Stato consiste nel riconoscimento dei diritti e nella loro implementazione. I l benessere collettivo che lo Stato ha di m i r a non è un fine ultimo, p e r c h é esso stesso è giustificato dalla realizzazione della dignità umana - La crescita dei diritti va proprio in questo senso. Si pensa solitamente che i l nucleo originario dei diritti sia quello della libertà e che i l problema del benessere e della solidarietà sia intervenuto in un secondo momento. N o n condivido questa lettura storica della prassi dei d i r i t t i . Thomas Paine, uno dei p r i m i teorici dei diritti, parlava già dei welfare rights e della necessità d i un intervento positivo da parte dello Stato o della c o m u n i t à politica in generale. Dei diritti di solidarietà c ' è , dunque, g i à traccia agli inizi della storia costituzionale dei d i r i t t i . M a l'evoluzione successiva segna i l loro progressivo rafforzamento e l'emergere di un nuovo tipo di diritti, quelli culturali, cioè quelli i l cui contenuto viene determinato dalle condizioni storiche della giustizia sociale. Deontologia dell'amministratore pubblico la deontologia dell'operatore come autoriflessione C o s ' è l'etica: costume — - rispetto del bene in sé - percezipne del fine . - capacità di ordinare i mezzi al fine - nonna: i l principio "non tutto ciò che è possibile fare è lecito fare" 1 etica e d i r i t t o - l'illusione della separazione - distinzione e connessione questioni di carattere generale Per i diritti della prima generazione {diritti di libertà) si poteva parlare di un'antropologia dell'individuo separato dai contesti sociali, ma i d i ritti della seconda generazione {diritti sociali), quelli della terza {diritti dì solidarietà, allo sviluppo, alla pace internazionale, a un ambiente protetto, alla comunicazione....) e quelli della quarta generazione {diritti delle generazioni future, diritto ad un patrimonio genetico non manipolato...) non possono pensarsi senza riferimento alle relazioni che l ' i n d i v i d u o ha con g l i i n d i v i d u i in contesti comunitari. Bisogna premettere un discorso generale sul significato della deontologia professionale. - trasformazione delle relazioni tra pubblico e privato - Distinzione tra etica pubblica e privata dal punto di vista del soggetto dal punto di vista dell'oggetto: bene personale e bene comune (o bene pubblico?) dal punto di vista delle regole: interne ed esterne - Le nuove teorie della giustizia il bene e il giusto l'etica pubblica come etica delle istituzioni il pluralismo dei valori il problema dell'id e n t i t à personale e collettiva Il pubblico come luogo della visibilità e della manifestazione della pluralità delle opinioni che ambiscono ad u n ' u n i v e r s a l r i t à , che devono essere udibili e visibili da tutti. I l privato come luogo del nascondimento, della privatezza. Pubblicità ed eguaglianza. Fenomeno dell'invasione del pubblico nel privato. I l problema della privacy. La maralifallelle istituzioni - procedure + valori interni - istituzioni e costumi - istituzioni e virtù I diritti sono sorti come potere del soggetto da contrapporre al potere politico, sociale ed economico e si vanno trasformando nell'attenzione per i fini in cui i l soggetto umano trova la propria realizzazione e la propria fioritura. Ed è proprio in questo senso che i diritti diventano « f o n d a m e n t o , ragione e scopo del potere l e g i t t i m o » . Quest'evoluzione è sotto g l i occhi di tutti. Generazioni di nuovi diritti si accavallano e si stratificano, ma non deve sfuggire il progressivo mutamento del loro obiettivo e della loro configurazione interna. Se volessimo usare una formula riassuntiva, potremmo dire che l'arco dell'evoluzione è teso tra i l diritto di proprietà e i l diritto alla felicità, tra i l diritto come potere del soggetto e i l diritto come realizzazione della soggettività in tutta la sua pienezza. Forse in quest'ultimo caso è improprio parlare in senso tecnico di " d i r i t to" e tuttavia la m u l t i v o c i t à dell'uso del termine in certa misura lo consente. Rosmini parlava della persona come "diritto sussistente". 2 / diritti dell'uomo come beni sociali Cfr. M . P . G o l d i n g , The Primacy of Welfare Paul, F . D . M i l l e r , J. Paul (eds.), Human Oggi si evidenzia sempre più che uno degli obiett i v i centrali della vita politica e dell'azione dello Rights, Rights, in F.E. Blackwell, Ox- ford, 1986, p p . 1 1 9 - 1 3 6 . 2 G. Z a g r e b e l s k y in A a . V v . ,1 diritti fondamentali Padova, 1995, p.20. oggi, Cedam, Estremamente istruttiva è la svolta più recente dell'evoluzione dei diritti, cioè quella che Bobbio ha considerato come i l passaggio «dalla considerazione dell'uomo astratto a quella dell'uomo nelle sue diverse fasi della vita e nei suoi diversi s t a t i » . L'essere umano s'identifica attraverso un suo modo d'essere: come fanciullo, come adulto, come donna, come anziano, come malato, come handicappato, cnmft lavoratore e cosi via. A b b i a m o , così, i n certo qual modo un ritorno della morale dell'autenticità, che insieme alla morale dell'autonomia ha avuto un grande ruolo per i l sorgere dei diritti. 3 Dal punto di vista fenomenologico la vita umana attraversa stadi diversi, che sono spesso indipendenti dalla volontà e dalla libertà. N o n è in nostro potere invecchiare o meno. A l contempo questi stati di vita sono comuni non solo nel senso che accomunano gruppi di persone (i giovani, g l i anziani, g l i handicappati, i malati...), ma anche nel senso che ognuno di noi sa che potrebbe trovarsi nella situazione degli altri. Se sono giovane, so che probabilmente diventerò anziano. Se sono sano, so che posso ammalarmi. Voglio dire che g l i stati di vita appartengono a tutta la famiglia umana e, quindi, i loro valori, le loro esigenze, le loro richieste sono in grado di essere comprese da tutti g l i uomini. In questo senso c'è un'universalità del particolare, cioè una comunicabilità della situazione esistenziale di vita. In realtà questa linea di tendenza è già da tempo chiaramente presente in quasi tutti i sistemi giuridici e nei documenti internazionali riguardanti i diritti dell'uomo. Ci si fa attenti ai diritti legati a stati di vita particolarmente bisognosi di tutela, ai soggetti che si trovano in condizioni d'inferiorità fisica (come ad esempio i bambini), o culturale (come ad esempio le donne), o a causa dello sviluppo economico per la formazione dei grandi monopoli o della concentrazione del potere d'informazione. Le esigenze biologiche dell'uomo connesse all'età, al sesso, alla salute e alla malattia sono ora prese in considerazione non già in riferimento ai modelli antropologici dell'uomo-proprietario o dell'uomo-produttore, ma come esse stesse capaci di definire l'ambito di tutela della dignità della persona, che si dispiega storicamente nelle varie fasi della vita evolutiva. M a ora, nell'attuale sviluppo dei diritti umani, ancor p i ù distintamente si passa dalla tutela delle diverse situazioni di vita alla protezione organica delle forme e stati di vita. I diritti del minore, della donna, dell'anziano sono disegnati sulla base di un'interpretazione generale delle esigenze del particolare stato di vita e non più soltanto dei particolari problemi che l ' i n d i v i d u o incontra nella sua esistenza. Rapporti tra etica generale e deontologie professionali L'etica deontologica è ritenuta essere un'etica esclusivamente dei mezzi e quindi una sorta di etica di serie B . Solo dei mezzi si p u ò discutere, e non già dei fini, che si presentano come opzioni indiscut i b i l i . L'etica deontologica si presenta così come un'etica ipotetica: posta la volontà di raggiungere un ^ c e r t o J ì n e , s'jndjyMuano^ nienti e ciò richiede la competenza professionale specifica. I due cardini intomo a cui ruota ogni etica professionale sono quelli della competenza e della responsabilità. La professionalità non è soltanto i l risultato di una rigorosa preparazione tecnico-scientifica come spesso si è inclinati a ritenere -, ma implica anche un coinvolgimento sul piano dei valori e sul piano personale. Più che nella competenza professionale bisogna vedere nella responsabilità i l nucleo" etico più significativo della deontologia. U n incompetente è sempre anche un irresponsabile ed infatti di solito non ha coscienza della propria incompetenza. La competenza tecnica attiene al potere, ma la responsabilità è questione di saggezza. Si è responsabili sempre nei confronti di altri. In un'etica puramente soggettivistica non v'è posto per la responsabilità. Possiamo qui usare la formula di Jonas: «Agisci in modo tale che g l i effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente u m a n a » . E' qui evidente che il vero e proprio fine dell'agire anche in un'etica deontologica è i l bene dell'uomo e non già l'efficacia dell'intervento di per sè. Per questo l'etica deontologica differisce da quella personale non già per i l fatto di trovarsi su un piano inferiore, ma per i l fatto di essere rivolta al bene altrui piuttosto che al proprio. L'etica deontologica è, infatti, un'etica sociale o un'etica altruistica. Si potrebbe anzi pensare che l'accrescimento della consapevolezza delle interdipendenze, delle connessioni e delle interrelazioni, che la società del futuro è destinata a moltiplicare, faccia assurgere l'etica professionale al rango di nuovo paradigma della morale contemporanea. D i fatto oggi, anche al di fuori dei modelli tradizionali delle professioni, ci si accorge sempre meglio delle responsabilità che non solo ogni scienziato, ma anche ogni lavoratore e operatore si deve assumere N . B o b b i o , L'età dei diritti, E i n a u d i , T o r i n o , 1990, p . X V I e anche pp.62-72. Ho a p p r o f o n d i t o quest'aspetto nel m i o Individuo, comunità, diritti. L'identità dell'individuo alla luce dei diritti dell'uomo, in " T e o r i a p o l i t i c a " , 8, 1992,3, pp.59-81. 3 nei confronti di altre persone, del loro ambiente v i - tale, della loro qualità della vita e della loro stessa sopravvivenza. sono essere, e spesso ci sono, interpretazioni confliggenti riguardanti i l contenuto di ciò a cui pure si consente. N o n è sufficiente dissentire sul modo d'in- Oggi le scelte etiche fondamentali richiedono i n formazioni e l'ausilio di competenze specifiche che tendere i valori per considerare g l i altri "stranieri morali". di rado i l soggetto della decisione possiede. Ciò significa che tali scelte esigono un affidamento, un -atto-di-fiducia-nerconfroritrdrchrfoTntsXe"lnforma- N o n bisogna confondere i l principio universale elei rispetto delle persone con i l principio etico del zioni e competenze. Conseguentemente bisogna r i - fare agli altri i l bene ed evitare i l loro male, che En- pensare i l concetto di autonomia morale, che è l'ido- gelhardt chiama "principio di beneficialità". L'ac- lo Se cettazione del p r i m o non deve condurre a rinunciare 'autonomia' significa che ognuno è portatore della - a l secondo, ma al contrario i l rispetto delle persone responsabilità delle proprie scelte, allora è una con- dovrebbe spingere ad aiutarle ad individuare il loro indiscusso di un'etica individualistica. quista morale irrinunciabile. Ma, se significa che - vero bene o interesse. ognuno è legge a se stesso o d à a se stesso la regola di condotta ovvero giustifica la propria condotta solo davanti al tribunale della propria coscienza, allora l'autonomia morale non è accettabile e neppure risponde al concreto operare della vita morale. In realtà nessuno di noi potrebbe compiere scelte morali senza la collaborazione degli altri, da cui riceviamo i dati necessari per la decisione e spesso anche i parametri normativi usualmente praticati. Certamente poi siamo solo n o i a portare tutto i l peso delle nostre decisioni, ma questa r e s p o n s a b i l i t à p u ò essere vissuta nella solitudine e nella separazione oppure nella condivisione e nella solidarietà. Q u i bisogna rendersi conto che ciò che è in gioco è i l concetto stesso di ' c o m u n i t à morale'. Per aversi una c o m u n i t à morale è necessario che i suoi membri abbiano le stesse convinzioni etiche ed interprino allo stesso modo i valori dominanti? P e r c h é si parli di una c o m u n i t à morale è necessario i l consenso intorno alle scelte fondamentali di vita? Spesso si dà una risposta affermativa a tale quesito. Engelhardt definisce la c o m u n i t à un'associazione volontaria di individui sulla base di una visione concreta del bene comune e la distingue dalla società, in cui g l i indiv i d u i non condividono una visione concreta del bene comune, anche se possono cooperare nel perseguire fini importanti . Tuttavia in tal modo non si 4 L'etica deontologica una funzione. è legata ad un ruolo o ad Non è un'etica universale nel senso quantitativo, cioè non riguarda tutti gli uomini, ma solo quelli che ricoprono quel ruolo o assolvono a quella funzione. E un 'etica contestualizzata, perché dipende dal modo in cui quel ruolo e quella funzione deve essere esercitata in quella particolare società, sidla base di una cultura determinata, di un determinato sviluppo economico e sociale, di un sapere tecnologico e scientifico specifico. Ma ciò non significa che essa sia relativa ad una mentalità determinata o diffusa e che manchi di dover essere. Nell'ambito di una situazione data c'è sempre il modo migliore di fare le cose ed è questo che l'etica deontologica ricerca. L'etica deontologica non è puramente esteriore, perché riguarda la realizzazione dell'uomo in una dimensione fondamentale della sua esistenza, quella del lavoro. L'etica deontologica si sviluppa nella misura in cui si prende coscienza non solo dell'uguaglianza, ma anche delle differenze. L'etica e le etiche: senza un 'etica universale della comune umanità non potranno coesistere le etiche particolari degli stati di vita. La debolezza di un'etica pubblica in Italia - democrazia e valori - assenza di esperienza valoriale dello Stato - è necessaria una nazione per la concretizzazione comunitaria dell'etica pubblica spiega come mai anche nelle c o m u n i t à p u ò aversi un conflitto d'interpretazioni a proposito del bene. Cosa significa amministrare la cosa pubblica Le c o m u n i t à non sono da intendersi come un blocco - come esecuzione della produzione normativa - si distingue dalla giurisdizione, p e r c h é realizza la v o l o n t à della legge con l'azione propria e diretta dello Stato. monolitico d'individui omogeneizzati nei valori a cui consentono. All'interno di ogni c o m u n i t à ci pos- 4 I b i d e m , 63 plicativa della legge che per la crisi ecologica, bisognosa di soluzioni rapide, è letale. Tutti questi fattori hanno ben presto reso inattuale la regolamentazione tradizionale del diritto dell'ambiente fondata sulla "norma". Questa operava con la tecnica della sanzione amministrativa e del controllo diretto. I l potere esecutivo in base alle direttive legislative stabiliva nella sua normativa di carattere regolamentare una serie di limiti alla conlaminazione ambientale in ciascun settore. Quàncró"~ una determinata impresa o persona trasgrediva i l limite stabilito, allora si metteva in moto un procedimento amministrativo che culminava in un atto sanzionatorio. Questo sistema è stato ampiamente criticato per diverse ragioni, tra cui ovviamente quella dell'eccessiva proliferazione delle norme, ed ha prodotto per reazione una forte tendenza deregolatoria. «L'attività pratica che lo Stato dispiega per curare, in modo immediato, gli interessi pubblici che sono naturalmente nei suoi fini, o che egli volontariamente assume come tali». - altri caratteri: concretezza (contro la generalità della legge); spontaneità (mentre la giurisdizione deve esserer messa in moto); discrezionalità (limita~ta -libertà d i decisione- nelprendere_i provyedim.en.tL propri di una data funzione - facoltà d i scelta fra più soluzioni possibili) - distinzione tra amministrazione e politica - distinzione tra attività giuridica e attività sociale della p.a. - amministrazione e tecnica Quando metto in rilievo l'esigenza che lo strumento giuridico abbia un più ampio spettro d'azione, m i riferisco alla sua capacità di catturare le cause reali dei fenomeni oggetto di regolamentazione. I I sistema normativo qualifica giuridicamente un fatto e, così facendo, stabilisce i l momento d'inizio del fatto giuridico. Che esso abbia avuto origine da cause economiche, morali, politiche o ecologiche, non è cosa rilevante per i l sistema giuridico. Ciò significa che la norma giuridica non p u ò prendere in considerazione le cause reali dell'origine della crisi ecologica e si limita a controllarne e a ridurne g l i effetti. Invece si presume che la pianificazione permetta, rispetto al passato, di rivolgere l'attenzione ad elementi extra-giuridici e, rispetto al futuro, di rendere più efficace l'intervento del pubblico potere. D i fatto noi sappiamo che oggi l'azione amministrativa procede per pianificazioni ogni volta che i l problema da affrontare sia di lunga durata e richieda una complessa azione coordinata. M a questo implica necessariamente un'irruzione nel diritto di elementi non giuridici non tanto nel senso che su di essi viene portata una valutazione giuridica (cosa che è sempre avvenuta), quanto piuttosto nel senso che la valutazione giuridica stessa si serve di criteri presi dalla scienza, dall'economia, dalla morale, oltre che dalla politica, cioè di criteri tradizionalmente "non giuridici". * questa è la griglia tradizionale dell'amiTiministrazione pubblica. M a oggi dobbiamo recuperare il rapporto diretto dell'amministrazione con i l popolo. Tale rapporto è stato oscurato dall'enfatizzazione del rapporto con l'apparato dello Stato. I l funzionario è dello Stato. M a deve anche essere visto come a servizio d i una funzione interna ad una c o m u n i t à politica. * C i sono dei l i m i t i dell'attività amministrativa intesa in senso tradizionale che sono ben messi in luce dalle nuove esigenze della custodia delle còse pubbliche, come per esempio a proposito dell'ambiente. E' ormai a tutti evidente che l'assetto tradizionale della dommatica giuridica non è adeguato alla tutela ambientale. La difesa dei diritti individuali basato sulla categoria del diritto soggettivo e della proprietà è fondato su una relazione dominativa dell'uomo nei confronti della natura che è proprio quella a cui si imputa i l degrado ambientale. In più, la struttura tradizionale della norma g i u r i dica, i l cui perno è la fattispecie astratta, poggia tutta sulla possibilità di prevedere la portata e i l significato delle conseguenze. M a nel campo ambientale non sempre sono identificabili esattamente l'interesse economico in gioco, la causa del danno e i soggetti effettivamente danneggiati . La previsione dei comportamenti realmente dannosi per l'ambiente è impossibile per i l sistema giuridico in quanto tale. I l diritto positivo si trova, pertanto, sempre in ritardo rispetto all'addensarsi delle m i nacce. L a legifìcazione cresce a dismisura con i l r i schio di contraddizioni interne e di una eccessiva limitazione della libertà economica e sociale. A questo deve aggiungersi la tradizionale lentezza sia della dimensione creativa sia della dimensione ap- Ne risultano delle "norme miste", poiché la loro validità dipende dalle verità del giudizio empirico in esse implicato. Una norma pura è tale indipendentemente dal giudizio sui fatti. La proibizione dell'omicidio non dipende da alcun giudizio sui fatti, è un puro giudizio di valore. M a la proibizione di somministrare i l cianuro dipende dalla verità del giudizio empirico per cui i l cianuro ha un'azione letale. Ma, se tale giudizio fosse scientificamente falso, la norma resterebbe valida? Se il fine della normativa statale fosse quello di difendere l'ambiente e si potesse dimostrare che i giudizi em- 5 5 Quando questi p o i sono " l e generazioni f u t u r e " la cosa si c o m - plica ulteriormente. 4 pirici su cui si fonda sono non solo falsi ma addirittura dannosi per l'ambiente stesso, tale normativa resterebbe valida? E chi sarebbe autorizzato a sentenziarne l'invalidità? I l giudice? la c o m u n i t à scientifica? E' superfluo evidenziare quali grossi grattacapi sorgano in riferimento al tradizionale "principio di legalità". lore prescelto che p u ò essere quello dell'efficienza o quello della partecipazione ed anche qui, come in molte problematiche contemporanee, si fa i l possibile per non sacrificare completamente nessun valore in gioco. N e l campo ambientale la tendenza è chiaramente verso i l localismo. Solitamente si pensa che questo sia un indizio macroscopico della crisi della sovranità. M a non è così o, almeno, non sempre è così Pertanto, mentre da una parte i l piano appartiene a tutti gli effetti alla logica della sovranità e àn ihcremento della capacità organizzativa dello Stato nel padroneggiare i problemi amministrativi, dall'altra esso deve recepire l i m i t i e vincoli non solo rappresentati dai diritti, ma anche dalle conoscenze, dai meccanismi economici e dai valori morali.-• N e l nostro ordinamento la pianificazione territoriale generale è stata attribuita al governo regionale e locale . L o Stato è rimasto sostanzialmente estraneo all'esercizio della funzione medesima. Tuttavia la supremazia del potere centrale su quello locale si fa sentire in relazione a settori o beni chè7~pirr essendo chiamati oggi in causa sempre di più nella tutela ambientale, restano di pertinenza statale. A d esempio, la politica industriale, che nella sua impostazione fondamentale e nelle sue p i ù significative applicazioni è materia di attribuzione statale (art. 117 Cost.) incide notevolmente sulla politica del territorio . r 8 Ritornando più direttamente al nostro argomento, la pianificazione nell'ambito della difesa della natura procede a stabilire i criteri di valutazione dell'impatto ambientale che sono vere e proprie leggi generali di carattere direttivo. Questa valutazione dovrà prendere in considerazione fattori estremamente eterogenei e tra loro incommensurabil i . Più si va avanti su questa strada più si scopre la grande complessità in gioco. La pretesa i l l u ministica di sottomettere la politica statale ad una razionalità scientifica "neutrale" viene sostituita dall'ammissione che ogni modello di valutazione utilizzato finisce per privilegiare alcuni fattori su altri ed è quindi già "valutativamente" orientato . 9 Insomma, l'esercizio delle prerogative della sovranità statale non è benefico alla difesa del territorio, ma a sua volta la logica della pianificazione ambientale - secondo quanto s ' è visto - richiede ampia libertà d i manovra e, quindi, in un certo senso poteri sovrani che mancano alla c o m u n i t à locale. Nella misura in cui l'accentramento delle decisioni si p u ò considerare come un segno di sovranità, allora sembrerebbe che la tutela dell'ambiente soffra di questa frammentazione dei centri decisionali all'interno del soggetto Stato. 6 In ogni caso la valutazione di impatto ambientale, un'equa distribuzione dei rischi di danno ambientale e l'analisi dei costi e benefici introducono nell'interpretazione giuridica l'uso di criteri antiformalisti basati sul principio di efficienza e ben diversi da quelli preferiti dalla dommatica tradizionale. M a la destrutturazione del sistema giuridico tradizionale non si ferma qui in quanto le nuove tecniche di regolamentazione includeranno anche norme penali in bianco e concetti giuridici indeterminati come le clausole generali integrabili con contenuti extragiuridici. In sostanza, v o g l i o dire che i l localismo non i m plica necessariamente crisi della sovranità in generale, poiché esso abbisogna di autorità. La partecipazione dei cittadini al governo delle " p r o s s i m i t à " non è sufficiente alla protezione dell'ambiente, poic h é è più difficile far accettare decisioni spiacevoli al nostro vicino di casa quando è l'amministratore del condominio a dettarle e non già una legge dello Stato. In conclusione, la richiesta di maggiore intervento da parte dello Stato in materia ambientale implica un uso di criteri che non sono più pienamente governabili dai poteri dello Stato e questa è una ferita inferra al principio di sovranità. Torniamo così al ruolo che la pubblica amministrazione deve assolvere nei confronti della difesa dell'ambiente. La teoria della sovranità aveva fino a tal punto invaso tutte le funzioni della vita statale che i l rigetto di essa s'è tradotto spesso nella convinzione del declino di queste funzioni. Ciò è avvenuto tra l'altro per quanto riguarda la pubblica amministrazione. II tema della pianificazione conduce al problema dei rapporti tra i poteri centrali dello Stato e le autorità locali. Si discute ancora oggi sui luoghi decisionali della pianificazione, se essa debba essere centrale o periferica, gerarchica o democratica . Ovviamente anche qui la soluzione dipende dal va1 6 C f r . C. P o l i , Valutazione valore. L'etica Fondamenti nelle politiche per di impatto la proposta ambientali, ambientale dì nuove e giudìzio di tecniche, in R i c o r d o che le r e g i o n i italiane sono enti politicoa m m i n i s t r a t i v i di vasta area s o l i t a m e n t e c o n n o t a t i per i loro v a l o r i c u l t u r a l i e, a v o l t e , per i loro v a l o r i esclusivamente s t o r i c i . Cfr. R. D . Putnam, La tradizione civica nelle regioni italiane,, trad. di N . Messore, M o n d a d o r i , M i l a n o , 1993. I I t e m a dei l i m i t i della p o l i t i c a del t e r r i t o r i o del g o v e r n o r e g i o nale e locale in ragione di i n t e r v e n t i p u b b l i c i a carattere nazionale è trattato da V . C e r n i l i Ire Mi, Pianificazione urbanìstica e interessi differenziati, , cit. a c u r a d i C. P o l i e P. T ì m - 9 m e r m a n , Gregoriana, Padova, 1 9 9 1 , pp.197-215. 7 Cfr. I . Sachs, / nuovi campi della pianificazione, a cura di M . Fraboni, Edizioni Lavoro, Roma, I98S. 5 si legittima solo in base al suo esercizio razionale applicato all'oggetto e nel rispetto di princìpi caratterizzanti . M a è evidente che in quest'ottica il giudizio sull'uso corretto della razionalità amministrativa deriva da ciò a cui essa si rivolge. N o n è la volontà del potere sovrano, ma l'esigenza che proviene dalla società i l metro di giudizio dell'amministrare. N o n voglio inoltrarmi su questa strada che porterebbe froppTTlMtano verso una rèTisTóhe~3éT~fàp~ porto tra amministrazione e politica . Non credo che si possa eliminare i l momento politico nella scelta amministrativa e, tuttavia, dobbiamo riuscire a concepire la polìtica non più come ex parte prìncipis, ma ex parte populi. Proprio nel campo della sanità e dell'ambiente è particolarmente evidente la deformalizzazione del diritto pubblico, p e r c h é si tratta di settori in cui è necessario un elevato grado di cooperazione sociale sia nella fase dell'individuazione dei problemi, sia nella fase della loro risoluzione. E ' necessaria l'accettazione mirata, l'intesa, l'accordo con i gruppi sociali, mentre sarebbe dannoso e inefficace un uso imperativo dell'attività amministrativa. E ' necessaria «l'immedisemazione della società nell'amministrazione» e la fine della separatezza prodotta dalla sovranità. A l t r e figure sorgono accanto ai tradizionali corpi burocratici, organi e persone giuridiche pubbliche: istituzioni, aziende, agenzie, imprese, in cui sono presenti in qualche modo i difensori degli interessi in gioco. La loro pluralità di forme vorrebbe catturare la diversità delle richieste che provengono dalla società e delle problematiche in gioco. In conclusione, non posso non notare qui una sorta di sottile rivincita parziale della prospettiva economica su quella amministrativa tradizionale. S ' è visto, infatti, che la configurazione moderna del d i ritto e dello Stato non prende in considerazione interessi che non possano farsi risalire a soggetti e che l'unico modo per far sentire allo Stato la voce della natura è che i cittadini si facciano carico degli "interessi" della natura. In tal modo questi diventeranno interessi umani e potranno esigere riconoscimento e protezione. S ' è visto anche che l'amministratore protegge interessi altrui, mentre l'agente economico persegue i propri interessi. Ebbene, sembrerebbe che questa protezione dell'interesse altrui dall'alto e da lontano non sia conducente e che sia necessario trattare l'interesse altrui come se fosse i l proprio. Ma occorre ben separare i l modo d'intendere un compito dello Stato dalla sua ragion d'essere. I l primo può cambiare, mentre la seconda, se è giustificata, permane. Ed è per questo che oggi noi dobbiamo nuovamente chiederci che cosa significhi "amministrare" (e, in particolare, "amministrare la natura") in un'ottica liberata dall'ipoteca pesante della sovranità. Ormai abbiamo lasciato dietro le spalle la teoria dello Stato come una totalità organizzata distinta in funzioni particolari. In tale contesto le sorti dell'amministrazione, ben più di quelle delle altre funzioni, venivano ad identificarsi con quelle dello Stato . Per Jellinek, infatti, l'amministrazione era da consTderafsi come la funzione centrale dello Stato, quella assolutamente indispensabile alla sua vita. Mediante essa lo Stato provvede al soddisfacimento degli interessi pubblici che assume come suoi fini. Oggi, invece, appare evidente che negli Stati contemporanei quest'attività ha perso ogni sua possibile unità in quanto si articola in modi diversissimi tra loro. In più, la cura concreta degli interessi pubblici è distribuita fra tutti i poteri dello Stato e, d'altra parte, funzioni non amministrative sono attribuite allo stesso potere amministrativo " . In quest'ottica la via praticabile per individuare la funzione amministrativa, al di là delle sottili distinzioni dommatiche, è quella di descrivere i modi e le forme in cui essa si svolge, i principi che la guidano, le tecniche usate e le finalità concrete sempre nell'ambito ovviamente di uno Stato di diritto. Emergono così alcune caratteristiche dell'amministrare che possono servire alla sua identificazione. Innanzi tutto si tratta di un agire non per un interesse proprio, ma per un interesse altrui o un interesse oggettivo (Santi Romano). E ' importante questa sottolineatura dell'agire, p e r c h é concentra l'attenzione non già sul potere o sull'atto, ma sulla dinamica dell'amministrare e sul suo svolgimento . Questa logica, che ruota intorno al momento della scelta, è da ricondurre al weberiano "agire legale razionale", che p u ò consistere nella razionalità secondo lo scopo e/o in quella secondo i l valore, si esercita attraverso uffici, nell'ambito di un rapporto di dovere, sulla base di competenze oggettive, con la ferma separazione degli agenti rispetto ai mezzi dell'amministrazione. Insomma, ogni amministrare l3 14 l0 1 5 12 Per queste n o t a z i o n i m i sono ispirato a G. M a r o n g i u , Funzione (11.Funzione amministrativa), in Enciclopedia giuridica Treccani, I s t i t u t o d e l l ' E n c i c l o p e d i a italiana, Roma,- 1989, voi.XIV. 1 0 N e i n d i c h i a m o i p i ù i m p o r t a n t i : p r i n c i p i o di l e g a l i t à , di r a g i o nevolezza, di organizzazione, di g i u s t i z i a sostanziale, di buon andamento, d ' i m p a r z i a l i t à , d ' e g u a g l i a n z a , di c o n t i n u i t à , d i autonomia, di a z i o n a b i l i t à . Cfr., per alcuni di essi, F. Ledda, L'attività amministrativa, in / / diritto amministrativo negli anni '80, G i u f f r è , M i l a n o , 1987, pp.83-135. 1 3 " C i si a v v i c i n a c o s ì m a g g i o r m e n t e alla d o t t r i n a liberale della separazione dei poteri che ha riguardo, p i ù che alla distinzione oggettiva delle a t t i v i t à , a l l ' i n d i p e n d e n z a reciproca degli organi deputati alle a t t i v i t à stesse. Si colloca in tal m o d o l ' a m m i n i s t r a r e n e l l ' a m b i t o della d i mensione della ragion pratica intesa in tutta la sua estensione, c i o è sia come " a g i r e " sia come "fare". A m m i n i s t r a r e è insieme tecnica e prassi. Questa linea di pensiero è stata iniziata da G. Benvenuti, Eccesso di potere amministrativo per vizio di funzione, in "Rassegna di d i r i t t o p u b b l i c o " , 1950, I , p . l ss. 1 2 Posso rimandare al recente testo di G. B e r t i , L o responsabilità pubblica (Costituzione e Amministrazione), Cedam, Padova, 1994, che ristruttura l ' o r g a n i z z a z i o n e a m m i n i s t r a t i v a come un « o r d i n a m e n t o delle r e s p o n s a b i l i t à » . 1 4 1 5 6 Ibidem, p.402. L'economia è parzialmente soddisfatta, ma lo è soprattutto l'etica. Solo i l principio di beneficenza permetterebbe infatti di coniugare l'efficienza con la giustizia, pur restando fermo che senza la tecnica ed l'economia non si potrà salvare l'ambiente . Limitazioni - nella propria vita privata (rapporti con altri, attività personali...) l6 - nel reclutamento e nella progressione della carriera Lettura del codice di comportamento della P.A. - loro necessaria autonomia Legislazione esistente Un codice di comportamento deve basarsi sul principio che i l primo organo di controllo deve essere interno alla P.A. stessa. N o n si deve demandare tutto al giudice" penale. - Decreto del Presidente della Rep. 10 gennaio 1957 n.3 (testo unico delle disposizioni concernenti - Specificità di un'etica della P.A. — Due obiettivi: trasparenza, i m p a r z i a l i t à e qualità del servizio publico - lotta contro la corruzione Norme dettagliate e codici princìpi pochi e semplici? complessi ovvero Storia del codice di condotta dei dipendenti pubblici [Gustapane] - altre norme si riferiscono a comparti specifici della P.A. (come quelle relative al personale delle usi o al personale docente della scuola, per i magistrati, per i l personale della pubblica sicurezza.,.") Princìpi di un'etica del servizio pubblico fiducia da parte della collettività lealtà nei confronti delle istituzioni indipendenza imparzialità Da controllare: legge 59 del 15 marzo 1997 legge 127/1997 (Bassanini-bis) - principio di organizzazione - buon andamento della P.A. (efficienza, congruità, produttività, obbligo ad agire nell'interesse collettivo) Efficienza = rapporto tra risorse impiegate e risultati raggiunti ( e c o n o m i c i t à ) ; Efficacia = rapporto tra risultati raggiunti e obiettivi prestabiliti. Confronto tra la proposta del 1993 e la legge del 1994 1993: codice di condotta 1994: codice di comportamento - principio di p u b b l i c i t à (democrazia come regime di potere visibile) [legge n. 142 del 1990 sulla trasparenza] 1993: art. 14 collaborazione tra le pub. A m m . 1994: manca Beni - informazione e comunicazione - cooperazione - bene comune 1993: art. 15: v i t a privata del dipendente 1994: manca 1993: più dettagliato nella precisazione del'eccezione di regali di modico valore. 1994: art.3 "salvo si tratti di regali d'uso di modico valore", ammessi anche quando si tratti di soggetti che possano trarre benefici da decisioni inerenti all'ufficio. Manca la prescrizione della restituzione e dell'informativa per iscritto al dirigente. Motivazioni - la motivazione personale è tanto più necessaria e urgente quanto più è difficile e minacciata - identità personale 1 6 V . Hosle, Filosofia della crisi ecologica, r - Legge 13 maggio 1975 n.157 (stato giuridico degli operai dello Stato) contiene alcune specificazioni in ordine al problema dell'orario di lavoro ed al divieto del cumulo di attività Codice etico o codice disciplinare? Possibili denominazioni: codice etico, di condotta, deontologico, disciplinare. - lo statuto degli impiegati "civilrdello Stato) princìpi a cui deve ispirarsi il comportamento del dipendente: rispetto della Costituzione e delle leggi, prevalenza dell'interesse pubblico su quello privato, obbligo di residenza, doveri di fedeltà, di diligenza e di efficienza, collaborazione con i cittadini, parità di trattamento, rispetto dell'orario di lavoro, segreto d'ufficio e dovere di obbedienza. trad. di P. S c i b e l l E i n a u d i , T o r i n o , 1992, p.73. 7 In generale tutta questa parte dei regali è ridotta a un solo articolo con due commi. N e l 1994 è molto più dettagliata. 1993: artt.28-36 : altre attività . 1994: art.7: attività collaterali (non si precisano gli obblighi specifici dei funzionari) (non si vieta la frequentazione abituale di case da gioco) 1993: artt. 37-41 (partecipazione ad" organizzazioni) 1994: art.4 (non si parla di associazioni che abbiano per fine i l perseguimento d i interessi i n d i vduali dei suoi membri) (non si prescrive di comunicare p~eFTs~c7itfcTàl dirigente l'assunzione di cariche in partiti politici) (non si vieta la partecipazione ad associazioni in qualche modo non trasparenti...) 1993: artt.42-46 : obblighi di dichiarazione 1994: art.5 : (non si prescrive la consegna di copia della dichiarazione dei redditi) (non si chiede d i consegnare i l rendiconto delle spese personali e della lista nel caso di candidato alle cariche elettive) 1993: artt.48-53 : obblighi d i astensione 1994: art.6 (nessuna differenza significativa) non v i sono differenze significative per i l resto. Valutazioni critiche Carattere troppo privatistico del codice Scarsa attenzione alla dimensione istituzionale L'etica di comportamento deve essere coniugata con l'organizzazione del servizio Rischio di un'etica "privata" del comportamento del dipendente. Occore unire potere e responsabilità, aumentare l'autonomia e la responsabilità dei dirigenti, introdurre un secondo livello di contrattazione che premi i risultati. Un codice deontologico deve supportare più che un tipo d'azione, una disposizione ad agire in un certo modo. Recupero del concetto di virtù. Concetto di "controllo culturale". In mancanza di un potere esterno di sanzione, la cultura organizzativa deve permeare la stessa p e r s o n a l i t à psicologica. La defezione rispetto ai princìpi d i questa cultura rivestirà dei costi in termini d i destrutturazione psicologica che un individuo p o t r à non essere disposto a pagare. [Leggere Sacconi, 1989 pp.21-22] Bibliografia Vecchiato-Villa (a cura di), La deontologia professionale nel servizio sociale [2.K.37] Produttività e incentivi nella Pubblica A m m i n i strazione, NIP, 1986 [2.R.24] L^amimnistrazicuie_pubhuca^oggi-tra_centro-e_periferia, in Orientamenti sociali, 1990 [2.R.35] (poco interessante, tranne alcuni spunti di carattere tecnico-giuridico) Etica pubblica, etica privata, in Orientamenti sociali, 1994, 3 M.S. Giannini, Itinerari italiani sulla funzionalità delle Amministì-azioni pubbliche, 1990 [2.R.41] C . M . Martini, Educare al servizio, Edizioni dehoniane, Bologna, 1987 C . M . Martini, Viaggio nel vocabolario dell'etica, Piemme, 1993 F. Teresi, Amministrare con g l i utenti, Ilapalma, Palermo, 1992 E. Gustapane, Organizzazione amministrativa e codice di condotta dei dipendenti pubblici, in Politela, 10, 1994, n.36, pp.3-15. L . Sacconi, Etica applicata: i l caso della pubblica amministrazione, in Politeia, 5, 1989, n.15, pp.1423. A A . V V . , Un'etica pubblica per la società aperta, Bibliotechne, 1987 Dipartimento per la funzione pubblica, Codice di condotta dei dipendenti pubblici. Proposta e materiali di studio, luglio 1993 G. Cosi, Etica secondo i l ruolo. Un'introduzione filosofico-morale, in "Rivista internazionale di filosofia del diritto", 74,1997, 1. pp, 15-79. F. Riolo, Etica degli affari e codici etici aziendali, Edibank, M i l a n o 1975 G. Cosi, Etica secondo i l ruolo. Un'introduzione filosofico-morale, in "Rivista internazionale di filosofia del diritto", 74,1997, 1, pp. 15-79. - Il ruolo produce una deformazione dell'etica nel senso che enfatizza l'oggetto del rapporto professionale o del problema tecnico. - Tale deformazione si manifesta nella non universabilizzabilftà del princfpTo-gunJànjèTI'azIo-ne. L'etica di ruolo si pone come una sorta di stato di eccezione nei confronti della "morale comune". " Un ruolo p u ò essere descritto come uno sta•• tusner-suo-aspetto dinamico: uno status in azione produce un ruolo. I ruoli sono modelli di comportamento interattivo tra individui o gruppi, da cui dipende i l funzionamento della società [23 n.12]. - L'etica professionale sembra appartenere alla categoria delle morali teleologiche o della responsabilità. Nicola Gullo, Cittadino e pubblica amministrazione In che senso la democrazia ha influito nel modo di concepire la PA? N e i manuali di diritto pubblico manca spesso lo stesso termine "democrazia". Anche nella costitu— z i on e-ciè-un^assenza-d el-gen ere, Il liberalismo ha concepito la PA come una macchina neutrale. Secondo Schmitt la d e m o c r a t i c i t à della PA dipende dalla d e m o c r a t i c i t à del corpo politico. Ciò che è importante è la soggezione della PA al corpo legislativo. I meccanismi di controllo sono i seguenti: I l principio di legalità, la responsabilità dei ministri nei confronti del Parlamento. Nello Stato assoluto l'amministrazione era regolata da un proprio diritto, distinto dal resto del sistema giuridico. Sottrazione al giudice comune. Si parlava della "giustizia domestica del re". L a PA è un corpo del tutto separato dalla società civile. Ora c ' è la protezione giurisdizionale del cittadino nei confronti della PA. In Italia questo ha assunto un aspetto dualistico basato sulla distinzione tra d i ritto soggettivo e interesse legittimo. N e l fascismo questa protezione dei cittadini era stata ridimensionata. Nello sviluppo ulteriore s ' è ritenuto che anche ai diritti sociali e politici si debbono estendere queste forme di protezione. Le autonomie locali sono i l risultato di ciò. Istituti di partecipazione popolare alla P A : 1) formazione di un'amministrazione elettiva (con funzioni d'indirizzo) 2) partecipazione organica: ad esempio rappresentanti sindacali negli organismi amministrativi 3) temperamento degli aspetti più autoritativi del procedimento amministrativo. # M a tutto.questo non è a danno dell'efficienza? # 4) diritto di accesso: esercizio in pubblico del potere p u b b l i c o - v i s i b i l i t à . 5) Principio di imparzialità, di continuità, di partecipazione N e l 1994 c ' è la carta dei servizi pubblici. Erosione del ruolo dell'operatore pubblico a vantaggio dell'operatore privato senza diminuzione degli standard di servizio. # Con ciò cambia inevitabilmente anche i l concetto di "interesse pubblico". Prima era sovraordinato agli interessi privati ed incarnato dalla s o v r a n i t à dello Stato. Ora entra in dialogo con g l i interessi privati, ma per farlo si deve porre in un certo senso sul loro stesso piano # Bene comune e responsabilità nell'attività amministrativa 3) osa vuol dire "amministrare la cosa pubblica"? ) La risposta tradizionale è la seguente: eseguire la volontà dello Stato, cioè le sue leggi. —fcr-amiTrinistrazìone-si-d isti ngue-daììa— giù risdr=~ zione perché realizza la v o l o n t à della legge con l'azione propria e diretta dello Stato. Una definizione usuale: «l'attività pratica che lo Stato dispiega per curare, in modo immediato, g l i interessi pubblici che sono naturalmente nei suoi fini, o che egli volontariamente assume come tali». A l t r i caratteri distintivi: concretezza (contro la generalità della légge); "spontaneità (mentre la giurisdizione deve essere messa in moto); discrezionalità (limitata libertà di scelta fra più soluzioni possibili). Tradizionalmente l'amministrazione è ben distinta dalla politica, come i mezzi dal fine, come la tecnica dalla morale. La più macroscopica rottura di quest'assetto tradizionale avviene a causa della n e c e s s i t à di recuperare i l rapporto dell'amministrazione con il popolo piuttosto che con l'apparato dello Stato. Il funzionario deve essere visto come al servizio di una funzione interna ad una c o m u n i t à politica. I l liberalismo ha concepito la PA come una macchina neutrale. Secondo Schmitt la democraticità della PA dipende dalla democraticità del corpo politico. Istituti di partecipazione popolare alla PA: formazione di un'amministrazione elettiva (con funzioni d'indirizzo); partecipazione organica: ad esempio rappresentanti sindacali negli organismi amministrativi; temperamento degli aspetti più autoritativi del procedimento amministrativo # Ma tutto questo non è a danno dell'efficienza? #; diritto di accesso: esercizio in pubblico del potere pubblico - visibilità; principio di imparzialità, di continuità, di partecipazione. N e l 1994 c ' è la carta dei servizi pubblici. Erosione del ruolo dell'operatore pubblico a vantaggio dell'operatore privato senza diminuzione degli standard di servizio. # Con ciò cambia inevitabilmente anche i l concetto di "interesse pubblico". Prima era sovraordinato agli interessi privati ed incarnato dalla sovranità dello Stato. Ora entra in dialogo con g l i interessi privati, ma per farlo si deve porre in un certo senso sul loro stesso piano #. In conclusione, in Italia c ' è stato più centralismo statalistico di quanto ci sia stato nei paesi in cui i l centralismo è nato. Fuga dall'assunzione dì responsabilità. Senza buona amministrazione la politica non si realiz- 4) 5) za. Bisogna educare alla politica attraverso l'amministrazione. Bisogna riconoscere che non c ' è stata nei documenti di Dottrina sociale della Chiesa una problematizzazione dell'attività della PA. Certamente c ' è molta attenzione per i l concetto di bene comune, ma in maniera non sufficientemente specifica. Però ci sono princìpi da valorizzare adeguatamente. H principio di sussidiarietà riguarda direttamente la P A . «Perciò è necessario che l'autorità suprema dello Stato rimetta ad associazioni m i n o r i e inferiori i l disbrigo degli affari e delle cure di m i n o r momento, dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta;-e allora-essa p o t r à eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei solo spettano, perché essa solo p u ò compierle; di direzione cioè, di vigilanza, d i incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità» (Quadragesim o A n n o , n.81). « A l conseguimento d i questi fini lo Stato deve concorrere sia direttamente che indirettamente. Indirettamente e secondo il principio d i sussidiarietà, creando le condizioni favorevoli al libero esercizio dell'attività economica, che porti ad una offerta abbondante di o p p o r t u n i t à di lavoro e di fonti di ricchezza. Direttamente e secondo i l principio di solidarietà, ponendo a difesa del più debole alcuni l i m i t i all'autonomia delle parti, che decidono le condizioni d i lavoro, ed assicurando in ogni caso un m i n i m o vitale al lavoratore disoccupato ( C f Lett. Enc. Laborem exercens, 8)» (Centesimus Annus, n.15). N e l paragrafo 48d della Centesimus Annus, quando si parla dei mali dello Stato assistenziale che ha trasformato il cittadino in un cliente di servizi, si nota: Chi è più adatto a cogliere i bisogni?: chi è più vicino e chi è più competente. I l principio di sussidiarietà è alla base del municipalismo, del regionalismo, dei principio delle autonomie. E non dobbiamo dimenticare che esso è stato introdotto nella Costituzione italiana per l'apporto delle forze politiche cattoliche. I l concetto d i bene comune. Il bene comune è stato visto in antitesi al bene personale e privato. 11 conseguimento dell'uno è apparso necessariamente una mortificazione dell'altro. Poiché il bene privato, nella veste del familismo, ha profonde radici nella cultura italiana, una cultura del bene comune non s'è sviluppata adeguatamente. I l bene comune è divenuto un bene residuale, cioè qualcosa che si persegue quando le altre sono già assicurate. Questo non corrisponde alla concezione del bene comune della Dottrina sociale della Chiesa, che così lo definisce: « l ' i n s i e m e di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri di raggiungere la propria perfezio- ne più pienamente e più speditamente» (Gaudium et Spes, n.26). Qui è chiaro che bisogna guardarsi da due deformazioni del bene comune: quella d'intenderlo come i l risultato di un compromesso o di una negoziazione fra i beni privati e quella d'intenderlo come un bene alternativo a quello privato e configgente con esso (con la tendenza a diventare residuale). I l bene della società racchiude in sé i l bene anche dei singoli quando questo è vrsTo come un Bene relazionale, cioè come rispettoso della realizzazione altrui. D'altronde questo è i l concetto di giustizia: una condizione sociale in cui la realizzazione del singolo individuo o gruppo è legata a quella degli altri individui o gruppi. I l bene comune non è qualcosa che g i à si ha o che già si sa quale sia, ma è qualcosa che deve essere cercata in comune. La politica è questa r i cerca comune del bene sociale e l'amministrazione è i l luogo in cui questa ricerca si fa da teorica operativa, fattiva e concreta. Già Santi Romano notava che nell'amministrare si tratta di agire non per un interesse proprio, ma per un interesse altrui o un interesse oggettivo. N o n è possibile amministrare in senso proprio senza benevolenza. 6) In queste condizioni i l principio di responsabilità diviene centrale. L'amministrare come benevolenza sposta l'attenzione dal potere o dall'atto alla dinamica dell'amministrare, cioè al suo svolgimento. Questo agire razionale si esercita attraverso uffici, nell'ambito di un rapporto di dovere, sulla base di competenze oggettive, con la ferma separazione degli agenti rispetto ai mezzi dell'amministrazione. Ogni amministrare si legittima solo in base al suo esercizio razionale applicato all'oggetto e nel r i spetto di princìpi caratterizzanti: i l principio di legalità, di ragionevolezza, di organizzazione, di giustizia sostanziale, di buon andamento, d'imparzialità, d'eguaglianza, di continuità, di autonomia, di azionabilità e di praticabilità. D i conseguenza non è l'obbedienza legalistica alle direttive superiori che fa la buona amministrazione, ma la capacità di ben interpretarle e la capacità di utilizzare al massimo le risorse d i sponibili per realizzare i fini proposti. In questa interpretazione dei fini politici sta i l momento politico dell'amministrare. A livello locale, in cui politica e amministrazione sono molto più visibilmente vicini e compenetrati, i l rapporto fini politici e mezzi amministrativi è di mutua influenza, p e r c h é non avrebbe senso proporsi fini irrealizzabili, mentre ha senso riuscire a sfruttare al massimo le risorse disponibili. M a ciò richiede creatività a servizio della benevolenza e competenza. Quest'ultima non è da i n tendersi soltanto in senso tecnicoamministrativo, ma anche nel senso della capa- 7) cita d i piegare i l formalismo della legge a fini di giustizia sostanziale. Spesso questa capacità viene impiegata per fini di interesse privato. I l maggior contatto dell'amministratore con l'utente dei servizi serve proprio allo scopo di meglio interpretare le esigenze sociali reali. Nel campo della sanità e dell'ambiente è particolarmente evidente la deformalizzazione del diritto pubblico, p e r c h é si tratta di settori in cui è necessario un elevato g r a d ò di cooperàzfone sociale sia nella fase dell'individuazione dei problemi, sia nella fase della loro risoluzione. E ' necessaria l'accettazione mirata, l'intesa, l'accordo con i gruppi sociali, mentre sarebbe dannoso e inefficace un uso imperativo dell'attività amministrativa. E ' necessaria come ha affermato Giorgio Beili «Pimmedisemazione della società n e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e » e la fine della separatezza prodotta dalla sovranità. Altre figure sorgono accanto ai tradizionali corpi burocratici, organi e persone giuridiche pubbliche: istituzioni, aziende, agenzie, imprese, in cui sono presenti in qualche modo i difensori degli interessi in gioco. La loro pluralità di forme vorrebbe catturare la diversità delle richieste che provengono dalla società e delle problematiche in gioco. Se l'amministrazione si m u o v e r à lungo queste direttive, allora potrà mantenere la sua ragion d'essere rispetto al principio economico, che sembra invadere i l campo. L'amministratore protegge interessi altrui, mentre l'agente economico protegge interessi propri. L ' a m m i nistratore è stato giustamente accusato di proteggere g l i interessi altrui dall'alto e da lontano con risultati negativi. È necessario trattare gli interessi altrui come se fossero proprio e lo sono nell'ottica del bene comune così c o m ' è inteso nel pensiero politico cristiano, anche se non sempre nella prassi dei cristiani. Francesco Viola 2 Alcuni problemi centrali dell'etica delle professioni 1) Questioni di carattere preliminare e generale Bisogna premettere un discorso generale sul significato della deontologia professionale. - trasformazione delle relazioni tra pubblico e privato - Distinzione tra etica pubblica e privata dal punto di vista del soggetto dal punto di vista dell'oggetto: bene personale e bene comune (o bene pubblico?) dal punto di vistaclerle regole: interne ed esterne ~~ - Le nuove teorie della giustizia il bene e i l giusto l'etica pubblica come etica delle istituzioni il pluralismo dei valori il problema d e l l ' i d e n t i t à personale e collettiva Il pubblico come luogo della visibilità e della manifestazione della pluralità delle opinioni che ambiscono ad un'universalità, che devono essere udibili e visibili da tutti. I l privato come luogo del nascondimento, della privatezza. Pubblicità ed eguaglianza. Fenomeno dell'invasione del pubblico nel privato. I l problema della privacy. La moralità delle istituzioni - procedure + valori interni - istituzioni e costumi - istituzioni e virtù 2) Problema della definizione, della natura e dei contenuti di un codice deontologico legato all'attività professionale L'etica deontologica è ritenuta essere un'etica esclusivamente dei mezzi e quindi una sorta di etica di serie B. Solo dei mezzi si p u ò discutere, e non già dei fini, che si presentano come opzioni indiscutibili. L'etica deontologica si presenta così come un'etica ipotetica: posta la v o l o n t à di raggiungere un certo fine, s'individuano i mezzi più adatti e convenienti e ciò richiede la competenza professbnale specifica. I due cardini intorno a cui ruota ogni etica professionale sono quelli della competenza e della responsabilità. La professionalità non è soltanto i l risultato di una rigorosa preparazione tecnico-scientifica - come spesso si è inclinati a ritenere -, ma implica anche un coinvolgimento sul piano dei valori e sul piano personale. Più che nella competenza professionale bisogna vedere nella responsabilità i l nucleo etico più significativo della deontologia. Un incompetente è sempre anche un irresponsabile ed infatti di solito non ha coscienza della propria incompetenza. La competenza tecnica attiene al potere, ma la r esp o n sab i l i t à è questione di saggezza. Si è responsabili sempre nei confronti di altri. In un'etica puramente soggettivistica non v'è posto per la e s p o n s a b i l i t à . L'etica deontologica è legata ad un ruolo o ad una funzione. Non è un 'etica universale nel senso quantitativo, cioè non riguarda tutti gli uomini, ma solo quelli che ricoprono quel ruolo o assolvono a quella funzione. E itn 'etica contestualizzata, perché dipende dal modo in cui quel ruolo e quella funzione deve essere esercitata in quella particolare società, sulla base di una cultura determinata, di un determinato sviluppo economico e sociale, di un sapere tecnologico e scientifico specifico. Ma ciò non significa che essa sia relativa ad una mentalità determinata o diffusa e che manchi dì dover essere. Nell'ambito di una situazione data c'è sempre il modo migliore dì fare le cose ed è-questo che l'etica deontologica ricerca. L'etica deontologica non è puramente esteriore, perché riguarda la realizzazione dell'uomo in una dimensione fondamentale della sua esistenza, quella del lavoro. L'etica deontologica si sviluppa nella misura in cui si prende coscienza non solo dell'uguaglianza, ma anche delle differenze. L 'etica e le etiche: senza un 'etica universale lari degli stati di vita. della comune umanità non potranno coesistere le etiche partico- 3) Pluralizzazione dei codici deontologici: dalle professioni intellettuali classiche così come la responsabilità del medico è divenuta la responsabilità medica e v ' è stato i l passaggio dalla professione del medico alle professioni sanitarie (così definite dalla Legge n. 42 del 26 febbraio 1999), allo stesso modo si parla delle "professioni legali" con ciò intendendo un'etica legata non più a soggetti, ma ad attività. A ciò si devono aggiungere le "nuove professioni". I l Codice in materia di protezione dei dati personali (2003) ha provveduto ad individuare nuovi codici deontologici riguardanti " i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali interessati al trattamento dei dati per scopi storici" (art. 102) o v v e r o . . . . (v. art. di Busnelli). La novità consiste nel fatto che i nuovi codici non sono collegati all'esistenza di un ordine professionale, ma ad un'attivltaTin questo caso, i n f a t t a m e n t o l I è T dati personali) che p u ò incidere sui diritti degli individui. . Un'altra novità da non sottovalutare sta nell'introduzione di una "procedura di cooperazione" (ciò è presente, ad esempio, nella regolamentazione dell'esercizio della professione di giornalista) tra l'ordine professionale e i l Garante, che è legittimato a prescrivere misure a garanzia degli interessati che i l Consiglio dell'ordine è tenuto a recepire fino al punto da procedere in via sostitutiva in caso di inottemperanza del Consiglio. Aumenta - dice Busnelli - i l tasso di giuridicità del vincolo etico. Si potrebbe allora delineare una terza fase di sviluppo della dimensione sociale della deontologia, non più soltanto corporativa, n é più soltanto solidale, ma una deontologia dell'autoresponsabilità, idonea a trasformare i l vincolo etico in un vincolo immediatamente impegnativo sul piano giuridico. 4) Regole deontologiche e norme giuridiche È ricorrente presso le sentenze della Corte di cassazione la tesi che le regole di deontologia professionale si r i feriscono a precetti extragiuridici. La dottrina induce a modificare questa posizione. Le regole deontologiche hanno i l ruolo di determinazione e di specificazione dei princìpi e delle clausole generale dell'ordinamento giuridico. La clausola del comportamento secondo correttezza è specificata, ad esempio, dal dovere di svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza (art. 6 del codice deontologico forense). Ugo De Siervo ha definito i l nuovo codice deontologico per le attività giornalistiche come "una nuova fonte normativa secondaria, sebbene atipica, dell'ordinamento statale. Si pone e si ripropone, dunque, i l problema della pluralità delle fonti dell'ordinamento giuridico e, segnatamente, quello del ruolo produttivo di diritto da parte dei privati ( i l diritto dei privati). 5) L a natura delle regole deontologiche Loro carattere consuetudinario? Norme miste Consuetudini e giudizi prudenziali e precetti o giudizi normativi Morte della deontologia ad opera del tecnicismo, dell'economicismo, del corporativismo 2