Cap. II. - Generalità sulla Terra e sull`Universo

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Cap. II
Generalità sulla Terra e sull’Universo
Cap. II. - Generalità sulla Terra e sull’Universo
II.1. Richiamo delle principali notizie astronomiche e geodetiche sulla Terra
Per una migliore comprensione di alcune delle cose che saranno dette nel seguito è
opportuno ricordare sinteticamente le principali caratteristiche del corpo celeste
chiamato Terra, che ospita l’Uomo.
II.1.1. La Terra nell’Universo
La Terra è uno dei pianeti che orbitano intorno a una stella detta Sole;
quest’ultima è situata, in posizione piuttosto periferica, con circa altri 100 miliardi di
stelle, in una galassia, cioè sistema di stelle, nota come la Galassia per antonomasia
(l’apparenza di essa sulla volta celeste è la cosiddetta Via Lattea, a ricordo nella
mitologia greca dell’allattamento del dio Giove e «latte» in greco suona gàla gàlaktos); la
Galassia è una fra qualche decina di miliardi di galassie simili che popolano
l’Universo.
Il Sole è da considerarsi come una stella media, cioè non particolarmente
significativa, sia per caratteristiche geometriche e dinamiche sia per luminosità e altre
caratteristiche fisiche. La Terra e gli altri corpi celesti che si trovano (stabilmente oppure
occasionalmente) soggetti al campo gravitazionale del Sole (pianeti solari, satelliti di
pianeti, pianetini, comete, meteore) costituiscono il Sistema Solare.
La Terra è il 3° pianeta del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole (in tale
ordine: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone) e ha
un solo satellite naturale, la Luna.
La Terra, o per dir meglio la parte «solida» di essa (cosiddetta Terra solida, ma si
dovrebbe dire parte terracquea, o qualcosa di simile), non ha una forma geometricamente
regolare (la superficie che la delimita teoricamente come corpo materiale è detta geoide:
si tratta della superficie equipotenziale del campo gravitazionale terrestre a quota zero,
corrispondente alla superficie libera media dei mari e degli oceani immaginata prolungata
al disotto dei continenti e delle isole), ma con buona approssimazione può essere
schematizzata come un ellissoide di rotazione (ellissoide terrestre) relativamente poco
schiacciato; profittando del piccolo valore dello schiacciamento di quest’ellissoide (la
differenza tra il raggio equatoriale e quello polare, che sono dell’ordine di 6370 km, è di
meno di 22 km), in alcune questioni, specialmente se in prima approssimazione, può
essere utile considerarla di forma sferica, cosiddetta sfera terrestre, con raggio medio di
6370,9 km. Ecco alcuni dati numerici sulla Terra.
TAB. II.1.1/1. PRINCIPALI GRANDEZZE NUMERICHE RIGUARDANTI LA T ERRA
Accelerazione di gravità: all’equatore
9,780 573 m s-2
ai poli
9,832 251 m s-2
Area della superficie totale (100 %)
5,10 1014 m2
delle terre emerse (29,2 %)
1,49 1014 m2
Densità media
5,515 103 kg m-3
11
Distanza dal Sole all’afelio
1,521 027 10 m (1,016 744 UA)
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al perielio
1,470 993 1011 m (0,983 298 UA)
Eccentricità dell’orbita intorno al Sole
0,017
Inclinazione dell’asse sul piano orbitale intorno al Sole 0,409 091 rad (23°26_21,488__)
Lunghezza dell’equatore
40.075.000 m
media di un meridiano
40.008.000 m
Massa
5,974 1024 kg
d h
m
s
Periodo rivoluz. intorno al Sole (anno solare)
365 5 48 46,98 (3,155 693 107 s)
Periodo rivoluz. siderale intorno al Sole (anno siderale) 365d 6h 6m 9,54s (3,158 107 s)
Periodo di rotazione medio (giorno solare medio)
86.400 s (24h)
Periodo di rotazione siderale (giorno siderale)
86.164 s (23h 56m 4s)
Profondità media degli oceani e dei mari
3.794 m
Raggio equatoriale
6.378.140 m
medio (raggio della «sfera terrestre»)
6.370.900 m
polare
6.356.700 m
Schiacciamento polare medio
1/298,257
Semiasse maggiore orbita intorno al Sole (unità astronomica, UA) 149.597.870 km
Velocità angolare di rotazione
7,292 116 10-5 rad/s
lineare di rotazione media all’equatore e a quota nulla 465 m/s (1674 km/h)
lineare orbitale media
29.800 m/s (107.280 km/h)
Volume
1,083 228 1021 m3
II.1.2. Moti della Terra
La Terra è animata dai seguenti moti:
(a) un moto diurno di rotazione intorno a un asse centrale detto asse terrestre (si tratta
dell’asse minore dell’ellissoide terrestre nominato prima); le due intersezioni di tale asse
con la superficie terrestre sono dette poli terrestri (geografici) e di essi è detto polo nord
o polo boreale quello dal quale la rotazione della Terra appare nel verso antiorario;
poiché la Terra perde continuamente parte della sua energia propria (principalmente,
dato che essa non è un corpo rigido, a causa di «attriti» interni di varia natura), tale moto
va leggermente rallentando, per cui il periodo di rotazione, nominalmente di 24 ore esatte
(86.400 secondi), aumenta leggermente in termini assoluti (attualmente in ragione di circa
un secondo di tempo atomico internazionale all’anno); l’asse di rotazione non coincide
con l’asse polare d’inerzia dell’ellissoide terrestre, per cui, a causa della non rigidità della
Terra e dei citati «attriti» interni di varia natura, la giacitura dell’asse di rotazione
presenta piccole oscillazioni intorno a una giacitura media, dette moti di nutazione (la
curva descritta sulla superficie terrestre nell’ultimo secolo dal polo nord vero istantaneo
intorno al polo medio, che si chiama polodìa, risulta tutta compresa entro un quadrato di
lato poco maggiore di 10 m); inoltre, a causa delle perturbazioni attrattive mareali
esercitate dalla Luna e dal Sole sul rigonfiamento equatoriale dell’ellissoide terrestre
insorge un moto di precessione, per cui l’asse di rotazione descrive in senso antiorario e
con un periodo di circa 26.000 anni un cono intorno a un asse ortogonale al piano
dell’orbita descritta dalla Terra intorno al Sole nel suo moto annuo (v. succ. fig.
II.1.2/1,1): è a causa di questa precessione, nota come precessione degli equinozi, che
muta nel corso dei millenni la stella che funge da “stella polare”, cioè da indicatrice sulla
volta celeste del nord celeste, traccia sullavolta celeste dell’asse della rotazione terrestre;
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attualmente è polare la stella
della costellazione dell’Orsa Minore, ma intorno al 4000
aC era la stella Draconis e intorno al 4000 dC sarà la stella
Cephei);
(b) un moto annuo di rivoluzione intorno al Sole (fig. II.1.2/1,1), secondo un’orbita
ellittica con piccola eccentricità (0,017, cioè un’orbita quasi circolare), che è percorsa
in un anno siderale (l’intervallo di tempo
tra due successive congiunzioni del Sole con
una medesima stella sulla volta celeste, circa
21 minuti più lungo dell’anno solare, che è
l’intervallo di tempo tra due successivi
passaggi al punto vernale dell’orbita
terrestre, cioè tra due successivi equinozi di
primavera: Tab. II.1.1/1); il piano dell’orbita è inclinato di circa 23°30’
sull’equatore celeste; anche il moto annuo
presenta piccole irregolarità;
(c) la Terra partecipa infine al moto d’assieme del Sole e del Sistema Solare verso la
costellazione di Ercole, sensibilmente
uniforme con la velocità di circa 20 km/s; la
fig. II.1.2/1,2 mostra la traiettoria della
Terra rispetto alle stelle fisse, quale risulta
dalla composizione di questo moto proprio
solare con il moto di rivoluzione annua della
Terra intorno al Sole.
II.2. Sintesi dell’evoluzione storica delle
nozioni sulla Terra nell’Universo
Nella remota antichità si ebbero varie idee
sulla Terra, rivolte quasi esclusivamente alla
sua forma e alla sua
posizione
nell’Universo, accanto ad altre entità visibili
in cielo. Tra queste, quelle che nella civiltà
greco-romana furono poi chiamate metèore
(gr.: «che stanno in alto») e delle
quali si occupa oggi la meteorologia (quali, tipicamente, le nubi) furono presto
riconosciute come intrinsecamente legate alla Terra e facenti parte del suo dominio,
mentre le altre, e cioè, in ordine di importanza, il Sole, la Luna, i pianeti (termine che
etimologicamente dal greco vale «[stelle] erranti») e le stelle fisse erano considerate come
apparenze legate alla Terra perché osservabili dalla sua superficie ma, al tempo stesso,
sostanzialmente indipendenti da essa. I vari popoli elaborarono così, inizialmente più
nell’ambito religioso che in quello scientifico, vari tipi di rappresentazione dell’Universo
(alla greca, Còsmo), dette cosmologie («descrizioni del Cosmo») e cosmogonie («teorie
sull’origine del Cosmo»), alcune delle quali sopravvivono ancora in alcune religioni.
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È interessante ricordare lo sviluppo storico delle rappresentazioni cosmologiche
sviluppatesi nei paesi del Vicino Oriente, ove, come s’è ricordato, s’è originata la scienza
occidentale. Per necessaria semplicità, per tale sviluppo ci riferiremo soltanto a tre
momenti significativi di esso, e precisamente al pensiero della Scuola Ionica (circa 6° sec.
aC), allo schema cosmologico tolemaico (2° sec. dC) e a quello copernicano (16° sec.),
dal quale ultimo ha preso le mosse la cosmologia attuale.
II.2.1. Il modello cosmologico di Anassimandro con l’Universo sferico e la Terra
piana (6° sec. aC) e il passaggio al modello di Eratostene della Terra sferica (2° sec.
aC)
La fig. II.2.1/1 schematizza la struttura dell’Universo secondo il pensiero di quello
tra i filosofi della Scuola Ionica di Mileto che più s’occupò di cosmologia, cioè
Anassimandro (v. par. I.1); tanto per fissare un dato cronologico, possiamo datare
questo schema al 6° sec. a.C., un poco prima del periodo in cui visse Anassimandro;
quest’ultimo si giovò, in una misura che non siamo in grado di precisare, della cosmologia
sviluppata da coloro che lo avevano preceduto, sia nella Scuola di Mileto sia altrove.
Si tratta di un modello puramente «fenomenologico», cioè basato sulle apparenze,
opportunamente geometrizzate, che degli enti cosmici dava l’osservazione diretta.
Fig. II.1/1 - SCHEMA DELL ’UNIVERSO DI ANASSIMANDRO (VI sec. aC).
La Terra è il centro delll’Universo ed è schematizzata in forma di disco cilindrico piano, circondato dalla
massa acquea di un indefinito Oceano tutto intorno e da una serie di sfere concentriche sulla superficie
delle quali si trovano ed evoluiscono, in ordine di distanza dalla Terra, le stelle, la Luna, il Sole
e, all’infinito, il fuoco, elemento primigenio dell’Universo e dell’energia in esso.
Si ricorda che a tale modello era ispirato l’altorilievo che adornava lo scudo di Achille, la minuta
descrizione del quale si trova in un canto dell’Iliade omerica. Colpisce in esso l’asimmetria esistente tra
la sfericità dei supporti per i detti corpi cosmici (stelle, Luna, ecc.) e la planeità della Terra. Mileto era
una città costiera e l’esperienza della vita quotidiana portava ad assumere una forma curva sfuggente, e
non piana, per la superficie del mare (per es. in quanto le prime cose a comparire delle navi in
avvicinamento erano le estremità degli alberi). È da pensare che lo schema della «Terra piana» derivasse
da un precedente modello per ambiti terrestri non costieri e non troppo estesi, probabilmente sviluppato
dagli Assiro-Babilonesi e accettato anche dalla Scuola Ionica in quanto, secondo alcuni, risultava ben in
accordo con l’apparente planeità delle molte piatte regioni semidesertiche delle vicine regioni
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mediorientali; è peraltro più probabile che tale planeità sia stata assunta, in termini più elevati, come
astrazione con una ben nota natura geometrica (il piano) di una geometricamente imprecisabile realtà.
Le successive vedute fenomenologiche della filosofia naturale di Platone (428-348 aC)
e soprattutto di Aristotele (384/383–322 aC), nelle quali avevano un rilievo primario le
forme circolari nel piano e quelle sferiche nello spazio, portarono presto, partendo dagli
elementi ora ricordati, ad attribuire decisamente alla Terra la forma sferica. Del valore del
raggio della sfera terrestre dette una prima valutazione nel 2° sec. aC l’astronomo
Eratostene (276/272-196/192 aC), che operava ad Alessandria d’Egitto, ed è
interessante, per varie ragioni, richiamare alla mente il procedimento di calcolo da lui
seguito: un bell’esempio di una geniale utlizzazione in ambito trascendente di semplici
dati tratti dalla vita corrente.
La fig. II.2.1/2 mostra gli elementi geometrici di tale procedimento, riferiti alla sezione meridiana
della Terra riguardante la città di Alessandria d’Egitto, in cui operava Eratostene. Come già allora si
sapeva, nel
giorno del solstizio d’estate (l’attuale 21 giugno) il Sole a
mezzogiorno risultava allo zenit (cioè sulla verticale del
luogo) nei siti dell’emisfero boreale aventi una latitudine
pari all’inclinazione dell’asse terrestre sul piano dell’orbita
annua terrestre intorno al Sole, che è di 23°36’; era quello
che accadeva nell’importante nodo carovaniero di Siene
(odierna Assuan) nel basso Egitto, che si trova all’incirca
alla detta latitudine, dove al mezzogiorno del solstizio
d’estate il Sole si rifletteva sull’acqua del fondo dei pozzi, a
riprova della verticalità dei suoi raggi. In quello stesso
giorno Eratostene misurò ad Alessandria la distanza zenitale
del Sole; trovando per essa un valore di circa 7° (0,122
rad); indicando con m la lunghezza dell’arco sferico da
Alessandria a Siene (viste all’incirca sullo stesso meridiano)
e con R il raggio della sfera terrestre, nonché esprimendo
in radianti, è, per definizione, R=m/ ; non avendo altre risorse, Eratostene valutò la lunghezza di m in
base ai giorni impiegati in media dalle carovane per raggiungere Siene da Alessandria, assumendola in
5.000 stadi, cioè in circa 925 km (lo stadio era una unità di misura itineraria greca equivalente a circa 185
m) e ottenendo quindi per R un valore di circa 7.582 km, per circa il 19 % maggiore del vero (circa 6.371
km): un risultato abbastanza buono (ma conseguito per il concorso casuale di circostanze favorevoli) ove
si tenga conto degli svariati grandi errori di misurazione e di valutazione propri del metodo.
II.2.2. Il Sistema Solare geocentrico di Tolomeo (2° sec. dC)
La cosmologia greca raggiunse la sua vetta più alta con un modello geometrico-cineti-co
del sistema di astri costituito dal Sole e dai suoi pianeti con i loro satelliti (Sistema
Solare), tutti orbitanti intorno alla Terra, sempre considerata centro dell’Universo; si
tratta dunque ancora di un Sistema geocentrico che fu elaborato in forma definitiva
dall’astronomo Claudio Tolomeo (circa 100-178 dC), di Alessandria d’Egitto, ed è
perciò noto come Sistema Tolemaico. Questo modello (fig. II.2.2/1) è capace di dare
conto dei movimenti degli astri del Sistema Solare sulla volta celeste, in particolare anche
di quelli, piuttosto complicati, descritti dai pianeti: questi, infatti, appaiono descrivere
sulla volta celeste un arco, raggiunta un’estremità del quale (la cosiddetta «stazione» del
pianeta) s’arrestano e invertono il loro movimento (fenomeno noto come
retrogradazione dei pianeti).
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Generalità sulla Terra e sull’Universo
In questo Sistema domina il moto circolare uniforme nel ‘verso diretto’ (cioè antiorario), quale moto
perfetto per le entità superne costituite dagli astri visibili sulla volta celeste e orbitanti intorno alla Terra,
centro del Cosmo e animata da un moto di rotazione con periodo di un giorno. Mentre la Luna e il Sole
descrivono intorno alla Terra, con periodo rispettivamente di un mese e di un anno, una semplice
rivoluzione circolare (la loro traiettoria apparente sulla volta celeste deriva poi, come del resto per tutti gli
altri astri, dalla combinazione dei detti moti con la rotazione terrestre), l’orbita di ciascuno dei pianeti è
più complessa, risultando dalla composizione di un moto uniforme nel verso diretto, con opportuni
raggio e velocità, su una circonferenza, detta epiciclo, il cui centro si muove uniformemente (sempre nel
verso diretto) su una più ampia circonferenza geocentrica, detta cerchio deferente (il moto sull’epiciclo dà
luogo al moto apparente con la retrogradazione tra le stazioni sulla volta celeste).
II.2.3. I Sistemi eliocentrici Copernicano (16° sec.), Kepleriano (17° sec.) e derivati,
fino alla cosmologia attuale del Sistema Solare
Il Sistema Tolemaico, del quale è ancor oggi da ammirare la potenza rappresentativa in
rapporto alla razionale semplicità dell’impianto teorico, ebbe giustamente una vita
relativamente lunga, esattamente fino ai secc. 16°-18°, quando il suo impianto
geometrico-cinetico, introdotto con intenti puramente fenomenologici, cominciò a essere
riesaminato dai nuovi punti di vista dinamici della nascente fisica moderna, come dire
cercando le leggi causali dei fenomeni osservati.
Il primo e fondamentale passo in questa direzione fu fatto dall’astronomo polacco
Nikolaus Kopernik <-pèr-> (1473-1543), che studiò e operò anche in Italia, dove è più
noto con i nomi latinizzati e italianizzati di Nicolaus Copernicus e Nicola Copernico.
Rivedendo criticamente le osservazioni astronomiche sue e di altri, egli pervenne alla
conclusione che al centro del Sistema Solare - estensivamente, al centro dell’Universo
allora concepibile - si trovasse non la Terra ma il Sole, intorno al quale orbitavano i
pianeti, a loro volta centro delle orbite dei loro satelliti (per es., la Terra per la Luna),
com’è schematizzato nella fig. II.2.3/1. Queste nuove concezioni su un Universo
eliocentrico furono da lui raccolte nel trattato De orbium coelestium revolutionibus libri
sex («Sei libri sui moti di rivoluzione dei mondi celesti»), dapprima in forma manoscritta
(1530) e poi a stampa (Norimberga, 1543).
Va ricordato che le idee di Copernico stentarono parecchio ad affermarsi non soltanto nell’ambito delle
tradizionaliste e fortemente contrarie religioni derivate da quella ebraica (cristiana cattolica, cristiana
ortodossa, le varie protestanti e, sia pure meno pesantemente, l’islamismo; per l’ambiente italiano basterà
pensare alla dura condanna inflitta dal Tribunale della Santa Inquisizione all’anziano Galileo Galilei, nel
1633, perché sostenitore di esse) ma anche nei circoli scientifici e di qui nel pensare comune; per la
generale adozione delle vedute copernicane occorre attendere il tardo Settecento, dapprima con l’avvento
delle idee «illuministiche» caratteristiche di quel periodo e poi, definitivamente, con l’affermazione di
queste idee nella Rivoluzione francese e con la propagazione di esse in tutta l’Europa in conseguenza delle
conquiste napoleoniche. Dal punto di vista strettamente scientifico, ci limitiamo a ricordare che le
concezioni di Copernico furono ampliate e fisicizzate soprattutto a opera di Johannes Kepler < kè->
(1571-1630), in Italia noto come Keplèro, astronomo e matematico dell’imperatore tedesco Rodolfo II;
Keplero precisò che i pianeti percorrono orbite ellittiche intorno al Sole, e così fanno i satelliti intorno al
loro pianeta, secondo una dinamica che si preciserà poi nell’ambito della teoria gravitazionale di Newton.
La fig. II.2.3/1 contiene peraltro accenni che vanno ben oltre il pensiero di Copernico e
che in realtà la qualificano, almeno in parte, come attinente alle vedute attuali sul Sistema
Solare. Ci si riferisce specialmente alle seguenti due particolarità grafiche:
a) le linee ondulate orientate che promanano dal Sole stanno a indicare che
quest’ultima stella è la sorgente delle energie radiative di varia natura (gravitazionale,
radiativa elettromagnetica, radiativa particellare) in base all’intensità delle quali si può
esattamente definire quella parte dello spazio circumsolare che può essere ben a ragione
chiamata Sistema Solare: la regione del detto spazio in ogni punto del quale l’energia
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Cap. II
Generalità sulla Terra e sull’Universo
potenziale competente alle varie particelle materiali presenti per l’azione dei citati campi
promamanti dal Sole è non minore dell’energia cinetica competente alle particelle
medesimo per il semplice fatto di trovarsi a una temperatura maggiore dello zero
assoluto. Tale attuale criterio definitorio, nuovo rispetto al passato, porta a considerare
il Sole e il suo Sistema come un unicum per quanto riguarda le interazioni sia interne
sia con le entità astrofisiche circostanti, come dire che la Terra e gli altri astri del
Sistema Solare vanno visti come presenti nell’atmosfera del Sole;
Fig. II.2.3/1 – S ISTEMA C OPERNICANO :
SCHEMA DELLA
TERRA NEL S ISTEMA S OLARE (1530).
Il Sole è il centro dell’Universo e i vari suoi pianeti, compresa la Terra, percorrono orbite ellittiche
intorno ad esso. I pianeti solari noti dalla remota antichità perché visibili a occhio nudo sono indicati con
i loro simboli del tempo di Copernico e di Keplero, ed erano, in ordine di distanza dal Sole: Mercurio,
Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno (Urano, Nettuno e Plutone furono scoperti più tardi, per mezzo di
telescopi).
b) la linea a forma di cometa caudata (con la coda nella direzione opposta al Sole)
che circonda la Terra e porta la data 1960 sta a significare che l’esplorazione diretta dello
spazio circumterrestre, effettuata a partire appunto dai primi anni Sessanta del XX
sec.mediante strumenti di misurazione portati da veicoli spaziali, ha mostrato, tra l’altro,
che l’atmosfera terrestre (e di altri astri solari provvisti di atmosfera) ha una
struttura enormemente più estesa e più complessa di quella che era ammessa
precedentemente; di ciò, che attiene direttamente a certi aspetti del geomagnetismo,
daremo altre notizie più avanti (cap. XI);
c) infine, ricordiamo quello che è stato detto all’inizio del par. II.1.1 quale sintesi della
posizione della Terra nell’Universo: quest’ultimo è costituito da parecchi miliardi di
sistemi di stelle (galassie), ognuno dei quali contiene miliardi di stelle, e di una di
queste galassie, la Galassia per antonomasia, fa parte, insieme a un centinaio di
miliardi di altre stelle, il Sole con il suo Sistema Solare, comprendente la Terra.
Ai ricordati sistemi di stelle, intese come corpi irradianti energia osservabile
(gravitazionale ed elettromagnetica, in particolare luminosa e termica, nonché quella di
fasci di particelle elementari veloci) va aggiunta una quantità enormemente maggiore
(dell’ordine di dieci volte tanto) di materia costituita da particelle ed aggregati materiali a
temperatura tanto bassa da non dar luogo ad apprezzabile irraggiamento, meno che mai a
irraggiamento luminoso (la cosiddetta materia oscura).
II.3. Alcune notizie sulla struttura interna della Terra
Le idee che sul finire del 19° sec. si avevano sulla struttura interna della Terra si
possono sintetizzare nel modo seguente:
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Cap. II
Generalità sulla Terra e sull’Universo
a) le dimensioni della Terra erano note con sufficiente accuratezza, sia pure
approssimandone la forma con un ellissoide di rotazione;
b) la meccanica celeste forniva un attendibile valore per la densità volumica media
della Terra (5.515 kg/m3);
c) confrontando questa densità con quella delle rocce della superficie terrestre, si
deduceva che l’interno della Terra doveva essere costituito da materiali con densità
molto maggiore della detta densità media;
d) una ragionevole supposizione era che almeno la parte centrale della Terra
potesse avere una composizione simile a quella dei meteoriti caduti sulla superficie
terrestre, nuclei di grossi asteroidi che all’analisi chimica si rivelavano costituiti da ferro e
da nichel;
e) tutto ciò, unito alle informazioni che si traevano dalla sismologia sulle
caratteristiche meccaniche della crosta terrestre, anche nelle sue parti più profonde, e
sugli strati terrestri ancora più profondi, portò a formulare un modello geologico della
Terra, schematizzato nella fig. II.3/1 e comprendente, in ordine di profondità, la crosta
(silicati di alluminio, sigla Sial), l’ampio mantello (silicati di magnesio, Sima, e ossidi e
solfuri metallici, Osol) e infine il nucleo (nichel e ferro allo stato di elementi, Nife).
F IG . II.3 – STRUTTURA INTERNA DELLA TERRA: (I) SCHEMA GEOLOGICO DI FINE
SCHEMA
GEOLOGICO-GEOFISICO DI FINE SECOLO
SECOLO 19°;
(2)
20°.
Le ampie e dettagliate informazioni acquisite via via nel 20° sec. nel campo geologico e
soprattutto geofisico (sismologia e geomagnetismo) hanno portato a modificare il
precedente modello puramente geologico, portando a modelli sul tipo di quello
schematizzato, nei suoi più importanti dettagli geologici e fisici, nella fig. II.3/2, che, in
questa sede non abbisogna di ulteriori commenti.
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Cap. II
Generalità sulla Terra e sull’Universo
II..4. Alcune stimolanti riflessioni di filosofia naturale sulla «posizione» e sul ruolo
dell’Uomo nell’Universo: il «pincipio antropico»
Uno sguardo d’insieme ai tre schemi cosmologici con cui abbiamo precedentemente
sommarizzato l’evoluzione delle idee sull’Universo, e cioè quelli di Anassimandro (fig.
II.2.1/1), di Tolomeo (fig. II.2.2/1) e di Copernico (fig. II.2.3/1), mostra una sorta di
progressiva deantropizzazione, cioè di drastica diminuzione dell’importanza
dell’Uomo, ove come indice di tale importanza si assuma la «posizione» nei vari schemi
della sede dell’Umanità, come dire del pianeta Terra.
Quest’ultima è il centro dell’Universo sia nello schema di Anassimadro sia in quello
di Tolomeo (che sono quindi Sistemi geocentrici), ma in quest’ultimo non ha
l’imponenza dimensionale che ha nel primo, risultando tutto sommato il suo ruolo
cosmologico affidato soltanto alla centralità della posizione. Un irreversibile tracollo
del concetto di centralità cosmologica della Terra (e, di riflesso, dell’Uomo) si ha con
l’avvento della concezione eliocentrica di Copernico per il Sistema Solare, e poi, via
via, com’è stato accennato sopra (par. II.1.1), con il riconoscimento della posizione
molto modesta della Terra in tale Sistema (un pianeta di media grandezza) e dell’analoga
irrilevanza di quest’ultimo Sistema e del suo Sole tra i miliardi di stelle della Galassia cui
il Sole appartiene, altrettanto dovendosi dire della Galassia medesima tra i miliardi di
altre galassie che popolano l’Universo. La concezione dell’Uomo come agente primario
dell’Universo in conseguenza di un atto creativo da parte di un Ente supremo e
trascendente, propria di tutte le religioni e accettata acriticamente (sia pure in maniera
non esplicita) anche dalle antiche filosofie naturali, doveva dunque confrontarsi con
un’apparentemente inconciliabile realtà oggettiva dell’Uomo, della sua sede Terra e del
suo motore energetico Sole quale, nell’insieme, infinitesimale entità nel complesso
Universo testè delineato.
Senonché, quando, negli anni Cinquanta del sec. 20°, le ristabilite condizioni di
normalità per le ricerche di fisica fondamentale dopo la tragedia della seconda guerra
mondiale 1939-45 consentirono di sottoporre a un esame critico e sistematizzante le
nozioni che fino ad allora erano state acquisite nei vari campi delle scienze fisiche a
partire dall’impetuoso sviluppo iniziale avutosi nei primi decenni del secolo, si
precisarono certi nuovi aspetti della realtà fisica. Precisamente, fu osservato che nelle
leggi fisiche relative alla differenziazione della materia (le reazioni tra particelle
elementari che portano, in successione dal semplice al complesso, alla formazione degli
elementi chimici) le cosiddette costanti fondamentali ivi presenti (massa dell’elettrone,
carica elettrica dell’elettrone, velocità della luce nel vuoto, costante di Planck, ecc.)
compaiono in forma di rapporti tra esse, per cui le leggi medesime non muterebbero
se il valore di tutte le dette costanti fosse alterato secondo un medesimo
coefficiente moltiplicativo. Ciò equivale ad ammettere la possibilità dell’esistenza di
più Universi coesistenti (in numero teoricamente imprecisabile) e governati dalle
medesime leggi fisiche, ciascuno dei quali corrisponde a un particolare valore del
detto coefficiente moltiplicativo per le costanti fondamentali, come dire, se si vuole,
corrisponde a particolari valori di queste costanti.
Orbene, se è vero che valgono le medesime leggi fisiche per tutti questi Universi, è vero
anche che ognuno di questi è peraltro radicalmente differente da tutti gli altri in
quanto ha suoi propri valori assoluti per le costanti fondamentali e in esso la
formazione e le proprietà della materia hanno natura peculiare, in particolare per
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Generalità sulla Terra e sull’Universo
quanto riguarda i processi evolutivi che hanno portato dalla chemiosfera della
materia inerte alla biosfera delle specie viventi, fino alla specie intelligente che
chiamiamo “Uomo”. Così, tanto per fare un esempio, se quella tra le costanti
fondamentali fisiche che ha il nome di «costante di struttura fine» avesse un valore
maggiore per soltanto pochi percento rispetto al valore di circa 1/137 che si misura
nell’ambito terrestre, la biochimica sulla Terra sarebbe basata non sui carboidrati, com’è
in effetti, ma sui siliconi; ciò significa che non si possono escludere altri Universi con
forme di vita anche evolute, ma molto probabilmente, se non certamente, assai differenti
da quelle che conosciamo sulla Terra.
Una qualità fondamentale dell’Uomo è l’intelligenza, in questa intendendosi
compresa la capacità di osservare gli oggetti materiali che lo circondano e gli
avvenimenti che accadono intorno a lui e di conservare questa osservazioni
stabilmente in qualche modo per i suoi contemporanei e, soprattutto, per i suoi posteri:
in definitiva, a motivo di questa capacità, l’Uomo ha il ruolo di convalidatore
dell’Universo in cui si trova. In effetti, posto che, per uno degli assiomi fondamentali
della fisica, una realtà fisica è tale, cioè esiste, soltanto se essa è osservabile, si può
anche dire che è l’esistenza di un osservatore a far esistere le cose. Ecco dunque
che, di colpo, l’Universo «si antropizza» e l’Uomo torna a giganteggiare in esso, sia pure
per una ragione più profonda di quella che lo privilegiava al tempo delle speculazioni
cosmologiche dei filosofi naturali della Scuola Ionica.
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