L`oggetto di questa relazione è l`esposizione delle

Vol. VI
Gennaio 2012
N° 3
IL TRATTAMENTO MEDICO DELLE ADIPOSITÀ LOCALIZZATE
Maurizio Ceccarelli & Coll.
International Centre for Study and Research in Aesthetic and Physiological Medicine
L’oggetto di questa relazione è l’esposizione delle ultime novità nel trattamento degli eccessi
adiposi localizzati.
Prima d’iniziare a trattare gli specifici trattamenti dobbiamo effettuare una piccola
puntualizzazione sulla fisiologia del tessuto adiposo per comprendere gli effetti dei vari
trattamenti che proporremo.
Il tessuto adiposo è un tessuto ad attiva funzione metabolica, infatti in 3-4 settimane
metabolizza e ricostruisce, completamente, tutti i trigliceridi contenuti nel vacuolo
intradipocitario. Questo vuol dire che abbiamo degli attivi sistemi di sintesi e di lisi dei
trigliceridi dell’adipocita.
La liposintesi consegue alla captazione degli acidi grassi circolanti nel sangue legati alle
lipoproteine, da parte della lipoprotein-lipasi. Gli acidi grassi vengono poi introdotti
nell’adipocita dove si legano al glicerolo-fosfato (proveniente dal metabolismo del glucosio) per
formare i trigliceridi.
Il processo di liposintesi è regolato da un ormone, l’insulina. L’insulina stimola la sintesi di
lipoprotein-lipasi agendo sul PPAR (recettore di attivazione del perissosoma) a livello del DNA
dell’adipocita. Inoltre, stimola anche l’attività funzionale dell’enzima neoformato. Infine,
permette il passaggio del glucosio all’interno della cellula consentendo la formazione del
glicerolo-fosfato.
La lipolisi consegue all’attività di una lipasi capace di scindere i trigliceridi nei prodotti finali
di glicerolo ed acidi grassi. L’attivazione di questa lipasi è condizionata dall’azione dell’AMP-c.
La formazione dell’AMP-c è regolata dall’azione di altri ormoni, le catecolamine. La
stimolazione dei recettori beta adrenergici attiva la formazione dell’AMP-c con successiva
attivazione della lipasi ed idrolisi dei trigliceridi. Il tempo di azione dell’AMP-c è molto breve
perché le fosfodiesterasi-3 lo inattivano, bloccando il processo.
La continua costruzione e distruzione dei trigliceridi è sotto il controllo ormonale e sotto il
controllo genetico che stabilisce la volumetria normale di un adipocita.
Uno stesso volume di tessuto adiposo può essere formato o da un numero normale di cellule di
grandi dimensioni (adiposità ipertrofica) o da un numero elevato di cellule di dimensioni
normali (adiposità iperplastica). Nel primo caso possiamo diminuire il volume (lipolisi), mentre
nel secondo caso dobbiamo diminuire il numero di cellule (lipoclasi) distruggendo quelle in
eccesso.
La moltiplicazione cellulare del tessuto adiposo avviene in due periodi della vita: nel terzo
trimestre di gravidanza e prima dello sviluppo sessuale. Per questo si deve evitare in questi
periodi un aumento del tessuto adiposo.
Il numero di cellule del tessuto adiposo può aumentare, in ogni periodo della vita, per un
notevole aumento del volume del grasso. Questo ci spiega perché il dimagramento, dopo un
notevole aumento di grasso, è molto difficile da mantenere. Infatti l’aumentato numero di
adipociti richiede anni per riportarsi alla condizione normale.
Questo consegue alla normale funzione degli adipociti, l’accumulo di trigliceridi come riserva
energetica. L’assunzione di energia in eccesso porta all’aumento del volume degli adipociti che,
raggiunto un massimo, stimolano la nuova formazione di adipociti, trasformando un’obesità
ipertrofica in iperplastica.
Questo avviene quando l’adipocita raggiunge una volumetria del 170% maggiore del suo volume
normale. Non potendo accrescersi ulteriormente, attiva la moltiplicazione delle cellule
staminali dello stroma vascolo-connettivale e la loro differenziazione in ad ipoblasti ed in
nuovi adipociti.
La neoformazione di adipociti avviene in poco tempo, mentre il processo apoptosico necessario
alla riduzione del numero richiede anni.
Altra particolarità del tessuto adiposo, che dobbiamo ricordare, è la scarsa quantità di acqua
contenuta. Normalmente i tessuti hanno una percentuale di acqua intorno al 60%, mentre nel
tessuto adiposo questa percentuale scende al 18%.
Infine, nella nostra successiva programmazione dei trattamenti, è utile ricordare la ricca
vascolarizzazione di questo tessuto che arriva ad avere un singolo capillare per ogni adipocita.
Questa vascolarizzazione ed in particolare la superficie di contatto adipocita/capillare è
molto importante per i regolari scambi metabolici.
Fatte queste premesse, possiamo iniziare con i trattamenti di riduzione degli eccessi
ipertrofici e cioè caratterizzati da un volume in eccesso degli adipociti. Possiamo diminuire
questo volume, attivando la lipolisi, fino a normalizzarlo. Non è possibile scendere
ulteriormente perché, al ritorno delle normali condizioni ambientali, l’adipocita riprenderà il
suo normale volume.
L’attivazione del processo lipolitico richieda l’attivazione funzionale della lipasi per scindere i
trigliceridi in glicerolo ed acidi grassi.
Non possiamo attivare i recettori beta adrenergici perché l’uso di queste sostanze determina
un rischio sistemico per il paziente. Dobbiamo perciò effettuare un’attivazione indiretta
aumentando il tempo di attività dell’AMP-c bloccando le fosfodiesterasi-3 con l’uso di basi
xantiniche.
Il
trattamento
si
esegue
con
mesoterapia,
utilizzando
teofillina
per
bloccare
le
fosfodiesterasi-3 e carnitina per veicolare gli acidi grassi, provenienti dall’idrolisi dei
trigliceridi, nei mitocondri per la finale metabolizzazione.
Possiamo attivare la lipolisi anche con l’uso della carbossiterapia. E cioè con l’introduzione nel
tessuto adiposo di questo gas.
L’acidificazione, conseguente alla solubilizzazione dell’anidride carbonica in acqua, consente un
miglioramento del microcircolo e la mobilizzazione del grasso di deposito.
Il primo effetto della carbossiterapia è l’aumento del letto vascolare, per aumento del numero
di capillari perfusi.
Questo consegue al rilasciamento delle fibrocellule muscolari che chiudono le anastomosi
artero-venulari, permettendo l’afflusso del sangue in capillari normalmente chiusi.
E’ l’acidosi su detta che depolarizza le fibrocellule, rilasciandole.
Altra azione della carbossiterapia è l’aumento del flusso ematico, cioè del volume di sangue
che passa per unità di tempo.
Possiamo verificare questo risultato con la reografia a luce riflessa che permette di vedere
l’incremento del flusso.
Infine, l’acidificazione porta anche allo spostamento dell’Equilibrio di Bohr con liberazione
dell’ossigeno dall’emoglobina ed ossigenazione del tessuto.
Tutti questi effetti permettono di attivare il processo lipolitico riducendo la quantità di
trigliceridi negli adipociti.
Anche il trattamento aminoacidico o dieta proteica consente di ridurre gli eccessi adiposi
ipertrofici.
Infatti, l’assunzione di proteine in assenza di zuccheri, consente di ridurre i valori dell’insulina
bloccando il processo liposintetico.
Mentre le proteine attivano la secrezione del growth hormon che, fosforilando il recettore
PPAR, blocca la sintesi della lipoprotein-lipasi e, quindi la liposintesi e agisce al livello delle
adiposità localizzate in sede trocanterica, mobilizzandole.
Questo consente di attivare indirettamente il processo lipolitico, mediante il blocco della
liposintesi. Si ha rapida mobilizzazione del grasso in eccesso.
I trattamenti lipolitici possono, però, dare solo dei risultati sull’ipertrofia adipocitaria. In
caso d’iperplasia, la diminuzione volumetrica è transitoria e può servire solo per preparare il
tessuto ad una successiva lipoclasia.
Vediamo ora i trattamenti medici ad azione lipoclasica.
Possiamo utilizzare dell’ossigeno medicale per indurre un danno cellulare nel tessuto adiposo in
eccesso.
L’iperossia determina la produzione, da parte dello stesso adipocita, di radicali liberi
dell’ossigeno con danno biologico e riduzione del volume.
Interessante è evidenziare che il danno è localizzato al tessuto adiposo perché l’apolarità
dell’ossigeno ne impedisce la diffusione in altri tessuti.
Altro trattamento utile a danneggiare le cellule dell’adiposità iperplastica è l’idrololipoclasia
ultrasonica. Questa si basa sull’infiltrazione della zona da danneggiare con una soluzione
acquosa e sulla successiva applicazione di onde ultrasoniche capaci di far cavitare il liquido
infiltrato e danneggiare il tessuto per l’implosione delle microbolle generate.
La scarsa potenza degli apparecchi che generano ultrasuoni ha portato all’utilizzo, per
l’infiltrazione del grasso, di soluzioni capaci di danneggiare gli adipociti per le proprie
caratteristiche.
Le soluzioni ipotoniche determinano rigonfiamento cellulare che può portare alla rottura della
cellula stessa.
Le variazioni della osmolarità extracellulare (v.n. 300 mOsm/l) porta a movimento dell’acqua
all’interno o all’esterno della cellula. L’iposmolarità rigonfia la cellula fino a rottura.
Ovviamente. La soluzione più iposmolare è l’acqua.
Altra soluzione capace di danneggiare le cellule è la soluzione di desossicolato di sodio.
Questa determina l’emulsione dei grassi della struttura lipoproteina della parete cellulare con
successiva rottura della cellula.
Questa soluzione, oggi, è proibita nell’uso perché il danno cellulare può interessare anche i
polimorfonucleati con liberazione di enzimi lisosomi ali che inducono danno biologico
infiammatorio che può arrivare anche alla necrosi del tessuto.
Infine, come novità proposta da nostro gruppo scientifico, ci sono le soluzioni ad azione
apoptosica.
L’apoptosi è un processo biologico che induce la morte cellulare senza manifestazioni
infiammatorie.
E’ caratterizzata da una serie di reazioni biologiche che portano alla formazione di strutture
eterologhe (corpi apoptosici) sulla parete cellulare con conseguente fagocitosi della cellula da
parte dei macrofaghi.
Il danno cellulare determina, per fessurazione dei mitocondri, la liberazione del citocromo c,
questo attiva le procaspasi cellulari trasformandole in caspasi e d attivando una serie di
reazioni a catena dette cascata delle caspasi.
La serie di reazioni porta, alla fine, alla attivazione di endonucleasi che distruggono la
cromatina nucleare e di proteasi che, agendo sulla parete cellulare, liberano all’esterno dei
residui di fosfatidilserina (corpi apoptosici).
I corpi apoptosici sono riconosciuti come estranei dai macrofagi e stimolano la fagocitosi
cellulare.
Studi recenti hanno verificato che gli antiossidanti, in piccola quantità proteggono la cellula
dal danno ossidativo, mentre in alte concentrazioni svolgono un’azione pro-ossidante con danno
biologico cellulare.
In particolare, lavori cinesi hanno evidenziato l’induzione all’apoptosi esercitata da soluzioni di
vitamina C in alta concentrazione.
L’azione redox della vitamina C, in presenza di ioni ferro, determina la produzione di radicali
liberi dell’ossigeno con danno cellulare capace di indurre apoptosi.
Soluzioni di vitamina C a concentrazioni di 1-10 mMol inducono apoptosi cellulare. Un grammo
di acido ascorbico corrisponde a 5,68 mMol, capaci di indurre apoptosi degli adipociti e capace
di ridurre gli eccessi volumetrici di grasso senza risposta infiammatoria.