Numero 129 Luca 8: 22-25 Un giorno egli salì su una barca con i suoi discepoli, e disse loro: “Passiamo all’altra riva del lago”. E presero il largo. Mentre navigavano, egli si addormentò; e si abbatté sul lago un turbine di vento, tanto che la barca si riempiva d’acqua, ed essi erano in pericolo. I discepoli av- Introduzione Quando i pescatori, e specialmente i dilettanti, si spingono sul mare per la gioia di pescare non sempre riflettono sull’effettivo pericolo a cui si espongono. Lontani dalla riva possono incontrare pericoli inaspettati, soprattutto se l’imbarcazione è piccola. Il vento si può levare improvvisamente e fare alzare le onde che possono spingere l’imbarcazione a largo o velocemente verso la riva; può sopraggiungere un temporale o un grosso pesce, un guasto al motore o qualsiasi altro pericolo che il pescatore non sempre è preparato ad affrontare. In effetti possiamo ben dire che si è nelle mani di Dio. www.umilta.info vicinatisi, lo svegliarono, dicendo: “Maestro, Maestro, noi periamo!” Ma egli destatosi, sgridò il vento e i flutti che si calmarono, e si fece bonaccia. Poi disse loro: “Dov’è la vostra fede?” Ma essi, impauriti e meravigliati, dicevano l’un l’altro: “Chi è mai costui che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli ubbidiscono?” Nel brano che leggiamo, all’inizio, possiamo evidenziare due aspetti principali: la prima è di attività pratica, l’altra invece è spirituale. 1 Gesù s’imbarcò con i Suoi discepoli per passare ad un’altra riva del lago, durante la traversata notiamo un fatto inconsueto: “Gesù dorme”. Poniamoci una domanda, mentre i discepoli (uomini che ancora non sono stati rigenerati) remano, Gesù è assente, dorme, perché? Pietro e Giovanni non sono in grado di affrontare l’improvvisa tempesta, in un tratto di mare che loro ben conoscevano. Come mai? Eppure erano pescatori di mestiere! Febbraio 2011 Sono persuaso che, attraverso l’avvenimento, il Maestro vuole dare un grande insegnamento. Il mare, come sappiamo, raffigura il mondo che vive senza la presenza di Dio. L’uomo in genere causa difficoltà ai suoi simili; la vita in sè espone l’uomo alle avversità. Quante volte anche noi figli di Dio cerchiamo di navigare con le nostre proprie forze, affaticandoci inutilmente, pensando di combattere da soli contro le avversità della vita! Anche dopo tante esperienze, senza la ferma fiducia in Dio, non è facile affrontare e superare gli eventi che si susseguono. L’uomo naturale (non rigenerato) è senza la forza, la guida e il conforto di Dio, in queste condizioni non sa come ricevere il Suo aiuto. Nessuno può impedire, infatti, alle onde e al vento vorticoso di spaventarci e di buttarci giù e la vita di ognuno fa la sua corsa verso la fine. Certamente osservare la nostra esistenza da questo punto di vista è scoraggiante. Possiamo chiederci, però: ma c’è possibilità di scelta? Sì, Dio, per mezzo del Signore Gesù Cristo, ha provveduto alla soluzione che valuteremo nel nostro secondo punto. 2 Prima abbiamo valutato la 2 barca nel senso umano e terreno, ora vogliamo considerarla dal punto di vista spirituale. La barca, sulla quale salì il Maestro insieme ai Suoi discepoli, rappresenta la Chiesa che naviga tra le intemperie di questo mondo e, poiché la barca (la Chiesa) ha marinai di mestiere (i nati di nuovo), insieme al Signore Gesù può affrontare e superare le improvvise mareggiate e il vento impetuoso. I discepoli hanno avuto paura perché ancora Gesù non aveva compiuto l’opera di redenzione e quindi essi non erano stati rigenerati; ma il Maestro era con loro e quindi hanno avuto ugualmente la possibilità di ricevere il Suo potente aiuto. Noi cristiani, Chiesa di Gesù Cristo, come affrontiamo le avversità? Abbiamo paura, ci perdiamo d’animo o insieme alla Chiesa, e quindi al Signore, affrontiamo le intemperie fiduciosi e sicuri che Egli comanderà ai flutti e al vento di calmarsi? Cari fratelli e sorelle, il Signore Gesù è la forza e l’aiuto del credente, della Chiesa. Quando Essa pratica la ginocchiologia (la preghiera) non ha nulla da temere, il Signore è sempre in grado di calmare ogni tipo di tempesta che si presenta nella nostra vita e nella Chiesa. I discepoli insieme al Maestro dovevano raggiungere l’altra riva del lago; noi credenti, come Chiesa, uniti al Sommo Maestro abbiamo come meta il cielo, il paradiso, là dove sbarcheremo per godere l’eternità insieme ai santi di tutti i tempi. Riflessione Nei Vangeli non troviamo altri riferimenti in cui Gesù Febbraio 2011 N° 129 L’UMILTA’ dorme, in quello di Marco (lo stesso episodio) leggiamo un particolare toccante, “Egli stava dormendo sul guanciale a poppa” (4:38). Spesso leggiamo di Gesù stanco: del viaggio al pozzo di Giacobbe; senza il tempo neppure per mangiare; senza un luogo dove poggiare il capo; Lo troviamo tutta la notte a pregare sul monte … Gesù, dormiva sul guanciale a poppa dell’imbarcazione, che tenerezza! Gesù, uomo stanco, dorme, ma neanche durante la traversata Gli è concesso di dormire tranquillamente! Eppure Lui da riposo, pace, guarigione, perdono e salvezza eterna! Il Signore Gesù disse e continua a dire a quelli che vogliono ascoltare: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre” (Matteo 11: 28,29). Iario ascoltava il messaggio del Maestro quando uno venne a dirgli che sua figlia era morta. Che tragedia improvvisa, che paura e tormento sopraggiunsero nel cuore di questo padre! Gesù conosce i cuori e i pensieri degli uomini, Egli disse ad Iario: “Non temere; solo abbi fede, e sarà salva” (Luca 8:50). Chi si fida del Signore e a Lui affida la sua vita riceve una grande ricompensa: libertà e vita eterna. Libertà perché non vive più nella paura e nell’affanno, ma per la potenza di Dio ha ricevuto perdono e grazia eterna in Cristo Gesù. Salvatore Testa L’Umiltà è una edizione Adenominazionale, non promuove nessuna dottrina settaria né vuole creare un’altra denominazione; promuove l’amore per il prossimo, incoraggia i cristiani a pregare Dio e ad essere fedeli, ad evangelizzare i perduti, ad amare e ad ubbidire alla Parola di Dio, a leggere il Vangelo perché Esso dona la vita eterna a chi crede e riceve Gesù Cristo quale Redentore e Signore della propria vita. La pubblicazione di questo mensile, non è a scopo di lucro, è un’opera di volontariato d’amore cristiano; ha il fine di incoraggiare, edificare e mantenere una sincera comunione fraterna con tutti i cristiani. °°°°°°°°°°°°°°°°°°° Chi desidera partecipare alle nostre riunioni sarà il benvenuto. Orario delle riunioni nella Chiesa di Cefalù (PA) Giorno Ore Riunioni Domenica 10.00 Culto di Adorazione Mercoledì 18.00 Studio biblico Venerdì 18.00 Preghiera Riunioni nella chiesa di Reitano (ME) Domenica 18.00 Culto di adorazione Lunedì 18.00 Preghiera Giovedì 18.00 Studio biblico °°°°°°°°°°°°°°°°°°° Ringraziamo i nostri lettori, che ci incoraggiano a proseguire. Desideriamo essere utili ai fratelli e al progresso del Vangelo. Sostenuti dalle vostre preghiere continuiamo nell’amore per il Signore, per i fratelli e per tutte le anime. °°°°°°°°°°°°°°°°°°° Redazione L’UMILTA’ Mensile a cura della Chiesa Cristiana Evangelica Indipendente Via Vitaliano Brancati, 15 - 90015 Cefalù (PA) In comunione con la M. I. E. Missione Italiana per l’Evangelo E-mail della redazione: [email protected] Tel. 0921 42 43 49 Direttore responsabile: Salvatore Testa Redattrice: Rosa Battaglia Testa Stampa: Salvatore Testa Succursale di stampa e Spedizioni: Rosy Angela Glorioso Lascari (PA) Tel. 0921 42 71 28 Stampato in proprio e non pubblicato per uso interno. Febbraio 2011 1 N° 129 3 L’UMILTA’ Giosuè, ricevendo da Mosè l’incarico di condottiero, ha paura di una così grande responsabilità, però Mosè lo fortifica e lo incoraggia: “Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il SIGNORE il tuo Dio, sarà con te dovunque andrai” (Giosuè 1: 9). Queste parole incoraggiano anche me quando debbo assumere delle responsabilità per il servizio del Signore. Sono spronato ulteriormente dalla lettera di Timoteo: “Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità” (2 Timoteo 1: 9). Dio ci ha rivolto una santa chiamata, non perché noi siamo più bravi degli altri o perché abbiamo delle grandi capacità, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta. Confido nella grazia che ci viene fatta, perché Dio ci darà la sa- “L’Eterno ha dato, l’Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell’Eterno” (Giobbe 1: 21) C’era una volta un uomo che quando gli morì il figlio, non esibì il terribile dolore che simili avvenimenti causano. I suoi amici dissero: “Tu amavi tanto tuo figlio. Come mai rimani impassibile di fronte alla sua morte?” L’uomo rispose: “C’è stato un tempo in cui non avevo figlio. E non per quello ero triste. Ora che egli è morto, sono nelle stesse condizioni di prima. Perché non dovrei rimanere tranquillo?”. I credenti in Cristo Gesù il Signore possono rimanere forti in circostanze difficili. Una volta Confucio incontrò un uomo vestito con una pelle di cervo, con una corda per cintura, che suonava il liuto. Gli chiese: “Che cosa ti rende tanto felice?” L’uomo rispose: “Ho molte cose che mi fanno felice. L’uomo è il coronamento della creazione. Vedi, Dio mi ha creato uomo, non animale. pienza e l’intelligenza di andare avanti nel servizio che compiamo per l’opera del Signore. Grazie gli siano rese perché Egli ha sempre pazienza con noi. Da parte mia, la preghiera che rivolgo al Padre, è questa: Signore non lasciarmi a me stesso, non lasciarmi al mio cuore, non lasciare che io mi possa inorgoglire, ma abbi sempre cura di me. Amen. Samuele Di Ruocco Santhià (Vercelli) Alcuni muoiono bambini. Io sono diventato adulto. Molti sono in prigione o costretti a letto per una malattia. Io sono libero e sano. Come poteri non essere contento?” Solo chi è libero da preoccupazioni terrene può fare effettivi progressi nella vita spirituale. Molti uomini hanno delle paure irragionevoli. Se il tuo parlare è dolce, l’eco non può essere altrimenti. Se cammini eretto, la tua ombra non potrà essere altrimenti. Se cammini eretto, la tua ombra non potrà essere che diritta. Un cristiano non ha paura di nulla e di nessuno. Gesù era stato unto con l’olio dell’allegrezza. Egli unse i Suoi discepoli con lo stesso olio. Non perdiamo nulla. Egli è il Signore che ci ama e ci priva di alcune cose per restituirle moltiplicate. Cerchiamo nella nostra vita ciò che è positivo e ringraziamo Dio. Per le cose negative abbiamo fiducia in Lui, poiché tutto coopera al bene di quelli che amano Dio. R. Wurmbrand 4 Febbraio 2011 N° 129 L’UMILTA’ “Fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti!” (Filippesi 4: 1) “Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1 Corinzi 15: 58) Fratelli, noi siamo diletti, se siamo diletti siamo anche perfetti, se siamo perfetti lo siamo per Gesù Cristo che ci ha perfezionati per mezzo del Suo sacrificio. L’apostolo Paolo, sia nella lettera ai Filippesi che nella lettera ai Corinzi, continua ad incoraggiarci a stare saldi, cioè a non essere trasportati da ogni vento di dottrina, ma come avverte Giacomo a non assomigliare “a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua è là” (1: 6), ma a restare saldi. “Saldi” su chi? Sulla roccia, “e questa Roccia è Cristo” (1 Corinzi 10: 4). “Incrollabili” come? Ad una casa che è stata costruita sulla sabbia, quando viene l’acqua e la tempesta cosa succede? Crolla! Infatti, nel Vangelo di Matteo leggiamo che l’uomo stolto ha costruito la sua casa sulla sabbia. “E la pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande”. Al contrario dell’uomo “avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia” (cap. 7: 24-27). Noi siamo fondati sulla Roccia, perciò la nostra posizione è incrollabile. Paolo continua ad esortarci che dobbiamo essere sempre abbondanti nell’opera del Signore; il nostro frutto, quindi, deve essere abbondante e continuo nell’opera del Signore; è importante portare il risultato che dia incremento all’opera del Signore. Non dobbiamo essere come quei credenti aridi e sterili, ma piuttosto essere abbondanti. Il risultato, il frutto, di essere sempre abbondanti nell’opera, ha la promessa di sapere che la nostra fatica non è vana nel Signore. Dio disse ad Abramo che ogni sua opera gli era messa in conto come giustizia, perché egli credette alla Parola, la promessa, del Signore (Rom. 4: 3). Fratelli, non lasciamoci scoraggiare da quelli che parlano ingiustamente di noi, siamo invece fermi nella nostra convinzione. Noi non serviamo una denominazione né un uomo, ma Dio ed è a Lui che diamo la gloria nel nome di Gesù nostro Signore. CENTRO CRISTIANO INTERNAZIONALE Direttore della Missione Italiana per l’Evangelo AVVISO SACRO Via Padre Romualdo Formato, 5 00128 ROMA (Spinaceto) INVITO 14 Febbraio 2011 Lunedì alle ore 19:00, avrà luogo la Conferenza “Ebrei ieri e oggi” L’argomento sarà trattato dall'Oratore Roberto MAZZESCHI Le Conferenze sono organizzatela C.C.E.I. e M.I.E., come accordo intercorso con ciascuno di voi, con Francesco Greco e Mosè Baldari Siete tutti cordialmente invitati ed avete facoltà di partecipare, rivolgendo domande sul tema trattato. L'incontro sarà allietato con musica e canti a cura del Centro Cristiano Internazionale e altri che saranno invitati di volta in volta. Le Conferenze sono aperte a tutte le Confessioni, nonché ai Laici. INGRESSO LIBERO Per qualsiasi comunicazione, suggerimenti o altro, potete telefonare a: Francesco Greco - Tel. Tel. 06-50.87.386 cell. 339-224 20 64 Mosè Baldari - Cell. 347-410 90 12 Febbraio 2011 N° 129 5 L’UMILTA’ “Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Marco 16 :15) SitoWeb: www. mieitalia. it Direttore per l’Italia Mosè BALDARI Casella Postale 1523 50121 Firenze Tel e Fax 055 899 79 44 Contrada Monte Vicoli, 19 Casella postale 5 72013 Ceglie Messapica Brindisi Tel e Fax 0831 388 534 Cell 347 410 90 12 Sede dei seminari Hotel Aequa - Via Filangeri, 51/53 - 80069 Vico Equense (NA) Tel. 081 801 53 31 Fax 081 801 50 71 Il Corso inizierà il 2° venerdì di ogni mese da Ottobre 2010 ad Aprile 2011, ad eccezione di quest’anno in Ottobre è la 3° settimana e continua con la seconda settimana di ogni mese. PROGRAMMA FEBBRAIO 2011 Venerdì 11 Febbraio 2011 Ore 21.00 Ore 22.00 Salvatore TESTA Mosè Baldari “L’Umiltà” “Etica pastorale” Sabato 12 Febbraio 2011 Ore 9. 30 Ore 10.30 Ora 11.30 Mosè Baldari Marina Bagni Michele Giliberti “Evangelo di Giovanni” “Apocalisse” “Escotolagia” Ore 15.00 Ore 16.00 Ore 17.00 Ore 18.oo Michele D’ambra Valeria Vergara Munzio Mosca Maria Ciliberti “Musica Sacra e canto” “Scuola Domenicale” “Storia ed attualità dell’Islam” “ Pentateuco” (Feste Ebraiche) Ore 21.00 Ore 22.00 Rosa Battaglia Mosè Baldari “Angeologia”(Gli angeli nella Apocalisse) “Epistola ai Romani” Domenica 13 Febbraio 2011 Ore 9.30 Ore 10.30 Ore 11.30 Marina Bagni Rosa Battaglia Mosè Baldari “Apocalisse” “Angeologia” (Gli angeli nella Apocalisse) “Nozioni giuridiche” PER DONI: C/C Postale 29626504 intestato a M.I.E. MISSIONE ITALIANA PER L’EVANGELO – Casella Postale 1523 – 50121 Firenze – 6 L’UMILTA’ Luca 15: 1, 2 Tutti i pubblicani e i “peccatori” si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Chi sono i pubblicani? L’Evangelo chiama “pubblicani” quelle persone che, nell’impero romano, erano preposti alla riscossione dei tributi. Tranne qualche personaggio onesto, i pubblicani frodavano (Luca 3: 12,13; 19: 8) e, nella maggior parte dei casi, erano Ebrei. Matteo e Zaccheo erano pubblicani. Chi sono i peccatori? Secondo il Vangelo sono trasgressori della legge divina, i colpevoli, quelli che trasgrediscono la volontà rivelata da Dio che è il grande Legislatore, sono gli incirconcisi, il popolo pagano che era escluso dal Suo popolo. Alla luce del significato etimologico, i nostri personaggi, secondo il pensiero umano, sono considerati indegni e peccatori perduti. Ma quello non era il pensiero di Gesù, anzi, Egli apertamente dichiarò di essere venuto per tutti quelli che, consapevoli di essere peccatori, si rendono conto della necessità del perdono di Dio e, coscienti di averLo trasgredito, chiedono perdono riconoscendoLo come l’unico Salvatore. Oggi, come allora, i trasgressori si pongono davanti a Dio nella posizione di peccatori? Ammettono che Dio è santo, giusto e misericordioso nella Sua natura divina? Ammettono di essere colpevoli e di avere infranto la Sua volontà? Gesù, contrariamente a ciò che pensano gli uomini conoscitori e amministratori della legge di Dio, è venuto per chiamare i peccatori a ravvedimento e a salvezza eterna, non coloro che si ritengono uomini giusti e santi, ma coloro che si reputano trasgressori. Gli scribi e i farisei, che si stimavano uomini giusti, accusavano il Maestro di stare con i pubblicani e di accogliere i peccatori; essi si scandalizzavano di Lui perché mangiava con loro. Secondo la legge, per gli Ebrei ciò non era lecito; per questo motivo dissero: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Gesù accoglie proprio loro ed è proprio con loro che vuole avere comunione; perché essi sono sensibili alla voce del Maestro; essi comprendono il Suo messaggio, percepiscono la Sua santità e divinità. Colui che mette il Signore al primo posto, sa che Dio è con lui! Noi siamo l’oggetto della grazia di Dio, e il Signore deve essere l’oggetto della nostra riconoscenza. Febbraio 2011 N° 129 Gesù mangia e beve con i pubblicani e i peccatori perché conosce i loro cuori e vuole trasmettere alle autorità religiose che è giunto il tempo di cambiare Patto, di ricevere la libertà spirituale e di non essere più schiavi della legge, né tanto meno del peccato; Egli, il Maestro, il Messia, è venuto a realizzare un mutamento, ad annunciare il tempo della salvezza e ad instaurare il Suo regno nei cuori di chi ha fiducia in Lui per essere redento. Quindi, non più per le opere della legge si acquista il diritto di essere figli di Dio, ma per la sola fede in Lui. Perciò, anche noi vogliamo ascoltarLo, perché noi, dopo avere ascoltato la Sua Parola, abbiamo creduto in Lui e per la nostra umiltà e semplicità ci ha accolti. Egli ha ascoltato la voce del nostro cuore, ha avuto pietà di noi e, nel Suo grande amore e per la Sua misericordia, ci ha perdonato purificandoci per mezzo del Suo sangue versato sulla croce. La Sua risurrezione è la garanzia della nostra salvezza. Concludo: noi, come i pubblicani e i peccatori di allora, abbiamo scelto di ascoltare e seguire Gesù Cristo, abbiamo riconosciuto di essere dei peccatori, di non essere giusti, per questo Egli ci ha redenti e non solo, per questo motivo ha comunione con noi, ci ha donato il Suo Spirito, il Consolatore, ci ha dato la Sua Parola, il Vangelo, e il privilegio di appartenere alla Sua Chiesa come membra del Suo Corpo sulla terra. Il Signore Gesù vi benedica. Ignazio Ollà Febbraio 2011 N° 129 1 Corinzi 3: 9,10 “Noi siamo, infatti, collaboratori di Dio, voi siete il campo di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come esperto architetto, ho posto il fondamento; un altro vi costruisce sopra. Ma ciascuno badi a come vi costruisce sopra” La questione del ministero è spesso tema delle nostre conversazioni. Si tratta, indubbiamente, di un problema estremamente delicato e importante, che è necessario affrontare seriamente ed obiettivamente. Per questo motivo vorrei esaminarlo attentamente alla luce della Parola di Dio, con lo scopo di aiutare quelli che spiegano le verità bibliche con molta leggerezza. Esercitando il ministero della Parola è necessario, dunque, evitare i possibili malcontenti e avere, attraverso un reale ministero dello Spirito Santo ricco e potente, come obiettivo l’edificazione della Chiesa, la formazione di Gesù Cristo nelle nostre vite e la gloria del Signore. Quando, ad esempio, la Parola di Dio parla della libertà dello Spirito è chiaro che si riferisce non “alla nostra libertà di poter fare quel che vogliamo”, ma alla libertà che ha lo Spirito Santo di agire in noi per correggere la nostra libertà e sottometterla alla volontà del Signore. È necessario, quindi, che la “disciplina” della libertà dello Spirito sia accettata completamente e gioiosamente, non solo da quelli che esercitano il ministero della Parola ma anche da quelli che l’ascoltano. Leggiamo, infatti: “anche i profeti parlino in due o tre e gli al- L’UMILTA’ 7 tri giudichino” (1 Corinzi 14:29). È chiaro, allora, sia quelli che parlano e sia quelli che ascoltano devono farlo sempre “nello e per” lo Spirito Santo. care (ed a ciò siamo esortati) con materiali resistenti come “l’oro, argento e pietre di valore” (1 Corinzi 3:12b). Per non sbagliare, è necessario chiedere a Dio la grazia di non farci cadere nell’errore della Chiesa di Corinto, denunciato dall’apostolo: “Quanto a te, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato” (1 Cor. 14:7). La parola che esce dalla nostra bocca deve essere sempre di edificazione, secondo il bisogno: “... ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi ascolta” (Ef. 4:29). È scritto ancora: “Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione” (Rom. 15:2). I doni spirituali sono dati, infatti, per questo motivo: “... così anche voi, poiché siete desiderosi di capacità spirituali, cerc at e d i ab b on d are pe r l’edificazione della chiesa” (1 Cor. 14:12). Quando noi credenti ci raduniamo, nel nome del nostro Signore, dovremmo sempre ricordare quello che è scritto: “... avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione” (1 Cor. 14:26). Se il nostro Signore ci chiama ad insegnare è necessario sapere anche “che cosa insegnare”. È scritto, a riguardo: “ed ogni giorno nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di portare il lieto messaggio che Gesù è il Cristo” (Atti 5:42). Nessuno degli apostoli, quindi, si tirava indietro dall’insegnare ed evangelizzare, che: “Gesù Cristo risorto dai Per iniziare, lo Spirito Santo rivendica costantemente la sua libertà di scegliere gli strumenti che Dio ha preparato per il ministero della Sua Parola. Questa sovranità divina nella scelta degli strumenti da Lui preparati non dovrebbe mai essere ostacolata o sostituita da una mal interpretata libertà, che potrebbe essere quella della nostra carne, che spesso germoglia dal nostro orgoglio spirituale o dalla nostra carnalità. Lo scopo del ministero della Parola del Signore fra i credenti, infatti, è chiaramente indicato e consiste nell’edificare, nell’insegnare e nel consolare. Spesso, però, il ministero non edifica, non insegna e non consola. Perché? Prima di rispondere a questa domanda, voglio premettere che la Parola di Dio ci esorta solennemente ad un profondo senso di responsabilità affinché, con timore e con grande umiltà, cerchiamo di essere degli strumenti interamente dipendenti da Dio, condotti e ripieni della potenza dello Spirito Santo, per esercitare il santo ministero della Parola secondo la Sua volontà. L’apostolo Paolo così ci esorta: “... ciascuno badi a come vi costruisce sopra” (1 Cor. 3:10). Vi è, dunque, una responsabilità personale. Spesso, purtroppo, si corre il rischio di usare materiali, per l’insegnamento, che non hanno valore e che la Parola del Signore indica come “legno, fieno e stoppia” (1Cor. 3:12a), che non potranno assolutamente resistere alla prova. Possiamo, però, edifi- 8 morti”; come faceva Apollo, oriundo di Alessandria, uomo eloquente e versato nelle Scritture che: “... Arrivò ad Efeso. Egli era stato istruito nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, annunciava accuratamente le cose relative a Gesù” . (Atti 18:24,25). L’apostolo Paolo, parlando agli Anziani della chiesa di Efeso, ha affermato: “... io non mi sono tirato indietro dall’annunciarvi tutto il consiglio di Dio” (Atti 20:27). È logico, quindi, che lo strumento voluto da Dio per compiere l’opera d’insegnamento deve essere: “... sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace d’insegnare” (1 Tim. 3:2). Non perché abbiamo ricevuto queste capacità dagli uomini ma perché, come leggiamo: “... noi non ne parliamo con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali” (1 Cor. 2:13). Dobbiamo riconoscere che, in linea generale, siamo pronti ad accettare, praticare ed insegnare il principio della libertà dello Spirito Santo nel ministero della Parola. Purtroppo, siamo molto lenti e spesso incapaci di disciplinare noi stessi nell’esercizio del ministero, lasciandoci facilmente condurre dalla nostra segreta ambizione e dal nostro orgoglio umano, permettendo ed incoraggiando un ministero che non sempre è esercitato da chi è “atto” e “capace” di insegnare e che, di conseguenza, non edifica assolutamente la Chiesa perché si riduce in sostanza, come è scritto: “Abbiamo saputo che alcuni fra noi, partiti senza nessun mandato da parte nostra, vi hanno turbato con i loro discorsi, sconvolgendo le anime vostre” (Atti 15:24). Luca ha scritto, invece, che: “Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla L’UMILTA’ quale li ha chiamati” (Atti 13:2). Non si tratta qui della chiamata al servizio, perché questa era già avvenuta molto tempo prima. È scritto, infatti, che Saulo (Paolo) dopo la conversione: “Si mise subito a predicare nella sinagoga che Gesù è il Figlio di Dio, e che si rafforzava nel Signore, confondeva i Giudei, dimostrando che Gesù era il Cristo”. Questo rivela la realtà di una chiamata divina già avvenuta e il possesso dei doni spirituali, il cui servizio, fatto nella dipendenza del Signore e nella potenza dello Spirito Santo, produceva frutti di ravvedimento. Paolo era, infatti, “con i fratelli” e “... così la Chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace, ed era edificata; e, camminando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, cresceva costantemente di numero” . (Atti 9:31). Nel capitolo 13 degli Atti, già citato, si tratta di un servizio speciale, di un ministero particolare. Questo ministero non è esercitato in maniera superficiale, invocando la libertà dello Spirito per giustificare uno stato di anarchia e di disordine determinato dal nostro orgoglio, ma nella dipendenza dal Signore con uno spirito di preghiera, di ubbidienza e di consacrazione. In questo modo è possibile evitare situazioni pericolose, come è scritto: “Alcuni hanno deviato da queste cose e si sono abbandonati a discorsi senza senso” (1 Tim. 1:6). Febbraio 2011 N° 129 È possibile anche evitare le semplici “manifestazioni esteriori” simili a: “... un rame risonante o uno squillante cembalo” (1 Cor. 13:1). Ogni cosa deve essere fatta con uno scopo ben preciso: “ci sono nel mondo non so quante specie di linguaggi e nessun linguaggio è senza significato” (1 Cor. 14:10). Riconoscendo che: “... è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente: non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne” (2 Cor. 3:3). Il ministero, espresso secondo la volontà di Dio, produce l’edificazione del corpo di Cristo, l’unità della fede e la conoscenza del Figlio di Dio, per condurre ciascuno di noi alla misura della maturità del Signore Gesù Cristo. Il ministero è dato, infatti, per “il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo” (Ef. 4:12), ed è esercitato per la crescita della Chiesa. “Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune” (1 Cor. 12:7). È chiaro, quindi, che il ministero della Parola, esercitato nella libertà dello Spirito Santo, non è solo “parola”: “Infatti, il nostro … vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione” (1 Tess. 1:5). Salvatore Savino La fedeltà e l’affidabilità di Dio sono le basi e la pietra angolare della nostra speranza di essere protetti fino alla fine C. H. Spurgeon Febbraio 2011 1 N° 129 9 L’UMILTA’ Matteo 10: 16 “Ecco io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. Un filosofo francese ha detto: “Nessun uomo è forte, se non porta nel proprio carattere antitesi fortemente marcate”. Gesù ha riconosciuto la necessità di una fusione di opposti. Egli sapeva che i Suoi discepoli avrebbero dovuto affrontare un mondo difficile e ostile, dove si sarebbero scontrati con la resistenza dei rappresentanti politici e con l’intransigenza di quelli che si ritenevano i custodi dell’ordine antico. Gesù sapeva che avrebbero incontrato uomini freddi e arroganti, persone dal cuore indurito, persone ipocrite, falsi amici; e disse loro: “Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, e diede loro una formula per l’azione: “Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe”. Noi dobbiamo unire insieme la prudenza del serpente e la dolcezza della colomba, dobbiamo avere una mente sveglia, acuta, robusta e un cuore tenero. Pochi hanno l’acutezza di mente per giudicare criticamente e discernere il vero dal falso. Gli individui dalla mente non robusta sono inclini ad abbracciare ogni specie di superstizione. La loro mente è continuamente invasa da timori irrazionali, che vanno dalla paura del venerdì tredici a quella di un gatto nero che attraversa la strada. L’uomo dalla mente debole teme sempre i cambiamenti: trova sicurezza solo nello status quo ed ha timore del nuovo; per lui, nulla è più penoso di una nuova idea. La persona di mente acuta esamina sempre i fatti prima di giungere alle conclusioni; in breve, prima ascolta le varie parti, poi giudica. La persona di mente ottusa giunge ad una conclusione prima ancora di avere esaminato il primo fatto. Ma noi non dobbiamo limitarci a coltivare una mente acuta: il Vangelo esige anche un cuore tenero. L’acutezza di mente senza tenerezza di cuore è fredda e distaccata e rende la vita un perpetuo inverno. La Parola di Dio ci rammenta: “Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono” (Romani 12: 15). Gesù ha illustrato spesso le caratteristiche dell’uomo duro di cuore. Il ricco stolto fu condannato non perché non avesse una mente acuta, ma piuttosto perché non aveva un cuore tenero: la vita per lui era uno specchio nel quale egli vedeva solo sé stesso e non una finestra attraverso la quale vedere gli altri esseri. Gesù ci ammonisce che la vita buona congiunge la prudenza del serpente e la semplicità della colomba. La grandezza del nostro Dio sta nel fatto che Egli è insieme acuto di mente e tenero di cuore: ha le qualità dell’austerità e, insieme, della mansuetudine. La Sacra Bibbia, sempre chiara nell’insistere su entrambi gli attributi di Dio, rappresenta la Sua acutezza di mente nella giustizia e la Sua tenerezza di cuore nell’amore e nella grazia. Dio ha due braccia distese: uno abbastanza forte da circondarci con la giustizia, l’altro abbastanza tenero da abbracciarci con la grazia. Il Signore è, da un lato, un Dio di giustizia, che punisce Israele per le sue azioni malvagie, dall’altro, Egli è un Padre indul- gente, il cui cuore si ricolma di gioia indicibile quando il figlio prodigo ritorna a casa. È una cosa meravigliosa adorare Dio che è insieme acuto di mente e tenero di cuore. Egli non ci lascia soli nelle nostre battaglie e nelle nostre pene: ci cerca nelle tenebre e soffre con noi. A volte noi abbiamo bisogno di sapere che il Signore è Dio di giustizia. Quando vediamo attorno a noi ingiustizie di ogni genere; bambini vittime di atrocità; persone deboli vittime di soprusi, allora abbiamo bisogno di sapere che Dio è onnipotente, che può falciare gli oppressori come l’erba e, come l’erba verde, lasciarli appassire. Quando i nostri più instancabili sforzi non riescono ad arginare che una piccolissima parte del male che ci circonda, abbiamo bisogno di sapere che in questo universo vi è Dio, la cui invincibile forza è una adeguata antitesi alla debolezza dell’uomo. Ma si hanno casi in cui abbiamo bisogno di sapere che il nostro Dio è di amore e di misericordia. Quando siamo abbattuti dalle avversità, dalle delusioni, dalla nostalgia, allora abbiamo bisogno di sapere che vi è Qualcuno che ci ama, che ha cura di noi, che ci comprende e che non ci lascerà soli. Quando nella nostra vita i giorni si fanno bui, possiamo essere riconoscenti perché il nostro Signore riunisce, nella Sua natura, una sintesi creativa di amore e di giustizia che ci condurrà, attraverso l’oscura valle della vita, ai luminosi sentieri della speranza e alla casa del Padre. Maria Ciliberti (Bologna) Bologna 10 L’Apostolo Paolo sottolinea con forza la realtà che trasforma la vita del credente, Egli afferma una verità straordinaria e nel contempo meravigliosa. Gli è stata rivelata dallo Spirito Santo. Paolo fa riferimento preciso al dono di Dio: il Messia che era stato promesso, il Suo unigenito Figlio, dato per espiare, cioè pagare l’alto costo, per il riscatto di chiunque lo voglia; dalla sua situazione di peccatore perduto, destinato alla morte perché “Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6: 23). L’UMILTA’ “Ma ora liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna” (Romani 6: 22). Questo “ma ora”, significa: dal momento che il credente accetta Gesù Cristo quale suo personale Salvatore e Signore, cambia tutto, la prospettiva è completamente diversa per lui; invece di prestare il proprio corpio al servizio dell’ingiustizia e dell’iniquità, si pone l’obiettivo della santificazione e come fine la vita eterna. È questa una realtà difficile da capire, non solo per quelli che ancora sono sotto Un giovane ad una ragazza: “Come ti rende bella il vino!” La ragazza: “Ma io non ho bevuto!” Il giovane: “Io sì, ben tre bottiglie!”. Cari lettori, tutti noi conosciamo i risultati del vino su una persona. Non solo può vedere bello ciò che non lo è, può apparire facile ciò che, quando era in sé, considerava difficile, ma può anche arrivare a fare del male a sé stesso e agli altri. Si, il vino fa questo ed altro! Così è del peccato, indurisce il cuore dell’uomo che non sa più scegliere la via della vita ed uscire da quella che porta alla morte. È la natura Adamitica che ubriaca gli uomini delle cose di questo mondo e non gli permette di vedere la realtà delle cose spirituali che illuminano la mente e riposano il cuore. Infatti lo Spirito di Dio è nel mondo per convincere gli uomini “quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Giovanni 16: 8). L’uomo ha bisogno di ascoltare la Parola di Dio e ad Essa ubbidire, affinché abbandoni il peccato, “il vino”, e cerchi l’aiuto del Salvatore. Diversamente, alla resurrezione affronterà “il giusto giudizio di Dio”. L’uomo, infatti, ha la neces- Febbraio 2011 N° 129 condanna per il peccato, ma spesso anche dai credenti, le cui convinzioni sono più radicate nella logica del legalismo, anziché della grazia di Dio. Ciò che prevale nella logica umana è sempre il principio del dare e dell’avere: “Se non sarò in grado di fare quello che Dio mi chiede, chissà se un giorno potrà accettarmi!” (la salvezza attraverso i propri meriti). Tutto, salvezza compresa, diventa nebuloso e incerto quando poniamo le nostre speranze nelle risorse della misericordia umana. Il Signore vi guidi. Giovanni Focarazzo Bologna sità, dovuta alla giustizia di Dio, di essere perdonato e salvato dal Redentore (Giovanni 3: 6). La Parola del Signore da una precisa esortazione anche ai credenti: “cercare di ben capire quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5: 17). Perciò l’apostolo Paolo, sotto la guida dello Spirito Santo, nel versetto seguente scrive: “Non ubriacatevi! Il vino porta alla dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito” (Efesini 5: 18). Essere ricolmi di Spirito sia l’aspirazione di ogni cristiano. R . B. Febbraio 2011 N° 129 La Chiesa del Signore ha un motivo fondamentale per riunirsi ed avere la gioia di adorare il Salvatore. Egli ci ha liberati dal regno delle tenebre; noi, che facciamo parte della Sua Chiesa mondiale, siamo entrati a far parte del regno di Dio e, come Sua Chiesa, siamo grati al Padre perché per mezzo del Signore Gesù, Suo Figlio, abbiamo ricevuto in dono la redenzione e la remissione dei peccati. Ora, poiché siamo stati redenti dal Signore Gesù e in Lui abbiamo ricevuto il perdono dei peccati, Egli dimora in noi e noi in Lui; questa è la nostra certezza: stare aggrappati a Lui! Sappiamo che il Suo sacrificio è valido continuamente perché è stato compiuto “una volta e per sempre” per rendere certa la nostra fede. Perciò ogni giorno portiamo a Lui le nostre mancanze, i nostri peccati e siamo fiduciosi che Egli ci accoglie e ci perdona; infatti dove troviamo la remissione per i nostri peccati? Solo nel Signore Gesù Cristo. E non solo Egli è disponibile per ogni nostro bisogno, ma chiediamoci: chi è il Mediatore tra noi e il Padre? Sempre il nostro Signore. Perciò la nostra premura è quella di stare saldi in Lui nel bene e nel male, nei periodi tranquilli e in quelli tempestosi. Lui, che ci ha liberati, in ogni situazione è il nostro aiuto ed è potente da continuare a liberarci da ogni peso e farci superare ogni difficoltà. Quindi, il Padre, non solo ci ha liberati e perdonati, ma ci anche trasportati nel regno del Suo amato Figlio per avere la pace. Tutti dovrebbero sapere una verità fondamentale: se uno non è stato liberato dal potere delle L’UMILTA’ “Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato figlio. In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati” Colossesi 1: 13 tenebre e non è stato trasportato nel regno di Dio non è ancora redento e non ha ricevuto il perdono dei peccati. È vero che Gesù ha compiuto il sacrificio della redenzione una volta e per sempre per tutti, ma se uno, personalmente, non crede in questa opera divina e non confessa i peccati come può essere perdonato da Dio? Quel sacrificio per lui non ha valore e non può ricevere la liberazione. I credenti, la Chiesa, ogni suo singolo membro, come è scritto nella Parola di Dio, sono beati perché hanno creduto e hanno accettato Gesù e il Suo sacrificio in modo personale. Noi, non solo abbiamo accettato il Signore Gesù come nostro Redentore, ma Lo seguiamo e Lo serviamo con tutto il cuore; questa comunione con Dio è ciò che ci stimola a proseguire fedelmente. Facciamo un esempio. Un bambino piccolo, che cammina sulla strada, ha bisogno di essere condotto per la mano altrimenti correrebbe un serio pericolo. Noi credenti in Cristo, anche se abbiamo raggiunto una certa maturità di fede, anche se siamo nella fede da 50 anni, abbiamo 11 sempre bisogno di camminare con il Signore e sempre abbiamo bisogno del Suo aiuto. Infatti, ciò che leggiamo nel Vangelo dell’apostolo Giovanni, “senza di me non potete fare nulla”, (15:5) è una verità fondamentale cristiana valida per tutta la nostra vita. Facciamo l’ipotesi che Dio ci lasciasse, che non fossimo più nella Sua mano, allora non saremmo più protetti, custoditi, sostenuti, aiutati e consolati, ma saremmo delle semplici creature, come eravamo prima di ascoltare la Sua voce, il Vangelo, di ubbidire alla Sua volontà. Infatti siamo sicuri, per la fede nelle Sue promesse, che Egli non ci lascerà mai, perciò leggiamo: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giov. 10: 27, 28). Perciò Dio ci ha fatto dono del Suo Santo Spirito, per restare con noi, guidarci e consolarci tutto il tempo della nostra esistenza terrena. Dopotutto, senza l’aiuto del Suo Santo Spirito e della Sua Parola, come potremmo vivere una vita cristiana di santificazione che Lo possa onorare? Cari fratelli, tutti noi sappiamo che è vantaggioso essere figli di Dio, ma dobbiamo anche tenere presente che dobbiamo restare legati a Lui, ubbidienti e fedeli, compiendo tutto il nostro dovere di figli da Lui amati, dato che siamo stati trasportati, spiritualmente, nel regno del Suo amato Figlio. Che onore! Che privilegio! E che responsabilità è la nostra! Giuseppe Testa 12 3° Parte Luca 7: 1-10 Il ritratto che l’evangelista ci fa del centurione è estremamente positivo, ancora di più se pensiamo che si trattava di un pagano e di un soldato. Il centurione era un uomo di animo nobile e gentile che amava un suo servo definito «molto stimato» (7:2), tanto da preoccuparsene come se si trattasse di un familiare «che era infermo e stava per morire» (7:1) e che, secondo Matteo, era paralizzato e soffriva moltissimo (8:6). Ora, sappiamo che, nell’antichità, gli schiavi — perché di questo si tratta anche qui (doulos) — erano considerati generalmente non alla pari degli altri esseri umani, ma alla stregua delle bestie. Invece, in questo caso il centurione non solo lo considera un suo simile, ma addirittura uno di famiglia! Questo aspetto gli fa onore, anche se consideriamo che tali sentimenti non erano così comuni a quei tempi, ancor meno per un militare. Un altro elemento importante che ci fa comprendere l’eccezionalità di questo personaggio è l’atteggiamento degli stessi «anziani dei Giudei» che si recano da Gesù per implorarLo con insistenza di andare a guarire il suo servo (7:3). Ora, sappiamo che Israele giaceva sotto l’occupazione romana da un centinaio d’anni (esattamente dal 63 a. C.), e che questa situazione era vissuta con estrema sofferenza e insofferenza dagli Ebrei. Però, quest’uomo sembra fare eccezione, tanto da indurre questi anziani dei Giudei, cioè le guide religiose locali, a supplicare addirittura Gesù di esaudire il suo desi- L’UMILTA’ derio! La situazione è davvero singolare se non paradossale. Quanto a ciò va notato che quest’uomo si è ambientato a tal punto nella cultura locale da simpatizzare anche con la religione giudaica. Altrimenti perché far costruire la sinagoga? Certo, il finanziamento della sinagoga di Capernaum, dove predicò lo stesso Gesù liberando un indemoniato (cfr. Luca 4:31-37), potrebbe essere inteso come un atto “paternalistico” da parte sua, pur di tenere buoni i riottosi Giudei che facevano presto a insorgere. Però, gli anziani testimoniano che il suo gesto è stato dettato da amore sincero per la nazione, non da mero populismo (7:5). Infatti, se i Giudei avessero subodorato la benché minima doppiezza nel fare del centurione, non ne avrebbero certo perorato la causa presso Gesù! Un’altra caratteristica che balza agli occhi è l’umiltà di quest’uomo (che si direbbe incredibile per un militare in posizione di comando!), il quale, saputo che Gesù si sta recando a casa sua, gli manda a dire di non disturbarsi fino a quel punto, perché lui non è degno di riceverLo sotto il suo tetto (7:6). Ora, tutta questa premura è comprensibile perché questo centurione di animo nobile e sensibile sa che per un Giudeo pio sarebbe stato impensabile andare in casa di un Gentile incirconciso, visto che ciò avrebbe significato contaminarsi, rendersi ritualmente impuro. Così facendo, egli avrebbe rovinato la reputazione del rabbi nazareno. Tuttavia, le sue parole lasciano intendere qualcosa di più: infatti, egli non dice a Gesù di non andare da lui per non “sporcarsi”, ma che lui stesso non è degno di riceverLo in casa sua, anzi, nemmeno di recarsi da lui perché è lui a sentirsi sporco Febbraio 2011 N° 129 (7:7)! Ovvero, evitando di incontrare faccia a faccia Gesù, è come se il centurione abbia percepito la Sua santità e, contemporaneamente, la propria indegnità di peccatore. Questo è sorprendente per un pagano, che non dovrebbe nemmeno avere il senso del peccato. … Inoltre, non è neanche un caso che, nel messaggio affidato agli amici, egli chiami Gesù «Signore», Kyrios in greco, termine impiegato nel Nuovo Testamento per indicare quasi sempre Dio! Certo, si potrebbe trattare benissimo anche di un titolo di cortesia comune a quei tempi (così come impieghiamo anche noi la parola “signore”), ma, nella prospettiva teologica del Nuovo Testamento, in riferimento a Gesù si tratta esattamente del titolo cristologico più alto che ne indica la divinità (cfr. Filippesi 2:11), giacché questo termine, Kyrios, traduce in greco il sacro tetragramma ebraico indicante l’Iddio d’Israele: JHWH. Quindi, l’atteggiamento del centurione ricalca quello tipico dell’uomo peccatore che, incontrando Dio e la Sua santità, prova un profondo senso di indegnità (cfr. Isaia 6:15). Nonostante tutta la sua bontà, il centurione riconosce di essere un peccatore indegno, non meritevole di ospitare la santità di Gesù sotto il suo tetto. E questo è un particolare di non poco conto, se consideriamo tutto l’insegnamento del Nuovo Testamento riguardo al ravvedimento e alla fede in Cristo per la salvezza. Infatti, è da ravvisare in tutto questo un’opera segreta e continua della grazia che aveva indotto quell’uomo a simpatizzare per la fede d’Israele, ad amare il suo prossimo (il servo e gli Israeliti), a riconoscersi peccatore indegno e a ricorrere, infine, a Gesù. Febbraio 2011 N° 129 Difatti, nel costruire tutta la sequenza narrativa, Luca ha tratteggiato il carattere del centurione in un crescendo continuo di elementi, per giungere adesso al climax: la sua fede straordinaria in Gesù, senza nemmeno averLo visto, come si evince dalle sue stesse parole riportate dagli amici: «Perché anch’io sono uomo sottoposto all’autorità altrui, e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: “Vai”, ed egli va; a un altro: “Vieni”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo”, ed egli lo fa» (7:8). Ricorrendo alla similitudine dell’esperienza militare, il centurione dimostra di aver capito chi è Gesù: un’autorità spirituale, di ordine soprannaturale, alla quale sottostanno e ubbidiscono le realtà naturali, ma anche le potenze oscure che governano le malattie (come si credeva allora, per cui le malattie avevano quasi sempre cause non appena fisiologiche, ma misteriose). Egli conosceva bene quello che i Romani di allora chiamavano imperium (l’ordine, il comando) della disciplina militare, che esercitava egli stesso ubbidendo ai superiori e ricevendo l’ubbidienza di altri a lui sottoposti, ma che aveva la massima espressione nell’Imperator, l’Imperatore, il supremo comandante, la massima autorità. Pertanto, così come tra militari bastava una sola parola d’imperium per farsi ubbidire, così una sola parola di Gesù sarebbe bastata a farsi ubbidire dalle forze misteriose che opprimevano il moribondo, perché Gesù era il Supremo Imperatore che, come scriverà l’autore della lettera agli Ebrei, «sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza» (Ebrei 1:3). Ecco in cosa manifestò di credere il centurione nei riguardi di Gesù: che era proprio quel Kyrios, Signore, che in greco significava precisamente “supremo in autorità” (quale è solo Dio) e che, in L’UMILTA’ ambito politico, traduceva il concetto latino di sovrano, capo supremo, Imperatore. Pertanto, sentendosi riconoscere da un pagano miscredente per quello che davvero era, il Supremo Imperatore, «Gesù restò meravigliato di lui; e, rivolgendosi alla folla che lo seguiva, disse: “Io vi dico che neppure in Israele ho trovato una così gran fede!”» (7:9). Così dicendo, Gesù esaltò la fede del pagano Romano, ma umiliò l’incredulità dei religiosi Israeliti. Fu un durissimo schiaffo morale mollato solennemente a tutti quelli che, pur conoscendo le Scritture e le profezie a Suo riguardo, erano così miopi e induriti di cuore da non aver ancora scorto in Gesù il Messia promesso e il Figlio di Dio, anzi, cominciavano già ad osteggiarLo, mentre perfino un pagano aveva riconosciuto la Sua vera identità! Davanti a una fede così grande perché pienamente consapevole dell’onnipotenza di Gesù, il miracolo avviene seduta stante. Perché è proprio questa la fede che onora Dio e che Dio onora. Per concludere, sebbene in questo testo non si parli di salvezza eterna, ma solo di guarigione, per di più di una seconda persona, io credo che l’evangelista Luca, ispirato dallo Spirito Santo, abbia inteso tratteggiare proprio le caratteristiche dell’autentica fede salvifica, ovvero di quelle dinamiche di ravvedimento dei propri peccati, da un lato, e di affidamento a Gesù per la salvezza, dall’altro. Fede che, si badi bene, viene espressa da un pagano e che, mostrando la quale, serve da prefigurazione della fede che Dio avrebbe concesso ai Gentili perché in Gesù Cristo si era manifestata la «grazia salvifica per tutti gli uomini» (Tito 2:11). (Nel prossimo numero “Applicazioni”) 13 Grande fra i maggiori compositori, Giovanni Sebastiano Bach (1685-1750) possedeva una fede vivente e una grande umiltà legata alla coscienza della maestà di Dio. Non era solo per abitudine che terminava ogni sua opera opponendo le iniziali “S.D.G.” (Soli Deo Gloria, cioè: a Dio solo sia la gloria). Sui suoi manoscritti sovente si trovano anche le lettere “J. j.” (Jesus juvat, cioè: Gesù aiuta). Un biografo rileva che nelle sue opere “Bach non ha mai dimenticato che cosa significano le parole peccato, colpevolezza, morte ed esperienza di ciò che è effimero”. Inoltre, egli si esprime con forza riguardo al perdono divino. La sua biblioteca si componeva di libri sulla teoria musicale e di scritti cristiani. Mentre i primi sono stati conservati dai suoi figli, le opere cristiane sono andate perdute, per mancanza d’interesse. Solo una Sacra Bibbia è apparsa negli Stati Uniti. Si tratta di un’edizione del 1681, in tre volumi, tradotta da Martin Lutero. Essa contiene, a margine, delle annotazioni fatte dalla mano di Bach. Grande per il cielo e per l’eternità Siamo felici di sapere che quel genio era un credente pio. Il suo talento l’ha reso umile e gli ha permesso di beneficiare della grazia di Dio che l’ha reso grande per il cielo e per l’eternità. Con la sua opera musicale ha saputo glorificare il suo Dio. A lui in particolare si devono parecchi corali e melodie di canti cristiani. 14 L’UMILTA’ “Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, come amministratore di Dio” (Tito 1: 7) Il brano della lettera a Tito mostra quali requisiti deve possedere un responsabile nella Chiesa del Signore. Desidero sottolineare alcuni punti, a parer mio, molto importanti. Prima di tutto, un responsabile deve avere la capacità, donata dall’alto, di ammaestrare altri alla responsabilità, al servizio, educandoli nella sana dottrina. Nelle chiese nascenti questo è stato sempre un problema, ciò si evince nella Sacra Bibbia fin dai tempi antichi. Vogliamo prendere l’esempio di Paolo (vedi pure Atti 20: 17-21). L’apostolo Paolo, scrivendo a Tito, afferma di averlo lasciato a Creta per eleggere anziani e per mettere ordine nella chiesa di ogni città della provincia, precisando: “Secondo le mie istruzioni”. Le istruzioni di Paolo esigevano: 1 “Irreprensibilità”, cioè qualità di un uomo che non merita riprensione alcuna e non da motivo di essere criticato, perché è ritenuto capace di amministrare gli oracoli di Dio, cioè gli ammonimenti, le esortazioni, l’incoraggiamento, l’ammaestramento, in breve il consiglio di Dio, sia riguardo alla salvezza eterna, sia riguardo al giusto giudizio di Dio per quelli che non accettano la Sua grazia. Essere irreprensibile non significa che il responsabile sia diventato giusto e non pecchi più, ma piuttosto che qualora cada chieda perdono. Visitando le chiese in Italia, con molto dispiacere, mi accorgo che in alcune comunità non esiste più il culto domenicale per rompere il pane, come in Atti (20: 7). Non dimentichiamo che, non adempiendo a questo comandamento del Signore, Lo derubiamo di ciò che Gli spetta di diritto. È chiaro per tutti che Dio è degno di ricevere il culto dai Suoi redenti. In certe chiese non esistono più le riunioni di preghiera settimanali. In altre non esiste la comunione fraterna, mezzo importante per conoscersi e amarsi e servire insieme il Signore. Altre chiese non hanno un governo collegiale. Alcune sono passive per ciò che riguarda l’evangelizzazione della città dove risiedono. Ma sia resa grazia a Dio per le molte chiese nelle quali ci sono responsabili che camminano secondo l’ordine di Dio, con fervore e zelo. Caro responsabile, anziano, pastore o vescovo, facciamo un esame, una verifica interiore personale. Io lo faccio, è un esercizio molto utile stare in preghiera alla presenza del Signore per sapere se procedo secondo la responsabilità affidatami perché non voglio venir meno al mio impegno con Lui. Se mi accorgo di essere venuto meno in qualche cosa chiedo perdono a Dio e con nuovo interesse e forza vado avanti. Chiediamoci: stiamo ammaestrando la Chiesa di Dio secondo le Sue direttive? Non sia il nostro “anzianato” solo un titolo, lungi da noi l’appropriarci di ciò che Dio non ci ha donato. L’apostolo scrive nella sua lettera “pascete il gregge di Dio che è tra voi” (1 Pietro 5:2), questo Febbraio 2011 N° 129 significa condurre la chiesa presso il pascolo verdeggiante della Parola di Dio, del riposo, della beatitudine, verso l’acqua che disseta, cioè sempre verso Cristo Gesù. Caro fratello, porti la chiesa a parlare col Padre in Cristo, nella preghiera comune per le necessità dei credenti? Teniamo presente l’insegnamento di Giacomo (5: 16). Gesù è il nostro Sommo Pastore; è anche l’acqua che disseta, l’acqua della vita, la nostra vita eterna! Fratello, forse risponderai positivamente, anche se ti rendi conto che nella tua comunità manca la riunione settimanale della preghiera. Per esperienza affermo che, mancare a questo appuntamento col Signore è come avere una bella macchina senza benzina. Il motore non si mette in azione e la macchina non si avvia, per quanto bella possa essere! Gesù pregava, gli apostoli erano assidui all’ora terza e all’ora nona per la preghiera del mattino e della sera (troviamo Pietro che pregava anche all’ora sesta) servizio che si svolgeva nel tempio perennemente, era una legge per tutto il popolo ovunque si trovasse (Luca 1:10; Atti 3:1; 10:9). Gli uomini di Dio fino agli apostoli non si sono sbagliati praticando ciò che Dio ha ordinato. È buono praticare l’esercizio della preghiera. Ti chiedi se agisci come l’apostolo Paolo ha insegnato a Tito? Io lo faccio. Impegniamoci a mettere ordine nella chiesa del Signore e meditiamo tutti su questo importantissimo argomento. Febbraio 2011 N° 129 L’Io sono Mosè ha creduto che Dio gli parlava per mezzo della “voce” e che Egli è. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono” (Es. 3: 14); Gesù disse loro: “Io sono” (Giov. 18: 5) La Parola La Parola è la voce di Dio data agli uomini per conoscerLo. Dio parla per mezzo di Essa affinché l’uomo conosca la Sua volontà, il Suo amore e la Sua giustizia, il Suo piano di salvezza offerto per mezzo della Sua incarnazione. “… E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità” (Giov. 1: 1-5, 14). “Il suo nome è la Parola di Dio” (Ap. 19: 13). Gesù è la via, la verità e la vita Se lo scegli come Guida spirituale Egli illuminerà sempre il tuo cammino fino al Paradiso, perché è l’Unico che possa accompagnarti fino al Padre. Se credi nel Vangelo, la verità e lo pratichi, ami Dio, segui i Suoi insegnamenti e Lui stesso dimorerà in te con il Suo Santo Spirito. (Giov. 14: 21). Se Lo accetti quale Salvatore otterrai in dono la vita eterna, perché Egli stesso è VITA eterna. Gesù disse: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giov. 14: 6; 1 Giov. 5: 20). Gesù è il mediatore Se vuoi essere raccomandato a Dio, hai solo un modo. Non c’è sulla terra, né in cielo nessuno che possa parlare al Padre in tuo favore. “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il L’UMILTA’ cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4: 12; Eb. 12: 24). Gesù è la luce del mondo Se ti lasci illuminare dalla Sua luce, il Vangelo, sarai redento e camminerai nella Sua luce. Gesù parlò: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giov. 8: 12). Gesù è il pane della vita Se vuoi che la tua anima sia saziata e dissetata, non cercare in una creatura, ma solo nel Creatore, nella persona di Cristo. Gesù disse loro: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” (Giov. 6: 35, 41) Gesù è l’acqua della vita Se Egli ha purificato tutti i tuoi peccati, ogni giorno potrai dissetarti alla Sua fonte da cui scaturisce la vita eterna. “Ogni cosa è compiuta. Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita” (Ap. 21: 6) Gesù è la porta Se vuoi entrare nel regno di Dio puoi, ma solo per mezzo del Signore Gesù Cristo. Gesù disse: “Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura” (Giov. 10: 7,9) Gesù è il buon pastore Se ti sei affidato a Lui, Egli si prenderà cura di te ogni giorno e nessuno potrà toglierti la vita eterna da Lui donata. Gesù disse: “Io sono il buon pastore; il buon pastore da la sua vita per le pecore ... Le mie pecore a- 15 scoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giov. 10: 1130). Gesù è la risurrezione Alcuni non credono alla risurrezione dei morti, ciò nonostante la risurrezione avverrà; se hai creduto che Egli è la risurrezione e la vita, risusciterai per la vita eterna; se non hai creduto, ugualmente risusciterai, ma per il giudizio e la condanna eterna. Gesù disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?” Che tu possa dire come Marta: “Si, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” (Giov. 11: 25-27). Gesù è la vera vite Se sei un tralcio fruttifero della “vera vite” è perché hai ascoltato e ricevuto la Parola di Dio e, per mezzo di Essa, Cristo ti ha purificato per dimorare in Lui e Lui in te. Gesù disse: “Io sono la vera vite … voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto” (Giov. 15: 1, 5). Gesù è la lucente stella del mattino, l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo Egli, per l’uomo, è l’inizio e il completamento della vita eterna e del regno di Dio, perciò gli è stato dato nome Redentore! (Ap. 22:16; Ap. 1: 8; Apo. 1: 17). Ascolta e credi affinché per te “spunti il giorno” della salvezza, e “la stella del mattino”, il Redentore, “sorga nel tuo cuore”. (2 Pietro 1:19). Rosa, la redattrice 16 Febbraio 2011 N° 129 L’UMILTA’ Prima io sentivo parlare del Signore quale Creatore e Salvatore, ma non sapevo che sarei dovuto nascere di nuovo e che solo Lui avrebbe potuto portare pace nella mia esistenza e perdonare tutti i miei peccati. Poi, nel 1985, mi sono convertito al Signore Gesù Cristo. Egli è stato buono con me, perciò Lo ringrazio di cuore. Dio mi ha donato lo Spirito Santo e ora appartengo al Suo regno. Anche se da diversi mesi non posso più andare alle riunione, sono nato nel 1922, la mia gioia più grande è partecipare al culto, allo studio della Parola del Signore e alla preghiera. Nonostante la mia condizione i fratelli vengono a trovarmi a casa affinché io possa avere comunione con la Chiesa. Per questo ringrazio il Signore, Egli è con me, è sempre pronto ad aiutarmi e consolarmi. Egli mi ha cambiato nella condotta e nel parlare. Perciò vorrei dire, a chi non è ancora nato da Dio, di invocarLo per ricevere il perdono dei propri peccati e di sottomettersi alla Sua volontà. A proposito, il Signore perdona ogni peccato e accoglie come figli tutti quelli che Lo invocano secondo la Sua volontà. Con me Lo ha fatto. Vi racconto in breve come mi sono convertito a Gesù Cristo. Mia figlia Nina si è convertita prima di me e mi parlava della salvezza. Io andavo in campagna e, quando ero solo, mi rivolgevo a Dio, perché dentro di me c’era un gran vuoto, mi sentivo solo e senza conforto. Cercavo aiuto, ma era inutile. Un giorno, parlando con i fratelli in Cristo, ho aperto la porta del mio cuore a Gesù, infatti, mi sono reso conto di essere un peccatore perduto. Il Signore mi ha perdonato e mi ha donato il Suo Santo Spirito e ha portato tanta gioia in me. Per mezzo della preghiera parlo sempre con il Padre celeste e sento la sicurezza del Suo amore. Durante la mia vita ho fatto tante cose, ho partecipato alla seconda guerra mondiale, sono stato in Russia; ho cresciuto i miei figli; ho lavorato tanto; ho fatto cose buone, ma anche cose che Dio non approva, però di questo mi sono pentito e Dio mi ha perdonato. Sono felice perché la cosa più giusta che ho fatto nella mia vita è l’aver conosciuto il perdono e l’amore di Dio per mezzo del Signore Gesù Cristo. Sebastiano Ribaudo - Reitano (Messina) “La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno” 1 Timoteo 6: 6 Il Signore calma ogni tempesta 1 Sii forte e coraggioso 3 Cerchiamo ciò che è positivo 3 Perfetti nel Donatore della salvezza eterna 4 M.I.E. & C.A.T.M.A. Programma di Febbraio 5 Garanzia di salvezza 6 Lo scopo del ministero e chi lo disciplina 7 Prudenti e semplici 9 La salvezza attraverso la grazia 10 “Cercate di ben capire” 10 “Condotti dalla Sua mano” 11 Il pagano dalla grande fede 12 A Dio sia la gloria 13 “Come amministratori …” 14 Il Signore Gesù è ... 15 La cosa più giusta - Versetto del mese Indice 16