Il motore della motocicletta
Lo scopo della nostra presentazione interattiva è quello di introdurre i principi fisici fondamentali
della Dinamica e utilizzarli per comprendere il funzionamento del motore della motocicletta.
Forza e momento torcente
Forza, impulso e quantità di moto
Cominciamo analizzando l’idea di forza, utilizzando uno strumento che permette di ottenere in tempo reale
il grafico della forza applicata in funzione del tempo di durata dell’interazione.
Figura 1 La piastra della cella di carico. La cella di carico vera e propria (il cristallo piezoelettrico) si trova al
di sotto del piattello di acciaio.
Innanzitutto, invitiamo gli studenti a interagire con la cella di carico semplicemente premendo su di essa
con le mani. I valori di forza misurati in questo modo difficilmente superano i 200 N (corrispondenti a circa
20 kgp); la prima domanda che devono porsi gli sperimentatori è se questa forza sia intensa o meno.
Supponiamo che un uomo sia in grado di sollevare al massimo 20 kgp, sicuramente non lo definiremmo
forte! Addirittura, questa forza è minore del peso dello sperimentatore stesso.
1
Figura 2 Il grafico ottenuto da un ragazzo che ha premuto con le mani sulla cella di carico.
Bisogna comprendere perché non si sia riusciti a sviluppare una forza neanche pari al proprio peso. La cella
di carico non è una bilancia1 e misura forze molto intense solo quando viene colpita da un oggetto con
velocità sostenuta, quindi, ad esempio, un pugno: facilmente in questo modo si riesce a sviluppare una
forza superiore al proprio peso.
Figura 3 Il grafico ottenuto dallo stesso ragazzo tirando un pugno.
1
La cella di carico è un sensore (trasduttore) che viene deformato dall'azione di una forza. Il sensore è un cristallo
piezoelettrico che, sottoposto ad un'azione meccanica, subisce una variazione della distribuzione delle cariche, per
cui le cariche positive e negative si dispongono sulle facce opposte del cristallo. Il cristallo diventa così un
condensatore ai capi del quale si stabilisce una differenza di potenziale. A seconda della forza impressa cambia la
quantità di carica su ciascuna faccia del cristallo e conseguentemente anche la d.d.p. e il segnale elettrico, cioè la
corrente, che viene trasmesso al computer.
1
Qual è la reale differenza tra cella di carico e bilancia? Se io saltassi su una bilancia credo che la romperei .. no? :)
2
Per verificare che ad uguale velocità di impatto corrisponda uguale forza, si fornisce agli sperimentatori un
martello di ferro da 500 g. L’unica possibilità che hanno gli studenti per avere il controllo sulla velocità del
martello al momento dell’impatto è quella di lasciarlo cadere da fermo da un’altezza determinata, in modo
tale che sia solo l’accelerazione di gravità ad agire, facendo muovere l’oggetto verso il centro della Terra
con accelerazione pari a g.
Si può verificare anche che, aumentando l’altezza e quindi il tempo di caduta, aumenta anche la velocità
all’impatto e, di conseguenza, la forza misurata. Quadruplicando l’altezza di caduta si ottiene il raddoppio
dell’intensità della forza, dato che si ottiene il raddoppio della velocità del martello all’impatto2.
Figura 4 I grafici relativi alla caduta del martello da 500 g da stessa altezza (blu e rosso) e da altezza
quadrupla di quella iniziale (verde). Si noti che l'intensità della forza nel picco circa raddoppia al
raddoppiare della velocità all'impatto.
Si prosegue confrontando le forze sviluppate da due martelli di massa diversa, 500 g e 1000 g, lasciati
cadere da fermi dalla stessa altezza3 e si riscontra ancora un raddoppio della forza al raddoppiare della
massa.
2
Per raddoppiare la velocità finale dell'oggetto è necessario raddoppiare il tempo, ma la grandezza che consideriamo
qui è l'altezza di caduta, che quadruplica al raddoppiare del tempo, essendo la legge oraria una funzione
quadratica del tempo.
3
Tutti i corpi sono soggetti alla medesima accelerazione gravitazionale (~9.81 m/s^2) e, quindi, partendo da fermi da
una stessa altezza, raggiungono il suolo contemporaneamente con la stessa velocità, nel vuoto o qualora sia
possibile trascurare l'attrito dell'aria.
3
Figura 5 Il grafico relativo alla caduta del martello da 1000 g (azzurro) da altezza pari a quella minima per il
martello da 500 g. Si noti che questo grafico è compatibile con quello ottenuto con il martello da 500 g da
altezza quadrupla.
Saremmo quindi indotti a credere che la forza misurata sia direttamente proporzionale sia alla massa che
alla velocità e quindi al loro prodotto, chiamato quantità di moto.
Alla ricerca di una conferma o smentita di questo vengono lasciati cadere da fermi dalla stessa altezza due
martelli di uguale massa, ma di materiale diverso, uno di plastica e uno di rame. Intuitivamente, ci si
aspetta che la mazzetta di plastica attutisca l’urto e sviluppi meno forza del martello di rame.
Figura 6 I grafici ottenuti con un martello di gomma (blu) e uno di rame (rosso), lasciati cadere dalla stessa
altezza.
Effettivamente, la curva ottenuta dall’impatto del rame è molto piccata e stretta, mentre quella ottenuta
dalla plastica è schiacciata e larga. Un urto attutito è un urto che si sviluppa in un tempo lungo e con piccola
intensità di forza; viceversa, si può avere un impatto repentino con intensità di forza considerevole. Tra un
4
caso e l’altro si mantiene costante il prodotto della forza per il suo tempo di azione, denominato impulso e
rappresentato graficamente dall’area sottesa dalle due curve.
I due martelli, un istante prima di sbattere sulla piastra del misuratore, viaggiavano alla stessa velocità e
con la stessa massa, avevano quindi uguale quantità di moto. Durante l’interazione tale quantità di moto
viene trasferita alla cella di carico, terminando il trasferimento quando l’oggetto è fermo sulla cella. Il
martello di rame e quello di gomma hanno a disposizione la stessa quantità di moto da trasferire, ma, in
virtù delle diverse proprietà del materiale4, attuano questo trasferimento in tempi diversi, determinando
anche una diversa intensità di forza. Questo importante risultato prende il nome di Teorema dell’Impulso o
Teorema della Quantità di Moto: la variazione di quantità di moto è uguale all’impulso della forza.
La forza è quindi la rapidità con cui viene trasferita quantità di moto (Secondo Principio della Dinamica).
Questa formulazione del Secondo Principio, non è in contraddizione con la famosa F = ma, essendone una
forma più generale, ammettendo anche la possibilità che la massa dell'oggetto vari durante il moto (cosa
vera per tutti gli oggetti che bruciano un combustibile che portano a bordo, come la motocicletta o l'aereo).
Questa formulazione è anche l'unica che rimanga valida sia a livello quantistico che a livello relativistico.
Momento torcente
Si ragiona adesso su corpi atti a ruotare attorno a un asse fisso.
Figura 7 Il manubrio per la sfida del momento torcente.
Due studenti si sfidano per stabilire chi riesca a far ruotare un manubrio dalla propria parte, afferrando
entrambi la manopola più esterna. Messi gli studenti nella condizione di avere lo stesso braccio di leva, si
osserverà la vittoria del più forte.
4
Contrariamente a quello che avviene nel linguaggio comune, nel linguaggio scientifico un materiale più elastico è un
materiale più difficilmente deformabile, dato che l'elasticità fornisce una misura della rapidità nel ripristino delle
condizioni iniziali indeformate.
5
Fornendo invece un braccio di leva minore allo studente più forte, si può ottenere una situazione o di parità
o addirittura di inversione dei ruoli tra vincitore e vinto della sfida precedente.
Inclinando il manubrio del ragazzo più forte, disponendolo circa a 45° rispetto all’orizzontale, e invitandolo
ad afferrare la manopola più lontana, si riscontrerà una situazione simile a quella che si aveva usando la
manopola interna.
L’idea è quindi che il braccio della forza misuri effettivamente solo la distanza dall’asse5 di rotazione fisso;
qualora sia possibile montare il manubrio corrispondentemente all’asse di rotazione, quale che sia la forza
applicata, non verrebbe generata alcuna rotazione.
Il prodotto della forza per il suo braccio si chiama momento torcente6.
Il motore come macchina termica
Muniti dei concetti di forza e di momento della forza affrontiamo lo studio del funzionamento del motore.
Lo scopo del motore della motocicletta, in quanto macchina termica, è quello di produrre lavoro
meccanico, cioè di ottenere lo spostamento del pistone sotto effetto della forza dovuta all’espansione della
benzina combusta. Affinché avvenga la combustione, la benzina e l’aria, già mescolate in rapporto
stechiometrico7, devono trovarsi nella camera di combustione, al di sopra del cielo del pistone, all’interno
della testata del motore. Il pistone si trova nel punto morto superiore (PMS) del cilindro e solo in questo
istante la candela, che riceve un impulso elettrico, accende la miscela, innescandone la combustione. Ne
segue una repentina espansione del gas: tale espansione è quella che determina lo spostamento del
pistone verso il punto morto inferiore (PMI).
Viene quindi prodotto lavoro meccanico, ottenuto dalla trasformazione del calore della combustione. E’
chiaro che la benzina applichi una forza sul pistone: il movimento così determinato potrà essere, quindi,
solo una traslazione, per i motivi illustrati poc’anzi.
Sarà pertanto necessario trasformare il moto rettilineo del pistone nel moto rotazionale dell’albero, grazie
all’azione della biella sul perno di manovella, in modo tale da avere un movimento atto a spostare la ruota
della motocicletta e in modo da poter sfruttare l'inerzia dell'albero e del volano per mantenere il moto
alternato del pistone nel cilindro8. La biella applica un momento torcente sull’albero motore, causandone la
5
Il braccio è misurato lungo la retta perpendicolare all'asse di rotazione, è la distanza in senso geometrico tra il punto
di applicazione della forza e l'asse di rotazione o il suo prolungamento.
6
Per generare rotazione con la minima forza, essa deve essere applicata perpendicolarmente alla retta ortogonale
all'asse di rotazione (il momento è definito come il prodotto vettoriale tra la proiezione del braccio e la forza), per
cui anche applicando direttamente sull'estremità del manubrio non si produce rotazione. La forza e il suo braccio
devo giacere nello stesso piano, il piano in cui avverrà la rotazione, perpendicolare all'asse di rotazione.
7
Il rapporto stechiometrico ideale tra aria e benzina è 14.7 : 1
8
Il ciclo termodinamico di funzionamento del motore verrà spiegato più avanti.
6
rotazione9.
La biella applicata al perno di manovella
dell’albero motore
L’asse di rotazione
dell’albero motore
Figura 8 Visione laterale di un manichino di motore bicilindrico Ducati®, in cui è presente solo un cilindro. Si
noti l’accoppiamento della biella sul perno di manovella dell’albero motore, atto a trasformare il moto
rettilineo del pistone nella rotazione dell’albero stesso. La biella non agisce direttamente sull’asse di
rotazione dell’albero motore (altrimenti non sarebbe possibile ottenere un momento torcente).
La trasmissione
Il moto rotazionale dell’albero motore viene trasferito alla ruota tramite la trasmissione, composta da vari
organi meccanici. Il primo di questi è la frizione, atta a permettere di isolare il movimento dell’albero
motore da quello dell’albero primario del cambio, a cui segue il cambio, atto a cambiare marcia, il quale
finisce con un ingranaggio denominato pignone, su cui si inserisce la catena, che si inserisce a sua volta sulla
corona della ruota posteriore.
9
ll valore numerico di questo momento torcente (coppia del motore) viene fornito come caratteristica nelle schede
tecniche dei motori, essendo un indice della capacità di accelerazione della motocicletta
7
La frizione
La frizione, quando tirata permette di separare la rotazione dell’albero motore da quella del primario del
cambio; quando lasciata permette di trasmettere la rotazione dell’albero motore al primario del cambio. Il
funzionamento della stessa si basa sulla forza di attrito radente10.
La parte più esterna della frizione si chiama campana e viene messa in rotazione direttamente dall’albero
motore.
Figura 9 La campana della frizione.
Figura 10 La campana della frizione con il tamburo inserito sul primario del cambio.
10
10
L'attrito radente dipende dalla forza perpendicolare al piano dei dischi, dal materiale di cui sono fatti, e dalla
lavorazione superficiale del materiale (liscio o ruvido).
Qual è la differenza tra un cubo che striscia su un piano e una sfera che rotola sullo stesso piano? (:
8
Assieme alla campana ruotano i dischi conduttori del moto, realizzati in alluminio e rivestiti con un
materiale plastico molto duro e ad elevato coefficiente di attrito. Tali dischi ruoteranno sempre a motore
acceso con la campana della frizione, indipendentemente dall’azione del pilota sulla leva della frizione (sul
manubrio a sinistra).
La parte più interna della frizione si chiama tamburo ed afferisce all’albero primario del cambio. Assieme al
tamburo ruotano i dischi condotti, realizzati in acciaio. Questi dischi ruoteranno solo qualora si desideri
trasferire il movimento al cambio e quindi solo quando il pilota non utilizza la leva della frizione.
Figura 11 Un disco conduttore del moto (a sinistra) e un disco condotto (a destra).
Figura 12 Il tamburo della frizione con tutti i dischi inseriti.
Il trasferimento del moto dai dischi conduttori ai dischi condotti viene effettuato grazie all’azione delle
molle e dello spingidisco, essendo lo spingidisco una sorta di coperchio per la colonna dei dischi frizione, le
molle montate al di sopra di esso in precarico, cioè avvitate a premere i dischi l'uno contro l’altro. Le molle
servono ad aumentare la forza perpendicolare al piano dei dischi, in modo tale che si determini maggiore
9
forza di attrito tra un disco e l’altro, sufficiente a tenerli tutti incollati, facendo sì che i dischi conduttori del
moto trascinino i dischi condotti. Si ottiene pertanto che il moto della campana venga trasmesso sul
tamburo e quindi sull’albero primario del cambio, cioè che il movimento dell’albero motore venga
trasmesso al cambio.
Quando si desidera separare la rotazione dell’albero motore dalla rotazione del primario del cambio, lo
spingidisco viene allontanato dai dischi, in modo tale che la forza di attrito non sia sufficiente per
mantenere incollata tutta la pila dei dischi.
Figura 13 Lo spingidisco con le molle in precarico.
La frizione serve qualora il pilota desideri cambiare marcia, accendere o spegnere il motore, mantenere il
motore acceso a motocicletta ferma.
Il cambio
Il cambio permette invece di cambiare il rapporto tra la velocità della ruota dentata che acquista il
movimento dall’albero motore, attraverso la frizione, e quella che trasferisce il movimento alla ruota, in
virtù delle diverse necessità che si determinano durante la guida.
Il pilota ha bisogno di grande accelerazione per partire e per percorrere tratti in salita, ma prediligerà
velocità sostenute in situazioni di guida sportiva. Avendo a disposizione un motore che eroga potenza finita,
senza il cambio, non sarebbe possibile adeguarsi alle diverse necessità illustrate. Questo è del tutto analogo
a ciò che avviene anche per un atleta che corra: gli sarà più facile accelerare in partenza, che quando si
trova già alla sua massima velocità; il nostro atleta non ha il cambio!
Alle marce basse il rapporto del cambio è atto a erogare grandissima ripresa, cioè forza per accelerare la
motocicletta, essendo ridotte le velocità che possono essere raggiunte. Viceversa, alle marce alte, il
rapporto del cambio permette di ottenere velocità considerevoli, al prezzo di diminuire la capacità di
accelerazione della motocicletta.
Dal punto di vista fisico, questo si può spiegare in termini di potenza finita che il motore è in grado di
erogare, essendo la potenza, per definizione, la rapidità con cui viene prodotto lavoro meccanico, ma
potendola anche interpretare come prodotto tra forza e velocità.
10
Figura 14 Il diagramma della spinta del motore al cambiare delle marce. Si noti che l'area sottesa da
ciascuna curva è la medesima, rappresentando la potenza del motore. La parabola tratteggiata rappresenta
l'andamento dell'attrito aerodinamico dell'aria.
In modo del tutto analogo al funzionamento del deragliatore della bicicletta, osservando i rapporti del
cambio della moto si nota che la coppia di ruote dentate corrispondenti alla prima marcia è quella in cui la
ruota più piccola fa girare quella più grande: l’effetto che si determina è quello di abbassare il numero di
giri e aumentare la coppia del motore, ciò che permette di erogare potenza sulla ripresa.
Man mano che si sale di marcia, il diametro della ruota dentata che trasmette il moto aumenta e
diminuisce il diametro della ruota che viene messa in movimento: l’effetto che si determina è quello di
spostare sempre più l’erogazione di potenza sulla velocità, a scapito della coppia.
A differenza del deragliatore della bicicletta, non è la catena a venire spostata, essendo il cambio della
motocicletta costituito da due alberi, connessi attraverso coppie di ingranaggi che vengono innestate grazie
a manicotti mobili.
Il cambio offre al pilota un’altra opportunità di staccare il motore dalle ruote, oltre a quella della frizione:
stare in folle. Quando si è in folle la frizione mette in rotazione il primario del cambio, ma nessuna marcia è
inserita e quindi il secondario rimane fermo.
11
Figura 15 La scatola del cambio di un cambio a cinque rapporti. In primo piano si vede l’albero primario,
quello connesso al tamburo della frizione, in secondo piano il secondario, quello che viene collegato,
attraverso il pignone e la catena, alla corona della ruota posteriore. La prima marcia è ottenuta con la
coppia più a sinistra nella fotografia, le marce successive si ottengono diminuendo il diametro della ruota
del secondario. L’ordine è, da sinistra a destra: prima, quarta, terza, quinta, seconda.
La distribuzione e il ciclo Otto
Scoperto come venga trasmesso il moto alla ruota, resta ora da porsi un altro problema, cioè come venga
immessa la benzina nel motore e come vengano scaricati i gas combusti. All’interno della testata del
motore è racchiuso il sistema della distribuzione, cioè il meccanismo di apertura e chiusura delle valvole. La
distribuzione dei motori Ducati® è unica al mondo, essendo realizzata con un sistema puramente
meccanico, denominato Desmodromico.
Torniamo al cilindro: avevamo lasciato il pistone al punto morto inferiore, al di sopra di esso, ad occupare
tutto il volume del cilindro, i gas di scarico. La rotazione dell’albero motore mette in movimento l’albero a
camme nella testata, essendo i due connessi grazie a una cinghia di distribuzione. L’albero a camme, a sua
volta, grazie alle camme stesse, aziona due bilancieri per ciascuna valvola: uno appoggiato sulla sommità
della valvola stessa, l’altro attaccato con una forcella lungo lo stelo. Facendo abbassare i bilancieri si
determina l’abbassamento della valvola stessa, movimento che corrisponde all’apertura del condotto di
12
scarico, che collega l’interno del cilindro con il collettore di scarico.
Figura 16 Una distribuzione desmodromica su un motore 2 valvole. Si notino i due bilancieri innestati sulla
valvola in primo piano: quello superiore e quello a forchetta lungo lo stelo. Il movimento dell’albero a
camme centrale permette di azionare questo sistema di bilancieri che, a loro volta, muoveranno le valvole.
La rotazione dell’albero motore, mantenuta uniforme in parte anche grazie alla presenza di un volano fa sì
che lo scarico non avvenga solo per la differenza di pressione con l’esterno, ma anche per la risalita del
pistone, che viene spinto al punto morto superiore dalla biella. Quando il pistone è in prossimità del punto
morto superiore, l’albero a camme, continuando la sua rotazione, aziona i bilancieri in modo che la valvola
di scarico si richiuda e si cominci ad aprire la valvola di aspirazione.
Il riempimento del cilindro si ottiene grazie alla depressione creata dalla ridiscesa del pistone al punto
morto inferiore, anch’essa determinata dalla rotazione dell’albero motore. Quando il pistone si trova al
punto morto inferiore, l’albero a camme determina la chiusura della valvola di aspirazione.
Il ritorno del pistone al punto morto superiore, ancora una volta sospinto dall’albero motore attraverso la
biella, permette lo stabilirsi delle condizioni per produrre lavoro, attuando una compressione della miscela.
Il meccanismo di controllo del movimento della valvola sia in discesa che in risalita prende il nome di
Desmodromico (dal greco vincolo, e  corsa).
Nella distribuzione standard l'albero a camme aziona un bilanciere per ciascuna valvola per comandare la
discesa della valvola stessa e quindi l'apertura del condotto; contemporaneamente viene compressa una
molla che, una volta lasciata libera, riporta la valvola in sede chiudendo il condotto.
13
Figura 17 Uno schema di distribuzione tradizionale a molla (a sinistra) e uno schema di distribuzione
desmodromica (a destra).
Il motore, quale macchina termica, funziona su un ciclo di quattro trasformazioni, una sola delle quali ha
come prodotto lavoro meccanico, mentre nelle altre tre il motore continua a girare per inerzia. I motori
Ducati sono bicilindrici, con i due cilindri perpendicolari tra loro, e producono lavoro sul medesimo albero
motore; le due combustioni non avvengono contemporaneamente ma alternate in modo da ridurre il
tempo tra due combustioni successive e quindi erogare una potenza maggiore. In questo un motore
bicilindrico è analogo all'azione del ciclista sui pedali della bicicletta.
Figura 18 Rappresentazione del ciclo Otto nel motore 4 tempi.
Tutti i motori a benzina funzionano secondo il ciclo termodinamico descritto; i motori con le valvole sono
motori a quattro tempi. Esistono motori a benzina due tempi, che non hanno le valvole ma fori a diverse
altezze lungo il cilindro; il pistone scorrendo all'interno del cilindro apre e chiude tali luci determinando
l'ingresso della miscela (benzina e olio) e dell’aria e l'uscita dei gas di scarico.
14