
Misura degli effetti del cambiamento del campo magnetico sulla
frequenza 01 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
4.6
Verifica sperimentale dell’influenza del disallineamento sulla misura 92
4.7
Misura dell’effetto della potenza del laser sulla frequenza 01 . . . 93
5 Misura della frequenza 01 e delle altre separazioni dei livelli di struttura fine
95
5.1
Misure eseguite in funzione della potenza del laser di analisi . . . 96
5.2
Analisi delle fonti di errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
II
5.3
5.2.1
Effetto Doppler e variazione di v
5.2.2
Altre fonti di errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
. . . . . . . . . . . . . 101
Misura delle frequenze 12 e 02 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
6 Conclusioni
106
Appendici
109
A Metodi esistenti per la misura di 109
A.1 Momento magnetico anomalo dell’elettrone . . . . . . . . . . . . 109
A.2 Rapporto giromagnetico del protone ed effetto Josephson dinamico 110
A.3 Effetto Hall quantistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
A.4
Misura di h=mn
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
B Principali fonti di riduzione della risoluzione spettroscopica in un sistema atomico
116
B.1 Allargamento omogeneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
B.2 Allargamento non omogeneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
B.3 Spostamento delle righe atomiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Bibliografia
124
III
INTRODUZIONE
I progressi ottenuti negli ultimi anni nel campo della realizzazione di sorgenti laser, con sempre migliori prestazioni di stabilità di ampiezza e di emissione monomodo, oltre che di accordabilità in frequenza, hanno permesso misure di fisica
atomica e molecolare con accuratezze che possono raggiungere l’ordine di alcune
parti per miliardo. Il parallelo sviluppo di elaborate teorie perturbative consente
il calcolo dei livelli energetici dell’atomo di elio con precisioni confrontabili con
quelle sperimentali, cosa fino a poco tempo fa possibile solo per l’atomo di idrogeno, e ha aperto molteplici possibilità di studio che spaziano dal confronto fra
esperimento e teoria nel campo dell’elettrodinamica quantistica e dei sistemi a più
elettroni fino all’utilizzo dei risultati delle misure spettroscopiche, in un opportuno
contesto teorico, per derivare valori di costanti fondamentali della fisica.
Il lavoro svolto per questa tesi è consistito nella misura spettroscopica della
separazione di struttura fine 23 P0
23 P1 dell’ 4 He, ottenendo una accuratezza di
2 kHz su un intervallo di circa 29 GHz. Tale risultato è la migliore determinazione
attualmente disponibile di questa separazione.
Per raggiungere tale scopo si sono utilizzate tecniche di spettroscopia ad alta
risoluzione, su un sistema il più possibile privo di eventuali fonti di errori sistematici, combinate con un sofisticato metodo di misura delle frequenze. L’affidabilità
dell’apparato ha consentito un notevole numero di acquisizioni ed un conseguente
approccio statistico all’analisi dei dati. I risultati ottenuti permettono, tramite un
IV
confronto con una predizione teorica della stessa accuratezza, di determinare il
valore della costante di struttura fine con una incertezza di poche parti in 10 8 ,
e consentono una discriminazione fra altre misure di tale grandezza effettuate con
approcci fisici molto diversi fra loro.
La tesi presenta in apertura un breve richiamo sull’importanza del lavoro intrapreso e sulle caratteristiche dello spettro dell’atomo di elio, nonché sulle previsioni teoriche riguardanti la separazione dei livelli nel multipletto di struttura fine,
oggetto dell’indagine sperimentale. Successivamente si descrive a grandi linee lo
schema dell’esperimento e gli elementi essenziali dell’analisi dei dati soffermandosi sui parametri atomici e strumentali necessari a raggiungere l’accuratezza voluta. La presentazione più in dettaglio dell’apparato sperimentale comprende una
descrizione della struttura e del funzionamento della sorgente del fascio di atomi
di elio metastabile che saranno oggetto della misura. Particolare cura è dedicata
alla caratterizzazione dei parametri di esercizio del fascio e all’annullamento del
campo magnetico nella zona di interazione al fine di ottenere una riproducibilità
delle condizioni sperimentali durante le varie misure e l’eliminazione di errori
sistematici.
Successivamente si descrivono i due dispositivi laser usati per investigare i livelli energetici dell’elio, la stabilizzazione in frequenza su un riferimento atomico
di un primo laser e il controllo in frequenza di un secondo laser tramite un aggancio coerente in fase che consente di mantenere la differenza fra le due frequenze
di emissione costante entro un Hertz su tempi del secondo e variabile su un intervallo che va da 10 MHz a 40 GHz. In questo modo si ottiene una calibrazione
V
diretta della spazzata del laser di analisi.
La parte centrale del lavoro comprende la descrizione della tecnica di spettroscopia di saturazione sub-Doppler che ha permesso la risoluzione della larghezza
omogenea della transizione e che, tramite una configurazione a fasci contropropaganti, consente l’eliminazione di errori sistematici, dovuti a propagazioni asimmetriche dei fasci, nella determinazione del centro riga. Si evidenzia anche la
diagnostica effettuata sull’apparato per poter verificare con un approccio sperimentale la riproducibilità delle misure e la loro dipendenza dai parametri controllabili esternamente cosı̀ da stimare un limite superiore per il contributo dei residui
errori sistematici. Poi si presentano i valori misurati per la separazione di struttura
fine dei livelli 23 P0
! 23P1, effettuata per differenza fra le frequenze centrali
dei profili di riga corrispondenti alle transizioni 2 3 S1
! 23P0; 23S1 ! 23P1, e
l’approccio teorico ad una forma di riga che si adatti il più possibile al profilo
spettrale ottenuto dall’esperimento cosı̀ da ottimizzare l’analisi dei dati tramite
un fit. Allo scopo di verificare l’autoconsistenza del procedimento sperimentale
sono stati misurati anche gli altri due intervalli del multipletto di struttura fine
23 P1 ! 23 P2 e 23 P0 ! 23 P2 .
In conclusione del lavoro di tesi vengono considerate tutte le fonti di errore e
le sistematiche che gravano sull’incertezza del risultato, ne viene stimata l’entità
e si confronta il risultato ottenuto con le misure esistenti.
VI
Capitolo 1
Importanza di una misura spettroscopica di In tutti i campi della scienza è di capitale importanza disporre di un insieme consistente di valori delle costanti fisiche fondamentali in quanto su di esse si basa la
possibilità di confrontare i risultati teorici con quelli sperimentali. Tale ambizioso
risultato può essere raggiunto solo combinando insieme conoscenze che spaziano
dalla capacità di effettuare una serie di esperimenti nei quali le grandezze fisiche
possono essere misurate con una elevata accuratezza (attualmente le incertezze
tipiche sono dell’ordine di poche parti in
10 8 ), alla possibilità di sviluppare teorie
affidabili per mezzo delle quali legare le quantità misurate alle costanti fondamentali, e infine alla disponibilità in laboratorio di un insieme di campioni delle
grandezze fisiche fondamentali da impiegare nell’esecuzione delle misure.
In questo contesto di fisica fondamentale si inserisce il presente lavoro di tesi
volto ad una misura spettroscopica della separazione di struttura fine dei livelli
23 P2;1;0 dell’4 He con la migliore accuratezza fino ad ora raggiunta, in modo tale
da ottenere dal confronto con la teoria una nuova determinazione del valore della
costante di struttura fine .
Dalla sua prima apparizione nella teoria atomica come rapporto fra la velocità
di un elettrone che ruota intorno ad un protone nella prima orbita di Bohr e la
1
velocità della luce, la costante
ha giocato un ruolo sempre più importante in
ulteriori teorie di fisica fondamentale come costante di accoppiamento del campo
elettromagnetico in formulazioni quantistiche e relativistiche. Inoltre se la teoria
dell’unificazione delle interazioni elettromagnetica e elettrodebole è corretta,
assume importanza anche riguardo a quest’ultima. Tenendo conto di questo e
del fatto che nell’espressione della costante di struttura fine, in unità del Sistema
Internazionale (che indicherò in seguito come S.I.):
=
e2
4"0 ~c
;
(1.1)
compaiono attributi della materia, tramite la carica elettrica e, del campo elettromagnetico, tramite la velocità della luce c, e della teoria quantistica, con la
costante di Planck ridotta ~, si capisce la necessità di conoscerne un valore il più
accurato possibile [1][2]. Attualmente è nota con una incertezza di alcune parti
in 108 e il valore accettato è la media pesata dei risultati di esperimenti effettuati
con metodi diversi.
In appendice A vengono riportati i metodi esistenti per la determinazione sperimentale della costante di struttura fine con una breve descrizione delle caratteristiche peculiari e problematiche associate a ciascuno di essi. I procedimenti sperimentali possono essere divisi in due categorie a seconda che la quantità effettivamente misurata sia legata ad da relazioni che facciano uso o meno della teoria
dell’elettrodinamica quantistica (QED). Appartengono al primo gruppo le determinazioni di
per mezzo della misura dell’anomalia magnetica dell’elettrone
(g-2) e per via spettroscopica su sistemi atomici (quest’ultima però non ha ancora raggiunto una accuratezza paragonabile agli altri metodi), al secondo gruppo
2
quelle basate sull’effetto Josephson dinamico (acJ), sull’effetto Hall quantistico (QHE),
su una combinazione di questi due metodi di misura (acJ+QHE) e sulla misura
del rapporto (h/m) per il neutrone libero.
In figura 1.1 è riportata la situazione della determinazione di aggiornata alla
fine del 1996. Si nota come i dati sperimentali siano distribuiti su un intervallo
Figura 1.1: Misure di effettuate con metodi non spettroscopici
che corrisponde a circa 0.25 ppm del valore misurato mentre le incertezze sono
rispettivamente 0.056 ppm (acJ) [3], 0.024 ppm(QHE), 0.037 ppm (acJ+QHE) [4]
, 0.0042 ppm (g-2) [5] , 0.039 ppm (h/m) [6] cosı̀ che quasi tutte le determinazioni
coprono intervalli di incertezza disgiunti. E’ importante osservare inoltre che i due
valori che si basano su misure di fisica dello stato solido, supposti indipendenti da
effetti di QED, non sono in accordo fra di loro né con la determinazione effettuata
tramite il momento magnetico anomalo dell’elettrone e che quest’ultima, sebbene
3
presenti la migliore precisione, ha subito uno spostamento di più di 14 barre di
errore in seguito a nuovi calcoli nella complessa teoria che ne sta alla base [5].
In materia appare dunque evidente la necessità di poter discriminare fra i vari
valori esistenti di non tanto per un confronto fra diversi procedimenti sperimentali quanto per le implicazioni che un effettivo disaccordo fra le misure porterebbe
a livello delle teorie in gioco, che potrebbero non tenere in considerazione effetti
sistematici o incertezze in modo adeguato. Il tutto è reso ancora più stimolante
dal fatto che la fisica alla base dei differenti approcci alla misura in esame spazia
dallo studio di particelle libere con correzioni di QED a quello di sistemi a stato
solido, liberi, invece, da contributi di elettrodinamica quantistica.
Una nuova misura di per via spettroscopica su un sistema atomico è importante sia perché questa costante è immediatamente e naturalmente legata da effetti
relativistici alla separazione di struttura fine dei livelli energetici sia perché viene
effettuata su un sistema relativamente semplice dal quale possono essere eliminati
gli effetti di perturbazioni esterne. Prima di analizzare in dettaglio i motivi della
scelta dei livelli 23 P2;1;0 dell’4 He per effettuare tale misura vale la pena di vedere
a grandi linee quali sono le problematiche connesse con una misura di costanti
fondamentali con la precisione di poche parti in 10 8 , che è quella che si vuole
ottenere in questo caso:
E’ necessario determinare al livello di precisione opportuno tutte le grandezze coinvolte nella relazione teorica utilizzata per ricavare il valore della
costante oggetto della misura. Spesso l’incertezza finale è dominata da
quella di poche quantità e sono queste a fornire il limite all’accuratezza
4
della misura.
Una limitazione ulteriore alla precisione del risultato finale deriva dai campioni di unità di misura utilizzati come riferimento in laboratorio che devono
essere definiti nel modo migliore per ottenere una elevata riproducibilità e
non contribuire anche essi all’incertezza della grandezza da misurare.
Il sistema oggetto di indagine e lo schema sperimentale devono essere i
più semplici possibile al fine di eliminare tutte le possibili fonti di errori
sistematici.
La base teorica che insieme alla misura sperimentale viene utilizzata per
derivare il valore della grandezza in esame deve raggiungere una precisione
almeno paragonabile a quella sperimentale dovendosi sommare gli errori
teorici a quelli sperimentali.
Alla luce di quanto detto appare evidente che una discrepanza fra i vari valori
sperimentali di una stessa grandezza può portare alla revisione sia della teoria e
dei campioni di unità di misura utilizzati che della procedura sperimentale.
La separazione di struttura fine dei livelli energetici di un sistema atomico,
che esprimerò in termini di frequenza , decresce all’aumentare del numero quantico principale
n con un andamento del tipo 1=n 3 e quindi per poterla misurare
con la minore incertezza relativa = , a parità di incertezza
sulla determi-
nazione della frequenza, è necessario analizzare il livello più basso fra quelli che
presentano una struttura fine.
Per quanto riguarda la scelta del campione, l’atomo di idrogeno, che ha for5
nito l’oggetto di indagine ideale per molti studi di fisica fondamentale, non è il
candidato migliore per una misura che riguardi la separazione di struttura fine,
a causa della notevole larghezza di riga radiativa dei livelli
2P ; tale fenomeno
si rispecchia in una maggiore incertezza sperimentale nella determinazione della
frequenza centrale della transizione. L’atomo di elio ha il vantaggio di avere le
larghezze naturali dei livelli coinvolti in transizioni utili per questa misura molto
minori, e quindi caratterizzate da righe più strette rispetto all’idrogeno. Un ulteriore motivo per utilizzare l’elio come sistema atomico da indagare è che la separazione di struttura fine più ampia disponibile è di circa 30 GHz da confrontarsi
con i circa 10 GHz presenti nell’idrogeno. Il fattore di merito dato dal rapporto
fra separazione di struttura fine e larghezza di riga della transizione utilizzata per
misurarla è circa 102 per l’idrogeno e circa 2 104 per l’elio con una differenza di
due ordini di grandezza a favore dell’elio [7].
Nella tabella 1.1 sono confrontate le vite medie
delle transizioni 23 P
e le larghezze naturali
! 23S1 fra i livelli dell’elio e 22P ! 12S dell’idrogeno [8].
Livello
Elio
23 P
23 S
100 ns
103 s
Idrogeno
22 P
12 S
1:6 ns
liv. fondam.
1:6 MHz
100 MHz
Tabella 1.1: Confronto fra i valori delle vite medie e delle larghezze di riga naturali
per le transizioni 23 P
! 23 S1 fra i livelli dell’elio e 22 P ! 12 S dell’idrogeno
6
Uno svantaggio dell’elio rispetto all’idrogeno è che il modello teorico di quest’ultimo
è più accurato e i suoi fondamenti sono stati gettati e verificati da lungo tempo;
negli ultimi anni, comunque, sono stati compiuti enormi progressi nella studio dei
sistemi a tre corpi quantistici tramite l’applicazione di sofisticate tecniche perturbative e l’introduzione delle correzioni previste dalla QED che hanno portato a
raggiungere precisioni dell’ordine del kHz nelle stime della separazione di struttura fine dell’elio; tali valori sono paragonabili alle incertezze sperimentali che
gravano sulla stessa grandezza [9]. E’ da notare invece che non sono disponibili
analoghe previsioni teoriche per atomi più complessi.
Infine, la scelta di misurare la separazione di struttura fine dell’atomo di 4 He,
al quale d’ora in poi mi riferirò per semplicità con la denominazione più generica
di elio, rispetto a quella dell’3 He è dovuta al fatto che quest’ultimo presenta una
struttura iperfine dei livelli, a causa dello spin nucleare non nullo, e ciò appesantisce la trattazione teorica.
1.1 Il multipletto di struttura fine 2 3P2;1;0 dell’atomo
di elio
L’elio è il più semplice degli elementi a molti elettroni e, come tale, nello studio
delle sue proprietà riveste un ruolo basilare il principio di esclusione di Pauli che
influenza direttamente le caratteristiche del suo spettro. Per esso si hanno due
sistemi di livelli quasi completamente indipendenti detti rispettivamente di singoletto, con numero quantico di spin S=0, e di tripletto, con S=1. L’interazione
7
di spin-orbita e di spin-spin sono nel caso dell’elio una piccola perturbazione
rispetto all’interazione repulsiva fra i due elettroni ed è dunque ben verificata
l’approssimazione di Russell-Saunders (detta anche L-S) che impedisce, nell’approssimazione
di dipolo elettrico, le transizioni fra stati con S diverso [10].
La schematizzazione dei livelli energetici è riportata in figura 1.2, nella quale
è adottata la notazione spettroscopica che sarà utilizzata nel seguito. Un generico
stato di numero quantico principale n, spin totale S , momento angolare orbitale L
e momento angolare totale J viene indicato come
n(2S +1) LJ
(1.2)
con L che storicamente assume le espressioni letterali S,P,D,F,G... per i rispettivi
valori numerici 0,1,2,3,4...
La più ampia separazione di struttura fine a disposizione, che dipende dal numero quantico principale secondo un andamento del tipo 1/n 3 , si ha per il tripletto
23 P2;1;0 . Esprimendo le energie in esame in termini di frequenza, secondo la relazione relativa
= E=h, per esso, a parità di incertezza , si ha la minima incertezza
= . Già per il livello 33 P gli effetti di struttura fine si riducono di
un fattore tre, passando la separazione maggiore da
30 GHz a 9 GHz, e ren-
dono necessaria, dal punto di vista sperimentale, una risoluzione spettroscopica
migliore di un analogo fattore per mantenere pari incertezza relativa, essendo le
larghezze naturali invariate.
In base alle regole di selezione non è possibile accedere ai livelli di tripletto
dallo stato fondamentale 11 S0 con transizioni radiative nell’approssimazione di dipolo. Per effettuare una misura spettroscopica sui livelli 2 3 P è necessario indurre
8
Figura 1.2: Schema dei livelli con numero quantico n minore dell’ 4 He [11]. Viene
evidenziata la struttura fine dei livelli 23 PJ , oggetto della misura effettuata
una transizione dal livello 23 S1 , che, non potendo decadere per transizione radiativa al livello fondamentale, risulta metastabile. Nel nostro caso, come vedremo
nel capitolo 2, l’elio è portato nello stato metastabile tramite eccitazione per bombardamento elettronico, in un ambiente (fascio atomico) che riduca al massimo le
collisioni per non diminuire il numero di atomi presenti nello stato 2 3 S1 .
In figura 1.3 è evidenziata la transizione a 1083 nm utilizzata per la misura sperimentale della separazione di struttura fine. In particolare nell’esperimento che
costituisce il lavoro presentato in questa tesi la separazione di struttura fine viene
misurata come differenza fra le frequenze di due transizioni indotte fra il livello
23 S1 e due livelli 23 PJ adiacenti. Per semplificare la notazione d’ora in avanti mi
9
Figura 1.3: Transizione a 1083 nm utilizzata per la misura della separazione di struttura
fine del tripletto 23 P dell’elio
riferirò alle transizioni del tipo 23 S1
! 23P2;1;0 con il simbolismo (1 ! 2; 1; 0)
e agli intervalli di struttura fine fra due livelli 2 3 PJ e 23 PJ con JJ , seguendo la
0
0
letteratura esistente.
Attualmente, in letteratura, sono disponibili due misure indipendenti della separazione di struttura fine effettuate con spettroscopia a microonde [11] e con
spettroscopia ottica [12]. I risultati ottenuti per la transizione 01 valgono rispettivamente 29616.844(21) MHz e 29616.962(9) MHz e oltre a essere in grande
disaccordo fra di loro hanno una accuratezza che non consente, come vedremo
meglio nel prossimo paragrafo, una discriminazione fra le misure di già effettuate per altra strada.
10
1.1.1 Previsioni teoriche per la separazione di struttura fine
L’obiettivo di ottenere un valore per la costante per mezzo di una misura spettroscopica con un elevato grado di accuratezza ha senso solo se le basi teoriche
hanno una precisione paragonabile ai dati sperimentali; per l’elio questa condizione si è realizzata solo negli ultimi anni.
L’elio, con il suo nucleo e i due elettroni, è il prototipo per altri problemi a tre
corpi in fisica atomica e presenta molte delle complessità trovate in atomi a molti
elettroni. E’ il più semplice sistema che non può essere risolto esattamente nel
limite non relativistico, gioca un ruolo fondamentale nella teoria atomica ed è stato
studiato approfonditamente fin dai primordi della fisica quantistica. Fino a pochi
anni fa la mancanza di accuratezza nelle soluzioni dell’equazione di Schrödinger
non relativistica limitavano la precisione del calcolo dei livelli energetici.
L’idea centrale dell’approccio tramite l’equazione di Schrödinger è di trattare
le correzioni relativistiche di ordine superiore ad 2 e quelle derivate dalla QED
con una teoria perturbativa, nella quale il parametro perturbativo è , e di scrivere
l’energia totale nella forma:
Etot = ENR + Erel + EQED
dove
(1.3)
ENR è l’energia non relativistica, Erel rappresenta le correzioni relativisti-
che di ordine inferiore a (Z )4 mc2 , e EQED rappresenta i termini relativistici di
ordine superiore e le correzioni di QED, inclusi gli effetti di ritardo. Nei termini
appena descritti Z è il numero atomico mentre m e è la massa dell’elettrone. Dopo
aver separato le coordinate del centro di massa da quelle degli elettroni si ottiene
per l’Hamiltoniana non relativistica di un sistema a due elettroni, scritta in forma
11
adimensionale dividendo i vari termini per e 2 =a , una espressione del tipo:
HNR =
dove
1 2
r
2 1
~ ~
r r
M 1 2
1 2
r
2 2
Z
r1
Z
r2
1
r12
(1.4)
= me M=(me + M ) è la massa ridotta del sistema, r1 , r2 , r12 sono
rispettivamente le distanze dei due elettroni dal nucleo e la distanza reciproca fra
di essi espresse in forma adimensionale dividendole per il raggio di Bohr ridotto
a = (me =)a0 , ri è l’operatore gradiente rispetto alle coordinate dell’i-esimo
elettrone. Il fattore
(me =) è responsabile dello shift isotopico normale comune
a tutti i livelli energetici, mentre il terzo termine nell’equazione (1.4) produce lo
shift isotopico specifico che cambia per stati diversi. Anche trascurando in prima
approssimazione quest’ultimo termine l’equazione di Schrödinger per un nucleo
di massa infinita che ne risulta non è separabile a causa del termine
1=r12 che
impedisce di fattorizzare l’autofunzione di stato del sistema in autofunzioni di
elettrone singolo e che non è trattabile come perturbazione a causa dei contributi
notevoli che può dare all’energia nel caso in cui i due elettroni si trovino vicini.
Il metodo utilizzato per il calcolo delle autofunzioni del problema a tre corpi
HNR (~r1 ; ~r2 ) = ENR (~r1 ; ~r2 )
(1.5)
si basa su una espansione dell’autofunzione (~r1 ; ~r2 ) per stati con momento angolare orbitale nullo del tipo:
(~r1 ; ~r2 ) =
i
X h (1)
aijk ijk (A ; A ) + a(2)
(
;
)
ijk ijk B B
i;j;k
E
(1.6)
con aijk parametri variazionali lineari, con le funzioni del tipo:
ke
ijk (; ) = r1i r2j r12
r1 r2
(1.7)
12
e con il termine E ottenuto dalla stessa forma funzionale del primo termine scambiando i ruoli di r1 e di r2 .
La sommatoria viene effettuata includendo tutte le combinazioni di i; j e k tali
che (i + j + k ) con intero, e gli autovalori dell’energia dell’equazione (1.3)
vengono calcolati con un metodo variazionale minimizzando il valore di aspettazione dell’energia rispetto ai parametri lineari ijk e non lineari e
[18]. Que-
sto approccio contiene intrinseche difficoltà dovute alla convergenza delle soluzioni al crescere di e alle correzioni che devono essere fatte all’espressione (1.6)
per ricavare le autofunzioni con L 1, e fornisce risultati meno accurati per stati
con numero quantico principale elevato. In compenso getta delle solide basi per
procedere nel calcolo della separazione di struttura fine dei livelli energetici di
interesse per questo esperimento una volta che siano state introdotte come perturbazioni le correzioni relativistiche e di QED.
I più recenti lavori teorici hanno calcolato la separazione di struttura fine
del tripletto 23 PJ dell’elio tenendo conto delle correzioni sopra menzionate fino
all’ordine di 7 mc2 ln, con una accuratezza di calcolo raggiunta di 0.1 kHz [9].
La maggior fonte di incertezza nel valore teorico deriva però dai termini di ordine
di 5 a.u.=7 mc2 e 4 (m=M )a.u. non ancora calcolati che riducono l’accuratezza
totale a 15 kHz. In tabella sono riportati i contributi per la separazione di struttura
fine come forniti in [9] utilizzando
=M = 1:370745620(30) 10
4 e
1
=
137:0359895(61).
I termini di ordine superiore ad
teorico ai valori di 01
5 non ancora calcolati portano il risultato
= 29616:949(15) e 12 = 2291:180(12) con una incertezza
13
01
12
2
29564.60002
2317.23222
2 (=M )
-0.83097
3.00964
2
2
(=M )
0.00080
-0.00008
3
54.70787
-22.54822
3 (=M )
-0.00382
0.00321
4 Douglas-Kroll
-3.33519(3)
1.53393(5)
4 IIo ordine
1.72752(15)
-8.04029(29)
5
2
5
ln(Z) e ln
0.08259
-0.01009
Termine
Totale
29616.94883(15)
2291.18033(30)
Tabella 1.2: Contributi delle potenze di alla separazione degli intervalli di struttura
fine. I risultati sono espressi in a.u. e in MHz [9]
relativa di 0.5 ppm e 5 ppm rispettivamente. Un ulteriore sviluppo della teoria
che calcoli i termini in 5 a.u. e 4 (m=M ) a.u. dovrebbe ridurre l’incertezza a
meno di un kHz per l’intervallo più ampio e consentire, invertendo l’espressione
che lega le frequenze JJ alla costante di struttura fine,
0
() = K2 1 + K1 + K2 2 + K3 3 + O(4)
di determinare
(1.8)
con una accuratezza di 1.6 parti in 108 , a patto di disporre
del valore sperimentale di JJ con un’incertezza di un kHz. Quest’ultimo è
0
l’obiettivo dell’esperimento approntato a Firenze, la cui struttura sarà descritta
a grandi linee nel prossimo paragrafo, e il suo raggiungimento permetterà una
discriminazione fra gli attuali valori noti di .
1.2 Principio dell’esperimento
La richiesta di una accuratezza dell’ordine del kHz nella misura di transizioni
con una larghezza naturale di 2 MHz ha reso prioritario, nella progettazione e
14
costruzione dell’apparato sperimentale, la realizzazione di un ambiente il più possibile privo di fattori di disturbo che potessero limitare l’incertezza della misura
spettroscopica. La scelta della zona in cui fare interagire il sistema atomico oggetto della misura e la radiazione laser usata per rivelare le risonanze fra i livelli
energetici è caduta su un fascio di atomi. Un fascio atomico è infatti il candidato
ideale per la realizzazione di un ambiente pulito dal punto di vista sperimentale in
quanto effetti sistematici quali campi magnetici ed elettrici spuri, effetto Doppler,
distorsione dei fronti d’onda, spostamento per potenza possono essere stimati e
tenuti sotto controllo. Si può inoltre disporre la zona di interazione con il laser
distante dal punto di eccitazione dell’elio allo stato metastabile, che avviene in
presenza di forti campi elettromagnetici e che perturba notevolmente il sistema.
Le risonanze atomiche di interesse per la misura della separazione di struttura fine
sono rivelate in fluorescenza dopo che gli atomi sono stati eccitati dallo stato 2 3 S1
agli stati 23 PJ con radiazione laser.
Le forme di riga sono ottenute per mezzo di una configurazione di spettroscopia di saturazione ad alta risoluzione, che permette di risolvere la larghezza
naturale della transizione in esame, realizzata con due fasci contropropaganti in
direzione ortogonale a quella dell’asse del fascio di elio. In questo modo si ottiene
la massima simmetria del sistema che, come vedremo, permette l’eliminazione di
alcuni errori sistematici, e si eludono molte delle cause di allargamento di riga che
riducono la sensibilità della misura. In appendice B sono descritti brevemente i
principali fattori fonte di diminuzione della risoluzione spettroscopica di interesse
per questo esperimento.
15
La stabilizzazione in frequenza del laser di analisi è stata realizzata con un
aggancio in fase alla frequenza di emissione di un identico dispositivo a sua volta
stabilizzato su una transizione atomica dell’elio. La distanza in frequenza fra le
due emissioni laser è controllata tramite un computer e fornisce la calibrazione in
frequenza degli spettri ottenuti.
La misura della separazione degli intervalli di struttura fine viene effettuata
con lo stesso laser per differenza fra le frequenze di due transizioni adiacenti ottenendo in questo modo l’eliminazione degli effetti sistematici che siano comuni
alle due determinazioni, come quelli dovuti al sistema atomico (effetto Doppler
al secondo ordine), alla configurazione spettroscopica non simmetrica (disallineamento fra fascio di andata e ritorno, distorsione dei fronti d’onda) e al riferimento
in frequenza.
E’ evidente da quanto detto l’importanza di aver un buon riferimento di frequenza dal momento che dalla sua stabilità a breve e lungo termine dipenderanno
rispettivamente la precisione e l’accuratezza della misura di JJ . Su questo as0
petto e sull’analisi sistematica della riproducibilità delle misure, effettuate al variare dei parametri critici strumentali e fisici nonché in più sessioni di acquisizione, si basa buona parte del lavoro svolto per questa tesi. La parte finale
dell’esperimento si basa sull’adattamento (fit) della forma di riga prevista teoricamente agli spettri acquisiti in modo da ricavare il centro riga e quindi la frequenza della transizione. In figura 1.4 sono schematizzati gli elementi principali
dell’apparato sperimentale utilizzato per la misura, ciascuno dei quali sarà descritto più in dettaglio nei seguenti capitoli.
16
Figura 1.4: Sezioni in cui può essere decomposta la struttura dell ’esperimento
17
Capitolo 2
Sorgente di atomi di elio nello stato metastabile 2 3S1
La necessità di disporre di un sistema da indagare privo di perturbazioni indesiderate trova realizzazione in una sorgente di fascio atomico in quanto in tale
ambiente vengono ridotte al massimo le collisioni, si ha un flusso continuo di
atomi, è possibile riprodurre nel tempo le medesime condizioni di funzionamento
e si può porre la zona di interazione fra sistema atomico e radiazione elettromagnetica distante da eventuali fonti di disturbo, quale è la scarica in cui avviene
l’ eccitazione dell’elio allo stato metastabile di tripletto. Lo schema semplificato
dell’apparato utilizzato per creare un fascio di atomi di elio nello stato 2 3 S1 è rappresentato in figura 2.1. La struttura, anche fisicamente, è divisa in due sezioni:
una camera di espansione e una camera di interazione. L’elio, allo stato gassoso,
passa attraverso un capillare da un serbatoio in cui si trova a pressione
camera di espansione, mantenuta a pressione PC
P 0 alla
P0 grazie ad un sistema ad
alto vuoto. Il fascio di elio cosı̀ ottenuto viene eccitato per mezzo di una scarica
elettronica in modo da ottenere un certo numero di atomi nello stato metastabile,
che d’ora in poi indicherò anche con il simbolo He .
Attraverso una piccola apertura (skimmer), che rappresenta l’unica comunicazione con la seconda camera, gli atomi entrano nella zona di interazione con il
18
Figura 2.1: Schema semplificato della sorgente di fascio atomico
fascio laser. Anche questa sezione è mantenuta in condizioni di alto vuoto per
mezzo di un sistema di pompe autonomo.
Le due camere, che costituiscono la struttura portante del sistema di fascio
atomico, sono progettate in modo che ognuna di esse risponda nel miglior modo
alle esigenze di ”pulizia” dell’ambiente in cui avviene la misura, ad un’alta efficienza di produzione di atomi metastabili e alla possibilità di implementare future
variazioni. Il compito è facilitato dalla loro quasi totale separazione.
La camera di espansione deve permettere di massimizzare l’efficienza di
produzione di atomi metastabili e mantenerne il più elevato possibile il numero. Contiene il sistema di eccitazione tramite scarica di elettroni ed è
mantenuta ad una pressione sufficientemente bassa in modo che anche per
grandi flussi di gas le collisioni fra atomi non diseccitino l’ He .
19
La camera di interazione è concepita per consentire l’interazione fra atomi e
radiazione elettromagnetica in un contesto libero il più possibile da fonti di
disturbo per il sistema atomico e in cui i rimanenti effetti sistematici dovuti
a campi magnetici residui, effetto Doppler, distorsione dei fronti d’onda,
allargamento per potenza ed effetti di rinculo siano sotto controllo. Anche
questa zona è mantenuta in condizioni di alto vuoto ad una pressione P F .
Analizziamo in dettaglio le diverse sezioni componenti il fascio atomico.
2.1 Camera di espansione
L’ 4 He allo stato gassoso viene prelevato da una bombola ad alta pressione e,
tramite una serie di riduttori di pressione, viene immesso in un cilindro che serve a
stabilizzare eventuali variazioni di pressione. All’ingresso e all’uscita del cilindro
si trovano due valvole micrometriche V 1 e V2 . La duplice funzione del contenitore
è di permettere una fine regolazione della pressione del gas che entra nella camera
di espansione e di ridurre gli sbalzi di pressione che cambierebbero le velocità
e densità degli atomi nel fascio. La pressione P 0 presente prima della camera a
vuoto è misurata tramite un lettore di tipo Pirani ed è usualmente intorno a 50
mbar.
L’elio, prima di accedere alla camera di espansione vera e propria tramite un
ugello, attraversa un serbatoio (Dewar ) riempito dall’esterno di azoto liquido. Il
serbatoio è interno al sistema di vuoto. Il capillare percorso dal gas contiene un
tampone costituito da una treccia di fili di rame il cui scopo è di filtrare eventuali
20
impurezze presenti, che, a causa della bassa temperatura presente nella zona, condensano su di esso, evitando l’inquinamento del catodo e della zona di eccitazione
elettronica. L’azoto liquido serve anche a ridurre la velocità termica degli atomi
cosı̀ da facilitare la loro eccitazione per bombardamento di elettroni e ottimizzare
la produzione di He .
La camera di espansione è realizzata con un elemento a “T” ConFlat CF200
in acciaio inossidabile. Sulla flangia inferiore è montata una pompa a diffusione
della portata di 700 l/min innescata da un pompa rotativa. L’apertura laterale
opposta all’ingresso dell’elio è chiusa da una flangia di riduzione CF200-CF100
alla quale è connessa la camera di interazione. Dal lato che si affaccia sulla camera
di espansione è montato su questa flangia il diaframma (skimmer) che seleziona
il fascio di atomi metastabili vero e proprio dal getto di gas. L’apertura ha una
sezione rettangolare di dimensioni 4 mm nel piano orizzontale e 2 mm in quello
verticale ed è ricavata nel vertice di un cono che si inserisce tra le espansioni
polari del magnete del sistema di eccitazione (vedere par. 2.2) ad una distanza
di 5 cm dall’ugello. Sul lato opposto della flangia è stata inserita una valvola
che permette, dall’esterno, di isolare le due camere. La rimanente apertura della
“T” è chiusa da una flangia CF200 al cui interno è montata la sorgente di atomi
metastabili che sarà descritta nel prossimo paragrafo. Su di essa sono disposti
anche l’ingresso per l’elio, per l’azoto liquido, per l’acqua di raffreddamento del
sistema di eccitazione elettronico, le connessioni elettriche di quest’ultimo e un
misuratore a termocoppia che rileva la temperatura del Dewar.
Le flange sono unite alle varie camere per mezzo di anelli di rame per tenuta di
21
alto vuoto. Le connessioni di vuoto interne, necessarie per i condotti dell’acqua e
dell’azoto, sono realizzate con componenti Cajon e Mini CF, sempre con tenuta su
anelli di rame, e con saldature in argento. Le connessioni esterne sono realizzate
con componentistica Swagelok in acciaio mentre per l’elio si sono usati tubi di
rame.
La pressione all’interno della camera è misurata in due punti diversi tramite
due lettori: un modello a termocoppia per basso vuoto (da pressione atmosferica
fino a 10 3 mbar) posto in prossimità dell’uscita della pompa diffusiva, e un modello di tipo Penning (per pressioni da 10 3 mbar a 10 9 mbar) posto nella parte
superiore dell’elemento a “T” proprio all’interno della camera. Il monitoraggio
della pressione è critico per il funzionamento della scarica elettronica e la produzione di atomi metastabili e, dunque, condiziona il rapporto segnale/rumore in
rivelazione. In condizioni di flusso nullo si ha nella camera di espansione una pressione di 1.510 6 mbar. In regime di flusso e di scarica funzionanti la pressione
sale ed è mantenuta ad un valore che fornisce il miglior compromesso fra la stabilità della scarica elettronica e la minimizzazione delle collisioni interatomiche
degli atomi di elio, principale fonte della loro diseccitazione al livello fondamentale. I valori di regime a scarica funzionante sono P0
mbar.
22
50 mbar e PC 1:8 10
4
2.2 Scarica elettronica e sorgente di atomi metastabili
Per ottenere un buon rapporto segnale/rumore nel segnale di fluorescenza, in seguito all’interazione radiazione-He nella seconda camera, è necessario avere una
sorgente efficiente di atomi nel livello 23 S1 . Nel caso in esame l’eccitazione
dell’elio dal livello fondamentale avviene per bombardamento elettronico, con
il quale l’atomo può essere eccitato in uno qualsiasi dei livelli energetici superiori
oppure ionizzato, in base all’ energia degli elettroni. In seguito a tale processo
l’atomo decade con transizioni ottiche permesse verso i livelli a minore energia.
Le transizioni fra i livelli di tripletto e di singoletto sono vietate dalle regole di
selezione e dunque un atomo che in seguito all’eccitazione si trovi in uno stato
con S=1 decadrà verso il livello 23 S , con una vita media di 103 s a meno che non
intervengano collisioni. Il sistema sviluppato per l’eccitazione He-He è schematizzato in figura 2.2.
Gli elettroni vengono emessi termoionicamente da un filamento toroidale realizzato avvolgendo intorno ad un anello ceramico isolante un filo di molibdeno
puro al 99%, di diametro 0.25 mm. Il filamento è ricoperto di una pasta di carbonato di stronzio e carbonato di bario e viene posto vicino all’ugello, coassiale con
il fascio, dove la densità atomica è maggiore. Le dimensioni dell’anello sono di
circa 1 cm di diametro esterno e 0.5 cm per il diametro interno.
Una differenza di potenziale
V viene applicata fra il catodo di rame, cavo
e contenente l’ugello di 0.5 mm di diametro dal quale fuoriescono gli atomi di
23
Figura 2.2: Schema del sistema di eccitazione dell’elio allo stato metastabile 23 S1
elio, e l’anodo di rame massiccio, forato in direzione parallela all’asse del fascio
per permettere il passaggio del gas. Il filamento ha un capo connesso a massa,
insieme al catodo, mentre l’altro capo è collegato ad un generatore di corrente IC
che permette il riscaldamento e l’emissione degli elettroni. I collegamenti elettrici
sono portati all’esterno per mezzo di connessioni elettriche da vuoto. Il complesso
ora descritto è circondato da quattro magneti permanenti collegati fra loro da una
espansione polare che focalizza il campo magnetico lungo l’asse del fascio nella
zona di eccitazione. Infine fra filamento e catodo sono posti uno schermo termico
in oro e un sistema di raffreddamento ad acqua che hanno lo scopo di evitare
scambi termici radiativi e conduttivi fra la zona di raffreddamento del gas e quella
di riscaldamento del filamento. In contatto con il sistema di raffreddamento a
liquido si trovano anche i magneti ed il catodo. Le dimensioni dell’intero cannone
elettronico sono di pochi centimetri in quanto il catodo, il filamento e l’anodo
24
distano fra di loro pochi millimetri e la lunghezza dei magneti è di 5 cm.
Gli elettroni che collidono sugli atomi di elio devono essere il più possibile
monoenergetici perché il grafico della sezione d’urto di eccitazione in funzione
dell’energia mostra uno stretto picco. Inoltre per l’elio la sezione d’urto per questo processo è molto ridotta, dell’ordine di 0.01 Å2 con un’energia di picco di 35
eV [19]. E’ necessaria dunque una elevata densità di corrente elettronica per raggiungere la produzione di un buon numero di atomi metastabili. Per questo motivo
e dal momento che i leggeri atomi di elio sono deflessi sensibilmente dalle collisioni elastiche e anelastiche con gli elettroni è stata utilizzata una scarica di tipo
longitudinale. Un grande flusso di elettroni è ottenuto quando si innesca un regime
di scarica elettronica continua e autosostenuta da una larga produzione di ioni positivi, che vengono accelerati dal campo elettrico presente e estraggono ulteriori
elettroni dal filamento. Tale processo permette correnti di elettroni dell’ordine
degli ampères su cm2 ad una tensione relativamente bassa. L’innesco della scarica
è raggiunto, nel nostro caso, quando nel filamento scorrono circa 3-4 A; successivamente la corrente può essere quasi annullata in quanto l’estrazione degli elettroni è mantenuta dalle collisioni con gli ioni che vi urtano contro. Gli elettroni
emessi sono successivamente accelerati dal campo elettrico presente fra catodo e
anodo; la differenza di potenziale fra essi viene portata inizialmente a circa 150
V. All’innesco della scarica la tensione diminuisce assestandosi fra i 70 e i 100
V mentre la corrente di anodo aumenta fino al valore impostato sul generatore
di corrente, che è di solito 0.5 A. Per aumentare la densità elettronica la scarica
si sviluppa all’interno di un campo magnetico longitudinale che raggiunge la sua
25
Figura 2.3: Particolare del sistema di eccitazione dell’elio allo stato metastabile 23 S1
massima intensità lungo l’asse del sistema ('400 Gauss). La presenza di questo campo magnetico disomogeneo e dei campi elettrici costringono il moto degli
elettroni su traiettorie elicoidali percorse in avanti e indietro lungo l’asse del fascio aumentando la probabilità di collidere con gli atomi di elio e privilegiando
l’eccitazione degli atomi diretti verso lo skimmer.
In figura 2.3 è riportata in particolare la sezione della zona di eccitazione
dell’elio, come viene vista dalle finestre di controllo presenti ai lati della flangia.
Il flusso di atomi che diffonde dall’ugello è stimato essere circa
310 19 atomi/s,
mentre una misura del numero di atomi di He prodotti, fatta con un rivelatore di
metastabili, ha fornito il valore di 10 14 atomi/(ssterad), con una percentuale di
eccitazione di circa 10 5 [19].
26
2.3 Camera di interazione
La zona di interazione deve mantenere il più elevato possibile il numero di atomi
metastabili prodotto e privilegiare la ”pulizia” dell’ambiente in cui avviene la misura. La camera di interazione è realizzata con un elemento di intersezione X-YZ ConFlat CF100 al quale è connesso in serie un elemento a croce CF100 . Sulla
flangia inferiore di quest’ultimo è alloggiata una pompa turbo-molecolare da 400
l/min che mantiene la seconda parte del fascio ad una pressione inferiore rispetto
alla camera di espansione (vedere la figura 2.1). Tipicamente il valore di pressione
nella camera di interazione varia fra 2.510 5 mbar con la scarica funzionante e
10 7 mbar con flusso di elio nullo. La pressione è letta con due misuratori montati
sul ramo della croce opposto a quello dove è alloggiata la pompa turbo-molecolare
e sono del tipo a termocoppia per basso vuoto e Bayard-Alpert per alto vuoto.
La radiazione laser entra ed esce dalla camera di interazione tramite due finestre, ricoperte da un trattamento anti-riflesso per luce con lunghezza d’onda di
1083 nm, che si trovano agli estremi del ramo orizzontale e ortogonale al fascio
(asse Z per convenzione) dell’elemento X-Y-Z.
Molta cura è stata riposta per annullare i campi magnetici statici e variabili presenti nella zona di interazione, possibili fonti di spostamento dei livelli energetici.
Per fare ciò un cilindro di materiale ad alta permeabilità magnetica (
metal)
è stato posizionato all’interno della camera di interazione, coassiale con l’intera
struttura e ricoperto di vernice nera opaca. Le uniche aperture in esso presenti
sono i fori di ingresso e di uscita del fascio di atomi, rispettivamente di 20 mm e
40 mm di diametro, i fori di ingresso per la radiazione laser di 10 mm di diametro
27
e un foro nella parte superiore per permettere la raccolta della luce di fluorescenza
di 12 mm di diametro. Tutti i fori sono centrati sui relativi assi di simmetria del
cilindro.
Internamente al cilindro è stata posizionata una coppia di bobine di Helmoltz,
ciascuna delle quali è composta da 10 spire di rame del raggio di 36 mm, coassiali
con il fascio e poste in modo da avere il loro centro di simmetria coincidente con
la zona di interazione atomi-laser. Le bobine sono pilotate tramite un generatore
di corrente i cui contatti elettrici sono portati all’esterno del fascio tramite un passante da vuoto posto sulla flangia che chiude il ramo orizzontale dell’elemento
finale a croce. La geometria delle bobine permette di creare nel loro centro di
simmetria un campo di 2.44 Gauss/A, diretto nella direzione X, lungo la quale ci
si aspetta essere maggiore la componente del vettore induzione magnetica, principalmente a causa dei magneti presenti nella prima camera.
L’annullamento del campo magnetico nella zona di interazione è stato realizzato con due procedimenti indipendenti; una prima fase si è basata sulla mappatura del campo nella zona di interesse tramite una sonda di Hall, effettuata con la
struttura del fascio aperta e una successiva sull’effetto Hanle non lineare (vedere
par. 4.3). La sensibilità della sonda è di 14 V/Gauss e non limita l’accuratezza
delle misure che risentono principalmente dei problemi relativi al posizionamento
dell’elemento sensibile della sonda all’interno del fascio. Il campo residuo non
schermato dal cilindro ad alta permeabilità magnetica è annullato tramite la coppia di bobine interne e una coppia di bobine esterne, disposte con asse verticale
(asse Y), necessaria per annullare l’ulteriore componente residua dovuta al non
28
perfetto schermaggio in prossimità del foro per rivelare la fluorescenza.
Per ogni componente del campo lungo gli assi di simmetria della zona di interazione è stato misurato anche il gradiente rispetto al punto centrale con spostamenti di
1cm lungo gli assi.
I valori delle componenti del campo magnetico
lungo X,Y e Z e le relative variazioni intorno al punto centrale in un volume di
1 cm3 , una volta ottenuto il migliore annullamento del campo magnetico, sono
riportati nella tabella 2.1; l’incertezza che grava su ogni misura è stimabile in 20
Gauss a causa della difficoltà a posizionare in modo preciso la parte sensibile
della sonda nel centro della zona di interazione.
Componente del campo Campo residuo
Massima variazione su un volume
magnetico
misurato
di 1 cm 3 centrato nella zona di interazione
BX
0 Gauss
100 Gauss
BY
20 Gauss
400 Gauss
BZ
400 Gauss
20 Gauss
Tabella 2.1: Campo magnetico residuo nella zona di interazione; le misure sono affette
da una incertezza di 20 Gauss
Una stima dello spostamento delle righe corrispondenti alle singole transizioni
fra i sottolivelli Zeeman in presenza di questi campi è dell’ordine del centinaio di
Hertz (vedere appendice B.3), quindi all’interno della larghezza omogenea della
transizione e non influente ai fini dell’accuratezza di un kHz che si vuole raggiungere. Questo, oltretutto, vale considerando la situazione più sfavorevole con effetti
di pompaggio ottico di peso diverso fra i vari sottolivelli dovuto a configurazioni
29
Figura 2.4: Schema della camera di interazione vista dall’alto
asimmetriche nell’interazione radiazione-materia, effetti però accuratamente evitati dalla struttura dell’esperimento (vedere cap. 4).
La fluorescenza dovuta all’eccitazione del laser di analisi in risonanza con
transizioni 23 S1
! 23PJ è raccolta all’interno dello schermo magnetico tramite
una bacchetta cilindrica di plexiglass lavorata otticamente ed è collimata in prossimità di una lente convergente che esplica la duplice funzione di concentrare la luce
sull’elemento fotosensibile di un fototubo e di chiudere l’apertura superiore della
camera di interazione. Il fotomoltiplicatore, del tipo ”head-on”, è alloggiato direttamente sulla finestra superiore ed ha al suo ingresso un filtro ottico che blocca
la radiazione con frequenza nel campo del visibile operando da filtro passa-basso.
Per ridurre le interferenze della luce proveniente dall’esterno le finestre laterali
sono dotate di un’iride che viene tenuta aperta con un diametro di circa 9 mm,
mentre il laser ha un raggio gaussiano di 1.5 mm.
Il fascio atomico ha una divergenza 2"0 , nel piano X-Z, stimabile in base alla
30
larghezza dello skimmer d, del foro di ingresso D dello schermo magnetico e della
loro reciproca distanza L. Nel nostro caso si ha d '4 mm, D
mm, cosı̀ che la divergenza è 2"0
'30 mm e L '250
= (d + D)=L '100 mrad.
Una misura preliminare della velocità longitudinale media del fascio di atomi
ha portato il valore v ' 2500m/s [20].
31
Capitolo 3
Stabilizzazione in frequenza e aggancio in fase delle
due sorgenti laser
L’elevata risoluzione spettroscopica che si vuole raggiungere è condizionata dalle
prestazioni della sorgente di radiazione elettromagnetica che viene utilizzata per
eccitare il sistema atomico. Requisiti fondamentali per l’acquisizione delle righe
di fluorescenza delle transizioni 23 S1
! 23PJ , tramite le quali si misura la strut-
tura fine del multipletto 23 PJ (vedi par. 1.2), sono la purezza spettrale e la possibilità di accordare e misurare accuratamente la frequenza di emissione della sorgente.
I dispositivi utilizzati sono una coppia di laser a semiconduttore di tipo commerciale sui quali è stato necessario operare una riduzione della larghezza spettrale di emissione di un fattore 10 per non avere limitazioni nella risoluzione spettroscopica della riga in esame e per rendere più efficace l’aggancio in fase fra le
due sorgenti. Inoltre si è dovuto stabilizzare la frequenza di un primo laser (che
chiamerò “di riferimento”) su quella di una transizione atomica in modo da avere
un riferimento fisso per il laser di analisi. I due laser sono agganciati in fase fra di
loro tramite un sistema che permette di controllare la loro distanza in frequenza,
tramite calcolatore, con la precisione di 1 Hz su un intervallo fino a 40 GHz, cioè
32
con una incertezza relativa dell’ordine di 10 10 . In figura 3.1 sono schematizzati
gli elementi principali che costituiscono i sistemi di stabilizzazione e calibrazione
della frequenza di analisi, nonché le configurazioni spettroscopiche realizzate a
tale scopo.
Figura 3.1: Schema semplificato del sistema di stabilizzazione e calibrazione della
frequenza del laser di analisi (laser misura)
Questi argomenti, insieme ad un breve richiamo dei fondamenti alla base della
tecnica di spettroscopia di saturazione sub-Doppler con fasci contropropaganti,
saranno trattati in dettaglio nei prossimi paragrafi a partire dalle caratteristiche
delle sorgenti utilizzate.
33
3.1 Sorgente laser a semiconduttore con emissione a
1083 nm
Le sorgenti laser utilizzate nell’esperimento sono due dispositivi della ditta SDL
modello 6702-H1, progettati per emettere ad una lunghezza d’onda intorno a 1083
nm ad una temperatura e corrente di esercizio rispettivamente di circa 18 o C e 150
mA. I laser a semiconduttore hanno buone qualità di compattezza, robustezza,
economicità di esercizio, basso consumo, che ne fanno degli ottimi strumenti per
l’utilizzo nel campo della riproduzione audiofonica e visiva, delle macchine da
ufficio (stampanti, copiatrici, lettori a barre), dell’immagazzinamento delle informazioni (dischi ottici), dei trattamenti medici, del telerivelamento e della trasmissione di segnali ottici. La scelta di utilizzare tali dispositivi per misure spettroscopiche ad alta risoluzione risiede nei vantaggi che porta la loro ampia e continua
accordabilità in frequenza e nei più recenti progressi ottenuti per quanto riguarda
la purezza spettrale e il funzionamento monomodo.
3.1.1 Principio di funzionamento
Il principio alla base dell’emissione per i laser a semiconduttore è la ricombinazione fra portatori di carica di segno opposto in una giunzione p-n polarizzata
direttamente. Semplificando al massimo la struttura si può descrivere tale dispositivo come una giunzione p-n con una deposizione di materiale p + (cioè drogato
maggiormente) sul lato p che serve a favorire il contatto ohmico con uno dei contatti metallici per la polarizzazione, mentre il lato n è connesso a massa. Il contatto
34
con la striscia metallica dell’anodo serve anche a stabilire la geometria del flusso
di corrente e di conseguenza la zona di ricombinazione (figura 3.2).
elettrodo di contatto
strato p+
V
+
_
_
strato p
strato n
emissione laser
Figura 3.2: Geometria semplificata di un generico laser a semiconduttore
In realtà la struttura è più complessa e per il modello in esame comprende
una serie di strati di materiali diversi (eterostrutture) e un trattamento della cavità
ottica per realizzare un’emissione il più possibile monomodo. La radiazione viene
emessa dallo strato attivo della giunzione che è composto da InGaAs. Il principio
fisico che permette il realizzarsi di una condizione di inversione di popolazione e
la conseguente ricombinazione di elettroni e lacune è schematizzato in figura 3.3.
In figura 3.3(a) si ha lo schema delle bande di energia in una giunzione p-n non
polarizzata. Applicando una tensione opportuna al diodo la giunzione si polarizza
direttamente e delle lacune passano dalla zona drogata p nella zona di svuotamento, cosı̀ come degli elettroni provenienti dalla zona n. Se la polarizzazione è
abbastanza intensa si può realizzare una situazione di inversione di popolazione
35
Figura 3.3: Schema delle bande energetiche nel semiconduttore in condizioni di: a)
equilibrio termodinamico, b) giunzione polarizzata direttamente
fra i portatori di carica con conseguente ricombinazione e emissione di radiazione
e.m. con frequenza legata all’ampiezza della banda proibita Eg dalla relazione:
=
Eg
h
(3.1)
Lo strato di materiale attivo è inserito fra due strati di materiale diverso (AlGaAs)
con Eg maggiore e indice di rifrazione minore cosı̀ da ottenere il duplice effetto
di favorire la ricombinazione nella sola regione attiva e di guidare la radiazione
e.m. emessa all’interno di essa. La funzione di guida ottica lungo la dimensione
ortogonale alla direzione di propagazione della radiazione è ottenuta con una incisione longitudinale negli strati con indice di rifrazione minore (index guided).
La zona attiva, infine, è del tipo a buca quantistica.
Lo spessore dello strato di InGaAs è dell’ordine della lunghezza d’onda di De
36
Broglie dei portatori di carica cosı̀ che questi ultimi sono intrappolati nella buca di
potenziale creata rendendo necessaria una minore inversione di popolazione per
innescare l’emissione laser. I vantaggi di tale effetto sono una minore corrente
di soglia, con minore dissipazione di energia per effetto Joule e minor danneggiamento della giunzione, una minore dipendenza della corrente di soglia dalla
temperatura e una polarizzazione più stabile all’ emissione.
Descriviamo come viene realizzato l’amplificatore in modo che i fotoni emessi
per emissione stimolata vengano riimmessi nel mezzo attivo per far sı̀ che l’emissione
stimolata prevalga su quella spontanea. Il chip che contiene i vari strati di semiconduttori viene tagliato ortogonalmente alla direzione di propagazione e le due
superfici sono lavorate otticamente e trattate in maniera di avere i valori opportuni
di riflettività (circa il 5% dal lato dell’emissione). La lunghezza della cavità è di
1500 m, mentre le dimensioni trasverse della zona attiva sono 3 m per 1m. La
frequenza della radiazione emessa è quella relativa al modo, fra quelli permessi
dalla cavità Fabry-Perot creata dal semiconduttore, che è più prossimo al picco
della curva di guadagno del mezzo attivo.
Per avere un funzionamento monomodo, necessario per applicazioni di spettroscopia ad alta risoluzione, l’interno del chip è dotato nella zona della giunzione
opposta alla faccia di uscita e al di fuori della zona di guadagno di un reticolo
ottenuto con una perturbazione periodica di passo
di uno degli strati di semi-
conduttore. La perturbazione seleziona in frequenza solo le componenti della
radiazione che soddisfano la condizione di Bragg :
l =
2n
m
(3.2)
37
con l lunghezza d’onda che si propaga non disturbata dal reticolo,
rifrazione dello strato attivo e
n indice di
m numero intero positivo. I laser dotati di questo
reticolo sono detti dispositivi DBR (Distributed Bragg Reflection) e operano una
soppressione dei modi laterali intorno a -40 dBm [21] , resa possibile dal fatto
che la distanza fra i modi è di circa 0.12 nm e dell’ordine della banda passante
dell’elemento DBR che è 0.5 nm.
Figura 3.4: Schema degli strati di semiconduttore componenti il laser DBR a 1083 nm
utilizzato nell’esperimento
3.1.2 Caratteristiche tecniche
Caratteristiche del laser utilizzato sono una corrente di soglia di 40 mA, una corrente operativa di 120 mA e una potenza massima di uscita di 50 mW a 160 mA.
Il modulo laser è pilotato in corrente tramite un alimentatore che consente sia
38
una regolazione manuale che un controllo automatico della corrente tramite un
ingresso con convertitore tensione corrente a guadagno variabile e banda passante
fino a 100 kHz. Le caratteristiche tecniche dell’alimentatore sono una stabilità
termica di 30 ppm/o K e un rumore elettronico inferiore a 1A RMS, con una
banda passante da 10 Hz a 10 MHz. Il laser è montato su un dissipatore di calore
in alluminio e stabilizzato in temperatura tramite un controllo esterno collegato
ad un sensore a resistenza NTC e a un elemento Peltier, interni al dispositivo
di alloggio del laser. La stabilità dichiarata è di 1 mK, con regolazione esterna
permessa a passi di 0.1 o K.
Il fascio di uscita è polarizzato parallelamente al piano della giunzione, con
profilo ellittico dovuto alla diffrazione nell’emissione dalla zona attiva. Essendo
l’astigmatismo trascurabile si è usato come collimatore un doppietto acromatico a
lenti sferiche (N.A. 0.45) ottenendo un profilo del fascio ellittico con rapporto tra
gli assi di 3 a 1, valore in accordo con i dati forniti dal costruttore.
La potenza di emissione è stata misurata in funzione della corrente di emissione e si sono verificati i dati riportati nei fogli tecnici relativi a corrente di soglia e andamento lineare. L’errore predominante su ogni singola misura è quello
strumentale che per il misuratore di potenza utilizzato (Fieldmaster Coherent) è,
espresso in percentuale, pari al 3%. I risultati ottenuti per il laser di riferimento
sono rappresentati in figura 3.5.
39
Figura 3.5: Andamento sperimentale della potenza in funzione della corrente di
iniezione
3.1.3 Accordabilità in frequenza e larghezza di riga
L’accordabilità in frequenza della radiazione emessa dal dispositivo è ottenuta
agendo sulla temperatura della giunzione e sulla corrente di alimentazione (figura 3.6).
Una variazione di temperatura del laser influisce sull’indice di rifrazione del
materiale cambiando le condizioni al contorno della cavità ottica. Poichè tale
effetto coinvolge in uguale misura sia la zona attiva che il reticolo DBR i modi
della cavità e la curva di risposta spettrale dell’elemento di rifrazione si spostano
insieme consentendo una variazione ampia (1.4 nm) della lunghezza d’ onda, con
40
un coefficiente di 0.08 nm/o K (20.5 GHz/o K).
Una variazione della corrente di iniezione, oltre a influire sulla potenza emessa,
porta una variazione dell’indice di rifrazione della sola zona attiva sia a causa del
riscaldamento per effetto Joule che per l’aumento dei portatori di carica al suo
interno. Poichè la zona dell’elemento DBR resta inalterata, in prima approssimazione si assiste a uno spostarsi del modo di cavità attivo all’interno della curva di
riflettività del reticolo fino a che un altro adiacente non avrà riflettività maggiore
portando un salto di modo pari al FSR della cavità (0.12 nm). Si può trascurare lo
spostamento della curva di guadagno essendo molto più larga. L’accordabilità in
questo caso è di circa 0.5-1 GHz/mA [21] .
Figura 3.6: Schema generale e caratteristiche di accordabilità in frequenza del laser
SDL 6702 come forniti dal costruttore
Il profilo spettrale dei laser a semiconduttore ha come principale fonte di all-
41
argamento le fluttuazioni della fase del campo elettromagnetico oscillante nella
cavità ottica. Attraverso una trattazione di tale effetto, noto come allargamento
Schawlow-Townes [22], si ottiene per la larghezza FWHM del profilo spettrale di
emissione di un laser a diodo una espressione del tipo:
F W HM
h c 2
1
=
c L + ln
8P0 nL
R
1
ln
nsp(1 + H2 ) (3.3)
R
con P0 potenza emessa, frequenza di emissione, nsp fattore di emissione spontanea (pari a circa 1) , c=2nL free spectral range per una cavità lunga L, c L legato
alle perdite di volume,
R=
pR R
1 2 con
R1 eR2 riflettività degli specchi, H ,
detto anche fattore di Henry, rapporto fra la variazione della parte immaginaria e
quella reale dell’indice di rifrazione n dovuta a un cambiamento della densità dei
portatori di carica.
Sostituendo a questi parametri i valori tipici di un laser a semiconduttore si
ottiene F W HM dell’ordine del MHz per i laser in esame che hanno R1
lato dell’emissione e R2
5% dal
75% dal lato dell’elemento DBR.
La larghezza del profilo spettrale è troppo grande per la misura spettroscopica dei livelli 23 P dell’elio in cui si voglia risolvere la larghezza naturale della
transizione che è di circa 1.6 MHz, e si nota come i parametri che forniscono il
maggior contributo all’allargamento siano L ed R piccoli. L’idea che consegue è
quella di costringere il laser a oscillare sui modi di una cavità esterna che abbia L
e R maggiori, ed è stata realizzata riportando in ingresso al dispositivo una parte
della radiazione emessa grazie a uno specchio montato su un attuatore piezoelettrico (PZT) posto a circa 15 cm dalla faccia di emissione. Tale retroazione ottica
porta una perturbazione nella stabilità in frequenza del laser in quanto instaura una
42
competizione fra i modi di oscillazione della cavità interna e quella esterna, ma
è possibile per opportuni valori del feedback, regolabile tramite un filtro, ottenere
un’emissione monomodo agganciata sui modi della cavità esterna. Nel caso in
esame la larghezza di riga in cavità estesa risulta essere di 200 kHz. Lo specchio
montato sull’attuatore PZT permette di variare la lunghezza
L della cavità con
continuità se vi viene applicata una rampa di tensione, e di conseguenza si ha un
cambiamento della frequenza di circa 6 MHz per ogni volt applicato al PZT.
A causa della minore distanza fra i modi della cavità esterna risulta ridotto
il campo di variabilità della frequenza con la corrente e temperatura a circa 200
MHz. In compenso la regolazione tramite il PZT consente variazioni di frequenza
senza salti di modo di circa 3 GHz, con una banda passante limitata a qualche kHz
dalle caratteristiche meccaniche dell’attuatore [23]. I valori di purezza spettrale
e di accordabilità raggiunti sono sufficienti per rivelare le righe di interesse che
hanno una larghezza omogenea di circa 10 MHz a causa dell’allargamento per
potenza.
Il fascio di uscita è prelevato dalla cavità estesa tramite un divisore di fascio
che a causa del suo spessore devia due fasci separati. Il modulo laser, la cavità
estesa, il filtro e il separatore di fascio sono montati rigidamente su un blocco di
granito in modo da avere un’emissione parallela al piano del tavolo. A sua volta
tutto l’insieme è isolato tramite sorbotano dal tavolo e racchiuso in una scatola di
legno rivestita di isolante acustico e piombo per ridurre al massimo le vibrazioni
(figura 3.7).
43
Figura 3.7: schema del laser in configurazione di cavità estesa
3.2 Calibrazione e controllo della frequenza di emissione del laser di analisi
Il problema che si presenta in una misura di spettroscopia ad alta risoluzione è
di disporre di una sorgente laser la cui emissione sia stabilizzata il più possibile
sulla frequenza desiderata (stabilità), di poter variare quest’ultima intorno alle
risonanze di interesse (accordabilità) e di conoscerne in ogni istante il valore (calibrazione).
Nell’esperimento effettuato la frequenza di emissione R di un primo laser, che
chiamerò di riferimento, è stabilizzata sulla frequenza di risonanza di una delle
transizioni 23 S1
! 23PJ
00
dell’elio mentre la frequenza S del laser di analisi è
controllata tramite un sofisticato sistema di aggancio in fase ed è pari a R + ,
con
fornita da un oscillatore di precisione e variabile da pochi MHz a 40
44
GHz cosı̀ da coprire tutti gli intervalli di interesse per la misura spettroscopica. In
questo modo si ottiene oltre alla stabilizzazione di S anche la sua calibrazione
rispetto al riferimento R . Poiché la misura delle separazioni di struttura fine JJ
0
viene effettuata per differenza fra le frequenze dei centri riga delle trasizioni 1!J,
1!J’, e J,J’6=J”, non è necessario un riferimento di frequenza assoluto ma basta
che R sia stabile nel tempo.
Prima di procedere alla descrizione del sistema di stabilizzazione in frequenza
e di aggancio in fase fra i due laser riassumerò brevemente i concetti alla base della
teoria di saturazione dell’assorbimento per sistemi omogenei e non omogenei e
della spettroscopia di saturazione sub-Doppler che tramite fasci contropropaganti
permette di risolvere la larghezza omogenea di una transizione atomica, utilizzate
sia per agganciare il laser al riferimento atomico che per compiere la misura sul
fascio di atomi metastabili.
3.3 Saturazione dell’assorbimento nel caso di un sistema omogeneo e di uno non omogeneo
Consideriamo un sistema atomico a due livelli indicati con
j1i e j2i separati in
frequenza da una differenza !12 . Con N1 e N2 si indica il numero di atomi in
ciascun livello e si suppone che all’equilibrio termodinamico tutti gli atomi siano
al livello inferiore. Il livello superiore ha una vita media
(tempo rilassamento
longitudinale) e un tempo di rilassamento trasverso T 2 , che tiene conto della probabilità che gli atomi perdano la relazione di fase raggiunta tra di loro per mezzo
45
del campo di radiazione coerente ad esempio a causa di collisioni. In prima approssimazione questa è una schematizzazione valida per il sistema di livelli 2 3 S e
23 P dell’elio.
Consideriamo l’interazione di questo sistema con un campo e.m. classico,
nelle ipotesi che tutti gli atomi siano in risonanza con la frequenza
! 12 e che
l’unico meccanismo di rilassamento delle popolazioni sia il decadimento radiativo
dal livello j2i .
Le equazioni per la popolazione del livello inferiore, N 1 , e di quello superiore, N2
, sono:
dN1
dN2
=
= B12 (! )N1 + B21 (! )N2 + A21 N2
dt
dt
(3.4)
con B12 ; B21 e A21 coefficienti di Einstein per la transizione fra i livelli j1i e j2i.
Indicando con N la differenza fra le popolazioni nello stato j1i e nello stato
j2i e considerando che nell’ ipotesi di sistema chiuso, quale è quello in esame, si
ha che la quantità N
N = N1
= N1 + N2 è costante, si ottiene in condizioni stazionarie:
N2 =
N
N
B12 (!) = 1 + S
1 + 2 A21
(3.5)
con parametro di saturazione S pari a:
S=2
B12 (! ) 212 E02 T2
=
A21
~2
(3.6)
dove, nell’approssimazione di dipolo elettrico,
dell’operatore dipolo elettrico fra i due autostati
campo elettrico incidente.
46
12 è l’elemento di matrice
j1i e j2i e E0 è l’ampiezza del
Il coefficiente di assorbimento = 12 N , dove 12 è la sezione d’urto per
l’assorbimento vale :
(!; I ) =
dove
(!; 0)
1+S
(3.7)
(!; 0) è l’espressione del coefficiente di assorbimento in assenza di
saturazione. Si vede dall’equazione (3.5) che se l’intensità del campo incidente
aumenta si tende ad una situazione di equilibrio fra le popolazioni
N 1 e N2 e
quindi il coefficiente di assorbimento tende a zero in un regime di assorbimento
non lineare. Considerando il caso di un sistema omogeneo con forma di riga
lorentziana per la transizione intorno a !12 e con larghezza di riga
=
1 si
dimostra che l’espressione per il coefficiente di assorbimento alla saturazione è :
s (! ) = 0 (!12 )
(!
2
2
!12 )2 +
s
2
2
(3.8)
con
0 (!12 ) =
2~!12 B12 N0
c
(3.9)
e
s
=
p
1+S
(3.10)
N0 è l’inversione di popolazione per (! ) = 0. Si nota come la riga sia allargata
per potenza e risulti più bassa.
Nella maggior parte delle situazioni reali gli atomi hanno però una distribuzione delle velocità non omogenea e a causa dell’effetto Doppler hanno rispetto
all’onda incidente diverse frequenze di risonanza. La radiazione di frequenza l e
vettore d’onda ~kl interagisce, nell’ipotesi ampiamente soddisfatta nel nostro caso
47
di spettro di emissione molto più stretto di , con la classe di atomi la cui velocità
soddisfa la condizione :
l
1
12 + k~l v~l
2
2
(3.11)
Nel caso in cui la potenza del laser sia sufficiente a saturare la transizione,
l’alterazione delle popolazioni dei livelli avviene solo per la classe di velocità v~l
definita nell’equazione (3.11) e si viene a creare un avvallamento all’interno della
distribuzione di velocità degli atomi nel livello inferiore (Bennett hole) e un picco
in quella degli atomi nel livello
j2i, di larghezza
S . L’espressione per il profilo
di assorbimento saturato s (! ) in funzione di quello non omogeneo in assenza di
saturazione (! ) e dell’intensità di saturazione S , è dato in queste ipotesi da:
(! )
s (! ) = p
1+S
(3.12)
Dall’equazione (3.12) si vede che finché un solo laser interagisce con il sistema
atomico il segnale di saturazione rivelato è un profilo gaussiano in cui non compare traccia del buco (dip) scavato nella distribuzione di velocità. Il Bennett-hole
può essere rivelato usando due laser opportunamente diretti sul campione. Sia per
la stabilizzazione del laser sul riferimento atomico che per la misura sull’elio in
fascio si è realizzata una configurazione spettroscopica a fasci contropropaganti
in cui l’emissione di un solo laser attraversa il sistema oggetto di indagine, viene
riflesso e torna indietro sullo stesso percorso le due onde scavano due buchi nelle
popolazioni del livello inferiore in corrispondenza delle componenti delle velocità
atomiche lungo la direzione di propagazione:
v=
!12
k
!
48
e quindi simmetrici rispetto al centro riga. Fino a che i due fasci laser interagiscono con classi di velocità diverse i contributi all’assorbimento della radiazione e quindi all’aumento della popolazione nel livello 2 si sommano, e si ha
l’andamento del coefficiente di assorbimento pari a quello in equazione (3.12).
Quando l
= 12 l’onda stazionaria creata dai due laser interagisce invece con la
stessa classe di velocità; essendo il sistema in regime di saturazione, al raddoppiare dell’intensità non consegue un assorbimento doppio. Si manifesta quindi un
minore assorbimento e una minore fluorescenza all’interno del profilo spettrale in
corrispondenza della frequenza di risonanza della transizione. Si dimostra [24]
che l’espressione del coefficiente di assorbimento è :
s (! ) = 0 (! )
2
h
i
2(! !12 ) 2
A+B
r
B 1
(3.13)
con 0 (! ) coefficiente di assorbimento non saturato e
r
A =
B =
r
(!
(!
!12 +
)2
2
2
2
!12 )2 +
(1 + 2S )
2
(3.14)
(3.15)
Si osserva che per frequenze distanti dal centro riga !12 non più di alcune larghezze omogenee
, per D e nel caso che sia S 1 si ha B A e l’
espressione s a centro riga è quella di un profilo lorentziano scavato sul vertice
di una riga gaussiana molto più larga (Lamb-dip ) .Una spiegazione qualitativa sul
perché la larghezza del Lamb dip sia quella di un sistema omogeneo si può dare
notando che affinché i due fasci interagiscano con la stessa classe di velocità de-
49
vono essere assorbiti solo da atomi che si muovono in direzione loro ortogonale e
quindi che rappresentano un sistema omogeneo.
3.4 Stabilizzazione in frequenza del laser di riferimento
La riga omogenea della transizione di riferimento che sarà sfruttata dal sistema di
stabilizzazione del laser viene ottenuta per mezzo della configurazione di spettroscopia di saturazione a fasci contropropaganti schematizzata in figura 3.8
Figura 3.8: Schema non in scala per la configurazione di spettroscopia sub-Doppler
realizzata
Il fascio laser, che viene prelevato dalla cavità estesa tramite un separatore di
fascio, ha un profilo asimmetrico a causa della diffrazione operata dalla cavità, e
50
dopo la collimazione risulta avere una sezione ellittica. Per minimizzare le perdite
di potenza e eliminare spiacevoli effetti spuri nel successivo cammino è opportuno
convertire tale forma in una a sezione circolare per mezzo di un dispositivo che
operi una riduzione lungo l’asse maggiore. E’ stata utilizzata una coppia di prismi
anamorfici con rapporti di magnificazione pari a 3, preceduta da una lamina /2
per ruotare la polarizzazione e ottimizzare cosı̀ la trasmissione essendo le facce
dei prismi poste ad angolo di Brewster e in modo tale da accettare polarizzazione
verticale.
Il fascio successivamente incontra una coppia di isolatori ottici, passa attraverso la cella che contiene l’elio nello stato metastabile e viene riflesso sullo stesso
percorso. Per essere certi che i fasci siano effettivamente contropropaganti ed eliminare una fonte di allargamento della riga omogenea si controlla l’uscita laterale
del secondo isolatore ottico con un fotodiodo al germanio. Si ottiene cosı̀ il triplice
vantaggio di isolare otticamente il laser da ritorni non desiderati che potrebbero
indebolirne la stabilità, di essere certi di aver realizzato una configurazione dei
fasci contropropagante e di poter osservare l’assorbimento.
Un isolatore ottico è un dispositivo che funziona lasciando passare la radiazione e.m. in una sola direzione. Questa proprietà si basa sull’effetto Faraday e
sulla polarizzazione della luce, sfruttando due cubi polarizzatori in calcite e un
rotatore di polarizzazione (figura 3.9).
Nel primo diodo ottico entra l’onda e.m. polarizzata verticalmente. Il cubo
polarizzatore ha la caratteristica di essere trasparente alla luce polarizzata paral-
51
Figura 3.9: Schematizzazione di un isolatore ottico
lelamente al suo asse ottico, stabilito dalla geometria e dalla composizione del
dispositivo, mentre devia lateralmente la luce polarizzata ortogonalmente a tale
asse.
La polarizzazione lineare del fascio laser, che incide perpendicolarmente sulla
faccia di ingresso del cubo, può essere scomposta in due componenti, una parallela
e una ortogonale all’asse ottico. Le due componenti attraversano la prima sezione
della calcite senza essere deviate. All’interfaccia di separazione fra i due prismi
di calcite la componente perpendicolare all’asse ottico (raggio ordinario) viene
deviata mentre quella parallela (raggio straordinario) passa indisturbata.
La luce attraversa quindi il rotatore di polarizzazione, composto da un mezzo
con proprietà magneto - ottiche racchiuso in un magnete permanente. Per effetto
Faraday il piano di polarizzazione dell’onda e.m. che attraversa il rotatore viene
52
ruotato di un angolo
L’angolo
che è indipendente dal verso di percorrenza del mezzo.
è legato al campo magnetostatico B e alla lunghezza d del mezzo
dalla relazione
= V Bd
(3.16)
dove V è una costante di proporzionalità che vale circa 10 2 secondi di arco/(gauss
cm) per mezzi solidi e liquidi. La rotazione dipende anche dalla lunghezza d’onda
della radiazione incidente e nel nostro caso è di 45o . Il secondo polarizzatore ha
asse orientato a 45o rispetto al primo.
Dopo aver attraversato l’elio nella cella ed essere stato riflesso all’indietro il
fascio di ritorno incide sul cubo di uscita del secondo isolatore con una polarizzazione ortogonale rispetto al suo asse ottico e viene deviato lateralmente e
focalizzato su un fotodiodo al germanio.
Il rapporto di estinzione R fornito dal costruttore per un singolo isolatore è di
-43 dB.
R = 10log
PR
P0
(3.17)
con PR potenza trasmessa e P0 potenza incidente.
L’elio, le cui transizioni 23S
! 23PJ costituiscono il riferimento di frequenza,
viene immesso in una cella di vetro a una pressione di circa 20 mtorr. Gli atomi
vengono portati dallo stato fondamentale allo stato metastabile di tripletto da una
scarica a radiofrequenza (35 MHz) prodotta da due bobine avvolte intorno alla
cella, non essendo possibile una eccitazione radiativa dallo stato fondamentale.
53
La necessità di avere il maggior numero possibile di atomi nello stato metastabile comporta che debbano essere ridotte le cause di decadimento al livello
fondamentale, cioè le collisioni fra gli atomi di elio e di questi ultimi con eventuali impurezze presenti.Per questo la cella è mantenuta fra una misura e l’altra a
pressioni dell’ordine dei 10 7 mbar tramite un sistema di vuoto che si basa su una
pompa a diffusione con trappola ad azoto liquido pompata da una pompa rotativa.
Una valvola permette di isolare la cella dal sistema a vuoto e di riempirla,
tramite una ulteriore valvola micrometrica, con l’elio alla pressione desiderata.
L’intera cella e il sistema di eccitazione sono schermati dal punto di vista e.m. per
evitare i disturbi che la scarica a radiofrequenza può produrre sugli altri strumenti.
La scansione della frequenza del laser intorno alle transizioni 2 3 S1
! 23PJ
viene effettuata applicando un segnale di andamento a rampa triangolare all’amplificatore
ad alta tensione della ceramica piezoelettrica (PZT) sulla quale è incollato lo specchio che forma la cavità estesa. In questo modo variando la lunghezza della cavità
si ottiene una variazione continua della frequenza di emissione del laser, che può
essere portata in prossimità della risonanza tramite l’aggiunta di un segnale in
tensione costante (offset ) alla rampa.
In figura 3.10 sono riportati i profili del dip relativi alla transizione 1!2 per
l’elio in cella a due pressioni differenti. Si nota la differenza di ampiezza dei due
segnali, a parità degli altri parametri, dovuta ai contributi collisionali.
La potenza incidente sul campione è 300 W con il fascio laser che ha un
raggio gaussiano di circa 1.5 mm e l’intensità è dunque dell’ordine di 4mW/cm 2 .
54
Figura 3.10: Forma del dip della riga 23 S1
! 23 P2 ottenuto in cella tramite la
configurazione di spettroscopia di saturazione precedentemente descritta e in una scarica
a radiofrequenza, alle pressioni di (a) 28 mtorr e (b) 38 mtorr
Con i valori relativi alla transizione 23 S1
! 23P2;1;0 del parametro di saturazione
IS :
IS =
"0 ~2 c 2
2jj2
(3.18)
dove jj2 è il modulo quadro del momento di dipolo della transizione che è a sua
55
volta legato alla larghezza naturale della transizione dalla relazione:
=
! 3 jj2
"0 ~c3 (3.19)
si ottiene una intensità di saturazione di circa 150 W/cm 2 e un allargamento
per potenza S pari a:
S
=
p
1 + S ' 9MHz
(3.20)
Alle pressioni utilizzate per l’aggancio del laser sul riferimento atomico in cella
l’allargamento collisionale, stimabile intorno ai 10 MHz/torr, è inferiore a quello
per potenza. La calibrazione che permette di misurare il fattore di conversione fra
ampiezza della rampa inviata sull’amplificatore ad alta tensione del PZT e variazione in frequenza del laser è ottenuta sfruttando l’altro identico laser, accordato
su una frequenza leggermente diversa, il cui fascio viene sovrapposto a quello del
laser di riferimento su un ulteriore ramo dell’esperimento, cosı̀ da poter rivelare
la nota di battimento fra le due onde tramite un complesso sistema optoelettronico che è alla base del sistema di aggancio in fase e che sarà descritto nel paragrafo 3.5. La nota di battimento viene visualizzata su un analizzatore di spettro
e dal suo spostamento al variare della spazzata del laser si ricava una dipendenza
della frequenza di emissione del master dalla ampiezza della rampa di scansione
pari a
(90 5) MHz/V, con una incertezza trascurabile per le stime di carattere
qualitativo che saranno fatte. Dall’analisi dei segnali del Lamb dip acquisiti tramite un oscilloscopio digitale si può stimare una larghezza omogenea pari a circa
10 MHz, in accordo con la stima teorica.
56
Il segnale di tipo dispersivo necessario per la stabilizzazione è ottenuto dal
profilo di riga omogeneo tramite una modulazione in frequenza dell’emissione
del laser e una rivelazione in fase effettuata con un amplificatore di lock-in .
Per descrivere i principi di funzionamento fondamentali di un lock-in supponiamo di avere al suo ingresso un segnale f (t) che può essere visto come composto da una somma di N termini, che indicheremo con f a (t), oscillanti a frequenze
!i :
f (t) =
N
X
i
ai sin (!i t)
Nel lock-in il segnale in analisi viene moltiplicato insieme ad un segnale sinusoidale di frequenza e fase . In uscita dal mixer si ha dunque:
f (t) sin (
t + ) =
N
X
i
ai sin (!i t) sin (
t + )
(3.21)
Utilizzando le note formule trigonometriche di Werner relative al prodotto di funzioni sinusoidali
1
sin A sin B = [cos(A
2
e supponendo che nel segnale
B ) cos(A + B )]
f (t) ci sia una componente a frequenza si può
scrivere il segnale in uscita dal mixer come somma di un termine dipendente dal
tempo e di un termine costante dato da
1~
f (
) cos 2
dove f~(
) è la componente a frequenza di f (t).
Questo segnale passa successivamente attraverso un filtro passa-basso con frequenza di taglio prossima a zero, cosı̀ che alla sua uscita si abbia un segnale continuo proporzionale a
f~(
) e al coseno della fase relativa fra le due sinusoidi
57
in ingresso al mixer. In uscita dal lock-in si ha un segnale che, a parità degli
altri parametri, è massimizzabile regolando la differenza di fase in modo che si
approssimi a zero.
Nel nostro caso per ottenere il segnale dispersivo abbiamo modulato la frequenza di emissione del laser con un segnale sinusoidale di ampiezza A, espressa
in termini di variazione di frequenza effettuata sul laser, e di frequenza M
'3
kHz , generato internamente dal lock-in e che viene mandato all’entrata per la modulazione di un sistema elettronico di aggancio e di controllo dell’attuatore PZT.
Il segnale di modulazione si somma con il segnale a rampa proveniente dal sintetizzatore di forma d’onda che realizza la spazzata intorno al centro riga e viene
poi inviato all’amplificatore ad alta tensione del PZT.
Quando la modulazione è inserita, con una fase nulla per semplificare i conti,
si ha in ingresso al lock-in il segnale del fotodiodo che è questa volta rappresentabile da una funzione del tipo :
f (l + A cos(2M t))
(3.22)
con f ( ) che nel caso in esame è un profilo lorentziano.
L’ampiezza di modulazione A, espressa in termini di frequenza, è piccola rispetto alla frequenza l . Sviluppando l’espressione (3.22) in serie di potenze di A
si ottiene, dopo aver posto 2M
= !M , l’espressione:
A2
A3
f (l + A cos(2M t)) = f (l ) + f 00 (l ) + Af 0 (l ) + f 000 (l ) cos (!M t) +
4
8
3
2
A 000
A 00
f (l ) cos(2!M t) +
f (l ) cos (3!M t) + o(A3(3.23)
)
+
4
24
58
Si vede come prendendo la frequenza di riferimento interna al lock-in pari a
!M si ottiene in uscita da esso un segnale che per modulazioni A piccole è proporzionale alla derivata prima di f(l ) , mentre prendendo un riferimento a frequenza
3!M nelle stesse condizioni si ha la derivata terza. Si osserva che i termini di
ordine superiore ad A e ad A3 nelle serie a fattore di cos(!M t) e cos(3!M t) nella
equazione (3.23) , essendo derivate di ordine dispari di una funzione pari, non alterano la caratteristica del segnale in questione fondamentale ai fini dell’aggancio,
ovvero il fatto di cambiare segno in corrispondenza del centro riga. Abbiamo
scelto di lavorare con un profilo di derivata terza per eliminare eventuali asimmetrie di tipo quadratico nella forma del dip.
Il segnale dispersivo cosı̀ ottenuto viene mandato poi all’ingresso del sistema
elettronico di stabilizzazione che è costituito da una serie di elementi regolabili
per ottimizzare l’aggancio.
In ingresso si ha un invertitore di polarità che permette di cambiare il segno
alla forma d’onda che esce dal lock-in in modo che un allontanamento dal centro
riga riporti sempre la frequenza del laser in risonanza col riferimento. Successivamente si ha un amplificatore a guadagno variabile e una serie di un integratore,
uno stadio proporzionale e un integratore.La necessità di introdurre degli integratori scaturisce dal volere che lo scostamento del laser dal riferimento tenda sempre
ad annullarsi, anche per piccole differenze.
La regolazione dei parametri di aggancio è permessa da un potenziometro posto sul ramo di reazione del primo stadio proporzionale (guadagno ad alta frequenza) e da un potenziometro posto sul ramo di reazione dell’integratore che
59
Figura 3.11: Schematizzazione del sistema di aggancio in frequenza del laser di
riferimento su una transizione atomica in cella. La modulazione è indicata con dither
sposta la frequenza di taglio superiore. La tensione in uscita da un ultimo amplificatore a guadagno unitario viene riportata in ingresso all’amplificatore ad alta
tensione del PZT. E’ possibile, infine, tramite un selettore passare dall’elettronica
di aggancio vera e propria al circuito di preaggancio, che è quello che permette la
spazzata intorno all’intero dip.
Nelle misure effettuate l’aggancio più stabile, per quanto riguarda la variazione dei guadagni dell’elettronica ora descritta, è stato raggiunto osservando il
segnale di errore su un oscilloscopio e riducendone l’ampiezza il più possibile aumentando le varie amplificazioni fino a raggiungere il limite in cui si instaurano
delle oscillazioni a causa dell’instabilità del loop di reazione.
60
Figura 3.12: Segnale di errore in uscita dal lock-in
3.4.1 Ottimizzazione della profondità di modulazione
La profondità di modulazione ottimale è quella che fornisce la massima pendenza
a centro riga del segnale dispersivo in uscita dal lock-in perché in tal modo si
ha la massima sensibilità agli scostamenti dal riferimento. In generale sia
f (x)
una funzione appartenente a L2 della quale si voglia studiare lo sviluppo in serie
di Fourier per t nel caso che a
x si sovrapponga una modulazione sinusoidale
A cos !t. A ed ! sono rispettivamente la profondità e la frequenza di modulazione
e il segnale di cui si vuole analizzare lo spettro è
f (x + A cos !t). Sia f~(y ) la
trasformata di Fourier di f (x). Sfruttando l’identità:
exp (i cos ) =
1
X
n=0
in n cos (n )Jn()
61
(3.24)
con 0
= 1; n = 2 per n > 0 e Jn () funzione di Bessel di ordine n di prima
specie, si ottiene:
Z 1
=
Z 1
1
1
f (x + A cos (!t))eixy dx =
f (x + A cos (!t))ei(x+A cos(!t))y e
= f~(y )
1
X
n=0
iA cos (!t)y dx
= f~(y ) e
iA cos (!t)y
=
(3.25)
=
in n cos(n!t)Jn( Ay )
Nel caso di forma di riga Lorentziana normalizzata in modo che sia f (0)
, con
larghezza di riga omogenea e x = (!
f (x) =
=1
!12 ), si ha:
2
2
(3.26)
f~(y ) = e jyj
(3.27)
x2 +
La sua trasformata è:
Antitrasformando l’equazione (3.25) si ha:
1
f (x + A cos !t) =
2
Z 1
1
X
1
e
ixy
1
X
n=0
in "n f~(y )Jn( Ay ) cos(n!t)dy =
Z 1
1 n
=
i "n cos(n!t)
f~(y )Jn( Ay )e
2
1
n=0
1
X
1 n
=
i " cos(n!t)
2 n
n=0
Z 1
1
ixy dy =
(3.28)
e jyjJn ( Ay )e
ixy dy
Definisco cn (x; A) , con n numero intero positivo, la seguente espressione:
cn (x; A) =
Z 1
1
e jyj Jn( Ay )e
ixy dy
62
(3.29)
Per n >
1 e Re[( + ix) iA] > 0 si ha 1 :
cn (x; A) =
8
<
1
( 1)n
An :
hp
( + ix)2 + A2
p
( + ix)
hp
in
( + ix)2 + A2
(
+
ix)2 + A2 ( ix)
p
( ix)2 + A2
in 9
=
(3.30)
;
Riassumendo si ha:
f (x+A cos !t) =
1
X
n=0
2
in "n cn (x; A) cos (n!t) =
1
X
n=0
An (x; A) cos(n!t)(3.31)
Si vede che esprimendo in questo modo la forma di riga modulata, la componente
a frequenza n! quando viene demodulata dal lock-in è:
An (x; A) =
Sostituendo a
8
n
i "n <
(
2An :
hp
1)n
( + ix)2 + A2
p
( + ix)
( + ix)2 + A2
in
hp
+
(
n i valori interi si ottengono le serie complete dello sviluppo
(3.23). In questo modo si può analizzare il contributo di tutti i termini delle potenze di A che contribuiscono al segnale di aggancio. Per
n = 3 una trattazione
analitica è molto complessa partendo dall’espressione di riga
A 3 (x; A), mentre
una trattazione numerica al calcolatore fornisce i risultati grafici riportati in figura 3.13.
Si può stimare dall’analisi numerica un valore della profondità di modulazione
ottimale pari a:
Aopt = (1; 65 0:03)
Questo valore risulta essere in accordo con quanto evidenziato sperimentalmente
come viene mostrato in figura 3.14, dove è sovrapposta anche la rampa applicata
al PZT per effettuare la scansione del laser intorno al centro riga.
1
Vedere la formula 6.611.1 a pag.707 di I.S.Gradstheyn,I.M.Ryzhik, “Table of integrals, series,
and products”, Academic Press, San Diego 1980
63
in 9
=
ix)2 + A2 ( ix)
p
( ix)2 + A2
(3.32
;
Figura 3.13: Analisi al calcolatore del profilo di derivata terza di una riga lorentziana (a)
e valore della sua derivata prima nell’ origine al variare della profondità di modulazione
(b)
3.4.2 Varianza di Allan dell’aggancio in frequenza al riferimento atomico
Una stima quantitativa della stabilità dell aggancio è stata effettuata utilizzando il
criterio della varianza di Allan ( ), come raccomandato dagli organismi internazionali addetti alla metrologia delle frequenze [25], applicato al segnale di errore
che è legato da un fattore moltiplicativo agli scostamenti in frequenza del laser dal
riferimento. Si noti che la varianza di Allan fornisce informazioni sulla differenza
fra frequenza del laser e quella del riferimento ma non su eventuali spostamenti di
quest’ultima, che emergerà eventualmente da un’analisi statistica delle misure in
fascio. Il segnale di errore dell’aggancio è stato acquisito tramite l’oscilloscopio
che permette di registrare una serie di N punti con un tempo di campionamento
. Tramite la calibrazione della spazzata del PZT è possibile convertire i valori in
64
Figura 3.14: Derivata terza della riga omogenea al variare della profondità di
modulazione espressa in unità di
tensione a valori in frequenza .
Se indichiamo con k ( ) il valore di ottenuto durante il k-simo intervallo di
misura, si definisce varianza di Allan la quantità :
s
( ) =
2(N
1
X
1)
k
(k( )
k(+1) )2
(3.33)
che fornisce una stima delle variazioni della frequenza su tempi dell’ordine di
. Il vantaggio di usare ( ) invece della più comunemente accettata deviazione
65
standard
s
=
N
1
X
1
k
(k( )
)2
=
P
( )
k k
N
(3.34)
è di non presentare dipendenza dal numero di dati N, dal tempo morto fra una
misura e l’altra e dalla banda passante del sistema di misura. Solo nel caso di rumore bianco di frequenza le due definizioni si equivalgono al variare del numero di
dati N. Dall’andamento della varianza di Allan in funzione di è inoltre possibile
ricavare informazioni sulla distribuzione spettrale delle fluttuazioni di frequenza,
che nella maggior parte dei casi relativi a oscillatori di precisione possono essere
descritte da una densità S ( ) che segue una legge di potenze:
S ( ) =
X
h f (3.35)
In figura 3.15 è riportato l’andamento della varianza di Allan ( ) dell’aggancio
in frequenza del laser di riferimento sulla transizione dell’aggancio in frequenza
del laser di riferimento sulla transizione 2 3 S1
! 23P1 in funzione di .
I parametri di aggancio sono i seguenti:
- pressione dell’elio in cella = 26 mtorr
- profondità di modulazione ' 16 MHz
- frequenza di modulazione = 3.2 kHz
- costante di tempo del lock-in = 1ms
Il risultato ottenuto mostra che per tempi dell’ordine del secondo si ha una
stabilizzazione dell’aggancio intorno al kHz, variazione che non crea problemi ai
fini spettroscopici delle successive misure.
66
Figura 3.15: Varianza di Allan al variare di per la transizione 23 S1
! 23 P1
3.5 Aggancio in fase dei due laser
L’apparato che permette di controllare la frequenza del laser di analisi e di stabilizzarla sul valore voluto si basa su un sistema di aggancio in fase che misura
la differenza di fase fra la nota di battimento delle emissioni dei due laser, rivelata tramite un fotodiodo, ed un segnale di riferimento che oscilla ad una frequenza prossima a quella del battimento. Lo schema realizzato è rappresentato
in figura 3.16 insieme alla strumentazione per l’acquisizione dei profili di riga in
fascio.
Una parte dei fasci emessi dal laser di riferimento, a frequenza R , e da quello
di analisi, a frequenza A , entrambi in configurazione di cavità estesa, è prelevata
per mezzo di due separatori di fascio e focalizzata su una fibra ottica collegata ad
67
Figura 3.16: Schema del sistema di aggancio in fase fra i due laser
un fotodiodo con frequenza di taglio di 40 GHz. La nota di battimento cosı̀ ottenuta, a frequenza NB
=j R A j, è immessa in un mixer insieme ad un segnale a
microonde a frequenza W prodotto da un sintetizzatore. La risposta non lineare
del mixer, in maniera analoga a quanto fatto dal fotodiodo, permette di effettuare
il prodotto dei segnali in ingresso e presentare in uscita un segnale dal quale è
possibile isolare, tramite un opportuno filtraggio elettronico, la componente che
ha una frequenza pari a
j NB W j.
Questo passagio è reso necessario dal
dover lavorare con NB che arriva ad essere dell’ordine delle decine di GHz (distanza in frequenza delle righe di interesse per l’esperimento), troppo grande per
gli strumenti elettronici che misurano la differenza di fase. Lavorare ad una frequenza minore aggira questa limitazione e la presenza del sintetizzatore permette,
come sarà descritto fra breve, di effettuare la spazzata in frequenza del laser di
riferimento con la necessaria accuratezza. La nota di battimento j NB
W j,
dopo una serie di amplificatori, viene visualizzata su un analizzatore di spettro e
68
contemporaneamente è inviata ad un convertitore analogico-digitale che fornisce
in uscita il segnale in standard TTL.
Il segnale di tipo digitale viene presentato all’ingresso di un misuratore di fase
e frequenza (PSD) dove viene confrontata la sua fase con quella di un segnale di
riferimento esterno a 30 MHz, anch’esso di tipo TTL, fornito da un generatore di
funzione. Il PSD propone in uscita su due canali, uno per le alte e uno per le basse
frequenze, un segnale di errore che è proporzionale alla differenza di fase fra i segnali in ingresso. L’uscita ad alta frequenza (fino a 400 kHz) agisce sul controllo
della corrente del laser di analisi tramite il suo alimentatore mentre quella a bassa
frequenza (sotto i 3 kHz) viene inviata ad un sistema di aggancio elettronico, analogo a quello presente sul laser di riferimento, e successivamente all’amplificatore
ad alta tensione del PZT della cavità estesa. La massima differenza di fase che il
contatore interno può misurare è di 32 cicli; oltre questo valore l’uscita del PSD
satura ad un livello costante e l’integratore che segue riporta la nota di battimento
a 30 MHz.
Accanto a questo sistema di reazione di tipo digitale, caratterizzato da un ampio intervallo di misura e quindi elevata stabilità, è affiancato un circuito di misura
della differenza di fase di tipo analogico (A nella figura 3.16 ) che permette di
aumentare la banda passante del sistema nel suo complesso fino a circa 1 MHz.
Il mixer del sistema analogico presenta in uscita un segnale che è proporzionale
a
sin() con differenza di fase fra i segnali in ingresso e dunque il suo
campo di risposta lineare è ristretto a una frazione di ciclo. In compenso la sua
banda passante è maggiore di quella del circuito digitale, e per sfruttarne a pieno
69
le potenzialità il segnale di errore controlla direttamente la corrente del laser senza
passare attraverso l’alimentatore che ha una risposta in frequenza limitata a 100
kHz.
Vediamo come viene realizzato l’aggancio in fase necessario per effettuare la
misura della separazione di struttura fine del multipletto 2 3 PJ . Il laser di riferimento viene stabilizzato sulla generica transizione 2 3 S
! 23 PJ
0
come descritto
nel paragrafo 3.4. La frequenza del laser di analisi viene portata in corrispondenza di quella della transizione 23 S
! 23PJ di cui si vuole acquisire lo spettro,
e quindi dista fino a un massimo di circa 31 GHz da R . Nel frattempo la frequenza W del segnale prodotto dal sintetizzatore è impostata su un valore prossimo alla differenza fra 1
! J e 1 ! J 0 , cosı̀ da avere j NB W j prossimo
a 30 MHz. Successivamente viene attivato il sistema reazionato di aggancio in
fase che, in condizioni ideali, mantiene la nota di battimento fra i due laser sul
valore NB
=j R
A j= W 30 MHz. In realtà esiste tutta una serie di fonti
di perturbazione che vengono compensate tramite la regolazione della corrente di
iniezione del laser per quanto riguarda le componenti ad alta frequenza e tramite
il PZT per i disturbi a bassa frequenza quali possono essere il rumore acustico e
vibrazioni meccaniche [26] [23].
L’analisi della varianza di Allan (vedere paragrafo 3.4.2) del segnale di errore
dell’aggancio in fase ha evidenziato che
( ) < 1Hz per tempi compresi fra 10
secondi e qualche minuto e quindi che la stabilità non è un problema per le misure
da effettuare. In figura 3.17 è riportato l’andamento della varianza di Allan dell’
aggancio in fase fra i due laser misurata con il laser di riferimento stabilizzato sulla
70
Figura 3.17: Andamento della varianza di Allan ( ) della frequenza della nota di
battimento fra i due laser agganciati in fase al variare di riga 1!0 tramite la derivata terza del profilo di riga. Vi è un buon adattamento dei
dati ad una forma funzionale del tipo ( ) /
1=2 , corrispondente a fluttuazioni
del tipo rumore bianco di frequenza.
Il principale limite all’accuratezza con cui può essere controllata la frequenza
del laser di analisi rispetto a quella del riferimento è data dalla stabilità del generatore di funzione e del sintetizzatore di frequenza, che sono comunque trascurabili
essendo rispettivamente pari a =
= 5 10 5 e = = 10 8 ; l’incertezza sulla
frequenza è in entrambi i casi dell’ordine del centinaio di Hertz.
71
3.5.1 Controllo della frequenza del laser di analisi
Il controllo della frequenza del laser di analisi è effettuato variando W fornita dal
sintetizzatore tramite un calcolatore. In condizioni di aggancio questo si riflette in
una variazione di A . La possibilità di effettuare l’aggancio su due valori diversi
della nota di battimento, cioè NB
= W 30 MHz, non crea problemi in quanto
una errata attribuzione del segno è immediatamente rivelabile perché porta una
differenza di 60 MHz nel valore finale della misura.
Lo stesso calcolatore che controlla la scansione della frequenza A è utilizzato per acquisire il profilo di riga dal fascio atomico. Il segnale di fluorescenza,
indotta dai fotoni in risonanza con la transizione che si vuole misurare, viene
rivelato da un fotomoltiplicatore e riproposto in ingresso ad un secondo amplificatore di lock-in . Poiché il laser di analisi è agganciato in fase a quello di
riferimento ne mantiene la modulazione in frequenza che viene utilizzata per una
rivelazione in derivata terza della forma di riga. Il duplice vantaggio è di isolare il segnale di fluorescenza dal fondo non modulato, dovuto alla radiazione
esterna e/o della scarica di eccitazione che non viene filtrata prima della finestra
del fototubo, e di disporre di un segnale di derivata terza che elimina dunque il
piedistallo dovuto all’effetto Doppler e facilita l’analisi della forma di riga tramite
un fit. L’acquisizione dei profili di riga avviene con una ampiezza di scansione
di 50 MHz divisa in 100 intervalli distanti in frequenza 500 kHz. La distanza
temporale fra ogni punto è fissata in 500 ms, con costante di tempo del lock-in
di 300 ms. Ogni acquisizione è composta da una scansione in andata e una in ritorno, durante le quali viene fatta la media delle ampiezze corrispondenti ai punti
72
con stessa frequenza , cosı̀ da eliminare eventuali asimmetrie del profilo di riga
dovute ad effetti di integrazione da parte del lock-in, e dura circa 3 minuti.
3.6 Accuratezza della misura di frequenza
Abbiamo visto come l’aggancio in fase fra i due laser dia un contributo dell’ordine
delle centinaia di Hertz all’accuratezza della misura della frequenza del laser di
analisi. Rimane da stimare l’effetto della stabilizzazione sul riferimento atomico.
Il fatto che la frequenza R non si trovi in corrispondenza esatta con il centro della
riga scelta come riferimento (vedere appendice B) non comporta problemi finché
quest’ultimo non varia nel tempo, in quanto le misure delle separazioni di struttura
fine sono effettuate per differenza fra le transizioni 1 ! J.
Per lo stesso motivo è possibile trascurare tutti i fattori strumentali che mantengono costante la differenza fra la frequenza del laser e il riferimento, quali possono essere, ad esempio tensioni non nulle in ingresso all’integratore del circuito
di aggancio.
E’ invece opportuno considerare gli elementi dipendenti dal tempo che contribuiscono allo scostamento della frequenza R dal riferimento. Essi possono
essere divisi in due classi a seconda che le variazioni siano rapide o meno rispetto al tempo impiegato per una acquisizione del profilo di riga. L’effetto delle
fluttuazioni nel primo caso diminuisce il rapporto segnale rumore sommandosi al
rumore dovuto al sistema di aggancio in fase e al rumore dell’apparato di rivelazione della fluorescenza con il risultato di peggiorare l’incertezza sulla determinazione del centro riga tramite il fit. Le fluttuazioni della durata del tempo di una
73
Figura 3.18: Misura della stabilità temporale a lungo termine del riferimento in atomico
in cella effettuata mediante l’acquisizione di dieci profili di riga della transizione 1!0
singola misura contribuiscono invece all’allargamento della distribuzione dei risultati. Abbiamo stimato sperimentalmente l’instabilità temporale a lungo termine
dell aggancio al riferimento di frequenza misurando la frequenza di risonanza per
la transizione 1!0 utilizzando la 1!2 come riferimento per un tempo di circa 60
minuti. Le condizioni sperimentali sono le stesse in cui si sono successivamente
effettuate le misure della separazione di struttura fine, anche per quanto riguarda
il tempo intercorso fra una acquisizione e la successiva. I risultati ottenuti sono
riportati in figura 3.18 comprensivi della barra di errore fornita dal programma di
fit (vedere paragrafo 4.4) per il centro riga.
Lo sparpagliamento delle misure è compreso in 60 kHz e un adattamento con
74
il metodo dei minimi quadrati ad un fit lineare non evidenzia una deriva del riferimento entro l’errore. La media vale 31908.123 MHz con una deviazione standard
di 21 kHz e una deviazione standard della media di 7 kHz. Si nota che lo scarto fra
misure successive può essere superiore alla barra di errore ma questo è interpretabile in termini di fluttuazioni lente del riferimento. L’incertezza totale è data dalla
somma in quadratura dell’errore del fit e di quello dovuto alle fluttuazioni lente
del riferimento, supponendo gli errori indipendenti. Il fit fornisce una incertezza
ad una deviazione standard di circa 10 kHz e si ottiene rif
= 18 kHz.
Per evitare effetti di degrado della scarica in cella, dovuti ad impurezze che
si liberano al suo interno e che in alcuni casi portano alla diminuzione del segnale di stabilizzazione in frequenza, nel corso di tutte le misure abbiamo adottato
l’accorgimento di svuotare la cella e effettuare un nuovo aggancio al riferimento
ogni 40-60 minuti.
Si noti che alle fluttuazioni a breve termine del riferimento contribuisce, oltre
alla stabilità dell’aggancio in frequenza che è quantificato dalla varianza di Allan,
anche il rumore presente sul segnale di derivata terza. Limitandosi a condiderare
la parte lineare intorno al centro riga del segnale dispersivo di derivata terza S, si
può dire che una variazione di ampiezza R dovuta al rumore causa una variazione
di frequenza :
'
con
R
S
(3.36)
larghezza di riga omogenea che è circa 10 MHz e S/R rapporto segnale-
rumore che vale circa 300. Si ottiene uno spostamento 30kHz.
I risultati raggiunti indicano che l’apparato sperimentale consente di eseguire
75
una misura di frequenza con una accuratezza dell’ordine del kHz su tempi di acquisizione superiori al minuto, quindi sufficienti, in principio, ad eseguire una
determinazione della separazione di struttura fine con l’accuratezza voluta tramite
l’acquisizione di più spettri per poter ridurre gli errori casuali con un approccio
statistico all’analisi dei dati.
76
Capitolo 4
Caratterizzazione del sistema tramite misure
spettroscopiche sul fascio di elio metastabile
Contenuto di questo capitolo è la descrizione di tutte le misure spettroscopiche
di caratterizzazione del fascio di atomi, effettuate sull’elio nello stato metastabile
allo scopo di comprendere nel miglior modo possibile le problematiche coinvolte
nell’esperimento. Le indagini svolte, di tipo diagnostico, riguardano sia il controllo della messa a punto della zona di interazione che lo studio di alcuni parametri del sistema atomico, fondamentali ai fini della vera e propria misura di
struttura fine.
Appartengono al primo gruppo la realizzazione di una configurazione spettroscopica a fasci contropropaganti, che come vedremo permette di eliminare molte
sistematiche fisiche indesiderate, e la verifica dell’annullamento del campo magnetico per mezzo dell’effetto Hanle non lineare. Al secondo gruppo la misura
della larghezza Doppler residua, lo studio della dipendenza della separazione di
struttura fine dall’intensità di radiazione incidente e lo studio dello spostamento
dei centri riga in presenza di un campo magnetico diverso da zero.
Verrà descritto anche il metodo utilizzato per ricavare la frequenza centrale
delle curve acquisite tramite un adattamento del profilo di riga teorico ai dati spe77
rimentali con il metodo del minimo del 2 .
4.1 Profilo Doppler residuo
La configurazione spettroscopica adottata, in cui la radiazione laser si propaga
perpendicolarmente alla direzione del fascio di atomi metastabili, ha come conseguenza una riduzione dell’allargamento di riga non omogeneo dovuto all’effetto
Doppler. Infatti gli atomi presentano una componente di velocità v z , nella direzione parallela a quella laser, che dipende dal grado di collimazione del fascio
atomico. Riferendosi al sistema di assi cartesiano introdotto nel paragrafo 2.3 e
limitandosi a considerare il problema nel piano X-Y, si vede che un atomo che si
muove con velocità v , in modulo, e in una direzione che forma un angolo " 0 con
l’asse X ha una componente vz pari a v sin"0. L’angolo "0 è limitato dalle caratteristiche di collimazione dell’apparato descritte nel paragrafo 2.3. Una stima della
larghezza Doppler residua è stata ricavata tramite l’acquisizione del profilo di riga
della transizione 23 S1
! 23P2 spazzando la frequenza del laser di analisi tramite
il controllo della corrente e senza la cavità estesa (figura 4.1).
Un fit ad una curva gaussiana fornisce una larghezza Doppler residua di circa
120 MHz, da confrontarsi con una larghezza omogenea di pochi MHz e un allargamento Doppler di circa 2 GHz in cella. Tale risultato da un lato rende necessario utilizzare una tecnica spettroscopica sub-Doppler per rivelare la larghezza
naturale della transizione atomica, dall’altro, però, permette di considerare il contributo della gaussiana rispetto al Lamb dip del tutto trascurabile (paragrafo 3.3).
Questo, come vedremo successivamente, semplifica notevolmente la determina78
Figura 4.1: Forma di riga acquisita con la radiazione laser propagantesi in direzione
perpendicolare al fascio atomico
zione del centro riga permettendo un fit con una curva lorentziana.
4.2 Configurazione a fasci contropropaganti
La tecnica spettroscopica adottata per risolvere la larghezza omogenea delle transizioni di struttura fine è quella della configurazione di saturazione a fasci contropropaganti descritta nel paragrafo 3.4 e utilizzata anche per la stabilizzazione del
laser di riferimento su una transizione atomica in cella. Lo schema per la misura
in fascio, riportato in figura 4.2, è però dotato di ulteriori accorgimenti progettati
per ridurre gli effetti di eventuali errori sistematici.
79
Figura 4.2: Schema semplificato della configurazione spettroscopica a fasci
contropropaganti utilizzato nella misura
La radiazione laser, prelevata dalla cavità estesa del laser di analisi tramite
un separatore di fascio, viene ridotta ad avere una sezione circolare con una serie di elementi ottici analoga a quella del laser di riferimento. Successivamente
una parte del fascio viene inviata al sistema di aggancio in fase e la rimanente
attraversa una coppia di isolatori ottici. Per controllare possibili effetti di disallineamento fra il fascio in andata e quello in ritorno, dopo gli isolatori è stato
posizionato un filtro spaziale composto da una lente convergente di focale 10 cm,
uno schermo con un foro del diametro di 100 m e una seconda lente convergente
di focale pari a 20 cm. Lo schermo dista dalle due lenti una lunghezza pari alle
rispettive focali e forma cosı̀ un filtro che rende omogeneo il profilo del fascio.
Quest’ultimo viene anche espanso, per avere un maggiore volume di interazione
con l’elio metastabile, e viene ad avere un raggio gaussiano di 1.5 mm.
80
La radiazione viene in seguito inviata nella camera di interazione tramite una
coppia di specchi che realizzano una configurazione a triangolo, permettendo
il raggiungimento dei due gradi di libertà nella direzionalità dei fasci necessari
all’allineamento. Il laser, che si propaga perpendicolarmente alla direzione del fascio atomico nel piano X-Z , viene riflesso indietro con uno specchio realizzando
la geometria a fasci contropropaganti.
Nel caso che il fascio di andata e quello di ritorno siano disallineati di un angolo si assiste ad una diminuzione dell’ampiezza del Lamb dip e ad un allargamento del profilo omogeneo della quantità D sin , con D larghezza Doppler
della riga. In un fascio atomico, a causa dell’anisotropia della distribuzione delle
velocità degli atomi, un disallineamento fra i due fasci comporta anche uno spostamento del centro riga. Infatti i laser, quando scavano il Lamb dip, interagiscono
con la classe di velocità che ha direzione ortogonale alla bisettrice di
(vedere
figura 4.3) e che quindi ha componente lungo la loro direzione non nulla; per
effetto Doppler il laser è in risonanza allora non con la frequenza centrale della
transizione 12 ma con la frequenza = 12 + , con = ~v =2 e = c=12 .
Inoltre, il fatto che la funzione che descrive la distribuzione delle velocità abbia
larghezza finita rende conto dell’allargamento del profilo omogeneo.
Il filtro spaziale realizzato permette di controllare anche la collinearità dei due
fasci. La radiazione di ritorno attraversa il foro solo se percorre esattamente lo
stesso percorso dell’andata; in tale caso viene deviata lateralmente dall’isolatore
ottico su un fotodiodo al germanio. Il segnale di quest’ultimo è costantemente
controllato su un oscilloscopio e la sua massimizzazione coincide con il migliore
81
Figura 4.3: Configurazione di disallineamento fra andata e ritorno del laser interagente
col fascio atomico
allineamento. In base alla caratteristiche geometriche della configurazione realizzata si riesce a stimare la sensibilità del metodo. Un disallineamento fra i due fasci
corrisponde alla focalizzazione del fascio di ritorno, da parte della seconda lente di
lunghezza focale L = 20cm, in un punto che dista L sin dal foro nello schermo.
Uno spostamento di
100m, che porta ad una diminuzione notevole del segnale
rivelato dal fotodiodo, corrisponde ad un disallineamento di circa 0.5 mrad e la
sensibilità del metodo è stimabile in un centinaio di microradianti. Lo spostamento del centro riga causato dal disallineamento del fascio di andata e di ritorno
è limitato dunque a poche centinaia di kHz e l’allargamento della riga omogenea
è pressoché trascurabile. L’errore sistematico introdotto nella determinazione nel
centro riga non influisce nel risultato finale essendo le misure della separazione di
struttura fine eseguite per differenza.
82
L’altro parametro da controllare, una volta raggiunto l’allineamento del fascio di andata e di ritorno, è l’angolo Æ fra l’asse del fascio atomico e la direzione
di propagazione del laser. Un angolo
Æ =
6 0 ha come conseguenza un allarga-
mento del profilo Doppler residuo; oltre a ciò l’interazione simultanea dei fasci
laser avviene con una classe di velocità atomiche che non coincide con il massimo della distribuzione di velocità. Quest’ultimo effetto complica l’analisi della
forma di riga teorica con cui confrontare gli spettri acquisiti, ma in prima approssimazione si può considerare che il Lamb dip si sposti verso uno dei fianchi della
riga gaussiana dovuta all’effetto Doppler residuo. Nel nostro caso ci siamo limitati ad acquisire lo spettro in un intorno del Lamb dip di circa 25 MHz e, essendo
la riga gaussiana di fondo molto più larga, il rivelare la derivata terza dello spettro
permette di trascurare lo spostamento del dip; la riga gaussiana ha infatti un andamento piuttosto piatto nell’intorno del dip. In questo modo si semplifica la scelta
della funzione da utilizzare nel fit (vedere paragrafo 4.4).
La configurazione a fasci contropropaganti permette di eliminare lo spostamento del centro riga originato dalla velocità di rinculo che un atomo acquista
dopo aver assorbito un fotone. Nel caso di un solo laser che interagisce con il
fascio atomico quando un atomo di massa M assorbe un fotone di vettore d’onda
~k esso acquista una velocità ~v data da:
~v =
~~
M
k
(4.1)
Per una radiazione con lunghezza d’onda = 1083nm si ottiene j~v j 9 cm=s,
83
che comporta uno spostamento della frequenza di risonanza per effetto Doppler
pari a circa 80 kHz. Nel caso di più interazioni di uno stesso atomo con i fotoni
incidenti questo fenomeno può assumere valenza maggiore. In ogni caso l’effetto
di rinculo produce uno spostamento di riga non inferiore alla quantità stimata(80
kHz), un valore troppo alto per la risoluzione che si vuole ottenere. Oltretutto,
nel nostro caso, la probabilità che uno stesso atomo subisca più processi di eccitazione e decadimento radiativo non può essere trascurata essendo il tempo di
transito all’interno del fascio dell’ordine del
s mentre la vita media del livello
superiore è dell’ordine di 100 ns.
Da quanto detto appare dunque evidente che la configurazione a fasci contropropaganti ha le migliori caratteristiche riguardo a risoluzione spettroscopica e
riduzione di effetti sistematici altrimenti di difficile trattazione. L’effetto di rinculo atomico presente in tale caso si manifesta infatti come uno sdoppiamento del
Lamb dip in due componenti, simmetriche rispetto al centro riga e distanti circa 80
kHz; solo uno sbilanciamento fra le due ampiezze può portare uno spostamento
nella determinazione del centro riga di una quantità data in prima approssimazione dal prodotto della differenza relativa delle due ampiezze con gli 80 kHz
stimati [28].
84
4.3 Annullamento del campo magnetico per mezzo
dell’effetto Hanle non lineare
Il campo magnetico nella zona di interazione è stato misurato per mezzo di una
sonda di Hall e ridotto fino ai valori riportati nel paragrafo 2.3 grazie ad uno
schermo magnetico e a due coppie di bobine di compensazione del campo magnetico. Questa misura, di elevata sensibilità, ha come punto debole la necessità
di operare con la camera di interazione aperta e quindi non può essere utilizzato
in corso di misura. L’effetto Hanle non lineare permette di rivelare gli effetti del
campo magnetico direttamente sul sistema oggetto di studio (il fascio atomico
in questo caso) e quindi nelle medesime condizioni sperimentali che si ritrovano
in caso di misura dei livelli energetici. Il pregio maggiore è di effettuare la misura proprio nel punto in cui avviene l’interazione fra radiazione e atomi, cosa
difficilmente realizzabile con la sonda. Inoltre esso unisce al vantaggio di poter
essere utilizzato fra una serie di acquisizioni e l’altra il fatto di essere una misura
indipendente da quella effettuata con la sonda di Hall.
L’effetto Hanle non lineare dipende da manifestazioni di coerenza atomica
causate dall’anisotropia indotta sul sistema da un campo magnetico esterno ed
è visualizzabile per via spettroscopica. Nel caso in esame è stata utilizzata la
transizione fra il livello 23 S1 e quello 23 P0 . La radiazione incidente stimola un
assorbimento fra stati con differenza
M del numero quantico magnetico che
dipende dalla polarizzazione rispetto all’asse di quantizzazione individuato dal
campo magnetico, come indicato in tabella 4.1.
85
M Denominazione
~
Lineare, k H
0
+
~
Lineare, ? H
1
;
~
~
Circolare Dx, k k H
+1
+
~
Circolare Sx, ~k k H
-1
~
~
Circolare Dx e Sx, k ? H 0,1
; +; Polarizzazione
Tabella 4.1: Relazione fra la polarizzazione della radiazione incidente sul sistema
atomico e il valore di M per le transizioni indotte
La frequenza del laser è stata portata in prossimità della risonanza con la transizione (1! 0), con polarizzazione ortogonale alla componente di campo magnetico da annullare. In base alle regole di selezione, la transizione può avvenire
solo fra i livelli con M
= 0, mentre per fluorescenza gli atomi eccitati decadono
con uguale probabilità nei tre sottolivelli Zeeman. Dopo un ciclo ottico si assiste
a fenomeni di pompaggio ottico delle popolazioni atomiche nei sottolivelli con
M = 1, con conseguente diminuzione dell’assorbimento dei fotoni e della fluorescenza rivelata. Se è presente un campo magnetico trasverso all’asse di quantizzazione, la precessione di Larmor delle popolazioni riequilibra la distribuzione
degli atomi nei sottolivelli Zeeman e l’assorbimento è maggiore che nel caso di
campo nullo.
Per annullare il campo magnetico nella zona di interazione abbiamo variato
la corrente nelle bobine con continuità e abbiamo registrato il segnale di fluorescenza con il laser in risonanza con la transizione
1
! 0.
Cambiando la pola-
rizzazione della radiazione incidente è possibile effettuare la misura per ciascuna
componente del campo H . In figura 4.4 è riportata l’acquisizione effettuata vari-
86
ando la componente X del campo magnetico. Il minimo della curva è determinato
tramite un fit con una incertezza stimabile in 0.3 mA. La sensibilità di questo metodo, in base alle caratteristiche geometriche delle bobine (vedere paragrafo 2.3)
è dell’ordine delle centinaia di Gauss.
Figura 4.4: Segnale di fluorescenza in funzione della corrente nelle bobine
I valori di corrente che annullano il campo magnetico ricavati con l’effetto
Hanle non lineare sono in accordo con quelli trovati tramite la sonda di Hall.
4.4 Acquisizione dei profili di riga e analisi dei dati
Prima di procedere alla presentazione delle misure degli intervalli di struttura fine
effettuate è opportuno descrivere il metodo di misura utilizzato e il procedimento
di analisi dei dati.
87
Abbiamo detto che i valori di separazione di struttura fine vengono ricavati per
differenza fra le frequenze di risonanza 23 S1
! 23PJ di due singole transizioni.
Il laser di riferimento è stabilizzato sulla rimanente transizione, non interessata
dalla misura, ed è agganciato in fase al laser di analisi con un sistema che permette di controllare la differenza di frequenza di emissione dei due dispositivi
entro l’hertz su tempi del secondo. Ricavando il centro riga si ha cosı̀ una misura
della frequenza di risonanza della transizione rispetto al riferimento e per differenza il valore JJ . Per raggiungere la massima sensibilità nella determinazione
0
del centro riga di una transizione siamo ricorsi alla risoluzione della larghezza
omogenea e alla rivelazione in fase del segnale di fluorescenza sfruttando la modulazione a frequenza
! presente sul laser di riferimento e trasferita su quello di
analisi dal sistema di aggancio in fase. Il segnale di fluorescenza rivelato dal fotomoltiplicatore viene inviato ad un amplificatore lock-in e demodulato a frequenza
3! ottenendo un profilo di derivata terza. La derivata terza del profilo di riga è
poi acquisita dallo stesso calcolatore che controlla la scansione in frequenza del
laser ottenendone in questo modo la calibrazione. Il vantaggio di una rivelazione
in derivata terza è di avere un maggiore contrasto del Lamb dip rispetto al profilo
Doppler e l’eliminazione quasi totale del fondo gaussiano, cosa che semplifica la
scelta dell’espressione teorica da adattare nel fit ai profili sperimentali.
Come forma di riga teorica per l’adattamento col metodo del minimo del 2 ai
dati sperimentali è stata utilizzata la funzione a secondo membro dell’equazione
(3.32) con n = 3.
La deviazione standard da attribuire ai punti del profilo di riga sperimentale è
88
stata ricavata nell’ipotesi che ad ogni punto sia associabile una incertezza costante
e dipendente dal rumore dell’apparato sperimentale. Una stima di questa incertezza si può dare analizzando il rumore presente sulle code delle righe acquisite,
dove il profilo è pressoché lineare, e calcolando la deviazione quadratica media
fra i punti e una retta.
Per la minimizzazione del 2 è stato utilizzato un programma compilato in
linguaggio Fortran che si basa su una sequenza di minimizzazione delle librerie
del CERN di Ginevra (MINUIT). In figura 4.5 è riportato una tipico profilo della
derivata terza del segnale di fluorescenza in fascio, come acquisito dal calcolatore,
insieme al fit , per la transizione 1 ! 2.
Le incertezze sui parametri vengono fornite ad una deviazione standard. L’incertezza
fornita dal programma di fit sulla determinazione del centro riga è tipicamente
dell’ordine 10 kHz per tutte le transizioni acquisite. L’errore che grava su ogni
singola misura, nell’ipotesi ragionevole che l’incertezza dovuta alle fluttuazioni
lente del riferimento in cella sia indipendente da quella dovuta al procedimento di
fit , è data dalla somma in quadratura delle due incertezze:
t =
q
2 + 2
fit
rif
(4.2)
dove rif è stato stimato nel paragrafo 3.6.
Poiché la struttura dell’esperimento consente di effettuare più acquisizioni
nelle stesse condizioni si è scelto però un approccio statistico all’analisi dei dati
ripetendo le misure un numero elevato di volte e tenendo cosı̀ conto di tutti le
fonti casuali di incertezza. L’errore da attribuire alla quantità misurata si ottiene,
in questo caso, con la deviazione standard della media e non con la stima data in
89
Figura 4.5: Fit del profilo teorico alla forma di riga acquisita sperimentalmente per la
transizione (1 ! 2)
equazione (4.2).
Le separazioni di struttura fine sono determinate per differenza dai valori in
frequenza delle transizioni 1
! J (A) e 1 ! J 0 (B). Queste ultime sono misu-
rate ripetendo una sequenza del tipo ABBA per eliminare gli effetti di una deriva
lineare del riferimento. Ciascuna serie di acquisizioni ha la durata di circa 50 minuti, oltre i quali l’aggancio del laser di riferimento sulla transizione atomica in
cella non è più stabile a causa di impurezze che si liberano nella cella e che deteriorano il segnale di assorbimento in maniera evidente. Le serie vengono ripetute
più volte in ogni giorno di misura.
90
4.5 Misura degli effetti del cambiamento del campo
magnetico sulla frequenza 01
Al fine di determinare l’influenza del campo magnetico, e’ stata variata la corrente
nelle bobine di una quantità che permettesse di cambiare la componente longitudinale (lungo l’asse X) del campo magnetico di circa 40 mGauss, in entrambi i versi,
ed è stata misurata la frequenza 01 nei due casi, con una potenza del laser di 300
W. I valori sono confrontati con quello ottenuto in condizioni di minimizzazione
del campo magnetico. Ciascun gruppo di misure si compone di 8 acquisizioni
della separazione di struttura fine in esame e il risultato è dato dalla media dei
singoli valori con la deviazione standard della media come errore. In figura 4.6
sono riportati i risultati, con gli errori ad una deviazione standard.
I risultati mostrano che per questa variazione del campo magnetico non si manifesta nessun cambiamento significativo all’interno della barra di errore:
Variazione del campo magnetico longitudinale
01
+40 mGauss
29616,923(15) MHz
0 mGauss
29616,941(4) MHz
-40 mGauss
29616,932(10) MHz
91
Figura 4.6: Misure di 01 effettuate variando il campo magnetico esterno
4.6 Verifica sperimentale dell’influenza del disallineamento sulla misura
Per verificare se un possibile disallineamento del fascio laser rispetto all’asse del
fascio atomico incide sul valore misurato della separazione di struttura fine 10 abbiamo effettuato due serie, di sette acquisizioni ciascuna, con angolo di incidenza
che varia di circa 50 mrad (vedere figura 4.7). La potenza del laser, misurata prima
dell’ingresso nella camera di interazione, è fissata a 300W .
I valori determinati non mostrano dipendenza dalla variazione dell’ angolo di
incidenza e questo permette di trascurare nella forma di riga teorica la dipendenza
funzionale del profilo di velocità trasverso dall’angolo Æ precedentemente definito.
92
Variazione dell’angolo di incidenza del fascio
rispetto alla direzione centrale (asse Z)
01
-25 mrad
29616,878(12) MHz
+25 mrad
29616,893(12) MHz
Figura 4.7: Schema della misura effettuata con fasci laser disallineati
4.7 Misura dell’effetto della potenza del laser sulla
frequenza 01
Per verificare l’effetto della potenza del laser sul valore dell’intervallo 23 P0
23 P1
è stata effettuata una serie di misure al variare dell’intensità incidente. La potenza
è stata cambiata a passi di circa 50W, da un minimo di 60 W a un massimo
di 700 W, con una incertezza nella sua determinazione stimabile in 5 W. In fi93
gura 4.8 sono riportati i risultati con la barra di errore ad una deviazione standard
dovuta al fit . Il coefficiente di variazione di 10 in funzione dell’intensità è ricavato, nelle ipotesi di dipendenza lineare delle due quantità, tramite un adattamento
al minimo di 2 di una retta ai punti sperimentali. Il valore ottenuto mostra che lo
spostamento in frequenza è trascurabile entro la barra di errore del fit .
Figura 4.8: Andamento della frequenza 10 al variare della potenza incidente
94
Capitolo 5
Misura della frequenza 01 e delle altre separazioni
dei livelli di struttura fine
Una volta ottimizzato l’apparato sperimentale, al fine di una misura ad alta risoluzione, e dopo aver investigato gli effetti descritti nel capitolo 4, è stata misurata
la frequenza della separazione di struttura fine 01 , che è quella di maggior rilievo fisico in vista di un suo futuro utilizzo nella determinazione della costante
di struttura fine . Infatti è per questo intervallo che si ha la minore incertezza
relativa = a parità di incertezza sulla misura . In questo capitolo sono riportati i risultati raggiunti, che corrispondono alla più accurata determinazione di
01 attualmente disponibile, insieme alle misure degli altri due intervalli di struttura fine, 12 e 02 , effettuate per verificare la consistenza dell’intero esperimento.
Vengono infine analizzate le fonti di riduzione della risoluzione spettroscopica
indicando la loro influenza sul risultato ottenuto.
95
5.1 Misure eseguite in funzione della potenza del laser di analisi
Sono stati eseguiti due gruppi di misure della frequenza 01 , uno con potenza
incidente di 300 W e uno di 150 W. Ogni gruppo è il risultato di più turni
di misura, ciascuno dei quali a sua volta comprende circa 40 acquisizioni delle
transizioni (1
! 0) e (1! 1).
La determinazione del centro riga ha un errore
dovuto al fit di 7 kHz per la transizione (1
! 1) e di 14 kHz per la transizione
(1 ! 0), meno intensa e quindi con un peggior rapporto segnale/rumore. L’analisi
dei dati, all’interno di ogni turno di misura, è stata effettuata calcolando la media
dei singoli risultati e prendendo come errore la deviazione standard della media.
I risultati ottenuti sono riportati nella tabella 5.1 con gli errori ad una deviazione
standard.
Si nota come anche questa volta non ci sia dipendenza dalla potenza incidente
nel limite della barra di errore (figura 5.1).
Questo consente una media pesata di tutti i valori ottenuti, con un errore che
tiene conto di tutti i contributi casuali descritti precedentemente, in particolare le
fluttuazioni del riferimento, l’accuratezza dei sistemi di aggancio delle frequenze
dei laser e il rapporto segnale/rumore dell’apparato di rivelazione. Il valore di 01
ottenuto con la media pesata è
01 = (29616:9282 0:0024)MHz
(5.1)
In figura 5.2 sono riportati tutti i valori della frequenza 01 misurati; si nota
come i risultati siano tutti compresi in un intervallo di circa 200 kHz.
96
Potenza (W )
01 (MHz)
300
29616.936 0.008
29616.928 0.005
29616.923 0.006
29616.932 0.006
150
29616.917 0.007
29616.927 0.009
29616.929 0.009
29616.936 0.007
Tabella 5.1: Valori di 01 misurati
97
Figura 5.1: Risultati delle misure della frequenza 01 effettuate con potenze del laser a
300 W e 150 W
Il risultato ottenuto può essere confrontato con le determinazioni sperimentali
di 01 già esistenti in letteratura. Una è stata effettuata col metodo della risonanza magnetica in fascio atomico sfruttando le transizioni a 1083 nm (Shiner et
al., [12]), l’altra tramite la transizione diretta fra i sottolivelli a 30 GHz, ovvero
nella regione delle microonde (Hughes et al., [11]). I risultati di queste misure
sono rispettivamente 01
= 29616:961 0:009 MHz e 01 = 29616:844 0:021
MHz. Essi sono in evidente disaccordo tra loro. La nostra misura, più accurata
di entrambi rispettivamente di un fattore 4 e di un fattore 10, si avvicina maggiormente al primo dei due. E’ da tenere presente, però, che la misura di Shiner e
collaboratori, benché vanti una accuratezza di 9 kHz, è effettuata su un sistema
98
Figura 5.2: Presentazione grafica di tutte le misure effettuate di 01
sottoposto ad un intenso campo magnetico, dell’ordine dei 30 Gauss. Questo
presenta il problema di conoscere con la necessaria accuratezza il valore di gJ
per apportare la correzione all’energia dei livelli dovuta all’effetto Zeeman. Attualmente non sono disponibili misure sufficientemente accurate di g J e quindi è
stata utilizzata la previsione teorica. Inoltre serve un campo magnetico noto ed
uniforme nella zona di interazione, di difficile realizzazione. La determinazione
della frequenza è effettuata tramite la misura della lunghezza d’onda con metodi
interferometrici, quindi in maniera indiretta, a differenza dell’esperimento descritto in questa tesi dove la misura è fatta direttamente in frequenza. In tale ottica
lo schema sperimentale utilizzato a Firenze ha una struttura più semplice e una
maggiore affidabilità.
In figura 5.3 sono confrontati il risultato raggiunto con questo lavoro e le pre99
cedenti determinazioni sperimentali di 01 , insieme alla previsione teorica [9].
Si nota la notevole riduzione della barra di errore ottenuta con la misura effettuata presso il LENS che, con una accuratezza di 2 kHz, fornisce al momento la
migliore determinazione per la frequenza 01 .
Figura 5.3: Confronto del valore determinato in questa tesi con le misure effettuate da
Shiner e Hughes, insieme alla predizione teorica, riguardo all’intervallo di struttura fine
23 P 1
23 P0
5.2 Analisi delle fonti di errore
La configurazione spettroscopica adottata ha permesso di risolvere la larghezza
omogenea delle transizioni utilizzate nella misura di 01 . L’analisi riguardante gli
effetti dei campi magnetici (paragrafo 4.5) e della potenza incidente sul campione
100
(paragrafo 4.6), condotta a livello sperimentale accumulando una notevole mole
di dati, ha evidenziato come questi non influenzino il valore misurato, all’interno
della barra di errore.
5.2.1 Effetto Doppler e variazione di v
L’effetto Doppler al primo ordine comporta uno spostamento del Lamb dip
dal centro riga se i fasci di andata e ritorno del laser sono disallineati fra loro.
L’entità di questo spostamento è stata stimata essere al massimo qualche centinaio di kHz (vedere paragrafo 4.2). Un simile effetto comunque non influisce
sul risultato di 01 , che è ottenuto dalla differenza di due acquisizioni, se v è costante. Nel caso che fra due successive acquisizioni ci sia una variazione v della
velocità media si ha una variazione di 01 misurato pari a:
01 = v
v
(5.2)
Per una variazione di v dell’1% si ha 01 dell’ordine del kHz. L’effetto Doppler
al secondo ordine comporta uno spostamento del centro riga pari a:
D2 =
v2
2c2
' 9kHz
(5.3)
Anche esso è eliminabile tramite la misura per differenza dei centri riga. Nel
caso di un cambiamento della velocità
v tra le due acquisizioni utilizzate per la
misura si ha una variazione di 01 pari a
01 =
v
v
c2
(5.4)
Si nota come questo contributo sia un ordine di grandezza inferiore a quello
dell’effetto Doppler al primo ordine, a parità di
101
v . Considerato che una sta-
bilità di v almeno dell’ordine dell’ 1% è più che ragionevole, si può considerare
l’effetto della fluttuazione di
v ininfluente al fine della presente misura. Inoltre
la variazione v è casuale e in una trattazione statistica qual è quella fatta per la
misura di 01 entra a far parte delle fonti di errore casuali.
5.2.2 Altre fonti di errore
L’interazione in fascio atomico rende gli urti fra atomi poco probabili e del tutto
trascurabile l’effetto di spostamento di riga collisionale.
Lo spostamento della direzione del laser entro ampi margini non comporta una
variazione nella misura come descritto nel paragrafo 4.6.
L’effetto di rinculo atomico dovuto all’interazione con i fasci laser è presente
nel segnale di saturazione come “doppietto di rinculo” [28]. Qualsiasi asimmetria
in tale struttura porta un errore sistematico di massimo 40 kHz, eliminabile anche
in questo caso tramite una misura per differenza della frequenza di interesse.
5.3 Misura delle frequenze 12 e 02
Al fine di provare l’autoconsistenza dell’apparato sperimentale, sono stati misurati
gli altri due intervalli di struttura fine 2 3 P0
23 P2 e 23 P1
23 P2 . I risultati per
questa serie di misure sono riportati nelle tabelle 5.2 e 5.3 rispettivamente.
Il valore per 02 , ottenuto con una media pesata, è:
02 = (31907:9178 0:0027)MHz
102
(5.5)
Potenza (W )
02 (MHz)
300
31907.927 0.006
31907.914 0.006
31907.916 0.007
31907.915 0.007
150
31907.907 0.007
31907.925 0.009
31907.923 0.008
Tabella 5.2: Valori di 02 misurati
Il valore per 12 , ottenuto con il solito procedimento, è:
12 = (2290:991 0:003)MHz
(5.6)
Si nota nel secondo caso un maggior sparpagliamento dei dati e una accuratezza leggermente minore nella misura rispetto al caso della determinazione della
frequenza 01 ; in quest’ultimo caso infatti il laser di riferimento è stabilizzato sulla
transizione 23 S1
! 23P2 , che è molto più intensa della 23S1 ! 23P2, con un con-
seguente miglior rapporto segnale/rumore. I valori misurati mostrano anche una
maggiore discrepanza rispetto ai dati pre-esistenti, che sembra essere dovuta allo
spostamento in energia della riga 23 P2 . Da un’analisi preliminare, attualmente
solo allo stato qualitativo, è emersa una piccola dipendenza dalla dimensione della
zona di interazione per le frequenze 12 e 02 . Questo fenomeno sembra essere do103
Potenza (W )
12 (MHz)
150
2290.995 0.006
2290.997 0.006
2291.010 0.008
2290.970 0.006
Tabella 5.3: Valori di 12 misurati
vuto a effetti di rinculo multipli (vedere anche pagina 84) che si manifestano in
modo particolare nella transizione 23 S1
! 23 P2 per la particolare struttura dei
livelli energetici. Il lavoro è tuttavia in progresso e sono prossimi i risultati di una
nuova misura delle frequenze 12 e 02 al variare della sezione del fascio laser.
Figura 5.4: Confronto fra i valori misurati di 01 e la differenza di 02 e 12
In figura 5.4 viene riportata la misura dell’intervallo 01 confrontata con la
differenza degli altri due; i valori differiscono di circa 1 kHz, abbondantemente
104
all’interno della barra di errore. Questo dato dimostra l’autoconsistenza del procedimento sperimentale utilizzato nell’ipotesi, verosimile alla luce di quanto detto,
di uno spostamento del livello con J=2.
105
Capitolo 6
Conclusioni
La misura della separazione di struttura fine 23 P0
23 P1 effettuata nel corso di
questa tesi è attualmente la migliore misura disponibile di tale intervallo. L’accuratezza
raggiunta di 8 parti in 108 consentirà, tramite il confronto con una teoria di analoga accuratezza, una determinazione della costante di struttura fine
per via
spettroscopica al livello di 40 parti in 10 9 (40 ppb). Tale risultato permetterebbe
di discriminare fra i valori di ottenuti tramite l’effetto Hall quantistico (24 ppb),
l’effetto Josephson (56 ppb) e la misura di h/m in un fascio di neutroni (38 ppb)
, la cui discrepanza massima arriva a 111 ppb. L’importanza di tale confronto è
evidente se si considera che la misura descritta nella tesi è effettuata su un sistema
fisico relativamente semplice ed in assenza di perturbazioni esterne.
Il raggiungimento di questo risultato è stato reso possibile dall’utilizzo congiunto di diverse tecniche originali di spettroscopia laser:
E’ stato completato lo sviluppo di un fascio atomico e lo si è ottimizzato al
fine di una misura spettroscopica.
E’ stato ridotto il campo magnetico nella zona di interazione al punto di
poterlo considerare trascurabile per la nostra misura.
106
E’ stata utilizzata una sorgente laser con larghezza di riga minore di un
ordine di grandezza rispetto alla larghezza omogenea delle transizioni di
interesse, ottenuta mediante una tecnica di accoppiamento della radiazione
in cavità esterna.
Si è realizzato un sistema di aggancio in fase fra due laser che consente il
controllo della differenza della loro frequenza di emissione fino a 40 GHz,
con una precisione inferiore all’Hertz su tempi del secondo.
E’ stata fatta un’analisi sistematica dell’effetto che hanno, sulla determinazione della frequenza 01 della separazione di struttura fine 23 P0
23 P1 ,
l’intensità di radiazione incidente sul campione, i campi magnetici residui e
il disallineamento dei fasci laser.
Si è misurata, infine, con tecniche spettroscopiche ad alta risoluzione, la separazione di struttura fine ottenendo il valore 01
= (29616:92820:0024)MHz.
La determinazione degli altri due intervalli di struttura fine 12 e 02 ha permesso di verificare l’autoconsistenza del procedimento sperimentale tramite
il confronto della loro differenza con 01 .
La conoscenza dell’apparato sperimentale, ottenuta tramite l’acquisizione di
un notevole numero di dati, e il controllo di un certo numero di parametri fanno
supporre che l’attuale limite alla precisione raggiungibile nella misura sia dato
dalle fluttuazioni del riferimento insieme al rapporto segnale/rumore del sistema
di rivelazione. Quest’ultimo risente anche delle fluttuazioni a breve termine del
riferimento.
107
L’affidabilità raggiunta permette, comunque, di prevedere un futuro utilizzo
della struttura sperimentale descritta in questa tesi per le misure della struttura
iperfine e dello shift isotopico sull’ 3 He.
108
Appendice A
Metodi esistenti per la misura di Nei seguenti paragrafi saranno riassunti i metodi di misura della costante di struttura fine che forniscono i risultati più accurati attualmente disponibili.
A.1 Momento magnetico anomalo dell’elettrone
E’ attualmente il metodo di misura di che ha prodotto i risultati più accurati. Si
basa sulla misura del fattore di Landé g dell’elettrone libero il cui valore si discosta
da 2 per termini che dipendono dalle potenze di
(= )2 secondo lo sviluppo in
serie:
g = 2 1 + C2
dove
+ C4
2
+ C6
3
+ C8
4
+O
5 (A.1)
C2 ; C4 ; C6 ; C8 sono coefficienti dei quali solo i primi tre sono calcolabili
analiticamente mentre i rimanenti sono frutto di elaborate integrazioni numeriche.
Il valore di g è misurato su un singolo elettrone in una trappola di Penning con
una estrapolazione a potenze nulle per gli effetti del campo di ciclotrone [14]. Il
risultato di questa misura insieme alla teoria [5] fornisce il valore :
1 = 137:03599944(57)
(A.2)
109
con una accuratezza di 4.2 ppb. E’ da notare però come il precedente valore
pubblicato [13] differisse dall’attuale di circa 14 barre di errore a causa di un
errore nella teoria.
A.2 Rapporto giromagnetico del protone ed effetto
Josephson dinamico
E’ stata la prima misura a fornire un valore di
indipendente dalla teoria QED.
Questa determinazione si basa sulla seguente relazione che lega la costante di
struttura fine al momento giromagnetico del protone p0 e al fattore di conversione
frequenza-tensione 2e=h tipico dell’effetto Josephson dinamico (i suffissi NBS si
riferiscono a grandezze misurate rispetto ai campioni del NBS):
c
p (2e=h)NBS
=
4R1(
NBS =
) B (p0 )NBS
1
La costante di Rydberg
note (2 parti su
1=2
(A.3)
R1 è attualmente una delle più accurate costanti fisiche
1011 ), il momento magnetico del protone espresso in unità di
magnetoni di Bohr ha una accuratezza di 1 parte in 108 . Il fattore (
NBS =
) è il
rapporto fra il valore dell’ohm come conservato e quello dell’ohm come definito
ed è noto con circa 2 parti su
108 . Tutte queste quantità non costituiscono un
limite per l’incertezza finale che è dominata da quella del rapporto giromagnetico
del protone. Quest’ultimo, indicato come p0 dove l’apice si riferisce a misure
effettuate non sul protone libero ma su un campione sferico di H 2 O, è definito
dalla relazione:
!p = p0 B
(A.4)
110
dove !p è la frequenza di precessione, misurata con metodi di risonanza magnetica
nucleare [15] [16], di un protone in un campo di induzione magnetica uniforme
di modulo B. Il problema principale nella determinazione di p è legato alla precisione con cui è possibile conoscere il campo B. Vi sono due possibili approcci:
1. Cercare di realizzare un campo noto ottenendolo da un solenoide di cui
siano state accuratamente descritte le caratteristiche geometriche e nel quale
scorra una corrente nota. Per evitare effetti termici e di deformazione geometrica si deve ricorrere a basse correnti e ad avvolgimenti a singolo strato
operando cosı̀ in un regime di campo debole.
2. Misurare la forza esercitata su un filo dal campo magnetico presente sul
campione essendo costretti ad operare in regime di campo forte per poter
rivelare l’effetto.
E’ evidente come in entrambi i casi siano presenti intrinseche difficoltà legate
alla misura delle caratteristiche geometriche e alle correnti presenti nel sistema.
EJ =2e/h è il fattore di conversione frequenza-tensione presente nell’effetto Josephson dinamico. Una tensione molto stabile è ottenibile irradiando una giunzione
fra due fili superconduttori, separati da un sottile strato isolante, con radiazione
elettromagnetica, solitamente con frequenza nel campo dei GHz. La caratteristica
tensione-corrente di tale giunzione non è lineare ma presenta valori discreti nella
tensione la cui separazione V soddisfa l’equazione:
V =
h
2e
(A.5)
111
Si ottiene per la costante di conversione tensione-frequenza il valore:
2e
=
h V
' 483594 GHz=V
(A.6)
che è stato dimostrato essere indipendente dal tipo di giunzione utilizzata fino al
livello permesso dai campioni di tensione disponibili. In definitiva si può scrivere
l’equazione (A.3) come:
1 = C (p0 )
dove
1=2
(A.7)
C è una costante che non dipende da contributi di QED e il cui grado di
accuratezza è tale che l’incertezza su
è dominata dalla barra di errore nella
determinazione sperimentale di p0 . Il valore più accurato ottenuto con questo
metodo è [17]:
1 = 137:0359770(77)
(A.8)
con una incertezza 56 ppb.
A.3 Effetto Hall quantistico
Un gas bidimensionale di elettroni, sottoposto ad un campo magnetico uniforme
perpendicolare alla sua superficie e mantenuto a bassa temperatura, presenta una
conduttanza di Hall quantizzata a passi di e2 i=h con i intero. Si può porre in
relazione la resistenza di Hall
RH con la costante di struttura fine tramite la
semplice relazione [2]:
1=
2RH
0 c
(A.9)
112
Più in dettaglio la quantizzazione della resistenza di Hall è stata rivelata studiando il comportamento del gas degenere di elettroni che fluisce nello strato di inversione di un transistore metallo-ossido-semiconduttore (MOSFET) tenuto alla
temperatura dell’elio liquido e esposto ad un campo magnetico uniforme di 15
Tesla ortogonale alla giunzione. In queste condizioni, e dopo aver polarizzato il
transistore in modo da avere un flusso di corrente nel piano della giunzione, il
moto degli elettroni può essere considerato bidimensionale perché lo strato è cosı̀
sottile che risulta proibito da considerazioni energetiche il movimento delle cariche in direzione ortogonale ad esso. Applicando una differenza di potenziale
nel piano del flusso di corrente ma in direzione ad esso ortogonale si osserva che
al variare del campo magnetico la resistenza presente fra tali punti non ha andamento monotono crescente ma per particolari intervalli di variazione del campo
magnetico assume il valore costante:
Ri =
RH
h
= 2
i
ei
(A.10)
con i intero, mentre la resistenza nella direzione del flusso ha valore nullo. L’inconveniente
principale per la determinazione di tramite questo approccio è legato alla necessità di un riferimento di resistenza sufficientemente accurato e indipendente da
RH dato che quest’ultimo è attualmente accettato come campione di resistenza. I
vantaggi più evidenti sono la semplicità della relazione che intercorre fra e R H
e l’utilizzo di un sistema fisico a stato solido la cui analisi teorica non comprende
contributi di QED. D’altro canto una misura della costante di struttura fine effettuata con elevata precisione e con metodi indipendenti da quello esaminato può
fornire un nuovo standard di resistenza tramite il confronto con l’equazione (A.9).
113
Il miglior valore di ottenuto da misure di effetto Hall quantistico è attualmente:
1 = 137:0359979(32)
(A.11)
con una accuratezza di 23 ppb.
Sia il metodo che si basa sull’effetto Hall quantistico che quello che si basa
sull’effetto Josephson dipendono fortemente dalla disponibilità di campioni di
unità di misura elettriche di alta precisione e ben definiti rispetto alle unità del
SI. In effetti è possibile combinare le tre quantità
relazione con
RH ; EJ e p0 per ottenere una
il cui pregio è di non dipendere dalla conoscenza dei campioni
elettrici in termini di unità del SI:
3=
p=B EJ RH
20 R1 p0
(A.12)
In tale modo è sufficiente che le unità di tensione, corrente e resistenza siano
consistenti fra di loro [17]. Con l’espressione (A.12) si ottiene:
1 = 137:0359840(51)
A.4
(A.13)
Misura di h=mn
Sfrutta la misura della velocità v e della lunghezza d’onda associate al moto di
un neutrone libero. Queste due quantità sono legate dalla relazione di De Broglie:
p = mn v =
Per misurare
h
(A.14)
viene utilizzata la riflessione di Bragg di un fascio di neutroni
da parte di un cristallo di silicio privo di impurezze. La corrispondente velocità
114
è misurata con sofisticate tecniche di “tempo di volo”. In questo modo si può
calcolare il rapporto h=mn e ricavare dall’espressione:
2R1 h mn
=
c mn me
1
2
(A.15)
Il valore di ricavato con questo metodo è [6]:
1 = 137:03601082(524)
(A.16)
115
Appendice B
Principali fonti di riduzione della risoluzione
spettroscopica in un sistema atomico
Il profilo di riga di una transizione atomica ha una estensione spettrale non nulla
intorno al valore di risonanza, con limite inferiore dato dalla larghezza naturale.
Esiste però tutto un insieme di fattori che contribuiscono ad allargare ulteriormente la riga e che possono essere divisi a seconda che dipendano da proprietà intrinseche del sistema atomico in esame (cause di allargamento omogeneo) o da caratteristiche variabili da atomo ad atomo (cause di allargamento non-omogeneo).
Inoltre la frequenza del centro riga può risultare spostata da interazioni con fonti
di perturbazione esterne (collisioni, campi elettrici e magnetici) o da sue proprietà
cinematiche (effetto Doppler al secondo ordine). Sia le cause di allargamento
del profilo di riga che quelle di spostamento della frequenza di risonanza contribuiscono a ridurre l’accuratezza delle misure, le prime limitando la risoluzione
ottenibile e le seconde introducendo effetti sistematici. Descriverò brevemente il
ruolo di tali effetti nel contesto della misura effettuata sull’atomo di elio.
116
B.1 Allargamento omogeneo
Larghezza naturale di una transizione
Una interpretazione immediata del perché il profilo di riga abbia una estensione
finita può essere data ricorrendo al principio di indeterminazione di Heisenberg
secondo il quale una coppia di variabili coniugate non può essere conosciuta
con qualsivoglia accuratezza. Applicato al caso di un livello atomico, che decade con una vita media , questo vuol dire che l’incertezza sulla determinazione dell’energia della transizione è proporzionale all’inverso della vita media.
L’emissione, o assorbimento, di un fotone in funzione della frequenza avviene con
una distribuzione di probabilità di tipo Lorentziano intorno al valore di risonanza
!12 :
L(! ) =
1
(!
!=2
!12 )2 + (!=2)2
(B.1)
in cui la larghezza a metà altezza (FWHM ) è data da:
! =
1 1
+
1 2
con i vita media del livello
(B.2)
jii interessato dalla transizione.
naturale o radiativa della riga è definita come
La larghezza
= !=2 e dipende dalle carat-
teristiche intrinseche della transizione atomica considerata. I valori di e
righe misurate nell’esperimento sono riportati in tabella 1.1.
117
per le
Allargamento collisionale (o per pressione)
Quando un atomo A eccitato collide su un atomo o molecola B con un urto anelastico esso cede parte della sua energia che si trasferisce in energia interna di B
o in energia traslazionale in entrambi. In ogni caso si assiste ad una diminuzione
del numero di atomi eccitati che può essere schematizzato con una diminuzione
della vita media . La larghezza di riga 0 contiene un termine dipendente dalla
pressione P:
0 = + aP
(B.3)
con il coefficiente a che dipende dalla temperatura del gas, dalla sezione d’urto
collisionale degli atomi e dalle loro masse. Nel nostro esperimento l’allargamento
per pressione nel fascio atomico è trascurabile essendo quest’ultimo progettato
proprio per ridurre al minimo le interazioni. In ogni caso allargamenti collisionali tipici sono dell’ordine delle centinaia di MHz/torr, e quindi non influenti alle
pressioni utilizzate durante le misure [24].
Allargamento per tempo di transito
Nel caso in cui il tempo di interazione fra la radiazione laser e il sistema atomico
sia inferiore alla vita media dei livelli eccitati misurati, la larghezza omogenea
della transizione non è limitata dalla probabilità di emissione spontanea ma dal
tempo di volo attraverso il fascio laser. Considerando un fascio di radiazione di
profilo gaussiano si ha una FWHM dell’ordine del rapporto fra la componente v
della velocità media degli atomi in direzione ortogonale al fascio laser e il raggio
118
w di quest’ultimo. Nel nostro caso si ha v
2500 m/s e w
' 1:5 mm che
comportano un larghezza per tempo di transito inferiore al MHz e quindi ben al di
sotto della larghezza naturale.
Allargamento per potenza
Un’ulteriore causa di allargamento del profilo omogeneo ad opera dell’interazione
con il laser è l’allargamento per potenza che porta ad una larghezza omogenea
saturata S data da:
S
=
p
1+S
(B.4)
in cui S è il parametro di saturazione dipendente dall’intensità della radiazione
incidente (vedere paragrafo 3.3). Con sorgenti laser non è difficile avere S
1e
in tale caso l’allargamento per potenza è spesso il contributo predominante alla
larghezza omogenea. Una interpretazione intuitiva dell’allargamento per potenza
si può dare pensando ai fotoni incidenti come fonti di transizioni stimolate che si
aggiungono alle transizioni radiative riducendo il tempo di vita media.
B.2 Allargamento non omogeneo
Larghezza Doppler
Consideriamo un atomo in movimento con una velocità
~v sul quale incide una
radiazione elettromagnetica di frequenza . A causa dell’effetto Doppler esso
119
vede una frequenza 0 la cui espressione è:
1 vx =c
0 = p
1 j~v j2 =c2
(B.5)
con vx proiezione di ~v lungo la direzione di propagazione della radiazione.
Essendo j~v j2 =c2
1 si può considerare al primo ordine:
vx c
0 ' 1
(B.6)
In questo caso il profilo non omogeneo
F ( ) risulta essere la convoluzione
della forma di riga omogenea L( ) con la distribuzione di velocità
F ( ) =
Z 1
1
f (vx)L vx dvx
c
f (v x ):
(B.7)
Nel caso di un gas in equilibrio termodinamico, quale si può supporre essere
l’elio nella cella, la distribuzione delle velocità atomiche segue una forma gaussiana e il profilo di riga risultante è detto profilo di Voigt. Se si ipotizza che la
larghezza omogenea sia molto minore dell’allargamento Doppler, cosa che è vera
nel nostro caso, si può approssimare L( ) con una Æ di Dirac e il profilo F ( ) si
riduce ad una gaussiana centrata sulla frequenza di risonanza della transizione !12
e una larghezza a metà altezza F W HM pari a:
r
!D = !12
8kT
ln2
Mc2
(B.8)
con T temperatura assoluta del gas e M massa degli atomi. Per l’elio in cella
a una temperatura T' 300o K e con !12
' 1:74 1015 Hz si ha !D ' 11 GHz.
Per gli atomi di elio in fascio la distribuzione di velocità longitudinale assume
una espressione del tipo:
f (v ) /
v exp
v2
v02
(B.9)
120
in cui e v0 sono dei parametri da determinare empiricamente [27].
B.3 Spostamento delle righe atomiche
Effetto Doppler del secondo ordine
Se nello sviluppo in serie in potenze di
(j~vj2 =c2 ) dell’equazione (B.5) si consi-
dera il termine al primo ordine l’espressione (B.7) si complica notevolmente. Una
trattazione di questo effetto, di origine relativistica, evidenzia che la correzione dipendente dal modulo della velocità causa una asimmetrizzazione del profilo di riga
non omogeneo spostandone il massimo verso frequenze minori. Lo spostamento
è legato alla velocità media degli atomi v e alla frequenza della transizione dall’espressione:
v2
2c2
Nel caso del fascio di elio
(B.10)
v
2500 m/s e per le transizioni in esame si ha
9 kHz.
Rinculo dell’atomo per assorbimento di un fotone
Un atomo che emette o assorbe un fotone subisce una variazione della velocità
lungo la direzione di propagazione della radiazione affinché la quantità di moto si
conservi. Lo spostamento della frequenza di risonanza a causa dell’effetto Doppler che ne consegue è stimabile come:
=
h 2
2Mc2
(B.11)
121
Con i soliti valori dei parametri e M massa dell’elio si ottiene 40 kHz.
Spostamento per potenza
L’interazione della radiazione incidente con gli stati non risonanti dell’atomo
causa uno spostamento delle righe conosciuto come effetto Stark dinamico o spostamento per potenza. Una stima teorica dello spostamento necessita complessi calcoli perturbativi al secondo ordine che coinvolgono tutti i livelli atomici interessati. Spesso si ricorre ad una analisi della dipendenza dalla potenza delle quantità
misurate per via spettroscopica ed eventualmente ad una estrapolazione a potenza
nulla.
Effetti del campo magnetico
La presenza nella zona di interazione di un campo magnetico non nullo rimuove la
degenerazione nel numero quantico magnetico m dei livelli energetici e li separa
in sottolivelli Zeeman. La correzione al primo ordine ai valori energetici nel caso
di effetto Zeeman anomalo, quale è quello che ci interessa, è data da:
E = mgB H
(B.12)
dove H è il modulo del campo magnetico, che con la sua direzione identifica
l’asse di quantizzazione rispetto al quale è definito m, e B il magnetone di Bohr.
Il fattore di Landé g ha, nell’approssimazione L-S, la seguente espressione:
g =1+
J (J + 1) + S (S + 1) L(L + 1)
2J (J + 1)
122
(B.13)
Nel caso delle transizioni 23 S1
! 23PJ dell’atomo di elio si ha g(3S ) = 2 e
g (3 P ) = 3=2. Lo spostamento di riga Z per una transizione fra i sottolivelli
con mi e mf è dunque:
Z = 2mi
con m = mi
H
1
3
mf B = mf
2
h
2
2m
B H
h
(B.14)
mf . Gli spostamenti di riga sono dell’ordine del MHz/Gauss
e dipendono dal valore di m finale e da m.
Effetti del campo elettrico
La presenza di campi elettrici esterni porta uno spostamento dei livelli per effetto Stark. Una stima grossolana di tale effetto può essere data considerando
l’energia di interazione di un dipolo elettrico delle dimensioni e carica atomica
con un campo elettrico; il risultato è uno spostamento delle righe di qualche decina di kHz per V/m. Dal punto di vista sperimentale non è comunque un problema schermare efficacemente la zona di interazione fra l’elio e il laser da questi
campi.
Spostamento per pressione
E’ dovuto alle collisioni elastiche durante le quali i livelli atomici sono perturbati
dall’interazione con l’altra particella coinvolta nell’urto. Lo spostamento di riga
si manifesta se la radiazione incide sull’atomo nel momento della collisione, ma
questo effetto è nel nostro caso drasticamente ridotto dalla bassa probabilità che
avvengano urti in un fascio atomico.
123
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127
Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno dato una mano in questi anni di
studi universitari. In particolare un grazie al Professore Massimo Inguscio per
l’aiuto e la spinta ad andare avanti nel corso del lavoro di tesi, a Francesco P. e a
Giovanni G. per l’esperienza, a Francesco M. e a Giovanni B. per tutte le volte che
ho chiesto loro un favore o il chiarimento di un dubbio ( e sono state tante). Non è
possibile ringraziare personalmente tutti i ragazzi del LENS che hanno contribuito
a passare in allegria l’ultimo anno, e alcune persone del Dipartimento che mi sono
state vicine nelle scelte del corso di studi (sono troppi).
128
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