girolamo anatomia lez 1

annuncio pubblicitario
APPARATO CIRCOLATORIO O CARDIOVASCOLARE Il termine “vascolare” non è completo, perché si tratta di un apparato in cui c’è un sistema di tubi chiusi all’esterno in cui circolano dei fluidi rappresentati sia dal sangue sia dalla linfa e una pompa centrale: il cuore. Il sistema si è evoluto per trasportare sostanze energetiche in tutti quegli orga‐
nismi la cui mole somatica impedisce che la diffusione dall’esterno raggiunga tutte le cellule. L’essenziale funzione dell’apparato cardio‐vascolare è quella di trasporto di molteplici sostanze. Elenco funzionale: ‐
‐
‐
‐
‐
‐
‐
‐
‐
acqua: il sangue è formato per la maggior parte di acqua, fondamentale per la vita; ioni; sostanza energetiche: glucosio e altri tipi di esosi, pentosi, amminoacidi...; ma anche cataboliti ossigeno: contenuto nell’aria ambiente viene trasferito tramite i polmoni ai globuli rossi che circolano nel sangue. Questo sangue circolando si porta negli organi che hanno bisogno di os‐
sigeno (le cellule possono sopravvivere solo ed esclusivamente se c’è dell’ossigeno, alcune muoiono dopo pochi minuti, altre possono durare ore); anidride carbonica messaggi ormonali; cellule del sangue. Le cellule circolanti del sangue sono tante. Non vengono trasferite le pia‐
strine o i globuli rossi: sono i globuli bianchi che vengono trasferiti ad esempio verso i tessuti che sono sede di infiammazione. Ad esempio in seguito ad un taglio è necessario che ci sia l’infiammazione per la rigenerazione la cute (la presenza di un numero limitato di neutrofili è benefica); se la ferita però si infetta, a livello del taglio sono presenti batteri. Vengono trasferi‐
te quindi le cellule immunocompetenti. Patogeni. Con questo temine si intende tutta la classe dei potenziali aggressori dell’organismo umano (batteri, virus, prioni, funghi...). Sostanze tossiche. Proteine di batteri (tossina botulinica) o altri organismi (veleno insetti o serpenti) Ad esempio le medicine sono potenzialmente tossiche: ad una dose stabilita possono essere benefiche, ma a dosi doppie o triple (che non sono molto lontane da quella terapeuti‐
ca), possono diventare sostanze tossiche. Calore. Questo è evidente quando fa caldo e quando fa freddo. Quando fa caldo la cute è mol‐
to irrorata; questo serve a trasferire calore alla superficie della cute che deve essere poi di‐
sperso per irraggiamento. Se poi si stratifica il sudore, la sua evaporazione (dovuta al calore sottostante) allontana calore. Viceversa avviene quando fa freddo, quando per conservare in ‐
vita gli organi nobili (cuore, cervello e reni) è necessario conservare calore, che viene quindi sottratto alle cellule della cute. Quando fa freddo quindi la cute è la parte più fredda perché ri‐
ceve meno sangue per un certo periodo (i tessuti non muoiono) e così il sangue rimane caldo perché circola all’interno. Grazie alla grande pressione arteriosa vi è pure una funzione meccanica di mantenimento del turgore dei tessuti che contrasta la gravità e per quanto concerne la cute, rende più bello il corpo umano Questo apparato è formato da due sezioni: 

APPARATO VASCOLARE SANGUIFERO in cui tutti i vasi contengono SANGUE; è formato da: 1. CUORE, l’organo propulsore, che imprime una forza sotto forma di pressione al sangue, che quindi così può circolare; il corpo umano è molto grande rispetto ad altri organismi (celen‐
terati, vermi...) quindi è necessario che tutte le cellule siano fornite, ma ci sarebbero delle barriere troppo grandi alla diffusione dei nutrienti e dell’ossigeno dai polmoni alla punta del piede ad esempio (la distanza di diffusione attraverso le barriere cellulari dell’ossigeno è all’incirca di 40 μm). Pertanto si è sviluppato questo sistema in cui delle zone forniscono i nutrienti, altre zone forniscono l’ossigeno, il sangue poi raccoglie queste sostanze e le di‐
stribuisce più o meno equamente a tutti gli organi. Per fare ciò è necessaria una pompa, il cuore. In realtà il cuore è formato da due pompe poste in parallelo. Ha: ‐ quattro cavità; ‐ una parete che riveste tutte e quattro le cavità, che è sempre la stessa. Dall’esterno all’interno è formata da: pericardio, miocardio ed endocardio. 2. VASI SANGUIFERI. Vengono distinti in tre grandi settori con funzione diversa: ‐ arterie: sistema di tubi in cui il sangue viaggia in direzione centrifuga, cioè si allontana dal cuore; ‐ vene: vasi in cui il sangue viaggia in direzione centripeta, cioè ritorna al cuore dopo a‐
ver circolato negli organi; ‐ capillari: sistema di vasi a parete sottile presenti in vicinanza delle cellule dei tessuti; sono la porzione più importante in cui avvengono gli scambi tra liquidi extracellulari, quindi linfa, e liquidi endovascolari, essenzialmente plasma. APPARATO VASCOLARE LINFATICO, in cui è contenuta la LINFA, un ultrafiltrato del plasma che ha un sistema proprio di raccolta. La linfa torna nuovamente nel sangue tramite alcuni collet‐
tori che sboccano nelle vene alla base del collo. Nell’apparato vascolare linfatico esistono: 1. CAPILLARI LINFATICI; 2. DOTTI LINFATICI; 3. DOTTI COLLETTORI. L’apparato linfatico è solo centripeto, cioè raccoglie la linfa dai tessuti, la quota della linfa che non è stata raccolta dalle venule post‐capillari. In questa maniera i liquidi non si accumulano nei tessuti. Quando i linfatici non funzionano per un blocco, un tumore o altro, si accumula li‐
quido soprattutto nelle parti declivi (ad esempio gli anziani spesso hanno le caviglie e i piedi gonfi a causa di un accumulo di linfa perché non funziona più il sistema di drenaggio sia venoso sia linfatico oppure nella elefantiasi ove alcuni parassiti Wuchereria bancrofti e Brugia malayi o‐
struiscono i linfatici –filariosi) Il sistema cardiocircolatorio è stato uno dei primi ad essere studiato. È fondamentale per lo studio della medicina. William Harvey a Cambridge aveva già descritto nel 1628 questo apparato così come si conosce oggi. Egli l’aveva studiato iniettando delle sostanze resinose nel sistema vascolare, e studiando poi il calco dall’interno dei vasi sanguigni. Aveva già capito che il cuore è una pompa motrice (e non la sede dell’anima) muscolare che spingeva il sangue allontanandolo e poi avvicinandolo come forza aspirante tramite le vene. Nei disegni il colore delle arterie nel circolo sistemico è rosso, perché il sangue che in esse circola è di un rosso rutilante. Il sangue che di solito esce dalle ferite non è di colore rosso rutilante, perché si tratta di sangue che ha già perso l’ossigeno, ossia deossigenato, ed è pertanto di un colore ros‐
so‐bluastro, marroncino. Il sangue ossigenato invece è nettamente rosso, perché il legame dell’ossigeno all’emoglobina fa cambiare lo stato del ferro e questo fa virare lo spettro di assorbimento dell’emoglobina verso il rosso –lunghezza d’onda oltre 500nm. Il cuore si divide in cuore destro e cuore sinistro. È costituito da quattro camere cardiache. Il cuore è una pompa accoppiata, ma in realtà è il motore di due circoli distinti: ‐
‐
la CIRCOLAZIONE SISTEMICA (grande circolo) che irrora tutti gli organi dell’organismo; la CIRCOLAZIONE POLMONARE (piccolo circolo) che irrora solo il polmone. Le funzioni dei due circoli sono complementari ed essi si riuniscono (essendo posti uno di seguito all’altro) a livello del cuore. Il circolo polmonare inizia dal ventricolo destro tramite un tronco arterioso che si chiama tronco comune dell’arteria polmonare che è breve e che poi si divide nelle due arterie polmonari di de‐
stra e di sinistra che irrorano il polmone. Il sangue che circola nell’arteria polmonare è povero di ossigeno e va al polmone per ossigenarsi: c’è una rete di arterie che si ramificano ripetutamente e alla fine c’è una rete di capillari che avvolgono gli alveoli polmonari. La parete degli alveoli dei ca‐
pillari è sottile e l’ossigeno può passare da dentro l’aria alveolare, attraverso le barriere, fino al sangue, a livello del quale viene disciolto raggiungendo il globulo rosso. Il globulo rosso si arricchi‐
sce così di ossigeno e cede l’anidride carbonica. Questa rete di capillari si versa in una rete di vene, che poi tornano verso il cuore. Il sangue ossi‐
genato attraverso queste vene torna all’atrio sinistro del cuore, passa nel ventricolo sinistro e qui comincia la grande circolazione. Dal ventricolo sinistro nasce l’arteria aorta, l’arteria maggiore dell’organismo umano che distribuisce, tramite numerosi rami, il sangue ricco di ossigeno a tutti gli organi, compreso il polmone (arterie bronchiali). Si crea poi una rete di capillari a livello degli or‐
gani, che viene drenata (il sangue viene ricatturato) dalle vene: una sottodiaframmatica, la vena cava inferiore e una sopradiaframmatica, la vena cava superiore. Si torna quindi nuovamente all’atrio destro. Dal ventricolo destro origina poi il circolo polmonare. In entrambe le circolazioni le arterie hanno alcune caratteristiche. In entrambe le circolazioni le arterie aumentano di numero allontanandosi dal cuore (mediante l’emissione di collaterali) mentre il loro calibro progressivamente decrementa. Una arteria quando termina, invece di emettere collaterali, si biforca con un angolo di circa 60° (p.es. le arterie iliache per l’aorta) in due arterie figlie terminali di pari calibro tra loro (circa il 76% del calibro di origine). Mentre le arterie collaterali sono arterie emesse all’incirca ad angolo retto (con calibro inferiore al 50% dell’origine). Durante il suo percorso e la suddivisione nelle varie arterie, il diametro delle arterie figlie, collate‐
rali emesse, si riduce progressivamente. Questo significa che il sangue viene distribuito a tutti i tessuti. Si assiste ad un decremento della velocità di flusso da aorta alle sue collaterali e terminali La sezione trasversa dell’aorta ha una data area (considerando ad esempio che il diametro di una persona di 70 kg è di circa 30‐32 mm, si può calcolare circa 7 cm2). Se noi facciamo la somma di tutte le aree delle arterie che vengono emesse, il risultato è un’area ben più grande di quella dell’aorta al massimo del suo calibro, quindi la sezione trasversa totale ideale aumenta progressi‐
vamente fino alle venule post‐capillari, poi decrementa di nuovo quando le vene convergono a formare vene di calibro progressivamente maggiore ma in numero minoe rispetto alle vene paren‐
tali dalle quali originano. Questo incremento dell’area totale e quindi la distribuzione del sangue nei vari organi, fa diminui‐
re la pressione: vicino al cuore la pressione del sangue è alta. Se si fora l’aorta in vicinanza del cuo‐
re, il sangue fuoriesce ad altissima pressione, quindi ad alta velocità e quindi il dissanguamento è rapido (un colpo d’arma da fuoco sull’aorta è mortale entro pochi secondi, a livello dell’arteria fe‐
morale risulta mortale in alcuni minuti, mentre a livello di una vena può non essere letale, se si comprime la ferita in quanto si perde lentamente sangue e la compressione facilita la formazione del coagulo). Sia la velocità che la pressione diminuiscono man mano che ci si allontana dal cuore. Inoltre si assi‐
ste ad una diminuzione dello spessore della parete. La parete di arterie, vene e capillari, è formata da cellule e quindi da tessuti interposti. Lo spessore della parete è massimo dove le forze sono notevoli, cioè dove la pressione è alta, e va via via de‐
crementando, fino a diventare molto esile, anche per motivi funzionali. Nei capillari e nelle venule post‐capillari la parete sottilissima e talvolta discontinua ha la funzione di favorire gli scambi di li‐
quidi e cellule . Dimensioni vasali Alcuni dati quantitativi medi (non saranno chiesti all’esame): in una persona adulta sana di circa 70 kg l’aorta ha 17 mm di raggio e 1,1 mm di spessore, quindi all’incirca 1/15 del lume globale del va‐
so è occupato dallo spessore della parete. Nelle arterie di medio calibro invece il rapporto scende a 1/5, mentre nelle arteriole è 1/2. Quindi man mano che il calibro diminuisce, la parete assume una maggiore importanza sul calibro esterno del vaso, anche se in termini assoluti lo spessore del‐
la parete diminuisce (da 1 mm a 10 μm). Le due misure non si comportano però alla stessa manie‐
ra: la parete deve essere completa e spessa finche la pressione è alta > di 15 mmHg, poi diventa sottilissima o discontinua. I vasi sono moltissimi. Le arterie iniziano, nel circolo sistemico, con un grosso vaso che si chiama aorta. Questa emette altre arterie collaterali che a loro volta si dividono in altre arterie con calibro progressivamente decrescente. In periferia cioè nei tessuti che compongono i vari organi, ci sono all’incirca 4 milioni di arteriole, 16 milioni di capillari sanguiferi. Questi dati non sono frutto di con‐
te vere e proprie, ma sono stati effettuati dei calcoli: sono stati presi alcuni organi a campione, è stato misurato il numero di capillari e poi sono state eseguite delle moltiplicazioni sul volume che quell’organo occupa. Il numero di capillari che irrorano le cellule è molto grande perché deve sor‐
passare quella distanza di diffusione e consumo del gas nobile O2 che si deve avvicinare a tutti i tessuti, perché se non arriva abbastanza O2 per un tempo superiore al massimo grado di resisten‐
za di quel tessuto all’anossia, il tessuto muore. Questo concetto è molto importante in patologia, infatti 1/3 delle patologie umane sono legate a questo meccanismo: se si chiude un vaso, il tessuto a valle dell’ostruzione muore. La densità dei capillari in un tessuto è quindi perciò variabile, dipendendo dal consumo di O2 delle sue cellule, più sono avide di O2 più densa sarà la rete capillare (p.es. miocardio max distanza tra capillari 25 μm; SNC 40 μm; muscolo scheletrico 80 μm; cute 100 μm). Nell’organismo umano ci sono circa 4 milioni di venule post‐capillari che convergono formando vene di calibro crescente, il cui numero però è decrescente. Ad esempio da 100 capillari vengono drenati da 10 venule, queste convergono in una sola vena che esce dall’organo e giunge a livello di un’altra vena di calibro mag‐
giore che torna al cuore. Alla fine, quindi, il sangue di ritorno del circolo sistemico va a finire in due vene: la vena cava superiore, che drena tutti gli organi sopradiaframmatici (ad eccezione del cuo‐
re) e la vena cava inferiore, che raccoglie sangue refluo che ha perso ossigeno e si è arricchito di anidride carbonica e di sostanze di scarto dei metabolismi cellulari dagli organi sottodiaframmatici. L’aorta ha diametro di 30‐32 mm una sezione di 7 cm2. Le arteriole possono avere 10 μm di diame‐
tro e l’area totale di sezione è aumentata di 200 volte, quindi la pressione è calata molto. Ad e‐
sempio se quando il sangue viene eiettato (gettato con forza) nell’aorta ha una pressione di spinta di 120 mmHg; a livello delle arteriole questa pressione è già calata di molto, essendo 8‐12 mmHg, perché la sezione globale è aumentata. Il letto capillare e quello venulare, che sono i settori in cui avvengono gli scambi di fluidi e di gas, è di 4000 volte aumentato rispetto a 7 cm2, infatti a livello delle venule post‐capillari, la pressione è bassissima, di 4‐5 mmHg, e si abbassa ulteriormente nelle vene: nella vena cava inferiore è pari a 0 mmHg e il sangue progredisce grazie alla forza aspirante del cuore in diastole atriale e alla forza aspirante della inspirazione, ossia l’ingresso dell’aria nei polmoni. Le arterie e le vene aumentano di dimensione durante lo sviluppo, essendo costituite da cellule che possono duplicarsi, rilasciare sostanze e quindi incrementare lo spessore, la lunghezza e il cali‐
bro del vaso. Non esistono nell’organismo umano organi immutabili. Il tasso di questo ricambio però è molto variabile, ad esempio nell’encefalo il tasso di ricambio dei neuroni è molto basso, eppure esiste, a differenza della cute e dell’intestino in cui è molto più alto. In particolare le arterie subiscono uno slargamento durante l’invecchiamento, pertanto l’ecografista che deve misurare il calibro dell’aorta deve avere una tabella per gli individui di un determinato sesso e in base alle diverse età. Se durante l’invecchiamento le arterie subiscono uno slargamento, perché la pressione aumenta (una buona percentuale di anziani risulta ipertesa)? Questo dipende da un’altra componente, ossia che la parete delle arterie si indurisce. In seguito all’indurimento della parete, alcune arterie, inve‐
ce di allargarsi durante la sistole, rimangono scleroticamente dello stesso diametro e questo è causa di ipertensione poiché la parete è irrigidita per questo difetto di elasticità. C’è una diretta proporzionalità tra il calibro dei vasi maggiori e le dimensioni somatiche dell’animale, ad esempio nel topo l’aorta ha il suo massimo spessore di 2 mm, nella balena invece ha un diametro di 35 cm. Dinamica della circolazione Un gruppo di globuli rossi al tempo zero sono nel ventricolo sinistro. Dopo un secondo hanno sor‐
passato le valvole aortiche e si trovano nell’aorta. Compiono quindi il viaggio nell’aorta, arrivano all’arteria iliaca, prendono la femorale e poi finiscono ad irrorare la capsula articolare del ginoc‐
chio. Ciò che spinge questi globuli rossi così lontano è il cuore, che è l’organo propulsore. È essenzial‐
mente un muscolo, perché la parete, in particolare quella del ventricolo sinistro è per la maggior parte miocardica, quindi costituita da cellule muscolari striate cardiache. Per il 98% è il muscolo cardiaco che assicura il movimento del cuore. Un altro motivo per cui il sangue si sposta è che le arterie e le vene hanno una parete rivestita (come tonaca intermedia) di cellule muscolari lisce. Queste cellule con la loro contrazione possono garantire in piccola quota l’ulteriore movimento del sangue. Specialmente per le vene però questo può essere insufficiente, perché in questi vasi la pressione è bassa. Ciò che aiuta il sangue a progredire nelle vene, soprat‐
tutto in quelle vene che sono al di sotto del cuore e sul cui sangue grava una forza di gravità mag‐
giore che spinge verso il basso e non aiuta il ritorno venoso, è la contrazione dei muscoli scheletri‐
ci. Poiché le vene passano tra i vari muscoli e legamenti, questa contrazione “schiaccia” il sangue nelle vene. Questo perché le vene sono dotate di valvole e quindi, quella quota di sangue che è stata portata più in alto, non può refluire in basso perché la valvola si chiude grazie al sangue che riempie le sue tasche, il sangue rimane intrappolato in un segmento più alto. Pian piano, in questo modo, il sangue ritorna al cuore. Il cuore non è sempre contratto, altrimenti non ci sarebbe movimento: si contrae, spinge il sangue e questo implica lo svuotamento della cavità ventricolare, a questo punto si rilassa, la cavità au‐
menta di nuovo di dimensioni e il sangue atriale rifluisce dentro la cavità riempiendola. Il sangue fluisce nell’aorta solo quando c’è la contrazione, quindi il flusso è discontinuo. Però alle cellule non è sufficiente un flusso di sangue discontinuo, pertanto questo deve essere trasformato in un flusso continuo, laminare, ordinato e senza turbolenze. Questo avviene grazie alla presenza di ar‐
terie elastiche, che sono le arterie prossimali che nascono dal cuore (ad esempio aorta, carotidi, iliache). La parete di queste arterie si slarga al passaggio della massa di sangue. In diastole, la forza immagazzinata come allargamento delle fibre elastiche viene restituita alla massa sanguigna, quindi il flusso del sangue diviene un po’ meno discontinuo. Tant’è vero che all’arteria radiale ancora si sente un polso discontinuo del (che sarebbe la fluttua‐
zione del sangue). Il flusso diviene inizialmente meno discontinuo e infine laminare, a livello delle arteriole: i globuli rossi vicini alla parete del vaso, all’endotelio, sono molto lenti, mentre il flusso è più rapido al centro del vaso; dove è presente più attrito il flusso rallenta, dove ce n’è di più au‐
menta in quanto il sangue è molto viscoso. La viscosità è un’importante proprietà del sangue che rende il lavoro del cuore molto impegnativo. Le forze che governano il flusso sanguigno sono essenzialmente due: 

la pressione idrostatica (il peso della massa liquida grava per forza di gravità) che è minima al cuoio capelluto e massima alla pianta dei piedi; la pressione idrodinamica, che è quella garantita dalla contrazione del cuore. C’è un bilanciamento tra queste due pressioni. I 3/4 del volume del sangue, in posizione ortostatica (in piedi, diversa dalla clinostatica che rappre‐
senta la posizione sdraiata), si trova nelle vene, in particolare in quelle che hanno calibro inferiore ad 1 mm. Tutta questa massa di sangue deve poter tornare al cuore per garantire la circolazione, pertanto è importante che le vene siano dotate di muscolatura liscia, ma molte delle vene declivi si trovano vicino a fasci muscolari che schiacciano la parete delle vene e quindi assicurano una pro‐
gressione del sangue, favorita anche dalla presenza delle valvole. Le valvole sono simili a delle por‐
te che si aprono solo in una direzione. Anastomosi Molto spesso nel sistema vascolare ci sono delle anastomosi, cioè dei sistemi in cui due arterie vi‐
cine collaterali si inosculano, cioè entrano una nell’altra e portano il sangue da due punti diversi verso lo stesso tessuto. Questo è un meccanismo che garantisce l’apporto di sangue nel caso do‐
vesse ostruirsi o rallentare il flusso in una delle due arterie, in quanto c’è comunque l’altra che vi‐
caria la funzione che è andata perduta o ridotta. Esempio: l’arteria gastrica breve di destra si inoscula con l’arteria gastrica di sinistra ed entrambe irrorano la piccola curvatura dello stomaco. Questa è una anastomosi termino‐terminale. Nell’anastomosi trasversa invece il singolo vaso va al tessuto che deve irrorare, ma ad un certo punto del suo decorso si trova un vaso che collega le due branche di ciascun lato. Esempio: nella circolazione dell’encefalo, l’arteria cerebrale anteriore di destra e quella di sinistra sono unite da un breve tratto anastomotico che si chiama arteria comunicante anteriore. Anche qui lo scopo è garantire una vascolarizzazione sicura dell’organo, essendo l’encefalo un organo nobile molto importante. L’encefalo possiede anche altre anastomosi, p.es. le arterie comunicanti posteriori. Rapporti dei vasi sanguigni Questo è uno studio che dobbiamo fare individualmente individuando i rapporti dei vasi e osser‐
vandoli sull’atlante. In generale le arterie sono più profonde delle vene. In genere decorrono insieme, un’arteria può avere una o due vene satelliti che la proteggono dagli insulti esterni (cute, sottocute, fasce, even‐
tuali muscoli, dalla superficie alla profondità dove si trovano i vasi). Le vene sono più superficiali, ossia più vicine al sottocute e quindi alla cute, pertanto più aggredibili. Vi sono alcune eccezioni, di alcune arterie che sono superficiali, sottocutanee: 


l’arteria temporale superficiale (a livello della tempia); l’arteria occipitale; l’arteria epigastrica. Le arterie, pulsando, se passano vicino ad un osso lasciano un’impronta. Questa è una cosa abba‐
stanza interessante e la si può notare bene sulla prima costa (art succlavia), con le arterie menin‐
gee che stanno al di sotto della calotta cranica. Queste arterie lasciano un’impronta scavandosi un letto dentro l’osso. La stessa cosa vale per l’aorta, specie per l’aorta slargata dell’anziano che lascia un’impronta su tutti i corpi vertebrali sui quali passa; questo potrebbe essere anche un segno ra‐
diologico, infatti, vedendo i corpi vertebrali di sinistra deformati un radiologo dovrebbe pensare ad un grosso aneurisma dell’aorta discendente. Il tessuto osseo quindi, sentendo la pulsazione dell’arteria, vede un’attivazione degli osteoclasti, che contemporaneamente inibiscono gli osteo‐
blasti, e si ha una leggera escavazione dell’osso. Proprio come le gocce di acqua che cadono su una roccia e la corrodono nel tempo scavandosi una fossetta. Di solito insieme all’arteria ci sono una o due vene satelliti che si chiamano così proprio perché viaggiano insieme all’arteria (ad esempio l’arteria vertebrale ha due vene vertebrali che decorrono nel canale formato dai fori trasversali delle vertebre). Il fascio vascolo nervoso si definisce come un’arteria, le sue vene satelliti ed eventualmente il ner‐
vo che viaggia insieme ad esse, racchiusi in una guaina fibrosa che li protegge dai movimenti dei muscoli circostanti. E’ una struttura che si porta verso un organo per vascolarizzarlo o innervarlo; gli organi pieni possono avere un ilo, cioè una porta dell’organo, un punto dal quale entrano le ar‐
terie e i nervi effettori (informazioni motorie o eccitosecretrici) dell’organo ed escono vene e nervi che portano un’informazione sensitiva dall’organo (es. acidità dello stomaco, contenuto glucidico dell’ultimo pasto, ecc…) della quale non siamo coscienti. Le arterie e le vene decorrono accoppiate anche per il meccanismo di risparmio di calore o di scambio di calore. E’ chiaro che il sangue delle arterie è più caldo di quello delle vene perché quello delle arterie ha viaggiato solo all’interno dell’organismo, quello delle vene ha invece irrorato la cute, viaggiando sulla superficie dell’organismo e quindi si è raffreddato, non ha ceduto solo ossigeno e nutrienti, ma anche il calo‐
re, rendendo l’organo caldo cioè a 37°C, temperatura ideale per la cinetica delle reazioni enzimati‐
che del metabolismo. Se fa molto caldo le arterie cederanno molto più calore alle vene, così, cor‐
tocircuitando il sistema, si avrà molto meno caldo come sensazione complessiva. In una sezione trasversa di un fascio vascolo nervoso del collo è possibile vedere una guaina, per‐
ché il fascio si trova sotto il muscolo sternocleidomastoideo (la cui contrazione fa ruotare il capo). La più superficiale del fascio è la vena, in posizione mediale si trova l’arteria, posto interiormente si trova il nervo vago. Tutti e tre stanno insieme in una guaina fibrosa perché si trovano interposti Trachea Esofago Disco intervertebrale Midollo spinale tra i muscoli. Circolazione sanguigna L’aorta si divide in varie parti; una porzione ascendente fuoriesce direttamente dal ventricolo sini‐
stro si porta dapprima verso l’alto, in avanti, poi devia dopo pochi centimetri cambiando comple‐
tamente direzione e portandosi quindi indietro, in basso e a sinistra. Si crea una sorta di manico di ombrello, porzione chiamata arco aortico. Sulla superficie convessa di questo arco si trovano le emergenze di grossi vasi arteriosi che passeranno al collo per l’irrorazione degli organi del collo, ma anche degli organi del cranio (splan‐
cnocranio e neurocranio), sia per la com‐
ponente ossea e muscolare, ma anche per il contenuto in organi. In più si dipartono anche le coronarie, arterie nutritizie per il cuore stesso. Quindi, aorta ascendente, arco aortico, aorta discendente che si por‐
ta sulla linea mediana un po’ spostata a si‐
nistra direttamente verso il basso. Dal me‐
diastino superiore a quello inferiore, poi attraversa il diaframma e va all’addome (sempre poggiata alle vertebre). La parte discendente al di sopra del diaframma si chiama toracica, perché sta nella cavità to‐
racica, al di sotto del diaframma si chiama addominale perché si trova nella porzione addominale (niente di più facile!). Ovviamente il calibro decresce perché già sono state emesse numerose collaterali. L’aorta nasce dal ventricolo sinistro e da origine a tanti rami che irrorano vari organi, gli scambi avvengono a livello del letto capillare, poi il sangue ritorna attraverso le vene che si inosculano, cioè convergono l’una nell’altra, per formare le vene cave. Le vene cave sono due: superiore ed inferiore. Il sangue che ha vascolarizzato il miocardio, invece, non finisce nelle vene cave, il cuore, infatti, è l’unico organo che ha uno sbocco venoso diverso: il sangue deossige‐
nato viene riversato direttamente nell’atrio destro attraverso il seno coronarico. Il piccolo circolo nasce dal ventricolo destro come un tronco comune dell’arteria polmonare che si divide dopo un breve percorso di pochi centimetri in due rami attigui, emessi a 90°, uno va a de‐
stra al polmone destro, l’atro a sinistra al polmone sinistro. Il sangue ossigenatosi nel polmone viene raccolto da vene polmonari. Queste vene tornano all’atrio sinistro; il sangue ossigenato, ros‐
so, torna a sinistra tramite quattro vene (due dal polmone di destra, due dal polmone di sinistra). Per questo non è corretto dire che il sangue arterioso è sempre il sangue ossigenato e quello ve‐
noso deossigenato, poichè nel piccolo circolo, infatti, la situazione è esattamente opposta. L’omologia vale solo nella circolazione sistemica. L’inspirazione, cioè l’ingresso di aria nei polmoni, in prossimità degli alveoli polmonari, serve per genera‐
re un gradiente positivo di ossigeno, che ne tirà il passaggio nei globuli rossi; l’aria diventerà po‐
vera di ossigeno e verrà espirata per poi essere reimmessa. Quindi, l’apparato respiratorio e quello cardiovascolare sono strettamente connessi per questa funzione, ma anche per altre. Per respirazio‐
ne polmonare si intende proprio questo passaggio di gas. I gas sono due: l’anidride carbonica e l’ossigeno e viaggiano in direzione opposta. Gli alveoli polmonari, sacchetti pieni d’aria, hanno una parete sottilissima e all’esterno sono circondati da capillari sanguiferi pieni di globuli rossi che si devono arricchire di ossigeno e rilasciare l’anidride carbonica. CLASSIFICAZIONE DEI VASI I vasi di scambio sono essenzialmente quelli a parete sottile e sono i capillari e le venule post‐
capillari. Si intende ovviamente uno scambio di fluidi; sono trattenute all’interno della parete le cellule, ma possono fuoriuscire i liquidi con i gas disciolti e con le sostanze nutritive, milioni di vol‐
te più piccole della cellula. All’interno di arteriole pre‐capillari non passano fluidi, ma può passare l’ossigeno (almeno nel loro ultimo tratto, vicino al capillare). A livello di queste sezioni dell’albero vascolare si hanno gli scambi respiratori (le arteriole pre‐capillari sono quelle che direttamente poi rilasciano il sangue nel letto capillare, le venule post‐capillari, invece, lo recuperano). La porzione che è maggiormente responsabile degli scambi è proprio quella delle venule post‐capillari. Non si parla più di scambi di gas, che sono già avvenuti a livello dei capillari nel corso di centinaia di µm della loro lunghezza, ma scambi di liquidi, che devono esser richiamati nelle venule, nel lume del letto vascolare, altrimenti si accumulano formando un’imbibizione che prende il nome di edema. Le venule post‐capillari sono anche il settore dove sono più facili i transiti delle cellule del sangue (i neutrofili, i monociti, ecc..) e dove ritroviamo maggiormente i siti di infiammazione. Ci sono vari tipi di capillari a seconda di come è costituita la loro parete. Ci sono capillari fenestrati e continui e sono esattamente l’uno il contrario dell’altro. Nei primi ci sono scambi facili grazie alla presenza di finestre, in quelli continui gli scambi avvengono comunque, ma sono più difficili. Poi ci sono i sinusoidi, capillari con lume variabile e neanche sottile (30‐40 µm, quando invece quello degli altri capillari è di 5‐7 µm, addirittura inferiore al diametro delle cellule che viaggiano nel san‐
gue che quindi, per passare attraverso questi capillari, devono deformarsi). Ci sono due tessuti privi di vasi sanguiferi: la cornea perché deve essere trasparente e consentire la visione, senza che l’immagine sia pulsante e la cartilagine ialina perché le articolazioni sono sotto‐
poste a carichi fortissimi durante i vari movimenti, pressioni che scaricandosi sulla parete del vaso lo porterebbero ad esser chiuso per la maggior parte del tempo, persino mentre si dorme, ren‐
dendolo completamente inutile. Ci sono varie classificazioni dei vasi, seguiremo quella che tiene conto della composizione della tonaca media, quella più importante, che può essere costituita principalmente da tessuto elastico (vaso elastico)o da tessuto muscolare (vaso muscolare). C’è un’altra classificazione interessante, ma meno utile, che distingue i vasi in: ‐vasi di conduzione, portano il sangue agli organi (es. aorta, carotidi, iliache) ‐vasi di distribuzione, entrano nell’organo e lo irro‐
rano(gastriche, epatica, lienale) ‐vasi di resistenza, piccole arterie con parete mu‐
scolare innervata che fanno diminuire il calibro a seconda della necessità (una piccola variazione di diametro influisce molto sulla pressione e sulla ve‐
locità di flusso) ‐vasi di scambio, essenzialmente i capillari ‐vasi di contenzione, venule e vene dell’addome e degli arti inferiori, che contengono molto san‐
gue Ci sono due sezioni esclusive del cuore, nettamente divise, perché cuore destro e cuore sinistro non hanno nessuna finestra di comunicazione (almeno dopo la nascita e almeno per il 91‐92% del‐
la popolazione). Atrio destro e atrio sinistro sono separati da un setto interatriale e ventricolo de‐
stro e sinistro sono separati da un setto interventricolare, mentre ogni atrio comunica con il suo ventricolo. Una o due arterie portano il sangue dentro l’organo, poi c’è una rete capillare dentro l’organo, strettamente a contatto con le cellule del tessuto e dove vengono rilasciate le sostanze nutritive e poi ci sono le vene che drenano il sangue dai tessuti. Questo è lo schema generale che si ritrova in quasi tutti gli organi. Ci sono due eccezioni a questa regola: il glomerulo renale che filtra il sangue e lo impoverisce solo di liquidi, non di ossigeno. L’arteria che porta il sangue al glomerulo è un’ arteriola afferente, ma quella che fuoriesce non è una vena, ma un’arteriola efferente, perché il sangue è ancora ossige‐
nato e ad alta pressione. In questo caso, c’è una rete di capillari interposta tra due arteriole, non tra un’arteriola e una venula post‐capillare. La funzione del glomerulo, infatti, è solo quella di fil‐
trare il sangue formando la preurina, viene perso meno del 6% di ossigeno durante questo proces‐
so. Un’altra eccezione è quella del fegato, con il circolo portale. C’è nel fegato una doppia circola‐
zione. Mediante l’arteria epatica (ramo secondario dell’aorta) arriva al fegato sangue ricco di ossi‐
geno, ma molto più sangue, in termini di volume, arriva da un altro vaso che però è una vena, la vena porta. Questa vena raccoglie sangue refluo da altri organi (stomaco, milza, colecisti, pancre‐
as, intestino tenue e la maggior parte dell’intestino crasso) che non arriva direttamente all’atrio destro, ma deve passare prima per il circolo portale, dal fegato con una seconda rete capillare (si‐
nusoidi epatici). Dai rami intraepatici della vena porta deriva una specifica rete di sinusoidi nella quale scorre sangue misto che deriva sia dall’arteria epatica sia dalla vena porta. Quindi sangue ossigenato e sangue deossigenato si mischiano per vascolarizzare le cellule dei lobuli epatici, il sangue refluo dai sinusoidi è poi condotto in vene epatiche che solitamente in numero di tre ver‐
sano il sangue nell’adiacente vena cava inferiore. Questo comportamento costituisce una eccezio‐
ne perchè la rete di capillari è interposta tra due vene: la vena porta e la vena cava inferiore. Que‐
sto circolo epatico si chiama circolo portale (dalla vena porta). Questo circolo ha dato il nome ad un altro circolo portale che è quello che irrora l’adenoipofisi. Ci sono delle vene che stanno intorno all’ipotalamo che si portano in basso, lungo il peduncolo ipofisario, verso la ghiandola endocrina adenoipofisi. Quel sangue, povero di ossigeno, ma ricco di neuromediatori ormonali, si versa nei capillari dell’adenoipofisi. Parete dei vasi sanguiferi Dall’interno del vaso, cioè dal lume bagnato dal sangue, verso l’esterno, si distinguono tre strati: tonaca intima, tonaca media (la più spessa) e tonaca avventizia (la più esterna). Le arterie hanno uno spessore di parete che cambia e che decresce dalle arterie di grosso calibro a quelle di piccolo calibro. Le vene hanno parete relativamente più sottile delle arterie, e non hanno quasi mai una compo‐
nente contrattile nella tonaca media. La tonaca intima presenta cellule epiteliali pavimentose semplici: l’endotelio (spesso 2 µm in corri‐
spondenza della porzione che contiene nucleo e organelli e più sottile, circa 0,2 µm nelle altre zo‐
ne). Se l’endotelio si rompe scatta immediatamente la coagulazione. Le piastrine iniziano a fermarsi in corrispondenza del tratto discontinuo di endotelio e così si forma il trombo (come in tutte le altre malattie che presentano trombosi). L’endotelio regola la diffusione: grazie alla presenza dei diaframmi nell’endotelio fenestrato pas‐
sano facilmente molecole e sostanze aldisotto di certe dimensioni, compatibili con quelle del poro del diaframma. Se l’endotelio è invece continuo, il sistema di diffusione si affida alle caveole: lembi di citoplasma inglobano i fluidi esterni che si trovano nel lume del vaso e poi vengono rilasciate dalla parte opposta, il versante abluminale, vicino alla membrana basale. Quindi passaggi tra le cellule o attraverso le cellule. Le cellule endoteliali possono migrare: nell’arco di pochi minuti, se una cellula viene meno, un’altra si mobilita per coprire il suo posto. Queste situazioni possono verificarsi, si dicono angio‐
genesi. Tra cellule endoteliali sono presenti diverse giunzioni: occludenti (tipiche dei capillari continui) e aderenti. Le giunzioni sono tutte reversibili e soggette a retrazione immediata (in pochi decimi di secondo). L’endotelio è anche la sede dove viene prodotto il gas Nitrossido (NO), che poi trova il suo recetto‐
re sulle cellule muscolari lisce della tonaca media o intima dei vasi e spinge al rilassamento dei complessi actomiosinici della cellula muscolare liscia. L’endotelio è infatti anche sede di meccano‐
cettori, che secondo stimoli pressori (di stiramento transmurale) determinano il rilascio del NO, portando ad un rilassamento della muscolatura liscia del vaso e quindi ad una diminuzione di pres‐
sione. Le cellule endoteliali producono anche un’altra molecola: il b‐FGF (basic Fibroblastic Growth Factor) che permette alle cellule del vaso di riprodursi, garantendo la possibilità di vascolarizzare tessuti e zone dell’organismo che, emettendo specifiche sostanze, segnalano una carenza di O2 e nutrienti. L’endotelio di un vaso può quindi essere genitore di un altro vaso che prenda la direzio‐
ne necessaria a salvare il tessuto in sofferenza. Questo è il meccanismo anche di crescita dei tumo‐
ri e delle metastasi ed è chiamato neoangiogenesi. L’endotelio sintetizza anche le proteine della membrana basale (collagene IV, fibronectina, lamini‐
na, elastina, ecc…) Il glicocalice dell’endotelio presenta delle cariche negative, fondamentali per impedire l’adesione delle cellule circolanti nel sangue. Per questo quando c’è la rottura dell’endotelio e conseguente‐
mente anche quella del glicocalice abbiamo adesione di piastrine, le quali presentano le proprie cariche negative che aderiscono alle cariche positive della membrana basale/interstizio subendoteliale. Nel citoplasma delle cellule endoteliali si trovano anche delle vescicolette con corpi elettrondensi accoppiati, i corpi di Weibel‐
Palade: accumuli cristallizzati, dalla fissa‐
zione del tessuto, che presentano il fattore vW (von Willebrand o fattore VIII) un fatto‐
re protrombotico, che vengono quindi rilasciati quando il vaso è lesionato. Ci sono delle eccezioni alla regola che vuole che l’endotelio sia un epitelio pavimentoso semplice, stiamo parlando dell’endotelio alto delle venule di alcuni organi linfoidi (HEV); possono essere cu‐
biche o cilindriche, solo in determinate zone dei linfonodi che devono essere attraversare da linfo‐
citi maturi. Le cellule che abbracciano il vaso voluttuosamente si chiamano cellule muscolari lisce, sono cir‐
conferenzialmente poste intorno al vaso e la loro contrazione ovviamente costringe il vaso facen‐
do aumentare la pressione. Hanno un controllo attivo per via paracrina o endocrina ad esempio l’endotelina o la vasopressina sono molecole che hanno il corrispondente recettore sulle cellule muscolari lisce facendole contrarre. Ma queste cellule muscolari sono anche innervate dal sistema ortosimpatico e parasimpatico; il primo innalza e il secondo abbassa la pressione (alla stessa ma‐
niera agiscono sul cuore). Le cellule muscolari lisce producono le molecole della membrana basale, ma anche l’elastina e possono formare, in attesa del definitivo strato di endotelio, una tonaca neo‐
intima, in cui si interpongono cellule muscolari lisce tra l’endotelio lesionato. Possono accumulare acidi grassi non esterificati (NEFFA) e man mano che si dispongono sull’endotelio si formano dei cuscinetti che si collegano alle fibre collagene e vanno a restringere il lume del vaso. Le cellule mu‐
scolari lisce possono disporsi longitudinalmente (come nella tonaca intima e nell’avventizia) o cir‐
colarmente (come nella media), spesso si dispongono anche elicoidalmente. Le cellule muscolari lisce servono a creare delle vie preferenziali per il sangue, garantendo l’irrorazione dell’intero or‐
ganismo, anche se di massa cospicua. Accade che il sangue viene indirizzato alternativamente ad un organo e poi ad un altro. Non tutti gli organi sopportano questa ischemia relativa; gli organi nobili (es.cervello) non tollerano queste dinamiche intermittenti. Il meccanismo prevede la chiusu‐
ra degli sfinteri che escludono un letto capillare a valle dall’irrorazione sanguigna e ne favoriscono uno che invece era stato ischemico precedentemente. A tal proposito esistono anche degli shunt, cioè delle deviazioni, e dei cuscinetti endotelio‐muscolari, dei rigonfiamenti dell’endotelio, che possono far diminuire il flusso anche notevolmente, ma mai occludere completamente il vaso. I grossi vasi presentano dei nervi anche all’interno dell’avventizia e anche gli stessi capillari sono innervati (ma non si sa ancora bene quale funzione abbiano). I vasi sanguiferi possono anche favo‐
rire l’innervazione di un tessuto, cioè il nervo si adagia al vaso sanguifero per giungere all’organo o al tessuto sfruttando la medesima via, la stessa impalcatura collagenica periavventiziale. 
Scarica