Sentenza 21/07/2000 n. 9630 - UILTuCS Bologna ed Emilia Romagna

APPRENDISTATO – LICENZIAMENTO
Cassazione, Sezione Lavoro – Sentenza 21 luglio 2000, n. 9630
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza del 21 luglio 2000, n. 9630, ha ribadito
che, nel contratto di apprendistato, il recesso del datore di lavoro nel corso del rapporto può
avvenire, oltre che per giusta causa, anche per giustificato motivo, consistente in un notevole
inadempimento del lavoratore ai propri obblighi contrattuali (giustificato motivo soggettivo), o in
ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di
essa (giustificato motivo oggettivo).
ln altre parole, la Corte, chiamata a pronunciarsi in merito al caso di un recesso intimato
anteriormente alla scadenza del termine del contratto di apprendistato, ha affermato,
conformemente al proprio consolidato orientamento, il principio di diritto che il licenziamento
dell'apprendista adottato nel corso del rapporto di lavoro è sottoposto alla disciplina limitativa dei
licenziamenti individuali, per cui la legittimità dello stesso è subordinata alla ricorrenza di una
giusta causa, che non consente la prosecuzione, anche solo provvisoria, del rapporto di lavoro, ex
art. 2119 cod. o di un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo),- ex art. 3 della legge 15 luglio
1966, n. 604.
Nei fatti, una lavoratrice, assunta come apprendista di un centro estetico, del quale era, peraltro,
l'unica dipendente, è stata licenziata, anteriormente alla scadenza del termine del rapporto di
apprendistato, per riduzione del personale. La lavoratrice ha adito il Pretore competente per
ottenere, previo accertamento dell'illegittimità del recesso, la condanna del datore di lavoro al
risarcimento dei danni. La domanda, accolta in primo grado, è stata, tuttavia, respinta dal Tribunale.
Il giudice d'appello, pur ritenendo applicabile al rapporto di apprendistato la disciplina limitativa dei
licenziamenti di cui alla legge n. 604/1966, ha ritenuto, sulla base degli elementi probatori emersi,
che il licenziamento dell'unica dipendente del centro estetico fosse supportato da un giustificato
motivo oggettivo, dovuto al ridimensionamento dell'attività dell'impresa.
Come accennato, le istanze della lavoratrice sono state respinte anche dalla Corte di Cassazione, che
ha confermato la decisione del giudice di secondo grado, ritenendo, quindi, legittimo il recesso
avvenuto nel corso del rapporto di apprendistato per giustificato motivo oggettivo.
La Corte, a fondamento della propria decisione, ha richiamato il consolidato orientamento
giurisprudenziale, secondo il quale, durante il rapporto di apprendistato, trova applicazione la
normativa limitativa dei licenziamenti individuali, con la conseguente necessità, al fine della
legittimità del recesso nel corso del rapporto, della ricorrenza di una giusta causa o di un giustificato
motivo, oggettivo o soggettivo.
Al riguardo, giova rammentare che, originariamente, l'art. 10 della legge n. 604/1966, prevedeva
l'applicazione della disciplina contenuta nella stessa legge, e quindi la necessità che il licenziamento
sia sorretto da giusta causa o giustificato motivo, solo nei confronti degli impiegati e degli operai.
La Corte Costituzionale, con sentenza 28 novembre 1973, n. 169, ha dichiarato l'illegittimità della
nonna sopra citata, nella parte in cui non comprendeva gli apprendisti fra i destinatari della
normativa.
La Consulta ha affermato, infatti, che il rapporto di apprendistato è assimilabile ad un ordinario
rapporto di lavoro, dal quale si discosta per la particolare funzione che assolve, che consiste nel
fornire all'apprendista l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità per divenire
lavoratore qualificato. L'obbligo a tal fine assunto dal datore di lavoro si aggiunge alla normale
causa del contratto di lavoro (prestazione contro retribuzione) che sussiste nel contratto di
apprendistato come in ogni altro contratto di lavoro.
Secondo la Corte Costituzionale, il rapporto speciale di apprendistato, ancorché delimitato nel
tempo da termini di durata massima, si presenta come un rapporto a tempo indeterminato,
suscettibile di essere estinto, nel corso del suo svolgimento, solamente mediante le forme di recesso
previste per lo scioglimento dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, e, quindi, per giusta causa
o giustificato motivo.
La Corte Costituzionale, inoltre, ha precisato che, coerentemente con la natura del rapporto di
apprendistato, il .datore di lavoro rimane libero, al termine del tirocinio, di dare disdetta, ex art.
2118 cod. avvalendosi del diritto sancito dall'art. 19 della legge 19 gennaio 1955, n. 25. Tale norma
prevede, appunto, che qualora, al termine del periodo di apprendistato, non sia data disdetta a norma
dell'art. 2118 cod. civ., l'apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le
prove di idoneità, ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell'anzianità di servizio
del lavoratore.
La sentenza da ultimo intervenuta, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte Costituzionale e
dalla giurisprudenza di legittimità successiva, ha, quindi, ribadito che, nel corso del rapporto di
apprendistato l'eventuale recesso deve essere "causale", e cioè supportato da una giusta causa o
giustificato motivo. Conseguentemente, ha confermato la non equiparabilità del rapporto di
apprendistato al contratto a termine, che comporterebbe l'inapplicabilità del regime di tutela avverso
i licenziamenti illegittimi e la possibilità di risolvere il rapporto solo in presenza di una giusta causa,
secondo quanto previsto dall'art. 2119 cod. civ.
Come accennato, con la stessa sentenza n. 169/1973, la Corte Costituzionale ha, altresì, precisato
che, nonostante l'affermata applicazione della legge n. 604/1966 anche agli apprendisti, resta fermo
il potere del datore di lavoro, espressamente attribuitogli dall'art. 19 della legge n. 25/1955, di porre
unilateralmente fine al rapporto di apprendistato alla scadenza del termine attraverso la disdetta.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità assolutamente prevalente (fra le altre, Cass. 11 maggio
1987, n. 4334; Cass. 21 ottobre 1986, n. 6160; Cass. 6 luglio 1983, n. 4553) si è espressa nel senso
indicato dalla Consulta, sulla base della considerazione che la disdetta prevista dall'art. 19 della
legge n. 25/1955 svolge la funzione di impedire la trasformazione del rapporto di apprendistato in
un contratto a tempo indeterminato, ed assume, pertanto, un valore diverso dal tipico potere di
recesso del datore di lavoro. inoltre, il citato art. 19 non può essere considerato tacitamente abrogato
a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 604/1966, in quanto norma speciale rispetto alla
generale normativa protettiva avverso i licenziamenti illegittimi.
Infine, si rileva che la facoltà di far cessare il vincolo contrattuale tramite disdetta va ricollegato al
venir meno dello scopo del contratto di apprendistato, consistente nell'acquisizione della qualifica
professionale da parte del giovane.
In altre parole, la giurisprudenza di legittimità è nel senso di riconoscere all'apprendista, durante lo
svolgimento del rapporto, le garanzie avverso i licenziamenti illegittimi che operano per ogni
lavoratore assunto a tempo indeterminato (e, pertanto, la tutela reale od obbligatoria, a seconda
delle dimensioni dell'impresa), e al datore di lavoro la possibilità di sciogliere il contratto alla
scadenza del periodo senza alcun obbligo di giustificare la mancata trasformazione del rapporto a
tempo indeterminato, esercitando il potere di disdetta di cui all'art. 19 della legge n. 25/1955, purché
nel corso del rapporto siano stati assolti gli obblighi formativi previsti dalla specialità del contratto
in parola.
Al riguardo, va segnalato, per completezza, che la Cassazione, con la sentenza da ultimo
intervenuta, ha rilevato la necessità di una revisione di tale orientamento giurisprudenziale, sulla
base delle istanze avanzate da una parte della dottrina, che, in contrasto con gli insegnamenti della
Corte Costituzionale, sostiene che la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali debba essere
applicata non solo nel corso dello svolgimento dell'apprendistato, ma anche al momento del termine
del rapporto stesso, in occasione dell'eventuale disdetta, per cui anche la mancata trasformazione
del rapporto a tempo indeterminato dovrebbe essere soggetta a giusta causa o giustificato motivo.
Secondo questa dottrina, l'ammissibilità di un recesso libero in occasione della scadenza del
rapporto non è conciliabile con la pacifica applicazione della legge n. 604/1966 durante il corso del
rapporto stesso, e con la progressiva assimilazione fra apprendisti e altri lavoratori subordinati.
La Sezione Lavoro, sulla base di questa tesi, ha rilevato che i principi affermati dalla giurisprudenza
costituzionale e di legittimità vanno sottoposti "ad una verifica, imposta dalla generalizzazione del
recesso causale, come fattispecie ordinaria di licenziamento quale introdotta dalla legge 11 maggio
1990, n. 108, verifica già evidenziata da una parte della dottrina, che ha ritenuto come l'ordinaria
disciplina limitativa dei licenziamenti individuali trovi normale applicazione -- ricorrendone i
presupposti di legge - non solo durante il periodo di apprendistato, ma anche al momento della sua
ultimazione.
Sotto questo profilo, va, comunque, rimarcato che le affermazioni della Suprema Corte, che
possono costituire un indizio di quella che potrebbe essere la linea di sviluppo interpretativa della
stessa Sezione Lavoro, rivestono, nell'ambito della sentenza in esame, il mero valore di un obiter
dictum, cioè di affermazioni che esorbitano dalla domanda giudiziale, e quindi dal problema di
diritto che la Corte doveva dirimere, il quale, come già detto, concerneva il caso di un recesso dal
rapporto di apprendistato intimato anteriormente alla scadenza del termine del contratto.
Peraltro, l’applicazione delle regole sul "recesso causale" anche alla disdetta al termine del
rapporto, oltre a discostarsi dalla ricostruzione formulata dalla Corte Costituzionale, non tiene conto
della diversità che sussiste fra il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo e la disdetta ex
art. 19 della legge n. 25/1955, che non è un ipotesi di licenziamento, ma ha lo scopo di impedire la
trasformazione dell'apprendistato in un ordinario rapporto a tempo indeterminato. Come rilevato da
autorevole dottrina, per giungere ad applicare alla disdetta il regime di tutela contro i licenziamenti
illegittimi sarebbe necessaria un'abrogazione espressa o una pronuncia di illegittimità costituzionale
dello stesso art. 19 della legge n. 25/1955.