Il Sole di Fabrizio Toia Il Sole: la Luce della vita Sebbene l’era altamente tecnologica del XXI secolo sia alimentata (e dipenda sempre più) da petrolio e suoi derivati, e macchine sempre più sofisticate hanno sostituito (e sostituiranno) il lavoro manuale umano, si è dimenticato, forse a causa di vite troppo frenetiche (o preoccupanti manie di onnipotenza), che Terra, e tutti i suoi abitanti (Homo Sapiens compreso), siano legati a “doppio filo” a quella strana palla di fuoco che tutte le mattine si alza ad Est ad illuminare il cielo mandando a dormire Luna e Stelle; quello strano fuoco di cui hanno dibattuto per secoli filosofi (greci ed arabi), scienziati e papi, e che fu centro di dispute (con finali a volte tragici) su posizioni in cielo e nell’Universo stesso, è il nostro amato Sole che ogni mattina da miliardi di anni irraggia con luce e calore il suo regno: il sistema Solare, di cui la Terra ne occupa la terza posizione. Tutto iniziò e si sviluppò grazie a lui, perfetti equilibri entrarono in gioco senza i quali nulla sarebbe stato possibile, per millenni fu lui a scandire il ritmo dell’Uomo e delle stagioni, e fu sempre lui ad infiammare gli animi sensibili alla ricerca di spiegazioni sulla sua origine. In molte culture antiche e preistoriche il Sole era concepito come una divinità o come un fenomeno soprannaturale. Il culto ad esso dedicato era centrale in molte civiltà come quella Inca, in Sud America, e degli Aztechi, in Messico. Molti antichi monumenti furono costruiti tenendo conto della posizione del Sole nei vari periodi dell'anno; ad esempio, i megaliti di pietra segnano accuratamente il solstizio d'estate (presenti in Nabta Playa in Egitto e Stonehenge in Inghilterra) e la piramide di El Castillo in Chichén Itzà nel Messico è stata progettata per proiettare ombre a forma di serpente durante gli equinozi. Anche la sua posizione in cielo e relativo moto dette un gran da fare; rispetto alle stelle fisse il Sole sembra compiere una rotazione attorno alla Terra nell'arco di un anno (sul piano dell'eclittica, lungo lo zodiaco): per questo la nostra stella fu considerata dagli antichi astronomi greci come uno dei pianeti ruotanti attorno alla Terra, occupante il centro dell’Universo (sistema Geocentrico Tolemaico). Ma nel 1543 nel suo trattato “De Revolutionibus” (pubblicato un anno dopo la sua morte) uno scienziato polacco di nome Nicolò Copernico sfidò le credenze del suo tempo proponendo una visione completamente nuova dell’Universo, un sistema dove il Sole ne diviene il centro e la Terra “declassata” a semplice pianeta ruotante (sistema Eliocentrico). Osservazioni astronomiche di Tycho Brahe e la successiva sintesi matematica dell’allievo Keplero, noto per le sue “tre leggi” pubblicate nel 1609 nel trattato “Astronomia Nova”, davano prova che il sistema Tolemaico, con i suoi epicicli e forzature matematiche, veniva ampiamente surclassato dal sistema Copernicano che Keplero addirittura perfezionò per rendere conto di quelle irregolarità che il sistema stesso non giustificava (es. orbite ellittiche invece che circolari). All'inizio del XVI sec. Galileo Galilei fu tra i pionieri dell'osservazione solare effettuando le prime osservazioni delle macchie solari con il suo leggendario telescopio. Pubblicò nel 1610 il “Sidereum Nuncius” dove l’eliocentrismo trova ulteriore conferma. Infine nel 1650 Isaac Newton scopri la gravità, generalizzò per via teorica le leggi di Keplero (fino a quel momento leggi empiriche sulla base di dati osservativi) ed unificò la fisica celeste e fisica terreste; il sistema Eliocentrico (costato umiliazioni e per alcuni la vita ai suoi molti sostenitori) prevalse sul il sistema Geocentrico e il Sole trovò giusta posizione al centro dell’Universo. Ma oltre a moto e posizione il Sole ha preteso da noi una spiegazione sulla sua intima natura; una delle prime spiegazioni scientifiche sul Sole venne fornita dal filosofo greco Anassagora che lo immaginava come una grande sfera di metallo infiammato più grande del Peloponneso, invece che essere trascinato dal carro di Elio. Per aver insegnato questa “eresia” venne imprigionato dalle autorità e condannato a morte (anche se venne in seguito rilasciato attraverso l'intervento di Pericle). Il greco Eratostene probabilmente fu il primo a calcolarne accuratamente la distanza della Terra, nel III secolo a.C., in circa 149 milioni di chilometri, molto simile alla quantità accettata attualmente. Sempre Isaac Newton nel 1650 osservò la luce solare attraverso un prisma scoprendo che è composta da molti colori e dandole successivamente una natura “corpuscolare”, mentre nel 1800 William Herschel scoprì la radiazione infrarossa (responsabile del calore) presente oltre la parte rossa dello spettro solare. Nel 1800 gli studi spettroscopici fecero progressi; Joseph von Fraunhofer effettuò le prime osservazioni delle linee di assorbimento nello spettro, che vengono oggi chiamate linee di Fraunhofer. Nei primi anni dell'era scientifica moderna la sorgente dell'energia solare costituì una sfida importante. Lord Kelvin suggerì che il Sole era un corpo liquido in graduale raffreddamento che emetteva la sua riserva interna di calore. L'emissione di energia venne spiegata da Kelvin e Hermann von Helmholtz attraverso la loro teoria detta Meccanismo di Kelvin-Helmholtz, ma in base a questa l'età stimata del Sole era di soli 20 milioni di anni, molto inferiore ai diversi miliardi di anni suggeriti dagli studi geologici. Nel 1890 Joseph Lockyer, lo scopritore dell'elio nello spettro solare, propose una ipotesi meteoritica sulla formazione e sull'evoluzione del Sole. Una potenziale soluzione arrivò nel 1904, quando Ernest Rutherford ipotizzò che l'energia potesse essere mantenuta da una fonte interna di calore, generata da un meccanismo di decadimento radioattivo, tuttavia Albert Einstein fornì lo spunto decisivo sulla questione con la sua relazione massa-energia E=mc². Nel 1920 Sir Arthur Eddington propose l'idea di una reazione di fusione nucleare prodotta dalla pressione e dalla temperatura interna del Sole che trasformerebbe l'idrogeno in elio e produrrebbe energia a causa della differenza di massa. Questo concetto teorico venne sviluppato negli anni '30 dagli astrofisici Subrahmanyan Chandrasekhar e Hans Bethe che calcolò i dettagli delle due principali reazioni nucleari che producono l'energia. Infine, nel 1957 venne pubblicato un documento intitolato Synthesis of the Elements in Stars dove veniva dimostrato che la maggior parte degli elementi nell'universo sono stati creati dalle reazioni nucleari all'interno delle stelle. Quindi concedetemi l’aforisma: “Siamo polvere di stelle che ragiona di Stelle”. Ma dopo questa breve, e spero interessante, panoramica storica sul Sole direi che è giunto il momento di iniziare un viaggio fantastico che nessuna sonda o nave spaziale reale potrà fare e dirigersi senza indugio verso il cuore del nostro Sole per andare a scoprirne la struttura, l’intima natura e i delicati meccanismi che costarono (e costano tuttora) fatica e sudore alla menti più brillante della fisica moderna. Alla dogana: “Carta d’identità, per favore!” Diametro all’equatore Periodo di rivoluzione attorno al centro della nostra Galassia Periodo di rotazione (all’equatore) Massa (relativa alla Terra) Volume (relativa alla Terra) Temperatura alla superficie Temperatura del nucleo Gravità alla superficie (relativa alla Terra) Luminosità Classe spettrale Densità (nucleo/superficie) 1392000 Km 225 milioni di anni 25 giorni 332,946 1303600 5770 °C 14000000 °C 27.9 3.9x1027 kWatt G2 V 30-100gr/cm3 – 1-10gr/cm3 Mappa di viaggio: la struttura interna Se dovessimo tagliare il nostro Sole con un immaginario coltello cosmico vedremmo che la nostra stella ha la morfologia “a strati” simile a quella di una grossa cipolla (Fig.1). Fig.1 – Struttura interna del Sole Una zona centrale, detta NUCLEO, dove avvengono le reazioni termonucleari di fusione dell'idrogeno ad elio. Reazioni che avvengono grazie alle condizioni estreme di pressione, temperatura e densità. La zona RADIATIVA e l’adiacente zona CONVETTIVA, responsabili del trasporto verso l’esterno dell’energia che viene prodotta nel nucleo. Segue la FOTOSFERA, ossia la zona di emissione della luce visibile. In essa le temperature sono di poco inferiori ai 6000 kelvin ed è sede di fenomeni come le macchie solari e flare. All'osservazione diretta la fotosfera presenta una superficie granulosa dovuta ai grani convettivi, ovvero flussi di gas caldo che salgono verso la superficie e ridiscendono nella zona convettiva sottostante. Questi granuli hanno diametro di centinaia di Km e presenti a milioni sulla fotosfera. Poiché la vita media dei granuli è di soli 10 minuti, la superficie del Sole cambia continuamente. Infine troviamo CROMOSFERA e CORONA; la prima è uno strato trasparente, visibile solamente con filtri speciali o durante le eclissi totali di Sole. Questo strato è interessato da diversi fenomeni emissivi come le spicule e le protuberanze solari. La corona solare infine è la parte più esterna dell'atmosfera solare, non ha limiti definiti e si estende per decine di milioni di km in modo molto tenue. È costituita da particelle di gas rarefatto ionizzate ad altissima temperatura, più di un milione di kelvin. Attenzione che in questo caso la temperatura non è da intendere nel significato convenzionale, si deve parlare invece di “temperatura cinetica”. Inoltre la corona solare può in un certo senso dirsi estesa sotto forma di vento solare per l'intero sistema solare e oltre. Ora siamo pronti: documenti in regola e mappa a portata di mano; è giunta l’ora di iniziare il nostro viaggio ed osservare “più da vicino” il nostro Sole…la stella della Vita! Si parte… il Nucleo Il nucleo solare è la parte più interna e calda del Sole (circa 15 milioni di kelvin). Sede delle reazioni di fusione nucleare, teorizzate Hans Bethe, responsabili della produzione di energia che deve contrastare la forte “pressione gravitazionale” degli strati di gas sovrastanti che tenderebbero a far collassare la stella. Sono proprio questi strati esterni a comprimere l’idrogeno nel nucleo ed ad innalzarne la temperatura, che unita all’elevata densità (da 30 a100 gr/cm3) e pressione (500 miliardi di atmosfere), consentono di superare la forza di repulsione Coulombiana che impedisce a cariche dello stesso segno di unirsi. Fig.2 – Fusione termonucleare idrogeno-elio. Attraverso reazioni di fusione termonucleare quattro nuclei di idrogeno, cioè quattro protoni (si ricordi che gli atomi di idrogeno del nucleo non possono rimanere integri a queste temperature, e si separano in protoni ed elettroni dando vita a quel quarto stato della materia chiamato PLASMA), si uniscono dando come prodotti un nucleo di elio (cioè due protoni e due neutroni), due positroni (cioè due “elettroni positivi”), due neutrini ed energia, sotto forma di energia cinetica e radiazione gamma; energia come conseguenza diretta della famosa equazione E=mc² di Albert Einstein. Il processo di fusione è oltremodo difficile. Alle condizioni vigenti nel centro del Sole il protone medio deve aspettare ben 13 miliardi di anni prima di fondersi con altri tre e formare un nucleo di elio. Ciò significa che oggigiorno la produzione di energia del Sole deriva dai protoni "fortunati", che hanno incontrato in anticipo il loro destino, e che man mano che passa il tempo la probabilità delle reazioni termonucleari aumenterà, conseguentemente la luminosità solare aumenterà quindi lentamente, il che ha indotto alcuni teorici ad ipotizzare che tra 500 milioni o un miliardo di anni il Sole sarà troppo caldo per consentire la vita sulla Terra. Per avere comunque un’idea delle energie in gioco durante questi processi nucleari basti pensare che ogni secondo 600.000.000 di tonnellate di idrogeno si trasformano in 595.500.000 tonnellate di elio. Quindi, dopo questa trasformazione, mancano all'appello 4.500.000 tonnellate di idrogeno (pari allo 0,75%), che si sono trasformate direttamente in energia secondo l'equazione di Albert Einstein sopracitata (quindi il sole si alleggerisce ogni secondo di 4 milioni di tonnellate, ma la sua massa totale è abbastanza grande perché, anche dopo 10 miliardi di anni di vita attiva, si riduca solo impercettibilmente). L'energia così generata, ogni secondo, è pari a 405.000 miliardi di terajoule (TJoule), una quantità di energia impensabile a livello terrestre. Tutta la straordinaria potenza della nostra stella è dovuta alla conversione in energia di questa infinitesima, per il Sole, quantità di materia, paragonabile approssimativamente alla massa di un piccolo gruppo di montagne sulla terra. Per capire l'enormità di questa energia il solo dato che può fungere da termine di paragone è la produzione mondiale di energia elettrica, che nel 2005 è stata di 17.907 TWh (equivalenti a 716,28 kg di materia). Detto in altri termini; per eguagliare l'energia prodotta dal Sole in un solo secondo, tutti gli impianti di produzione di energia elettrica del nostro pianeta dovrebbero funzionare a pieno regime per i prossimi 6.282.459 anni. Ma affinché il sistema resti stabile e non esploda, tutta questa energia gamma deve essere assolutamente smaltita, ovvero condotta all’esterno, fuori della stella. Ma come? Prima stazione: la Zona radiativa I raggi gamma tenderebbero a dirigersi verso l’esterno della stella se il nucleo fosse “nudo”, ma la presenza di strati superiori ostacola il loro cammino verso lo spazio. I raggi gamma sono continuamente assorbiti e riemessi a energie inferiori dalla materia che incontrano lungo il loro cammino. Tali processi di assorbimento ed remissione sono cosi frequenti che un fotone (unità “granulare” della luce) impiega milioni (circa 10) di anni per emergere sulla superficie. Questo significa che la luce che ci giunge oggi dal Sole è quella prodotta al suo interno milioni di anni fa; se paradossalmente il nucleo della nostra sella dovesse “spegnersi”, ovvero non si verificassero più reazione di fusione nucleare, il Sole potrebbe brillare per altri milioni di anni senza che noi ce ne accorgessimo. Seconda stazione: la Zona convettiva L’effetto di questo continuo ed incessante processo di assorbimento/emissione è quello di far perdere energia ai fotoni gamma, ovvero la loro frequenza si abbassa diventano quindi una radiazione elettromagnetica più "tranquilla”. Ad un certo punto la loro energia, inizialmente molto superiore, diviene uguale all’energia termica della materia solare. In fisica si dice che materia e radiazione sono in equilibrio. Procedendo verso regione esterne più fredde, la materia diventa opaca rispetto alla radiazione, ostacolandone sempre più efficacemente il cammino. Diviene ora importante il fenomeno della convezione, ovvero ciò che succede ad una pentola d’acqua sul fuoco: il calore scalda l’acqua che si trova sul fondo della pentola facendola espandere; l’acqua espansa, più leggera dell’acqua fredda che si trova in superficie, comincia a salire spingendo l’acqua fredda verso il fondo. Si forma quella che viene chiamata “cella convettiva”, in cui il calore viene portato dalle zone più calde a quelle più fredde dalla materia in movimento. La stessa cosa avviene nel Sole; il limite superiore della zona radiativa (in cui e’ la radiazione il veicolo dell’energia) è il “fuoco” che scalda la materia degli strati sovrastanti (acqua nella pentola) dando origine alle celle convettive e al conseguente moto che trasporta il calore fino alla superficie del Sole. La zona dove avviene il trasporto di energia tramite convezione è detta appunto zona convettiva ed ha una spessore di circa 450.000 Km. La presenza di tali moti convettivi è testimoniata dalla “granulosità” della superficie solare che altro non è se non la sommità delle celle convettive più esterne. Lo strato opaco: Fotosfera Le stelle sono delle sfere di gas quindi non hanno una superficie solida; esiste comunque una profondità sotto la quale il gas non è più trasparente ai fotoni, e questa profondità fornisce una superficie visibile alla stella; dunque si definisce Fotosfera (del Sole come di qualunque altra stella) la regione in corrispondenza della quale esso diventa opaco. La fotosfera del Sole ha una temperatura che varia dagli 8000 ai 4200 kelvin, decrescendo con l'allontanamento dagli strati più interni a quelli più esterni e segna il confine tra la densa ed opaca massa gassosa, che è posta verso l’interno del Sole, e il materiale più sottile e trasparente, che si trova all’esterno. Osservando un’immagine ingrandita della fotosfera si nota il suo aspetto granuloso. Questo è determinato dai flussi di gas caldo che salgono verso la superficie e ridiscendono nella zona convettiva sottostante. La parte superiore di queste colonne di gas forma dei pennacchi, noti come granuli, ciascuno con un diametro di Km e presenti a milioni sulla fotosfera. Un singolo granulo ha una vita media di soli 8 minuti, ma formandosene di nuovi in continuazione la fotosfera assume un aspetto complessivo simile ad una lenta ebollizione. Tra i granuli normali si trovano dei supergranuli grandi fino a 30.000 chilometri, capaci di resistere fino ad un giorno. La granulazione resta una delle prove fondanti della presenza di moti convettivi all'interno del Sole, mentre non sappiamo d'altra parte se queste formazioni si trovino anche su altre stelle perché sono troppo piccole per essere viste. Altre formazioni presenti sulla fotosfera sono le macchie solari (Fig.3) e i flare solari (Fig.4). Fig.3 - Macchie solari e “granuli” Prima di procedere nel nostro viaggio direi di soffermarci un istante ad analizzare questo strano fenomeno che tanto sgomentò i nostri antenati e che ha condizionato (e condiziona tuttora) la vita sul nostro pianeta. Fig.4 – Evoluzione di un flare Le macchie solari sono zone della fotosfera che appaiono più scure rispetto al resto della superficie perché hanno una temperatura più bassa. Le macchie solari hanno una temperatura di 4000 °C, inferiore ai 5500 °C delle zone circostanti. Possono assumere dimensione parecchie volte superiori a quelle del nostro pianeta e sono generate da anomale distorsioni dell’intenso campo magnetico del Sole; infatti la struttura gassosa del Sole determina una rotazione che viene definita differenziale: differenti regioni ruotano a velocità diverse, tanto più lentamente quanto più la zona si trova vicino ai poli della stella. Questo provoca una distorsione delle linee del campo magnetico solare che subiscono un allungamento all’equatore rispetto ai poli. Le linee di forza si attorcigliano sempre di più formando dei veri e propri “tubi di flusso magnetico”, fino a quando la pressione magnetica ne causa l’eruzione. Alla base di tali eruzioni si formano le macchie solari. Una macchia solare può essere divisa in due parti: Ombra => più scura e fredda Penombra => intermedia tra l'ombra e la superficie solare L'attività delle macchie segue un ciclo di circa 11 anni ed è profondamente legato alle variazioni del campo magnetico solare. Ogni ciclo comprende un massimo ed un minimo che sono identificati contando il numero di macchie solari che appaiono in quell'anno. All'inizio del ciclo, le macchie tendono ad apparire a latitudini elevate, per poi muoversi verso l'equatore quando il ciclo si avvicina al massimo (questo comportamento è chiamato Legge di Spoerer). Storicamente, i primi probabili riferimenti alle macchie solari sono quelli degli astronomi cinesi del primo millennio d.C., che probabilmente potevano vedere i gruppi di macchie più grandi quando lo splendore del Sole era diminuito dalla polvere sollevata dai vari deserti dell'Asia centrale. Furono osservate con ausilio di telescopi per la prima volta nel 1610 dagli astronomi frisiani Johannes e David Fabricius, che pubblicarono una loro descrizione nel giugno del 1611. In questa data Galileo Galilei le stava già mostrando a Roma, mentre Cristoph Scheiner le aveva probabilmente osservata per due o tre mesi. La polemica tra Galileo e Scheiner per la prima osservazione, quando nessuno dei due sapeva del lavoro dei Fabricius, fu quindi tanto acida quanto inutile. Le macchie solari ebbero una qualche importanza nel dibattito sulla natura del sistema solare. Mostravano che il Sole ruotava su se stesso, e il fatto che apparivano e scomparivano dimostrava che il Sole subiva dei cambiamenti, contravvenendo agli insegnamenti di Aristotele. I dettagli del loro moto apparente non potevano che essere spiegati tramite il sistema eliocentrico di Copernico. Fig.5 - Fotosfera in periodi a differente attività solare. Le ricerche sulle macchie solari segnarono il passo per la maggior parte del XVII e l'inizio del XVIII secolo, perché a causa del Minimo di Maunder quasi nessuna macchia solare fu visibile per molti anni. Ma dopo la ripresa dell'attività solare, Heinrich Schwabe poté riportare nel 1843 un cambiamento periodico nel numero delle macchie solari, che sarebbe poi stato chiamato il ciclo undecennale dell'attività solare. Quarta stazione: la Cromosfera All’esterno della fotosfera troviamo la cromosfera, di colore rossastro e composta sostanzialmente da idrogeno. Difficile da osservare data l’adiacenza all’abbagliante fotosfera, le migliori occasioni si presentano durante le eclissi totali di Sole. I gas della cromosfera non sono distribuiti uniformemente come quelli presenti nell’atmosfera di un pianeta, ma sono concentrate nelle regioni che circondano le macchie solari, formando dense nubi di gas chiamate facole. Altrove, i gas si concentrano in fiamme sottili e luminose, dette spicole, strette lingue fiammeggianti che si innalzano fino a 10000 Km dalla fotosfera per più di 5 minuti. Dalla cromosfera vengono spesso iettate nello spazio gigantesche masse di gas incandescente chiamate protuberanze, lunghe mediamente più di 100000 Km (Fig.6). Fig.6 – Protuberanze che assumono forma “ad anello” se distorte dal campo magnetico solare. Alcune tra le più spettacolari protuberanze formano giganteschi archi che seguono il campo magnetico solare e raggiungono temperature superiori a 10000 °C. Le protuberanze si classificano in: eruttive (o attive) caratterizzate da estrema violenza e breve durata oppure, quiescenti se hanno attività moderata e perdurano per diverse settimane. Fig.7 – Fotosfera e cromosfera ripresa con camera digitale CCD. Altro fenomeno che coinvolge la cromosfera sono i brillamenti (Fig.8) ovvero improvvise emissioni di energia che riscaldano e accelerano la materia presenza nell’atmosfera solare, scagliando verso la Terra grandi quantità di radiazioni e particelle cariche che possono provocare effetti significativi sulle nostre attività, esempio interferenza con le trasmissioni radio. Fig.8 – Brillamento solare Possono inoltre costituire una minaccia per gli astronauti impegnati in missioni spaziali. Verso l’infinito: la Corona e Vento Solare Siamo giunti alla fine del nostro viaggio; ci troviamo nella regione più esterna ed indefinita della nostra stella: la corona solare. La corona solare si estende per milioni di raggi solari senza avere un confine netto, ma sfumato via via nell’ambiente interplanetario con una densità che diminuisce all’aumentare della distanza dal Sole. Ha una temperatura che, paradossalmente, di aggira attorno al milione di gradi; fenomeno spiegabile o mediante l’ipotesi di “terremoti solari” simili a quelli terrestri che provocano la formazione e propagazione di onde di diversa natura (non solo di tipo acustico ma anche quelle che coinvolgono campi elettromagnetici) che dissipano la loro energia nella corona solare innalzandone la temperatura; oppure la seconda spiegazione arriva dell’ipotesi detta presenza nella corona solare di giganteschi archi di plasma, i cosiddetti “archi coronali”, entro i quali girano correnti molto intense che producono calore tramite “effetto Joule”. La corona viene divisa in tre zone: La prima e più interna che si estende per circa un milione di Km dalla fotosfera; caratterizzata da un’emissione a spettro continuo causata dalla diffusione della luce fotosferica da parte del plasma Seconda zona estesa fino a due milioni di Km e caratterizzata da righe di assorbimento (righe Fraunhofer) Ultima zona che sfuma nello spazio e tocca l’orbita terrestre; spettro caratterizzato da tipiche righe d’emissione di atomi fortemente ionizzati (Ca e Fe) a causa delle elevate temperature Inoltre la corona non ci mostra sempre lo stesso aspetto, la sua forma varia con il passare del tempo e risente molto dell’attività solare. Molto simmetrica durante i periodi di massima attività, schiacciata sul piano equatoriale nei periodi di minimo. Ciò si spiega con l’influenza del campo magnetico sulla materia allo stato di plasma: le linee di campo, distorcendosi a causa della rotazione differenziale, formano una matassa che si aggroviglia attorno ai poli, quindi periodi di minima attività e corona schiacciata ai poli; matassa che a causa delle “pressioni magnetiche” esplode ed “uniformizza” la distribuzione della corona attorno al Sole (periodo da massima attività solare). Inoltre, a causa delle altissime temperature, la corona solare è un’importante sorgente di raggi X, studiata con la messa in orbita della sonda Skylab. Per concludere, come una sorta di evaporazione, dal Sole fluisce nello spazio una corrente di particelle cariche, principalmente elettroni e protoni, che riescono a sfuggire, grazie all’altissima temperatura, al campo gravitazionale solare e che danno origine al famoso vento solare. Tale vento interagisce con i campi magnetici dei pianeti distorcendoli e conferendo loro una tipica forma “a goccia”: schiacciandoli dalla parte rivolta al Sole, e allungandoli dalla parte opposta (Fig.9). Fig.9 – Distorsione del campo magnetico terrestre da parte del vento solare. Le particelle del vento solare che arrivano in prossimità della Terra vengono deflesse dal campo magnetico terrestre; quelle con maggior energia penetrano negli strati più alti dell’atmosfera ed interagendo con gli atomi che la compongono danno vita alle famosissime aurore. In breve, le aurore (boreali o australi, a seconda dell'emisfero in cui si verificano) sono formate dall'interazione di particelle ad alta energia (in genere elettroni) con gli atomi neutri dell'alta atmosfera terrestre. Queste particelle possono eccitare (tramite collisioni) gli elettroni di valenza dell'atomo neutro. Dopo un intervallo di tempo caratteristico, tali elettroni ritornano al loro stato iniziale, emettendo fotoni. I particolari colori di un'aurora dipendono da quali gas sono presenti nell'atmosfera, dal loro stato elettrico e dall'energia delle particelle che li colpiscono. L'ossigeno atomico è responsabile del colore verde, l'ossigeno molecolare per il rosso, mentre azoto causa il colore blu. Viaggi reali…alla scoperta del Sole!!! Ma non esistono solo viaggi immaginari, molti sforzi furono compiuti da scienziati nel secolo scorso per mandare in orbita sonde e satelliti per meglio studiare l’intima natura del nostro Sole. I primi satelliti progettati per osservare il Sole furono i Pioneer 5, 6, 7, 8 e 9 della NASA, lanciati tra il 1959 e il 1968. Queste sonde orbitarono attorno al Sole ad una distanza simile a quella dell'orbita terrestre ed effettuarono le prime misure dettagliate del vento solare e del campo magnetico. La sonda Pioneer 9 operò per molto tempo, trasmettendo dati fino al 1987. Negli anni '70 la sonda Helios 1 e lo Skylab fornirono nuovi e significativi dati sul vento solare e sulla corona solare agli scienziati. Il satellite Helios 1 fu una joint-venture tra gli USA e la Germania e studiò il vento solare attraverso un'orbita passante all'interno del perielio di Mercurio. Skylab effettuò le prime osservazioni della regione di transizione solare e le emissioni ultraviolette della corona solare. Vennero osservate le prime emissioni di massa e i buchi della corona solare. La NASA lanciò nel 1980 la Solar Maximum Mission, costituita da una sonda progettata per osservare le radiazioni ultraviolette, di raggi gamma e raggi X provenienti dai flare solari durante un periodo di alta attività. Tuttavia, dopo qualche mese di operatività un guasto elettronico fece entrare la sonda in modalità di standby e rimase in questo stato inattivo nei successivi tre anni. Nel 1984 la missione STS-41C dello Space Shuttle Challenger riparò il guasto e la sonda acquisì migliaia di immagini della corona solare prima di rientrare nella atmosfera terrestre nel Giugno 1989. Il satellite giapponese Yohkoh venne lanciato nel 1991 e osservò i flare solari alle lunghezze d'onda dei raggi X. I dati raccolti permisero di identificare diversi tipi di flare e dimostrarono che la corona solare, anche nei periodi diversi da quelli di massima attività, è più attiva e dinamica di quanto non si supponesse. La sonda entrò in una modalità di standby quando una eclissi nel 2001 le fece perdere l'orientamento verso il sole e venne distrutta dal rientro atmosferico nel 2005. Queste sonde hanno effettuato osservazioni dettagliate delle regioni equatoriali del Sole, siccome le loro orbite erano situate sul piano dell'eclittica. La sonda Ulysses venne invece progettata per studiare le regioni polari; venne lanciata nel 1990 e diretta prima verso Giove in modo da sfruttare l'effetto di fionda gravitazionale del pianeta ed allontanarsi dal piano eclittico. Per una interessante coincidenza, la sonda si trovò in un buon punto per osservare la collisione della cometa ShoemakerLevy 9 con Giove nel 1994. Una volta nell'orbita prevista, iniziò le osservazioni del vento solare e dell'intensità del campo magnetico. A differenza della fotosfera, ben studiata attraverso la spettroscopia, la composizione dell'interno del Sole è poco conosciuto. La missione Genesis di prelievo del vento solare fu progettata per avere una misura diretta della composizione del materiale solare. La sonda rientrò sulla terra nel 2004 ma fu danneggiata dall'atterraggio a causa di un guasto al paracadute. Si riuscì comunque a recuperare alcuni campioni dai resti del modulo della sonda e attualmente sono sotto analisi. Una particolare parentesi va aperta per la missione spaziale SOHO (Solar and Heliospheric Observatory) nata con un accordo sottoscritto tra NASA ed ESA (Agenzia Spaziale Europea). La missione aveva lo scopo non solo di approfondire le conoscenze riguardo corona e superficie solare, ma di ascoltare e registrare “il canto del Sole”, ovvero movimenti ritmici della superficie solare prodotti dalle riflessioni delle onde sonore all’interno del nostro astro. Queste oscillazioni hanno delle frequenze ben definite, come fossero note musicali, e una solo analisi offre nuove ed importanti informazioni sulla struttura del Sole stesso, soprattutto sul suo campo magnetico responsabile delle macchie solari e del loro ciclo di 11 anni. SOHO fu lanciato il 2 Dicembre 1995 con il vettore ATLAS-IIAS nel punto Lagrangiano #1 (punto nello spazio dove attrazione gravitazionale solare e terrestre si controbilanciano) a 1.5 milioni di Km dalla Terra e 150 milioni di Km dal Sole. Tecnicamente SOHO pesa 1610 Kg (di qui 240 Kg di propellente e 650 Kg di strumentazioni scientifiche); composto di due moduli principali: il modulo di servizio che provvede al rifornimento di energia, al controllo termico, al puntamento e alle telecomunicazioni con la Terra, oltre a fare da supporto ai pannelli solari. Fig.10 – La strumentazione di SOHO Il secondo modulo sistemato sopra al primo provvede a stivare tutti gli strumenti scientifici (Fig.10): Global Oscillations at Low Frequencies (GOLF) => misura la velocità e la variazione del disco solare per analizzare il nucleo solare. Variability of Solar Irradiance (VIRGO) => misura le oscillazioni del disco solare e a bassa risoluzione analizza il nucleo. Michelson Doppler Imager (MDI) => misura la velocità del campo magnetico della fotosfera per meglio comprendere le zone convettive che formano gli strati interni del Sole e controllano la struttura della corona. Solar UV Measurement of Emitted radiation (SUMER) => misura temperatura e densità dei flussi di plasma della corona. Coronial Diagnostic Spectrometer (CDS) => misura temperatura e densità dei flussi di plasma della corona. Extreme UV Imaging Telescope (EIT) => studia la bassa corona, la sua struttura e la sua attività. UV Coronagraph and Spectrometer (UVCS) => misura densità e temperatura della corona. Large Angle Spectrometer Coronagraph (LASCO) => studia le strutture e l'evoluzione della corona. Solar Wind Anisotropies (SWAN) => utilizza un telescopio sensibile alle diverse lunghezze d'onda dell'idrogeno per poterne misurare il flusso solare uscente con il vento solare. Viene utilizzato anche per mappare la eliosfera e per osservare le strutture a larga scala del vento solare. Charge, Element, Isotope Analysis (CELIAS) => studia la composizione ionica del vento solare. Suprathermal & Energetic Particle Analyser (COSTEP) => studia la composizione degli ioni e degli elettroni del vento solare. Energetic Particle Analyser (ERNE) => studia la composizione degli ioni e degli elettroni del vento solare. F ig.11 – Immagini della corona solare da SOHO Destino del Sole e del suo “regno” E’ ora giunto il momento di affrontare il momento più tragico che aspetta il nostro Sole, ovvero la sua “morte”. Si ricordi che la vita di una stella verte sul delicato equilibrio tra la forza gravitazionale, che tenderebbe a far collassare tutto il sistema, e le reazioni di fusione termonucleari (innescate paradossalmente dalla prima forza) che, al contrario, farebbero espandere la stella nell’immensità del cosmo. Questo equilibrio, che dura sino all’esaurimento dell’idrogeno all’interno del nucleo, persiste nel nostro Sole da più di 4 miliardi di anni e continuerà per periodo altrettanto lungo. Ma prima o poi l’idrogeno nel nucleo finirà e il Sole, come tutte le stelle, inizierà la sua ultima fase di vita, fase diversa da stella a stella in quanto dipende dalla massa iniziale della stella stessa. Per capire meglio l’evoluzione stellare ci aiuteremo con il famoso diagramma H-R, diagramma che mette in relazione la luminosità di un astro (espressa in magnitudine assoluta) con la sua temperatura. Come si vede dalla figura sotto riportata, il digramma evidenzia una diagonale principale, detta appunto sequenza principale, e due “isole”: in alto a destra a rappresentare le giganti rosse ed in basso a sinistra a rappresentare la zona della nane bianche. Diagramma HR (posizione del Sole) Attualmente il Sole si trova a metà della sequenza principale e ci resterà per altri 4 miliardi di anni. All’esaurirsi dell’idrogeno la gravità, non più bilanciata dalle reazioni nucleari, prenderà il sopravvento e il nucleo (e solo lui!) subirà una prima contrazione. Come ogni gas che si rispetti, la contrazione ne provocherà un riscaldamento e il calore sviluppato porta ad una espansione degli strati di idrogeno sovrastanti. Il Sole tenderà ad aumentare il suo raggio fino ad inghiottire l’orbita di Mercurio e forse Venere, il suo colore virerà da giallo a rosso e la sua vicinanza renderà quasi impossibile la vita sulla Terra. Il Sole è ora nella fase di Gigante Rossa (e si sposterà in alto a destra nel diagramma H-R). Nel nucleo collassato, grazie all’innalzamento improvviso di temperatura, si riaccenderà, ma solo come un ultimo grido, la fornace nucleare dando inizio alla fase chiamata “helium flash” ovvero la fusione dell’elio in carbonio che coinvolge solo la parte più interna del nucleo. Dopo quest’ultima fiammata il Sole subirà un’ulteriore contrazione che darà come risultato finale la formazione di una nana bianca con conseguente nebulosa planetaria, ovvero un alone di gas espansi che brillano nel cosmo grazie a meccanismi di eccitazione-riemissione provocati da fotoni emessi dalla stella centrale. Una nana bianca è un oggetto molto denso che brilla in cielo grazie al calore emanato dalla sua caldissima superficie (non esiste nessun meccanismo interno di produzione dell’energia). Secondo le più fondate previsioni, la nana bianca che nascerà dal Sole avrà un diametro di circa 15000 Km e sarà così circa 100 volte più piccolo delle dimensioni attuali ma con una temperatura superficiale 10 volte maggiore. Dato che la luminosità di una stella è proporzionale al quadrato del suo raggio e alla quarta potenza della sua temperatura, la nana bianca che resterà avrà comunque una luminosità paragonabile a quella del Sole originale. Infine, una nana bianca è inevitabilmente destinata a spegnersi, vagare nello spazio in modo invisibile disperdendo giorno dopo giorno l’aureola di gas che ne formavano, in primis gli strati più esterni e successivamente la nebulosa planetaria. Un fenomeno spettacolare: l’eclissi di Sole Un'eclissi solare è causata dall'oscuramento, visto dalla Terra, dell'intero disco solare da parte della Luna. Si verifica quando la Luna è in fase di Luna Nuova. Si tratta di un fenomeno piuttosto raro: Sole, Luna e Terra devono essere perfettamente allineati in quest'ordine; ciò è possibile solo quando la Luna, la cui orbita è inclinata di cinque gradi rispetto all'eclittica, incrocia quest'ultima in un punto detto nodo. Quando il nodo si trova tra la Terra e il Sole, l'ombra lunare passa sulla superficie terrestre e si ha un'eclissi solare. A causa del suo moto ellittico intorno alla Terra, la Luna può causare due differenti eclissi: Eclissi anulare => quando la Luna si “sbilancia” verso il Sole e il suo disco non copre totalmente il disco solare. Eclissi totale => quando il disco lunare copre totalmente il disco solare rendendo visibile da occhio nudo la corona. Un’eclisse totale è qualcosa che si verifica solo in un ben determinato luogo, tutt’intorno esiste una zona molto ampia dove il disco solare viene occultato solo parzialmente (eclissi parziale). Fig.12 – Disegno di un’eclisse Fasi di un'eclissi totale: primo contatto => la Luna passa sul disco solare. secondo contatto => anello di diamante in entrata. Totalità => a seconda della posizione relativa osservatore-Luna, da pochi secondi ad un max di 7 minuti). terzo contatto => fine totalità, anello di diamante in uscita. quarto contatto => la Luna esce dal disco solare. Fig.13 – Eclisse TOTALE Eclisse ANULARE “Strani” effetti atmosferici Concludiamo questa breve panoramica solare passando in rassegna alcuni tra i più importanti fenomeni atmosferici che vedono protagonista, direttamente o indirettamente, il nostro astro. Tutto è comunque spiegabile grazie a tre leggi dell’ottica classica: diffusione, rifrazione e riflessione. Per esempio, vi siete mai domandati perché il cielo sia di colore azzurro? Tutto è riconducibile a un fenomeno ottico chiamato DIFFUSIONE ovvero, come dice la parola, la luce che inizialmente si muove ordinata in linea retta dal Sole a noi, incontrando molecole ed aerosol dell’atmosfera viene diffusa in tutte le direzioni. Ma, come dimostrò Newton nella prima metà del 1700 con il suo famoso prisma, la luce “bianca” e’ un mix di milioni di colori che vanno dal rosso al viola, passando per l’arancione, il giallo, il verde e il blu; e come dimostrò Maxwell alla fine del 1800, la luce non è altro che un caso particolare di onda elettromagnetica ed ogni colore è caratterizzato da una ben precisa frequenza, esempio: il Rosso ha una frequenza di 0.72µm, il Verde 0.52µm mentre al Violetto 0.42µm. Le molecole dell’aria diffondono (per la legge di Rayleigh) prevalentemente la luce blu ed ecco perché il cielo ci appare di questo colore. Ma se i raggi di luce incontrano una nube densa, quindi un aerosol acquoso, le molecole d’acqua, grandi e molto ravvicinate, diffondono la luce in eguale modo, indipendentemente dalla lunghezza d’onda, ecco il motivo del perché le nubi ci appaiono bianche. Altra domanda: perché il sole all’alba o al far del tramonto assuma una colorazione rosso-arancio mentre a mezzogiorno ci appare di un giallo vivo? La risposta va cercata nel fenomeno noto come RIFRAZIONE ovvero, la deviazione che subisce un raggio luminoso passando attraverso due mezzi di differente densità: passando da un mezzo meno denso ad uno più denso (es. aria-acqua) il raggio tende ad avvicinarsi alla normale alla superficie, viceversa nel passaggio da un mezzo più denso ad uno meno denso (es. acqua-aria) il raggio tende ad allontanarsi dalla normale alla superficie di separazione dei due mezzi. Inoltre, di quanto viene deviato un raggio luminoso dipende dalla sua lunghezza d’onda, ovvero dal suo colore. Quindi, all’alba e al tramonto un raggio solare deve attraversare uno strato di atmosfera più spesso rispetto a quello attraversato a mezzogiorno, di conseguenza i raggi crepuscolari sono maggiormente deviati se paragonati a quelli di mezzodì, inoltre, dovendo fare più strada al crepuscolo, la componente blu/viola viene completamente assorbita (e quindi persa) dalle molecole atmosferiche; il risultato è un Sole rosso-arancio con intorno un fiammante cielo che ne fa da cornice le cui tonalità dipendono fortemente dalla composizione chimica dell’aria (presenza di pulviscolo, vapor acqueo, inquinanti, ecc) Infine, dopo un temporale estivo, perché si forma l’arcobaleno? Meteora che impegnò l’intelletto umano sin dai tempi di Aristotele, arrivando a Cartesio, Newton e Maxwell. Fenomeno che si manifesta quando il Sole è alle spalle di un osservatore che vede davanti a sé una nube dalla quale stia cadendo pioggia. Il fenomeno è dovuto ai processi di rifrazione e riflessione che il raggio solare subisce quando penetra in una gocciolina d’acqua in sospensione nell’atmosfera. Il più comune è l’arcobaleno primario, con il ROSSO come colore esterno e VIOLETTO come bordo interno. In questo caso il raggio solare, una volta entrato nella goccia di pioggia, viene riflesso UNA sola volta dal fondo della goccia stessa prima di riemergere nell’aria. Arcobaleno Se il raggio subisce DUE riflessioni prima di uscire dalla goccia di pioggia, allora si forma un arcobaleno secondario, esterno al primario e decisamente meno luminoso, separato da questo da una zona più scura chiamata “banda d’Alessandro” (in onore di Alessandro di Afrodisia, commentatore di Aristotele, che per primo nel 200 d.c. ne evidenziò l’esistenza) e con la sequenza dei colori invertita rispetto al primario. Infine, la lunghezza dell’arco decresce e si allontana verso l’orizzonte via via che il Sole si innalza nel cielo. Ecco perché il fenomeno si osserva soprattutto al mattino o nel tardo pomeriggio. Osserviamo il Sole Dopo questa breve introduzione sulla fisica interna del Sole, sulle attività eruttive/esplosive sulla sua superficie e svelato i “segreti” di alcuni fenomeni atmosferici di cui il Sole si rende responsabile, non resta che osservarlo! Ma ATTENZIONE!!! Con il Sole NON si scherza!!! Mai osservarlo direttamente ad “occhio nudo”, tanto meno con binocoli, telescopi, macchine fotografiche o ogni genere di strumento ottico senza le dovute protezioni. Per l’osservazione ad “occhio nudo” usare sempre appositi filtri (es. vetri blu al cobalto per saldatore) o pellicole fotografiche annerite. Per l’osservazione al telescopio munirsi sempre degli appositi filtri, acquistabili in negozi o centri specializzati; evitare soluzioni “fai-da-te”, il più delle volte approssimate ed insicure! Ricordate: nel dubbio domandate ad un esperto! La sicurezza prima di tutto!!! Ed ora non mi resta che augurare: BUONA OSSERVAZIONE!!!